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collettivo P A R C O Synap(see)

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collettivo

P A R C O

Synap(see)

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SE QUESTO E’ UN PARCOdi STEVE BISSON

Il progetto ‘Parco’ realizzato dal collettivo Synapsee, nasce con la volontà precisa di indagare la definizione stessa di parco. I parchi italiani rappresentano un arcipelago di territori, ecosistemi, paesaggi assai diversi. Come diverse sono le definizioni che il concetto di parco racchiude: parchi nazionali, regionali, riserve, zone umide, oasi, reti e aree protette. Un immaginario comune tanto ricco quanto complesso, che investe l’intera geografia della penisola, da Nord a Sud. Non solo ambiente ma abitanti, persone, centri di visita, centri di educazione e formazione, scuole e università, diritti e istituzioni. Un brulicare di aspettative e prospettive non sempre coerenti.

A partire dall’estate del 2014, il collettivo ha deciso di investigare questa complessità, scegliendo di mettere a fuoco il paradigma del confine. Dove inizia e finisce un parco?Se osserviamo un parco è evidente che le relazioni che esso instaura con il territorio non si esauriscono nella sua delimitazione amministrativa. In qualche modo il futuro, o la salute di un parco, dipendono da ciò che accade dentro e fuori di esso.

Un primo esempio ci arriva dal lavoro ‘Oltre il confine’ di Stefano Parrini che per molti mesi ha percorso il Parco Regionale delle Alpi Apuane. L’archivio di immagini prodotto ci racconta di un’area interessata da diffusi processi di degrado, legati sia alle note attività estrattive delle cave di marmo che divorano porzioni crescenti del territorio modificandone le qualità sia al progressivo abbandono di molti centri abitati scarsamente appetibili ed economicamente depressi. Allo stesso tempo documenta una crescente attività turistica, spesso “foresta”, attratta dalla visibilità del brand Marmo di Carrara. Tutto ciò solleva una serie di interrogativi sul significato di parco e sulla fragilità del concetto di confine. Parrini, nelle sue immagini di

vette consumate dall’azione dell’uomo e immerse in una nebbia che trasmette confusione, precarietà e incertezza, ha ben interpretato i controsensi vigenti in questa realtà.

Allo stesso modo, nel progetto ‘Isole di plastica’ di Giovanni Presutti, il limite del Parco Nazionale Arcipelago Toscano viene posto in discussione attraverso il registro di un processo inverso. Qui è l’inquinamento di plastica, non sempre proveniente dalle correnti autoctone, a far saltare la bilancia della sostenibilità. Diversi studi e articoli hanno documentato come l’Isola d’Elba presenti concentrazioni, nelle limitrofe acque marine, di particelle fini di plastica ben superiori alla media. Il dato mette a nudo difficili questioni di gestione e responsabilità ambientale. Nel giustapporre immagini di oggetti di plastica raccolti sulle spiagge con visioni oniriche sulla bellezza dell’isola, Presutti ci invita a riflettere su possibili e contrastanti direzioni. Lo stesso titolo della serie, se da un lato richiama la debolezza plurale dell’arcipelago – ovvero il rischio che “l’effetto Elba” si ripresenti sulle altre isole – dall’altro punta l’accento su un fenomeno la cui portata ambientale esula da qualsiasi confine di competenza.

Altrettanto pungente è la serie ‘Erto = Ripido’ di Paola Fiorini, realizzata nell’ambito del Parco Naturale Dolomiti Friulane e, in particolare, nei pressi di Erto e della valle del Vajont, teatro di uno tra i peggiori disastri ambientali della storia. La fotografa veronese, ridando vita alla memoria di questi luoghi, ha scelto di accompagnare per dieci giorni un gruppo scout nelle loro tradizionali attività di campo estivo. I suoi ritratti sembrano voler cogliere di questi giovani “into the wild” un bisogno di natura sincero. Il loro sguardo appare distaccato, e sfidare ciò che è adulto, comprese le illusioni promesse nei depliant, nelle tariffe dei proprietari dei campi e

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negli orari di visita alla diga e ciò che la natura non ha ancora spazzato via.

La campagna fotografica condotta a più riprese da Antonella Monzoni nel vasto Delta del Po ci porta a scoprire un territorio suddiviso in due, non dal fiume bensì da due parchi regionali, veneto ed emiliano. La fotografa modenese ha scelto di lavorare nella sua regione di appartenenza, prendendo alla lettera la definizione di parco e suggellando così ogni desiderio di sconfinamento. Il suo viaggio la porta a incontrare le tante attività e persone che danno forma quotidianamente al paesaggio. L’agricoltura, la pesca, il sale. Qui l’azione umana è ormai congenita all’ambiente, e da secoli ne plasma il carattere. Qui non è semplice vivere, per conoscere il fiume bisogna saper conviverci. Qui, come in una salina, le persone hanno imparato a muoversi nei delicati equilibri della natura. Come ben ci racconta Monzoni nelle sue note personali, «più che un’area protetta è una zona pretesa». Le sue fotografie illustrano quanto la vita di un parco sia connaturata alla presenza dell’uomo e, conseguentemente, quanto sia labile anche il confine della definizione stessa di parco, che resta pur sempre un’invenzione umana.

In modo sottile, sul filo dell’emozione, Emanuela De Luca lavora sul Parco Regionale del Partenio. In questa visione incantata, quasi mitologica e volutamente senza tempo, sono incisi dei numeri. Le tracce di una presenza umana ineludibile. Segni che più di tante immagini testimoniano un rapporto che resta immaginario, quanto i confini che la fotografa campana fa correre sui profili montuosi del Partenio per racchiudere un paesaggio interiore, prima che un ampio territorio poco conosciuto, quello dei suoi Comuni e dei suoi abitanti. De Luca gioca con la percezione di chi guarda, invitando lo sguardo a volare alto per poi tornare a terra. A casa, o come lei stessa descrive

«nella verde Irpinia, terra di lupi, monti, memorie di briganti ed antichi paesini». E in questo ritorno all’infanzia, a un’età incontaminata, giace il richiamo della foresta, Madre Natura le cui braccia sono il vero confine.

Cos’è un parco? I suoi confini coincidono con la nostra percezione? Andrea Buzzichelli, dopo alcuni sopralluoghi svolti attorno al visibile del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ha scelto di estendere il suo sguardo, e di conseguenza il suo confine, a ciò che normalmente è proibito alla vista. Per rappresentare questo concetto Buzzichelli ha elaborato un archivio di immagini prodotte mediante le foto trappole dalla locale Guardia Forestale. Il risultato è una sorprendente visione notturna degli “abitanti animali” del Parco. Uno spaccato vivace che più di tutto rileva, come ben scrive il fotografo toscano, «un senso di potenza intrusiva in un mondo che altrimenti non sarebbe svelato, e una sorta di fascino “voyeuristico” verso la natura stessa». E in questo tentativo di fare luce in ciò che ci è oscuro, in questo espandere i nostri confini, è riassunto il discorso scientifico dell’uomo che costringe la natura in riserve negando così la propria.

È trascorso un anno di ricerca nei parchi. Queste sono solo alcune delle considerazioni che si possono trarre dai tanti materiali prodotti e scartati durante i mesi di lavoro, compresi gli appunti scritti e le note condivise. Tutto contribuisce a documentare una metodologia di studio sul territorio e a determinare, attraverso l’immagine, il possibile contributo alla società del guardare consapevole.

Asolo, 16 ottobre 2015

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PARCO NAZIONALE DELLE FORESTE CASENTINESI

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INHABITANTSANDREA BUZZICHELLI

« Questa serie di immagini nasce da un lavoro nel Parco Nazionale ForesteCasentinesi in Toscana, Italia. A partire da materiali di archivio, realizzatidal corpo Forestale, dall’ associazione Canilupus e Servizio Fauna Selvatica ed Esotica UNIBO per il monitoraggio della fauna selvatica, Andrea Buzzichelli costruisce un proprio inventario estetico. Le immagini per nulla descrittive catapultano l’osservatore in una sorta di immaginario proibito, avvicinandolo al lato nascosto e oscuro della natura del parco. Esse rilevano così un senso di potenza intrusiva in un mondo che altrimenti non sarebbe svelato, e una sorta di fascino “voyeuristico” verso la natura stessa. Sono immagini che non hanno tempo. Prive di riferimenti esse non vogliono parlare di ciò che si vede bensì di ciò che si sente. E in questa prospettiva esse rivelano la propria cifra artistica, costituendo allo stesso modo un omaggio al lavoro pioniere del fotografo naturalista George Shiras III.»

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25.11.2014 « Primi contatti. Ho scritto all’ente parchi e ho preso i primi contatti con un responsabile parco. Non so bene quale sia la sua mansione, tuttavia credo che il modo migliore per partire sia parlare con qualcuno di loro e farsi un’idea per iniziare a fotografare.»

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09.09.2015 « Oggi sono stato al ‘mio’ parco. Purtroppo ho trovato ancora nebbia e oltre a questo mi ero dimenticato il cavalletto a casa. Alla fine ho scattato una decina di polaroid. Più che altro oggi ho riunito i responsabili della forestale e del parco in un colpo solo. Non voglio nemmeno che si tratti di un lavoro di denuncia, poiché dalle mie visite mi pare che il parco sia molto ben gestito. Da qui la necessità di integrare con altro materiale. Mi è venuto in mente di valorizzare il lavoro del Corpo Forestale dello Stato e per questo sono andato a parlarci.»

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18.08.2015 « Dopo la riunione del collettivo a Firenze ho maturato ancora di più la decisione di consolidare la ricerca avviata sul parco delle foreste casentinesi attraverso l’uso di materiali di archivio della forestale, e in particolare quello prodotto con le foto-trappole. Sono giunto così ad una prima selezione di 10/12 immagini, sebbene restava comunque un certo rammarico per non riuscire ad usare altro materiale prodotto nelle fasi iniziali del lavoro (ritratti, paesaggio, e molto altro). Tuttavia l’impressione di tutti era che la forza e l’assoluta consistenza delle elaborazioni realizzate a partire dalle foto-trappole fosse tale da costituire un progetto sufficientemente coerente e solido.»

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PARCO REGIONALE DEL PARTENIO

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PARTENIOEMANUELA DE LUCA

Durante questo lavoromi sono sentita come un viaggiatore senza meta; ed è certo che ancora non l’abbia trovata…

« Il Parco Regionale del Partenio, 14.870,34 ettari di territorio con una popolazione di 104.481 abitanti,si estende nella parte appenninica della Campania, nella verde Irpinia, terra di lupi, monti, memorie di briganti ed antichi paesini, in cui il tempo sembra quasi essersi fermato. Il Parco è delimitato dal circuito di strade che collegano i 22 Comuni dislocati all’interno dell’area protetta, rendendo percepibili i confini almeno visivamente. Tuttavia, esso non svanisce lì dove c’è l’agglomerato rurale ma uomo e natura riescono a convivere pacificamente, creando un insieme caratteristico di pieni e di vuoti; una tensione dialettica continua tra centri abitati, a loro modo caotici, ed altopiani panoramici e monti imponenti, del tutto estranei ai ritmi frenetici dell’uomo.Se è vero che un paesaggio è uno stato d’animo, le creste montuose del Partenio rappresentano un’oasi di vuoto in un tempo sospeso, divenendo un paesaggio interno in cui ritrovare tracce di una memoria lontana.»

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25.08.2014 « Primi appunti. Ho deciso di iniziare quest’indagine e di provare a lavorare sul Parco Regionale del Partenio, all’interno della cui area ho casa. La voglia di lavorare in questo senso mi è sorta durante una passeggiata nell’Oasi WWF, luogo dove mi reco abitualmente da quando avevo 4 anni. La molla è stata una banale riflessione. Qui sono a casa. Mi sento sicura anche nel girare da sola con la macchina fotografica, cosa che, francamente, a Roma non accade. Questo luogo lo sento mio. Qui ho i miei maggiori affetti e i ricordi d’infanzia più belli. Qui mi piacerebbe vivere un giorno, lontano dalla frenesia di una città sempre più ostile e sporca. Sto riflettendo sul da farsi.»

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06.04.2015 « Primi scatti. I confini del Parco sono delimitati da un circuito di strade che collegano i 22 Comuni dislocati all’interno del suo territorio. Questi piccoli centri urbani, appartenenti alle province di Avellino e Benevento, si collocano all’interno dell’area protetta rendendo percepibili i confini almeno visivamente. Tuttavia, il Parco non svanisce lì dove c’è l’agglomerato rurale ma uomo e natura riescono a convivere pacificamente.»

20.07.2015 « Pieni e vuoti. Scavando negli scatti pregressi, è venuto fuori quello che può essere un aspetto interessante del mio parco, il Partenio, 14.870,34 ettari di territorio con una popolazione di 104.481 abitanti, un insieme caratteristico di “pieni e di vuoti” su cui sviluppare il progetto.»

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PARCO REGIONALE DELLE ALPI APUANE

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BEYOND THE BORDERSTEFANO PARRINI

« Quando ho deciso di fare un lavoro sui parchi e le aree potette mi sono venuti subito in mente alcuni aspetti che non avevo mai preso in considerazione, eppure sono stato tante volte a fare delle visite all’interno di alcune di queste aree; ma sempre con intenti prettamente turistici. La prima domanda che mi sono posto è forse la più importante: perchè abbiamo bisogno di creare queste aree protette? Forse perchè l’ambiente naturale normalmente viene distrutto? Quindi i confini dovrebbero essere netti e percepibili e far vedere la differenza tra il territorio protetto e quello non protetto? Da qui altre domande su cosa siano veramente i confini di un parco e su quello che si può fare e non fare all’interno di queste zone. Senza andare tanto lontano, in Toscana il Parco Regionale delle Alpi Apuane mi offriva una vasta scelta di argomenti discutibili che hanno bisogno di risposte, senza dubbio queste montagne evidenziano, forse meglio di altre zone, il bisogno di protezione di un territorio e la conseguente istituzione di un’area protetta, ma allo stesso tempo evidenziano altrettanto nettamente il bisogno da parte dell’uomo di intervenire con attività commerciali all’interno di un territorio protetto. Questa ambiguità credo sia un aspetto interessante da prendere come esempio per quello che oggi è il rapporto tra l’uomo, il territorio e l’ambiente naturale. Basta pensare che da un censimento effettuato dall’università di Siena nel territorio apuano ci sono più di settecento cave tra attive, non attive e saggi. Può bastare l’istituzione di un parco a proteggere un territorio oppure anche questa segue le regole della politica e della spartizione che deriva da interessi economici e non serve all’interesse comune che è quello di preservare l’ambiente? Si può considerare un’area protetta un tentativo di riappropriazione sociale e comune di un territorio? Questo è un pò quello che volevo mettere in evidenza con il mio lavoro fotografico. Paesaggi da un’area protetta che non lo sembra, un’ambiguità che faccia da presupposto per capire meglio cosa sono e a cosa servono i parchi e le riserve naturali in relazione a quello che è il rapporto tra l’attività umana, l’ambiente e il territorio e il modo in cui è cambiato nel tempo.»

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08.08.2014 « Se si parla di Apuane non si può non parlare dell’estrazione del marmo e delle cave che dal vivo sono davvero qualcosa di epico. Qualcosa di grandioso in tutti i sensi, sia per la loro storia che dura da duemila anni e sia per le dimensioni e la complessità del fenomeno che sono diventate. Per i loro impatto nel parco delle Apuane. Guardando i confini sulla carta e confrontandoli con le zone estrattive sembra davvero di vedere una linea che segue un preciso andamento, come per far si che certe attività siano possibili al di fuori di una linea, che è quella del parco. Tuttavia in generale si può scavare anche all’interno del territorio protetto. Salta agli occhi che subito al di la del confine si possa fare tutto quello che si vuole. Parlo delle zone estrattive a ridosso di Carrara che sono quelle che ho visitato di persona.»

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14.03.2015 « La strada SP13 che collega Castelnuovo alla Versilia attraversando le montagne con la galleria del Cipollaio è molto bella. Una stradina che si inerpica e che offre molti spunti paesaggistici. Arrivati in quota si trova il lago di Isola Santa. Un paesino di case di pietra quasi disabitato per via delle frane dovute al continuo svuotamento della diga fatte in passato dalla società poi divenuta Enel. Attualmente il paesino è in parte recuperato e si può trovare anche un affittacamere che forse sfrutta la vena della pesca sportiva ( almeno turisticamente in questa stagione non risultano esserci grandi afflussi ). Forse anche per questo il luogo è molto bello. Certo non sembrano esserci grandi possibilità economiche per chi vive da queste parti. Un motivo che si ripete in quasi tutte le Apuane: trovare alternative di sviluppo economico a quella principale del marmo. Nel versante Garfagnino questo aspetto è ancora più evidente vista la lontananza dalla costa.»

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25.07.2015 « Grazie a questo lavoro le Apuane sono spesso tra i miei pensieri e la voglia di ritornare è grande. Soprattutto sento la consapevolezza di aver conosciuto meglio un territorio per certi aspetti unico e bellissimo! Nel mio girovagare, infine, ho capito una cosa che riassumo così: le cave sono ancora oggi l’unica risorsa economica del territorio seppur non più sostenibile da un punto di vista ambientale.»

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PARCO DELLE DOLOMITI FRIULANE

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ERTO=RIPIDOPAOLA FIORINI

« Che significato ha la definizione di Parco naturale oggi?Un’area naturale protetta, che ha la funzione di mantenere l’equilibrio ambientale di un determinato luogo. Una porzione di territorio quindi, una zona circoscritta e ben delimitata ove i confini talvolta divengono invisibili.

Per la mia indagine ho immaginato sin da subito una ricerca orientata sulle persone che ci lavorano o li frequentano, volevo avere una visione del parco attraverso i loro occhi e le loro esperienze. Nell’estate del 2014 mi si è presentata casualmente l’opportunità di seguire un gruppo scout nel loro campo estivo svoltosi nelle vicinanze di Erto/Valle del Vajont, tristemente nota per il disastro del 1963.Ho pensato che quella poteva essere l’occasione giusta per indagare i confini e i “limiti” di un parco, di fatto gli scout a mio avviso sono una forma di turismo diversa, non immediata e quindi molto più interessante.

Queste valli scoscese sono state cassa di risonanza soprattutto di silenzi; in attesa che i confini, in termine di relazione tra la sottoscritta e questo gruppo di adolescenti, potessero essere dissolti. Durante i dieci giorni di campo ho avuto la netta sensazione di esser messa alla prova, di essere sotto osservazione... quelle valli aspre e impervie mi osservavano e pure i ragazzi di comune accordo.Una sorta di iniziazione silente e senza rituali.Ho portato a casa un borsone carico di abiti che odoravano di muffa, una manciata di ritratti di questi adolescenti e il depliant fradicio e infangato del Parco Dolomiti Friulane che in copertina recita “WILDERNESS”.

Sfida vinta.»

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19.07.2014 « Appunti dal campo #1. Sono le 9:00 e ci sono già 30 gradi e nonostante i ripetuti consigli dei capi scout il ragazzotto si ostina a tenere la camicia… meteo a parte so già che accadranno cose meravigliose al campo!.»

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20.07.2014 « Appunti dal campo # 2. Il campo è un praticello non molto grande, abbracciato da una piccola radura che si inerpica con pendenza insana. Tutto il campo è in pendenza, a tracciarne i confini ci pensa una stradina che dista un centinaio di metri dal prato e le montagne che incontri con lo sguardo ovunque ti giri. Ho una sensazione strana, ti senti allo stesso tempo protetto e in trappola.»

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03.08.2015 « Qui in questa valle ce ne stanno parecchi campi scout ed è un modo (alternativo?) per sfruttare il territorio. I proprietari dei campi si inventano pure guide turistiche lowcost per la diga e il cerchio si chiude.»

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PARCO REGIONALE DEL DELTA DEL PO DELL’EMILIA ROMAGNA

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DELTAANTONELLA MONZONI

« Il Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna è una vasta area in cui il denominatore comune è l’equilibrio tra acqua, sabbia e sale, la cui convivenza ha sviluppato e determinato nel corso dei secoli tutte le attività dell’uomo legate alla pesca, all’agricoltura, alla tradizione, all’arte.Da giugno 2015 questo territorio è stato riconosciuto dall’Unesco “Riserva della Biosfera”, ma il Delta più che un’area protetta è una zona “pretesa”, pretesa dall’uomo che vuole viverci e lavorarci e che rivendica quotidianamente il suo operato. L’uomo rispetta il Delta, lo teme e lo ama, ed esegue quotidianamente gli stessi rituali, necessari per vivere in questo territorio, come coltivare su terreni sabbiosi e di acqua salmastra, e controllare puntualmente la salinità dell’acqua per irrigare senza danneggiare le coltivazioni. L’agricoltura è fiorente: grano, mais, barbabietole, carote, asparagi, fragole, soia e riso. La pesca è da sempre la principale fonte di sopravvivenza degli abitanti, le acque del Delta sono molto ricche di pesci.Nella parte meridionale, a Cervia, il sale è l’elemento protagonista dai tempi degli Etruschi, l’oro bianco. Salina Camillone è “l’ultima” salina, al di fuori del presidio industriale, e pochi anziani la lavoravano a scopo dimostrativo, manualmente, e solo con strumenti di legno.»

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25.11.2014 « Insomma, sembrava che ognuno facesse un po’ quello che gli pareva, anche se stava all’interno del Parco. I mezzi di trasporto più incontrati sono stati trattori di ogni genere e barche di mille fattezze. Trovo interessante indagare questi aspetti, per certo ci saranno anche delle incongruenze ambientale quali l’utilizzo di fertilizzanti, reflui zootecnici, inquinamento da pesticidi etc...»

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04.04.2015 « Delta senza confini. Sono tornata in alcune zone del Parco e, anche se in una stagione completamente differente e più rigida della volta scorsa, ho ritrovato il dubbio che mi ero posta nel precedente sopralluogo: il Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia Romagna non ha confini.La gente ci vive e ci lavora. Rispetta il Grande Fiume, lo teme, lo ama e ne segue senza tregua i ritmi, compiendo gli stessi rituali da sempre indispensabili in queste zone. Se si parla con loro si ha conferma di questo necessario adattamento. Una continua evoluzione, una perenne ricerca di equilibrio per poter vivere in questo territorio, principalmente fatto di acqua, sabbia e sale.»

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18.08.2015 « La “Salina Camillone” è l’ultima salina (il resto è sotto presidio industriale e non si può visitare). Essa è lavorata a scopo dimostrativo dagli ultimi salinari in maniera totalmente artigianale, con attrezzi di legno e antiche procedure. Ho fotografato tutti questi aspetti cercando di privilegiare una “visione” ampia sul territorio, più paesaggistica, quasi a restituire la vasta complessità di questi luoghi.»

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PARCO NAZIONALEDELL’ARCIPELAGO TOSCANO

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ISOLE DI PLASTICAGIOVANNI PRESUTTI

« L’Isola d’Elba si trova in Italia, in Toscana, ed è un parco nazionale, ma potrebbe esser ovunque. Rappresenta la sintesi del nostro rapporto con l’ambiente che ci circonda e in particolar modo col mare. Il “mare nostrum” è pieno di plastica. L’inquinamento in questa zona, forse per le sfavorevoli correnti, da analisi effettuate recentemente raggiunge gli 892.000 microframmenti di plastica per chilometro quadrato, e la realtà a terra non è da meno. Le spiagge, la vegetazione, i boschi sono troppo spesso trattati come discariche. A fronte di panorami di una bellezza incomparabile troviamo inseriti come parassiti i nostri scarti, i segni del nostro passaggio, del degrado della nostra società contemporanea che nulla rispetta pur di consumare.»

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17.11.2014 « Elba una settimana di metà ottobre. Ho concentrato la mia visione da una parte sulle bellezze naturali, dall’altra sui segni lasciati dall’uomo nell’ambiente naturale da terra e dal mare; sia quindi ciò che è rimasto abbandonato dalla stagione turistica sia ciò che arriva dal mare. Secondo un rapporto ambientale di Expédition Med, che studia l’impatto dei rifiuti di plastica nei mari, è stato rilevato che, a causa anche delle correnti, il mare dell’Elba è uno dove si riscontra maggiore concentrazione di plastica di tutto il Mare Nostrum.»

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16.03.2015 « A fronte di panorami di una bellezza incomparabile troviamo inseriti come parassiti i nostri scarti, i segni del nostro passaggio, del degrado della nostra società contemporanea che nulla rispetta pur di consumare. Come riuscire ad integrarli? La lavorazione “oscura” che ho dato ben uniforma le immagini panoramiche e delle bellezze naturali con quelle dei nostri segni sul territorio. Ho cercato di alternarle con equilibrio. Più complicato è stato inserire la plastica del mare in quanto disgregata in una finissima poltiglia che è pescata solo con apposite reti. Mi sono quindi concentrato su quella che ho trovato a riva e sulla spiaggia.»

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21.07.2015 « L’editing è ormai ultimato, unica indecisione era su come inserire i rifiuti di plastica trovati sulla spiaggia da me lavorati su uno sfondo nero. Dubbi fugati alla recente riunione di Synapsee quando, confrontandomi con i colleghi di collettivo e con il nostro curatore Steve Bisson , è emersa l’idea di creare una unica immagine con tutti i pezzi insieme come vaganti su uno sfondo nero. Un vero “Universo della plastica” da presentare in mostra in un formato molto grande.»

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collettivo

Synap(see)

www.synapsee.it

Andrea BuzzichelliEmanuela De Luca

Stefano ParriniAntonella Monzoni

Giovanni Presutti

Paola Fiorini