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Catalogo Mostra Cambiano

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Gianfranco Peiretti

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“FLESSO ‘87”. Rep/3.1988Acrilico su telacm 100x100

mi è stata offerta l’occasione di allestire una personale.Sono passati più di due lustri dall’ultima mia mostra tenutasi a Venezia-Mestre;approfitterò quindi dell’opportunità per riordinare le idee e raccogliere in una solapubblicazione alcuni documenti importanti su eventi ormai lontani nel tempo.In questi anni di silenzio ho continuato a trafficare con i materiali più disparati; spesso misono arenato in soluzioni suggerite, il più delle volte, da regole, condizionamenti e luoghicomuni che, lo si voglia o no, una persona raccoglie durante il proprio cammino.Ed è così che un bel giorno Maria mi ha detto: “Sai, Gian, nei gessi ti stai avvicinandosempre più ai lavori degli anni settanta”. Una certa nostalgia del tempo in cui perdipingere usavo il lucido da scarpe, in fondo in fondo, mi è rimasta, ma ciò che paretrasparire, con prepotenza, negli ultimi pezzi è il ricorso alla linea curva. Forse è tuttacolpa di Picasso, che mi costringe tutte le mattine alla levataccia delle sei e, quando èancora buio e il cielo è terso, ti ritrovi a camminare con gli occhi incollati alla voltaceleste. È lì che prendono forma le idee più strane e “curve”.Desidero ringraziare tutte le Persone che fino ad oggi mi hanno sostenuto con la lorostima ed il loro incoraggiamento (non ultimi, i miei due figli e molti dei miei ex allievi).Un ringraziamento particolare lo debbo soprattutto a mia moglie Maria che, in tuttiquesti anni, non solo mi ha sollevato da mille incombenze quotidiane, ma è riuscita(e continua) a sopportare il mio caratteraccio.

Marzo, 2010 Gianfranco Peiretti

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Picasso

Picasso

1989EX LANIFICIO BONACARIGNANO – TO

“EVENTI NEL QUADRATO”

InterferenzeAcrilico su tela1986, cm 50x7018.03.’89

La penombra che abbiamo attraversato.

Gianfranco Peiretti appartiene alla generazione che Stenio Solinas ha descritto nei suoidissacranti pamphlets: Macondo e P38 (Milano, Società Falco Editrice 1980) e C’eravamo tantoa(r)mati (Roma, I sette colori 1981). Alla generazione di coloro, cioè, non disposti aripetere l’allegoria borgesiana di Juda Leon, rabbino praghese che, avido di sapere quelche Dio sapeva creò un bamboccio cui diede il nome Golem che avrebbe dovutoimparare le regole dell’Universo e a cui a mala pena riuscì a insegnare a spazzare lasinagoga.Se ne è uscito indenne, lui, giovane di belle speranze e per di più con una laurea inarchitettura in tasca, lo si può solo spiegare ricordando il sonetto II.2 dei Sonetti ad Orfeodi Reiner Maria Rilke: « Come il maestro nell’impeto a un foglio / qualunque affida lalinea perfetta / così talvolta lo specchio raccoglie l’unico volto di giovinetta. / Quando almattino da sola si ammira / o nel chiarore del lume sommesso…/ cadrà più tardi nelpuro respiro / dei veri volti solo un riflesso. / Quel che tra braci fu un giorno veduto /nel lento spegnersi fuligginose. / Sguardi di vita per sempre perduti. / Oh, della terra chisa gli smarriti / beni? Chi solo con note gloriose / celebri il cuore cui tutto dà vita ».La poesia è infatti un evento che accade, che sempre di nuovo inaspettatamente siripresenta, è un dono dei pochi ai molti che appartiene al mistero dell’Universo.Se si dovesse indicare un ascendente in ambito letterario, bisognerebbe fare il nome diLewis Carroll, l’autore di Alice nel paese delle meraviglie, per il quale il non-sense divental’emblema araldico della logica che si fa poesia, per il quale l’ésprit de géometrie diventa éspritde finesse.Pascal con le ragioni del cuore contro la fredda lama d’acciaio della raison illuminista:ecco l’orizzonte in cui occorre iscrivere il versicolore prisma attraverso cui questogiovane artista proietta la propria ricerca. Un giovane che per impalmare la pulzelladell’arte ha lasciato alle ortiche i lividi sentieri battuti dagli impazienti yuppies degli anni’80 o i comodi viadotti degli impertinenti ex-sessantottini oggi perfettamente integrati neivari mass-media, pronube of course le varie sinistre pseudo-progressiste locali.

Peiretti, dopo aver abbandonato i giardini ingemmati della sua personalissima artfantastique degli anni settanta, che non può non rammemorare Tolkien, è approdato aduna originale sintesi di concretismo neoplasticista in cui il dato naturalistico è trasfiguratoin un rigoroso costruttivismo, nel quale la saturazione cromatica diventa il vettorefantastico per una ricerca dell’assoluto. Una ricerca che ben sintetizza questa citazionedal suo livre de chevet: «La Bhagavad-gitã così com’è» di Sua Divina Grazia A. C.Bhaktivedanta Swami Prabhup a da: « Ma c’è nel corpo, un altro beneficiario, chetrascende la materia: è il Signore, il Proprietario Supremo, Testimone e Consenziente,che si chiama Anima Suprema » ( XIII.23 ).Un bagno purificatore dopo la lunga, troppo lunga penombra, attraversata negli anni dipiombo, che lo legittima come qualificato erede del cromoideismo plastico teorizzato alivello planetario da Carlo Belloli.

Torino, 24.02.1989 Marzio Pinottini

Ritmico.acrilico su tela1986, cm 50x70

8-Egitto-3,acrilico su tela1986, cm 50x70

1990FONDATION VASARELYAIX- EN PROVENCE – F

“EVÉNEMENTS DANS LE CARRÉ / 2”

1990GALLERIA “LA LANTERNA”ASSESSORATO PER LA CULTURACITTÀ DI MONCALIERI

“EVENTI NEL QUADRATO / 3”

GrigiotritticoAcrilico su tela1990, cm 50x130

Peiretti, tra progettuale e trasgressivo

C’è chi tuttora opera convinto che l’arte possa nascere da una sorta di emulazione visivarispetto ad un motivo scelto, vero o non, e più d’uno negli ultimi decenni si è dedicatopersino al rivestire le altrui invenzioni, ribattezzando questo lavoro, alla stregua di unaoriginale tendenza creativa, come “rivisitazione”, ‘citazionismo’ e altre analoghedefinizioni. Gianfranco Peiretti è, invece, di quelli che soprattutto s’interrogano: sidirebbe, anzi, ch’egli guardi dentro di sé, come per attingere dal proprio inconscio, maper sondare insieme ogni geometrica potenzialità propria delle strutture visive alle quali èportato a dar vita, nel momento stesso in cui, a suo modo, giunge a dar loro progettualeconsistenza, facendo leva sui formali elementi compositivi, calati tra luce e ombra, conun occhio attento all’armonia delle loro interazioni. Dove ‘a suo modo’- tanto vale dirlosubito – significa, in maniera essenziale, con una libertà comprensiva anche di una suaesigenza di trasgressione.Così conobbi subito Peiretti, incontrandolo l’anno scorso davanti ai suoi dipinti: i coloriacrilici scelti per le proprietà e qualità materiche rispondenti ai suoi fini, in virtù delleseriali gamme tonali cui il ben timbrato codice cromatico poteva rimandare, evitando irisonanti ‘ripieni’ e le saturazioni, per privilegiare le più rare e delicate sfumature(ottenute con l’accostamento di successive campiture), temperandole tono su tono, nellemisurate gradazioni. Ma spesso anche componendo tra loro i diversi effettitridimensionali, giocati su cubi aperti e virtualmente compenetrati da altre formeplastiche per raggiungere anche più complesse formulazioni spaziali riprese e variate(come nel trittico) sul filo d’una rotazione combinatoria.Fu in quell’occasione che gli feci balenare, quasi provocandolo, l’idea di cercare conquello stesso suo gusto attento e l’abituale meticolosa limpidezza di dettato, le inediteequivalenze espressive d’una tecnica incisoria che sarebbe potuta essere, come è stata,l’acquatinta.

Circa il modo di affrontarne più propriamente la realizzazione tecnica, si può aggiungerecome tra consigli e intuito personale non abbia tardato a volgersi, tra i medium, allaresinosa colofònia, così da trarne gli effetti più fini e lievi, con il sommarsi delle morsuree gli esiti che paiono graficamente trasparenti, impalpabili, sì che ogni forma sembratrattener una sua luce, anch’essa stratificata in assorte profondità. Spinto tuttaviadall’impulso vivo del suo ricercare, egli non ha mancato di cimentarsi altrimenti, con ilnudo ferro della puntasecca, e le ritrovate trame segniche care alla sua ispirazioneprogettuale, ma di cui altra volta vorrà forse scoprire l’approdo, non appena ne avràcompletato le verifiche delle scelte tecniche e della loro più efficace messa a puntoformale.La mostra comprende, dunque, una ventina di dipinti, datati dell’ultimo quinquennio,fino al recentissimo Grigiotrittico, e la suite delle sue prime sette acquetinte, impresse conesemplare perizia da Isidoro Cottino, nelle quali l’apparente rigore dell’invenzionestrutturale - e non sono mai forme inerti, o semplicemente decorative – lascia trasparireil vitalistico suo spirito anticonformista. Ed è quanto si coglie in certe lievi (volute)infrazioni, negli appena percettibili sfasamenti, o spaesamenti, persino in quellecontraddizioni formali che creano inattese, quanto sommesse, tensioni espressive. Senza,in ogni caso, intaccare quell’atmosfera tutta pervasa dall’autentico esprit de finesse chedistingue ogni opera di questo ideatore di calibratissime figurazioni oggettuali, dalleimmagini tipiche d’una visione tridimensionale, tipicamente architettonica.Nei dipinti come nelle incisioni, però, non è l’architetto ad esprimersi, ma il ricercatore dipoetiche forme espressive, quasi ricordasse ad ogni passo Carlo Belli che aveva scritto:“L’arte è al sevizio di se stessa. L’arte è”. Si direbbe, infatti, ogni volta, come Peiretti abbiapuntato sull’invenzione e l’applicazione di una propria metrica spaziale (affine, madiversa, in quel suo sottrarsi alla regola, dai modelli costruttivi dettati da una matematicatradizione prospettica), proprio per quella consapevole licenza trasgressiva che fa partedell’autentico suo comportamento culturale.

Torino, Agosto 1990 Angelo Dragone

Samurai,acrilico su tela,1990, cm 50x70

1992GALLERIA “ARTÌFEX”TORINO – DOCKS DORA

Installazione,legno, tulle, acrilici1992

Alle maggiori altitudini crescono più fiori blu; e le stesse specie di certe piante (come lagenziana) che al margine delle nevi eterne assumono tale colore, quando germinano nelpiù favorevole calore delle pianure tendono a un colore biancastro, perché meno ricchedi antocianine. Gianfranco Peiretti ama il blu, e pare condividere questo configurarsidel colore in una pigmentazione vegetale dei succhi cellulari come segno diavvicinamento alle vette e al cielo: anche nelle sue opere la vitalità del colore tende aliberarsi da ogni “gravità” metaforica o descrittiva per librarsi nell’ambiente,rarefacendosi in una trasparenza che diventa, insieme, cangiante delimitazione epercepibile continuità. A una rarefazione materica, del resto, è dovuto anche l’azzurrodel cielo, provocato dal fenomeno ottico della diffusione: come per un colore degli occhio del fumo di una sigaretta, l’effetto appare quando la luce incidente sulla superficie diun corpo viene rinviata in tutte le direzioni proiettandosi su uno sfondo scuro. E nelcaso dell’atmosfera, la luce solare viene diffusa da particelle di polvere dimensionate sullastessa lunghezza d’onda del blu, che visualizzano perciò una luce azzurra sul buio dellospazio cosmico: così nel 1957 in Canada, quando diversi incendi avevano aumentato laquantità di particelle sospese nell’aria, anche la luna si tinse lievemente mapercepibilmente di blu per questa velatura atmosferica, come nel traslato di un poetavisionario o di un artista fantastico.Peiretti moltiplica i suoi blu attraverso strutture geometriche movimentate da precisemetamorfosi, ma li organizza anche nei termini di una fluidità atmosferica che ritrova ilsenso probabilistico e la turbolenza degli eventi naturali. Nella sua mostra personaleall’Artìfex, galleria aperta all’interazione fra l’arte e l’ambiente, la sala dell’installazionecostituisce il risultato più esteso ed intenso di questo concretarsi della creatività in unospazio e in un tempo reali, che diventano campo e istantaneità di confronto fra il vissutoe il contemplato. Nel progetto come nell’attuazione dell’opera, la connessione fra pitturae scultura oltrepassa i limiti tramandati dalla consuetudine e si dilata fino alla totalità diun “environment” leggibile e sperimentabile in una molteplicità di percorsi liberivirtualmente infinita.

Lo spettatore diviene visitatore, entra nel contesto inventivo del fare artistico e nedetermina itinerari “dromoscopici”, ossia visioni in movimento, sequenze di percezioniche egli può conoscere, e anzi scegliere con l’intuito interpretativo del critico edell’attore, attraverso il proprio orientarsi e spostarsi nell’ambiente.Dal pubblico agli addetti ai lavori e all’artista stesso in quanto fruitore della propriaopera, chiunque può quindi immergersi in questa creatività “environmentale” eindividuare fra progetto e comportamento, come nell’osservazione subacquea di unabisso ignoto, una realtà profondamente arcana oltre le sue più limpide e consapevoliparvenze: quella della interazione fra la quotidianità della vita e la risonanza lungimiranteed emozionata dell’arte, fra lo spazio vissuto dell’esistenza e lo spazio codificato, scenicoe alieno, della struttura formale. “Solo un aspetto dell’opera è immediato”, scrivevaRobert Morris nel lontano 1966 a proposito, appunto, dell’esperienza della scultura neltempo: “la percezione della Gestalt”; e Robert Smithson osservava come il “deserto” diMalevic fosse diventato una “Città del Futuro”. Soltanto sette anni prima, un fautoredell’arte come aspetto della comunità, Victor Vasarely, aveva proclamato che “l’artista èun ottimo costruttore della città policroma, multiforme e solare, l’arte è plasticità pura,salute e gioia, qualità sensoriali che arrivano al mondo nei numeri progressivi”.Nei termini di questo orizzonte estetico spaziante dalla società alla struttura e alla naturasi sono sviluppate le ricerche e i lavori di Peiretti dal 1984, dopo le prime prove comepittore di gusto tradizionale e un secondo momento polarizzato da sollecitazionisurrealiste e fantastiche; ma oggi la sua presenza caparbiamente individuale,anticonformista e sottilmente provocatoria risulta più consonante con le istanze epocalidelle ultime generazioni che con gli antecedenti remoti della sua poetica. Il suo spiritomatematico non emerge dalle chiare, fresche e dolci acque di una metodologia esteticaanestetica, geometricamente asettica, ma da un coinvolgimento emotivo, esistenziale eoperativo che rivendica i valori del sentimento lirico, della pregnanza vitale e dellamanualità febbrile e febbrile nella realizzazione concreta delle opere: anche i molti metriquadrati del tulle adoperato nell’environment all’Artìfex sono stati dipinti a mano, conqualche difficoltà tecnica, nelle sue diverse tonalità.

La sua formazione è avvenuta attraverso molteplici ed eterogenee esperienze: studi, fral’altro, alla Scuola Allievi della FIAT (dove poi ha lavorato come modellatore in legnoalle fonderie e in gesso al Centro Stile), al Politecnico di Torino fino alla laurea inarchitettura, altri lavori come pubblicitario, impiegato statale, insegnante di educazioneartistica, e viaggi in Europa, Africa, Asia. L’eredità costruttivista e concreta delleavanguardie storiche e quella razionalista egemonizzata dall’architettura, l’arteprogrammata e cinetica profetizzante l’avvento dell’estetica informazionale coincisa conl’attuale rivoluzione elettronica (affiancata anche da contributi minimalisti e concettuali),e la sensibilità ambientale che ha trionfato nell’edizione 1992 di Documenta a Kassel,sono tra le componenti primarie della sua visione: giustamente la Fondation Vasarely haconferito nel 1990 un avallo internazionale a Peiretti ospitando una sua significativamostra personale.Accanto all’environment, l’artista è inoltre autore di sculture, dipinti, disegni, incisioni eoggetti combinatoriali per la costruzione di insiemi policromi estremamente variabili: nelsuo repertorio compaiono infatti anche altri colori, oltre al prediletto blu, e trovano nellatrasparenza di origine cubofuturista, e di mediazione astratta, la possibilità cromatica piùinterattiva nei confronti dell’ambiente, dove i giochi delle luci e delle ombre proiettatecreano ulteriori apparizioni virtuali delle strutture. Nel ritmico contrappunto tra forma eambientazione, l’accento cade quindi su questa “naturalezza” di una creatività mutevole evivente, più che assolutisticamente surgelata. Così la vocazione del colore svela affinitàelettive con i fiori d’alta montagna, il cielo, la luna velata dagl’incendi, le nuvole e il mare.Peiretti appartiene a quella comunità europea sovratemporale dei cultori del blu checomprende Novalis e Stéphane Mallarmé, Picasso, Yves Klein e molti altri: la sua nuovageometria coincide con una appassionata coscienza, e conoscenza, di libertà.

Lucio Cabutti

1997BIBLIOTECA CIVICA “A. ARDUINO”INCONTRI D’ARTISTACITTÀ DI MONCALIERI.

“OSTINATO BLU”

Il concetto di “flesso” e un “blu ostinato”, sono i punti focali dell’appassionata eaccanita sperimentazione di Gianfranco Peiretti, la cui opera esprime un’inconsuetabellezza alla luce delle seconde avanguardie cui si ascrive. Nel loro raccontare i disagidella società moderna e la fatica interiore esistenziale, non pochi “autori” hannoguardato infatti all’Arte Povera come alla Bad Painting americana, facendo del “brutto”un linguaggio preciso, una filosofia estetico-formale da cui quasi inconsapevolmenteprende distanza l’artista moncalierese, brain storming di sentimenti, afflati sofferti efiltrati tra mente e cuore. Il patrimonio dell’esperienza antica, accostata in parallelo alsenso storico del vivere contemporaneo, lo portano alla manipolazione di un ampioventaglio di materiali: dai più tradizionali ai più “dernier cri”; dai più morbidi e delicati datrattare, ai più duri e severi nel loro impatto ancestrale.La produzione del suo atelier propone infatti la fusione degli opposti, con passaggi chespaziano dalle sensazioni di fragilità del tulle alla freddezza del marmo; dal calore delbuon legno agli inquieti ritrovati di impronta techno; dalle plastiche più gelide ai gessiplasmati e lavorati secondo procedimenti unici. In sostanza, un’officina di idee e dinuovi confini da superare. Peiretti opera esprimendosi a tutto campo e dunqueinfrangendo le barriere della pittura e della scultura, per approdare a opere che necoagulano le discipline.L’area astratta del geometrismo potrebbe sembrare il suo vocabolario, tuttavia i suoi“pezzi” vanno ben al di là del freddo cerebralismo. Anzi, si aprono facilmenteall’interpretazione stratificata. La perfezione delle campiture cromatiche in trasparenza,la meticolosità delle linee e delle architetture cercate a mano libera (e una fatica fisicaunita all’esigenza di tecnicismo virtuosistico) disegnano il ritratto di un artista che saunire il mestiere alla creatività.

Silvana Nota

1997ASSOCIAZIONE CULTURALE“verifica 8+1”MESTRE - VENEZIA“mostra n° 197”

Senza titolo,incisione su gesso1997, cm 20x16x1

L’emozione che suscita un’incisione a secco, stampata cioè senza inchiostrare la matrice,è straordinaria. Se la matrice poi non è convenzionale, ma è realizzata con materiali atti asopportare la pressione di un torchio, restituisce sulla carta segni e rilievi chesuggeriscono forme ed immagini fantastiche.Allo stesso modo, il gesso usato al posto del torchio, cioè colato in una matrice astampo, non solo si adatta ai materiali più comuni come le carta piegata, ma assorbeinchiostri idrorepellenti. Rispettando le comuni “regole” che è necessario osservare nellaproduzione di un calco, evitando soprattutto sottosquadri e l’aderenza del gesso aimateriali, si hanno risultati entusiasmanti. Ricavata la forma, quando il gesso è ancoraumido lo si può ulteriormente modellare e colorare.E’ a questo piccolo universo del fare, che da due anni ho dedicato la mia ricerca.Realizzo formelle di gesso ed ognuna di esse è un’esperienza unica. Quando è possibileutilizzarli, tutti i materiali, dai tessuti alla plastica, dai metalli alla carta, sono impiegati percomporre matrici effimere, che daranno vita a microcosmi di cm 16x20x1. A volte sonoaddirittura i vuoti lasciati da bolle d’aria o imperfezioni del calco, che guidanol’immaginazione e la mano verso direzioni impreviste. Quasi sempre utilizzo il bluoltremare da contrapporre al bianco del gesso, ma è ovvio che siano la luce radente el’ombra le protagoniste dell’opera.

Moncalieri, Luglio 1997 Gianfranco Peiretti

Senza titolo,incisione su gesso,1997, cm 20x16x1

Dittico per Gianluca,acrilico su tela2007, cm 200x100

Anni ‘70...............................................................................

Anni ‘80..........................................

Anni ‘90....................................

Anni 2000................................

ATTIVITÀ ESPOSITIVAMOSTRE PERSONALI1986: Galleria “Acquario” - Mondovì - Cuneo1989: Ex lanificio Bona - Eventi nel quadrato - Carignano - Torino1990: Fondation Vasarely - Eventi nel quadrato/2 – Aix en Provence - F1990: Galleria “La lanterna” (a cura dell’Assessorato alla Cultura) -

Eventi nel quadrato/3 - Moncalieri - Torino1991: Castello di Sartirana Lomellina - Pavia1992: Galleria Artifex - Torino1997: Biblioteca Civica “A. Arduino” - Ostinato Blu - Moncalieri - Torino1997: Associazione Culturale “verifica 8+1” - mostra n° 197 - Mestre-Venezia2010: Centro “Mistral” - Cambiano – Torino

MOSTRE COLLETTIVE1988: Promotrice delle Belle Arti al Valentino – 146^ Esposizione Arti

Figurative - Torino1990: Centro Saint Benin - Un itinerario sul filo della scultura - Aosta1991: Galleria “arte struktura” / Milano - Piccolo formato 20x20: costruttivismo,

concretismo, cinevisualismo internazionale per l’unificazione europea - Zurigo - CH1992: Metropolitan Museum - Italian Report - Tokyo1995: Biblioteca Civica “A. Arduino” - Centodiciotto artisti in biblioteca -

Moncalieri - Torino1996: Galleria “arte struktura” di Milano - L’Arte costruisce l’Europa - Cinevisualismo

internazionale per l’unificazione europea, formato 20x20 - Trieste1996: Biblioteca Civica “A. Arduino” - Strade di uomini e di arte - La Via Francigena -

Moncalieri - Torino1999: Associazione Culturale “verifica 8+1” - mostra 8+1=20 - Mestre-Venezia2008: Galleria “arte struktura” - Milano - L’Arte costruisce l’Europa -

Desenzano del Garda - BS

peiretti.altervista.org

Finito di stampare nel mese di Aprile 2010 presso le officine grafiche di Comunecazione snc - 12042 Bra (CN)