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<pre> Pag. 1699 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Seguito dell'esame della relazione sui rapporti tra mafia e politica: Violante Luciano, Presidente, Relatore ................ 1701 1708, 1709, 1710, 1712, 1714, 1716, 1719, 1721 1722, 1724, 1725, 1728, 1729, 1733, 1734, 1736 1738, 1739, 1747, 1749, 1754, 1755, 1756 Ayala Giuseppe Maria ................ 1711, 1716, 1719, 1721 Bargone Antonio ....................................... 1736 Brutti Massimo ...................... 1710, 1712, 1721, 1749 Buttitta Antonino ............................... 1712, 1714 Cabras Paolo .............................. 1740, 1742, 1750 Cappuzzo Umberto .................... 1731, 1733, 1734, 1755 Crocetta Salvatore .................................... 1750 Cutrera Achille ................................. 1709, 1710 1744, 1747, 1749 De Matteo Aldo ............................ 1726, 1728, 1729 Ferrauto Romano ....................................... 1722 Folena Pietro ................................... 1733, 1738 Frasca Salvatore ................................ 1724, 1735 1736, 1737, 1738, 1739, 1740 Fumagalli Carulli Ombretta ...................... 1706, 1708 1709, 1710, 1711, 1712 Galasso Alfredo ..................... 1722, 1724, 1725, 1726 1728, 1729, 1737, 1742, 1756 Grasso Gaetano ........................................ 1729 Imposimato Ferdinando ................................. 1701 Mastella Mario Clemente ......................... 1725, 1755 Olivo Rosario ................................... 1753, 1754 Ranieri Umberto ....................................... 1715 Rapisarda Santi ....................................... 1704 Ricciuti Romeo ............................ 1710, 1726, 1728 Taradash Marco ........................................ 1722 Tripodi Girolamo .......................... 1740, 1754, 1756 Pag. 1700 Pag. 1701 La seduta comincia alle 9,15. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Seguito dell'esame della relazione sui rapporti tra mafia e politica. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame della relazione sui rapporti tra mafia e politica. Proseguiamo la discussione. FERDINANDO IMPOSIMATO. Credo occorra riconoscere che la Commissione verrebbe meno ad un suo dovere fondamentale se non formulasse un'approfondita analisi sui rapporti mafia-politica in questo momento storico ricco di conoscenze, episodi ed avvenimenti che sembrano gettare luce sugli anni foschi

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<pre> Pag. 1699 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag.Seguito dell'esame della relazione sui rapporti tra mafiae politica:Violante Luciano, Presidente, Relatore ................ 1701 1708, 1709, 1710, 1712, 1714, 1716, 1719, 1721 1722, 1724, 1725, 1728, 1729, 1733, 1734, 1736 1738, 1739, 1747, 1749, 1754, 1755, 1756Ayala Giuseppe Maria ................ 1711, 1716, 1719, 1721Bargone Antonio ....................................... 1736Brutti Massimo ...................... 1710, 1712, 1721, 1749Buttitta Antonino ............................... 1712, 1714Cabras Paolo .............................. 1740, 1742, 1750Cappuzzo Umberto .................... 1731, 1733, 1734, 1755Crocetta Salvatore .................................... 1750Cutrera Achille ................................. 1709, 1710 1744, 1747, 1749De Matteo Aldo ............................ 1726, 1728, 1729Ferrauto Romano ....................................... 1722Folena Pietro ................................... 1733, 1738Frasca Salvatore ................................ 1724, 1735 1736, 1737, 1738, 1739, 1740Fumagalli Carulli Ombretta ...................... 1706, 1708 1709, 1710, 1711, 1712Galasso Alfredo ..................... 1722, 1724, 1725, 1726 1728, 1729, 1737, 1742, 1756Grasso Gaetano ........................................ 1729Imposimato Ferdinando ................................. 1701Mastella Mario Clemente ......................... 1725, 1755Olivo Rosario ................................... 1753, 1754Ranieri Umberto ....................................... 1715Rapisarda Santi ....................................... 1704Ricciuti Romeo ............................ 1710, 1726, 1728Taradash Marco ........................................ 1722Tripodi Girolamo .......................... 1740, 1754, 1756 Pag. 1700 Pag. 1701La seduta comincia alle 9,15.(La Commissione approva il processo verbale dellaseduta precedente). Seguito dell'esame della relazione sui rapporti tra mafia e politica. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguitodell'esame della relazione sui rapporti tra mafia e politica.Proseguiamo la discussione. FERDINANDO IMPOSIMATO. Credo occorra riconoscere che laCommissione verrebbe meno ad un suo dovere fondamentale se nonformulasse un'approfondita analisi sui rapporti mafia-politicain questo momento storico ricco di conoscenze, episodi edavvenimenti che sembrano gettare luce sugli anni foschi

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dell'ultimo trentennio. Negli ultimi anni è stata raccolta unamassa ingente di elementi, dati, notizie, informazioni, attiprocessuali e di relazioni delle Commissioni d'inchiesta checonsentono di delineare un quadro non generico, astratto edinconcludente, ma concreto e definito dei rapporti tra mafia epolitica. Dalle indagini dei magistrati di Palermo, di Caltanissettae di Firenze sui rapporti tra mafia, politica e massoneria,sul golpe Borghese, sulla strage di Piazza Fontana e sullastrage del treno 904, è possibile cogliere alcune lineeessenziali dell'intreccio mafia-politica, indipendentementedall'esito dei processi. Questo perché alcuni processi, anchese sfociati in assoluzioni, come quello sul golpe Borghese, oquello di Palermo a carico di 114 oppure tuttora pendentidavanti all'autorità giudiziaria, hanno accertato l'esistenzamateriale di fatti e di legami significativi ed ilcoinvolgimento in essi di alcuni uomini politici ai diversilivelli, al di là del giudizio sulle penali responsabilitàdegli imputati ed indagati, che non è di competenza di questaCommissione. Né può attendersi per la formulazione di un giudiziopolitico la definizione di una serie di procedimenti penali,poiché la loro conclusione, a causa della loro complessità,non appare né facile né breve; non è possibile, cioè,allinearsi ai tempi necessariamente lunghi dei processi penaliper dare una valutazione politica di fatti accertati. I duelivelli di indagine, infatti, quello giudiziario e quellopolitico, hanno diversi strumenti conoscitivi, diversiobiettivi e diverse garanzie. Sulla base di una simile regolametodologica si può concludere che le indagini compiute dallevarie autorità giudiziarie della Calabria, della Campania,della Sicilia, della Puglia, della Lombardia e della Toscana equelle delle Commissioni parlamentari d'inchiesta sulla mafia(ricordo quella presieduta dal senatore Carraro), sulla P2,sul caso Sindona e sul sequestro Moro rappresentano nel loroinsieme una base quanto mai solida per un giudizio sulrapporto mafia-politica che abbia al suo centro il ruolo dialcuni esponenti del mondo politico. A questo punto credo si debba rivalutare tutta una seriedi inchieste insabbiate e mai portate a compimento per ilcomportamento di alcuni esponenti degli stessi apparati disicurezza. Ho letto con molta attenzione la proposta di relazionepresentata dal presidente Violante e l'ho trovata estremamenteequilibrata, prudente, aderente alla Pag. 1702realtà. Certamente non poteva essere esaustiva di tutte lecomplesse tematiche dei rapporti mafia-politica: dà unadefinizione dei programmi, delle organizzazioni, del modo diagire, dei collegamenti e delle connessioni della mafia; fainoltre alcuni riferimenti abbastanza precisi al rapporto conla massoneria e con esponenti dell'eversione e dei servizi

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segreti. Credo che forse sarebbe stato opportuno dedicare unapposito capitolo a ciascuno di questi temi, perché sonotroppo importanti per potere essere affrontati un poco disfuggita, come è stato fatto nella relazione. Ritengo che dobbiamo ripercorrere antichi sentieri,rivalutare una serie di fatti che, presi isolatamente, nonhanno alcun significato, mentre oggi, nel loro insieme, allaluce di cose accertate ed emerse indiscutibilmente, rivivonoed acquistano una nuova valenza non tanto sul pianogiudiziario quanto su quello politico. Le assoluzioni di molti mafiosi e di terroristi neri sonostate la conseguenza inevitabile di depistaggi di &quot;spezzoni&quot;dei servizi segreti, di parti consistenti delle loggemassoniche affiliate alla massoneria ufficiale, di esponentidella magistratura, di uomini politici che hanno impedito peranni la ricerca della verità e provocato la disintegrazione diindagini spesso avviate nella direzione giusta. Bene, quindi, fa la relazione a ricordare la vicenda dellaconfessione di Leonardo Vitale che, fin dal marzo 1973 (sonopassati venti anni), parlò di cose, uomini, programmi, omicidie alleanze di Cosa nostra, ma venne considerato un pazzo,condannato, abbandonato a se stesso, infine scarcerato edassassinato dalla mafia. Questo sempre perché si è volutoimprontare l'azione della Commissione, anche nelle passatelegislature, a criteri di doverosa prudenza, che però non puòessere considerata come sinonimo di cecità e di incapacità dipercepire la valenza di alcuni fatti ed avvenimenti.Altrimenti rischiamo di fare una relazione che è molto menoavanzata e coraggiosa di quella della prima Commissioneantimafia, presieduta dal senatore Carraro, nella quale eranogià contenuti episodi, riferimenti, indicazioni su uomini e surapporti con esponenti del mondo politico che tuttora hanno ungrande valore. Ieri ho letto ciò che quella Commissione ha scritto suLima, Ciancimino e sui collegamenti che questi due uomini giàavevano con esponenti della criminalità organizzata e delmalaffare; è impressionante che questi dati siano stati peranni sottovalutati e che il lavoro prezioso svolto da quellaCommissione non abbia avuto quello sviluppo che avrebbe dovutoavere. Possiamo dire che la storia del nostro paese è costellatada eccessive prudenze ed eccessive omissioni, che hannoportato poi alla svalutazione e sottovalutazione dicollaborazioni formidabili, fornite da uomini non solo di Cosanostra, ma anche al di fuori di questa organizzazione. Un'altra occasione perduta riguarda, infatti, lacollaborazione di Giuseppe Di Cristina, il quale anticipòl'omicidio dell'onorevole Cesare Terranova e parlò dellefamiglie emergenti della mafia e dei legami con esponenti delcrimine organizzato. Vorrei ricordare un'altra vicenda checoinvolse anche la magistratura e gli esponenti del mondopolitico, cioè l'attentato a Mangano che si verificò venti

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anni fa. In quel periodo furono accertate le responsabilitàdel procuratore generale della corte di appello Spagnuolo;furono fatte intercettazioni da cui emersero anchecollegamenti tra Frank Coppola e l'allora ministrodell'interno Restivo; addirittura furono accertaticollegamenti fra il mafioso Coppola e l'allora segretariodella Commissione antimafia Romolo Pietroni, che venne poiprocessato e condannato; furono accertate infiltrazioni dellamafia all'interno della regione Lazio. Insomma, tutta unaserie di fatti ed episodi, risalenti a venti anni fa, che sonostati svalutati ed assorbiti dalla mafia, perché subito dopo,a parte il clamore di questi episodi, lo Stato non è stato ingrado di reagire in maniera efficace e di predisporre un pianoche potesse contrastare la Pag. 1703penetrazione della mafia in tutti i livelli e in tutte leregioni. Voglio dire qui queste cose, perché ho colto anche lapreoccupazione dei colleghi della democrazia cristiana e delpartito socialista, preoccupati di possibili speculazioni. Devo dare atto alla Commissione, per la breve esperienzache ho maturato in essa, della grande obiettività e prudenzache ha ispirato tutti i commissari; credo che tutti noi siamoispirati dal desiderio di conoscere la verità e di evitarespeculazioni, perché abbiamo un compito che va oltre quelloche ci compete come appartenenti ai nostri rispettivi partiti.Tuttavia questo è un fatto che mi preoccupa molto, nel sensoche non possiamo commettere l'errore, compiuto in passato, didisperdere l'occasione importante per cercare di definirealcuni rapporti, anche riprendendo in esame fatti ed episodi,che qui vorrei ricordare brevemente, anche se il tempo non celo consentirebbe. Vorrei ricordare, per esempio, che nell'indagine sullabanda della Magliana emersero legami tra Flavio Carboni,Diotallevi, Calò ed un ministro della giustizia. A talevicenda si collegò poi quella relativa all'uccisione di Calvi.Ebbene, in tutti questi casi lo Stato ha perso occasionistoriche per attaccare la struttura militaredell'organizzazione mafiosa ma anche per denunciare i rapportitra mafia e politica. Vorrei anche ricordare quello che è emerso da alcuni attidella relazione sul caso Moro: vi sono alcuni richiami adesponenti del mondo politico e anche finanziario che nonpossiamo dimenticare. Questa relazione, perciò, forse avrebbedovuto far riferimento ad un fatto importante: oggi si sa concertezza, a seguito di sentenze passate in giudicato, chepersonaggi come Michele Sindona- dei quali alcuni anni fa nonsi sapeva che avessero avuto un ruolo fondamentale sia neirapporti con l'eversione sia nei rapporti con la mafia - sonostati processati e condannati per omicidi di stampo mafioso,per associazioni a delinquere di stampo mafioso e perbancarotta fraudolenta, sicché i loro rapporti con esponenti

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del mondo politico oggi acquistano un valore fondamentale. Miriferisco ai rapporti di Sindona con il senatore Andreotti,rapporti nei quali certamente quest'ultimo avrà avuto unaserie di distrazioni ma che adesso acquistano una valenza edun valore più allarmante e preoccupante. Non stiamo certamentefacendo il processo ad Andreotti però non possiamo ora nonprendere in esame i fatti accertati da altre Commissioni e dagiudici con sentenze passate in giudicato, fatti che servonoanche a ridefinire e ridelineare i rapporti tra mafia epolitica. Dice l'onorevole Gerardo Bianco, uomo giusto e prudente,che nei fatti odierni che coinvolgono la democrazia cristianac'è la maledizione di Moro. Credo che vi sia qualcosa di più:vi è stata la profezia di Moro basata sulla sua testimonianza.Vediamo cosa scrisse Moro nei suoi diari segreti trovati invia Montenevoso. In particolare, a pagina 122 dell'allegato 2alla relazione Moro leggiamo: &quot;A proposito di indebiteamicizie, di legami pericolosi tra finanza e politica, nonposso che ricordare un episodio per sé minimo ma, soprattuttoalla luce delle cose che sono accadute poi, pieno disignificato. Essendo io ministro degli esteri fra il 1971 edil 1972, l'onorevole Andreotti, allora presidente del gruppoDC della Camera, desiderava fare un viaggio negli USA e michiedeva una qualche investitura ufficiale. Io gli offersiquella modesta di rappresentante di un'importante commissioneall'ONU ma l'offerta fu rifiutata. Venne poi fuori il discorsodi un banchetto ufficiale che avrebbe dovuto qualificare lavisita che Andreotti avrebbe dovuto fare in America. Poichéall'epoca Sindona era per me uno sconosciuto, ful'ambasciatore Ortona a saltare su per disprezzare e deprecarequesto accoppiamento tra Sindona e Andreotti. Ma il consigliodell'ambasciatore e quello mio modestissimo non furono tenutiin conto ed il banchetto si fece come previsto. Forse non fuun gran giorno per la democrazia cristiana&quot;. Questo disse testualmente Moro a proposito dei rapportitra il senatore Andreotti Pag. 1704 e Sindona. Quest'ultimo ha avuto un ruolo sinistro in tuttele vicende di questi anni, per i suoi rapporti con la mafia,con la massoneria, con il terrorismo nero e per i suoi pianieversivi. Moro, parlando della lotta di Andreotti per ilcontrollo dei servizi segreti in competizione con Cossiga,disse: &quot;Questa persona&quot; cioè Andreotti &quot;detiene nelle mani unpotere enorme, all'interno e all'estero, di fronte al quale idossier dei quali si parlava ai tempi di Tambroni,francamente impallidiscono. La situazione deve essereconsiderata tenendo presente l'inquinamento del trentennio chedeprechiamo&quot;. E poi, concludendo la sua requisitoria, Moro dice, secondoquanto riportato a pagina 154 dell'allegato 2: &quot;Tornando poi alei, onorevole Andreotti, per nostra disgrazia e per disgraziadel paese che non tarderà ad accorgersene, non è mia

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intenzione rievocare la grigia carriera. Non è questa unacolpa... Durerà un po' di più, un po' di meno ma passerà senzalasciare tracce... Che cosa ricordare di lei? La suaconfermata amicizia con Sindona? Il suo viaggio americano conil banchetto offerto da Sindona, malgrado il contrario parereofferto dall'ambasciatore? La nomina di Barone al Banco diNapoli?&quot;. E qui parla di un prestito di Sindona concesso allademocrazia cristiana e all'onorevole Andreotti. Questa è soltanto una parte di un atto importantecontenuto nella relazione Moro ma vi è qualcosa di più; visono i rapporti tra il senatore Andreotti e Gelli, del qualeadesso sono noti i legami non solo con il terrorismo nero maanche con la mafia e la camorra. Sono di questi giorni lenotizie dei giornali in cui si parla delle visite fatte daesponenti della camorra a Gelli. Dobbiamo ritenere che certamente il senatore Andreotti èandato incontro ad una serie di gravi distrazioni; nonpossiamo però non tener presente il ruolo importante che egliin questi anni ha avuto all'interno del paese come ministrodella difesa, ministro degli esteri, Presidente del Consiglio.I suoi rapporti con Lima e Ciancimino ora acquistano nuovavalenza perché nel frattempo Ciancimino è stato condannato perassociazione per delinquere di stampo mafioso mentre,all'epoca della Commissione Carraro, Ciancimino, il cuiritratto è stato fatto con estrema decisione, non era ancorané indagato né imputato, era semplicemente sospettato dicollusioni mafiose. Forse faremmo bene a riprendere in esame e a collegareepisodi già emersi e consacrati alla storia negli atti divarie Commissioni parlamentari d'inchiesta. Devo dare attoall'onorevole Teodori dello studio approfondito che ha fattosui rapporti tra Andreotti e Sindona, il quale ebbe modoripetutamente di tentare di ricattare il senatore Andreottinel momento in cui le sue banche fallirono. Sindona fu colpitoda mandato di cattura per effetto della bancarotta fraudolentadelle sue banche italiane e straniere. Ebbene, dagli atti di diversi processi, soprattutto daquelli relativi alla strage di Bologna, emerge chiaramente chevi erano stati coinvolgimenti del senatore Andreotti anche conesponenti del terrorismo nero. Nel 1974 al giudice Tamburrinoè stata fatta una dichiarazione molto precisa da parte diCavallaro secondo cui a capo del tentativo eversivo ci sarebbestato Andreotti in quanto finanziato da Sindona efiancheggiato dal generale americano Johnson. Ho citato a caso queste fonti, ho ricordato questi episodiproprio perché ritengo che abbiamo il dovere di esseresommamente prudenti ma abbiamo anche quello di far riviveredichiarazioni, testimonianze, confessioni, atti, di rivalutareinchieste che sono state insabbiate e che invece debbonoessere sicuramente a base di una relazione più completa diquella predisposta, relazione sicuramente molto equilibrata eprudente ma tale da poter essere sviluppata in alcune parti.

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SANTI RAPISARDA. Signor presidente, quale parlamentaresiciliano e come componente di questa Commissione desideropartecipare al dibattito su questa relazione, che condividopienamente. Nel Pag. 1705suo contesto sono evidenziati con puntualità tutti i lavorisvolti negli ultimi mesi da questa Commissione che ci hannoportato ad audizioni di pentiti, di magistrati, di altecariche dello Stato eccetera. Desidero quindi esprimere alcune considerazioni che a mioparere potranno essere integrative di quanto è stato detto escritto. Nella relazione non si fa menzione degli strettirapporti che ci sono stati e continuano ad esserci in Siciliafra la mafia ed una certa parte dell'aristocrazia sicilianache, secondo me, in molte occasioni è stata protagonista eparte integrante del fenomeno mafioso, soprattutto in alcunisettori dell'economia siciliana che dovrebbero essere oggettodi approfondimento. Nella relazione sono evidenziate come attività lucroseprimarie per la mafia siano stati e sono gli illeciti proventiricavati dallo spaccio di stupefacenti e dal controllo negliappalti pubblici, sui quali fra alcuni giorni presenterà unarelazione il senatore Cutrera a nome della sottocommissioneche vi ha lavorato. A questo punto vorrei evidenziare un altro dato cheriguarda un settore in cui la mafia ha avuto ed hapartecipazioni determinanti, la gestione dei piani regolatoridei comuni che tanto flusso di denaro hanno apportato sia alleassociazioni mafiose sia a chi molto imprudentemente si è adesse affidato. Chiedo quindi attenzione da parte dellaCommissione antimafia poiché quella da me richiamata èun'altra rilevante fonte di risorse per i criminali e per chine protegge e ne aiuta gli interessi. Desidero evidenziare anche l'attività della pesca e delpescato che da sempre è stata gestita dalla mafia mantenendoneil monopolio assoluto ed imponendo prezzi di mercato adiscapito di tutta quella povera gente che trascorre in maremolto tempo della propria esistenza correndo spesso pericoliper la propria vita. Vorrei ora accennare all'attività politico-amministrativadi molti comuni e province siciliane ed in particolare dellegrandi città come Palermo, Catania e Messina. In riferimentoalla città di Palermo, oltre a tutto quello che già sappiamo,sarebbe opportuno acquisire notizie e documenti, anche con lapresenza della stessa Commissione, su come è stato gestitosoprattutto negli ultimi vent'anni il territorio, conun'azione di controllo tecnico-amministrativa sulle attivitàcondotte da tutti i sindaci, le giunte e le commissioniedilizie che si sono susseguite nel corso degli anni. Facendociò sicuramente si evidenzieranno grandi speculazioni fattesulla pelle dei cittadini a discapito dell'ambiente e dellastessa città.

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Per quanto riguarda Catania e Messina, oltre al controllodella gestione del territorio, al quale bisogna prestare lastessa attenzione che sopra dicevo per Palermo, desiderocitare due esempi che ritengo molto importanti e di notevoleinteresse per questa Commissione. A proposito di Catania cito la gestione e la costruzionedelle scuole da parte del comune e della provincia ed ilcentro sportivo che dovrebbe sorgere a Camporotondo, giàfinanziato dalla provincia in maniera secondo me illegale. Per quanto riguarda Messina, è sufficiente citare i 112miliardi del progetto del ponte sullo Stretto, di cui sidovrebbero approfondire alcuni elementi gestionali e metterein evidenza quali siano le motivazioni per cui la societàPonte sullo Stretto non abbia voluto prendere inconsiderazione la comparazione di un progetto alternativo aquello del ponte e che riguarda la realizzazione di un tunnelsommerso, progetto di cui la società è in possesso. Su questoargomento mi riservo di dare maggiori chiarimenti edelucidazioni in un'altra seduta. Un'attenzione particolare va rivolta anche alla gestionedelle USL siciliane su cui molto ci sarebbe da dire e su cuimi riservo di riferire in seguito. Concludo facendo riferimento all'attività dei governidella regione siciliana che con il beneplacitodell'opposizione hanno governato la Sicilia permettendosciupii di denaro pubblico in modo assurdo e clientelare;basterebbe verificare le migliaia di miliardi spesi in tuttiquesti Pag. 1706anni per opere pubbliche richieste dai comuni, sollecitate daparlamentari siciliani di tutti i gruppi politici (desideropuntualizzare questo aspetto), senza una programmazione esenza averne verificato l'effettivo beneficio generale,agevolando così l'attività delle organizzazioni mafiose cheper raggiungere i propri obiettivi si sono servite moltospesso di politici e di funzionari pubblici corrotti. Anche su questo aspetto mi riservo di presentare una lungae dettagliata relazione che spero darà un contributo allalotta che si sta conducendo contro la mafia e alla granderivoluzione democratica che sta avvenendo in Sicilia e intutta Italia. Spero che queste osservazioni possano diventare parteintegrante della relazione del presidente Violante per unamaggiore completezza e per avere un quadro ancora più chiarodel fenomeno mafioso siciliano. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Signor presidente, onorevolicolleghi, mi pare che dagli interventi finora svolti siaemersa la complessità della situazione dei rapporti fra mafiae politica e sia emerso come non sia sufficiente ridurli - mipare lo abbia già detto l'onorevole Sorice - ai meri rapportimafia-politica, ma si debba avere come oggetto d'indagineanche il rapporto mafia-istituzioni-politica. In questo senso,

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del resto, anche l'allora nostro capogruppo onorevole Scottisi era rivolto ai colleghi ed alla presidenza perché l'analisifosse più ampia. Ho ascoltato vari interventi, tra i quali quellodell'onorevole Folena ieri e quello del senatore Imposimatooggi: entrambi mirano a precisare - e do loro atto di questeosservazioni - che nessuno, tantomeno la relazione, vuolecriminalizzare un solo partito, la democrazia cristiana, e chepertanto ogni semplificazione è dannosa. Convengo che larelazione non criminalizza affatto un partito in modo globale,ma punta la sua attenzione su diversi schieramenti politici,facendo le opportune distinzioni al loro interno. Do altresìatto al presidente Violante di aver ben puntualizzato talequestione quando ieri ha introdotto i nostri lavori. Vorreituttavia dire ai colleghi che, se ogni semplificazione ècertamente dannosa, ciò che preoccupa non è soltanto lavalutazione politica che una lettura frettolosa può fornire alriguardo della democrazia cristiana o di suoi esponenti, ma èla possibile interpretazione, magari fatta in modo frettoloso(prendendo due brani, staccandoli dal contesto e mettendoli aconfronto), che si può dare ad una sorta di rapportonecessitato fra le forze politiche di Governo e la mafia. Mipreoccupa soprattutto questo aspetto della relazione. In diversi punti la relazione - convengo, forse piùnell'implicito che non nel veramente esplicitato - lasciaintravvedere una specie di equazione, secondo la quale ilsistema democratico italiano, almeno fino agli anni settanta,si è imperniato sulla mafia: democrazia italiana fino aglisettanta .004 mafia. Ripeto, signor presidente, che se sileggono attentamente i vari passi della relazione si devericonoscere che si tratta di un'interpretazione frettolosa edanche errata. Temo tuttavia che qualche interprete dellarelazione, magari anche qualche giornalista poco attento,possa giungere a queste conclusioni. L'equazione democraziaitaliana .004 mafia (fino agli anni settanta perché daglianni settanta in poi, ne convengo, vi è una riflessionediversa sulla quale non sto a soffermarmi) non riguarda per laverità soltanto la democrazia cristiana, ma - e forse questo èanche peggio - il Governo democratico del nostro paese,cosicché si potrebbe quasi concludere, sempre in base aun'interpretazione frettolosa, che la prima Repubblica è larepubblica della mafia. Della relazione del presidente mipreoccupano soprattutto le possibili speculazioni esemplificazioni che su di essa possono essere fatte. Del resto ieri l'onorevole Folena ha affermato in uninciso del suo intervento - ero presente - che l'effetto dellaguerra fredda, se ha causato una mancanza di libertà nei paesidell'est (quindi delle grosse compromissioni dei regimidemocratici Pag. 1707 dell'est), ha però determinato nel nostro paese un intrecciodi rapporti con la mafia, lasciando in un certo senso sfocato

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il quesito se sia stata la mafia ad aver bisogno del potere oil potere essere vittima della mafia. Sono queste leinterpretazioni che mi preoccupano, signor presidente. Posso convenire con la relazione che la mancanza dialternanza - perché il dato politico è questo - ha certamenteprovocato, anche se non è stata l'unica causa, l'esplosionedella corruzione; su questo posso essere d'accordo, del restoio stesso l'ho affermato in più occasioni. Tuttavia, dalladegenerazione della corruzione come conseguenza, almenoparziale, della mancanza di alternanza, non mi sento di fareun ulteriore passo in là: cioè di affermare che la mancanza dialternanza, almeno fino agli anni settanta, ha in un certosenso costretto la nostra democrazia, il nostro modellodemocratico a venire a patti con la mafia, o addirittura adavere la mafia al suo centro motore. Non mi sento dicondividere questa valutazione politica, onorevoli colleghi,ma la vedo implicita in qualche frase della relazione delpresidente, anche se ritengo che non sia affatto intenzionedel collega Violante affermare questo. Del resto egli lo hadetto esplicitamente anche nell'introduzione di ieri. Non sono d'accordo anche perché la stessa relazione fariferimento all'esperienza Milazzo, importante per la vita el'impostazione politica della nostra società, non solosiciliana, ma italiana in generale. L'esperienza Milazzocitata nella relazione, a mio avviso forse con un'analisipolitico-storica che avrebbe bisogno di ulterioriapprofondimenti, non può considerarsi una semplice eccezionedel teorema o dell'equazione democrazia cristiana .004 mafia,oppure forze di Governo tradizionali .004 mafia. Questa èla prima osservazione che mi permetto di fare poiché non sonod'accordo su questa linea. Vorrei pertanto che su questiaspetti la relazione venisse integrata e chiarita, cheaffermasse in modo più esplicito quello che a mio avviso èimplicito così da non indurre il lettore a cadere nell'errore. Allo stesso modo non mi sento di accogliere la definizioneche la relazione dà della mafia come soggetto politico. Non midilungo su questo punto perché lo ha già trattato l'onorevoleSorice e mi riconosco nelle osservazioni da lui fatte, delresto non solo relativamente al punto specifico della criticaalla relazione. Una critica, signor presidente, che non vuoleessere distruttiva (lo voglio far presente anche qui e nonsoltanto attraverso le dichiarazioni alla stampa) macostruttiva. Nessuno di noi vuole distruggere la suarelazione: la consideriamo anzi un punto di partenza, mavogliamo opportune modificazioni ed opportune integrazioni,eliminando altresì alcune sbavature. Dicevo che non mi dilungherò sul perché non siaaccoglibile la definizione della mafia come soggetto politico.Lo ha già detto l'onorevole Sorice: la mafia è un soggettocriminale. La soggettività politica, almeno secondo i nostrischemi politico-costituzionali, è ben altro; non può essereun'associazione criminale ridotta alla categoria del soggetto

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politico o, peggio ancora, elevata alla categoria del soggettopolitico. Sottolineo piuttosto che il fenomeno mafioso mipare e mi è parso in tutti questi anni nei quali vadoapprofondendo questi temi (sia in Commissione antimafia inquesta legislatura ed in quella precedente sia quando facevoparte del Consiglio superiore della magistratura e chiesi,insieme a Galasso, la costituzione di un comitato antimafiaall'indomani dell'omicidio del generale Dalla Chiesa) moltopiù complesso di quello tracciato dalla relazione ed anchemolto più inquientate. Sono d'accordo, almeno in parte, suquanto ha detto l'onorevole Imposimato e ritengo anch'io chevi siano molti più interrogativi che rimangono insoluti, moltipiù misteri ed anche molti più veleni che non vengonoaffrontati. Mi rendo conto della difficoltà di stendere unarelazione e, beninteso, queste osservazioni da parte mia nonsono di critica distruttiva; le faccio proprio perché sono Pag. 1708consapevole di tutta la difficoltà di stendere un rapportoglobale che si faccia carico di tutti i problemi e di tuttigli interrogativi, non soltanto di alcuni. Come ha giustamentepuntualizzato il presidente, non ci occupiamo di tutto ilfenomeno mafia o di tutte le associazioni criminali di stampomafioso, ma soltanto di Cosa nostra; tuttavia, anche cosìdelimitata e circoscritta l'indagine al fenomeno di Cosanostra, sorgono più interrogativi di quelli che sono contenutie ricevono una risposta, accettabile o meno che sia, nellarelazione del presidente. Perché, per esempio, non considerarel'atteggiamento delle forze politiche in Parlamento di frontealle varie tappe della legislazione antimafia? Sono statarelatore - i colleghi della Camera se lo ricorderanno - didiversi decreti che il Governo ha presentato per contrastarel'avanzata sempre più spregiudicata, pericolosa e sprezzantedell'antistato contro lo Stato e ho avuto molti dubbi nellosvolgimento delle mie funzioni di relatore su quei decreti,perché alcuni di essi mi parevano contrastanti con le regoledello Stato di diritto. Ed era così. Ricordo il famoso&quot;decreto salvaprocessi&quot; della scorsa legislatura: ero in aula,pressoché sola insieme con il ministro Vassalli, e si trattavadi evitare che uscissero dei mafiosi dal carcere. Quel decretostava in piedi molto a fatica dal punto di vista deipresupposti di costituzionalità... PRESIDENTE. Si riferisce a quello sui mandati dicattura? OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Sì. PRESIDENTE. Non era Martelli il ministro di grazia egiustizia? OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. No, era Vassalli (sitrattava del decreto precedente). Me lo ricordo per un motivoparticolare: l'onorevole Mellini, che allora era nostrocollega, ebbe parole dure in Assemblea contro il relatore, cheero io, e contro il ministro Vassalli, dichiarandosi stupitoche proprio due giuristi facessero passare provvedimenti come

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quello, che violavano le regole dello Stato di diritto. Ce nerendevamo conto, ma eravamo di fronte ad uno stato dinecessità. Non dico balbettando, ma con un qualche imbarazzoarrivammo a quelle approvazioni. Era un punto necessitato,un'approvazione necessitata. Era necessitato per noi votarla.Ma altre forze politiche contrastavano quella legge, e lofacevano anche sotto profili di legittimi dubbi di conformitàai princìpi dello Stato di diritto. Alcuni decreti venneroreiterati diverse volte: l'onorevole Scotti mi ricordavaqualche giorno fa che alcuni suoi decreti sono stati reiteratiben quattro volte, perché il Parlamento tentennava, non livoleva far passare. Eppure erano decreti che poi si sonodimostrati necessari nell'opera di contrasto alla criminalitàmafiosa. Credo che anche di questo dovrebbe parlare, almeno perrapidi cenni, la relazione, perché è giusto riconoscere cheabbiamo dovuto in certi momenti mettere da parte le regoledello Stato di diritto. Vorrei che qualche passo dellarelazione lo dicesse. Non solo, ma vorrei anche che si dicessechiaramente quali sono state le forze politiche che inParlamento hanno votato quelle leggi, e quindi attraverso queiprovvedimenti hanno contrastato l'avanzata della criminalitàmafiosa. Così anche mi domando: perché non facciamo l'analisi delvoto, specie nelle elezioni amministrative o nelle elezioni incui c'è un collegio uninominale per il Senato? L'analisi delvoto nei quartieri o nelle località ad alta densità mafiosacostituirebbe una specie di monitoraggio, un'indagine da fare.E quali conseguenze trarre da vittorie elettorali in questicollegi? Oggi sentivo dalla rassegna stampa di Radio radicale(non ho ancora letto i quotidiani) che qualche giornale questamattina faceva riferimento al collegio senatoriale diCorleone-Bagheria, località ad alta densità mafiosa. Dallarassegna stampa che - ripeto - ho solo sentito (mi scuso con icolleghi per non essere più preparata) ho appreso che lì c'è Pag. 1709un senatore della Rete, ad esempio. Questo ci deve condurre avalutazioni frettolose, affrettate? Personalmente sarei piùcauta, ma certo è che una relazione che voglia farsi carico ditutti gli aspetti del problema, della presenza della mafia edei rapporti con le istituzioni e la politica deve ancheaffrontare questi temi come deve affrontarne altri. Perché allora non approfondire (io non li ho trovati,onorevole presidente, ma forse non mi sono rivolta allepersone adatte nei giorni scorsi) le disposizioni date negliultimi dieci anni dal Comitato interministeriale per lasicurezza, presieduto dal Presidente del Consiglio deiministri? Perché non guardiamo quali disposizioni sono statedate dal CIS alle forze dell'ordine per il contrasto allamafia? Anche questo dovrebbe essere una sorta di monitoraggio(o di indagine, chiamatelo come volete) necessario per avere

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un quadro completo dei rapporti mafia-istituzioni. Non èun'istituzione anche il Comitato interministeriale per lasicurezza? Le risposte che lo Stato dà nel contrasto alla criminalitàmafiosa non sono soltanto le leggi, le risposte dallamagistratura, ma sono anche tutte le attività di impulso chevengono date alle diverse articolazioni dello Stato nei varisettori. Dai verbali del Comitato (non so se siano pubblici osegreti: probabilmente sono segreti, ma possiamo acquisirli,io credo) si potrebbe ricavare se dal Governo siano state dateistruzioni adeguate alle forze dell'ordine o se invece sirimane nell'inadeguatezza e nell'ambiguità. Insomma, il panorama, a mio avviso, onorevole presidente -mi rivolgo a lei anche come relatore - deve farsi carico dimolti aspetti, di molti più interrogativi di quelli che sonoaffrontati, perché lo scenario è più complesso e credo piùinquietante di quello che risulta dalla relazione. Questo è ilpunto, onorevole presidente: è più inquietante! Ci sono stati momenti della nostra storia nazionale chehanno visto l'opera di contrasto alla criminalità mafiosa ingrave difficoltà. Dobbiamo riconoscere che forse non loabbiamo compreso, come istituzione; vi è stata una difficoltàdi comprensione del fenomeno e quindi una difficoltà didelineare la strategia istituzionale nel contrastarlo. Eranecessario - l'ho già detto prima, ma vorrei tornare unmomento su questo punto che è molto importante - in certimomenti superare le garanzie dello Stato di diritto di frontead emergenze che continuavano ad esplodere attraverso fatti disangue gravissimi, omicidi, assassini. Peraltro, ci rendevamoconto in Parlamento di tutte le insidie che per lo Stato didiritto la legislazione di emergenza comportava. PRESIDENTE. Voglio ricordarle, onorevole FumagalliCarulli, che ha quasi esaurito il suo tempo. Le rimane qualcheminuto. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Mi dispiace, ma ho moltealtre cose da dire. Chiedo a un collega se... Ieri ho sentitoche parlavano... PRESIDENTE. Venti minuti! OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. ... molto più a lungo. PRESIDENTE. I tempi sono quelli. ACHILLE CUTRERA. Tutti abbiamo problemi di tempo. Oggi èuna giornata particolare. PRESIDENTE. Comunque, onorevole Fumagalli Carulli, iltempo è esaurito. Veda lei... OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Chiedo ai colleghi se milasciano proseguire ancora perché... ACHILLE CUTRERA. Se vogliamo rinviare la seduta, non honulla in contrario, ma i tempi di oggi sono problematici pertanti. PRESIDENTE. Le do altri cinque minuti, onorevoleFumagalli. Pag. 1710

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OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Signor presidente, sonodispiaciuta di questo perché la complessità dell'argomento ètale che non possiamo limitarci così ad un dibattito... PRESIDENTE. Mi scusi, lei ha esaurito il suo tempo. Itempi sono stati stabiliti dal regolamento della Camera e datutti quanti noi: li abbiamo decisi insieme. Lei può integrareil suo intervento anche con un documento scritto, anzi lesarei grato se lo potesse fare. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Non l'ho scritto,l'intervento, altrimenti lo farei. PRESIDENTE. Può anche mandarlo domani, eventualmente perfax. Stiamo perdendo tempo inutilmente: continui il suointervento, che magari contempereremo con altri interventi. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Mi dispiace, onorevolepresidente, perché avevo varie osservazioni molto complesse dafare. Vorrei almeno puntualizzare che il nostro giudiziopolitico non può appiattirsi sul giudizio politico dato daipentiti. Questa è la sensazione che io ho leggendo parte dellarelazione: tutto mi sembra più misterioso, tutto più intrisodi veleni. Credo che la relazione debba scavare più inprofondo. Mi sono fatta portare questa mattina, onorevolepresidente, i verbali del Consiglio superiore dellamagistratura con l'audizione del giudice Falcone, che a mioavviso è un punto di essenziale importanza per la comprensionedel fenomeno mafioso. Chiedo alla pazienza dei colleghi dilasciarmi almeno esporre questo punto. ACHILLE CUTRERA. Data l'importanza delle argomentazioni,sarebbe forse più opportuno fissare un'altra seduta, adesempio lunedì. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Purtroppo non posso venire.Sai che verrei ben volentieri. PRESIDENTE. Comunque, onorevole Fumagalli Carulli, haesaurito il suo tempo. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. No, non ho esaurito. PRESIDENTE. Non gli argomenti, il tempo! ROMEO RICCIUTI. Rinunciamo ad un altro intervento delnostro gruppo: ne abbiamo quattro, ne svolgeremo solo tre. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Allora facciamo così: il miogruppo rinuncia ad un intervento e vado avanti io. Ringrazio icolleghi per la loro disponibilità. PRESIDENTE. E' una composizione un po' libanese, però...va bene. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Onorevole presidente, vorreichiedere a tutti i colleghi di questa Commissione di leggere iverbali del Consiglio superiore della magistratura dellaseduta del 15 ottobre 1991, ore 9,30. E' un'audizionedrammatica del giudice Falcone, convocato davanti al Consigliosuperiore della magistratura, a fronte di osservazioni fattein un memoriale da Orlando, Galasso, Mancuso, oggi deputati

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della Rete: sono quelli che lo accusavano allora di tenere leprove nel cassetto. Un consigliere gli domanda come mai Orlando lo attacchi,in quale occasione i rapporti tra Orlando e Falcone, finoallora ottimi - c'era la famosa &quot;primavera di Palermo&quot; -, sisiano guastati. Anche Ayala ricorderà questo problema. MASSIMO BRUTTI. Ricordiamo anche quello che lei scrivevaqualche tempo prima! OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. E Falcone si sfogalamentando che l'Unità si allinei con la tesidell'insabbiamento. Falcone, dice: &quot;l'Unità, preferìinsabbiare Pag. 1711 tutti&quot;. E Falcone ricorda la frase di Enzo Biagi: &quot;Si puòuccidere anche con la parola&quot;. Un consigliere legge il memoriale che ricorda che nelgiugno 1990 è stato richiesto ed ottenuto dalla procura diPalermo un mandato di cattura contro Vito Ciancimino,aggiungendosi sempre nel memoriale: &quot;Come era prevedibile, ilprovvedimento, superato il clamore della stampa, è statorevocato e Ciancimino è stato rimesso in libertà&quot;. Ilconsigliere dice di avere chiesto a Galasso il significato diquel &quot;prevedibile&quot;. La risposta è che era fragile lamotivazione, quasi un mandato ad pompam. Falconerisponde che la revoca era stata pronunciata dalla Cassazionema - ed è questo un punto importante - che i colleghi credonoa questa indagine, se è vero, come è vero (è a pagina 89-90dell'audizione Falcone, per chi voglia andare adapprofondire), che i giudici hanno chiesto il rinvio agiudizio di Ciancimino. Soggiunge: &quot;Questo mandato di cattura&quot;(anzi Falcone dice: &quot; No, è un'ordinanza di custodiacautelare, non è un mandato di cattura&quot;) &quot;non è piaciutoperché dimostra che anche quando era sindaco Orlando lasituazione degli appalti continuava ad essere la stessa eCiancimino continuava ad imperare sottobanco. Difatti, sonostati arrestati non solo Ciancimino, ma anche Vaselli,factotum di Ciancimino per le attività imprenditoriali&quot;.Falcone conclude: &quot;Devo dire che probabilmente Orlando ed isuoi amici hanno preso come un'inammissibile affronto allagestione dell'attività amministrativa del comune un mandato dicattura che in realtà si riferiva ad una vicenda cheriguardava episodi di corruzione molto seri, molto gravi,riguardanti la gestione del comune di Palermo&quot;. Insomma, in queste pagine Falcone scopre che dietro gliappalti al comune di Palermo all'epoca della gestione Orlandoc'era Ciancimino, e poi tutta la vicenda della COSI e dellaSICO viene indicata nelle pagine successive (sulla quale midispiace di non potermi soffermare per ovvie ragioni ditempo). Così come più avanti, sul terzo livello, Falcone dice:&quot;Magari ci fosse un terzo livello!&quot;. Ancora più avanti - devoandare proprio per cenni, e mi dispiace di non poter leggere i

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verbali dell'audizione del giudice Falcone - a proposito degliattacchi che gli vengono rivolti da Orlando, da Galasso,insomma dalla Rete (perché oggi questi sono parlamentari dellaRete, mentre allora erano personaggi che facevano politica inaltro modo), si oppone dicendo: &quot;La cultura del sospetto&quot;(ricordate, onorevoli colleghi, che l'onorevole Orlando dicesempre: &quot;La cultura del sospetto è l'anticamera della verità&quot;)&quot;è l'anticamera del khomeinismo&quot;. E in polemica con Orlando ecompagni afferma: &quot;Se mi fossi comportato come loro, avreidovuto dire che prima di interrogare Pellegriti&quot;, il famosopentito, &quot;ci sono state tutta una serie di stranefrequentazioni del personaggio, poi vi sono stati i convegnicarcerari in cui certe persone hanno incontrato Pellegriti&quot;.Queste sono parole che io ho ripreso ed ho riscritto propriodalla voce, purtroppo ormai mancata, di Falcone. GIUSEPPE MARIA AYALA. Sono processuali queste cose... OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Sono ripresedall'audizione... GIUSEPPE MARIA AYALA. Lo racconta Falcone ma c'è unriscontro processuale. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Vi sono riscontriprocessuali, dice il collega Ayala. E più avanti Falcone dice altre cose in quella stessaaudizione drammatica, onorevoli colleghi. Giustamente, primaqualcuno mi ha ricordato che avevo criticato Falcone. Certo,prima l'ho detto, onorevole presidente. Io stessa criticaicerti atteggiamenti di Falcone, ma rileggendoli adesso rimangoancora più colpita quando dice: &quot;I sospetti sono statilanciati, non si può andare avanti in questa maniera. Questo èun linciaggio morale Pag. 1712continuo&quot;. Questo dice Falcone a proposito delle accuserivolte contro di lui. E aggiunge: &quot;Io sono in grado diresistere ma altri colleghi un po' meno&quot; (queste parole misono venute in mente quando c'è stato il suicidio del pubblicoministero Signorino!). &quot;Io vorrei&quot;, dice Falcone, &quot;che voi vedeste che tipo diatmosfera c'è per adesso a Palermo; facendo in certa maniera,le conseguenze saranno incalcolabili, ma veramenteincalcolabili!&quot;. Signor presidente, onorevoli colleghi, ho volutoriprendere questa parte dell'audizione drammatica - dicodrammatica e invito tutti a leggerla - di Falcone davanti alConsiglio superiore della magistratura perché un aspetto dellalotta alla mafia è anche quello culturale: non è soltanto ilcontrasto, attraverso leggi, provvedimenti, attraversol'azione della magistratura, della polizia e delle istituzionima è anche l'aspetto culturale. E con questo vorrei concludere: ma voi ritenete che con lacultura del sospetto si possa per davvero pensare dicombattere - non dico sconfiggere - in modo leale e visibile,in modo che sia almeno minimamente vincente un fenomeno tanto

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inquietante come la mafia? Anche di questo vorrei si parlassenella relazione. Ringrazio il collega che mi ha dato la possibilità diconcludere il mio intervento, anche se, purtroppo, ho dovutosacrificare altre cose: mi ero appuntata diversi spunti, liaccenno solo brevemente in conclusione. Tutta la questione di Di Pisa resta un enigma, un puntointerrogativo lasciato dalla scorsa legislatura e dallaprecedente Commissione antimafia e che resta ancora adesso.Rimane tuttora oscura la vicenda del corvo. Di Pisa avevaavviato proprio l'inchiesta su COSI e SICO. Va ricordato anchequesto... PRESIDENTE. Aveva chiesto l'archiviazione. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Sto facendo una valutazionepolitica, non mi addentro nei passaggi giudiziari perchéaltrimenti dovrei dilungarmi anche su altri aspetti. MASSIMO BRUTTI. Se l'onorevole Fumagalli fosse statapresente al dibattito di ieri, saprebbe che è stata chiestal'acquisizione di quel fascicolo per vedere chiaro. L'hochiesta io. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Mi fa piacere, perché non soquale sia stata la vicenda, che qualche altro collega lo abbiafatto. Ma quello che io ricordo è che proprio quell'indagine,così inquietante, venne avviata prima da Di Pisa, poi, credo,da Falcone. Non ricordo se se ne occupò prima l'uno o l'altro,comunque se ne occuparono entrambi. PRESIDENTE. Onorevole Fumagalli, sta rischiando di doverringraziare un terzo collega! OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. So che ci sono colleghimolto gentili, molto cavalieri, ma non voglio abusare oltre... PRESIDENTE. Quello è un terreno scivoloso! La ringrazio, onorevole Fumagalli. ANTONINO BUTTITTA. Ho avuto l'opportunità di leggere conmolta attenzione la proposta di relazione e dico subito che necondivido la sostanza. Penso anche che sia giusto e doverosoche la Commissione esprima la propria gratitudine alpresidente per il lavoro assai oneroso che ha svolto. Si trattava, come è ovvio, di sintetizzare in un numero dipagine limitato eventi assai complessi che si sono succedutinel corso di alcuni decenni. E come sempre accade quando sipassa dalla realtà alla scrittura, si trattava di convertirela sintagmatica della storia nella paradigmatica dellaconoscenza e del giudizio: una operazione di necessitàriduttiva, costretta a trascurare fatti e soggetti a torto o aragione ritenuti Pag. 1713marginali. E' proprio su questo che si possono quindideterminare valutazioni diverse. L'attribuzione di minore omaggior peso a questo o a quell'avvenimento, da partedell'estensore, rispetto a quanto da altri diversamentegiudicato, a mio giudizio non toglie nulla al valore e alsignificato dell'impianto generale della relazione.

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D'altra parte, come è detto, si tratta di una proposta ecome tale soggetta a integrazioni e correzioni, ove ritenuteopportune. A mio giudizio, per esempio, talune parti, inquanto impertinenti - nel senso di non pertinenti, anche seassai interessanti - potrebbero essere cancellate. Faccio unsolo esempio: la notizia relativa alle tecniche omicidepreferite dalla mafia - argomento assai suggestivo soprattuttoper chi ama gli spettacoli truci - potrebbe anche esserecancellata, proprio perché non direttamente connessa al temadella relazione. Altre affermazioni meritano di essere meglio precisate.Per esempio, quella che si riferisce alle elezioni palermitanedel 1987. Si dice che in quell'occasione a Palermo la mafiavotò per il PSI e per il partito radicale. In questo caso, ilreferente Palermo è assai generico, perché può significarel'intera area urbana ma può significare anche lesalentours. Proprio nei dintorni di Palermo, vi sono legrandi capitali della mafia (Bagheria, Monreale, Partinico).Ebbene, se, come è giusto fare, si va a controllare il voto diqueste capitali della mafia, compresa Corleone, ci si accorgesubito che quella notizia, se letta in senso estensivo, non ècorretta perché proprio nelle grandi capitali della mafia -tranne a non volerla considerare un soggetto fragile ai finidel trainamento elettorale - il PSI ed il partito radicale nonhanno avuto successo mentre lo hanno registrato, e grande,altri partiti. Per la conoscenza che ho di quegli eventi, penso chequella affermazione debba essere riscritta, nel senso che inalcuni quartieri di Palermo in effetti la mafia si comportòcosì, come è detto nella relazione, proprio per dare unsegnale. PRESIDENTE. Quindi, la correzione che propone è di usarel'espressione &quot;in alcuni quartieri&quot;, anziché &quot;nella città&quot;. ANTONINO BUTTITTA. Sì. Bisogna, in sostanza, assumerecon maggiore cautela certe verità che risultano dalledichiarazioni dei collaboratori della giustizia. E' assolutamente vero - questa è una delle affermazionipiù acute che ho trovato nella relazione - che la mafia, inquanto dispositivo coercitivo e violento per l'esercizio delpotere, non si riconosce in assoluto in nessun partito ma, divolta in volta, in questo o in quell'uomo politico in quelmomento detentore delle leve del potere. Non è altrettanto vero, come sostenuto da un pentito, cheessa si pone o si poneva dei limiti ideologici: il sostegno -mi dispiace dovere deludere l'onorevole Matteoli - che lamafia diede ai diversi governi Milazzo ne è una provatranciante. A questo proposito, poiché conosco bene quel collegio,consentitemi di correggere una affermazione che ho appenasentito relativamente ai comportamenti della mafia nelcollegio Bagheria-Corleone. In tale collegio, per mia memoria- ed è una memoria lunga, visto che ho i capelli bianchi - la

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mafia ha sempre votato per i candidati della DC e del partitorepubblicano. Dunque, quanto è stato detto a proposito dicerte eventualità in ordine a candidature di altri partiti, ènotizia sicuramente da non assumere come concreta e seria. Secondo me, per questo aspetto si pone un problema diapprofondimenti necessari, anche se trovo che in buonasostanza, per ciò che attiene ai comportamentipolitico-elettorali delle organizzazioni mafiose, la relazionepercorre una strada assai diritta, chiara e lucida che è, insostanza, la strada maestra che la mafia ha percorso, comesoggetto politico, da alcuni decenni a questa parte. Pag. 1714 Trovo che la relazione dia una rappresentazione del tuttoesaustiva del fenomeno mafia per ciò che riguarda la suadimensione storica, non solo di una storia riferita ad eventilontani nel tempo. Al contrario, manca a mio giudizioun'analisi della sua struttura verticale: mentre la dimensioneorizzontale, cioè quella diacronica, è rappresentata in modoesaustivo, la struttura verticale del fenomeno non èsufficientemente chiarita. PRESIDENTE. Potrebbe specificare meglio questo aspetto? ANTONINO BUTTITTA. A mio avviso, la relazione avrebbeguadagnato molto in spessore se avesse tenuto conto delladifferenza esistente tra organizzazione mafiosa e societàmafiosa. La prima è la manifestazione strutturata e criminaledella seconda; la società mafiosa è invece una cultura, con isuoi valori e le sue regole, un sistema di segni ampiamentepartecipato - ahimé! - da vasti strati della societàsiciliana. Hanno necessariamente dimensione, valore, pesopolitico, e anche penale, diverso, i rapporti tra soggettipolitici, professionali e burocratici operanti su ciascuno diquesti due diversi livelli. Pone un problema anchel'accertamento della più o meno organicità o episodicità ditali rapporti. Si tratta di un fatto di non poca rilevanza, amio giudizio, che impone approfonditi accertamenti prima diarrivare a conclusioni definitive in ordine all'identità ed alruolo dei rappresentanti politici sospettati, a torto o aragione (secondo me, a ragione), di connivenze mafiose. Penso che lo Stato debba tenere un diverso atteggiamentorispetto ai due livelli del fenomeno. Nei confronti del primo(dico cose ovvie, perché vi è tutta una letteraturameridionalista alle spalle) bisogna continuare a rafforzaregli strumenti repressivi, tanto a livello legislativo quantosul piano strumentale. Riguardo al secondo, bisogna operareattraverso scelte di politica economica diverse da quelletradizionali, tali da modificare radicalmente i meccanismidella produzione ed i connessi assetti sociali. Ripeto: dicocose ovvie, visto che, da Colajanni in poi, la letteraturameridionalista più avanzata si è orientata in questo senso. In sostanza, la mafia è non solo un fatto criminale maanche una realtà sociale e culturale. Contro i criminalivalgono le manette e le carceri; per modificare e correggere

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una società e una cultura, occorrono - com'è ovvio - strumentidiversi. Al di là delle diverse valutazioni su avvenimenti esoggetti, voterò comunque a favore della relazione nei tempi enei modi che la presidenza riterrà opportuni. Trovo tuttaviafrancamente odiosa l'implicita equiparazione tra partiti emassoneria. Mi riferisco a quella parte della relazione nellaquale si rivolge un analogo invito, ai partiti ed allamassoneria, a purificarsi, a purgarsi. Implicitamente, questoinvito mette sullo stesso piano partiti e massoneria. Ipartiti hanno un riconoscimento costituzionale ed hanno ilmerito non solo di avere garantito l'esercizio delle libertàdemocratiche nel nostro paese, ma di averne accompagnato ancheil progresso economico e sociale. Le diverse obbedienzemassoniche, come filosofia e come pratica, si pongonooggettivamente, anche al di là delle intenzioni di alcuni loroaffiliati, al di fuori della Costituzione. In un certo senso eper certi aspetti, esse hanno caratteristiche analoghe aquelle delle diverse famiglie mafiose. Per esempio, quello cheil principe Kropotkin chiamava il &quot;mutuo appoggio&quot; rappresentauna condizione che gli affiliati creano tra di loro per ilconseguimento di potere e di profitti. Inoltre - ed ho concluso - il non avere esaminato ilsistema bancario e finanziario, all'interno del quale - nonsolo quindi nella sfera politica - si sono saldati i rapportitra mafia (almeno nel suo aspetto di società mafiosa) edesponenti politici, costituisce a mio giudizio una lacuna aifini dell'accertamento delle relazioni e delle connessionistrutturate tra mafia e politica. Si tratta di una lacuna chespero, in questa o in una prossima occasione, possa esserecolmata. Pag. 1715 UMBERTO RANIERI. A me pare che la relazione proposta dalpresidente Violante contenga una ricostruzione convincente deiprocessi che hanno determinato il particolare intreccio trapolitica e mafia nel corso dell'ultimo cinquantennio. Certo,la discussione aiuterà a precisare e migliorare un testo ilcui impianto appare comunque rispondente agli interrogativi edalle domande che insorgono intorno a questo nodo drammaticodella storia italiana. Considero la relazione un documentosevero e sobrio, che non concede nulla né a ricostruzionidemagogiche o semplicistiche del rapporto tra mafia e politicané a sottovalutazioni o reticenze. Per la verità, non ho colto nella relazione proposta dalpresidente Violante l'equazione di cui ha parlato l'onorevoleFumagalli. Credo, del resto, che una simile equazione siaestranea alla cultura del presidente, il quale ci ha ammonitoa non indulgere a semplificazioni. Nessuno di noi pensa che laprima Repubblica si sia fondata e costruita sul rapporto conla mafia, né fino agli anni settanta né successivamente. Laparte politica cui appartengo ha sempre rivendicato, anche inmomenti difficili della storia civile e politica italiana, ilsegno che nell'evoluzione del nostro paese è stato impresso

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dal movimento operaio, mettendo in rilievo il procedere anchese faticoso della crescita civile e sociale dell'Italia. Nonvi è dubbio, tuttavia - e si tratta di un aspetto che non puòsfuggire all'intelligenza dell'onorevole Fumagalli -, che leclassi dirigenti di questo paese, la classe politica digoverno (in una prima fase nel clima di un mondo diviso, masuccessivamente - e qui le responsabilità si infittiscono -quando la lotta politica in Italia non si è svolta più tramondi contrapposti) non hanno costruito un argine sufficienterispetto all'espansione ed alla diffusione dei fenomenicriminali e delle forme di convivenza tra settori dellapolitica e criminalità. Appartiene ormai alla ricerca storicapiù avanzata, evoluta e documentata di storici italiani estranieri che hanno meditato sulla vicenda del nostro paese,la ricostruzione delle responsabilità di una classe dirigenteche ha in larga misura subìto il progredire del fenomenocriminale, gli intrecci ed i condizionamenti da essoesercitati sulla politica, e che ha coltivato l'illusione dicontenere e, in certe condizioni ed in particolaricongiunture, di strumentalizzare tale fenomeno. Penso chetutto questo faccia ormai parte di una riflessione comune,costituisca un punto di approdo della coscienza del nostropaese. E' ormai diffusa la consapevolezza del ritardo inauditoe della debolezza dell'iniziativa legislativa tesa a contenerefenomeni mafiosi, nonché della persistente chiusura dei gruppidirigenti italiani verso fenomeni sempre più macroscopici diconnessione tra politica e criminalità. Del resto - diciamo laverità - non saremmo giunti a questo punto se non vi fosserostate simili responsabilità. Credo che la relazione al nostro esame possa costituireanche un segnale utile per un paese scosso e tormentato, qualè l'Italia dei nostri giorni. Considero importante che dalcuore del Parlamento, un Parlamento sottoposto al fuoco difila di una critica spesso distruttrice, la Commissioneantimafia parli il linguaggio severo espresso dalla relazione,essa indica che vi è la consapevolezza del punto cui è giuntala situazione e, insieme, esprime la volontà di intervenirecon decisione dal punto di vista legislativo, dell'iniziativapolitica e della riflessione autocritica della politica. Penso che dalla relazione dovremmo trarre, il Parlamentodovrebbe trarre (così come è avvenuto anche nelle fasisuccessive alla pubblicazione di altri impegnativi documentidella Commissione antimafia) lo stimolo e le idee per affinareulteriormente la produzione legislativa contro i fenomenicriminali. Anche la legge Rognoni-La Torre giunse al culminedi un'intensa ricerca ed indagine sul fenomeno criminale esugli intrecci tra politica ed istituzioni. Sono sempre piùdell'avviso che, insieme alla legislazione repressiva ed aquella che aiuta il procedere dell'investigazione in modo più Pag. 1716penetrante, oggi vi sia l'esigenza di una legislazionesociale e in particolare di promozione della funzione

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educativa dello Stato. Si tratta in sostanza di concentraremezzi, risorse e personale nelle parti del paese più esposteai fenomeni criminali, per contrastare una cultura dellaviolenza, dell'abuso e della soperchieria che si è andatadiffondendo, ridando un ruolo ed una funzione - mi limitosoltanto a questo breve accenno - alla scuola pubblica nelnostro paese. In questo quadro - mi avvio alla conclusione - dallarelazione ricavo la necessità di una severa riflessione pertutti in questo paese: per la politica, la società civile, lacultura. Una riflessione della quale tutti debbono sentirsiparte, una riflessione autocritica sulle responsabilità esulle cause che hanno determinato l'attuale situazione. Unariflessione, insomma, che deve coinvolgere un paese con unastoria civile drammatica, un paese ancora pieno di misteriirrisolti - questa è la verità -, di stragi rimaste senzaautori, di deviazioni. Credo che la riflessione debba riguardare tutti ma, mipermetto di osservare - e lo faccio avendo sempre contrastatoogni semplificazione e grossolanità nella ricostruzione delleresponsabilità politiche - che essa debba vedere l'impegno inquesto senso di un partito come la democrazia cristiana. Leggodi posizioni fieramente critiche verso la relazione; hosentito anche nell'intervento dell'onorevole Fumagalli unaccento fortemente polemico. Ecco, penso che invece unariflessione critica si imponga in questo partito. Qui vengo ad un punto delicato su cui, concludendo, vorreiesprimere la mia opinione. E' chiaro che discutiamo inun'atmosfera e in un clima turbati da episodi ed avvenimentiche segneranno la storia politica italiana, come la richiestadi autorizzazione a procedere per il senatore Andreotti.Capisco il turbamento, che è anche il mio; tuttavia si trattadi una personalità che riassume - come hanno scritto ancheosservatori rispettosi del travaglio di un partito quale lademocrazia cristiana - una certa concezione del potere. Credoche su questo punto, nella relazione non si conceda nulla alletesi che danno per scontato imputazioni o condanne. Quello chetuttavia, in questa sede, non può essere ignorato è che peruna personalità come il senatore Andreotti - la cui storiapolitica si incrocia drammaticamente con personalità e vicendecomplesse, oscure, drammatiche della storia nazionale - siimpone a questo punto della vicenda del nostro paese la sceltaper la magistratura di proseguire nelle indagini. Credo chenon ci sia nel sostenere ciò alcuna indulgenza a praticheodiose o a logiche come quella del sospetto che sarebbel'anticamera della verità. Tutt'altro: sul sospetto non sicostruisce nulla e credo che questa sia una logica del tuttocontraria alla civiltà giuridica moderna ed evoluta. Infine, vorrei sottolineare l'esigenza che, su un altrodrammatico fenomeno criminale che segna la storia del nostropaese, una ricerca equilibrata e seria come quella che ci hapresentato il presidente Violante possa essere predisposta: mi

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riferisco al fenomeno della camorra ed anche ai problemi -ahimé, evidenti - del rapporto tra questo fenomeno criminale epolitica ed istituzioni. PRESIDENTE. La ringrazio molto, senatore Ranieri. GIUSEPPE MARIA AYALA. Dico subito che condividopienamente la relazione che lei, presidente, ha predisposto,anzi mi complimento per il trasparente - perché dalla letturarisulta tale - scrupolo che in ciascun rigo di essa emerge eper la quantità di lavoro che è stata svolta. Ho dovutosoltanto fare mente locale sul fatto che questa relazionesostanzialmente nasce dalla vicenda Lima; così, riflettendo suquesto mi sono reso conto che qualche cosa in più che avreivoluto leggere non c'era, perché la relazione è abbastanzamirata su quella vicenda. Benissimo: la voterò con totaleadesione. Mi sembra anche estremamente importante che questo sia ilprimo documento Pag. 1717 politico incentrato sui rapporti tra mafia e politica, deiquali sino a qualche anno fa non si doveva neanche parlare ese qualcuno lo faceva o scriveva su questo si guadagnavacritiche e veleni. Nel 1988, su Micromega, ho scritto unsaggio in cui concludevo mettendo in evidenza quel che oggifinalmente tanti, tutti credo, abbiamo capito, che lasoluzione del problema mafioso era anche repressiva mafondamentalmente politica. Oggi, in un momento politico cosìdelicato per la vita del paese, in cui registriamo laverosimilmente non più recuperabile crisi del vecchio sistemadi potere al cui interno Cosa nostra è stata una componenteorganica - non occasionale, ma organica - mi sembraestremamente importante che in Parlamento si avvii sulla basedi questo documento - che va ritenuto, secondo me, un primo ecertamente importante punto di partenza sotto questo profilo -un nuovo modo di concepire e praticare la risposta politicaall'aggressione mafiosa, e non soltanto, s'intende, alla suacomponente criminale. Mi sembra che questo sia perfettamenterealizzato dal contenuto del documento, che definisco misuratoe consapevole. Un altro aspetto importante mi sembra quello che una voltaper tutte si sgombra il campo da alcuni equivoci che spessosono stati determinati da una scarsa conoscenza econsapevolezza del fenomeno ed anche da un po' disuperficialità (per esempio, quella tendenza ad insularizzarela mafia come problema siciliano, come se non riguardassetutto il paese); ma soprattutto credo che molte delle inerziee dei ritardi vadano ricercati in una difficoltà dicomprensione del fenomeno. Credo che la più grande eredità dellavoro svolto dal palazzo di giustizia di Palermo negli anniottanta - oltre all'esempio di sacrificio di alcuni deiprotagonisti di quegli anni - sia proprio aver offerto (anchealla valutazione politica, che diventa quella decisiva) unbagaglio di dati e di conoscenze su questo fenomeno che devono

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costituire - finalmente, direi - il supporto su cui orientarela nuova risposta politica nei confronti del fenomeno stesso.E allora, è importante, per esempio, che si mettano a fuocoalcune caratteristiche fondamentali della mafia:l'utilitarismo, l'assenza di fede politica, cioèl'orientamento del consenso e del rapporto con la politica inbase ad un tornaconto e non certamente ad un supportoideologico da offrire a questo o quello schieramento politico;tutto, ovviamente, in funzione del conseguimento del propriopotere, se non di un incremento di tale potere. Perché lafinalità fondamentale di questa organizzazione è l'attivazionesempre più forte di un circuito con due componenti: potere eprofitto. Perché dico un circuito? Perché a tanto maggiorepotere corrispondono tante maggiori occasioni di conseguireprofitto e tanto più profitto si consegue tanto più potere siriesce ad ottenere. Questa è la finalità essenziale. Eccoperché non ci sono due o tre mafie; la mafia è sempre stata lastessa: si è progressivamente adattata ai cambiamentiintervenuti nella società, nell'economia, nella politica. Equesta è forse la più grande caratteristica della mafia:questa sua grande capacità di mimetizzarsi (anche se poi conla politica dei corleonesi questa mimetizzazione è venuta menoe questo forse è stato il grande errore politico-mafioso diSalvatore Riina, ma è un altro discorso) ma soprattutto diadattarsi ai progressivi mutamenti. Nella relazione, peresempio, è molto ben chiarito come un punto di svolta, ancheper i suoi riflessi nei rapporti con la politica, sia statocostituito dall'inurbamento della mafia, che si impegnò allafine degli anni cinquanta e sessanta nella grande speculazioneedilizia, nel &quot;sacco&quot; di Palermo. Lì c'è un cambiamento,perché il rapporto con la politica &quot;deve&quot; diventare organico,posto che licenze edilizie, piani regolatori e tutto quel checostituisce supporto dell'occasione di conseguire grandiprofitti è un supporto politico-amministrativo. Non è più lamafia del feudo, che può avere occasionali e utili rapporticon la politica. Da quel momento nasce - proprio conl'onorevole Lima e con Vito Ciancimino - la nuovaconfigurazione del rapporto mafia-politica: Pag. 1718 un rapporto organico, che tale deve essere nell'interessecertamente della mafia ed anche nell'interesse - questo è unodei grandi limiti che ha avuto la risposta politica delloStato - di quegli esponenti politici che si rendevanostrumento del conseguimento del fine dell'organizzazionemafiosa. Perché qui c'è un perfetto sinallagma. Non c'èneanche una scelta ideologica da parte degli uomini politici;non tutti gli esponenti politici che hanno avuto rapporticostanti con la mafia sono mafiosi, anzi, è stato escluso chelo stesso Lima fosse uomo d'onore (anche se Buscetta ha dettoche lo era il padre, ma le colpe dei padri non ricadono suifigli). C'era questo reciproco rapporto utilitaristico cheaveva due momenti fondamentali: per un verso, quello

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elettorale e per altro verso quello degli affari. Questi sonoi due piani su cui c'è una precisa convergenza di interessiche alimenta e mantiene vivo il rapporto. Un altro passaggio della relazione che ritengo rilevante èquello in cui si ribadisce una cosa importante e che ha datoluogo a confusioni: la mafia ha sede a Palermo, è lì; sono gliaffari che la portano anche oltreoceano e purtroppo in moltealtre aree del paese, ma il centro decisionale è ancora aPalermo. E' molto opportuno che ciò sia stato chiarito. Secondo me, va subito precisato un altro aspetto, sulquale tempo fa mi sono pronunciato in un dibattito con unafrase che vorrei ripetere perché credo sia condivisibile: ilrapporto tra mafia e politica non riguarda un solo partito nétutto il partito. Altrimenti, si corre il rischio di poterinterpretare equivocamente la relazione come una sorta di attodi accusa nei confronti della democrazia cristiana: questo nonc'è assolutamente nella relazione. Né questo vuol dire chetutta la democrazia cristiana siciliana - non dico quellanazionale - sia intrisa di rapporti con la mafia. Nondimentichiamo che in Sicilia c'è stata anche la DC di PierSanti Mattarella: non credo di dover spiegare ed aggiungerenulla. E' anche vero che all'interno di quel partito, per lasemplice ragione che è stato il costante protagonista delpotere in questo paese, per forza dobbiamo trovare la maggiorparte delle relazioni. La mafia è sostanzialmenteconservatrice ma non per una questione ideologica; èconservatrice perché non ha alcun interesse al sovvertimentodi un sistema di potere all'interno del quale trova sempre piùsignificative linee di penetrazione. Qualunque sovvertimentopolitico disturba. Per esempio, se volessimo leggere lo stessoomicidio di Salvo Lima come la risposta alla fine di unsistema politico che non riesce più - non che non vuole - adassicurare le tradizionali risposte, anche quelle romane,avremmo la dimostrazione che la mafia reagisce con il massimodella violenza, con una sorta di rabbiosa violenza, non soloper saldare un conto ma anche alla presa d'atto che quelsistema sta cadendo e che un altro deve venir fuori. Che poilo specifico movente possa essere legato, per esempio, allevicende della sentenza della Cassazione sul maxiprocesso ciporta ancora una volta a sottolineare che questi omicidi hannouna valenza complessa, non sono omicidi con una matrice secca;c'è sempre un'occasione scatenante, che però si inserisce inun quadro di valutazioni spesso anche politiche (mi riferiscoai grandi omicidi). Devo dire francamente che ho trovato eccessiva la reazionedella democrazia cristiana e mi auguro che venga ripensata, inuna chiave che è forse oggi decisiva: non possiamo più,nessuno può più - anche in buona fede, s'intende - negare cheesistono rapporti tra mafia e politica né negare cosa sia lamafia. Occorre oggi più che mai trasformare una volta e pertutte quello che è stato il grande limite della risposta delloStato nei confronti della mafia: la mafia non è mai assurta a

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problema politico centrale, da affrontare in maniera quantopiù omogenea e unitaria possibile, ma ha sempre costituito unterreno di scontro politico spesso strumentale. Adesso, tra letante cose su cui dobbiamo aprire gli archivi di questo paeseper richiuderli subito, credo vi sia la trasformazione Pag. 1719della risposta dello Stato alla mafia in un problema politicoal quale tutti dobbiamo concorrere. Il passato mette in evidenza responsabilità politichenotevoli; chi ne è stato il protagonista purtroppo piangerà leconseguenze (parlo - lo ripeto ancora una volta a scanso diequivoci - di persone e non di partiti). Ma questo documentodeve essere visto soprattutto come una proiezione verso ilfuturo, specie in un momento così delicato della politicaitaliana. Si è discusso, signor presidente, sull'affermazione dellamafia come soggetto politico. Va condivisa; possiamo discuteresul termine ma nella sostanza va condivisa. Se è vero come èvero che questa componente (al di là della volontà dellastragrande maggioranza del mondo politico italiano - su questonon c'è dubbio - ma grazie alla connivenza di una suaminoranza) è diventata una componente organica del sistema dipotere, immutabile - per le ragioni di politica internazionaleche conosciamo e sulle quali è perfettamente inutile tornare-, come si fa a negare una soggettività politica, naturalmentedi fatto? E' come il funzionario di fatto in dirittoamministrativo, ai cui atti si riconoscono poi effettigiuridici. Quindi, negare una soggettività politica di fattoad una realtà della vita di questo paese - soprattutto daldopoguerra ad oggi, in cui questo è avvenuto - credo siafrancamente un voler nascondere il cielo con la rete...(Commenti). Absit iniuria verbis... Non vorrei chequalcuno interpretasse male questa espressione. PRESIDENTE. Comunque, come espressione è molto bella. GIUSEPPE MARIA AYALA. Del mio intervento si ricorderàalmeno questo. Però, non si metta in giro la voce che alludevoalla Rete, altrimenti Orlando ... Un accenno vorrei fare anche ad un'altra parte dellarelazione, che mi sembra molto importante, e lo facciobrevemente poiché il tempo a me concesso sta fatalmentescorrendo. Nella ricostruzione della risposta dello Stato aquesto fenomeno, viene giustamente e molto opportunamentemessa in evidenza quella che mi pare sia la risposta &quot;afisarmonica&quot;: io l'ho sempre definita basata sulla logicadell'emergenza, emergenziale. Ed ho sempre ritenuto che questosia stato il grande limite perché accostare il termineemergenza (che sappiamo tutti quale accezione abbia nellanostra lingua) ad un fenomeno che è più vecchio dello Statoitaliano, poiché la mafia esisteva già prima del 1861, è lapiù grande contraddizione in termini che si possa immaginare.Parlare di emergenza terroristica va benissimo: il terrorismonon c'era, è esploso, ha avvilito la qualità della vita

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democratica del paese; quell'emergenza andava affrontata intermini emergenziali, perché tale era. Ma è stato un limitel'aver affrontato o tentato di affrontare la mafia con unarisposta emergenziale; perché è vera un'altra affermazione,cioè che la forza della mafia è tutta derivata dalla debolezzadello Stato, non è una forza autonoma: è ovvio, scontato ma ègiusto, a scanso di equivoci, che sia chiarito. Ci sono tredate perfettamente individuate: strage di Ciaculli nel 1963,omicidio Scaglione nel 1971, omicidio Dalla Chiesa nel 1982;esse segnano tre momenti in cui la connivenza di fatto sispezza e si alza lo spessore della risposta dello Stato. Mal'emergenza col passare del tempo si va allontanando e quellospessore, piano piano, torna al suo vecchio, bassissimoprofilo. Poi c'è un'altra emergenza e di nuovo quello spessoresi alza e poi si va abbassando. Questo è stato il grandelimite della risposta, posto che quando la mafia non uccidevuol dire che è forte, con equilibri ben saldi al suo internoe con ben saldi rapporti con il mondo esterno, in particolarecon quello politico, amministrativo, imprenditoriale e dellepubbliche professioni. La finalità della mafia non è uccidere;l'omicidio è uno strumento. Una volta era l'extremaratio; dai corleonesi in poi tutt'altro, è diventato unostrumento ordinario di gestione e conservazione del potere. Miriferisco non soltanto agli omicidi interni Pag. 1720all'organizzazione (vedi quelli della guerra di mafia, chefurono consumati a centinaia per consentire la scalata alvertice di Cosa nostra dei corleonesi, e di Totò Riina inparticolare) ma anche e soprattutto agli omicidi cosiddettieccellenti, quelli di servitori dello Stato, di uominipolitici. L'omicidio è sempre uno strumento al quale siricorre con la finalità del mantenimento del potere o dellaeliminazione di quello che è ritenuto un ostacolo per ilprogressivo incremento del potere dell'organizzazione. Desidero fare ancora un piccolo accenno, presidente, chenon motivo perché recepisco in buona sostanza quanto ha dettoil collega Buttitta. Anche io ritengo che sia un passo moltoimportante quello in cui si precisa, nella relazione, lastruttura unitaria e verticistica di Cosa nostra, non fossealtro perché qualche anno fa ciò fu fonte di un grandeequivoco che provocò - non voglio dire di più - enormi danniprocessuali, grazie ad una sentenza della Corte di cassazione. Interessantissimo ho trovato questo ulteriore arrestosull'evoluzione del rapporto in tema di appalti pubblici, nelquale direi che quasi si sublima quell'organicità del rapportotra mafia e politica che nasce dalla speculazione ediliziadegli anni cinquanta e sessanta e che poi si allarga e diventaquasi pervasivo, perché ci sono mafia, politica, pubblicaamministrazione, imprenditoria e pubbliche professioni. Questoè il modello mafioso che viene esportato - noi esportiamoarance, limoni e modello mafioso - perché è un modello digrande successo. E' questa una delle spiegazioni del perché in

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aree, soprattutto del Mezzogiorno d'Italia, fino a qualcheanno fa immuni abbiamo assistito e registriamo il proliferaredi organizzazioni di tipo paramafioso; essendo un modellovincente, è stato importato, con effetti di inquinamento dellavita sociale e politica e della tranquilla convivenza civilein quelle regioni che è perfettamente superfluo ricordare. Un ulteriore passaggio che ho apprezzato - in realtà hoapprezzato tutta la relazione, ma mi sembra di doverevidenziare in particolare qualche punto, per tentare di dareun mio contributo, per quel poco che può valere - è quello cheriguarda il rapporto tra mafia e politica, tra struttura diCosa nostra ed esponenti politici collegati. I politici hannocommesso il tragico errore, che qualcuno ha pagato con lavita, di credere che fossero loro a strumentalizzare la mafia.E' vero esattamente il contrario. In tutta la sua storia lamafia non ha mai accettato rapporti di subalternità conchicchessia, né con la massoneria né con la politica né conaltre organizzazioni con le quali per ragioni dibusiness di volta in volta ha ritenuto di entrare incontatto. Il primato della autonomia mafiosa non è mai statomesso in discussione, una subalternità non sarà mairilevabile, neanche nei confronti della politica o diimportanti esponenti politici che con essa hanno avutorapporti. Credo che questo sia molto giusto e che riguardisoprattutto la vicenda dell'onorevole Lima. Con l'omicidioLima, probabilmente, si sancisce la fine di un'epoca neirapporti tra mafia e politica e l'attuale granderesponsabilità politica di tutti noi è quella di dare subitocorso alla nuova risposta politica che tutti i cittadiniitaliani attendono, anche quelli siciliani. Mi piace che anchequesto nella relazione sia indicato in quel finale che hotrovato molto opportuno e per il quale, come siciliano, sonograto al presidente. E' la verità che tutti noi, che piùabitualmente di altri frequentiamo la nostra amatissima etormentatissima isola, registriamo. C'è una caduta di quelconsenso al quale, con ragione, faceva cenno il collegaButtitta: era un consenso spesso più determinatodall'intimidazione, anche latente, che non da una sorta diadesione e nel quale vi erano anche grandi responsabilitàdell'inefficienza della presenza dello Stato; però questavasta area di consenso c'era. Dopo le stragi del 1992 ho vistopersone camminare per strada e piangere e non è stata soltantol'emozione e l'indignazione del momento; sono passati moltimesi e ancora, soprattutto a Palermo - parlo di Pag. 1721questa perché è la città che più frequento ma lo stesso valealtrove - emergono una grande presa di coscienza e un granderifiuto di questa sanguinaria e spietata organizzazione. Avviandomi alla conclusione, mi permetto di dire, signorpresidente, che, sulla base dei miei ricordi, c'è una piccolama importante correzione da fare. Non fu Nino Salvo a

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telefonare a Buscetta ma Ignazio. Nino Salvo scappò da Palermocon il suo yacht e se ne andò in Grecia, risulta da indaginiche abbiamo fatto noi personalmente. Questa ricostruzionedelle fonti attraverso le quali ristabilire un ordine deirapporti tra l'onorevole Lima ... MASSIMO BRUTTI. Il matrimonio del figlio ... GIUSEPPE MARIA AYALA. Della figlia. Sì, sospese ilmatrimonio della figlia. Successe questo a Palermo: il 23aprile 1981 venne ucciso Bontate e tale omicidio è un fatto divalenza impressionante. PRESIDENTE. Il regicidio, sì. GIUSEPPE MARIA AYALA. Il regicidio. L'11 maggio 1981Totò Inzerillo. A questo punto Nino Salvo non capisce piùniente, prende lo yacht e se ne va; Ignazio rimane. PRESIDENTE. E telefona a Buscetta. GIUSEPPE MARIA AYALA. Abbiamo tutta una serie diintercettazioni telefoniche ... No, non riesce a trovareBuscetta. Non riuscì mai a parlargli perché non aveva ilnumero di Buscetta in Brasile. Allora si rivolge a Lo Presti,che era il cugino, poi anche lui ucciso con la lupara bianca.Lo Presti telefona a Milano ad uno vicino a Buscetta - hocercato questa mattina di ricordare il nome però ne sonopassati migliaia e questo non lo ricordo più - che era amicodi Lo Presti e che questi dava per scontato che avesse ilnumero di Buscetta. Costui gli dice che non ce l'ha però sacome trovarlo e ci sono tutte queste telefonate, che poi noiabbiamo trovato. Da lì inizia la vicenda giudiziaria deiSalvo. Ignazio Salvo è stato indiziato in base all'articolo416-bis del codice penale e poi è accaduto tutto ilresto che ben si sa: è stato condannato con sentenzadefinitiva dalla giustizia italiana; è stato condannato consentenza definitiva da Cosa nostra, perché è stato uccisol'anno scorso (anche lì per chiudere quel rapporto che avevacome caposaldo l'onorevole Lima). Devo riconoscere che lefonti sono perfettamente indicate ed è veramente equivocolasciar supporre che questa parte della relazione si possafondare su giudizi politici dei pentiti (cito testualmentel'onorevole Fumagalli Carulli). I pentiti non esprimono alcungiudizio politico. I pentiti raccontano fatti, circostanze epersonaggi che ne sono stati protagonisti. Possono esserecredibili o possono non esserlo; compito della magistratura equello di verificare, attraverso la ricerca ed il ritrovamentodi riscontri, se siano credibili. Dai fatti così come sonoriferiti, quando sono credibili si possono, anzi si ha ildovere di far derivare conseguenze attinenti allaresponsabilità politica che vi è connessa. Ma il giudiziopolitico non parte dal pentito. Il giudizio politico è un dovere quando dobbiamo assumerela responsabilità di tenere in vita, come mai si è fatto inquesto paese - e con questo concludo - la profonda distinzioneche deve esserci in una democrazia tra responsabilità politicae responsabilità penale. Sono due cose completamente diverse e

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mi spiace di dover dire che soprattutto il senatore Andreottiha sempre teorizzato che a nessun comportamento possono esserecollegate conseguenze politiche se non dopo la pronunciadefinitiva della magistratura. Questo è stato uno deglistrumenti attraverso i quali si è contribuito a conservarel'immutabilità di un sistema. Sul piano della responsabilitàpolitica questo è estremamente grave; noi dobbiamo cominciaread imparare ed a praticare questa profonda distinzione: è Pag. 1722compito dei giudici accertare la responsabilità penale, onegarne la sussistenza quando non vi sono elementi; laresponsabilità politica è di noi tutti e dobbiamo cominciare acostruire la nuova politica italiana stabilendo che chipoliticamente sbaglia deve politicamente pagare. ROMANO FERRAUTO. Vorrei chiederle, presidente, quale sial'ordine dei lavori. PRESIDENTE. Per intesa tra tutti i componenti laCommissione, ogni collega può parlare per venti minuti e sonoancora iscritti a parlare Galasso, De Matteo, Grasso,Cappuzzo, Frasca, Crocetta, Cabras, Cutrera e Robol. Va poi precisato che gli interventi sono di per séproposte, delle quali gli uffici stanno prendendorigorosamente nota. Se poi qualche collega - come so che hannofatto l'onorevole Borghezio e l'onorevole Matteoli - haintenzione di proporre in modo specifico di eliminareun'espressione o di inserirne un'altra, può farlo attraversola presentazione di emendamenti. Poiché tali emendamenti vannopresi in esame, ritengo debbano essere presentati entro lagiornata di oggi. MARCO TARADASH. Non sarebbe possibile presentarli entrolunedì mattina? PRESIDENTE. Credo si possa consentire la presentazioneal massimo entro le 14 di domani. Proseguiamo ora nella discussione. ALFREDO GALASSO. Signor presidente, colleghi, ho qualchedifficoltà nell'intervenire sulla relazione e soprattutto nelpreparare - cosa che comunque ho fatto pur non essendo statopresente a Roma - gli emendamenti che mi sono sembratiopportuni. Vorrei svolgere un primo rilievo di carattere generaleconnesso a questa difficoltà: sarebbe, a mio avviso, opportunoche la relazione mettesse in evidenza quali siano le fontirispetto alle quali si sviluppa questo ragionamento; abbiamoinfatti ascoltato in Commissione antimafia alcunicollaboratori della giustizia o pentiti, i quali hanno fornitodeterminate informazioni, ma non abbiamo ascoltato (perchéquesto dovrà avvenire in una fase successiva) esponentipolitici e di istituzioni rappresentative (parlo dellaregione, dei consigli comunali, nonché di colleghiparlamentari e così via). Le valutazioni che nascono dall'ascolto di questicollaboratori della giustizia si mescolano, com'è inevitabile,

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con valutazioni che il presidente ha tratto dalla suaesperienza, dalle sue informazioni e via dicendo. Risultaquindi molto complicato mettere insieme una serie diemendamenti perché, come si è detto inizialmente, mi è parsodi poter considerare la relazione (e come tale la prendo) comeuno spunto per una discussione di carattere generale che tranoi non si è mai svolta. Abbiamo infatti sempre posto domandeed ascoltato risposte, ma non abbiamo mai avviato unadiscussione su che cosa significhi mafia oggi (per dirlo intermini molto semplici). Si tratta di una discussione, cheavrebbe dovuto e deve essere molto seria e approfondita, voltaad esplicitare in qualche modo quali siano le fonti diacquisizione, gli elementi presi in considerazione equant'altro. Ho svolto questa premessa di carattere generale perchécomunque considero la relazione, indipendentemente dall'esitoche essa avrà nel lavoro successivo della Commissione, come unmomento di passaggio rispetto ad un'inchiesta che nonconsidero conclusa dal punto di vista istruttorio. Preciso subito, per una questione di correttezza, che levalutazioni che svolgerò, cercando di dare un senso agliemendamenti che ho presentato, nascono da un'esperienzadecennale che è mia personale e assai poco, per la verità, dauna discussione ed elaborazione in questa sede, che non vi èstata. Voglio quindi precisare che le cose che dirò non hannomai avuto occasione di essere confrontate Pag. 1723qui con i colleghi e solo parzialmente si fondano su elementiacquisiti in questa sede. Per quanto riguarda le ultime vicende, avrei provato (hoproposto un emendamento in tal senso) a metterle al centrodella relazione, in quanto dovrebbero non essere limitate adun paragrafetto di cinque righe ma costituire un punto dipartenza: non è infatti usuale trovarsi di fronteall'incriminazione (perché di questo si tratta anche se laformula è quella dell'avviso di garanzia, ma noi sappiamo checosa ciò significhi perché sappiamo che cosa vi sia dietroquesto genere di dichiarazioni ed abbiamo visto anche larichiesta di autorizzazione a procedere) di un personaggio cheè stato un pilastro della vita politica e istituzionale diquesti anni ed ha integrato una visione politica nelleistituzioni per tanti anni da essere considerato un &quot;pezzo&quot;fondamentale di questo sistema politico. Mi sembra quindi chequesto non sia un argomento marginale e rappresenti non laconseguenza ma il punto di partenza di un ragionamento. Lo dico perché le mie convinzioni sull'esperienza e sullastoria di questo personaggio sono abbastanza datate, in quantorisalgono indietro nel tempo, ma ciò non significa che unfatto di questo genere non ne determini un'attualitàdrammatica. La seconda considerazione consiste nel fatto che sonoconvinto (l'ho affermato in Parlamento in più di un'occasione)

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che commetteremmo un errore se continuassimo a ritenere (comemi pare si intenda in alcuni passaggi della relazione) chequando parliamo di mafia ci riferiamo esclusivamente a Cosanostra, ossia ad un'organizzazione criminale feroce, temibile,che ha seminato (com'è scritto nella sentenza ordinanza dirinvio a giudizio del maxiprocesso) morte e terrore. Credo che proprio i fatti di questi ultimi anni (stoparlando di fatti accertati in sede parlamentare e in sedegiudiziaria) dimostrino che in realtà quando parliamo di mafiadobbiamo intendere oggi un sistema che, intrecciatosi con ilsistema della corruzione, ha determinato un profondoinquinamento della vita politica e di quella istituzionale,oltre che della vita economica e in alcuni casi anchedell'esercizio delle professioni, che opportunamente ilpresidente Violante ha messo in evidenza accanto alle altreattività. Ma questa, caro presidente e cari colleghi, è unaconcezione di fondo, non un punto emendabile: se discutiamoinsieme per capire se riteniamo che la mafia oggi siaun'organizzazione criminale che traffica stupefacenti e armi esi è occupata in passato e si occupa nel presente di tutto ciòche può procurare profitto illecito, non vi è dubbio chequanto ci riguarda è il potenziamento dell'azione preventiva erepressiva degli apparati preposti a tale scopo (la polizia ela magistratura). In sede politica il compito è questo, edeventualmente quello di &quot;potare&quot; alcuni frutti marci che sisono prodotti nel mondo politico. Non credo però che le cose oggi stiano in questi termini:ritengo infatti che la responsabilità politica sia primariaperché stiamo parlando di un sistema di potere che hadeterminato la degenerazione grave e profonda della vitapolitica e della vita istituzionale; da lì quindi bisognainiziare. Ho provato ad esprimere ciò con un emendamento di circa 10righe ma desidero sottolineare che non è questione diemendamenti: dovremmo, a mio avviso, aprire una discussione emi rendo conto che a questo punto dovrei citare una serie diesempi riferendo alcuni fatti e documenti, perché si possaavviare in questo senso una riflessione comune. Ho provato, nell'ambito degli emendamenti, a richiamare inmaniera più precisa, per esempio, la vicenda di Aldo Moro,sulla quale vi è qualche richiamo; se riferiamo le audizionidei collaboratori della giustizia possiamo benissimo riferireche essi hanno sostenuto che in sede politica o per ragionipolitiche è stato sconsigliato a Cosa nostra di tentare disalvare Aldo Moro. Ho predisposto quindi un emendamento che fariferimento a questo genere di vicenda, come ci è statariferita. Pag. 1724 Sul piano del rapporto di Cosa nostra con Lima e poi conAndreotti, ho specificato quali siano le cose che sono semprestate dette rispetto ai collaboratori della giustizia; la miaidea è quella di una funzione di garanzia nei confronti di

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questo sistema di potere svolta in questi anni e a lungo dalsenatore Andreotti e condivido il fatto (ho ascoltato ilcollega Ayala) che per tale ragione l'assassinio di Salvo Limaha rappresentato una svolta, proprio rispetto a questo ruolodi garanzia. Sono convinto (ne ho avuto esperienza anche in una visitanegli Stati Uniti) che i tre delitti, anzi quattro, sonostrettamente collegati: mi riferisco a quelli di Salvo Lima,di Falcone, di Borsellino e di Salvo. Essi obbediscono ad unstrategia che ha messo nel conto perfino la pesantezza deicosti che Cosa nostra avrebbe pagato. Si tratta quindi di unastrategia di livello politicamente elevatissimo, probabilmentetuttora in corso. Se il punto di rottura è stato l'assassinio di Salvo Lima,ciò significa che quando parliamo di mafia non possiamoparlare soltanto di Cosa nostra; ritengo anzi che nessuno deicolleghi creda, in maniera assolutamente banale, che laragione dell'assassinio di Salvo Lima sia stata esclusivamenteil venir meno alla promessa dell'impunità in Cassazione.Certamente, quell'elemento ha pesato (io credo che abbiapesato molto) nello scatenare la decisione, ma quando parliamodi strategia molto elevata ci riferiamo ad obiettivi che vannoben oltre, perché se ci si deve vendicare di una promessa nonmantenuta si deve sapere qual è la conseguenza della vendettae metterla nel conto della convenienza e del calcolo politicoeffettuato, pensando anche, come ha detto Buscetta, a ciò cheaccade dopo e probabilmente se non certamente, perl'esperienza di Cosa nostra, mettere già nel conto quale siail livello di equilibrio politico che si instaura dopo larottura che si è determinata. PRESIDENTE. Cioè dopo Lima. ALFREDO GALASSO. Dopo Lima, e quindi una volta caduta ocolpita la garanzia di Andreotti o, per essere più precisi,del collegamento Lima-Andreotti. Venuta meno questa garanzia,che risulta agli atti, andava raggiunto un equilibrio politicodiverso e questo non poteva non essere messo nel conto nelmomento in cui si è deciso quell'attentato e gli altri chel'hanno seguito, beninteso dall'altra parte delloschieramento. Desidero svolgere ancora due considerazioni prima diconcludere. Condivido il fatto che si debba distinguere traresponsabilità penale e responsabilità politica, ma credo chequesto discorso vada espresso in maniera netta (provo adesprimere il senso di qualche emendamento presentato) perevitare che si ingeneri l'equivoco secondo cui in questi annivi sarebbe stata un'appropriazione di funzioni politiche daparte della magistratura. Ciò non è accaduto o non è questo ilfenomeno significativo al quale possiamo fare riferimento; èavvenuto semplicemente che in un ordinamento democratico ilcircuito delle responsabilità deve essere assolutamentearticolato: devono esservi la responsabilità amministrativa,quella politica, quella professionale e persino la

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responsabilità morale che, in questi tempi, non mi sembral'ultima da considerare, mentre considererei per ultima laresponsabilità penale. In questi anni è accaduto invece che l'unico circuito diresponsabilità in qualche modo attivo è stato quello dellaresponsabilità penale, nel quale hanno agito, provando asocializzare conoscenze secondo lo strumento del processopenale, magistrati spesso isolati. SALVATORE FRASCA. Spesso combattuti da altri magistrati. ALFREDO GALASSO. Combattuti spesso dai magistrati o daipoliziotti della stanza accanto. Quella funzione, non impropriamente (non mi è piaciuto,signor presidente, quell'avverbio) ma propriamente esercitata,di garanzia della legalità e di Pag. 1725obbligatorietà dell'azione penale ha determinato una rotturadegli equilibri politici, perché è evidente che leripercussioni determinatesi hanno influenzato anchel'andamento della vita politica e della vita pubblica. E tantosi era reso asfittico questo circuito complessivo delleresponsabilità penali che abbiamo assistito (e questoprobabilmente andrebbe messo in evidenza) al fatto che moltidirigenti politici, anche autorevoli, con responsabilitàgravi, hanno delegato alla magistratura il compito di farpulizia, così come si è rilevato quando si è detto che non erapossibile allontanare nessuno da una carica politica o da unacarica pubblica in funzione di quella necessaria autotutelache ogni formazione politica deve svolgere finché non c'èun'incriminazione sul piano giudiziario. Questo è stato detto più volte: ne abbiamo sentito qualcheeco persino nelle dichiarazioni del Presidente del Consiglio aproposito dell'autorizzazione a procedere. Qualche eco si èavuta in questa occasione. Nulla di più grave e di piùdeleterio è dunque la riaffermazione della diversità dei campidi responsabilità e della necessità di dare il primato allaresponsabilità politica: va detto in maniera molto chiara,perché qui non è che vi sia stata una confusione traresponsabilità penale e responsabilità politica, vi è statasemplicemente la mancanza di esercizio dei poteri diautotutela e dunque delle sanzioni di ordine politico. Un'ultima considerazione e concludo, presidente: credo chealcune cose vadano dette con più evidenza, ma anche con piùnettezza, col coraggio di una scelta. Ho provato a formularlae mi riferisco particolarmente all'esperienza lunga,tormentata, difficile di quella che continuo a chiamare laprimavera di Palermo. La messa insieme di soggetti e di esperienze diverse (che,io credo, da quello che ho sentito - poi leggerò i verbali: midispiace di non essere stato presente - la collega Fumagalliha caricato di ulteriori significati e riferimenti,assolutamente privi di fondamento, per quanto mi riguarda) èla manifestazione di una difficoltà ad esprimere un giudizio

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politico. Io credo che il giudizio politico vada espresso, checiascuno esprima il suo, ma va espresso! Perché non sono statifatti di poco conto a mettere insieme - mi consenta,presidente - Martellucci, Insalaco, Orlando, la Pucci e non sochi altri. Ripeto, indipendentemente dai giudizi che si devono daredi ciascuno di questi, significa veramente accomunareun'esperienza lunga e articolata che ha avuto momenti diversi. Dunque, io ho l'impressione che questo aspetto vadainserito con molta evidenza: è un capitolo che va specificato.Non è possibile... (Interruzione del senatore Brutti).Scusami, Massimo, poi farai il tuo intervento. Sto dicendo chequesta vicenda sembra non aver rappresentato nulla per lacittà di Palermo e per l'Italia, invece va messa in evidenza.Adesso non andiamo a fare la buccia sulla riga, come è scrittoe come non è scritto: il senso è questo. Tanto è vero che cisono state delle prese di posizione, che ho sentito qui dallacollega Fumagalli, molto dure in questa direzione, checonsidero completamente prive di fondamento, ma che ci sonostate. Dunque prendo atto che ci sono state e quindi nonintendo che questo argomento venga trascurato o coperto daformule equivoche. Un giudizio su questo deve essere dato,molto netto e molto chiaro. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Lo chiediamo tutti, nonsoltanto tu! ALFREDO GALASSO. Ma perché sto facendo forse qualcherilievo? PRESIDENTE. Colleghi! MARIO CLEMENTE MASTELLA. No, per l'amor di Dio! ALFREDO GALASSO. Non ho capito perché c'è questaparticolare eccitazione su questo argomento! MARIO CLEMENTE MASTELLA. L'eccitazione è già nel tonodella tua voce, non di altri! Pag. 1726 ALFREDO GALASSO. No, il tono della mia voce: io mi sonoriferito all'osservazione che faceva Brutti! ROMEO RICCIUTI. Censuratorio! ALFREDO GALASSO. Presidente, credo che questo sia ilsucco dei rilievi che volevo fare e che si riferiscononuovamente, in conclusione, alla difficoltà iniziale rispettoall'andamento dei lavori della Commissione, pur con un nonrituale apprezzamento per lo sforzo compiuto dal presidente,ma forse proprio i lavori della Commissione si sono riflessiin questa relazione, rendendo piuttosto difficile questoapproccio. Per me questi emendamenti sono di fondo. Per questo li hovoluti illustrare. Non sono marginali, sono emendamenti difondo. Per il resto, che non ha riguardo alle vicende chehanno a che fare con i lavori di questa Commissione (ripeto,mi dispiace di non aver potuto ascoltare l'intervento dellacollega Fumagalli) vedrò poi, all'esito della lettura delresoconto stenografico, di che cosa si tratti, anche se fin da

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adesso ho l'impressione che riguardi abbastanza relativamentei lavori della Commissione e, per quanto mi riguarda,assolutamente nulla. ALDO DE MATTEO. Signor presidente, desidero dichiararesin dall'inizio un'apprezzamento sincero per il lavoro fattodalla presidenza. L'ho fatto già in altre circostanze,mettendo in rilievo la qualità e l'intensità del lavoro diquesta Commissione. Lo dico in modo particolare oggi, perché non condividoalcune interpretazioni che sono state date: mi sembra dicogliere molta enfasi che non è in sintonia invece con laserietà, l'intensità del difficile, per alcuni aspetti,confronto che si sta realizzando tra di noi. Non vedo quindiné un presidente sfiduciato da una parte della Commissione néun vicepresidente abbandonato dal suo riferimento politico. Questo richiamo ha una valenza politica, presidente,colleghi, perché trova ragione in un convincimento di fondo.Credo che il modo di presentare i lavori e soprattutto le loroconclusioni possa avere un effetto negativo rispetto alladelicatezza delle questioni che si affrontano proprio da partedella gente che ha fiducia in questo punto delicato delleistituzioni della nostra democrazia. Tra l'altro, ritengo - esprimo un parere molto personale -che su alcuni temi non vi possa essere una disciplina digruppo. L'ho detto anche in alcune riunioni all'interno delmio partito. Ognuno, di fronte a questioni di questo tipo,rappresenta se stesso, si interroga, ragiona e sceglie,naturalmente secondo coscienza e in santa libertà. Ci sonotemi che dovrebbero rimanere al riparo dallo scontro politico.L'ho sempre sostenuto anche in altre sedi, forse con un po' diutopia, un sogno che non desidero accantonare neppure inquesta circostanza. Sugli obiettivi che sono stati annunciati nella sintesiche il presidente Violante ha presentato l'altro giorno,all'inizio di questa tornata di riunioni, io sono d'accordo.La lotta intensa e senza quartiere alla mafia; nonsottovalutare questo rapporto mafia-politica, che c'è ed è unadelle ragioni che ha consentito alla mafia finora diresistere; e soprattutto il nuovo che sarà condizionato dallescelte che faremo su questo terreno, che il Parlamento farà suquesto terreno. Quindi, particolarmente significativo trovo ilrichiamo della relazione laddove si dice che l'impegno controla mafia, così come l'impegno contro la corruzione, nellapolitica e nell'economia, è parte essenziale del più generaleimpegno per il cambiamento del nostro paese. Allora, sarebbe secondo me un grave errore dividerci,anche se è necessario liberare la relazione e soprattutto ilrapporto conclusivo che si costruirà da equivoci, integrandodove c'è da integrare, modificando dove lo riterremo,liberamente, attraverso un confronto, nella fase conclusiva dimartedì. Pag. 1727

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Ma quale attacco scriteriato e fazioso al presidente edalla Commissione, come leggiamo sui giornali di oggi? Misembra che siano cose che non stanno né in cielo né in terra,soprattutto perché non rispondono alla realtà del nostroimpegno, alla realtà di questo confronto politico. Presidente, avevo già detto in altre circostanze, ma hopreso atto che si è trattato di una decisione concordata alivello di Commissione, che do particolare rilevanza alleaudizioni dei politici che sono programmate. Noi elaboriamoquesto rapporto al termine di una fase del nostro lavoro: alleaudizioni dei politici già indicati quando abbiamo determinatoil nostro itinerario se ne aggiungeranno altre, perché altrinomi, probabilmente, dovremo inserire dopo questo confronto.Quindi, si tratta di sentire i sindaci, uomini politicinazionali, che potrebbero offrire qualche squarcio in piùrispetto ad una realtà, quella politica, quella politicasiciliana in modo particolare, che non è un tutt'uno omogeneo. Vedo che nella relazione si fa riferimento alleconnessioni, che non riguardano soltanto i rami bassi dellapolitica, ma anche questi vanno conosciuti in tutte le lorodinamiche. Uno spaccato lo cogliamo a livello generaleattraverso le misure straordinarie adottate, così benevidenziate nel rapporto del collega Cabras. Ed io vedreivalorizzato tale aspetto in questa relazione, nel senso dicogliere alcune indicazioni che in quel rapporto ci sono e cheriguardano proprio i rami bassi, cioè i collegamentiterritoriali del fenomeno mafioso. Il richiamo alle audizioni che dovremo fare serve arafforzare il nostro contributo, che in questo momento riescoa vedere in due fasi (non sto proponendo di fare un rapportofra alcuni mesi; vedo ormai alcune tappe nel nostro lavoro),al Parlamento, fondato sull'insieme del lavoro, sulleaudizioni, su quanto abbiamo accumulato in questi mesi, avendopresenti sempre gli obiettivi generali e i tempi dellapolitica che sono cambiati. Con questo giustifico anche alcuneaccelerazioni, perché so bene che i tempi della politica nonsono quelli di cinque anni fa, di un anno fa, di sei mesi fa,di un mese fa. C'è un'accelerazione nelle cose, che poicomporta anche accelerazioni su altri terreni. Dobbiamoabituarci anche a capire, ad adattarci a queste necessità. E' quindi tenendo conto di questi obiettivi, di questapresa di coscienza del fenomeno e delle sue caratteristichevere che si deve diffondere e dare una spinta decisiva ad unamigliore organizzazione per combattere il fenomeno, sapendoche non ci sono zone franche. Questo è l'aspetto piùimportante. Se questi sono gli obiettivi generali, riterrei utileliberare la relazione di qualche elemento che può prestarsi adequivoci, non appiattirla su alcuni dati che possono in uncerto senso compromettere il grande significatodell'importante lavoro che stiamo compiendo. Condivido ilrichiamo che ha fatto il senatore Ferrara Salute nel suo

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intervento dell'altro ieri rispetto al significato che assumela valutazione sull'iniziativa dei giudici di Palermo mentre èin corso al Senato l'esame della richiesta di autorizzazione aprocedere nelle indagini per il senatore Giulio Andreotti.Credo che il riferimento del collega Ferrara sia da accogliereed anch'io naturalmente lo ripropongo. Vorrei poi svolgere tre osservazioni di merito per portareun modesto contributo a questo confronto: la prima riguarda laqualità della lotta alla mafia. Anche questo problema diventainteressante perché constato che vi sono giudizi noncollimanti: io credo che siamo di fronte ad un'organizzazionecriminale, la mafia, che per raggiungere i suoi obiettiviricorre anche ai politici. Il mafioso cerca il potere perassicurarsi l'impunità, non cerca il democristiano o altri(non voglio citare altri partiti); cerca il potere - ripeto -per raggiungere i suoi obiettivi. La mafia non è un soggetto politico, neppure nella formulache citava poco fa l'onorevole Ayala; resta un soggettocriminale che inquina la vita politica anche quandodistribuisce voti durante le competizioni elettorali. Questesono le sue Pag. 1728caratteristiche, che permangono. Ciò è importante e ci tengomolto a fare questa affermazione, ma su tale elemento vorreianche confrontarmi, perché spesso ne discende unasemplificazione che è terrificante, quella cioè che la mafia èla politica. Ciò ci porta veramente su un terreno minato inuna fase in cui siamo tutti impegnati a rilegittimare lapolitica nel nostro paese. Il grande sforzo è quello di ridaredignità alla politica, restituendole il suo vero significato,che ha perso per ragioni che sono di diverso tipo. Credo che nel rapporto tra mafia e politica si debbacompiere un esame ampio delle responsabilità e deicomportamenti. Inserisco anche l'elemento - non per ridurre,ma per ampliare il lavoro - dell'iniziativa dello Stato,costantemente inquinata e depotenziata nel suo cammino. Certo,vi sono ragioni che troviamo anche nelle diverse fasi deldibattito politico, forse vi è anche un eccesso di culturagarantista che ha permeato l'iniziativa dello Stato (èemblematico il dibattito svoltosi sui pentiti), ma questoquadro politico e culturale (che richiamo non in termini digiustificazione, ma di comprensione, aggiungendo che occorrefare un esame dei provvedimenti, delle politiche, dellerinunce e dei condizionamenti che non hanno permesso di andarea fondo nella lotta alla mafia), rappresenta un insieme didati che non mi sembra emergano nella relazione.Probabilmente, quindi, questa parte del documento vaarricchita ed ampliata. Il secondo elemento riguarda il rapporto tra mafia epartiti. Credo che non vi sia un rapporto diretto, maindiretto, attraverso i singoli politici, e su questo ènecessaria un'estrema chiarezza anche se molti amici sono

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intervenuti in proposito. Chiedo pertanto al presidenteViolante se non ritenga opportuno modificare alcune righedella sua relazione, che non corrispondono certamente al suopensiero, che è stato espresso in diverse occasioni e che misembra sia emerso anche nel corso del dibattito. Citotestualmente: &quot;(...) non hanno mai riguardato tutti gli uominio tutti i dirigenti di un singolo partito&quot;. Detto così sembrache vi siano delle eccezioni, che vi siano soltanto delleeccezioni. Probabilmente, la frase... PRESIDENTE. Ho capito, va rovesciata. ALDO DE MATTEO. ...va rovesciata per dare il senso di unconcetto che era già stato espresso in modo inequivocabile intante circostanze. PRESIDENTE. E' giusto. ALDO DE MATTEO. Se invece - e così non è - vi è laconvinzione che siamo di fronte ad un intero ceto politico... PRESIDENTE. No. ALDO DE MATTEO. ...allora bisogna essere chiari perchéquesto potrebbe essere un punto di grave contrasto. Però, cosìnon è e ne sono felice. Con questo stesso stile e con il medesimo rigore credo chedobbiamo guardare ad altre segnalazioni che pure sono emersenel corso dei nostri lavori, in particolare dalle audizioni:per esempio, il pentito Messina ci ha parlato della Rete. Nonabbiamo tratto conclusioni e bene ha fatto il presidenteViolante a non trarne rispetto a questo riferimento. ALFREDO GALASSO. Ha parlato a che proposito? ALDO DE MATTEO. Ha parlato della Rete a proposito deivoti di San Cataldo. Faccio riferimento ad una audizione allaquale eravamo entrambi presenti e che quindi cito senzamalizia e senza voler formulare su questo niente di... ALFREDO GALASSO. Me lo ricordo; sono completamented'accordo. ROMEO RICCIUTI. Da oggi in poi per parlare della Retechiederemo il permesso a Galasso! Pag. 1729 ALFREDO GALASSO. Sto dicendo che sono completamented'accordo. PRESIDENTE. Quello che esprime l'onorevole Galasso è unconsenso. ALDO DE MATTEO. Nella relazione si fa riferimento allenuove formazioni politiche, ma come ipotesi, come temapresente rispetto agli scenari ed alla strategia che la mafiasi è data, o si vuole o si potrebbe dare. Questo mi sembra unmodo anche molto corretto per affrontare il problema, conl'obiettivo, sempre chiaro e determinato, di combattere lamafia ed i luoghi da cui essa in questi anni ha tratto linfa esostegno. Il terzo riferimento riguarda un capitolo da integrare, oprobabilmente da riempire, perché la relazione contiene unalacuna che a me sembra importante. Mi riferisco al capitolosulla massoneria, che mi limito a citare perché ormai il tempo

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a mia disposizione è quasi scaduto. Abbiamo avuto anche a questo proposito qualche accenno neicolloqui, negli incontri tenutisi nel corso di qualche visita- anche il senatore Cabras ricorderà quello con il giudice diPalmi Cordova - ma il tema ritorna anche nelle audizioni deipentiti, per la verità non sempre in termini molto chiari. Avolte abbiamo avuto la sensazione che qualche pentito nonavesse un'idea chiara di quali fossero le finalità dellamassoneria, ma si tratta di un tema che ritorna. Al di là,quindi, delle osservazioni dell'onorevole Buttitta su questaequiparazione tra partiti e massoneria, che condivido, credoche questo sia un capitolo da approfondire e da &quot;riempire&quot;. In conclusione, invito la presidenza a chiarire nel testoconclusivo quanto si può chiarire, individuando un itinerariodi ulteriore approfondimento. Sono molto interessato a questodato, cioè non solo ad una relazione conclusiva del dibattito,ma ad un itinerario che ci consenta di percorrere il rimanentecammino. Credo che questo sia necessario per raggiungere unconsenso ampio, che ritengo molto importante anche ai finidell'efficacia del nostro lavoro. Sono quindi particolarmentelieto di alcuni giudizi che sono stati espressi. Il compitonon è facile perché cercare la verità è un'impresastraordinaria; credo di poter affermare - lo dico almeno perme - di non vedere una democrazia cristiana in difficoltà suquesto tema. Voglio affermarlo con grande libertà: non vedo ilpartito della democrazia cristiana in difficoltà; lo vedo anziimpegnato come gli altri per sradicare la mala pianta dellamafia, certo in una situazione complicata (non è facilelavorare con un quadro politico come quello nel quale siamoinseriti), ma con lo stesso rigore e la stessa lealtà di tuttigli altri colleghi. GAETANO GRASSO. Condivido in pieno l'impianto e leargomentazioni proposte nella relazione al nostro esame, chegiudico assai equilibrata, volendo esprimere con questoaggettivo non il raggiungimento di punti d'accordo, dicompromessi anche su un terreno deteriore, ma il fatto cheessa contiene giudizi e valutazioni a partire da fattirigorosamente accertati. Credo che abbiamo l'esigenza di considerare - e quindi diapprovare - questa relazione perché con essa possiamofinalmente porre dei punti fermi da cui procedere per avviareuna riflessione. Intanto bisogna partire da queste valutazionie da queste riflessioni e considerare la relazione un inizio:si apre una crepa e bisogna allargarla ulteriormente. Nonvorrei, però, che artificiose drammatizzazioni odesasperazioni su tali questioni possano essere finalizzate adimpedire a questa Commissione di porre finalmente questi puntifermi. C'è la necessità politica (l'abbiamo sentito più volte),il bisogno di dare una risposta istituzionale con questo attoalle incompatibilità sopravvenute di cui si parla a pagina 8della relazione. Vi è una necessità politica sul fronte

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dell'azione di contrasto alla mafia, perché un atto di questotipo può aiutare ulteriormente Pag. 1730quel processo che tenta di spezzare l'omertà nel nostroterritorio. Vi è una necessità politica perché, al di fuori di ognidiscussione, resta indubbio il fatto che per creare un nuovosistema politico in questo nostro paese si debbonoobbligatoriamente fare i conti da un lato con il rapporto tramafia e politica e dall'altro con i problemi della corruzionee di Tangentopoli. A questo proposito, voglio richiamare due passaggicontenuti rispettivamente a pagina 8 e 28 della proposta direlazione su cui, a mio avviso, l'attenzione - anche degliorgani di stampa - è stata, diciamo così, lieve. Rispetto acome la nostra attività e questa riflessione si collocanonella fase di passaggio che sta attraversando il nostro paese,mi sembrano molto opportuni i richiami ai pericoli concreti (apagina 8 si parla di tentativi che potrebbero manifestarsi inmodo violento, a pagina 28 di un riproporsi del terrorismopolitico-mafioso). Vi è il pericolo di un'alleanza, diun'intesa tra gli sconfitti della corruzione e gli sconfittidella mafia. Lanciare un allarme su questo terreno è, secondome, molto opportuno in un momento delicato come quello cheattraversa il nostro paese. Dicevo che si deve avere una relazione da cui partire perporre dei punti fermi e procedere oltre. Vi sono a mio avvisomolte questioni sulle quali la nostra azione come Commissioneantimafia dovrà continuare. Voglio individuarne brevementedue: la prima è sia interna sia esterna al capitolo sullamassoneria. Abbiamo bisogno di sollecitare, avviare, procedereanche noi con i nostri poteri (azione che nella relazioneviene posta come un punto fermo) all'accertamento di tuttiquei livelli occulti di potere che ancora oggi esistono nelnostro paese e su cui ancora il livello di conoscenza è assaiinsufficiente. In secondo luogo penso che sia un errore ritenere che laquestione dei rapporti mafia-politica e mafia-istituzionipossa esaurirsi in alcuni nomi perché il pericolo è che questistessi nomi possano svolgere la funzione di capro espiatorio.Poiché su questo campo siamo agli inizi, non è male ripetereche tante, numerosissime sono le coperture politiche edistituzionali ancora non venute alla luce e che è necessarioemergano presto. Nel dibattito dell'altro giorno ed in quello di questamattina ho sentito contrapporre la questione militare, o illivello militare della mafia, a quella politica. Qualchecollega ha parlato della necessità di privilegiare il quartiergenerale come obiettivo dell'attacco e dell'azione dicontrasto; questa mattina, il senatore De Matteo distingue lamafia come soggetto politico e come soggetto criminale,ritenendola soltanto soggetto criminale. Ritengo che questo

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sia un errore di valutazione: è impossibile distinguereall'interno del fenomeno mafioso i due livelli che siidentificano sempre, si intrecciano; non è retorico richiamarela famosa espressione di Buscetta resa davanti alla nostraCommissione riferita alle entità con le quali la mafia entrain varie relazioni. Un'altra considerazione concerne un aspetto contenutonella relazione riguardante quale sia il criterio perstabilire l'antimafiosità di un dirigente politico, di unapersona, e se è possibile dedurre ciò dal fatto che egli haapprovato o votato importanti leggi repressive nei confrontidella mafia. Qualcuno ha ritenuto, attraverso questoargomento, di potere procedere ad una difesa d'ufficio diesponenti politici della nostra Repubblica. A questo propositomi tornano sempre alla memoria non le parole o le affermazionidi un pentito, ma le dichiarazioni di un ministro dellaRepubblica, l'allora ministro dell'interno Scotti, che in unaintervista alla Repubblica, alla fine di giugno diquest'anno, commentava l'approvazione del decreto-legge dell'8giugno 1992. In quella occasione il ministro Scottisottolineava l'indifferenza di ministri, e del Governo ingenerale, di fronte al provvedimento che si votava in quelmomento; in quell'intervista egli denunciava la situazione disolitudine e di isolamento che lo coinvolgeva in quantoproponente del provvedimento. Pag. 1731 Ciò che conta ormai, come ha sottolineato l'onorevoleAyala a proposito della risposta a &quot;fisarmonica&quot;, è sempre edesclusivamente non le cose scritte, ma la volontà politica diattuarle; purtroppo, in questa Commissione abbiamo discussoanche di altri esempi, come per esempio la legge antiracket. Ritengo che il riferimento del collega Galasso allaprimavera palermitana vada fatto, nel senso che soprattuttonel rapporto tra mafia e politica quella stessa esperienza,indipendentemente dalle contraddizioni che ha avuto e dentrocui si è sviluppata abbia rappresentato - è innegabile -nonostante tutti i limiti, un fatto indubitabile di rotturaper quella città e per la Sicilia. L'ultima osservazione riprende una questione sollevatadall'onorevole Tripodi nel suo intervento a proposito delsistema elettorale; ritengo che, indipendentemente dal sistemache adotteremo nel nostro paese, abbiamo ormai la conferma chela mafia riesce con grande elasticità ad adattarsi ad ognisistema elettorale al quale sa piegare la propria strategia. UMBERTO CAPPUZZO. Signor presidente, ho ascoltato gliinterventi dei colleghi ed ho letto con molta attenzione lasua relazione. Voglio sottolineare che, per la prima volta,abbiamo l'occasione storica di affrontare il tema scabroso delrapporto tra mafia e politica con il distacco che si addice aduna Commissione di così elevata qualificazione. Mi ricollego subito all'affermazione, che ritengofondamentale, che lei ha fatto a pagina 12 della relazione,

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laddove sottolinea che: &quot;La Commissione ritiene opportunosollevare un doppio allarme, nei confronti delle forze dimaggioranza perché accettino il principio di responsabilitàpolitica, e nei confronti delle forze di opposizione perchétengano ben distinto il profilo della lotta politica, ancheaspro, da quello della responsabilità politica&quot;. Ritengo - ripeto - questa affermazione quanto maisignificativa, anche se probabilmente dovrebbe essereformulata in modo diverso, ma la verità è questa. Ladiscussione di oggi non è l'occasione per un semplicedibattito politico o per la contrapposizione di schieramenti(i buoni da un lato ed i cattivi dall'altro), poiché è ingioco l'essenza stessa della democrazia. In momenti drammaticicome questi, qualsiasi strumentalizzazione di parte oqualsiasi ambizione di soluzioni di tutt'altro tipo,potrebbero essere interpretati come tentativo di trovare unascorciatoia nella soluzione dei gravi problemi della nostrademocrazia. A questo riguardo devo sottolineare che problemianaloghi si sono presentati anche nella democrazia americana;basta leggere quanto è stato riportato dalla stampa supresunti rapporti di Kennedy durante il meraviglioso periododella sua presidenza; rapporti che lo fanno apparire legato inqualche modo alla mafia, o addirittura coinvolto nell'omicidiodi Marylin Monroe. Ho citato questi esempi per sottolinearecome sia difficile la vita delle democrazie, laddove esistonostrutture organizzate come quelle della mafia, che incidonosulla vita sociale, ma non sono soggetti politici. Su questosono d'accordo: guai se dessimo dignità di soggetto politicoalla mafia, un riconoscimento che non abbiamo dato neanchealle Brigate Rosse, signori miei! Eppure lo pretendevano, maabbiamo rifiutato di accettare la logica che si dovessetrattare da pari a pari. Sono soggetti criminali che siservono della politica. Signor presidente, al riguardo mi sembra veramenteilluminante quanto Falcone, che - per la materia che siamochiamati ad affrontare - è un riferimento concreto per noi -rispose ad un'osservazione di Criscuolo nella seduta, poc'anziricordata, del Consiglio Superiore della Magistratura. Egliebbe a dire: &quot;Per quanto riguarda il Ciancimino come vertice,so che non è il tuo pensiero, ma mi sembra che riecheggi unasorta di terzo livello da cui sono tormentato da anni. Nonesistono vertici politici che possano in qualche modoorientare la politica di |P'Cosa nostra|P'; è vero esattamenteil contrario e credo di averlo dimostrato in più Pag. 1732occasioni. Il terzo livello, inteso quale direzionestrategica formata da politici, massoni, capitani d'industria,eccetera, che orienta |P'Cosa nostra|P' vive solo nellafantasia degli scrittori, non esiste nella pratica. Esiste unasituazione estremamente più grave&quot; - e qui richiamo la vostraattenzione - &quot;più complessa, perché più articolata&quot;. E' questaarticolazione che dobbiamo cercare di capire, questo complesso

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di vincoli. E passo ora ad esaminare gli elementi costitutividi tali vincoli. Falcone dice a Criscuolo: &quot;Lo so che questonon è il tuo punto di vista&quot; e, dopo la conferma di Criscuolo,Falcone aggiunge: &quot;Non sono emersi altri uomini politici,oltre Ciancimino&quot;. Ma non mi interessa questo, mi interessail problema del rapporto tra politica e mafia. Al riguardo mi sembrano particolarmente pertinenti leosservazioni dell'onorevole Buttitta laddove evidenzia ladifferenza tra mafia e cultura mafiosa. In verità ciò serve acapire quegli ambienti del nostro Meridione in cui tante voltela politica si sviluppa. Ciò premesso, sarebbe assai grave seutilizzassimo questa occasione per metterci su posizionicontrapposte, perché dobbiamo arrivare a soluzioniconvergenti. E ritengo che ciò sia possibile. Signor Presidente, la relazione, pur pregevole, appare unpo' ponderosa ed è anche male articolata, soprattutto perquanto concerne l'inserimento dell'evoluzione storica, cheappare episodica, non articolata per tappe successive.Probabilmente sarebbe stato opportuno svilupparla a premessadella relazione; un'evoluzione storica che, peraltro, deveessere punteggiata da avvenimenti molto indicativi. Miriferisco al primo dopoguerra, all'inserimento della mafia nelnuovo sistema democratico, all'importantissima |P'esperienzaMilazzo|P', che segnò una svolta e fu un banco di prova. Inquella esperienza la sinistra, che qui non aveva alcunaparticolare propensione a favorire la mafia, ebbe a subirepesantissimi condizionamenti. Questo meriterebbe di essereevidenziato, perché quelle forze, che pure erano progressistee rifiutavano la logica della mafia, ad un certo puntodovettero subire pericolose contiguità. Quindi, ritengoopportuno suggerire una riarticolazione, anche alla luce diquanto ha suggerito l'onorevole Imposimato, esaminando anche irapporti tra mafia ed istituzioni. Ritengo che i rapporti tramafia e magistratura, tra mafia e forze dell'ordine, tra mafiaed istituzioni in genere, tra mafia ed imprese produttive, tramafia e aziende di credito - quest'ultimo aspettoimportantissimo è forse sfuggito, ma è stato sottolineato daqualcuno prima di me - dovrebbero essere passati in rassegnapartitamente. Mi chiedo quali motivazioni hanno costituito labase per la concessione di crediti da parte di elementi dipotere nel nostro Meridione, quali motivazioni hannoinfluenzato scelte, assunte a suo tempo per quanto riguarda losviluppo del Sud e della Sicilia in particolare. Ritengo che la relazione contenga riferimenti accessorinon pertinenti, come ad esempio gli accenni a regole dicomportamento a livello familiare (fedeltà), o modalità diazione negli omicidi (strangolamento), che fanno perdere unpo' di incisività, e che per me sono inutili, tanto più cheben altri comportamenti meriterebbero di essere evidenziati.Tra l'altro, è fondamentale il fatto che il mafioso esige chegli venga riconosciuta la sua qualifica in quanto &quot;può&quot;, nelsenso totale del potere. Un giornalista italiano molto

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qualificato ha detto - e ne convengo - che togliendo il salutoriverente espresso con &quot;vo'scienza benedica&quot; e con la&quot;scoppolata&quot; il mafioso è finito: questo è vero! Perché quelloche si è subìto dipende soprattutto dall'avere accettatoquesta logica della riverenza e concepito il potere comepossibilità di elargire favori, altro male che ha attraversatoun po' tutti i partiti. Signor Presidente, mi sembra pericolosa, nella trattazionegenerale del fenomeno mafioso, la semplificazione che sipotrebbe trarre dall'ammissione che in fondo la democrazia èstata mafia, e peggio ancora che si arrivi alladelegittimazione Pag. 1733 di un sistema politico democraticamente espresso. Vi sonoalcuni punti della relazione che varrebbe la pena dimodificare e questo secondo me potrebbe risultare fattibile. Atal fine, signor Presidente, vorrei anche sottolineare che sela mafia riesce ad essere un soggetto sociale che favorisce lapolitica e consente flussi di voti, razionalità d'impostazionee di trattazione avrebbe dovuto portare ad esaminare lospostamento, la mobilità del voto in funzione di bacini dipresenza della mafia. Un esame del genere sarebbe statoestremamente interessante. Forse è mancato il tempo, maesaminando i bacini di presenza della mafia avremmo constatatoche vi sono stati nel tempo consistenti spostamenti conriferimento a certi nomi. In tal caso avremmo avuto unospaccato estremamente indicativo, ben altra indicazionerispetto alla relazione presentata, che per me è troppoblanda, mentre avrebbe potuto essere ancor più incisiva. Signor Presidente, voglio ricordare che la relazione sulleforze dell'ordine, di cui sono stato relatore nella precedentelegislatura, in alcuni punti risulta molto più dura di quantonon lo sia questa, laddove si afferma, ad esempio, chel'autorità dello Stato è messa in pericolo per certi aspetti:si potrebbe arrivare al |P'punto di non ritorno|P' nel momentoin cui la gente abbia percepito che è molto più comodoriferirsi alla mafia per avere sicurezza, anziché allo Stato. Signor Presidente, quali sono state le carenze delloStato? Vengo ora ad un punto molto importante che riguarda icomportamenti di tutte le forze politiche nei riguardi deiprovvedimenti più importanti relativi alla mafia. Un'analisi del genere avrebbe evidenziato per lo menodisattenzioni, omissioni, trascuratezze, connivenze ocollusioni. Non voglio, per carità, enfatizzare queste ultime,ma chi sono stati coloro i quali hanno appoggiato certiprovvedimenti e non altri? Signor Presidente, mi permetto di ricordare, poiché Leiera deputato anche nella passata legislatura, le sue giustepreoccupazioni nel momento in cui si dovevano assegnareall'Alto Commissario certi poteri, per quanto concerne, adesempio, le intercettazioni telefoniche. Non possiamodimenticarlo, ma da questo non traggo certo l'idea che Lei

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possa aver favorito o avesse l'intenzione di favorirecomportamenti scorretti da parte di certe organizzazioni. Nel nostro Paese sono state portate avanti filosofie difondo che devono essere evidenziate, perché questo è stato ilmotivo per cui la lotta alla mafia non è stata abbastanzaefficace. Le omissioni sono gravissime e riguardano, adesempio, i poteri sottratti alle Forze di polizia in campoinvestigativo preventivo, prima ancora che ci sia la notiziadel crimine, cioè tutta l'attività informativa che è statafortemente penalizzata. Le disattenzioni riguardano ilgarantismo di fondo che ha pervaso tutti questi anni.Personalmente in quella relazione, che ho ricordato, ponevodubbi sulla validità del nuovo processo penale, avendo io unavisione di tipo più restrittivo, forse perché condizionatodalla mia provenienza militare. Se si vogliono esaminare i rapporti tra mafia e politica,si deve mettere in risalto la sensibilità delle forzepolitiche in materia di lotta alla mafia, i comportamentidella Magistratura e delle Forze dell'Ordine e l'efficaciadegli strumenti impiegati. Un'analisi di questo genere sarebbe molto interessante,così come molto interessante sarebbe passare in rassegna ilcomportamento delle forze politiche nei confronti delpool antimafia. Chi si è schierato pro o controtale pool? Perché non mettere bene in evidenza... PIETRO FOLENA. Il partito comunista italiano è semprestato a favore del pool. UMBERTO CAPPUZZO. Non parlo di forze politiche, non soneppure come siano schierati coloro che militano nella suaarea in questo momento. Non lo so, non ho fatto un'indagine. PRESIDENTE. Si può fare. Pag. 1734 UMBERTO CAPPUZZO. Vorrei ricordare che Falcone è statobattuto tre volte, signor Presidente, ed è stato battuto contre sconfitte nelle sue aspirazioni, che non erano ambizioni,ma rientravano nel quadro completo di un disegno strategico.La prima sconfitta fu la mancata nomina a consigliereistruttore. Quali forze si schierarono dalla parte di Falcone?E quali furono contro? Non è forse vero che Magistraturademocratica non si schierò con i suoi... PRESIDENTE. Ma non è presente in Parlamento! UMBERTO CAPPUZZO. ...e ben due consiglieri su trevotarono Meli? Non do un significato politico, ma l'esattezzadella valutazione deve conseguire dai dati di fatto ed è perquesto che non carico di significati dirompenti la vicenda. La seconda sconfitta fu quella di Falcone che aspirava adessere eletto nel Consiglio Superiore della Magistratura: nonci fu una famosa corrente che non lo fece votare? E la terzasconfitta non fu quella per la designazione alla SuperprocuraNazionale Antimafia? Nella commissione incarichi direttivi delCSM alcuni, non voglio dire chi perché non mi interessa,votarono contro e Falcone non fu eletto.

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Si tratta di responsabilità oggettive e soggettive perimpostazione culturale o per altro; ecco perché è complicatoparlare di rapporti tra mafia e politica. Una relazione serianon può non affrontare anche questi temi che sono vitali,signor Presidente. Non è mia intenzione sviluppare un'azione dilatoria, masarebbe molto importante, al di là delle cose fumose, basarsisu questi fatti: la lotta contro la mafia è stata inefficace.Perché? Per omissioni, trascuratezze, impostazioni ideologichee collusioni, o presunte tali. Mettiamo in chiaro tutti questiaspetti, signor Presidente, e facciamo anche qualcosa di più! Chi, ad un certo punto, ha fatto dirottare risorsefinanziarie verso il Meridione privilegiando gli enti localierogatori della spesa, che più avrebbero potuto esseremanipolati, consentendo così quello sviluppo irregolare dellapolitica e del comportamento della pubblica amministrazionelocale più vulnerabile a certe pressioni ? Una valutazione politica in questo senso avrebbe fornitoun quadro quanto mai intelligente ed interessante delle coseche avrebbero dovuto essere fatte e non furono fatte, signorPresidente. E' questo un punto assai delicato; ho volutorichiamarlo perché ritengo sia semplicistico basarsi su unarelazione sia pur pregevole, di cui condivido moltevalutazioni, da integrare con talune considerazionidell'onorevole Ayala, che condivido, per dire cosa sia lamafia nei suoi rapporti con la politica. La mafia non è unsoggetto politico, come ho già sottolineato. Faccio notare,poi, che dalla relazione risulta che la mafia è definita intre diversi modi: da una parte è organizzazione criminale,dall'altra diventa territorio (non se ne capisce il motivo,perché non si può dire che si identifichi con esso, a meno chenon vogliamo rifarci ai princìpi del diritto, con riferimentoallo Stato (semmai è una forza criminale che cerca direalizzare la propria attività produttiva sul territorio),dall'altra, infine, diventa soggetto politico. Si dovrebbeeliminare questa discrepanza. Vi è un altro aspetto che vorrei trattare. Per anni cisiamo trastullati con le |P'mappe|P' delle famiglie mafioseche venivano presentate in questa Commissione, ma alle qualinon corrispondeva alcun impegno o alcuna attività repressiva.Dobbiamo, quindi, chiederci perché la conoscenza dellageografia della mafia non si sia tramutata in attivitàrepressiva da parte delle forze dell'ordine. Passo ora al problema degli &quot;aggiustamenti&quot; che sarebberoposti in atto attraverso tre soggetti: l'individuo che aspiraall'&quot;aggiustamento&quot;, l'individuo che deve &quot;aggiustare&quot; ed iltramite politico. Se il soggetto che deve &quot;aggiustare&quot; è nellamagistratura, cioè in un potere autonomo e che non puòottenere alcun beneficio, mi chiedo quale sia la Pag. 1735molla utilitaristica che lo spinge ad aderire. Capisco lamotivazione utilitaristica della mafia ma non quella del

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magistrato perché deve accettare l'intermediazione politica?Occorre chiarire questo aspetto. In altri termini, perché maiil soggetto politico ha presa sulla magistratura che èindipendente (pur essendo legata in funzione delle variecorrenti di appartenenza? Il problema della triangolazioneandrebbe chiarito. Infine, secondo me, manca, per capire l'articolazioneperversa della mafia, l'interpretazione di alcuni fattiemblematici: i veleni di Palermo, la storia del &quot;corvo&quot; ei &quot;misteri di Contorno&quot;. C'è qualcosa, non so cosa, chenon quadra: se ci sono state disfunzioni nella lotta e sequeste hanno avuto, come credo, rilevanza politica, perché nondistricare i nodi di questi misteri. I veleni fine a sestessi. Contorno fine a se stesso e Di Pisa fine a se stesso?Cosa c'è dietro? Vogliamo chiarirlo? Avremmo avuto tutti ipoteri per farlo! Nella scorsa legislatura avevo chiestoproprio questo ed avremmo avuto tutte le possibilità per farluce su aspetti inquietanti. La democrazia si affossa ancheper effetto delle disattenzioni in materia di chiarificazione!Questo processo di chiarificazione non è stato fatto, ora siimpone che si faccia; quindi ritengo che, al di là delleaffermazioni che condivido e al di là di tutto quello che icolleghi hanno detto su responsabilità che non sono della solaDemocrazia Cristiana, ma sono molto diffuse, molto di più diquanto non si creda, al di là di questo - dicevo - larelazione, che deve dire una parola certa su un argomento cosìscottante in un delicato momento, quando cioè è in gioco lademocrazia del nostro Paese, quando c'è una delegittimazionestrisciante della classe politica, deve giungere alloscioglimento di questi nodi vitali: il &quot;corvo&quot; Di Pisa, i&quot;veleni di Palermo&quot;. Se riusciamo a portare alla ribalta questi veleni efacciamo finalmente piazza pulita di tutte le impunità,culturali o pseudoculturali o di altro genere, avremo compiutoun'opera meritoria nei riguardi della nostra democrazia. Sobenissimo che in così ristretti limiti di tempo non si puòarrivare ad una chiarificazione di tale portata; vogliotuttavia porre il problema lasciando agli atti la miarichiesta di una revisione e nuova articolazione dellarelazione che risponda ai punti cruciali del problema, che nonsi esaurisca nell'indicare soltanto delle ipotesi. Lo sforzocompiuto è notevole, me ne rendo conto, e forse non si potevafare di più, ma l'avere sviluppato l'indagine soltanto sullabase delle audizioni dei pentiti, non completandola con quelledi altri soggetti (politici, magistratura, ecc.) per toglieredi mezzo una volta per tutte i dubbi e le zone d'ombra,rappresenta un limite. Sono d'accordo su tutto il resto, sullanecessità di approfondire i rapporti tra mafia e massoneria,tra mafia e politica, elementi del passato non presi inconsiderazione, e con i servizi. Questi sono gli elementi daverificare e da approfondire; allora soltanto noi potremofornire una risposta esauriente ad una richiesta di verità che

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ci viene dal Paese, dando qualche certezza in un'atmosferapesante, torbida nella quale forze antidemocratiche potrebberotrarre la deduzione che è più facile trovare altre soluzioni. Signor Presidente, so in che modo è stato risolto ilproblema della mafia nel periodo del ventennio: ho avuto lagioia di vedere, appena settenne, 120 mafiosi incatenati con iloro cavalli e con i loro muli nella piazza del mio paese adopera di mio padre che aveva proceduto al loro arresto. Ho,quindi, una visione diversa della lotta contro la mafia, di unimpegno di tipo militare. In quel sistema e con quel regime sirisolveva facilmente il problema ma in un sistema democraticocome il nostro è ben più difficile. Allora chiariamo imisteri e veniamo alle conclusioni. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, la delicatezza delmomento politico ci impone, allorquando ci accingiamo aconsegnare al Parlamento una relazione sul rapporto tra mafiae politica, di usare il massimo equilibrio nella valutazione Pag. 1736del tema e di compiere uno sforzo, come ieri diceva ilcollega Calvi, per ottenere su un'unica linea la massimaconvergenza. Il collega Galasso osservava che forse sarebbe statomeglio discutere prima qui fra di noi, per predisporre larelazione e poi arrivare ad un dibattito su di essa.Probabilmente questo sarebbe stato il metodo migliore;pazienza, ciò che conta è che si discuta su un documento cheabbia la massima dignità e ci consenta di poter esprimere conla massima libertà la nostra opinione. A me è dispiaciuto, signor presidente, che la suarelazione sia stata divulgata prima ancora che venissedibattuta in Commissione. Lei ha detto di non averne alcunaresponsabilità, e io ne prendo atto; però vorremmo che lefughe di notizie non divenissero un metodo costante. PRESIDENTE. Questo è il motivo per cui è stato decisoinsieme di distribuire le relazioni la mattina del martedì. SALVATORE FRASCA. Lei si era anche impegnato ad emettereun comunicato per precisare come siano andate le cose maquesto non è stato fatto, a meno che io, leggendo i giornali,non abbia omesso la lettura della notizia. Da questo punto di vista c'erano altri impegni che forseavrebbero dovuto essere mantenuti, per esempio quello di farpervenire alla Commissione la videocassetta sulladichiarazione di quel magistrato al momento dell'arresto diTotò Riina. PRESIDENTE. Quale magistrato? ANTONIO BARGONE. Le dichiarazioni al telegiornale dopol'arresto di Riina da parte di una persona che non sappiamo sefosse un magistrato. PRESIDENTE. La videocassetta è stata acquisita agliatti. SALVATORE FRASCA. Ne prendo atto; ora bisogneràverificare ciò che è stato detto e da chi.

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La relazione del presidente fa riferimento soltanto a Cosanostra. Devo dire che non accetto la linea manifestata dalpentito Leonardo Messina quando ha detto che la mafia è una,una sola, nel senso che abbraccia la 'ndrangheta, la Sacracorona unita, che la mafia è a Milano, Torino, Bologna,Firenze. Non l'accetto perché mi sono battuto moltissimi annifa contro il fenomeno della mafia nella mia regione,servendomi anche dell'aiuto di alcuni studenti universitariche in quel momento si accingevano a presentare le loro tesidi laurea sulla nascita del fenomeno mafioso in Calabria; laconclusione alla quale con questi giovani siamo pervenuti èche la 'ndrangheta è una derivazione della mafia siciliana(difatti nelle zone della Calabria in cui si sono avute leprime avvisaglie del fenomeno risulta che erano arrivatialcuni confinati dalla Sicilia), ma poi ha assunto una suapeculiarità, assorbendo molti elementi sia dalla mafiasiciliana sia dal banditismo sardo. Il sequestro di persona èuna tipica arma di quest'ultimo, che purtroppo è stata assuntadalla 'ndrangheta per ricavare i mezzi per finanziare lapropria attività e, come afferma Pino Arlacchi, pertrasformarsi in mafia imprenditrice. Comunque, ciò che conta èche vi sia una seconda relazione che riguardi le regioni ed ifenomeni di cui ho parlato. La relazione del presidente è condivisibile nelle suelinee essenziali e rispetto ad essa ci poniamo con animocostruttivo perché chiediamo che alcuni vuoti in essa presentivengano riempiti e che alcune modifiche che appaiononecessarie vengano apportate. Registriamo con soddisfazioneche per la prima volta si mette a disposizione del Parlamentouna relazione organica sul rapporto mafia-politica, che nonpuò che essere seria e obiettiva, al di fuori di ognistrumentalizzazione partitica. Per lungo tempo alla storia delnostro paese è stata legata l'esistenza della mafia; ci siamoaccorti che la mafia vi era, si vedeva, si toccava e che avevaun collegamento con il mondo della politica. Pertanto oggi, Pag. 1737non soltanto l'esistenza della mafia, ma anche il rapportomafia-politica non vengono più negati come accadeva fino a15-20 anni fa. Del rapporto mafia-politica vi sono abbondantitracce nelle relazioni presentate all'esame del Parlamento;quando oggi ci interessiamo di Ciancimino non scopriamo ilmondo, perché già nella relazione dell'allora presidenteCarraro è detto con assoluta chiarezza che egli è&quot;l'espressione emblematica di un più vasto fenomeno, cheinquinò negli anni sessanta la vita politica ed amministrativasiciliana per effetto delle interessate congruenze edaggregazioni delle cosche mafiose&quot;. Dobbiamo semmai domandarci perché nel corso di questi annil'autorità dello Stato si sia fermata dinanzi alla soglia dinoti mafiosi ma anche di politici con essi conniventi. InInghilterra si dice che l'autorità di sua maestà la regina siarresta dinanzi alla soglia di casa del cittadino: questo è un

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principio di democrazia, di rispetto della persona umana, chevuole distinguere il pubblico dal privato. Invece, quando oraaffermiamo questo vogliamo denunciare inadempienze, carenze,complicità ed omissioni dello Stato nella lotta contro ilfenomeno mafioso e quindi contro coloro i quali con questofenomeno sono stati e sono conniventi. Nel momento in cuidiciamo questo dobbiamo anche prendere atto, signorpresidente, che negli ultimi anni nello scontro Stato-mafiasono stati registrati grandi risultati; credo che di ciò vadadato atto alla nuova legislazione e ai suoi proponenti, tra iquali mi piace citare l'ex ministro Martelli e l'ex ministroScotti. Tali leggi sono enucleate, però sarebbe opportuno chenella relazione tutto questo fosse evidenziato. Il presidente afferma che la sconfitta di Cosa nostrapotrebbe essere la sconfitta di tutte le associazioni mafiose:nutro dei dubbi su questo perché, anche se si dovessesconfiggere Cosa nostra, non si potrebbe sconfiggere anche la'ndrangheta e, meno che mai, la Sacra corona unita e le altreforme delinquenziali che stanno sorgendo. Il presidente hacompiuto anche un excursus storico del fenomeno mafioso,ma io mi permetto di rilevare che in esso mancano dei periodiche pure andrebbero meglio spiegati e approfonditi. Nella IX legislatura questa Commissione ascoltò tresindaci - Insalaco, Martellucci e Pucci, uno dei qualipurtroppo è morto - i quali ci descrissero lo stato spaventosodell'amministrazione nel comune di Palermo, le complicità e ledifficoltà che si incontravano nella gestione. In particolareElda Pucci parlò con uno spirito veramente pasionario.Ebbene, da allora altre amministrazioni si sono susseguite,tra le quali l'amministrazione Orlando: vogliamo chiederci,signor presidente, se nel corso di quella amministrazione gliequilibri che stavano alla base della gestione del comune diPalermo nel periodo dei tre sindaci menzionati, equilibri chequesti ultimi non furono in grado di rompere, sono forse statispezzati con la giunta Orlando? Da quanto si evince dagliapprofondimenti che stiamo compiendo e dagli studi degliappalti anche in relazione a tale periodo si vede che quegliequilibri non sono stati spezzati e pertanto dobbiamo avere ilcoraggio di dire la verità, tutta la verità. Non vorrei,signor presidente che avesse ragione Sciascia quandodenunciava i professionisti della lotta contro la mafia... ALFREDO GALASSO. Molti sono stati ammazzati. SALVATORE FRASCA. Non vorrei che avesse ragioneSciascia: vi sono molti che dichiarano, affermano,intervistano, ma quando vengono posti dinanzi alla realtà alfine di modificarla e di sconfiggere la mafia non sempre fannole cose che dicono di voler fare. Vi è un soggetto politico-istituzionale completamentetrascurato nella relazione, cioè la regione siciliana. Diquesto dobbiamo parlare, perché niente sarebbe potutoaccadere, o i fatti che sono accaduti si sarebbero potutiridimensionare, qualora la regione siciliana fosse stata

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governata in maniera veramente diversa e Pag. 1738non si fosse trasformata nel centro del malaffare politico eamministrativo. Poiché si afferma - e l'hanno detto anche ipentiti, dei quali abbiamo accettato la filosofia (ma, comeaffermava il collega Calvi, sui pentiti abbiamo dei dubbi echiediamo che le loro dichiarazioni trovino comunqueriscontro: non si può costruire una relazione soltanto sulledichiarazioni dei pentiti) - che la mafia avrebbe votato primaper la democrazia cristiana e, una volta accortasi chequest'ultima non le dava più sicurezza, avrebbe votato per ilPSI, ed inoltre si dice che gli unici partiti immuni sarebberoil movimento sociale italiano e il PDS, ci si consenta didichiarare che tutto questo storicamente non è giusto. Non èneanche giusto dal punto di vista della realtà; non vogliofare chiamate di correo, ma soltanto esaminare la realtà conla necessaria obiettività. Abbiamo appreso dai pentiti che la giunta Milazzo è statafortemente voluta dalla mafia e sappiamo com'era composto ilgoverno Milazzo. Anche questo andrebbe detto. (Commenti delsenatore Brutti). Sì, però in quel governo il mio partito non c'era! PRESIDENTE. Come no! SALVATORE FRASCA. No, mi dispiace! Noi lo abbiamocombattuto il governo Milazzo, tant'è vero che l'espressione&quot;milazzismo&quot; fu coniata da Pietro Nenni. Mi dispiace, maconosco bene la storia del mio partito e comunque, aprescindere dalla presenza o meno del partito socialista, vifu la presenza dell'allora partito comunista. Forse non mi sonspiegato bene, ma vorrei che nella relazione si correggesse ilconcetto che esistono dei partiti che sono immuni dalleconnivenze con la mafia; a torto o a ragione, chi più e chimeno, l'intero sistema politico ha prestato delle coperturealla mafia in Sicilia e se si va a vedere come stannorealmente le cose in quella regione si ha la conferma diquello che vado affermando. Ieri sera ho seguito la trasmissione di Michele Santorosulla terza rete, alla quale partecipavano Orlando e Occhettoe mentre tra di loro vi era un amorevole duello oratorio... PRESIDENTE. Non mi sembrava tanto amorevole! SALVATORE FRASCA. ... venivano presentati degli spaccatidi vita siciliana. Abbiamo appreso che nella città di Palermovi sono persino ospedali nelle mani della mafia e chel'autista di Riina ha potuto dirigere persino un ospedale dicui non ricordo il nome. Vi è un governo regionale in grado dirimuovere queste cose? Ho preso atto che il compagno Occhetto,che è sempre addolorato e contrito quando parla di questecose, ha detto che suo avviso i suoi colleghi devono uscire daquel governo... PIETRO FOLENA. Anche i tuoi, spero! SALVATORE FRASCA. Certo, e mi auguro che quel governo alpiù presto venga dichiarato sciolto perché siamo in presenza

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di un fenomeno umiliante dal punto di vista politico,amministrativo e morale, che certamente non giova ad una lottaefficace e coerente contro la mafia e la delinquenzaorganizzata. La relazione fa riferimento alla magistratura ed alledifficoltà che si incontrano nell'amministrazione dellagiustizia: mi si consenta di affermare che questo è il vuotopiù vistoso e che l'analisi su questo presupposto deve essereapprofondita. Abbiamo appreso fatti di una certa gravità,anche da parte dei pentiti, e quanto va emergendo confermaquesta gravità; tuttavia di questo non si fa cenno. Pensiamoforse che in Sicilia non vi siano state delle connivenze conla magistratura, così come non vi sarebbero in Calabria?Vogliamo ritornare ai tempi di sua eccellenza Bartolomei,procuratore presso la corte d'appello di Catanzaro, il quale,quando fu posto dinanzi all'eventualità che in Calabria vifossero connivenze in alcuni comparti della magistratura,gridò allo scandalo e ci portò Pag. 1739dinanzi al tribunale per rispondere di diffamazione? La mafiaè l'ombra del potere e cerca di abbarbicarsi a tutte leistituzioni per cercare di avere ragione: ce lo hanno anchespiegato i pentiti, ma noi lo sapevamo perché l'avevamo giàconstatato. Le vicende di questi ultimi anni vanno approfondite, cosìcome dobbiamo approfondire le responsabilità e lemanchevolezze della magistratura. Ha ragione Marco Pannella,l'unico tra gli uomini politici di un certo livello capace didire con estrema chiarezza che il sistema politico ecostituzionale del nostro paese in tanto verrà ripulito inquanto la magistratura italiana renderà conto al popoloitaliano di tutte le connivenze, di tutte le complicità, ditutte le omissioni che al suo interno si sono registrate nelcorso di questi anni! E quando andremo a discutere di questecose avremo la possibilità di dimostrarlo. Ma ci siamo dimenticati dell'esistenza del palazzo deiveleni? Il collega Cappuzzo ha affrontato questi argomenti, maio voglio riprenderli. Ci siamo dimenticati dello scontro cheDi Pisa ha avuto con altri magistrati? Ci siamo dimenticatidell'episodio Falcone? Non ripeto su questo argomento leconsiderazioni, con dovizia di argomentazioni, del collegaCappuzzo. Mi è però rimasta impressa un'affermazione di IdaBoccassini, che fu una collaboratrice del giudice Falcone eche nel corso della commemorazione a Milano del giudiceFalcone ebbe il coraggio di dire: &quot;Falcone è stato ucciso danoi&quot;. Possiamo fare un'equazione sul rapporto mafia, politicae istituzioni in Sicilia senza fare piena luce su queste cose? Sull'aggiustamento dei processi che cosa è accaduto? E'vero che c'era il giudice Carnevale, di cui si parla, che aRoma aggiustava tutto, ma sappiamo che c'era un primo stadiodi aggiustamento presso le sedi della corte d'appello, equindi presso i magistrati che operavano in Sicilia.

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PRESIDENTE. Lei ha esaurito il suo tempo, senatoreFrasca. SALVATORE FRASCA. Due o tre minuti e ho finito. E' altresì vero che ad un certo punto si è dovuto prendereun giudice civile per fargli presiedere la corte d'appello. PRESIDENTE. Anche adesso c'è un problema analogo, come èsegnalato nella relazione. SALVATORE FRASCA. Se dunque ci sono questi problemi, lidobbiamo segnalare. Si dice che c'è un continuismo nelle forze dell'ordine. Inrealtà mi risulta che i carabinieri abbiano proceduto aripetuti trasferimenti. Se c'è immobilismo nelle forzedell'ordine, va detta la verità su queste cose. Concludo sul senatore Andreotti. Signor presidente, miconsenta di fare una dichiarazione di carattere personale: ioho cominciato a sentire (allora non c'era neanche latelevisione) e a vedere, nei pochi comizi da lui tenuti nellamia città, questo importante uomo politico del paese quandoavevo quindici anni; adesso sono diventato nonno e il senatoreAndreotti sta sempre in sella al potere. Questa è la piùevidente dimostrazione della mummificazione del sistemapolitico e costituzionale del nostro paese, che è il problemadi fondo che abbiamo da risolvere. Però, dopo aver dettoquesto, signor presidente, mi consenta di dire che non sonoper processi politici. Si sono liberati nell'est europeo deiprocessi politici, vogliamo farli noi? No. Non posso poiaccettare, signor presidente, la frase in cui lei dice chel'autorizzazione a procedere nei confronti del senatoreAndreotti è un atto dovuto. PRESIDENTE. Chiedo scusa, non dico questo: la richiesta,non l'autorizzazione. E' possibile che sia un errore, ma nonposso aver detto questo. SALVATORE FRASCA. Nella relazione si dice: &quot;Il 30 marzo1993 è stata chiesta dalla procura della Repubblica di Palermol'autorizzazione a procedere nei Pag. 1740confronti del senatore Giulio Andreotti per i delitti diconcorso in associazione per delinquere mafiosa. Sulla basedei documenti di cui dispone la Commissione, l'accertamentodell'eventuale responsabilità penale del senatore Andreotti èun atto dovuto&quot;. Siccome le responsabilità penali del senatore Andreottinon si possono accertare se non è stata concessal'autorizzazione a procedere, essa è un atto dovuto. GIROLAMO TRIPODI. Che c'entra l'autorizzazione? SALVATORE FRASCA. Come si fa ad accertare, collegaTripodi, la responsabilità penale del senatore Andreotti senon c'è un processo e come si fa a processare il senatoreAndreotti se non c'è un'autorizzazione a procedere? PAOLO CABRAS. Cosa nostra riproduce un modello di potereinteso come sistema chiuso, con rapporti gerarchici, dicomando, di esecuzione, di scopi, di mezzi, con regole attuate

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e violazioni sanzionate. La struttura, i metodi e le finalitàdi Cosa nostra sono l'antitesi di una società aperta, dellesue istituzioni: in questo senso Cosa nostra è forza eversiva.Ma questa entità criminale, con questa carica eversiva, ha unforte impatto con la politica, ha bisogno della politica, manon è la politica. Cosa nostra fin dall'inizio, dalle vicendedi una società semifeudale, ha supplito carenze statuali, haapprofittato delle contraddizioni dello sviluppo unitario, chesono state un effetto di quel tipo di sviluppo. C'è unaletteratura, da Dorso a Sturzo, che ricorda questo. Nellepieghe di quelle contraddizioni c'è stata Cosa nostra. Nell'evoluzione successiva, dal dopoguerra, si è insediatae ramificata anche grazie alla cooperazione del governomilitare alleato (fa bene la relazione Violante a ricordarlo;molto incisivamente lo ricorda un bel film di Francesco Rosi,quello su Enrico Mattei), quando al seguito degli uomini ditale governo si insediarono i sindaci della mafia Genco Russoe Calogero Vizzini. Nella sua evoluzione dai traffici urbanistici al racket,alla corruzione burocratica, allo sfruttamento di manodopera,al traffico fino ad ora di droga e di armi, alla sua attivitàeconomico-finanziaria transnazionale, Cosa nostra non potevanon incontrare e non ripetere questo bisogno della politica,che è anche interesse a condizionare la vita istituzionale perpatteggiare, per dominare. Lo stesso suo radicamento nelterritorio è non soltanto la ricerca di un &quot;santuario&quot;, di unaprotezione, di una sicurezza, ma è anche in qualche modo ildesiderio di essere là dove si possono fare le regole opiegare le regole alla propria volontà, sempre tenendopresente che i politici sono succubi e non sono i supervisorie i registi di Cosa nostra, neanche a livello locale. La mafia ha svolto anche in Sicilia un ruolo politico,indirettamente prestandosi a manovre e disegni altrui: l'usodel banditismo, il rapporto con i monarchici, con gli agrari econ i separatisti, il milazzismo, di cui si è parlato molto inquesto dibattito in Commissione, fino alla convivenza con leforze di governo nel periodo della spaccatura del mondo, equindi anche del nostro paese, in due blocchi. Il rapporto con la politica non esaurisce però l'orizzontemafioso, e bene la relazione ha fatto ad estendere l'analisialle istituzioni, alla società civile, alle professioni, atutto quello che ha concorso al radicamento del potere mafiosoed in qualche modo anche alla sua relazionalità pubblica coneffetti politici. La stessa vicenda del Mezzogiorno è in qualche modoemblematica. Il Mezzogiorno - lo abbiamo detto tanto volte - èstato più oggetto che soggetto di sviluppo, la suaautopromozione è stata ostacolata da pregiudizi antichi maanche dallo strapotere della politica. Quando il consensolocalmente si orientava verso il centro e dal centroaffluivano le risorse alla periferia con il corredo diassistenzialismo e di clientele, in qualche modo

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Pag. 1741si è predeterminata anche la qualità dello sviluppo, dellacrescita e della lotta politica. Violante parla di sicilianismo. Certo, l'autonomia comerecupero di responsabilità e del senso dello Stato: questa eral'intuizione di Luigi Sturzo. Tutto ciò è deviato in questapratica, però qualche riflessione dobbiamo dedicarla non soloa questa degenerazione clientelare ed assistenziale, ma anchea quanto il meridionalismo dei partiti di sinistra ha operatoperché l'uso delle risorse fosse deciso creando centri dispesa e di iniziativa sul territorio sempre a livelliperiferici, dove le strutture amministrative e politiche eranopiù deboli e dove era più possibile la permeabilitàall'infiltrazione mafiosa e criminale, comunque ladisponibilità alla corruzione del sistema. Comprendo le ragioni politiche di questa rivendicazionedel meridionalismo di sinistra rispetto alla contestazione,allora accesa e frontale, nei confronti del Governo centrale,ma anche questo è un elemento della storia dellecontraddizioni e degli appesantimenti della vicendacomplessiva del paese. Tutto ciò è stato detto tante volte inriferimento ad altro orizzonte istituzionale e a proposito dialtri apparati: la giustizia, le conclusioni processualicontrattate con la mafia, ma ancora di più, direi, le indaginimai iniziate. Certo, pensando ai magistrati siciliani oggi abbiamoquesta grande remora ed anche questo grande esempio morale:pensiamo a Chinnici, a Terranova, a Livatino, a Falcone, aBorsellino. Rendiamo loro un tributo sincero perché a questiuomini dobbiamo una grande avanzata sul terreno della rivoltacivile contro la mafia. Dobbiamo però anche ricordare igiudici che non hanno ottemperato al proprio dovere, i giudicidella sicilianissima prima sezione penale della Corte dicassazione, nonché i giudici che oggi sono indagati, quelliche per indagini giudiziarie, per rivelazioni di collaboratoridella giustizia, e non soltanto, sono oggetto di sospetti. Anche del maxiprocesso dobbiamo stare attenti a non farestorie ad usum delphini, perché la stagione dei veleniall'interno del Consiglio superiore della magistratura haresponsabilità anche politiche; molti - e lo dicopositivamente - hanno cambiato giudizio sul pool e sulgiudice Falcone nel corso del tempo. Ma quelle memorie sonoprecise. Non si può avere una grande attenzione e un richiamoal magistero di Falcone soltanto negli ultimi anni o negliultimi mesi della sua vita, perché questo è oltraggioso neisuoi confronti. Ed io capisco le reazioni della sorella delgiudice Falcone, di Maria Falcone, perché in effetti fugiocata una partita poco chiara utilizzando le induzionicontro il professionismo della mafia di Leonardo Sciascia, ungrande intellettuale civile usato per una causa meschina,squallida, così come poco chiaro fu il gioco dei potenti chefra alcuni settori politici e le invidie, le gelosie e le

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rivalità dei giudici si praticò all'interno del Consigliosuperiore della magistratura. E il magistrato Di Pisa non misembra facilmente richiamabile o evocabile come testimonedella verità, perché allora ci fu non solo la nomina di Meliall'ufficio istruzione al posto di Giovanni Falcone ma ci fula frammentazione dei processi di mafia, ci fu anche la lorodispersione in mille rivoli, che era anche un modo peraggiustare. Quindi, i ritardi e le distorsioni sonoappartenuti alla politica ma anche ad altri ambitiistituzionali. In questo senso, vi è una nostra richiesta -mia e del gruppo della democrazia cristiana - di integrazionee di correzione. Altri hanno parlato - io ve lo risparmio - in riferimentoalla lentezza dell'adeguarsi della legislazione per superarequella cultura garantista in cui io credo (quella dei beneficicarcerari e del nuovo codice di procedura penale). E' unacultura che mi ha sempre visto schierato a favore, però nonc'è dubbio che quando abbiamo dovuto operare all'insegnadell'emergenza abbiamo trovato la difficoltà culturale che cienunciava, con grande lealtà, Giuliano Amato nella suaaudizione Pag. 1742 qui in Commissione e che è stata di tanti (penso anche diquelli che hanno votato contro o che si sono astenuti). Ciò per dire che quel cammino in Parlamento non fu facile- lo ricordavano altri colleghi - per difficoltà obiettive,per obiezioni culturali. Ma di questo dobbiamo tener contoperché, altrimenti, pensiamo che il gioco sia sempre di unoschematismo western in cui i buoni e i cattivi siaffrontano una volta per tutte. Fra cielo e terra, comericordava Amleto a Orazio, ci sono più cose di quanto nonimmagini la filosofia della semplificazione o la filosofiadella pura predicazione. Credo poi che la mafia vada giustamente osservata, come fala relazione - anche se questa parte può essere approfondita -nella sua risalita per i rami istituzionali e politici. Unamafia che tocca vicende come quelle di Sindona e del Bancoambrosiano; che vede frequenti comparse di Gelli nelleindagini giudiziarie - non soltanto nelle rivelazioni deipentiti -, nelle intercettazioni telefoniche fatte dallapolizia e dai carabinieri. Una mafia che vede coinvoltiapparati dei servizi. Una mafia dove Pippo Calò può avere, conl'eversione nera, progettato e in qualche misura partecipatoalla strage del treno 904. Una mafia che si occupa di grandiappalti e che, evidentemente, deve tener presente la suaconsuetudine con la politica e con le istituzioni anche aproposito di queste vicende che non si esauriscono né sirisolvono a Corleone e a Bagheria. Certo, come è stato ricordato, la vocazione della mafia èla solita, cioè ricercare favori, complicità, coperture. Eoggi le inchieste coinvolgono, giustamente, esponenti locali,regionali e nazionali.

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Ritengo che non vi debbano essere tabù in nessunadirezione ma anch'io, come hanno fatto altri, credo di doverdire, anche per la mia responsabilità, che su indagini comequella da avviare a Palermo a proposito del senatore Andreottinon appare opportuno un apprezzamento che possa significarel'anticipazione di un giudizio che non spetta alla Commissionebicamerale antimafia. E voglio dire un'altra cosa, ancherispetto alla conclusione un po' disinvolta - me lo consentail collega Galasso - che, dando il suggello dellacriminalizzazione a quell'avviso di garanzia, apre un problemapolitico non risolvibile se non, a mio avviso, con il rifiutodi esprimere un'anticipazione di giudizio. ALFREDO GALASSO. Io apro un problema politico... PAOLO CABRAS. No, lo apre con quella definizione, conquell'accezione, con quella versione. ALFREDO GALASSO. Ho fatto riferimento a fattiprecedenti. Non posso essere accusato di avere aspettatol'avviso di garanzia. PAOLO CABRAS. Certo, io mi riferisco solo al suointervento e a quella sua espressione, onorevole Galasso, nonad altro. Su altro ci possiamo confrontare e discutere. Credo che il nemico da abbattere non vada mai individuatonei politici e nella politica. Oggi, il terzo livello vedescarsi ma cocciuti sostenitori, però non mi ha mai convinto.L'identificazione della mafia con le istituzioni e con isoggetti politici ho paura che faccia perdere di vista gliobiettivi di una lotta alla mafia. Giustamente, Violante critica la concezione dellamondializzazione, e anch'io ho paura, perché quando tutto èmafia, niente è mafia! Detto questo, aggiungo che il coinvolgimento ed ilcedimento dei politici in vicende di mafia è sempreun'esperienza terribile, non di devianza: è un vero tradimentodei chierici, perché sostituire all'idea della politica comesolidarietà l'idea della politica come sopraffazione e omertàè la negazione della politica, è la sua morte civile eculturale. Allora, anche solo chi per avidità di voti e di successoconsente che i mafiosi si arruolino sotto i propri vessillielettorali Pag. 1743 è passibile di una dura condanna morale e di un durogiudizio politico. I politici, quelli collusi, che poi operanocon la mafia o per la mafia, appartengono alla sfera del reatoassociativo. Non ho dubbi. Ma esiste anche una responsabilitàpolitica, quella che deve evitare comportamenti che ancheindirettamente giovino alla causa mafiosa. Sono molto rigoroso nei confronti di chi partecipa anche abattesimi, a cerimonie o a manifestazioni che possanoobiettivamente offrire occasione di contaminazione. E sonocontento che questo mio rigore abbia un'eco nella decisione -per me non strana - del vicepresidente della Conferenza

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episcopale italiana, l'arcivescovo Agostino di Crotone, ilquale ha deciso di abolire le feste patronali, non per unrifiuto della tradizione ma perché rappresentavanoun'occasione di contaminazione e di inserimento dellacriminalità organizzata locale. Credo anche che occorra dire di più e meglio sulle loggemassoniche, le quali sono, per tante indagini convergenti econcomitanti, un luogo di scambio fra cosche, potentatipolitici, istituzionali, economico-imprenditoriali. Su questobisogna lanciare un allarme senza alcun ostracismo, senzaalcuna visione di pregiudizio ideologico. Non riesco a capirele ragioni culturali e sociali della massoneria. Sarà un miolimite ma, siccome ho rispetto e tolleranza per le idee, lemanifestazioni e la volontà di associarsi di tutti, non negocerto questo diritto ma voglio che esso sia esercitato nonsolo nell'ambito delle regole e delle leggi ma all'insegna diuna dignità anche civile, di un rispetto di regole civili,magari non scritte, che sono quelle di non consentire loscambio con i poteri mafiosi all'interno delle logichemassoniche. Nessun partito, colleghi, può chiamarsi fuori. I partitidi Governo sono oggetto privilegiato del desiderio mafioso. Male esperienze milazziane e certe combines per appaltidimostrano che non c'è uno spartiacque resistente in materiadi inquinamento mafioso. Milazzo è stato trasformismo ma ancheun'operazione politica che ha rafforzato il ruolo politicodella mafia (non la mafia come soggetto politico). E questo lodicono anche gli storici che a sproposito l'onorevole Macalusocita in un articolo odierno del Giorno contrapponendolia Calderone. Tutto sommato, questa volta Calderone diceva unacosa vicina agli storici e che non era assolutamenteassolutoria per la politica, neanche per quei politici chevollero il milazzismo per emarginare la forza di maggioranzanella Sicilia. A Palermo, i mafiosi hanno votato per partiti diversidall'usuale o hanno trasferito voti da una lista all'altra perlanciare messaggi e per punire l'approvazione di leggirepressive. Questo è un fatto, può dispiacere ma è un fatto dicui, forse, occorre tenere conto. I mafiosi potrebbero puntare - lo dicono i pentiti ed èuna verifica tutta da fare - su movimenti e partiti nuovi o sugruppi diversi anche all'interno dei partiti tradizionali.Questo è un approfondimento doveroso perché è legato ad unavolontà della mafia di aggiornarsi rispetto ai mutamenti eall'evoluzione del potere politico. Forse, è vero anche chepuntino a modelli di autonomismo esasperato. Forse è vero chedopo l'uccisione di Lima e di Salvo abbiano superato ognitentativo di mediazione e accarezzino l'ipotesi di una rotturaviolenta degli equilibri politici ed istituzionali. Poiché considero questo mio intervento una proposta diindirizzi e di emendamenti alla relazione, vorrei che ci fosseun riferimento a quei partiti minori che crescono in maniera

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abnorme raddoppiando o triplicando i suffragi incontrotendenza rispetto a tutti i livelli regionali enazionali. Anche questo è un fatto ed è un fatto vecchio.Ricordo, quando per il mio partito mi occupavo di liste inSicilia, come quelli espulsi dal mio partito perché sospettidi mafia trovassero ospitalità in genere nei partiti minori, aCatania come a Palermo. Ho grande consapevolezza del ruolo diverso che ha unvicepresidente anche rispetto agli altri membri del propriogruppo parlamentare ed ho sempre avuto Pag. 1744il culto di una visione distaccata ed obiettiva perchéritengo che il successo di una Commissione come questa sia nelsuperamento delle appartenenze, non come cultura econvinzioni, è ovvio, ma come tentativo, da portare avantiinsieme, di offrire un contributo all'elaborazione complessivadel Parlamento e all'azione di contrasto delle istituzioni.Però consentitemi di dichiararmi offeso, in qualche misuraferito, non tanto da polemiche interne - qui sono statelimitate, contenute, direi accettabili - ma da polemiche edinterpretazioni esterne della stampa, forse anche sollecitateda qualche politico che con i giornalisti si lascia andare piùdi quanto non faccia nelle sue esibizioni istituzionali. Ebbene, sono molto netto nel respingere le interpretazioniche sono state date all'atteggiamento del mio gruppoparlamentare. Non vi è in questo alcun mio timore diisolamento. Quando l'isolamento era coerente ad unaconvinzione non ho avuto timori. Sono uno che comportamentianomali rispetto a logiche prevalenti ne ha avuti tanti nellasua vita politica, quindi non è questo che mi turba. Ma iocredo che la democrazia cristiana non possa essere evocatacome una forza rattrappita e imbarazzata di fronteall'antimafia, in coerenza con una politica che ha espulsoCiancimino quando i giudici non si occupavano del suo ruolo edella sua funzione; che ha voluto, nel 1983, un ricambio diclasse dirigente che ha prodotto grandi mutamenti in Sicilia,anche la primavera di Orlando, anche la primavera di Palermo,che viene evocata con accenti così diversi da OmbrettaFumagalli e da Alfredo Galasso. Anche la primavera di Palermonon fu la manna invocata dal cielo da padre Pintacuda: ful'effetto di un mutamento culturale, si aggregò, piuttosto, agenerazioni giovani, a nuovi impulsi che venivano dal mondodella cultura, dalla chiesa, dal centro Arrupe di padre Sorge- e non soltanto di padre Pintacuda -, da una classe dirigenteche fu aiutata a sostituire la vecchia classe dirigente. Certo, ha ragione il presidente Campione quando alCorriere della sera confida anche le delusioni, alludeai gattopardismi che sono sempre presenti, non solo in quellaterra ma nella vicenda politica in genere. Noi abbiamo pagatocome altri il terribile prezzo del buon governo e della lottaalla mafia nel cuore delle istituzioni regionali. Pier SantiMattarella non è l'evocazione di una nostra litania rituale:

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fa parte del vissuto della democrazia cristiana, non soltantosiciliana e non soltanto per chi ha avuto con lui unaconsuetudine di idee, di affetti e di esperienze politichecomuni. Ma anche Michele Reina non è stato ucciso per unerrore né per un caso, se è vero che - non vorrei citarlo asproposito - il libro di Alfredo Galasso, che ho letto coninteresse, cita una indicazione in cui Reina si facevabanditore di una politica che chiudeva ulteriori spazi allamafia. Credo sia questa l'indicazione che vale per chi in questaCommissione non rivendica meriti ma non ha da discolparsi diparticolari difetti o vizi. Mi auguro che sempre, d'ora inavanti, il discorso sulla mafia non rappresenti un'arena dipalleggio e di rinfaccio continuo di responsabilità, quasi peraccaparrarsi un merito, ma auspico che questa lotta siaindividuata come il primo capitolo della riforma morale edella riforma istituzionale. ACHILLE CUTRERA. Presidente, credo che la difficoltà delnostro dibattito sia data anche dal fatto che si sovrappongononecessariamente valutazioni di carattere molto generale (e,quindi, attinenti al fenomeno mafioso nei suoi aspetti anchesociologici) rispetto a quello che deve essere il contributoche ciascuno di noi deve offrire alla relazione da leiproposta alla Commissione. Questi due livelli, certo,avrebbero potuto essere distinti meglio se avessimo fatto (ofacessimo) un forum della Commissione, che avrebbepermesso, anche all'interno dei singoli gruppi, diapprofondire il dibattito ed il pensiero di ciascuno di noi.Ci siamo trovati forse in difficoltà nell'ambito dei Pag. 1745singoli gruppi, per la mancanza di un sufficienteapprofondimento e per una dialettica che non c'è stata sufatti che abbiamo seguito e su documenti che abbiamo letto,senza tuttavia averli discussi insieme. Oggi non si puòpensare di sovrapporre, nel giro di pochi minuti, gli aspettidel forum (cioè della valutazione generale del fenomeno,con le sue implicazioni anche politiche) e le osservazionisulla relazione. Darò prevalenza al secondo aspetto, offrendoun contributo alla relazione, con molta semplicità e, sepossibile, con chiarezza, sottolineando che questa relazioneio l'ho apprezzata nelle sue linee generali, in gran parte nelcontenuto e l'ho apprezzata soprattutto per il coraggiodimostrato nel riuscire ad esprimere una sintesi difficile diun'evoluzione storica complessa e di aspetti così multiformicome quelli emersi in questo dibattito, nella presunzione diaffrontare il rapporto tra mafia e politica in 40, 50, 70pagine. Ritengo sia stato profuso uno sforzo al quale variconosciuto un rilevante merito culturale e concettuale. Lamia è dunque una dichiarazione di apprezzamento senza riserve. In particolare, ho trovato molto importanti e rilevantisia le pagine relative alla distinzione tra valutazionipolitiche e penali sia quelle riferite al fenomeno della

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massoneria. Il rapporto tra la massoneria e Cosa nostra (omafia generalmente intesa) non è apprezzato, non è noto.Ritengo, pertanto, che sia stato giusto aver squilibrato larelazione dedicando a questo aspetto molte paginenell'organizzazione dello schema. Si tratta, ripeto, di unfatto positivo. Sottolineo tuttavia la sovrapposizione dei dueelementi e delle due contemporaneità fra procedimento dicarattere penale che arriva al Senato in questi giorni inconseguenza delle iniziative dei giudici di Palermo e processopolitico (lo definisco processo in senso ampio, non in sensokhomeinista). Tale processo giunge in Aula con una coincidenzadi tempi a mio avviso non casuale, se pensiamo che ambedue leiniziative muovono dalle ordinanze dei giudici successive alcaso Lima e che, quindi, anche i riferimenti di coincidenzastorica hanno una loro causalità. Tuttavia, questo rende ancorpiù difficile il nostro lavoro; credo che avremmo lavorato conmaggiore distacco, serenità, chiarezza e, forse, efficacia, sei due momenti non si fossero sovrapposti nella coincidenzatemporale. Comunque, tant'è; cerchiamo allora di lavorareall'interno di questa difficoltà, che io invoco per recuperareil concetto, espresso da altri, di superamento, per quantopossibile, di posizioni di parte e frazionistiche. Espressionicoraggiose di individualità, di pensieri, anche incontrapposizione, ne abbiamo sentite diverse questa mattina,ma io spero che in questo caso non abbiano ad operare in modoincisivo le segreterie. Credo che ciascuno di noi debbarifiutare un discorso di segreteria, se davvero ha a cuorel'ipotesi di coordinare ed utilizzare il nostro lavoro nellalotta contro la mafia, come uno strumento importantedell'ordinamento. Se questa è l'impostazione alta che dovremmo e potremmodare al nostro lavoro, credo che al paragrafo 1 della primapagina si dovrebbe indicare alla pubblica opinione che leggeràil testo definitivo il fatto che si tratta di una relazioneparziale, di una prima tappa. Ciò va detto con chiarezzaperché, in caso contrario, se non ci curiamo di difendere ilnostro lavoro, le eccezioni che si solleveranno nel paesesaranno infinite. Dico questo con riferimento al problema siadella concretezza ed ampiezza dei problemi affrontati siadegli aspetti territoriali del fenomeno di organizzazione, chegià altri hanno messo in risalto. Non si tratta quindi ditoccare questo punto, ma dobbiamo chiarire perché non lofacciamo. E' una scelta che condivido. Sempre sotto il profilo delle piccole osservazioni - nefarò altre più rilevanti in seguito - vorrei che fossemaggiormente specificato l'elemento del rapporto di Cosanostra con il territorio. Infatti, non appare abbastanzachiaro che il potere di Cosa nostra coincide con l'interoterritorio dell'isola; in certe espressioni, in particolare,può apparire che sia limitato Pag. 1746 ad alcune province. A tale riguardo, vi sono stati

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interventi significativi, quale quello di Messina il quale,nella sua semplicità contadina, ha detto che neppure unospillo può cadere sulla terra di Sicilia senza esserecontrollato. Non so se questa affermazione sia vera ma non sene può disconoscere la significanza o, perlomeno, lapresunzione di significanza. L'organizzazione del territorioattraverso la struttura verticistica non è descritta in modosufficiente con riferimento agli aspetti - che ormai appaionocon evidenza - che caratterizzano un'organizzazionedistribuita per province. Io farei riferimento a quella chepuò essere definita una cupola regionale. Accanto alla cupolapolitica, abbiamo infatti vista indicata nel rapporto dei ROSuna cupola tecnico-amministrativa regionale. Il problema,allora, presenta un aspetto più complesso di quello finoraesaminato. Infatti, vi sarebbe da un lato la direzionestrategica, come dicevano altri e, accanto ad essa, laconsulta amministrativo-tecnico-scientifica. In sostanza,tendo a dare un elemento di rafforzamento all'ipotesi cherende preoccupato il nostro lavoro nei confrontidell'organizzazione. Sotto questo profilo, mi associo alle considerazionisvolte da alcuni colleghi, i quali hanno affermato che larelazione è prudente. Lo dico con franchezza: trovo larelazione prudente, forse coraggiosamente prudente. Certamentei fenomeni che ci siamo trovati di fronte in questi mesipresentano aspetti drammaticamente gravi. Forse questaprudenza discende in me anche dal fatto di aver riletto, lascorsa settimana, alcune pagine di un libro intitolato Lamafia e i mafiosi, anno 1900, scritto da Antonio Cutrera.Questo scritto è attuale. Vi invierò le pagine pubblicate neIl Giornale di Sicilia dell'anno scorso, che dedicò unintero paginone alla figura di questo sociologo, il quale nel1900, scrivendo quel libro, dava impulso al trasferimentodella nostra famiglia altrove. Nel libro sono espresse unaserie di considerazioni che io credo vadano lette per capirecome il problema abbia storicamente radici, distacchi edorigini che vanno ben oltre l'inizio del regno d'Italia, comedel resto è già stato segnalato. Molte delle espressionicontenute nel libro potrebbero essere inserite nella nostrarelazione: lo dico con preoccupazione. Il problema delrapporto con la magistratura, per esempio, ha aperto pagineinquietanti nel 1900 e forse ne apre oggi di più pesantementeinquietanti. Vanno quindi considerati la prudenza dell'analisi propostadal presidente ma anche il coraggio di estenderne gliorizzonti, innanzitutto agli aspetti sociologici - nei qualimi permetto di avventurarmi con prudenza - con riferimento alfatto che la mafia non sempre va vista come un elemento checoabita o coesiste, quasi immaginandolo come una presenzafisicamente contestuale ma comunque distinta (vi sono alcunepagine che fanno riferimento a tale aspetto). Al contrario,nell'evoluzione dei secoli, molto spesso la mafia si è

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manifestata e si è espressa con l'inserimento nelle strutturedello Stato. Debbo ritenere che tale aspetto vada sottolineatoperché le deviazioni della magistratura o dei corpi di poliziaed amministrativi discendono dal fatto che molto spesso ifigli dei figli, disponendo di mezzi diversi da quelli deglioriginali soggetti della civiltà contadina, oggi possonoinserirsi nei grandi livelli dell'università, della scienza e,quindi, anche dell'amministrazione. Credo che da un latodobbiamo parlare - come giustamente si fa - di coabitazione,coesistenza e convivenza ma, dall'altro, anche di inserimentoe di penetrazione, ai fini di spiegare meglio il fenomeno. Nonvoglio comunque andare avanti su questa strada, chediventerebbe complessa ma che comunque credo abbia un pesantefondamento. Mi ricollego anche al discorso che si sintetizzanella distinzione tra società mafiosa ed organizzazionemafiosa, proposta con grande conoscenza ed intelligenza dalcollega Buttitta. Al di là delle osservazioni che ho finora formulato, credoche il punto più rilevante rispetto al quale si debbaesprimere un dissenso più pesante in ordine Pag. 1747alla relazione riguardi le valutazioni storico-politiche. Sitratta di un campo nel quale diventa molto difficile valutarese sia più fondata la mia valutazione o se lo sia quella delproponente, atteso che la valutazione riguarda fatti di questigiorni: è molto difficile essere storici di noi stessi! Allepagine 43, 44 e 45 della relazione manca, a mio parere, ladescrizione dello scontro in atto. Si parla di fattori cheincidono sulla coabitazione (rapporti internazionali, tendenzeisolazionistiche in Sicilia, eccetera), e si passa subito adaffrontare l'aspetto dell'azione repressiva dello Stato. Credoche vadano inserite anche poche righe per descrivere loscontro in atto nell'ultima decade tra la mafia ed i tentatividell'organizzazione statale. Vanno quindi ricordati gliomicidi avvenuti nel decennio. Questo richiamo va fatto anche per constatare come pernessuno di essi si siano scoperti autori o mandanti. Deveessere ancora sottolineato! Non possiamo lasciare che levedove di costoro continuino a lamentarsi senza che ci sia unapagina nella relazione, che magari contiene una valutazionesociologicamente di alto profilo ma poco incisiva sul pianodei rapporti anche concreti e dovuti con i cittadini. Quindi,lo scontro va visto attraverso la ricostruzione degli omicidi,dei grandi episodi negativi, dell'insuccesso dello Stato. Ma, ancora, lo scontro va esaminato alla luce dellavicenda epocale che si è verificata nel 1991. Su questopotremmo avere una differenza di vedute ma ritengo che nellalealtà e nella onestà delle opinioni si possano trovareconvergenze. Il 1991 e il 1992 sono anni critici di tutta lavicenda. Gli omicidi Lima e Salvo non sono cosa da nulla - loabbiamo già detto - ma non sono da meno per la storia delnostro paese gli omicidi Falcone e Borsellino, che seguono di

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pochi mesi. Qualcuno giustamente ha detto che sono quattro gliomicidi dell'anno 1992. Aggiungo anche, con pesanti sottintesiche però non sono in grado di portare oltre, che ci sono statiallontanamenti che hanno rappresentato per il sistema delloStato qualcosa forse di significativo. Trovo molto grave chenello stesso periodo di tempo il ministro di grazia egiustizia e il ministro dell'interno abbiano dovutoabbandonare il loro incarico; probabilmente per ragionifondate, però la coincidenza a me fa pensare. Quindi, tuttal'équipe Falcone, Borsellino, Martelli e Scotti è stataeliminata dalla circolazione, con la sua esperienza, le sueconoscenze e le sue azioni. Qui vengo al 1991, che chiamo lo &quot;splendido anno&quot;, ilprimo della storia della Repubblica che mi commuove. Colleghidella democrazia cristiana, non sono d'accordo sul fatto chenon si debbano fare riconoscimenti sulle pesantiresponsabilità del potere, che invece vanno rimarcate, se nonon se ne esce. Tuttavia, non sono dell'idea che il nuovo siaancora da venire - questo è il passaggio della relazione delpresidente dal quale divergo sostanzialmente - perché credoche il nuovo, come ora dirò, per merito di forze plurime siagià iniziato in Sicilia e sia iniziato nel 1991, anche se nel1988 ci sono stati i prodromi. Perché credo a questa ipotesi,che sottopongo alla vostra attenzione? Perché sto ai fatticome interprete del diritto, come sono solito fare, semprevicino alle norme e agli atti, credendo alle parole meno diquanto rilevo dalle letture. Allora, nel 1991 c'è stata unasuccessione difficile di attività del Parlamento, come altricolleghi hanno ricordato. Lo scontro tra garantismo e nongarantismo passa all'interno del partito socialista, quindinon vorrei che si recuperassero schieramenti. PRESIDENTE. Certo. ACHILLE CUTRERA. Il passaggio dal ministro Vassalli alministro Martelli è un cambio nell'interpretazione del dirittoo della politica del diritto. Come sanno tutti coloro chehanno letto i miei libri, io sono sulla linea della politicadel diritto ma certo - voglio dirlo - soffrivo in aula difronte alle interpretazioni degli anni 1987-1988. So che quici sono differenze di vedute ma preferisco privilegiare Pag. 1748 gli obiettivi, forse con una visione un po' anglosassone,anche per il retaggio dei miei studi, per cui si può fare ameno anche delle norme per raggiungere risultati: io ci credo. Allora, l'elencazione di cui alla pagina 45 dellarelazione è fondata sul fatto che questa serie di normeconsegue alla tesi dell'impegno &quot;a fisarmonica&quot;. Sonod'accordo quando si afferma che di fronte ad un grave fattoc'è una reazione emotiva del Parlamento e delle forzedell'ordine, ma questo è evidente, è normale. C'è stato moltodi più della &quot;fisarmonica&quot;, penso ci sia stato un suonoimportante, quello che viene da un complesso di leggi che nonsono collegate agli omicidi di mafia del 1991, più gravi e più

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numerosi rispetto al periodo precedente, ma non è questo ilproblema, che invece deriva dal fatto che è cambiata latitolarità politica delle responsabilità. Non parlo solo delministro di grazia e giustizia ma anche di quellodell'interno, nei cui confronti ho sempre manifestatoapprezzamento, pur avendo avuto magari occasioni dicontrapposizione. La successione degli eventi - che ieri ho recuperato -inizia con l'arrivo di Falcone a Roma il 10 aprile. Falconevive a Roma 13 mesi: una stagione brevissima. Questa è statauna vera &quot;primavera&quot; del Parlamento, nella quale dopo l'arrivodi Falcone il 10 aprile, si susseguono una serie diprovvedimenti: l'8 giugno, il decreto sul soggiorno obbligatodei sospetti mafiosi; il 22 luglio, la legge sulloscioglimento dei consigli comunali inquinati (della qualestiamo vedendo le applicazioni e studiamo gli effetti); aottobre viene istituita la DIA e a novembre la DNA; il 31dicembre, il decreto-legge antiracket e il 30 dicembre ilprovvedimento sulle limitazioni elettorali passive per gliimputati di reati di mafia. E' un anno, o meglio un semestre,clamoroso! Questo semestre clamoroso è determinato da unaprecisa realtà politica, legata ad una certa conduzione diministeri di responsabilità: mi riferisco al ministro digrazia e giustizia e al ministro dell'interno. Dietro le loroproposte, come si comprende leggendo i suoi scritti eguardando le prospettive, c'è il pensiero di Falcone. E'importante che qui sia stata ricordata l'audizione di Falconeal CSM del 15 ottobre 1991 ma teniamo presente che quellarelazione, la sofferenza di cui parlava la collega Fumagalli,è coeva a quella stagione di risultati in Parlamento. Vuoldire che questa persona, chiamata a Roma - secondo alcunitrasferitosi per paura ma altri sanno che ciò avvenne perdispiegare un impegno ulteriore e maggiore - è statal'ispiratrice di norme importanti: non lo possiamodimenticare! Nel contempo, egli subì attacchi anche personali,sino ad essere denunciato sulla stampa per esibizionismo,quando si disse che scriveva troppi libri o che comparivatroppo spesso in televisione, come se altri oggi apparisserodi meno. Vorrei quindi valutare complessivamente la figura diFalcone, fuori dagli opportunismi, anche per i suoi meritipropositivi oltre che giudiziari per una stagione di grandecambiamento, che è già cambiata nel paese. Qui non possiamodimenticare che nelle audizioni dei rappresentanti delleprocure distrettuali tutti hanno riconosciuto l'importanzadelle grandi innovazioni legislative introdotte di recente. Allora, in questo clima, Andreotti lo lascio da partenelle mie valutazioni; non so se abbia agevolato oappesantito. Sono prudente e non esprimo opinioni ma sostengoche certamente ai fini delle nostre valutazioni l'importanzadel ruolo di Falcone e delle responsabilità assunte daiministri di grazia e giustizia e dell'interno merita di esserenon solo accennata ma inserita a pieno titolo nella relazione.

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A questo proposito, è necessario che alcune parti dellarelazione siano modificate. Sempre su questa traccia, nella relazione poi si dice chela faticosa approvazione dei provvedimenti è stata frenata daun lento processo applicativo. Mi permetto di dire che, comeabbiamo constatato insieme, il processo applicativo ha avutoil massimo dell'accelerazione possibile. Pag. 1749 MASSIMO BRUTTI. Nel 1992? ACHILLE CUTRERA. Sì, dopo il 1992. A pagina 46 dellarelazione, dopo l'elencazione dei provvedimenti, si dice: &quot;Lafaticosa approvazione di questi provvedimenti (...) è statafrenata da un lento processo applicativo&quot;. Secondo me, questaespressione non può essere mantenuta alla luce deiprovvedimenti recentemente adottati, perché credo che unasignificativa accelerazione sia stata riconosciutaunanimemente in Commissione. PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Cutrera, la leggeantiracket non è ancora operante, è occorso circa un annoperché la DIA cominciasse a funzionare, la procura nazionalefunziona da alcune settimane, anche se la legge era stataapprovata un anno e mezzo fa; erano questi gli elementi? Forsebisogna distinguere, se mi permette, le norme che comportavanoorganizzazione amministrativa da quelle immediatamenteoperative. Questo ragionamento vale per le prime e non per leseconde. ACHILLE CUTRERA. Le dirò una cosa. Ho avuto unaimpressione altamente positiva - anche se non ne abbiamo maidiscusso e non abbiamo mai espresso una valutazione -dell'evoluzione della composizione degli organi dellamagistratura negli ultimi due anni. PRESIDENTE. Sì, certo. ACHILLE CUTRERA. Che la Boccassini sia a Caltanissetta,nonostante le difficoltà in cui ha messo alcuni settori delmio partito a Milano, fa piacere. Credo sia un elemento chevada ricordato proprio perché abbiamo visto come la procura diCaltanissetta abbia manifestato un atteggiamento assai diversoda quello del 1900, dai tempi de La mafia e i mafiosi; èun altro atteggiamento, è una battaglia che va riconosciuta. PRESIDENTE. Certo. ACHILLE CUTRERA. Anche perché, presidente, tendo aspostare il discorso sui tempi perché vorrebbe dire dare unasperanza alla gente di questo paese, che non è solo in attesae alla ricerca di una svolta che dovrebbe venire da unapolitica diversa, perché sappiamo che questa politica dipendedagli uomini che la esercitano. Vorrei sottolineare un altro punto. Nella fase successivail gruppo del PSI porrà molta attenzione sul problemaCarnevale-Cassazione (lo anticipo senza andare più a fondo).E' un problema che, al di là del monitoraggio, comporteràimpegnative valutazioni da parte della Commissione e il grupposocialista sarà assolutamente impegnato nella ricerca della

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chiarezza. Chi era Carnevale? Da dove arriva? A chi èsucceduto? Quali rapporti ha avuto? Mi fermo a questiinterrogativi. Infine, se il presidente me lo consente, individuo unaltro aspetto carente della relazione nella sottovalutazionedel rapporto politica-amministrazioni locali, che considero -oltre alle giuste osservazioni del collega Frasca sullaregione - molto importante, perché la collusione in Siciliaprende le mosse dagli enti locali. Qui ricordo le suggestiveparole del pentito Messina. Quando lei, presidente, gli chiesecome si ponesse la mafia, per quanto riguarda le speculazioniedilizie, di fronte ai piani regolatori, Messina rispose cheil problema non esiste, perché la mafia manda propri elementinegli enti locali che devono amministrare i piani regolatori.Questo è il punto fondamentale dell'interpretazione di quelpassaggio sugli enti locali. Partendo da lì, mi riservo diporre attenzione, all'interno del comitato appalti, alproblema del rapporto tra enti locali e appalti in Sicilia. Sitratta di un elemento importante a proposito del quale, apagina 65 della relazione, sarebbe opportuno aggiungere unriferimento alla recente audizione sul problema degli appaltiper le scuole a Palermo e su quello della conduzione delpatrimonio immobiliare comunale sempre a questo fine. Pag. 1750 SALVATORE CROCETTA. A questo punto del dibattito, chiinterviene avverte anche un certo imbarazzo. Tuttavia,desidero svolgere alcune osservazioni, anche perché neldibattito sono emerse alcune teorie che non mi convinconoassolutamente. Mi riferisco ad uno degli ultimi interventi deicolleghi della democrazia cristiana, quello del senatoreCabras - persona che ho sempre apprezzato, come ho avuto mododi dire pubblicamente anche in occasione di altri dibattiti -,che tutto sommato ha esposto teorie che non sono molto diverseda quelle di altri colleghi scesi in campo come se andasseroad una crociata, con la lancia in resta: alla fine ilrisultato è identico. Non mi convince, in particolare, lateoria per cui il rapporto tra politica e mafia è quasi disubordinazione. Personalmente non sono per uno schemaprefissato e ritengo che nella storia della mafia e delrapporto tra mafia e politica vi siano posizioni diverse, chenon solo si susseguono nel tempo ma possono presentarsi anchecontemporaneamente. Vi sono personaggi politici che sonocontigui e quindi vengono utilizzati dalla mafia, uominipolitici che hanno utilizzato la mafia, uomini politici chesono contemporaneamente mafiosi e politici. Ciancimino, adesempio, non era un mafioso o un politico, era mafioso epolitico nello stesso tempo, e come lui ve ne sono statitanti. Ricordo, ad esempio, Calogero Volpe, deputato dellademocrazia cristiana per tanti anni, che il giorno delleelezioni stava seduto nella piazza principale del piccolocomune di Villalba (tremila abitanti), proprio nel posto incui spararono a Li Causi, con accanto un certo signor Farina

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della democrazia cristiana, bancario, che aveva con sé unaborsa contenente soldi o in cui mettere gli appunti per fareavere prestiti, finanziamenti ed altro per comprare quelladecina di famiglie che servivano per vincere le elezioni.Sempre Calogero Volpe, facendo comizi nelle piazze di duecittà siciliane nelle quali mancava l'acqua diceva: &quot;Votatepure comunista, l'acqua la vedrete quando piove!&quot;. C'è unastoria che noi non possiamo cancellare; qui nessuno vuolecondannare, ma non si può neanche assolvere, non si può direche la democrazia cristiana è scevra, che avendo espulsoCiancimino ha il merito di un grande cambiamento, perchémentre espelleva Ciancimino, altri dubbi rimanevano. Ilproblema di Lima si è risolto, purtroppo, nel modo violentoche conosciamo ed oggi vi sono ancora le implicanze di quellevicende. Dunque, il rapporto tra mafia e politica va approfondito eva approfondito sul serio. Non è che richiamando la vicendaMilazzo si cerchi di sviare da un problema che ha avuto inSicilia caratteristiche particolari nel rapporto tra mafia epolitica. Purtroppo, in Sicilia la democrazia cristiana èstata un partito che nella stragrande maggioranza - non è chenon vi siano uomini che sono stati lontani dalla mafia e che,magari, avrebbero voluto combatterla - ha avuto con la mafiaun rapporto molto stretto, che è continuato e, per alcuniaspetti, ancora continua. Infatti, alcuni avvisi di garanziache arrivano alla Camera e riguardano le ultime elezioni nonpossiamo dimenticarli o far finta che non vi siano. PAOLO CABRAS. Li ho ben presenti! SALVATORE CROCETTA. Ma non ho visto alcun atteggiamentodi condanna da parte della democrazia cristiana, non ho vistoalcun tentativo di cercare di colpire in questa direzione. Ilsistema di potere che ha consentito gli imbrogli, che haconsentito di truccare gli appalti continua ad esistere,nonostante tutte le leggi varate in materia di appalti. Perchési possono fare le leggi ma, indipendentemente da queste, itrucchi continuano; se vi è, infatti, un sistema di controllo,questo continua ad esistere, come continua il controllo sulleelezioni. Quindi, sono fortemente preoccupato perl'insufficienza della relazione sotto questo aspetto. Ritengo che sia estremamente importante aver fatto questarelazione ed aver aperto il dibattito, ma abbiamo bisogno didare ai cittadini maggiori certezze. Pag. 1751 Inoltre, ritengo anch'io che vi siano nella relazione ilimiti e le insufficienze che da alcuni colleghi sono statiindicati. Non si può parlare soltanto di Cosa nostra e dellaSicilia; abbiamo fatto bene a parlarne e non credo che sidebba ritardare ancora l'approvazione di questa relazione perprocedere ad un'indagine su ciò che riguarda la Campania(oggi, ad esempio, il caso Cirillo è tornato d'attualità), laCalabria (dove una vicenda coinvolge un ex ministro dellaRepubblica, l'onorevole Misasi) o la Puglia (dove vi sono

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stati e continuano ad esservi collegamenti tra mondo politicoe Sacra corona unita) ma parlare solo della Sicilia non èsufficiente. Voglio ricordare che un senatore comunistascomparso nella passata legislatura, Vito Consoli, ha condottoin Puglia una battaglia che ha poi portato alle dimissioni diun sottosegretario democristiano in relazione alla vicenda delracket dell'usura; in quell'occasione vi furono pesantipressioni nei confronti della magistratura pugliese e delleforze di polizia e vi furono anche trasferimenti. Si è dettoche tra i carabinieri i trasferimenti sono frequenti ma nonsempre sono della stessa natura; a volte servono a rinnovare,altri ad impedire la continuazione delle indagini. Sono fortemente preoccupato per il fatto che non vengaesaminato nell'ambito del rapporto tra mafia e politica, o nonvenga esaminato a sufficienza, il problema dei servizideviati, per cui si possono esprimere giudizi positivi sualcuni trasferimenti che, in realtà, hanno un significatofortemente negativo. Ricordo, ad esempio, che nella passatalegislatura l'onorevole Mannino e l'onorevole Lauricellapresentarono un'interrogazione sul trasferimento di duecarabinieri che si erano occupati di certe questioni nellaprovincia di Trapani, tra le quali quella relativa al teatrodi Marsala: i due carabinieri furono trasferiti l'uno inprovincia di Caltanissetta, l'altro in provincia di Agrigentoperché, nel loro piccolo, lavoravano come un pool eriuscivano a colpire. Né mi convince tutta una serie di teorizzazioni secondo lequali il rapporto tra mafia e politica si è accentuato di piùin quella che viene definita la seconda fase, cioè dopo ilpassaggio dalla mafia della campagna alla mafia della città(mi pare l'abbia detto Ayala, il quale ha fatto anche altreaffermazioni che non mi convincono). Per quanto ne so, ilrapporto tra mafia e politica in Sicilia è storico e ricordoche vi sono stati personaggi politici che hanno utilizzato lamafia persino in alcuni episodi di lotta alla mafia stessa,per cui si è trattato di un problema di lotta interna. Scelba,ad esempio, ha utilizzato la mafia contro il bandito Giuliano;ma lo ha fatto per coprire alcune vicende, questo si evincedal processo di Viterbo (le cose le dobbiamo dire e ledobbiamo dire tutte). Quando c'è stato il trasferimento dalla mafia dellacampagna alla mafia della città, si è avuto bisogno dirapporti più organici, più diffusi, che consistevano non piùsoltanto nella protezione del personaggio politico di altolivello ma nell'entrare a far parte dei consigli comunali,perché era lì che si decidevano i piani regolatori, quindil'assetto del territorio e l'affare che la mafia poteva fare.Lo stesso vale per tanti altri settori. Quel rapporto cheprima era privilegiato con alcuni personaggi di rilievo, hainglobato oltre a questi anche personaggi di secondo pianodella politica, che sono diventati di primo piano, o comunqueha fatto eleggere uomini della mafia all'interno dei consigli

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comunali e delle istituzioni in genere. Quello che abbiamo vissuto in tutti questi anni è stato,dunque, un rapporto tra mafia e politica molto diffuso ma nonsi può dire che non sia possibile combattere questa situazioneo che per farlo dobbiamo andare ad approfondire il rapportotra mafia ed istituzioni, che è quello principale, mentre ilrapporto tra mafia e politica viene dopo, come mi pare abbiaaffermato nel suo intervento l'onorevole Sorice. Non vienedopo: la politica è quella che ha utilizzato le istituzioni e,se non vi fosse stata la copertura di personaggi politiciall'interno delle istituzioni, Pag. 1752 forse vi sarebbe stata meno disponibilità a favorire lamafia e ad imbrogliare le carte, come spesso è avvenuto. Con l'intervento dell'onorevole Tripodi abbiamo postoalcune questioni che riteniamo importanti ai fini di ungiudizio complessivo sul documento che andremo ad approvare.Riteniamo, cioè, che vadano approfondite le questioniconcernenti la massoneria ed i servizi deviati e vadaeliminato il riferimento alle leggi elettorali poiché - comemi pare l'onorevole Grasso abbia giustamente rilevato - lamafia utilizza qualsiasi sistema elettorale. Anzi, sonoconvinto che con l'introduzione del sistema maggioritario eduninominale sarà semplificato il problema dell'appoggioall'uno o all'altro candidato, perché sarà più facile ottenereil differenziale necessario per l'elezione. Qualcuno vuolespiegazioni riguardo a quanto accaduto a San Cataldo; io nonsono stato eletto a San Cataldo, nel mio comune ho ottenuto il18 per cento dei voti, ma si tratta di un comune grosso. Lamafia è potente ma, vivaddio, non può controllare il 100 percento dei cittadini! Dunque una parte di questi, i cittadinionesti, votano e votano liberamente; certo, la mafiapretenderebbe di occupare tutto il territorio mafortunatamente non è così. Altrimenti non saremmo qui adiscutere, non ci sarebbe una Commissione antimafia, non cisarebbero i parlamentari disposti a discutere; se tuttoquesto, invece, esiste, vuol dire che la mafia controlla, haun grosso peso, ha le coperture politiche ed anche, in qualchecaso, istituzionali però vi è anche chi la combatte e riceveil premio per combatterla. Non vorrei, dunque, che in questasede si facessero discorsi devianti. Mi avvio alla conclusione, signor presidente, anche seavrei tante cose da dire e potrei dimostrare l'esistenza dicerti rapporti antichi. Avrei potuto parlare, ad esempio, delmafioso Bontate, qui citato parecchie volte e che allora mipare si chiamasse Stefano Bontà, mentre Bontade si chiamava lacugina, l'onorevole Margherita Bontade, eletta con i voti diStefano Bontà: mi pare che queste cose le abbiamo lette neirapporti della vecchia Commissione antimafia, le abbiamo lettesui giornali, le abbiamo conosciute direttamente, per lastoria che ognuno di noi ha vissuto nella propria realtà. Una sola cosa desidero aggiungere, presidente: sono

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dell'opinione che si debba valorizzare al massimo l'apportodei pentiti ma ho il dubbio che in alcune occasioni le stessepersone che collaborano introducano qualche elemento deviante.A questo riguardo desidero citare una vicenda che ritengoemblematica, quella del pentito Pellegriti e delle accuse aSalvo Lima. Dire che Salvo Lima è mafioso e dire cose preciseche lo riguardano per poi inserire elementi falsi a tal puntoda essere individuati attraverso riscontri semplicissimi mi fapensare che a volte la stessa mafia utilizzi questi pentitiper scagionare il personaggio politico in questione e perfargli dare la patente di non mafioso, addirittura perfargliela dare da giudici che non possono assolutamente esseremessi in discussione, come nel caso del giudice Falcone. Sitratta quindi di un utilizzo dei pentiti in termini diaboliciper effettuare alcune operazioni, per dare patenti quasidefinitive di non mafiosità. Si tratta di questioni sullequali dovremmo riflettere. Ho voluto citare in conclusioneproprio tale questione non per mettere in discussione qualcosache oggi sta funzionando ma per dire che occorre considerare iriscontri e valutare le cose con serietà. Per quanto riguarda le questioni aperte, come quelle cheriguardano il senatore Andreotti o l'onorevole Gava, saràchiaramente il Parlamento a prendere una decisione. Qui perònon possiamo neppure dare assoluzioni. Sarà il Parlamento - loripeto - a decidere. Se per ipotesi mi trovassi implicato in una vicendagiudiziaria di qualsiasi tipo, chiederei di essere mandatosotto giudizio, perché solo in questo modo si può affrontare echiarire la situazione. Se, come purtroppo temo, questavicenda si concluderà con uno o più rifiuti di concederel'autorizzazione a procedere (come sta accadendo in questigiorni al Pag. 1753Senato con riferimento a vicende che riguardano non la mafiama fatti di concussione e di violazione della legge sulfinanziamento pubblico dei partiti, con verdetti di nonprocedibilità emessi a maggioranza), allora questa saràun'altra pagina nera sulla quale dovremo tornare peresaminarla con serietà. ROSARIO OLIVO. Il mio sarà un intervento breve perché icolleghi del gruppo socialista hanno già espresso in modoapprofondito la posizione del mio partito. Non ripeterò quindile cose che hanno detto i miei compagni di partito intervenutil'altro ieri, ieri e questa mattina. Stiamo discutendo su un documento di estrema rilevanza, inquanto, se non ricordo male, si tratta della prima relazionedella Commissione parlamentare antimafia sul rapportomafia-politica. Essa rappresenta un tentativo generoso, unosforzo che deve essere valutato assai positivamente e chequindi va apprezzato, non sul piano formale ma per la sostanzadel contributo che la Commissione, attraverso questarelazione, sta dando su un tema decisivo. Si tratta quindi di

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uno sforzo che può rappresentare, a mio avviso, una svoltasignificativa nella storia del nostro paese (di questodobbiamo avere piena consapevolezza). Il lavoro svolto in questi mesi dalla Commissione ha resoin tutti noi forte il convincimento di un intreccio profondonel rapporto tra mafia, politica e istituzioni, che nelle areea rischio del nostro paese è un elemento costante. Larelazione si è soffermata molto su questo elemento di fondo,che è il filo conduttore - lo ripeto - del lavoro svolto dallaCommissione in questi mesi e della relazione che stiamoesaminando. Sui contenuti della relazione, è importante, signorpresidente, avere una grande capacità di ascolto, ed io hoapprezzato molto questa sua capacità, visto che lei non haperso alcun intervento ed ha stimolato i contributi e gliapprofondimenti. Non ho riscontrato assolutamente, da partedel presidente Violante, impermeabilità al dialogo e alconfronto; in questi giorni ho invece notato - ne dovolentieri atto allo stesso presidente Violante - il desideriodi approfondire e di arricchire i contenuti della relazione,per l'importanza estrema di questo documento nella vita delnostro paese. E' quindi giusto che si sia svolto un dibattito ampio, apiù voci, con una pluralità di contributi e di stimoliconvergenti sull'obiettivo di migliorare questo testofondamentale. I contributi del gruppo socialista (da quellodel capogruppo Calvi all'ultimo, quello del mio amico ecompagno Cutrera) si muovono, a mio avviso, nella direzione dimigliorare e di rendere ancora più incisivo questo documento,senza tattiche dilatatorie, senza tentativi, non dico dinascondere, ma di ammantare di veli pietosi realtà che sonocrude e vanno denunciate, perché sono quelle che sono. Nella relazione viene raccolta una serie di elementi cheprovengono dalla realtà, dalle cose che abbiamo sentito ecompreso in questi sei mesi così densi di impegno da partedella Commissione nel suo complesso. Possono comunque essere ulteriormente approfonditi emigliorati alcuni aspetti dell'impostazione della relazioneche stiamo discutendo. Mi limiterò, in questi pochi minuti, aqualche notazione, anche perché altri compagni del grupposocialista hanno introdotto elementi di approfondimento. E'giusto, a mio avviso, inserire nella relazione una riserva dicarattere politico sulle dichiarazioni rese dai pentiti, inquanto la Commissione non ha potuto, per la sua funzione e lesue responsabilità, riscontrare elementi tali da renderepossibile una verifica di esse. E' altresì importante inserire nella relazione il sistemadelle interferenze politiche sul Consiglio superiore dellamagistratura in relazione alla vicenda di Falcone esoprattutto all'esito di questa vicenda, che obbligò lo stessoFalcone ad abbandonare la Sicilia. Dobbiamo fare questo nonper un omaggio formale alla memoria di questo indimenticabile

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magistrato ma per il dovere che abbiamo Pag. 1754verso la ricerca della verità. Si tratta quindi di un puntoimportante e di grande rilevanza, ed è anche essenzialeinserire nella relazione il gioco delle interferenze, anchesul piano giudiziario (sia nella realtà palermitana sia inquella catanese), per aggiustare i processi di primo e secondogrado. La vicenda del giudice Carnevale, in tale contesto, deveessere, a mio avviso, attentamente approfondita e rapidamentechiarita, perché essa appare agli occhi dell'opinione pubblica(mi auguro che ciò possa essere smentito) come l'epicentrodegli interessi di quanti premevano sulla Cassazione perdemolire i processi di mafia. La stessa indagine avviata daigiudici siciliani su Carnevale conferma l'emblematicità dellaquestione, su cui è quindi necessario arrivare, nell'interessedel paese, ad un chiarimento di fondo, per far emergerefinalmente la verità in tempi ravvicinati, non in tempistorici. Sotto questo aspetto, la nostra Commissione devesollecitare tutte le istituzioni interessate e competentiperché provvedano a farci conoscere un profilo analitico delgiudice Carnevale. Signor presidente, la Commissione deve sollecitare questasorta di esame ai raggi X nei confronti della personalità diquesto magistrato, valutando da dove provenga, come si siaformato, come sia avvenuto il suo ingresso in magistratura,come egli abbia fatto carriera giudiziaria, chi l'abbia messoalla guida della famosa prima sezione. Se vi è il sospetto chetramite questo giudice si aggiustavano le cose in Cassazione,occorre capire fino in fondo se ciò sia credibile e vero (miauguro che non sia così e che questo venga smentito dairiscontri); se però ciò è credibile, questa può essere lachiave di volta per gettare finalmente un fascio di luce sullagrande questione di cui ci stiamo occupando. La relazione deve approfondire maggiormente, in tutti iloro aspetti, le responsabilità e gli interessi politici edeconomici che sono stati all'interno dell'amministrazionecomunale di Palermo attraverso gli anni. Sotto questo aspetto,mi sarei atteso (devo essere molto sincero) un contributoanche dei colleghi della DC siciliana, che invece è mancato.Naturalmente, non mi ergo a giudice nei confronti di nessunoma dalla DC siciliana poteva e doveva venire un contributomaggiore. GIROLAMO TRIPODI. C'è qui il senatore Cappuzzo, che èsiciliano. ROSARIO OLIVO. In tal caso chiedo scusa. PRESIDENTE. Comunico anche che l'onorevole Riggio èassente in questi giorni per accertamenti medici. ROSARIO OLIVO. Rivolgo allora al collega Riggio i piùcordiali e fervidi auguri. In questa direzione, possono essere utili i contributi cheattraverso gli anni sono stati offerti da tanti organismi

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siciliani e palermitani. Ne conosco alcuni perché con i lorodirigenti ho svolto dibattiti e tavole rotonde nella miaregione. Mi riferisco, tra l'altro, a centri studi e didocumentazione siciliani sul fenomeno della mafia. So che il presidente Violante si è messo in contatto conalcuni di questi centri studi ed ha raccolto del materialeimportante di questi organismi, che negli anni si sonoimpegnati con grande determinazione, non certo sul terrenodella passerella o del professionismo dell'antimafia, ma suquello di una battaglia vera, autentica e generosa condotta inSicilia. Il materiale raccolto potrà rappresentare, anche nelprosieguo del nostro impegno, un contributo utile per capiremeglio la realtà della mafia siciliana. Si tratta infatti - loripeto - di testimonianze importanti per comprenderel'intreccio autentico tra Cosa nostra, la politica e leistituzioni. Le ultime vicende giudiziarie, che hanno portato imagistrati siciliani ad avviare un'indagine sul senatoreAndreotti, possono in qualche modo, anzi certamente, metterein evidenza il salto di Pag. 1755qualità determinatosi nel rapporto mafia-politica. Proprioper questo, presidente, è importante (certo con tutte lecautele necessarie: questo elemento è stato sottolineato damolti colleghi e io condivido questo invito alla cautela) chela Commissione richiami tutti i poteri dello Stato a chiarirerapidamente e fino in fondo questo caso, per la sua portata,per la sua dimensione enorme, dirompente, nell'interesse delpaese. In conclusione, credo che esistano tutte le condizioni perportare a sintesi unitaria un impianto più completo dellarelazione, perché ritengo che il presidente Violante vorràraccogliere gli elementi di arricchimento e di approfondimentoche si sono ricavati da questo dibattito stimolante,interessante, a più voci. In quest'ottica tutto il gruppo socialista si orienterà avotare la relazione finale per darle il massimo di incisività,di valore, di impegno forte e unitario, in questa battagliadura, aspra, difficile, ma esaltante per debellare, percolpire la mafia. La relazione sarà sicuramente un contributo rilevante, chesegnerà in profondità la storia politica del nostro paese. Epersonalmente sarò lieto di contribuire con il mio votofavorevole a rafforzare questo fondamentale passaggio. PRESIDENTE. Le sono molto grato, onorevole Olivo. Conquesto intervento il dibattito si è concluso. Onorevoli colleghi, desidero osservare, non perché lo sidebba ora deliberare (vi provvederemo nella prossima seduta),che, per il livello veramente elevato, significativo ed utiledel dibattito, sarebbe utile, qualora il testo definitivodella relazione venga approvato, che sia inviato alle Camere

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anche il resoconto stenografico del dibattito stesso, affinchési abbia il quadro complessivo delle valutazioni di ciascuno. A questo fine dispongo che venga messo a disposizione deisingoli colleghi il testo del proprio intervento, in modo dapotervi apportare tutte quelle correzioni che, avendo parlatoa braccio, siano necessarie, disponendo anche del temponecessario a tal fine. Ritengo che ciò possa essere utile peril dibattito e l'approfondimento finale. Mi pare che la stragrande maggioranza dei rilievi che sonostati avanzati, di cui ringrazio molto i colleghi, rientrinopienamente nel quadro e nell'indirizzo politico dellarelazione e quindi credo che potranno essere assunti nellaloro massima parte. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Nel momento in cui dice che gliatti saranno allegati, significa che la relazione saràtrasmessa al Parlamento così come è? PRESIDENTE. No, no, ho già detto che sarà inviato iltesto definitivo della relazione, qualora venga approvata. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Quindi sarà trasmessa larelazione che sarà approvata con l'apporto di tutti,benissimo. Ho rivolto la domanda non per una miainterpretazione maldestra, ma per sapere il tipo di procedurache poniamo in essere. Vorrei sapere se ella, avendo ascoltatoi contributi dei colleghi intervenuti nel dibattito, alcunicondividendoli altri non condividendoli (evidentemente, questoappartiene alla sua responsabilità istituzionale di guidadella Commissione) modificherà la relazione tenendo contodell'estensione, nella sua interezza, del contributo dellevarie parti politiche. PRESIDENTE. E' senz'altro così, onorevole Mastella,tenendo presente che qualche collega ha ritenuto diformalizzare alcune questioni specifiche (e questo èliberissimo di farlo, naturalmente). UMBERTO CAPPUZZO. Qual è il termine di presentazionedegli emendamenti? PRESIDENTE. Domani alle dodici, altrimenti il tempo pervalutarli è troppo breve. In sintesi, direi che chi ritiene diinviare proposte specifiche di correzione Pag. 1756debba farlo entro mezzogiorno di domani. Comunque si terràconto non solo delle proposte specifiche ma anche degliindirizzi emersi. Ve ne sono alcuni molto importanti, nonconcretizzati in emendamenti, che saranno recepiti. Martedìalle dieci il testo sarà stato corretto e integrato. L'ordinedel giorno della seduta di martedì 6 aprile 1993, alle ore 15è il seguente: replica del presidente alle osservazionieffettuate nel corso della discussione generale; dichiarazionidi voto e votazione sulla relazione. GIROLAMO TRIPODI. Poiché è stata convocata laCommissione ambiente della Camera in orari coincidenti perdiscutere del provvedimento sugli appalti (argomento che haattinenza con i problemi di cui ci stiamo occupando) chiedo se

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possiamo anticipare di un'ora la seduta, iniziando alle 14.Alle 15 è convocata la Commissione ambiente ed io, l'onorevoleBargone ed altri colleghi, essendo interessati a quellariunione, anche in qualità di membri del Comitato dei nove ... PRESIDENTE. Il problema è un po' delicato per questomotivo: non credo che anticipare alle 14 risolva i problemiche lei pone, perché c'è da votare una serie di testi. Se lei ritiene, se i colleghi lo ritengono, per quantoriguarda le dichiarazioni di voto, si potrebbe dare lapriorità ai colleghi che sono impegnati in altra Commissione,in modo che possano intervenire subito, dopo di che, quandosarà il momento del voto, i colleghi saranno chiamati. Questocredo si possa fare per agevolare ... GIROLAMO TRIPODI. Vogliamo anche sentire la sua replica.Se non alle 14, si potrebbe fare alle 14,30, in modo di averela possibilità ... ALFREDO GALASSO. Concluderemo sicuramente entro martedìsera? PRESIDENTE. Qual è il senso della sua osservazione? ALFREDO GALASSO. Sapere se per caso andremo a mercoledìmattina. PRESIDENTE. Essendovi tredici gruppi, 10 minuti pergruppo fanno 130 minuti e poi si vota. Poiché numerosi colleghi non sono presenti in questomomento e raggiungerli di domenica è difficilissimo, non èpossibile anticipare l'orario di inizio, che pertanto rimanestabilito alle 15.La seduta termina alle 14,25.</pre></td></tr></table><table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" width="100%"><tr><td>

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