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G—01 COME LE TECNOLOGIE CAMBIANO LA SOCIETÀ by Grazia Dammacco data di creazione 21/01/16 11:52 ultima modifica 13/02/16 22:42 ambiente analogico/digitale corpo funzione linguaggio post-digitale storia tribù/società In questo capitolo: — L’era del tecnopolio — Il villaggio globale e la ri-tribalizzazione nella società elettrica capitoli / parte complementare http://www.postdigitaltribe.org/dt/2015/06/15/la-tecnologia-ha-cambiato-la-societa/

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C O M E L E T E C N O L O G I E C A M B I A N O L A S O C I E T Àby Grazia Dammaccodata di creazione 21/01/16 11:52ultima modifica 13/02/16 22:42

ambiente analogico/digitale corpo funzione linguaggio post-digitale

storia tribù/società

In questo capitolo:

— L’era del tecnopolio— Il villaggio globale e la ri-tribalizzazione nella società elettrica

c a p i t o l i / p a r t e c o m p l e m e n t a r e

http://www.postdigitaltribe.org/dt/2015/06/15/la-tecnologia-ha-cambiato-la-societa/

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«Osservando la stor ia del mon-do, non possiamo trascurare che la mol la pr incipale che f inora ha presieduto al lo svi luppo del le tecnologie del la comunicazione e al l ’accelerazione di ta le svi -luppo, non sta tanto nel l ’ inven-zione in sé o nel le potenzial i tà meramente tecnologiche di ta le invenzione, bensì nel l ’ intreccio, nel rapporto di interdipendenza che si è venuto a creare, t ra la disponibi l i tà di una tecnologia e l ’avvio di un meccanismo di svi -luppo economico, sociale e cul-turale autopropuls ivo, capace di far esistere una domanda socia-le e c ioè un mercato o più merca-t i per i nuovi prodott i o serviz i».[Giovanni Bechel loni in: Ja-cobel l i Jader, “Dal l ’analogico

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al digitale. Una rivoluzione soltanto tecnologica?” Laterza, Bari, 1996]

Le tecnologie si sviluppano in relazione alla società del momento, nascono perché nell’ambiente sociale, economico, culturale, si è venuto a creare lo spazio adatto ad accoglierle. Ma allo stesso tempo le tecnologie, una volta instaurate nella società, iniziano a modificarla nel profondo. In questo capitolo faremo in particolare riferimento alle riflessioni sul tema svolte da Neil Postman in “Technopoly” e da Marshall McLuhan in “Understanding Media” e in “The Gutenberg Galaxy. The Making of Typographic Man”.

L ’ E R A D E L T E C N O P O -L I O

In “Technopoly” Postman sostiene che nel corso della storia si sono susseguite tre culture diverse:strumentali, tecnocrazie e tecnopoli. Le prime sono legate all’uso di strumenti utili per la vita lavorativa e materiale e per quella artistica e religiosa — mulini a vento, attrezzi per la coltivazione, altari religiosi, etc. — che comunque nascono quasi sempre in vista di scopi religiosi o metafisici. La differenza tra cultura strumentale e tecnocrazia, è che quest’ultima attacca la cultura dominante, cerca di diventare la cultura stessa. Tre grandi scoperte lo dimostrano: l’orologio meccanico che ha portato a una nuova concezione del tempo, la stampa e il telescopio. Prima di allora gli strumenti rudimentali di osservazione avevano permesso agli uomini di vedere e speculare sui cieli. Ma il telescopio rese il sapere così preciso che ne derivò un crollo del centro morale in Occidente. L’orologio meccanico nasce nei monasteri nel corso del Medioevo allo scopo di scandire la vita monastica, poi inizia a svilupparsi e ad essere utilizzato in tutti i settori della vita cittadina, e diventa una parte fondamentale nello sviluppo del capitalismo, per scandire le ore lavorative. È l’esempio di una tecnologia il cui uso originale si è trasformato nel tempo, si è modificato generando dei nuovi assetti sociali.

Con la tecnocrazia la cultura cambia radicalmente. Il vero passaggio alla tecnocrazia — ovvero una società controllata solo vagamente dalle consuetudini sociali e dalle tradizioni religiose e spinta dall’impulso

a inventare — può essere datato alla seconda metà del Settecento, in Inghilterra, con l’invenzione della macchina a vapore. Da quel momento in poi si sono susseguite nuove macchine importanti che hanno segnato la fine del prodotto fatto a mano.

Mentre la tecnologia cresce, le vecchie fedi subiscono continui attacchi: Nietsche annuncia che Dio è morto; Darwin chiarisce che se siamo arrivati a questo punto evolutivo è grazie a una serie di incroci e di evoluzioni; Marx sostiene che la storia deve seguire il suo corso senza tener conto dei nostri desideri; Freud afferma che non capiamo nulla dei nostri bisogni più profondi e che per scoprirli dobbiamo cambiare il nostro modo tradizionale di pensare; John Watson dimostra che il libero arbitrio è un’illusione; Einstein dimostra che nulla può essere giudicato in modo assoluto, e che tutto è relativo:

«In mezzo ai rottami concettuali restava solo una cosa in cui credere: la tecnologia. Possiamo negare o mettere in dubbio tutto, ma è chiaro che gli aerei volano, che gli antibiotici guariscono, che le radio parlano e, come sappiamo oggi, che i computer calcolano e non sbagliano mai: sbagliano solo gli uomini (e questo è quanto aveva cercato di dirci Frederick W. Taylor)».[Postman Neil, “Tecnholopy. La resa della cultura alla tecnologia”, seconda edizione, Bollati Boringhieri, Torino, seconda edizione, 2003]

Come Postman sostiene, siamo passati dalla fede in Dio, a quella verso gli scienziati, ponendo loro domande morali e sulla vita, per ottenere risposte certe. Dalla metà dell’Ottocento in poi — con la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, come la crescita dell’efficienza della stampa — e nel corso del Novecento con la tv, le immagini diventano ripetitive, i simboli della nostra cultura iniziano ad essere banalizzati.

«L’irriverenza è un antidoto a una devozione eccessiva o artificiale, ed è necessaria in particolare quando la devozione viene usata come arma politica […] la maggior parte delle culture hanno trovato modi per esprimerla: il teatro, le barzellette, le canzoni […] il mondo degli affari non fornisce esempi di irriverenza, ma si limita a denunciare l’irrilevanza della distinzione tra sacro e profano nel tecnopolio».[Postman Neil, “Tecnholopy...”, op. cit.]

Il tecnopolio (soprattutto tramite la pubblicità) distrugge i grandi simboli della nostra cultura, religione, tradizione. Perché l’adorazione della

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tecnologia viene prima di tutto il resto. Se qualcosa viene ripetuta tante volte, inizia a perdere valore, proprio come succede se proviamo a ripetere una parola tante volte. I simboli perdono il loro senso anche per via del contesto in cui vengono utilizzati. Prima le immagini, le grandi opere, potevano essere viste di rado, solo spostandosi e andando nelle chiese, nei musei o leggendo un libro. I simboli religiosi e nazionali sono diventati oggi banalità generatrici di indifferenza, e a volte anche di disprezzo:

«Si dice che una immagine valga mille parole. Ma mille immagini, specialmente se ripetono lo stesso oggetto, possono non avere assolutamente alcun valore».[Postman Neil, “Tecnholopy...”, op. cit.]

La nostra era, quella di internet, ha sviluppato appieno la logica del tecnopolio: siamo innondati da immagini, dalle più effimere alle più serie e drammatiche, tutte insieme, in un unico grande brodo elettronico. Immagini ripetute, simboli ripetuti, simboli che perdono di senso ed importanza, simboli di cui viene invertito il senso, memi. Il meme potrebbe essere definito come il processo inverso, ma sostanzialmente non differente: un’immagine o una frase qualsiasi assumono un significato, diventano un tormentone che viene diffuso in maniera capillare tra gli utenti.

«Le culture hanno bisogno di narrazioni e le troveranno dove vogliono, anche se portano a una catastrofe. L’alternativa è vivere senza senso, che è poi la negazionee definitiva della vita stessa. L’importante è anche dire che ciascuna narrazione riceve la sua forma e la sua struttura emotiva da un insieme di simboli che esigono rispetto e fedeltà, e perfino devozione».[Postman Neil, “Tecnholopy...”, op. cit.]

Quale storia si vuole raccontare oggi? Forse il desiderio di autoaffermazione, la personalizzazione di tutto ciò che ci circonda, l’autocompiacimento? La volontà di condividere in ogni momento della nostra vita quello che facciamo, quello che ci succede e le nostre opinioni con gli altri? Una cosa è certa, quello che raccontiamo dipende dai nuovi media, dalla loro natura e da ciò che ci permettono di fare e di dire.

I L V I L L A G -G I O G L O B A -L E E L A R I - T R I B A -L I Z Z A Z I O N E N E L L A S O C I E T À E L E T T R I C AT h e m e d i u m i s t h e m e s s a g e

Chiaramente, se parliamo di come le tecnologie hanno cambiato la società, non possiamo non citare il leitmotiv dell’opera di McLuhan: “The medium is the message”. In “Understanding Media”, McLuhan ce ne spiega il significato, in realtà ricco di sfaccettature. Ogni nuova tecnologia introdotta, cioè ogni estensione di noi stessi, ha delle conseguenze individuali e sociali. Ad esempio, una conseguenza negativa dell’automazione del lavoro è che la nuova organizzazione della società umana tende ad eliminare posti di lavoro. La ristrutturazione del lavoro e della società umana è stata determinata dalla tecnica della frammentazione che è alla base della tecnologia della macchina. McLuhan ci presenta poi la luce elettrica come un medium fondamentale per il cambiamento della società, e come massimo esempio di come un medium sia esso stesso il messaggio:

«Essa è informazione allo stato puro. È un medium, per così dire, senza messaggio, a meno che non lo si impieghi per formulare qualche annuncio verbale o qualche nome. Questo fatto, comune a tutti i media, indica che “il contenuto” di un medium è sempre un altro medium. Il contenuto della scrittura è il discorso, così come la parola scritta è il contenuto della stampa e la stampa quello del telegrafo. Alla domanda: “Qual è il contenuto del discorso?” Si deve rispondere: “È un processo mentale, in se stesso non verbale”». [ rimediazione ]. [McLuhan Marshall, “Understanding Media”, Mc Graw-Hill Book Company, New York, 1964, p.26]

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Il messaggio di un medium o tecnologia è nel mutamento che esso apporta nelle proporzioni, nel ritmo e negli schemi dei rapporti umani. La ferrovia non ha introdotto nella società movimento, trasporto, strada, ma ha accelerato e allargato le proporzioni delle funzioni umane già esistenti — come il movimento dei piedi — creando un tipo di città totalmente nuovo con nuove forme di svago e di lavoro. L’aeroplano accelera la velocità dei trasporti, tendendo così a dissolvere le città e i confini, le organizzazioni politiche e sociali. Il medium può essere quindi il messaggio in due modi: sia perché esso cambia l’organizzazione sociale, sia perché il medium in sé può permettere delle attività altrimenti impossibili. La luce elettrica, ad esempio, può essere usata per giocare una partita di calcio notturna, o per fare un’operazione chirurgica:

«Si potrebbe sostenere che queste attività sono in un certo senso il “contenuto” della luce elettrica, perché senza di essa non potrebbero esistere. Ma questo non fa che confermare la tesi secondo la quale “il medium è il messaggio”, perché è il medium che controlla e plasma le proporzioni e la forma dell’associazione e dell’azione umana. I contenuti, invece, cioè le utilizzazioni, di questi media possono essere diversi, ma non hanno alcuna influenza sulle forme dell’associazione umana».[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit.]

La luce elettrica può non apparire a prima vista come un medium di comunicazione perché non ha un contenuto. Solo quando, ad esempio, viene usata per trasportare un’informazione, ci si rende conto che è un medium. Ma ci si accorge non della luce in sé, bensì del suo contenuto, ovvero di quello che è a sua volta un altro medium:

«Il messaggio della luce elettrica è, come quello dell’energia elettrica nell’industria, totalmente radicale, permeante e decentrato. Luce ed energia infatti sono due cose diverse per gli usi che se ne fanno, ma nella società umana eliminano fattori di tempo e di spazio esattamente come la radio, il telegrafo, il telefono e la tv, creando una partecipazione in profondità». [McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit., p.27]

Economisti come Robert Theobald, W.W. Rostow e John Kenneth Galbraith stanno spiegando da anni perché l’“economia classica” non può definire i mutamenti o le espansioni. Il paradosso della meccanizzazione è che, nonostante sia la

principale causa dello sviluppo e del mutamento, il suo principio esclude la possibilità stessa dello sviluppo e la comprensione del mutamento. Infatti la meccanizzazione avviene tramite la frammentazione in parti di un’operazione e in seguito per via della riorganizzazione seriale di queste parti. Ma una sequenza del genere non implica che una cosa derivi da quella che la precede. L’elettricità invece ha portato un radicale cambiamento perché ha posto fine alla sequenza di parti separate, rendendo i processi continui e immediati:

«Con la velocità istantanea le cause dei fatti riaffiorano all’orizzonte di una nuova consapevolezza, a differenza di ciò che accadeva quando le cose erano poste in sequenza, o in concatenazione».[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit., p.30]

McLuhan prende come esempio l’aereo in volo. Quando un aereo supera la barriera del suono, sulle ali sono visibili le onde sonore. Il suono diventa visibile nel momento stesso in cui finisce. Questo è un esempio del meccanismo naturale, in cui le forme nuove ed opposte si rivelano proprio quando le forme precedenti arrivano alla loro massima attuazione. Il cinema ad esempio, è un processo meccanico e frammentato, ma l’elettricità lo ha condotto verso il mondo dello sviluppo organico, tramite la semplice accelerazione delle componenti meccaniche. Nel mondo dell’arte, quello che ha fatto il cubismo è stato di ribaltare la visione della prospettiva funzionale tridimensionale e illusoria dell’immagine pittorica: tutte le facce dell’oggetto vengono presentate simultaneamente, abolendo il punto di vista privilegiato, proponendo un gioco di piani e una contraddizione, un conflitto drammatico di spazio, luci, colori e trame che invia il suo messaggio attraverso il coinvolgimento dello spettatore [ post-digitale e ibridazione / relazioni con la società: economia, storia, cultura, religione / cultura e religione / la prospettiva ecologica ]:

«In altre parole il cubismo, mostrando in due dimensioni l’interno e l’esterno, la cima e il fondo, il davanti e il dietro eccetera, rinuncia all’illusione della prospettiva a favore dell’immediata consapevolezza sensoria del tutto. Cogliendo in un unico istante la consapevolezza totale, ha improvvisamente annunciato che il medium è il messaggio. Non è forse evidente che non appena la sequenza lascia il posto alla simultaneità, si entra nel mondo della struttura e della configurazione? Non è forse accaduto proprio questo nella fisicacome nella pittura, nella poesia e nelle comunicazioni?

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Segmenti di attenzione specializzata si sono trasferiti in un campo totale, talché oggi possiamo dire con sufficiente tranquillità che “il medium è il messaggio”. Ciò non era per nulla ovvio prima della velocità elettrica e del campo totale. Sembrava allora che il messaggio fosse “il contenuto”e la gente soleva chiedersi cosa volesse rappresentare un quadro, anche se non si poneva mai questa domanda a proposito di una melodia, di una casa o di un abito, in quanto per queste cose conservava un certo senso dello schema generale, cioè dell’unità tra forma e funzione».[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit., p.31]

Osservando l’arte del Novecento che prende piede dal cubismo in poi, ci rendiamo conto di come il medium pittorico sia davvero il messaggio. Con l’astrattismo, l’espressionismo astratto, il futurismo, dadaismo, l’informale, l’arte smette di raffigurare, per non presentare altro che se stessa. Il medium come messaggio.

McLuhan afferma che però molti metodi di studio dei media prendono in considerazione non solo il contenuto, ma il medium e la matrice culturale entro la quale esso agisce. Secondo McLuhan i media possono essere giudicati nella loro essenza e natura, e non semplicemente nel modo in cui vengono utilizzati dall’uomo. Qualunque apporto tecnologico infatti non può far altro che aggiungersi a ciò che già siamo:

«La nostra reazione convenzionale a tutti i media, secondo la quale ciò che conta è il modo in cui vengono usati, è l’opaca posizione dell’idiota tecnologico. Perché il “contenuto” di un medium è paragonabile a un succoso pezzo di carne con il quale un ladro cerchi di distrarre il cane da guardia dello spirito. L’effetto del medium è rafforzato e intensificato dal fatto di attribuirgli come “contenuto” un altro medium. Il contenuto di un film è un romanzo, una commedia o un’opera. Ma l’effetto della forma cinematografica non ha nulla a che fare con il suo contenuto programmatico. Il “contenuto” della scrittura o della stampa è il discorso, ma il lettore è quasi totalmente inconscio della stampa o del discorso. […] Gli effetti della tecnologia non si verificano infatti al livello delle opinioni o dei concetti, ma alterano costantemente, e senza incontrare resistenza, le reazioni sensoriali o le forme di percezione. Soltanto l’artista (quello autentico) può essere in grado di fronteggiare impunemente la tecnologia, e questo perché la sua esperienza lo rende in qualche modo consapevole dei mutamenti

che intervengono nella percezione sensoriale».[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit., pp. 37,38]

Per McLuhan i media sono da considerarsi materie prime o risorse naturali come lo sono il carbone, il petrolio, il legno. Le società che dipendono da una sola o da due materie prime importanti dovrà necessariamente avere un tipo di organizzazione sociale che ne tenga conto. Quello che avviene è che la concentrazione su poche materie prime crea un’estrema instabilità economica ma d’altra parte può migliorare le condizioni socio-politiche della popolazione. Ad esempio, il calore e l’umorismo della popolazione del Sud America sono radicati in un’economia di questo tipo. Così come il petrolio o il cotone, la radio e la tv diventano le colonne portanti dell’intera vita psichica della comunità.

L ’ u o m o t r i b a l e e l ’ u o m o l e t t e r a t o

Il tema della de-tribalizzazione per opera della letteratura viene trattato dallo psichiatra J.C. Carothers nel libro “The African Mind in Health and Disease. A Study in Ethnopsychiatry” (1953), in cui confronta l’uomo illetterato e l’uomo letterato occidentale. Carothers scrive che in Africa, durante la loro infanzia e durante tutta la vita, l’individuo non viene considerato come elemento indipendente e autosufficiente ma è significante all’interno di un organismo più vasto, la famiglia e il clan. Perciò le ambizioni personali difficilmente vengono espresse. In confronto alla costrizione esercitata sul livello intellettuale, grande libertà viene concessa al temperamento e ai sentimenti, al vivere nell’hic et nunc. Al contrario il bambino occidentale prende da subito dimestichezza con strumenti come costruzioni, chiavi, serrature, ed un gran numero di oggetti che lo costringono a pensare in termini di rapporti spazio-temporali e di rapporti causa-effetto di tipo meccanico. Il bambino africano invece riceve una educazione che dipende quasi esclusivamente dalla parola parlata che è relativamente carica di forti emozioni e di drammaticità. Quindi il bambino dell’Occidente moderno è circondato da una tecnologia soprattutto visiva in cui le cose si muovono e accadono secondo una successione spazio-temporale, mentre il bambino africano vive nel magico mondo implicito della parola orale. Carothers ripete che le popolazioni rurali africane vivono soprattutto in un mondo di suoni, un mondo carico di significati personali per l’ascoltatore, mentre l’europeo occidentale si approccia spesso in modo neutrale ed indifferente ad un mondo visivo. I suoni

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sono elementi dinamici, indicano sempre una realtà dinamica nei confronti dei quali l’uomo si deve confrontare. I suoni non sono stabili, ma durano un attimo, il tempo di essere emessi, ed è in quello stesso tempo che l’ascoltatore deve percepirli. Quando le parole vengono scritte diventano ovviamente parte del mondo visivo. Perciò esse diventano oggetti statici e perdono il dinamismo che è caratteristico del mondo uditivo e della parola parlata. Le parole scritte perdono anche buona parte del loro carattere individuale, in quanto la parola parlata è sempre rivolta ad una particolare persona o ad un gruppo di persone, mentre la parola scritta è rivolta a un pubblico generico e può essere letta oppure no, oltre a poter essere letta in qualsiasi momento che non sia quello della loro stessa produzione. Le parole perdono così le contrazioni emotive tipiche del discorso verbale.

Carothers spiega che soltanto dopo che la parola scritta e soprattutto la stampa hanno fatto la loro comparsa, le parole hanno iniziato a perdere i loro poteri magici e la loro vulnerabilità. Tramite un processo graduale l’alfabetizzazione altera le sottostrutture del linguaggio e della sensibilità. A partire dall’invenzione dell’alfabeto, nel mondo occidentale si assiste ad una continua e graduale separazione dei sensi, delle funzioni, dei compiti, fino ad arrivare al processo di meccanizzazione e standardizzazione del lavoro. Il mondo tridimensionale dello spazio pittorico è in effetti un’illusione astratta costruita sulla base di un’intensa separazione dell’elemento visivo dagli altri sensi. La pittura delle popolazioni primitive con inclinazioni audio-tattili, è invece bidimensionale, in quanto l’occhio osservain maniera tattile, come se toccasse un’unica superficie bidimensionale di oggetti, non riuscendo a concepire, a differenza dell’uomo letterato, la prospettiva tridimensionale. Nell’arte contemporanea poi, a partire da Cézanne, i pittori hanno abbandonatoil mondo visivo a favore di quello tattile tribale, nell’organizzazione organica della consapevolezza e dell’esperienza. Chiarita questa questione, potremo avvicinarci all’alfabeto e alla stampa per comprendereil ruolo che hanno avuto nel dare al senso della vista un ruolo dominante nel linguaggio, nell’arte e nella vita politica e sociale. Prima di mettere in primo piano la componente visiva, le comunità conoscevano una struttura tribale:

«La detribalizzazione dell’individuo è dipesa, almeno nel passato, da un’intensa vita visiva stimolata e favorita dalla scrittura, e dalla scrittura di tipo alfabetico soltanto. Poiché la scrittura alfabetica

non è soltanto unica nel suo genere, essa arrivò anche piuttosto tardi. Prima di essa vi erano state molte scritture; in effetti ogni popolo che cessa di essere nomadico e si dedica a forme di lavoro sedentario è pronto per l’invenzione della scrittura. […] Poiché la scrittura è il muro di cinta di spazi e di sensi non-visivi. Essa è quindi una astrazione dell’elemento visivo dal normale gioco di influenze reciproche tra tutti i sensi. E mentre la parola è una estrinsecazione (articolazione) di tutti i sensi simultaneamente, la scrittura è un’astrazione della parola».[McLuhan Marshall , “The Gutenberg Galaxy. The Making of Typographic Man”, University of Toronto Press, Toronto, 1962]

In altri termini, ogni scrittura fonetica è un codice visivo della parola. La parola è il “contenuto” della scrittura fonetica. Ma essa non è il contenuto di nessuna altra forma di scrittura. La forma alfabetica è astratta, il suo carattere è di dissociare, non soltanto vista e suono ma anche di separare il significato dal suono delle lettere, eccetto nella misura in cui lettere prive di significato si riferiscono a suoni privi di significato. In “The Gutenberg Galaxy” McLuhan scrive che finché si attribuisce un qualche significato alla vista o al suono, la separazione tra la vista e gli altri sensi non è completa, e questo è il caso di tutte le forme di scrittura eccetto l’alfabeto fonetico. Le forme di scrittura pittografiche ad esempio, sono le “forme” di certe situazioni o azioni, sono forme di significato.

Comunque, l’assopimento degli altri sensi a favore della vista nell’uomo letterato non è stato un evento immediato allo sviluppo della scrittura alfabetica, ma piuttosto un processo graduale. Con Aristotele il mondo greco passò dall’istruzione orale alla pratica della lettura. Per molti secoli comunque, “leggere” significò leggere ad alta voce. Il processo per cui il lettore si è azzittito è stato graduale. McLuhan ci spiega che col tempo si è capito che leggere ad alta voce fosse la causa principale del leggere lentamente, perciò gradualmente nella lettura si è sviluppata una separazione tra occhio e orecchio:

«Abbiamo sempre avuto la tendenza ad associare i movimenti delle labbra e il borbottare di chi legge con un’incompleta alfabetizzazione, fatto questo che ha contribuito all’importanza che gli americani danno nelle elementari ad un apprendimento puramente visivo della lettura».[McLuhan Marshall , “The Gutenberg...”, op. cit.]

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Tuttavia il poeta inglese ottocentesco Gerald Manley Hopkins raccomandava un uso tattile delle parole della sua poesia, da considerare come poesia orale da recitare a voce alta, con pause. Nella stesa epoca Cézanne attribuiva valori tattili alle impressioni retiniche. Anche per Joyce le parole diventano vive solo quando vengono lette ad alta voce, creando una sinestesia, ovvero un gioco di influenze tra i sensi. La prosa di Gertrude Stein, priva di punteggiatura e altri elementi che facilitano la lettura, fa parte di un processo pensato per spingere il lettore passivo ad una partecipazione attiva e orale:

«In mancanza di elementi visivi che lo aiutino, il lettore si scoprirà a fare esattamente quello che facevano i lettori dell’antichità e del medioevo, vale a dire leggere ad alta voce. La gente continuò a leggere ad alta voce anche dopo l’inizio della separazione delle parole nel basso Medioevo, e anche dopo l’avvento della stampa durante il Rinascimento. Ma tutte queste invenzioni stimolarono la velocità e lo stress visivo. Oggi uno studioso che si serva di un manoscritto lo leggerà quasi sempre in silenzio».[McLuhan Marshall , “The Gutenberg...”, op. cit.]

Infatti Kenyon, in “Books and Readers in Ancient Greece and Rome”(p.65) scrive:

«Davvero notevole nei libri dell’antichità è la mancanza di elementi che aiutino il lettore e facilitino i rimandi o i richiami. La separazione tra le parole è praticamente sconosciuta, eccetto molto raramente quando viene usato un puntino o una virgoletta rovesciata per segnare una divisione là dove possa sussistere qualche ambiguità. La punteggiatura è spesso del tutto assente, e non è mai completa e sistematica».[McLuhan Marshall , “The Gutenberg...”, op. cit.]

La punteggiatura, ancora nel XVI e XVII secolo continuò a essere per l’orecchio e non per l’occhio. Ma pian piano la scrittura alfabetica si è perfezionata, provvedendo ad assopire gli altri sensi a favore dell’egemonia dell’occhio:

«Soltanto l’alfabeto fonetico crea una frattura tra l’occhio e l’orecchio, tra il significato semantico e il codice visivo; pertanto, soltanto la scrittura fonetica ha la capacità di tradurre l’uomo dalla sfera tribale a quella della “civiltà”, di dargli un occhio per un orecchio».[McLuhan Marshall , “The Gutenberg...”, op. cit.]

Q u a n d o l ’ a l f a b e t o s i i n s i n u a n e l t r i b a l e

McLuhan dimostra il modo in cui una tecnologia, nella fattispecie la scrittura, possa influenzare e modificare i comportamenti di una popolazione tribale. Cita il lavoro di Carothers il quale riprendeun articolo apparso sul “East African Standard”, un quotidiano del Kenya (pp. 317-18). L’autore è un medico missionario che intitola l’articolo: “Come la civiltà ha cambiato la vita degli africani”. Qui viene spiegato che in genere gli africani presentano delle caratteristiche comportamentali innate: sono ottimi lavoratori, non si lamentano, non risentono della monotonia e dei disagi, sono onesti. I bambini incontaminati sono per natura letargici e sono in grado di sopportare benissimo compiti monotoni. L’articolo intende dimostrare come inducendo un minimo di istruzione ai bambini africani di ambo i sessi, si verifichino nei loro comportamentie attitudini dei cambiamenti considerevoli. Istruire l’africano significa ricostruire da capo il suo carattere, secondo una mentalità totalmente differente. Questa diversa mentalità potrà manifestarsi nell’assenteismo a lavoro, in lamentele per il cibo, o in altre pretese. La capacità complessiva dell’africano di provare interesse, piacere e dolore è immensamenteaumentata a seguito anche di una scarsa scolarizzazione. Per l’africano istruito il senso di interesse è stato stimolato dalla vita ora variegata, e la monotonia è diventata per lui faticosa così come per qualsiasi occidentale. Carothers fa notare che queste conseguenze sono prodotte anche solo da un’alfabetizzazione di scarsissima entità, e già da una semplice familiarità con i simboli scritti, col leggere e scrivere o col fare calcoli.

Anche la Cina ci mostra il modo in cui le tecnologie hanno influenzato la civiltà. La stampa è stata inventata in Cina prima che in Occidente, tra il VII e VIII secolo, perciò ci si poteva aspettare che la rivoluzione industriale, il punto di vista scientifico moderno, si sarebbe sviluppato prima in Cina e poi in Occidente. È infatti strano il fatto che il popolo che per primo ha inventato la stampa, la carta, la polvere da sparo e la bussola, non sia stato anche il primo ad inventare il telaio meccanico, il motore a vapore e altre macchine rivoluzionarie del XVIII e XIX secolo. McLuhan infatti afferma che lo scopo della stampa per i cinesi non era quello di creare prodotti uniformi e irripetibili, ma offrireun’alternativa ai rosari circolari ed essere mezzo visivo per moltiplicare le formule magiche incantatorie, similmente a come oggi viene usata dalla pubblicità.

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Inoltre la stampa degli ideogrammi è totalmente diversa dalla tipografia basata sull’alfabeto fonetico. L’ideogramma è una forma complessa che richiede la partecipazione di tutti i sensi insieme, non permette alcuna separazione e specializzazione dei sensi, nessuna frattura tra vista e suono e significato, che è invece la chiave dell’alfabeto fonetico. In questo modo, sostiene McLuhan, le numerose specializzazioni e separazioni di funzioni inerenti all’industria e alla conoscenza applicata semplicemente non furono accessibili per i cinesi. Ma oggi anche i cinesi sembrano dirigersi verso la tipologia dell’alfabeto fonetico. McLuhan sostiene che:

«Ogni estensione del sensorio attraverso la dilatazione tecnologica ha sempre un effetto di notevole portata nel realizzare nuovi rapporti o proporzioni tra tutti i sensi. Poiché il linguaggio è quella forma particolare di tecnologia costituita dalla dilatazione o estrinsecazione (articolazione) di tutti i sensi contemporaneamente, esso stessoè immediatamente soggetto all’impatto o alla intrusione di un qualsiasi senso meccanicamente esteso. Vale a dire, la scrittura influenza direttamente la parola, non soltanto la sua morfologia e la sua sintassi ma anche la sua articolazione e la sua funzione sociale».[McLuhan Marshall , “The Gutenberg...”, op. cit.]

McLuhan asserisce che con i media elettronici l’uomo occidentale è stato colto impreparato, così come un indigeno del Ghana si troverebbe in difficoltà se posto improvvisamente davanti ad un alfabeto, che lo stacca dal suo mondo tribale e collettivo, per portarlo verso l’isolamento individuale. Nel nuovomondo elettrico ci sentiamo intontiti come un indigenocoinvolto nella cultura meccanizzata.

L ’ u o m o t r i b a l e n e l l ’ e r a e l e t t r o n i c a : i l v i l l a g g i o g l o b a l e

McLuhan porta avanti la tesi che, con la nascita dell’elettricità, l’uomo alfabetizzato occidentale sia tornato alla condizione di uomo tribale:

«Ma oggi, con l’elettricità che crea condizioni di estrema interdipendenza su scala planetaria, ci muoviamo rapidamente di nuovo in un mondo uditivo di eventi simultanei e di consapevolezza complessiva. E tuttavia le abitudini della scrittura permangono nel nostro modo di parlare, nella nostra sensibilità, nel nostro modo di strutturare lo spazio

e il tempo della vita quotidiana. A meno che non sopraggiunga una qualche catastrofe, la scritturae la propensione visiva potranno avere la meglio ancora per molto tempo sull’elettricità e sulla consapevolezza del “campo unificato”.[McLuhan Marshall , “The Gutenberg...”, op. cit.]

Oggi assistiamo alla situazione in cui la cultura orale multisensoriale e bidimensionale viene mescolata alla cultura letterata della dittatura dell’occhio. Il principio espresso da McLuhan è lo stesso espresso da Mel Alexenberg, quando spiega, in “The Future Of Art in Post Digital Age”, che oggi viviamo nella prospettiva ecologica: il punto di incontro tra la prospettiva mitologica — in cui l’uomo fa esperienza del mondo grazie alla tradizione orale — e quella logica, che predilige l’occhio e una visione del mondo prospettica secondo un punto di vista privilegiato [ post-digitale e ibridazione / relazioni con la società: economia, storia, cultura / cultura e religione ]. In effetti McLuhan scrive:

«Il mito […] è insomma la contrazione o l’implosione di un processo, e oggi la velocità istantanea dell’elettricità conferisce dimensioni mitiche alle consuete attività industriali e sociali. Noi viviamo miticamente ma continuiamo a pensare frammentariamente e su piani distinti».[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit.]

«Dobbiamo oggi imparare che la nostra tecnologia elettrica ha profonde conseguenze sul nostro normale modo di percepire e di agire, conseguenze che stanno rapidamente ricreando in noi i processi mentali degli uomini più primitivi. Queste conseguenze si verificano, non nel pensiero e nelle opinioni, delle quali abbiamo imparato ad essere critici, ma nella vita sensoria quotidiana, che crea i vortici e le matrici del pensiero e dell’azione».[McLuhan Marshall , “The Gutenberg...”, op. cit.]

Già nel XVIII secolo nel mondo occidentale inizia a venire a galla un interesse dell’uomo verso l’inconscio e le forme di consapevolezza primitiva, espresse con le varie forme di repulsione nei confrontidella cultura stampata e dell’indutrializzazione meccanica. Gli artisti iniziano ad avvicinarsi ad un’idea romantica dell’uomo e della natura, ad una sorta di totalità organica, e il risultato di queste idee è stata probabilmente la scoperta delle onde elettromagnetiche.

Ma occorre innanzitutto precisare in che modo l’elettricità ha ribaltato la società del lavoro

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meccanizzato. Una società tribale tradizionale si sfalda a contatto con un medium meccanico, “caldo” — spiegheremo in seguito questo concetto — ripetitivo ed uniforme. Ad esempio, il denaro, la ruota e la scrittura sono media che hanno sì accelerato la distribuzione dell’informazione, ma sono strutture che rimangono frammentate e meccanizzate. Sono delle forme di specializzazione, che sfaldano la società tribale. Ma un’accelerazione molto più intensa, come quella portata dall’elettricità, può servire a ristabilire uno schema tribale di intenso coinvolgimento, di de-specializzazione, di informazione unitaria. È quello che è successo in America e in Europa con la radio e la tv. Le tecnologie specialistiche — de-tribalizzano. La tecnologia elettrica non specialistica ri-tribalizza:

«L’accelerazione della velocità dalla forma meccanica a quella istantanea dell’elettricità capovolge l’esplosione in implosione. Nell’attuale era elettrica le energie contraenti del nostro mondo si scontrano con gli schemi espansionistici tradizionali. Sino ad epoca recente le nostre istituzioni e i nostri ordinamenti sociali, politici ed economici, si muovevano fondamentalmente in un’unica direzione. Noi parliamo ancora di “esplosione” e di “espansione” e, benché il termine non sia più appropriato, continuiamo a riferirci all’esplosione demografica o a quella culturale. In realtà non è l’aumento del numero degli abitanti che rende preoccupante il problema della sovrappopolazione, ma piuttosto il fatto che tutti dobbiamo vivere nella stretta vicinanza creata dal nostro reciproco coinvolgimento elettrico».[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit.]

Vediamo come quindi, l’accelerazione dell’informazione portata dall’elettricità ha trasformato l’espansione sociale e culturale in contrazione: siamo tutti più vicini. Facciamo parte di un villaggio esteso a livello globale. Le differenze culturali si assottigliano, perché comunicare è diventato più facile e veloce. Mentre l’espansione meccanica era a senso unico, in quanto il lavoro, il potere, partivano dal centro cittadino, questa struttura non ha più molto senso nell’era elettronica. Una linea ferroviaria avrà importanti nodi nei centri urbani. L’elettricità, al contrario, non centralizza ma decentra. L’energia elettrica infatti, disponibile nelle case così come negli uffici, fa sì che ogni luogo possa costituire un centro e non richiede, per necessità, vasti conglomerati [ i new media sostituiscono gli old media, o no? / caratteristiche e funzioni digitali / globalizzazione ].

Perciò la stampa e la frammentazione

dell’informazione e del lavoro dell’era industriale hanno rotto in tanti pezzi separati la conoscenza organica e continua delle società tribali:

«L’invenzione dell’alfabeto, come l’invenzione della ruota, fu la traduzione o riduzione di un complesso intreccio organico di spazi in un solo spazio. L’alfabeto fonetico riduce l’uso simultaneo di tutti i sensi, cioè la parola parlata, a un codice meramente visivo».[McLuhan Marshall , “The Gutenberg...”, op. cit.]

In controrisposta l’elettricità, superando la divisione meccanica grazie alla forte accelerazione, sviluppa nuovamente dei processi secondo un continuum organico:

“Oggi il grande principio della fisica, dell’economia e della politica classica, cioè la divisibilità di ogni processo, si è capovolto estendendosi alla teoria del campo unificato; e nell’industria l’automazione sostituisce alla divisibilità del processo l’organico intrecciarsi di tutte le funzioni che fanno parte del complesso. Alla catena di montaggio è succeduto il nastro isolante.”[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit.]

E ancora, tornando a creare un parallelo con Alexenberg quando parla di prospettiva ecologica:

«La fase della stampa, tuttavia, si è incontrata oggi con le nuove forme organiche e biologiche del mondo elettronico. […] Ed è questa inversione di carattere che rende la nostra epoca per così dire “connaturata” alle culture non letterate. Non abbiamo oggi difficoltà a capire la natura dell’esperienza indigena o non-letterata semplicemente perché l’abbiamo ricreata elettronicamente all’interno della nostra cultura».[McLuhan Marshall , “The Gutenberg...”, op. cit.]

Se quindi tecnologie come la ruota, la strada o la carta hanno permesso all’uomo di estendersi in uno spazio sempre più ampio e omogeneo, grazie alla possibilità di diffondere più rapidamente e facilmente di prima le proprie conoscenze, l’accelerazione dell’era elettronica è per l’uomo occidentale, alfabeta e lineare, un fatto sconvolgente. Come McLuhan spiega in “Understanding Media”, non si tratta di una lenta esplosione dal centro ai margini, ma di un’implosione improvvisa che ha portato ad una contrazione e alla fusione tra lo spazio e le funzioni:

«La nostra civiltà specialistica e frammentaria, con

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struttura centro-marginale, vede improvvisamente e spontaneamente tutti i suoi frammenti meccanizzati riorganizzarsi in un tutto organico. È questo il nuovo mondo del villaggio globale».[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit., p.112]

L’elettricità ha portato ad uno sradicamento del concetto di suddivisione dei saperi e delle facoltà umane, ponendo l’attenzione ad un’inclinazione flessibile della conoscenza e dell’attività umani:

«L’illuminazione elettrica ha inserito nel complesso culturale delle estensioni dell’uomo nell’abitazione e nella città una flessibilità organica ignota a qualsiasi altra epoca. Se la fotografia a colori ha creato il “museo senza pareti”, la luce elettrica ha creatoa maggior ragione lo spazio senza muri e il giorno senza notte. […] L’illuminazione come estensione delle nostre possibilità ci offre l’esempio più evidente di come queste estensioni modifichino le nostre percezioni. […] In questo campo il medium è il messaggio, e quando la luce è accesa esiste un mondo dei sensi che sparisce appena la luce si spegne».[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit., p.147]

In “Understanding Media” McLuhan spiega che l’essenza dei media meccanici è nella separazione e nell’estensione di singole parti del nostro corpo: la mano, il braccio e il piede diventano la penna,il martello e la ruota. La meccanizzazione di una funzione umana avviene perciò nella segmentazione di ogni parte dell’azione, così da avere a disposizione più parti separate. Al contrario la cibernetica, o l’automazione, è esattamente il contrario. Piuttosto che coordinare più parti separate, considera la produzione come un sistema integrato per il trattamento dell’informazione. È da queste considerazione che McLuhan definisce i concetti chiave di villaggio globale e di ri-tribalizzazione dell’uomo nell’era elettronica:

«È per il fatto stesso che permettono un’azione reciproca che i media elettrici ci costringono oggi a reagire al mondo nella sua totalità. Ma è soprattutto la velocità del coinvolgimento elettrico a creare l’unità integrale della consapevolezza pubblica e privata. Noi viviamo oggi nell’era dell’informazione e della comunicazione perché i media elettrici creano istantaneamente e costantemente un campo totale di eventi interdipendenti ai quali partecipano tutti gli uomini. Ora questo mondo di azioni reciproche pubbliche ha la stessa interdipendenza onnicomprensiva e integrale che aveva sinora

caratterizzato soltanto i nostri sistemi nervosi individuali. Questo perché l’elettricità ha carattere organico e rafforza il legame sociale organico mediante il suo impiego tecnologico nel telegrafo, nel telefono, nella radio e in altre forme. La simultaneità della comunicazione elettrica, tipica anche del nostro sistema nervoso, rende ognuno di noi presente e accessibile a ogni altra persona esistente al mondo».[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit., p.271]

Per via della loro capacità di estendere le possibilità spaziali di organizzazione sociale, lavorativa ed operativa in generale, si può pensare che i media elettrici espandino la dimensione spaziale. In realtà essi la sopprimono, perché grazie all’elettricità ristabiliamo rapporti personali con chiunque, da qualunque luogo, anche distante da quella persona, eppur stabilendo un rapporto diretto come quello vissuto nel più piccolo dei villaggi. È un rapporto senza deleghe e poteri, senza gerarchie, in cui coloro che nella società frammentata detenevano il potere,si intrattengono alla pari con il popolo e con i giovani. Una società in cui non dobbiamo stare ad acquisire l’informazione senza agire in alcun modo. Così alla conferenza, subentra il dialogo, alla letturala conversazione. Piuttosto che diventare una gigantesca biblitoeca di Alessandria, McLuhan spiega che il mondo è diventato una computer, un grande cervello elettronico. In “The Gutenberg Galaxy” cita Pierre Teilhard de Chardin, che nel suo “Le phénomène humain” scrive (p. 240):

«Che cosa, di fatto, vediamo verificarsi nel parossismo moderno? È stato ripetuto più di una volta. Attraverso la scoperta ieri della ferrovia, dell’automobile e dell’aeroplano, l’influenza fisica di ciascun uomo, precedentemente limitata a qualche chilometro, adesso si estende per centinaia di chilometri e anche più. E ancora: grazie a quel prodigioso evento biologico costituito dalla scoperta delle onde elettromagnetiche, ciascun individuo scopre se stesso, da questo momento (attivamente e passivamente) simultaneamente presente, sulla terra e sul mare e in ogni angolo del pianeta».[McLuhan Marshall , “The Gutenberg...”, op. cit.]

I l r i t o r n o a i m e d i a f r e d d i

Una differenza sostanziale spiegata da McLuhan è la differenza tra media caldi e media freddi. In generale possiamo dire che i media caldi sono legati al mondo dell’occidente alfabetizzato, mentre i media freddi alla cultura tribale, e di conseguenza all’uomo tribale

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ristabilitosi con l’elettricità. Questo concetto è già in parte spiegato in i new media sostituiscono gli old media, o no? / caratteristiche e funzioni digitali / azione, interattività e partecipazione. In “Understanding Media” McLuhan spiega che i media caldi, come la stampa, la fotografia, il cinema,sono media ad alta definizione, ovvero ci forniscono un’abbondanza di dati. Per questo la nostra partecipazione con questi media è minima. I media freddi invece, come la tv o il telefono, sono media a bassa definizione, perché forniscono una quantità di dati scarsa, perciò l’utente deve partecipare al completamento dell’informazione. Il telefono ad esempio, richiede una forte interazione perché il fruitore deve ascoltare la voce del suo interlocutore, e fornire una risposta, perciò creare insieme a lui il discorso. Quando quindi si tende a surriscaldare un solo senso piuttosto che stimolare più sensi simultaneamente, parliamo di meda caldi. I media caldi ci forniscono una quantità eccessiva di informazioni tale da surriscaldare solo i nostri occhi o solo le nostre orecchie, non lasciando spazio all’interazione e alla partecipazione sinestetica.

Un pubblico letterato accetta infatti il ruolo di consumatore passivo in presenza di un libro o di un film. Un pubblico africano invece non è stato educato a seguire in silenzio e in privato un processo narrativo. Il pubblico africano è abituato a partecipare alla narrazione, che è un racconto orale, tant’è che neanche riesce a riconoscere, guardando un film, la scena nel suo complesso e il filo narrativo. Così John Wilson, nel suo saggio “Film Literacy in Africa”, in cui racconta la sua esperienza in Africa finalizzata all’alfabetizzazione di alcune tribù africane attraverso l’uso di filmati, racconta che la persona che doveva mostrare i filmati e che li commentava doveva mostrare una certa flessibilità, doveva essere capace di stimolare il pubblico, di coinvolgerlo e di ottenere delle risposte. Questo perché le persone tribali sono abituate a questo genere di apprendimento, pubblico e partecipativo. Perciò durante la preparazione del film questi aspetti dovevano essere presi in considerazione, in modo da creare delle occasionoi per coinvolgere il pubblico. In realtà, spiega McLuhan in “The Gutenberg Galaxy”, anche dopo essere abituato a seguire un determinato film, un abitante del Ghana non è in grado di recepire un film che parli di nigeriani, perché non è in grado di generalizzare la sua esperienza da un film all’altro. Questo accadeperché la sua partecipazione empatica ad eventi particolari è molto profonda, e richiede un processo lento e graduale per essere ribaltata. Questo tipo di partecipazione è naturale nelle società orali

e nell’uomo audio-tattile, mentre viene spezzata dall’alfabeto fonetico che estrae e isola la componente visiva dal resto dei sensi. Tattile perché i tribali non hanno, come i letterati, una visione prospettica degli eventi, ma un contatto empatico con gli oggetti. Perciò l’occhio non viene usato secondo una visione prospettiva ma come una sorta di organo tattile, che esplora gli oggetti poco per volta, piuttosto che osservarli nel loro complesso e nella loro azione [ ibridazione linguaggio / imparare nuove lingue ].

Dopo l’era della radio, fa la sua comparsa la televisione, che negli anni Sessanta si diffonde largamente nella società europea e americana. La televisione è infatti un medium in tempo reale, che è rimasto il più pervasivo e dominante nel corso del Novecento, fino alla diffusione di internet. La televisione riflette l’emergente villaggio globale attraverso una distribuzione elettrica e istantanea dell’informazione. La sensazione condivisa dal pubblico è di interconnessione globale grazie alla trasmissione in tempo reale, qualcosa che la pagina stampata non era mai stata in grado di fare. McLuhan afferma che un medium freddo come la tv, se adoperato nel modo giusto, esige una partecipazione al processo [ rimediazione / ipermediazione ] [ rimediazione / rimediazione tra media eterogenei ].

Ma la temperatura dei media non è sempre la stessa:

«Tuttavia le cose cambiano moltissimo a seconda che un medium caldo sia usato in una cultura calda o in una cultura fredda. Un medium caldo come la radio, per esempio, usato in culture fredde o illetterate, ha un effetto ben diverso da quello prodotto, mettiamo, in Inghilterra o in America dove la radio è considerata una forma di svago. Una cultura fredda o a basso livello d’alfabetismo non può accettare media caldi come la radio o il cinema a puro titolo di svago. Essi diventano fatti radicalmente sconvolgenti come lo è stato il medium freddo della tv per il nostro mondo ad alto livello d’alfabetismo».[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit.]

Possiamo quindi osservare che la tv è più fredda della radio perché ci offre una quantità di informazioni maggiore, riempie maggiormente i nostri sensi. La radio invece surriscalda il nostro udito. L’approccio del media freddo è nel complesso più partecipativo e attivo. Un altro aspetto interessante è che è colui che trasmette, nel suo essere “in onda” in quel

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momento, a stabilire l’informazione, e il ricevente la percepisce in quel dato momento. Un libro stampato, così come una fotografia, sono oggetti che ci passivizzano perché sono conclusi nella loro fisicità. La loro realizzazione è già adempiuta, e noi non possiamo che contemplarle. Il cinema ci propone un filmato registrato e pronto, in cui inoltre la storia è interpretata da attori spesso lontani dalla nostra realtà. La televisione invece ci propone “persone”, programmi televisivi in diretta, argomenti attuali, giochi, che ci permettono di sentirci partecipi e attivi rispetto a quello che stiamo guardando. Ci sentiamo parte del medium, e parte del messaggio. Oggi possiamo dire che internet è un medium ancora più freddo della tv: è un medium che coinvolge più sensi simultaneamente; siamo noi a inserire l’input sulla tastiera in modo da ricevere determinate informazioni; possiamo partecipare alla realizzazione dei contenuti che verranno letti da noi o da altri; grazie alla possibilità di comunicare ci sentiamo partecipanti attivi all’interno di una comunità globale. Come nelle tribù indigene, l’informazione non viene assorbita dal pubblico senza che esso intervenga in alcun modo, ma il racconto orale diventa un momento di condivisione, e avviene in tempo reale, in diretta.

«Francis Bacon non si stancava mai di mettere in contrasto prosa calda e prosa fredda. Opponeva allo scrivere secondo “metodi”, cioè al presentare prodotti finiti, lo scrivere ad aforismi, ovvero seguendoosservazioni isolate come: “La vendetta è una speciedi giustizia selvaggia.” Il consumatore passivo preferisce i primi ma coloro ai quali interessa perseguire la conoscenza e cercare le cause ricorreranno, diceva, agli aforismi proprio perché sono incompleti e richiedono una profonda partecipazione».[McLuhan Marshall, “Understanding...”, op. cit., p.51]

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B i b l i o g r a f i a c o n s u l t a t a

Jacobelli Jader, “Dall’analogico al digitale. Una rivoluzione soltanto tecnologica?”, Laterza, Bari, 1996

McLuhan Marshall , “The Gutenberg Galaxy. The Making of Typographic Man”, University of Toronto Press, Toronto, 1962

McLuhan Marshall, “Understanding Media”, Mc Graw-Hill Book Company, New York, 1964

Postman Neil, “Tecnholopy. La resa della cultura alla tecnologia”, seconda edizione, Bollati Boringhieri, Torino, seconda edizione, 2003

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