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Oltre… Periodico di informazione e dialogo parrocchiale e del quartiere Anno IX – N. 4 – Ottobre - Dicembre 2015 Buon Natale!

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Periodico di informazione e dialogo parrocchiale e del quartiere Parrocchia SS. Trinità a Villa Chigi - Roma

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Oltre…Periodico di informazione e dialogo parrocchiale e del quartiereAnno IX – N. 4 – Ottobre - Dicembre 2015

Buon Natale!

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Parrocchia­“SS.­Trinità­a­Villa­Chigi”

Via Filippo marchetti, 3600199 Roma

Tel. 06.86.00733Fax 06.86.213956

E-mail: [email protected]: www.sstrinita-villachigi.com

Orari­SS.­Messe:

Ferialih. 8.00 – 9.00 –18.00

Festivih. 9.00 – 10.30 – 12.00 – 18.00

IParlando con i collaboratoridi “OLTRE…” ho espresso aloro tutte le difficoltà chestavo trovando nel tentativodi scrivere questo “editoriale

natalizio”. Difficoltà che nasconodall’aria pesante che si continua arespirare causata non solo dallacrisi economica, seppur con un leg-gero miglioramento, ma che an-cora grava sull’economia delle fa-miglie, ma anche dallo stato dipaura e incertezza per la propriaincolumità dopo i vigliacchi e san-guinosi attentati terroristici del 13novembre a Parigi. Da quella notte,come un’ombra pesante, aleggia sututta l’Europa e in anche su Roma.Una paura che spegne il sorriso, tiblocca nelle iniziative e nelle vo-lontà di uscire. Di partecipare adun concerto, andare al cinema,viaggiare, a cena in un ristorante…una passeggiata al centro. ma la-sciarci prendere, mente e cuore alla

paura significa fare il gioco dei ter-roristi. Si deve, so che non è facile, trovare la forza di reagire e ritor-nare alla vita normale: usciredalla­gabbia­della­paura! . Al-tro sentimento che si respira è ilsenso di odio e vendetta. Quasiquasi si sente, in molti , il desideriodi entrare in guerra contro l’ISIS.Andare in Siria ed azzerare questoesercito di fanatici che combattonoin nome di un dio, che Dio non è.Il­ loro­nominare­di­ combat-tere­in­nome­di­Allah­è­un­be-stemmiare­ il­nome­di­Dio!­Equi­ sorge­un’altra­domanda:la­ guerra,­ la­ vendetta­ l’odiopossono­risolvere­qualcosa,­ovi­ è­ rischio­ di­ versare­ altrosangue­innocente­creando­al-tri­ muri­ di­ intolleranza­ eodio?­In questa non facile situazione mivengono in aiuto le parole di papaFrancesco nell’apertura della 7a

E Gesù disse ai discepoli“Passiamo all’altra riva”:

Shalom, Salam , Pace, Paix…

di p. Lucio Boldrin

L’Editoriale

NUmERO 4OTTOBRE - DICEmBRE 2015

Reg. Tribunale di Roma n. 120 / 2008 del 18. 3. 2008

Direttore responsabile: p. Lucio Boldrin

Collaboratori: Federica Busato, Bruna Brancato, Angelo Fusco,

mario Gravina, Roberta martorelli, Giampaolo Petrucci

Impaginazione: Luca Theodoli

Stampa: PRImEGRAF Srl, Roma

In ogni numero verranno presentatele varie attività che si svolgono

in parrocchia

La redazione è aperta ad accogliere suggerimenti e argomenti

di dibattito all’e-mail:[email protected]

­­IN­QUESTO­NUMERO:Editorial e 2

Un saluto, un grazie a Cesare Dall’Oglio 4

La Poesia - “Dio è nudo” 5

Un nuovo Umanesimo inCristo Gesù 6

Poesia - I versi e la memoria 11

200 anni della Congregazione delleSacre Stimmate di N.S.G.C. 12

I cresimati dell’11 Ottobre 15

Lettera del Cardinale Vicario 16

Storia del “nostro” mosaico 18

Breve lettura dell’icona 19

Cuba - Verso la fine dell’embargo 22

Un alfabeto povero 24

Esperienza nel Sud-Est asiatico 26

L’amministratore è onesto? 28

Valentino Rossi: dimenticare Valencia 30

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porta santa in Centrafrica, dette aigiovani: “Pensate al banano. Pen-sate  alla  resistenza  davanti  alledifficoltà. Fuggire, andarsene lon-tano non è una soluzione. Voi do-vete essere coraggiosi”. È il forteinvito che Papa Francesco ha ri-volto ai giovani, dando inizio allaveglia sulla spianata della catte-drale di Bangui.  Poi ha doman-dato: “Avete capito cosa significaessere coraggiosi? Coraggiosi nelperdo».E quelle pronunciate l’ultimogiorno di Francesco, in Centra-frica, in una cornice sospesa tra imezzi corazzati dell’Onu, i caschiblu ovunque, i cecchini sopra i tettidegli edifici in rovina tutt’intorno,«ai responsabili e credenti musul-mani» nella moschea di Kaudou-kou: «Tra cristiani e musulmanisiamo fratelli. Dobbiamo dunqueconsiderarci  come  tali,  compor-tarci  come  tali.  Sappiamo  beneche gli ultimi avvenimenti e le vio-lenze  che  hanno  scosso  il  vostroPaese non erano fondati su motivipropriamente religiosi. Chi dice dicredere in Dio dev’essere anche un

uomo o una donna di pace. Cri-stiani, musulmani e membri dellereligioni  tradizionali  hanno  vis-suto  pacificamente  insieme  permolti anni. Dobbiamo dunque ri-manere  uniti  perché  cessi  ogniazione che, da una parte e dall’al-tra, sfigura il Volto di Dio e ha infondo  lo  scopo  di  difendere  conogni mezzo interessi particolari, ascapito del bene comune. Insieme,diciamo no all’odio, no alla ven-detta, no alla violenza, in partico-lare a quella che è perpetrata innome  di una  religione  o  di Dio.Dio è pace, Dio salamA questo parole non mi sento diaggiungere molto di più, se nonaugurarvi che sia un Natale e unAnno Nuovo di pace e di impe-gnarci per al pace nel mondo.

Ogni battezzato deve continua-mente rompere con quello che c’èancora in lui dell’uomo vecchio,dell’uomo peccatore, semprepronto a risvegliarsi al richiamodel demonio – e quanto agisce nelnostro mondo e in questi tempi diconflitti, di odio e di guerra –, percondurlo all’egoismo, a ripiegarsisu sé stesso e alla diffidenza, allaviolenza e all’istinto di distru-zione, alla vendetta, all’abban-dono e allo sfruttamento dei piùdeboli. Che l’Anno Giubilare dellamisericordia, appena iniziato nesia l’occasione. Guardare verso ilfuturo e decidere risolutamente dicompiere una nuova tappa nellastoria cristiana. di lanciarci versonuovi orizzonti, di andare più allargo, in acque profonde. Dob-biamo essere pieni di speranza e dientusiasmo per il futuro. Dob-biamo trovare il coraggio e la fededi passare all’altra riva, quella delperdono , della misericordia edella pace, come ci richiama ilvangelo di marco 4, 35 , è a por-tata di mano, e Gesù attraversa ilfiume con noi.

«Il loro nominare

di combattere in

nome di Allah

è un bestemmiare 

il nome di Dio!»

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Con questi pensieri vorreia ricordare la figura diCesare Dall’Oglio, (papàdi P. Paolo dall’Oglio rapito

più di due anni fa in Siria, e delquale ancora non si sa nulla. n.d.r.)venuto a mancare il 6 novembredopo una lunga invalidità che loaveva privato del dono della luciditàche ne aveva segnato l’intera esi-stenza. E accanto alla lucidità, chegli permetteva di leggere i segni deitempi sia nella società sia nellaChiesa, il rispetto per gli altri nelpresentare con chiarezza ed auten-ticità il proprio punto di vista.Il nome di Cesare Dall’Oglio si in-contra subito nella cronache del se-condo dopoguerra prima comeesponente dei giovani democri-stiani e poi come componente della

Direzione, con Segretario Taviani ein compagnia di altri esponenti chegiungeranno ai vertici del potere,spesso con tutte le vischiosità dellapolitica. Lui scelse invece di farepolitica in altro modo dedicandosialla organizzazione della Coldiretti,di cui fu per lungo tempo l’insosti-tuibile Segretario Generale. L’orga-nizzazione dei contadini cristianiguidata da Paolo Bonomi attra-versò, come è noto, complesse vi-cissitudini, tra il politico el’economico. Anche le organizza-zioni consorelle - posso dirlo con ri-ferimento alle Acli - si trovaronospesso in dissenso con la “bono-miana”. ma anche in tali situazioniDall’Oglio era considerato un rife-rimento sicuro con cui mantenereil collegamento, si trattasse di orga-

nizzare insieme la Festa del Ringra-ziamento o di andare nelle piazze asostenere la riforma agraria controgli attacchi delle destre, quella cat-tolica inclusa.Consultando Dall’Oglio, ci si imbat-teva in un conoscitore inarrivabiledegli insegnamenti della chiesa incampo sociale sia nella loro stabilitàsia nella loro evoluzione, a partiredalla “mater et magistra” di Gio-vanni XXIII nella quale, in compa-gnia di mons. Pietro Pavan, eglivedeva il nucleo di quella che sa-rebbe stata l’innovazione conci-liare. Nel 1975-76 facemmo insiemel’esperienza del Comitato prepara-torio del convegno della Cei su“Evangelizzazione e promozioneumana” che in un momento diffi-

Un saluto, un grazie a Cesare Dall’Oglio

Un ricordo del padre di P. Paolo dall’Oglio

di Domenico Rosati

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cile della società italiana tentò diguardare senza diffidenza alla pro-spettiva dell’unità nella fede nellapluralità delle scelte politiche deicredenti. E posso testimoniare cheCesare non era secondo a nessunonell’esporre l’esigenza di esploraretali itinerari superando quella cheGiuseppe Lazzati chiamava “l’inu-tile paura del nuovo”. Nel clima di approssimazione e ge-nericità in cui viviamo, CesareDall’Oglio si poneva decisamentein controtendenza. Sempre docu-mentato e sempre aggiornato, siaper l’attualità sia per la dottrina. Eciò indipendentemente dalle occa-sioni, si trattasse di un convegno dialto livello o del giornalino dellaparrocchia della Santissima Trinitàa Villa Chigi, dove finchè ha po-tuto, ha partecipato attivamente adogni iniziativa. L’altra dimensionedi Cesare era quella della vita fami-liare. Oltre sessant’anni di matri-monio celebrati in affettuosaserenità con una...folla (è il caso didirlo) di figli e nipoti attorno a luied alla signora Donatella. Gli stessiche il 10 novembre, assieme a mol-tissime altre persone si sono tro-vate a salutarlo mentre la sua vita“non è tolta ma si trasforma”. Tuttimeno uno, Paolo, la cui sorte inSiria resta ancora drammatica-mente incerta.

A  queste  parole  aggiungo  ilmio personale grazie e quellodi  tutta  la  comunità  parroc-chiale per quanto abbiamo ri-cevuto  per  la  presenza  diCesare  nella  nostra  parroc-chia. Grazie  a Dio per avercelodonato e per la testimonianzadi fede lasciataci assieme a suamoglie  Donatella,  ai  figli.  Aloro va un abbraccio e un ri-cordo nella preghiera perché ilSignore  accolga  Cesare  nelRegno  dei  Giusti,  benedicatutta la sua famiglia e con spe-ranza attendiamo di riabbrac-ciare p. Paolo quale testimonedi pace, unità e giustizia.

(p. Lucio )

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             La Poesia

Dio è nudodi Marco Gravina

Carissimi della Redazione di “Oltre…”in un primo momento volevo scrivere una mia riflessione per"Oltre..." sul vile attentato di Parigi, ma l'indignazione che av-

verto è talmente forte che ho preferito affidare alle parole di una poe-sia ciò che provo in questi momenti. Una poesia che scrissi nel 2012 einserita in un mio libro dal titolo "A piedi nudi". Non trovo altro mododi testimoniare al popolo francese la mia fraterna vicinanza e la miasolidarietà.

Dio­è­nudo

mi domando perchéci siamo costruitiun Dio su misura

come se Dio fosse un vestitoda indossare

o un paio di scarpe da calzare.

Ci siamo costruiti un DioOccidentale e un Dio Orientale

un Dio del nord e un Dio del sud.Che stolti che siamo!

Dio non indossa abiti, né scarpe. Dio è nudo!

E nudi sono i suoi piedi.Perciò le sue orme

non sono orme di terroristané di soldato con gli anfibi.

Dio è nudo e non veste panniné di mercenario né di un condottiero.

Dio è nudo!

Nude sono le sue maninude come nuda è l’anima

di ogni creatura:creatura d’Oriente e creatura d’Occidente

creatura del sud e creatura del nord.Che stolti che siamo!

Quando ci facciamo la guerrain nome di Dio

recitando con devozione preghierementre si uccide il proprio fratello.

Dio è nudo come nuda è la sua Verità.

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Il nuovo Umanesimo in Cristo Gesù

Discorso del Papa all'incontro con i rappresentanti delV Convegno Ecclesiale Nazionale a Firenze

di Papa Francesco

Cari fratelli e sorelle, nellacupola di questa bellis-sima Cattedrale è rappre-sentato il Giudizio uni-

versale. Al centro c’è Gesù, nostraluce. L’iscrizione che si legge al-l’apice dell’affresco è “Ecce Homo”.Guardando questa cupola siamoattratti verso l’alto, mentre con-templiamo la trasformazione delCristo giudicato da Pilato nel Cristoassiso sul trono del giudice.Un angelo gli porta la spada, maGesù non assume i simboli del giu-dizio, anzi solleva la mano destramostrando i segni della passione,perché Lui «ha dato sé stesso in ri-scatto per tutti» (1 Tm 2,6). «Dionon ha mandato il Figlio nelmondo per condannare il mondo,ma perché il mondo sia salvato permezzo di lui» (Gv 3,17).Nella luce di questo Giudice di mi-sericordia, le nostre ginocchia sipiegano in adorazione, e le nostremani e i nostri piedi si rinvigori-scono. Possiamo parlare di uma-nesimo solamente a partire dallacentralità di Gesù, scoprendo inLui i tratti del volto autentico del-l’uomo. È la contemplazione delvolto di Gesù morto e risorto chericompone la nostra umanità, an-che di quella frammentata per lefatiche della vita, o segnata dal pec-cato.Non dobbiamo addomesticare lapotenza del volto di Cristo. Il voltoè l’immagine della sua trascen-denza. È il misericordiae vultus.Lasciamoci guardare da Lui. Gesùè il nostro umanesimo. Facciamociinquietare sempre dalla sua do-manda: «Voi, chi dite che io sia?»

(mt 16,15).Guardando il suo volto che cosavediamo? Innanzitutto il volto diun Dio «svuotato», di un Dio cheha assunto la condizione di servo,umiliato e obbediente fino allamorte (cfr Fil 2,7). Il volto di Gesùè simile a quello di tanti nostri fra-telli umiliati, resi schiavi, svuotati.Dio ha assunto il loro volto. E quelvolto ci guarda. Dio – che è «l’es-sere di cui non si può pensare ilmaggiore», come diceva sant’An-selmo, o il Deus semper maior  disant’Ignazio di Loyola – diventasempre più grande di sé stesso ab-bassandosi.Se non ci abbassiamo non potremovedere il suo volto. Non vedremonulla della sua pienezza se non ac-cettiamo che Dio si è svuotato. Equindi non capiremo nulla del-l’umanesimo cristiano e le nostreparole saranno belle, colte, raffi-nate, ma non saranno parole difede. Saranno parole che risuo-nano a vuoto.Non voglio qui disegnare inastratto un «nuovo umanesimo»,una certa idea dell’uomo, ma pre-sentare con semplicità alcuni trattidell’umanesimo cristiano che èquello dei «sentimenti di CristoGesù» (Fil 2,5). Essi non sonoastratte sensazioni provvisoriedell’animo, ma rappresentano lacalda forza interiore che ci rendecapaci di vivere e di prendere de-cisioni. Quali sono questi senti-menti? Vorrei oggi presentarvenealmeno tre.Il primo sentimento è l’umiltà.«Ciascuno di voi, con tutta umiltà,consideri gli altri superiori a sé

stesso» (Fil 2,3), dice san Paolo aiFilippesi. Più avanti l’Apostoloparla del fatto che Gesù non con-sidera un «privilegio» l’esserecome Dio (Fil 2,6). Qui c’è un mes-saggio preciso. L’ossessione di pre-servare la propria gloria, la propria“dignità”, la propria influenza nondeve far parte dei nostri senti-menti. Dobbiamo perseguire lagloria di Dio, e questa non coincidecon la nostra. La gloria di Dio chesfolgora nell’umiltà della grotta diBetlemme o nel disonore dellacroce di Cristo ci sorprende sem-pre.Un altro sentimento di Gesù chedà forma all’umanesimo cristianoè il disinteresse. «Ciascuno noncerchi l’interesse proprio, ma an-che quello degli altri» (Fil 2,4),chiede ancora san Paolo. Dunque,più che il disinteresse, dobbiamocercare la felicità di chi ci sta ac-canto. L’umanità del cristiano èsempre in uscita. Non è narcisi-stica, autoreferenziale.Quando il nostro cuore è ricco edè tanto soddisfatto di sé stesso, al-lora non ha più posto per Dio. Evi-tiamo, per favore, di «rinchiudercinelle strutture che ci danno unafalsa protezione, nelle norme checi trasformano in giudici implaca-bili, nelle abitudini in cui ci sen-tiamo tranquilli» (Esort. ap. Evan-gelii gaudium, 49).Il nostro dovere è lavorare per ren-dere questo mondo un posto mi-gliore e lottare. La nostra fede è ri-voluzionaria per un impulso cheviene dallo Spirito Santo. Dob-biamo seguire questo impulso peruscire da noi stessi, per essere uo-

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mini secondo il Vangelo di Gesù.Qualsiasi vita si decide sulla capa-cità di donarsi. È lì che trascendesé stessa, che arriva ad essere fe-conda.Un ulteriore sentimento di CristoGesù è quello della beatitudine. Ilcristiano è un beato, ha in sé lagioia del Vangelo. Nelle beatitudiniil Signore ci indica il cammino.Percorrendolo noi esseri umanipossiamo arrivare alla felicità piùautenticamente umana e divina.Gesù parla della felicità che speri-mentiamo solo quando siamo po-veri nello spirito. Per i grandi santila beatitudine ha a che fare conumiliazione e povertà.ma anche nella parte più umiledella nostra gente c’è molto di que-sta beatitudine: è quella di chi co-nosce la ricchezza della solidarietà,del condividere anche il poco chesi possiede; la ricchezza del sacri-ficio quotidiano di un lavoro, avolte duro e mal pagato, ma svoltoper amore verso le persone care; eanche quella delle proprie miserie,che tuttavia, vissute con fiducianella provvidenza e nella miseri-cordia di Dio Padre, alimentanouna grandezza umile.Le beatitudini che leggiamo nelVangelo iniziano con una benedi-zione e terminano con una pro-messa di consolazione. Ci introdu-cono lungo un sentiero digrandezza possibile, quello dellospirito, e quando lo spirito è prontotutto il resto viene da sé. Certo, senoi non abbiamo il cuore apertoallo Spirito Santo, sembrerannosciocchezze perché non ci portanoal “successo”.Per essere «beati», per gustare laconsolazione dell’amicizia conGesù Cristo, è necessario avere ilcuore aperto. La beatitudine è unascommessa laboriosa, fatta di ri-nunce, ascolto e apprendimento, icui frutti si raccolgono nel tempo,regalandoci una pace incompara-bile: «Gustate e vedete com’èbuono il Signore» (Sal 34,9)!Umiltà, disinteresse, beatitudine:questi i tre tratti che voglio oggipresentare alla vostra meditazionesull’umanesimo cristiano che na-

sce dall’umanità del Figlio di Dio.E questi tratti dicono qualcosa an-che alla Chiesa italiana che oggi siriunisce per camminare insieme inun esempio di sinodalità. Questitratti ci dicono che non dobbiamoessere ossessionati dal “potere”,anche quando questo prende ilvolto di un potere utile e funzionaleall’immagine sociale della Chiesa.Se la Chiesa non assume i senti-menti di Gesù, si disorienta, perdeil senso. Se li assume, invece, saessere all’altezza della sua mis-sione. I sentimenti di Gesù ci di-cono che una Chiesa che pensa asé stessa e ai propri interessi sa-rebbe triste. Le beatitudini, infine,sono lo specchio in cui guardarci,quello che ci permette di sapere sestiamo camminando sul sentierogiusto: è uno specchio che nonmente.Una Chiesa che presenta questi tretratti – umiltà, disinteresse, beati-tudine – è una Chiesa che sa rico-noscere l’azione del Signore nelmondo, nella cultura, nella vitaquotidiana della gente. L’ho dettopiù di una volta e lo ripeto ancoraoggi a voi: «preferisco una Chiesaaccidentata, ferita e sporca per es-

sere uscita per le strade, piuttostoche una Chiesa malata per la chiu-sura e la comodità di aggrapparsialle proprie sicurezze.Non voglio una Chiesa preoccupatadi essere il centro e che finisce rin-chiusa in un groviglio di ossessionie procedimenti» (Evangelii  gau-dium, 49). Però sappiamo che letentazioni esistono; le tentazionida affrontare sono tante. Ve nepresento almeno due. Non spaven-tatevi, questo non sarà un elencodi tentazioni! Come quelle quindiciche ho detto alla Curia!La prima di esse è quella pelagiana.Essa spinge la Chiesa a non essereumile, disinteressata e beata. E lofa con l’apparenza di un bene. Ilpelagianesimo ci porta ad avere fi-ducia nelle strutture, nelle orga-nizzazioni, nelle pianificazioni per-fette perché astratte. Spesso ciporta pure ad assumere uno stiledi controllo, di durezza, di norma-tività. La norma dà al pelagiano lasicurezza di sentirsi superiore, diavere un orientamento preciso. Inquesto trova la sua forza, non nellaleggerezza del soffio dello Spirito.Davanti ai mali o ai problemi dellaChiesa è inutile cercare segue>

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soluzioni in conserva-torismi e fondamentalismi, nellarestaurazione di condotte e formesuperate che neppure cultural-mente hanno capacità di esseresignificative. La dottrina cristiananon è un sistema chiuso incapacedi generare domande, dubbi, in-terrogativi, ma è viva, sa inquie-tare, sa animare. Ha volto non ri-gido, ha corpo che si muove e sisviluppa, ha carne tenera: la dot-trina cristiana si chiama GesùCristo.La riforma della Chiesa poi – e laChiesa è semper reformanda  – èaliena dal pelagianesimo. Essa nonsi esaurisce nell’ennesimo pianoper cambiare le strutture. Significainvece innestarsi e radicarsi in Cri-sto lasciandosi condurre dallo Spi-rito. Allora tutto sarà possibile congenio e creatività.La Chiesa italiana si lasci portaredal suo soffio potente e per questo,a volte, inquietante. Assuma sem-pre lo spirito dei suoi grandi esplo-ratori, che sulle navi sono stati ap-passionati della navigazione inmare aperto e non spaventati dallefrontiere e delle tempeste. Sia unaChiesa libera e aperta alle sfide delpresente, mai in difensiva per ti-more di perdere qualcosa. mai indifensiva per timore di perderequalcosa. E, incontrando la gentelungo le sue strade, assuma il pro-posito di san Paolo: «mi sono fattodebole per i deboli, per guadagnarei deboli; mi sono fatto tutto pertutti, per salvare a ogni costo qual-cuno» (1 Cor 9,22).Una seconda tentazione da scon-figgere è quella dellognosticismo.Essa porta a confidarenel ragionamento logico e chiaro,il quale però perde la tenerezzadella carne del fratello. Il fascinodello gnosticismo è quello di «unafede rinchiusa nel soggettivismo,dove interessa unicamente una de-terminata esperienza o una seriedi ragionamenti e conoscenze chesi ritiene possano confortare e il-luminare, ma dove il soggetto indefinitiva rimane chiuso nell’im-manenza della sua propria ragioneo dei suoi sentimenti» (Evangelii

gaudium, 94). Lo gnosticismo nonpuò trascendere.La differenza fra la trascendenzacristiana e qualunque forma di spi-ritualismo gnostico sta nel misterodell’incarnazione. Non mettere inpratica, non condurre la Parola allarealtà, significa costruire sulla sab-bia, rimanere nella pura idea e de-generare in intimismi che nondanno frutto, che rendono sterileil suo dinamismo.

La Chiesa italiana ha grandi santiil cui esempio possono aiutarla avivere la fede con umiltà, disinte-resse e letizia, da Francesco d’As-sisi a Filippo Neri. ma pensiamoanche alla semplicità di personaggiinventati come don Camillo che facoppia con Peppone. mi colpiscecome nelle storie di Guareschi la

preghiera di un buon parroco siunisca alla evidente vicinanza conla gente. Di sé don Camillo diceva: «Sonoun povero prete di campagna checonosce i suoi parrocchiani unoper uno, li ama, che ne sa i dolori ele gioie, che soffre e sa ridere conloro». Vicinanza alla gente e pre-ghiera sono la chiave per vivere unumanesimo cristiano popolare,umile, generoso, lieto. Se perdiamoquesto contatto con il popolo fe-dele di Dio perdiamo in umanità enon andiamo da nessuna parte. maallora che cosa dobbiamo fare, pa-dre? – direte voi. Che cosa ci stachiedendo il Papa?Spetta a voi decidere: popolo e pa-stori insieme. Io oggi semplice-mente vi invito ad alzare il capo ea contemplare ancora una voltal’Ecce Homo che abbiamo sullenostre teste. Fermiamoci a con-templare la scena. Torniamo alGesù che qui è rappresentato comeGiudice universale. Che cosa acca-drà quando «il Figlio dell’uomoverrà nella sua gloria e tutti gli an-geli con lui, siederà sul trono dellasua gloria» (mt 25,31)? Che cosaci dice Gesù?Possiamo immaginare questo Gesùche sta sopra le nostre teste dire aciascuno di noi e alla Chiesa ita-liana alcune parole. Potrebbe dire:«Venite, benedetti del Padre mio,ricevete in eredità il regno prepa-rato per voi fin dalla creazione delmondo, perché ho avuto fame e miavete dato da mangiare, ho avutosete e mi avete dato da bere, erostraniero e mi avete accolto, nudoe mi avete vestito, malato e miavete visitato, ero in carcere e sietevenuti a trovarmi» (mt 25,34-36).mi viene in mente il prete che haaccolto questo giovanissimo preteche ha dato testimonianza.ma potrebbe anche dire: «Via, lon-tano da me, maledetti, nel fuocoeterno, preparato per il diavolo eper i suoi angeli, perché ho avutofame e non mi avete dato da man-giare, ho avuto sete e non miavete dato da bere, ero stranieroe non mi avete accolto, nudo enon mi avete vestito, malato e in

8 Oltre...

<segue

Di sé don Camillodiceva: «Sono unpovero prete dicampagna checonosce i suoi

parrocchiani unoper uno, li ama,che ne sa i dolorie le gioie, chesoffre e sa riderecon loro»

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carcere e non mi avete visitato»(mt 25,41-43).Le beatitudini e le parole che ab-biamo appena lette sul giudiziouniversale ci aiutano a vivere lavita cristiana a livello di santità.Sono poche parole, semplici, mapratiche. Due pilastri: le beatitu-dini e le parole del giudizio finale.Che il Signore ci dia la grazia di ca-pire questo suo messaggio! E guar-diamo ancora una volta ai tratti delvolto di Gesù e ai suoi gesti.Vediamo Gesù che mangia e bevecon i peccatori (mc 2,16; mt 11,19);contempliamolo mentre conversacon la samaritana (Gv 4,7-26);spiamolo mentre incontra di notteNicodemo (Gv 3,1-21); gustiamocon affetto la scena di Lui che si faungere i piedi da una prostituta(cfr Lc 7,36-50); sentiamo la suasaliva sulla punta della nostra lin-gua che così si scioglie (mc 7,33).Ammiriamo la «simpatia di tuttoil popolo» che circonda i suoi di-scepoli, cioè noi, e sperimentiamola loro «letizia e semplicità dicuore» (At 2,46-47).Ai vescovi chiedo di essere pastori.Niente di più: pastori. Sia questala vostra gioia: “Sono pastore”. Saràla gente, il vostro gregge, a soste-nervi. Di recente ho letto di un ve-scovo che raccontava che era in me-trò all’ora di punta e c’era talmentetanta gente che non sapeva piùdove mettere la mano per reggersi.Spinto a destra e a sinistra, si ap-poggiava alle persone per non ca-dere. E così ha pensato che, oltrela preghiera, quello che fa stare inpiedi un vescovo, è la sua gente.Che niente e nessuno vi tolga lagioia di essere sostenuti dal vostropopolo. Come pastori siate nonpredicatori di complesse dottrine,ma annunciatori di Cristo, morto erisorto per noi. Puntate all’essen-ziale, al kerygma. Non c’è nulla dipiù solido, profondo e sicuro diquesto annuncio. ma sia tutto il po-polo di Dio ad annunciare il Van-gelo, popolo e pastori, intendo. Hoespresso questa mia preoccupa-zione pastorale nella esortazioneapostolica Evangelii  gaudium(cfr nn. 111-134).

A tutta la Chiesa italiana racco-mando ciò che ho indicato in quellaEsortazione: l’inclusione sociale deipoveri, che hanno un posto privi-legiato nel popolo di Dio, e la ca-pacità di incontro e di dialogo perfavorire l’amicizia sociale nel vostroPaese, cercando il bene comune.L’opzione per i poveri è «forma spe-ciale di primato nell’esercizio dellacarità cristiana, testimoniata da tuttala Tradizione della Chiesa» (Gio-vanni Paolo II, Enc. Sollicitudo reisocialis, 42). Questa opzione «è im-plicita nella fede cristologica in quelDio che si è fatto povero per noi, perarricchirci mediante la sua povertà»(Benedetto XVI, Discorso alla Ses-sione inaugurale della V ConferenzaGenerale  dell’Episcopato  La  ti no -ame ri ca no e dei Caraibi).I poveri conoscono bene i senti-menti di Cristo Gesù perché peresperienza conoscono il Cristo sof-ferente. «Siamo chiamati a scoprireCristo in loro, a prestare ad essi lanostra voce nelle loro cause, maanche a essere loro amici, ad ascol-tarli, a comprenderli e ad acco-gliere la misteriosa sapienza cheDio vuole comunicarci attraversodi loro» (Evangelii gaudium, 198).Che Dio protegga la Chiesa italianada ogni surrogato di potere, d’im-magine, di denaro. La povertàevangelica è creativa, accoglie, so-stiene ed è ricca di speranza.Siamo qui a Firenze, città della bel-lezza. Quanta bellezza in questacittà è stata messa a servizio dellacarità! Penso allo Spedale degli In-nocenti, ad esempio. Una delleprime architetture rinascimentaliè stata creata per il servizio di bam-bini abbandonati e madri dispe-rate. Spesso queste mamme lascia-vano, insieme ai neonati, dellemedaglie spezzate a metà, con lequali speravano, presentando l’al-tra metà, di poter riconoscere i pro-pri figli in tempi migliori.Ecco, dobbiamo immaginare che inostri poveri abbiano una meda-glia spezzata. Noi abbiamo l’altrametà. Perché la Chiesa madre hain Italia metà della medaglia ditutti e riconosce tutti i suoi figli ab-bandonati, oppressi, affaticati. E

questo da sempre è una delle vo-stre virtù, perché ben sapete che ilSignore ha versato il suo sanguenon per alcuni, né per pochi né permolti, ma per tutti.Vi raccomando anche, in manieraspeciale, la capacità di dialogo e diincontro. Dialogare non è nego-ziare. Negoziare è cercare di rica-vare la propria “fetta” della torta co-mune. Non è questo che intendo.ma è cercare il bene comune pertutti. Discutere insieme, oserei direarrabbiarsi insieme, pensare alle so-luzioni migliori per tutti. moltevolte l’incontro si trova coinvoltonel conflitto. Nel dialogo si dà ilconflitto: è logico e prevedibile chesia così. E non dobbiamo temerloné ignorarlo ma accettarlo. «Accet-tare di sopportare il conflitto, risol-verlo e trasformarlo in un anello dicollegamento di un nuovo pro-cesso» (Evangelii  gaudium, 227).ma dobbiamo sempre ricordare chenon esiste umanesimo autenticoche non contempli l’amore comevincolo tra gli esseri umani, siaesso di natura interpersonale, in-tima, sociale, politica o intellet-tuale. Su questo si fonda la neces-sità del dialogo e dell’incontro percostruire insieme con gli altri la so-cietà civile. Noi sappiamo che lamigliore risposta alla conflittualitàdell’essere umano del celebrehomo  homini  lupus   di ThomasHobbes è l’«Ecce homo» di Gesùche non recrimina, ma accoglie e,pagando di persona, salva.La società italiana si costruiscequando le sue diverse ricchezze cul-turali possono dialogare in modocostruttivo: quella popolare, quellaaccademica, quella giovanile,quella artistica, quella tecnologica,quella economica, quella politica,quella dei media... La Chiesa siafermento di dialogo, di incontro, diunità. Del resto, le nostre stesseformulazioni di fede sono frutto diun dialogo e di un incontro tra cul-ture, comunità e istanze differenti.Non dobbiamo aver paura del dia-logo: anzi è proprio il confronto ela critica che ci aiuta a preservarela teologia dal trasformarsi inideologia. segue>

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Ricordatevi inoltre cheil modo migliore per dialogare nonè quello di parlare e discutere, maquello di fare qualcosa insieme, dicostruire insieme, di fare progetti:non da soli, tra cattolici, ma in-sieme a tutti coloro che hannobuona volontà. E senza paura dicompiere l’esodo necessario adogni autentico dialogo. Altrimentinon è possibile comprendere le ra-gioni dell’altro, né capire fino infondo che il fratello conta più delleposizioni che giudichiamo lontanedalle nostre pur autentiche cer-tezze. È fratello.ma la Chiesa sappia anche dareuna risposta chiara davanti alle mi-nacce che emergono all’interno deldibattito pubblico: è questa unadelle forme del contributo specificodei credenti alla costruzione dellasocietà comune. I credenti sonocittadini. E lo dico qui a Firenze,dove arte, fede e cittadinanza sisono sempre composte in un equi-librio dinamico tra denuncia e pro-posta. La nazione non è un museo,ma è un’opera collettiva in perma-nente costruzione in cui sono damettere in comune proprio le coseche differenziano, incluse le appar-tenenze politiche o religiose.Faccio appello soprattutto «a voi,giovani, perché siete forti», diceval’Apostolo Giovanni (1 Gv 1,14).Giovani, superate l’apatia. Chenessuno disprezzi la vostra giovi-

nezza, ma imparate ad essere mo-delli nel parlare e nell’agire (cfr 1Tm 4,12). Vi chiedo di essere co-struttori dell’Italia, di mettervi allavoro per una Italia migliore.Per favore, non guardate dal bal-cone la vita, ma impegnatevi, im-mergetevi nell’ampio dialogo so-ciale e politico. Le mani dellavostra fede si alzino verso il cielo,ma lo facciano mentre edificanouna città costruita su rapporti incui l’amore di Dio è il fondamento.E così sarete liberi di accettare lesfide dell’oggi, di vivere i cambia-menti e le trasformazioni.Si può dire che oggi non viviamoun’epoca di cambiamento quantoun cambiamento d’epoca. Le situa-zioni che viviamo oggi pongonodunque sfide nuove che per noi avolte sono persino difficili da com-prendere. Questo nostro tempo ri-chiede di vivere i problemi comesfide e non come ostacoli: il Si-gnore è attivo e all’opera nelmondo.Voi, dunque, uscite per le strade eandate ai crocicchi: tutti quelli chetroverete, chiamateli, nessunoescluso (cfr mt 22,9). Soprattuttoaccompagnate chi è rimasto albordo della strada, «zoppi, storpi,ciechi, sordi» (mt 15,30). Dovun-que voi siate, non costruite maimuri né frontiere, ma piazze eospedali da campo.mi piace una Chiesa italiana in-

quieta, sempre più vicina agli ab-bandonati, ai dimenticati, agli im-perfetti. Desidero una Chiesa lietacol volto di mamma, che com-prende, accompagna, accarezza.Sognate anche voi questa Chiesa,credete in essa, innovate con li-bertà. L’umanesimo cristiano chesiete chiamati a vivere afferma ra-dicalmente la dignità di ogni per-sona come Figlio di Dio, stabiliscetra ogni essere umano una fonda-mentale fraternità, insegna a com-prendere il lavoro, ad abitare ilcreato come casa comune, fornisceragioni per l’allegria e l’umorismo,anche nel mezzo di una vita tantevolte molto dura.Sebbene non tocchi a me dire comerealizzare oggi questo sogno, per-mettetemi solo di lasciarvi un’in-dicazione per i prossimi anni: inogni comunità, in ogni parrocchiae istituzione, in ogni Diocesi e cir-coscrizione, in ogni regione, cer-cate di avviare, in modo sinodale,un approfondimento della Evan-gelii gaudium, per trarre da essacriteri pratici e per attuare le suedisposizioni, specialmente sulle treo quattro priorità che avrete indi-viduato in questo convegno.Sono sicuro della vostra capacitàdi mettervi in movimento creativoper concretizzare questo studio.Ne sono sicuro perché siete unaChiesa adulta, antichissima nellafede, solida nelle radici e ampianei frutti. Perciò siate creativinell’esprimere quel genio che i vo-stri grandi, da Dante a michelan-gelo, hanno espresso in manieraineguagliabile. Credete al genio delcristianesimo italiano, che non èpatrimonio né di singoli né di unaélite, ma della comunità, del po-polo di questo straordinario Paese.Vi affido a maria, che qui a Firenzesi venera come “Santissima An-nunziata”. Nell’affresco che si trovanella omonima Basilica – dove mirecherò tra poco –, l’angelo tace emaria parla dicendo «Ecce ancillaDomini». In quelle parole ci siamotutti noi. Sia tutta la Chiesa italianaa pronunciarle con maria. Grazie

Papa Francesco

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La punta della penna / che scorre morbida / sul chiaro foglio / cresce pian piano nero su bianco. / Attimi di vita impressi / sono tra gli smorzati versi….. E tu?… Tu dimmi / come è il tuo verso?… Noi / insieme ne facciamo memoria. (*)

Questi bellissimi versi ben spiegano in sintesi ilnome della nostra associazione culturale e

anche l’intento delle letture che si svolgono ognimercoledì nei locali della Parrocchia della SS. Tri-nità a Villa Chigi, dalle ore 18,00 alle 19,00. Siamoun gruppo di persone interessati alla poesia che giàda tre anni leggono testi di poeti del passato, del pre-sente e dei presenti agli incontri. Le nostre letturefanno l’esperienza delle parole in versi di poeti ditutto il mondo senza distinzione di razza, religione edi sesso. La parola poetica è universale, è senza con-fini e, con la sua bellezza evocativa e musicale, creaponti tra i popoli, e scavalca muri là dove l’insensa-tezza umana ne erige per dividere gli uomini. E que-sto lo facciamo nel nostro piccolo avendo laconsapevolezza che tutte le cose grandi sono formatedall’insieme delle cose piccole. Sarebbe bello, ed è unnostro sogno e anche una nostra proposta, che intutte le Comunità parrocchiali sorgessero groppi o as-sociazioni per far nascere i “Circoli della poesia”. Sa-rebbe una bella maniera per creare spazi di culturache agevolino la partecipazione di persone che cre-dono e vogliono creare la cultura dal basso. Pertantoa tutti gli amanti dei versi è rivolto l’invito agli incontridei mercoledì poetici nei quali insieme prospettiamoidee e percorsi di letture in uno spirito allegro e par-

tecipativo. Venite a trovarci, magari anche solo per cu-riosità e poi chissà, forse, i versi vi faranno capire chec’è un modo di-verso per vivere gioiosamente in-sieme la cultura di oggi e quella del passato. Ecco per-ché abbiamo scelto di chiamarci “I Versi e laMemoria”. E come ci dice Franco Loi, noto poeta dia-lettale recentemente scomparso: a un poeta nonviene data nessuna laurea, per essere poeta, molti diloro furono operai, impiegati, insegnanti, giornalisti,scienziati ecc… Per Franco Loi la poesia è “un movi-mento che attraversa l’uomo”, dove movimento è si-nonimo di emozione che deriva da moto. È qualcosache somiglia all’amore che è esso stesso un movi-mento non solo dell’anima ma anche del cuore e deisentimenti; mentre il suo contrario, l’odio, significastaticità e immobilismo. La poesia si manifesta attra-verso la parola. Essa riflette lo stupore che il poetaprova davanti alla propria espressione. Non è dunqueun prodotto razionale ma un insieme di impulsi chesfuggono alla padronanza del poeta-creatore. E noipur sapendo che “La poesia non ti porta il pane” di-ciamo che… ci porta il gusto dalla bellezza della vita.Perché la poesia, come tutte le altre forme dell’arte, èbella, veramente bella! E vogliamo chiudere questanostra riflessione proprio con i versi di un sonetto diGiosuè Carducci dal titolo “Alla Signorina Maria A.”

O piccola Maria, / Di versi a te che importa? / Esce la poesia, / O piccola Maria,Quando malinconia / Batte del cor la porta. / O piccola Maria, / Di versi a te che importa?

(*) Versi di Sofia Marich

Poesia a cura di Elena Rosati e Sofia Marich

Associazione Culturale “I versi e la memoria”

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200 anni della Congregazionedelle Sacre Stimmate di N.S.G.C.

La Lettera

di p. generale P. Mautizio Baldessari

Lettera del p. generale. P. Mauri-zio Baldessari e del suo consiglioper  l’inizio  del  bicentenario dellanascita della Congregazione stim-matina ad  opera del  nostro  fon-datore San Gaspare Bertoni

BICENTENARIO­­DELLACONGREGAZIONE­DELLESACRE­STIMMATE­DI­N.­S.G.­C.­:­1816­-­2016

Ai­confratelli­Stimmatini­alla­Famiglia­Bertoniana­dei­­­laici­agli­amici­collaboratori­

Carissimi, Il 4­novembre­è­iniziatol’anno di preparazione alBicentenario­della­na-

scita­della­nostra­Congrega-zione. È per tutti noi occasione diringraziamento a Dio, ricordando- cioè riportando al cuore - il mo-mento in cui S. Gaspare e i suoiprimi compagni, obbedendo allavolontà di Dio che si manifesta neifatti, incominciarono insieme la co-struzione di una nuova comunitàreligiosa.

I­–­GUARDARE­IL­PASSATO:“Benedirò il Signore in ognitempo”È l’occasione per conoscerci parteviva di una Famiglia viva, che haprodotto e ancora produce nelmondo frutti di carità. È il mo-mento di ringraziare­per i con-fratelli santi che ci hanno prece-duto, per le figure di missionariapostolici che con tenacia hannoseminato la Parola in Italia, in Eu-ropa, in Brasile, tra gli emigrati de-gli Stati Uniti d’America; missio-

nari che hanno rinforzato la fededei piccoli gruppi cristiani in Cinae messo le fondamenta per robustecomunità, accettando privazioni epersecuzioni per il Suo nome; mis-sionari che “sono andati dapper-tutto” (quocumque euntes) - comeci esorta il Bertoni - in Tailandia,Africa, Filippine, Cile, Paraguay,Georgia, India…. Alla presenza diDio, è bello ricordare i nostri con-fratelli fondatori di opere di caritàper i più poveri, fondatori di nuovecongregazioni di religiose, scono-sciuti o famosi, testimoni silenziosio predicatori di grido, fratelli coa-diutori esemplari, vescovi… confra-telli che sono saliti sul Calvariodella sofferenza e della malattia,per anni, con lo spirito di santo ab-bandono; professori ed educatoridi generazioni di giovani, animatoridi Oratori, guide spirituali, letterati,compositori di musica…… Abbiamo veramente tante cosedi cui ringraziare! Ora vogliamo risalire alle nostresorgenti, là dove il nostro piccolo

fiume incominciò a piccole gocce.Nel mese di maggio 1841 don Ga-spare scrisse a P. Luigi Bragato,stimmatino mandato alle Corte im-periale di Vienna-Praga, una letterapreziosissima per noi. In essa sanGaspare manifesta lo spirito concui sta scrivendo le Costituzioni peri suoi figli, cioè per noi (un lavoroche lo impegnerà nella preghiera,nello studio e nel consiglio per circadieci anni). Scrive parole che espri-mono serenità e certezza di fede: ilSignore porterà avanti la Sua operanel migliore dei modi, per la suagloria. Sorprende la tranquillità, lamancanza di preoccupazione ri-guardo all’avvenire e allo sviluppodella Congregazione. Ecco il testo: «Pregate assai anche per tutti noie per quello che sto scrivendo a pic-cole gocciole, se il Signore lo vogliae ne torni a suo onore. Noi fac-ciamo le parti nostre, secondo lagrazia che Dio ci dona; Iddio faràcertamente le parti sue, né io vogliosapere quello che voglia fare. miacqueto credendo fermamente che

Urna con il corpo di San Gaspare Bertoni (Verona)

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Dio può fare ogni cosa che vuole efa sempre il meglio, anche se moltodistante dalle nostre piccole vedute,e talora anche contrario. “Benediròil Signore in ogni tempo, sulla miabocca  sempre  la  sua  lode”» (Sal34,2). Certamente egli conservava nel suocuore tutti gli avvenimenti del pas-sato e li univa come le tessere di unmosaico: le ispirazioni, le espe-rienze pastorali che il Signore gliaveva chiesto per mezzo delle per-sone, gli oratori mariani, il circolodei giovani sacerdoti, l’assistenzaspirituale delle compagne di mad-dalena di Canossa e di LeopoldinaNaudet, degli studenti in semina-rio; soprattutto la fruttuosa mis-sione di S. Fermo maggiore e ildono della casa e della chiesettadelle Stimmate “come luogo oppor-tuno a porre una Congregazione diPreti che vivano sotto le regole diS. Ignazio”. E poi il decreto di “mis-sionario Apostolico” da parte dellaSanta Sede. Per 25 anni aveva vis-suto l’esperienza comunitaria con isuoi compagni, crescendo e cam-minando insieme, esortandosi re-ciprocamente a seguire con gene-rosità Cristo casto, povero,obbediente, pregando insieme, pre-parandosi insieme per l’annunciopenetrante della Parola di Dio intutta la città di Verona. “… e io non voglio sapere quelloche Dio voglia fare”. Dal punto di vista umano, quantosuccesse a lui e ai suoi confratellinegli anni successivi avrebbe po-tuto sprofondare chiunque nellosconforto e nello scoraggiamento.Così scrive padre G. Stofella: “IlVen. Gaspare durante  questo  la-voro di  stesura delle Costituzionidové  mirare  la  sua  comunitàstruggersi a vista d’occhio e ridursiagli estremi. Dei due chierici unomorì.  Degli  undici  sacerdoti  nemorirono tre; due, i più titolati, ri-tornarono  a  casa  loro.  Da  unpezzo,  di  chierici  o  preti  nessunoentra, alle Stimate. Defezioni variedi  fratelli  coadiutori:  due  fratelliconsanguinei  che mancano dopoaver servito il Signore rispettiva-mente per 13 e per 8 anni; altri en-

trano  ed  escono. Un  solo nuovofratello entra e persevera. Malat-tie, tribolazioni, tempeste” (Il Ven.Gaspare  Bertoni, p. 248). In-somma, fu un parto difficile e do-loroso, il nostro. ma lui ripeteva, e oggi possiamo ri-petere anche noi: “Dio può fareogni cosa… Benedirò il Signore inogni tempo…”. San Gaspare, in un momento deli-cato della comunità della Naudet,le aveva scritto un messaggio chevale per noi, anche oggi: «ma unpoco su, un poco giù: una dritta,una storta, si va avanti sull’orme dicolui che ci precede con la sua crocein spalla, e continuamente grida:Chi vuol venire dietro a me, neghisé stesso, prenda in collo la suacroce, e mi segua» (Mt 16,24; Let-tera 144).

II­–­VIVERE­ IL­PRESENTE:“Noi facciamo le parti nostre,con la grazia di Dio”­Questo anno di preparazione al Bi-centenario sarà anche l’occasioneper verificare­la nostra fedeltà di-namica, storica, al “progetto” di Dioe per misurare la “temperatura” at-tuale del nostro zelo missionario.Un anno per mettere nelle mani delSignore anche i nostri peccati, lelentezze, le inadempienze e lepaure, le debolezze personali e co-munitarie. Provvidenzialmente, la celebra-

zione di questo anno, nelle date,coincide in pratica con il Giubileostraordinario della misericordia in-detto da Papa Francesco e ciò con-ferisce un tono particolare alla no-stra commemorazione e ci invita aleggere la nostra storia come cam-mino della misericordia che Dio stafacendo con la nostra Congrega-zione. Ho letto con commozione l’inten-zione che il Papa ha annunciato perla Quaresima dell’Anno Santo: “in-viare i Missionari della Misericor-dia, segno della sollecitudine ma-terna della Chiesa per il popolo diDio, perché entri in profonditànella ricchezza di questo misterocosì fondamentale per la fede… Sa-ranno, soprattutto, segno vivo dicome il Padre accoglie quanti sonoin ricerca del suo perdono. Sarannodei missionari della misericordiaperché si faranno artefici pressotutti di un incontro carico di uma-nità, sorgente di liberazione, riccodi responsabilità per superare gliostacoli e riprendere la vita nuovadel Battesimo… Si organizzino nelleDiocesi delle “missioni al popolo”,in modo che questi missionari sianoannunciatori della gioia del per-dono” (misericordiae Vultus n. 18). È vero che questi missionari sa-ranno scelti e mandati da PapaFrancesco, ma come non vedereuna stretta analogia con i “Missio-nari Apostolici, in obsequium epi-scoporum” che il nostro Fondatoreha posto come fine della Congre-gazione? San Gaspare ci vedevacome Missionari Apostolici di fattoe nello zelo anche senza il titolodella S. Sede – mandati dai vescovia riportare ogni singolo battezzatoa riscoprire la bellezza del Batte-simo che ci porta alla comunioneintima di vita con Cristo nellaChiesa, attraverso l’Eucaristia. SanGaspare ci vuole mISSIONARI li-beri e senza bisaccia per andarenella diocesi e nel mondo, con laforza della Parola contemplataCarissimi Confratelli, nel richia-mare il dovere dei missionari Apo-stolici all’evangelizzazione con ivari e propri ministeri della nostravocazione, permette-

Crocifisso al quale san Gaspareera molto devoto.

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temi di sottolinearel’importanza del ministero del sa-cramento­ della­ Riconcilia-zione, considerato come camminoche porta la persona ad un fermoproposito di conversione per co-minciare una vita nuova. La “Con-fessione” è una potente forma del-l’annuncio evangelico, che va alcuore dei singoli. Il Fondatore haformato una generazione di “no-velli confessori” e ne parla spessonelle Costituzioni (CF 38; 72-75;162; 293; 277), ponendola tra i mi-nisteri speciali dei “Professi so-lenni” (CF 183: “Accogliere le con-fessioni di  tutti,  specialmente deipoveri, dei fanciulli e portarli alladovuta  frequenza  dei  sacra-menti”). Se la Chiesa è un “ospedaleda campo”, il popolo di Dio possatrovare tra noi infermieri e dottoriben preparati e disponibili a curarele ferite, in ogni momento.Carissimi laici della Famiglia Ber-toniana  e  amici  collaboratori.L’annuncio della misericordia delPadre è affidato anche a voi. Nellevostre famiglie, nei luoghi di lavoro,nei vari impegni che vi sono chiestidalla comunità cristiana, nel vostroconversare familiare con le per-sone, al bar… dovunque sentitevimandati, “in uscita”. Spesso voi po-tete essere là dove i preti non pos-sono entrare. Spesso avete una pa-rola più semplice e incisiva, perchéimparata dalla vita quotidiana. Uncristiano se non è missionario, nonè cristiano. L’esperienza che fac-ciamo della tenerezza di Dio, di-venti testimonianza concreta nelleopere di misericordia, di giustizia,di liberazione e di guarigione

III­–­PER­COSTRUIRE­IL­FU-TURO:­“Dio farà certamentele parti sue”­Suona per noi come una spinta dienergia quanto il Bertoni ha la-sciato nelle Costituzioni: “Colui cheispirò e iniziò il progetto, lui stessolo porterà a compimento (cfr Fil1,6), se non dovesse stare in piediper le nostre forze” (CF 185). È questo il fondamento della nostrasperanza. A noi il dovere di puntarecon attenzione gli occhi alla mano

del Padrone (cfr Sal 123,2 ) ed es-sere disponibili a fare tutto quelloche Egli ci dirà. I grandi cambia-menti epocali in atto ci trovino inascolto a quanto lo Spirito dice alleChiese, per non essere sorpassatidalla storia. “I tempi cambiano enoi cristiani dobbiamo cambiarecontinuamente!” (Papa Francesco,Omelia Casa S. marta, 23 ottobre2015)Sono già state programmate alcuneiniziative­ da attuare in questoanno di preparazione al Bicentena-rio e altre sono in cantiere. Le richiamo brevemente: 1) Prima Settimana Internazio-nale Stimmatina, aperta ai con-fratelli di tutto il mondo (Verona,aprile o maggio 2016). 2) Giornata mondiale della Gio-ventù 2016: preceduta da una Set-timana della Gioventù stim-matina organizzata dallaPro vin cia S. Cuore (Verona, 16 -25luglio 2016). Nella stessa occasione verrà cele-brato il Festival della musicabertoniana. Il tema delle nuovecanzoni è “Tempi difficili, ma i piùopportuni”; il motto: “Uniti dallostesso sentimento, motivati dallafede”.3) Esperienza ComunitariaInternazionale Stimmatina,riservata ai giovani sacerdoti: 12giugno 2016 – febbraio 2017 4) Seconda Settimana Interna-zionale Stimmatina, apertasempre a tutti i Confratelli (Ve-rona, alla fine ottobre - inizio di no-vembre 2016)

5) Pellegrinaggio - Incontrodei Laici della Famiglia Ber-toniana per alcuni giorni, in datada definire. 6) Libri - pubblicazioni: a) Biografia di divulgazione di S.Gaspare Bertoni (Ed. Velar - LDC) b) Biografia storica di S. GaspareBertoni, del professore Ruggero Si-monato c) Una storia da non dimenticare,di Padre Michele Curto, stimma-tino (storia della Congregazione dal1853 al 1953). Ogni provincia stimmatina è invi-tata a pensare e realizzare altre ini-ziative utili per conoscere e far co-noscere la nostra storia (ritiricomunitari, convegni, articoli sugiornali e riviste, video clip, de-pliant, ecc. ) e a comunicarle a tutti.

Conclusione Il Capitolo Generale ha affermato:“Riteniamo urgente riscoprire lanostra storia, sia per quanto ri-guarda il nostro Fondatore e i suoiscritti, sia per quanto riguarda lavita della Congregazione. Approfondire e conoscere la nostrastoria ci fa vedere il percorso com-piuto da coloro che ci hanno pre-ceduto fino ad oggi nelle varie epo-che e nazioni, e ci dà indicazioniper essere fedeli nel progettare ilnostro presente e il futuro. Figuresignificative per santità di vita e perzelo, creatività e intelligenza sonoun tesoro che non possiamo per-dere e che dobbiamo far conoscerecon semplicità e fierezza. In questosenso siamo invitati ad avere unamaggior cura della nostra memoriastorica, non lasciando cadere nel-l’oblio quanto oggi il Signore ci con-cede di fare, comunicando notiziea tutti i confratelli e tenendo ag-giornate le Cronache di ogni comu-nità. (Doc. Progr. n.2) I Santi Sposi, il nostro santo Fon-datore e tutti i confratelli che cihanno preceduto ci aiuti - no nelcammino di rinnovamento. E tantiauguri a tutti! Nel Signore, con riconoscenza

p. Maurizio Baldessari e Consiglio Generale

Crocifisso al quale san Gaspareera molto devoto.

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Alquati Lucrezia, Baldinelli matteo,Bartolucci Lara, Bellomo Caterina ,Bernabei Costanza, Biffi Benedetta,Cardinali Luca, Ciucci Francesca, Del Solematteo, Fronzoni Federica, Gunnellamattia, Iapoce Serena, Losito Lorenzo,mancini Barbara, Niccolai Jacopo, OrsilloCarlotta, Panariello Luigi, PeroniFrancesca, Poe michele, RayandayanJoshua mari, Sarti Gianluca, ShuanGianluca, Varani matteo. Catechisti:Alessandro De Luca, Alessandro Di Giorgioe Ricciarelli marinella. Vescovo: mons.Guerino Di Tora ( foto Emanuele Perini)

Cresimati 11 OTTOBRE 2015

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Ai Reverendi Parroci, Vicari par-rocchiali, Consacrati, Diaconi e Operatori pastorali della Diocesi di Roma

Carissimi,come è a tutti noto, dal 9 al 13 no-

vembre scorso, si è tenuto a Firenzeil V Convegno Ecclesiale Nazionaledella Chiesa Italiana. Con i VescoviAusiliari e una delegazione di sa-cerdoti e laici della nostra Diocesiho vissuto quelle giornate in unclima di docile ascolto dello Spirito,di comunione e di fraterno dialogoe riflessione con i delegati di tuttele Chiese particolari italiane sultema “In Gesù Cristo il nuovo uma-nesimo”. Il discorso del Santo Padrenel Duomo di Firenze e la Sua ome-lia durante la Celebrazione Eucari-stica hanno suscitato un grande en-tusiasmo e orientato i lavori.

Il senso dell’intervento del Papapotrebbe essere così riassunto: oc-corre leggere con rinnovata atten-zione e slancio missionario i segnidei tempi. Non è più il momento di

ragionare come in un’epoca di cri-stianità, in cui l’adesione alla fedepoteva darsi per scontata. A diffe-renza di alcuni decenni fa, quandola Chiesa – la Chiesa italiana, e an-che la Chiesa di Roma – poteva con-tare su un diffuso riconoscimentosociale, ora non è più così. Questoperò può non essere un danno, maun guadagno (cfr Fil 3,7)! La Chiesaha seguito il cammino di spoglia-mento del Signore (cfr Fil 2,7) edessendo più povera è pronta a vi-vere una stagione di nuova fecon-dità pasquale: «Una Chiesa liberae aperta alle sfide del presente, maiin difensiva per timore di perderequalcosa». Questa consapevolezzaincoraggia l’audacia di uscire, dimettersi in cammino, di inauguraresentieri nuovi, di attivare processisenza avere la presunzione di con-trollarli nel dettaglio. In questomodo la Chiesa imiterà Gesù che,incontrando lungo le strade dellaTerra Santa la povera gente, eraprofondamente commosso (cfr Mc8,2; Mt 9,36; 14,14; 15,32). Come il

suo Signore e maestro la comunitàcristiana presterà maggiore atten-zione ai poveri, ai fragili, agli esclusi,ai “periferici” anzi ne assumerà latestimonianza.

Papa Francesco ci ha invitato aleggere con occhi nuovi l’Esort.Apost. Evangelii gaudium, incorag-giandoci ad assimilarla interior-mente, affinché penetri sempre dipiù nella vita delle nostre parrocchiee le aiuti a vivere la missionarietàcome dimensione essenziale dellacomunità cristiana, così da rivelarela Chiesa «mamma dal volto lietoe vicina a tutti i suoi figli».

Questo «sogno» del Papa per unnuovo umanesimo è stato costan-temente ripreso nei lavori del Con-vegno, di cui intendo in questa let-tera – frutto dell’esperienza dellanostra delegazione - proporvi alcunipunti, che mi paiono come il “filorosso” che lega il progetto pastoralediocesano alla riflessione dellaChiesa italiana.1.­RINNOVAMENTO­DEL­LIN­-GUAGGIO­ PASTORALE. Èstata evidenziata fortemente la ne-cessità di un rinnovamento del lin-guaggio: nella liturgia, a partiredalle nostre messe domenicali, evi-tando gli eccessi tanto della trasan-datezza quanto del formalismo;nella predicazione (come indicatoda E.G.); nell’annuncio, con lin-guaggi nuovi e più efficaci, più vi-cini alla vita della gente, capaci diraccogliere anche la sfida dellenuove tecnologie (“pastorale digi-tale” è stato detto).

La Chiesa di Roma da tempo la-vora in questa direzione: ma oc-corre insistere di più, con tenacia econvinzione. 2.­FORMAZIONE.­Nei laboratoridel Convegno è emersa la necessità

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Una Chiesa “libera e aperta”

Lettera del Cardinale Vicario di Romadopo il V Convegno Ecclesiale di Firenze - 2015

di Card. Agostino Vallini

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di curare maggiormente la forma-zione, a tutti i livelli. Anzitutto laformazione dei sacerdoti, dei dia-coni e dei seminaristi (per questiultimi avvalendosi anche del con-tributo delle famiglie, perché pos-sano comprendere meglio le attesee i bisogni dei laici); poi la forma-zione dei consacrati (anche attra-verso iniziative tra membri di piùistituti); ma soprattutto la forma-zione dei laici, con “Scuole dellaParola” o analoghe iniziative dicammini di fede, estendendosi poiad altri aspetti, come ad es. allaDottrina sociale della Chiesa, al finedi favorire una presenza più attivadei cristiani - particolarmente deigiovani - nella società. Papa Fran-cesco ha scritto: «Ciascun battez-zato, qualunque sia la sua funzionenella Chiesa e il grado di istruzionedella sua fede, è un soggetto attivodi evangelizzazione e sarebbe ina-deguato pensare ad uno schema dievangelizzazione portato  avantida attori qualificati in cui il restodel popolo  fedele  fosse solamenterecettivo  delle  loro  azioni.  Lanuova  evangelizzazione deve  im-plicare un nuovo protagonismo diciascuno dei  battezzati»  (E.G, n.120).

Tutti hanno concordato nel di-chiarare che l’impegno per unamaggior formazione della coscienzacristiana è ormai una priorità ine-ludibile, da sviluppare non solo at-traverso conferenze di specialisti,ma anche con esperienze di vita,valorizzando le risorse interne allecomunità, attivando processi per-manenti di auto-formazione, me-diante una migliore interazione frapresbiteri e laici.

Nella nostra Diocesi i corsi di for-mazione per catechisti e altri ope-ratori pastorali, avviati da alcunianni a livello di Prefettura, sono si-curamente di aiuto in questa dire-zione, ma l’esigenza di avere laiciben preparati per essere una“chiesa in uscita” ci spinge ad unmaggiore sforzo, perché questaazione formativa diventi capillare. 3.­CENTRALITà­DELLE­FA-MIGLIE.Del Convegno fiorentinomi sta molto a cuore ricordare, in

particolare, la grande attenzioneche è stata data alla famiglia, riba-dita come centrale per il futurodella Chiesa e per la società. La no-stra Diocesi, soprattutto in questiultimi anni, ha tra i suoi obiettiviprioritari la promozione della pa-storale familiare ponendo a temala trasmissione della fede allenuove generazioni. Un pionieristicopercorso di formazione pre- e post-battesimale ci ha fatto concentraresul ruolo dei genitori. Importantipoi sono state le conclusioni delConvegno diocesano di quest’anno.

Più volte ho avuto modo di espri-mere apprezzamento per i passi chestiamo muovendo, ma desidero rin-novare a tutti l’invito a curare dipiù le famiglie, in modo particolarequelle giovani, avendo cura anchedi quelle “ferite” che il recente Si-nodo dei Vescovi ha chiesto di ac-cogliere e far sentire parte viva dellacomunità cristiana. 4.­OPERE­DI­CARITà. Tra leproposte più ricorrenti a Firenze,soprattutto in vista del Giubileo, èstato suggerito di potenziare l’im-pegno per la testimonianza dellamisericordia attraverso «la fede chesi  rende operosa per mezzo dellacarità» (Gal 5,6). In questo campotante esigenze pastorali dovremmoincoraggiare e potenziare. Ne ri-cordo alcune: la cura degli adole-scenti a rischio, del cosiddetto “po-polo della notte” dei poveri e deimigranti, impegnando ciascun bat-tezzato e le comunità ad attivare“segni giubilari” permanenti, al li-vello parrocchiale, di prefettura ediocesano. Questa attenzione ope-rativa va accostata ad una maggioreaccoglienza e ad un ascolto più em-patico di tutti, nessuno escluso. Idue movimenti – accoglienza e an-nuncio – vanno infatti di paripasso. 5.­SINODALITà. Infine, è statosottolineata molto la dimensionedella sinodalità, cioè del cammi-nare insieme. Lo stile di fraternacondivisione che ha caratterizzatole giornate fiorentine ha suscitatoin molti nostri delegati il grato ri-cordo del Sinodo Diocesano e lalunga preparazione del Giubileo del

2000. Il passaggio dalla collabora-zione dei laici alla loro piena cor-responsabilità pastorale – tema af-frontato in Diocesi già alcuni annior sono – sembra non essersi an-cora pienamente compiuto, e me-rita un approfondimento. Si chiedeanche una collaborazione più siste-matica tra i diversi uffici pastoralidiocesani: grazie a Dio, abbiamofatto un tratto di strada, ma mi parenecessario procedere più spedita-mente, perché laddove il camminoè stato più intenso i frutti si sonomoltiplicati.

Carissimi, il Giubileo, che oggi ilSanto Padre apre ufficialmente,dopo il grande segno dell’aperturadella Porta Santa nella Cattedraledi Bangui, è un’ulteriore tessera delmosaico che la Provvidenza vacomponendo per accompagnare laChiesa a essere sempre più sacra-mento universale di salvezza. Unmosaico che per la nostra Chiesa diRoma ha i tratti del Sinodo e delletappe segnate dai Convegni dioce-sani annuali, con i loro orienta-menti e con l’impegno silenzioso egeneroso delle comunità che pro-gressivamente mostrano il volto diuna Chiesa che ha a cuore di far co-noscere a tutti Gesù Redentoredell’uomo. È il Signore che guida ilsuo popolo nel tempo.

Sentiamoci parte di questo unicocorpo, approfondiamo il senso diappartenenza ecclesiale da cui sca-turiscono l’impegno e la correspon-sabilità pastorali. Le es perienze dicomunione e di collaborazione fraParrocchie, Aggregazioni laicali eUffici pastorali del Vicariato e delleParrocchie all’nterno delle Prefet-ture, sono essenziali per armoniz-zare la ricchezza di cui ciascuno,singolo o comunità, è portatore eannunciare la bellezza del Vangelo.

Con l’augurio di un Anno Santoricco di grazie spirituali, vi affidoalla materna protezione della Ver-gine maria, Salus Populi Romani.Di cuore invoco su tutti la benedi-zione del Signore.

Dal Vicariato, 8 dicembre 2015 Agostino Card. Vallini

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L’8 Dicembre, apertura dell’AnnoSanto Straordinaro della Miseri-cordia,  la  nostra  parrocchia  èstata  arricchita  dalla  messa  inopera di un nuovo mosaico, raffi-gurante  la SS. Trinità di AndreyRublev, riprodotta da Ida Orlandicon  la  collaborazione di altre  si-gnore della nostra parrocchia.

Durante uno dei settima-nali incontri al “labora-torio di icone” la nostraoperosa maestra di pit-

tura Ida­Orlandi, ci esprime laferma decisione di realizzare un suovecchio sogno, un desiderio: fare unmosaico di grandi dimensioni raf-figurante l’Icona della SS. Trinità di

Andrej Rublev, per la nostra Par-rocchia.Alcune di noi rimangono incredulee attonite, come si fa a realizzareun’opera così importante e com-plessa nella sua esecuzione? maIda, da vera artista che esprime lasua fede nei suoi lavori e sentel’aiuto dello Spirito che non lasciamai solo chi lo invoca con il cuore,sorride e dice: “si può fare… e voimi aiuterete, insieme a tante per-sone della parrocchia che condivi-dono questo progetto”.Ne parla anzitutto con il parroco p.Lucio che accoglie l’idea e la esortaa realizzarla.La macchina si mette in cammino,prima tappa la ricerca di veri mae-stri del mosaico: la visita alla Basi-lica di S.maria maggiore doverisiede la famosa scuola di mosaicodi Padre marko Ivan Rupnik percapire l’effettiva possibilità di ese-cuzione e dove Ida riceve l’incorag-giamento e la spinta a realizzare ilsuo sogno.Successivamente l’incontro conun’artista che lavora per il restaurodegli antichi mosaici della Basilicadi S. Pietro che, in vari incontri hadonato indicazioni e suggerimentiper l’esecuzione del lavoro. Confortati da questi incontri iniziala realizzazione del disegno nelle di-mensioni richieste che sono abba-stanza vaste. Per questo lavoroviene in aiuto Fabrizio, l’ingegnosofiglio di Ida, che riesce a ingrandirenella misura richiesta l’immaginesacra, ed a sezionarla per creare deisingoli pannelli che, come un puz-zle, possano alla fine formare il di-segno. Questo per favorirel’esecuzione del lavoro che, date ledimensioni avrebbe avuto bisognodi un laboratorio spazioso ma, nellapovertà dei mezzi, l’intera casa diIda ed Ergilio viene messa a dispo-sizione. Ida continua a dire: “Si può

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Storia del “nostro” mosaicoInsieme  per dare nuovi colori e luce alla nostra parrocchia

di Annamaria Rossato

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fare…” perché sa che può contaresull’aiuto e sul sostegno di Ergilio intutte le necessità. La loro generositànon ha limiti. Importante è stato il recupero e lapreparazione del materiale; moltoè stato acquistato ma altrettanto èstato recuperato in vari modi, daicampionari donati da commer-cianti amici, ai residui, alcunianche preziosi perché provenientida murano, che appartenevano alpadre di Ida. Il padre di Ida era un medico den-tista, un valente professionista cheaveva la passione per l’arte del mo-saico e, nelle ore libere si immer-geva in magnifici lavori.Lui è stato un mentore per la figliache ha voluto raccogliere tutto ciòche il padre le aveva insegnato pertuffarsi, per la prima volta, nell’av-ventura di un grande mosaico cherappresenti la Trinità a cui lei èparticolarmente devota.Tutto è pronto: i pannelli con i di-segni, il materiale, che è stato ta-

gliuzzato con pazienza e attenzionein piccole tessere di varie dimen-sioni e forma, da tante persone .Primo fra tutti Ergilio, poi Wanda,Guido, Barbara, Renato, Domenicoe altri.Sono stati aggiunti alcuni sassi epietre che, alla luce della nostrafede, sono permeate di sacralità esignificato perché provengono daluoghi santi. Anche la colla, prepa-rata in casa con il “bimbi” da unaricetta antica, è pronta.Come un vero gruppo di laborato-rio, a turno, nel pomeriggio ci tra-sferiamo a casa di Ida chepazientemente ci insegna la tecnicanecessaria per l’applicazione delletessere. Il lavoro dura molti mesi, ed ha at-traversato momenti di grande entu-siasmo ad altri di rallentamento.All’inizio il detto “fare e disfare ètutto un lavorare” sembrava fattoper noi, ma poi misteriosamente ildisegno appare luminoso e questoci riempie di euforia e di coraggio.

È un lavoro che avanza molto len-tamente, per fare pochi centimetrici si impiega 3-4 ore e non so quan-tificare quante ore, giorno e notte,Ida ha passato su questo lavoro.“Ora et labora”. Frattanto pensaanche alla importante fase finale diaffissione del mosaico alla paretedella Chiesa, e contatta l’arch.milka che mette a disposizione lasua esperienza per la posa in operafornendo operai qualificati e com-petenti.Finalmente giunge la fine e il lavoroviene assemblato nel pavimento delsalotto di Ida.Tutte insieme, in un nostro mo-mento di condivisione di fronte alsignificato del mosaico, in silenzioè nata dal cuore di ognuno di noiuna preghiera di ringraziamentoper questa meravigliosa esperienzache ci ha unito ed ha toccato il no-stro spirito , ci ha aiutato a pene-trare nel mistero della Trinità cheè accoglienza, amore, condivi-sione, comunione.

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Breve lettura dell’iconaDi p. Lucio Boldrin

L’icona della Trinità­di­Rublev esprimetutto il messaggio di San Sergio: in coloree in luce appare a noi la sua preghiera vi-vente e, prima ancora, la preghiera di

Gesù: “...perché tutti siano una sola cosa. Come tu,Padre, sei in me e io in te...” (Gv 17,21). Rublev riescea fare sintesi fra la tradizione della Chiesa ed il donogratuito ricevuto e messo a servizio del popolo deicredenti, per trasmettere l’esperienza della “luce di-vina”. Egli prima ha contemplato con gli occhi dellaChiesa il mistero che desiderava “scrivere”.L’icona della Trinità fu “scritta” dal santo monacorusso Andrej Rublev, nato intorno al 1365 e mortoverso il 1430.Rublev fu testimone di un avvenimento importanteper la storia del suo popolo: mosca guidò la libera-zione del popolo russo dai Tartari, una liberazione be-nedetta ed approvata dalla Chiesa, dai metropoliti ditutta la Russia, da San Sergio di Radonez e dai suoidiscepoli. Rublev si aggregò alla comunità del mona-stero di San Sergio (1313-1392), situato nel bosco diRadonez. Egli apprese dalla comunità segue>

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l’amore per la SantaTrinità, per l’igumeno Sergio, suopadre spirituale, nonché la curaper il monastero e la terra patria.In questo monastero Andrej co-minciò a sviluppare il suo talentonaturale, l’inclinazione per la pit-tura, assieme al monaco DanijlCernij, suo primo maestro, con ilquale Rublev pregava e contem-plava le icone, preparando il suoministero di iconografo. Andrej ac-crebbe il talento donatogli da Diocon un lavoro instancabile e con ilcammino dell’ascesi spirituale, finoa raggiungere “l’armonia dellacomposizione e del disegno, la pu-rezza e la leggerezza delle tinte, lamusicalità delle figure e la loro in-teriorità profondamente religiosa...Nelle opere del beato Andrej laprofondità della rivelazione teolo-gica del tema è rivolta al cuore dichi prega, di chi contempla l’icona”(A. Trubacev).

TRADIZIONEICONOGRAFICATRINITARIAL’icona della Trinità di Rublev siinserisce nella grande tradizioneiconografica trinitaria. Al tempo diRublev la Trinità veniva rappresen-tata sulla traccia del racconto bi-blico di Genesi 18,1-15, nel qualeAbramo ospita i tre angeli pelle-grini, apparsi a lui e a Sara per co-municare la promessa divina diuna discendenza. Le altre icone bi-zantine e russe presentavano que-sto avvenimento con tutti i

personaggi e dettagli dell’acco-glienza e del pasto consumato dagliangeli ospiti. I Padri della Chiesacominciarono a ravvisare negli an-geli le tre Persone della SS. Trinità.Così vennero raffigurate già in S.maria maggiore a Roma (V sec.) ein S. Vitale a Ravenna (VI sec.). ABisanzio e poi in Russia conserva-rono questa tradizione. Rublev li-bera la composizione dai dettaglisuperflui e concentra l’attenzionedi colui che osserva sul profondotema trinitario dell’icona, dando adogni elemento il valore sacramen-tale del simbolo. Egli sicuramenteaveva studiato i temi biblici riguar-danti Abramo e le diverse interpre-tazioni dei Padri, per arrivare aduna interpretazione puramenteneotestamentaria della SS. Trinità.L’obbedienza di Abramo, fedele aDio fino all’accettazione del sacrifi-cio del figlio Isacco, diventa l’obbe-dienza del Figlio Cristo a DioPadre, fino alla morte. Il Padredeve consegnare alla morte il Figlioe il Figlio deve vuotare questo ca-lice. L’icona della Trinità di Rublevdiventa il modello canonico dellarappresentazione della Trinità. Nel1551 il Concilio dei Cento Capitoliraccomandava agli iconografi di di-pingere le icone della Trinità ba-sandosi su questo modello, chedefinì "l’icona delle icone"StrutturaGeometricaCome ogni icona, anche questa è"scritta" su una struttura geome-trica precisa, nella quale ogni ele-mento ha una proporzione stabilita

rispetto agli altri e trova il suo postosecondo il suo significato e il suo va-lore simbolico. Questa struttura dàun equilibrio ed un’armonia a tuttala raffigurazione. Tutta la composi-zione dell’icona di Rublev è co-struita sulla croce, che costituisce lastruttura geometrica principale;l'asse verticale congiunge l’albero, latesta dell’angelo centrale, la coppaed il rettangolo dei martiri. Gli an-geli sono racchiusi dentro un cer-chio che indica pienezza eperfezione e sottolinea la circolaritàdegli sguardi d’Amore delle Tre Per-sone. La mano dell’angelo centraleè il centro della circonferenza cheraccoglie le tre teste.Anche la coppa, con la testa del-l’agnello, posta sopra l’altare, èiscritta in un cerchio. La testa del-l’angelo centrale forma la punta deltriangolo, la cui base si colloca sullalinea inferiore della tavola-altare. Ilsecondo triangolo è rovesciato: lasua base superiore posa sulle testedegli angeli laterali e contiene nelvertice inferiore la fessura rettango-lare dell’altare, luogo delle reliquiedei martiri. La coppa del sacrificiodi Cristo è offerta sui corpi offertidei suoi fratelli. Lo spazio compresotra i due angeli laterali assume laforma di un calice che sale dalbasso: il Padre e lo Spirito Santosono coloro che contengono ilCorpo di Cristo ed il Suo Sangue.

I­TRE­ANGELII tre angeli, perfettamente ugualie tuttavia diversi, rappresentanoun solo Dio in tre Persone: ilPadre, il Figlio e lo Spirito Santo.E’ proprio della Santa Trinità es-sere una ed indivisibile, nella suaessenza e nelle sue manifestazioni,pur nella diversità delle Persone.Conosciamo il Padre attraverso ilFiglio: "Chi vede me vede il Padre"(Gv 14,19). Conosciamo il Figlioattraverso lo Spirito: "Nessunopuò dire Gesù Cristo è il Signore,se non per mezzo dello SpiritoSanto" (1Cor 12,3).Gli scettri identici indicano ap-punto ’uguaglianza del potere, dicui ciascun angelo è dotato. La di-versità è data dai colori delle vesti,

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<segue

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ma soprattutto dall’atteggiamentopersonale di ciascuno verso glialtri. Nell’angelo di sinistra è rico-nosciuta la figura del Padre, nel-l’angelo centrale quella del Figlio enell’angelo a destra la figura delloSpirito Santo.

IL­PADRE­L’angelo di sinistra, il Padre, in-dossa un mantello color lilla soprauna tunica azzurra, simbolo dellaSua divinità. Il lilla è un colore sfu-mato, evanescente, quasi traspa-rente, segno del mistero e dellatrascendenza. Il suo mantello è ap-poggiato sulle due spalle, a diffe-renza del Figlio e dello Spirito,perché Egli non è inviato, ma inviagli altri due. Questo suo invio è in-dicato anche dal piede sinistro, chesembra iniziare un passo di danza.Tutto converge verso di lui, comeverso la sorgente: gli altri due an-geli, la roccia, la casa, l’albero. E’statico, diritto, perché questa per-sona è origine a se stessa, è il segnodella maestà ed il riferimento pergli altri due angeli. Il gesto dellamano e lo sguardo sembrano affi-dare una missione al Figlio che l’ac-coglie, curvo, in senso di consenso.Le Sue mani non toccano la terra-altare, ma la benedice con le duedita alzate della mano destra; Eglinon è nel mondo. Il capo inclinatoindica che Egli raccoglie l’offertaamorosa del Figlio.

IL­FIGLIOL’angelo centrale, l Figlio, indossala tunica ocra del colore della terra,simbolo della natura umana as-sunta nell’Incarnazione; il man-tello azzurro è segno della naturadivina ed è appoggiato solo su unaspalla, perché Egli è inviato dalPadre. La stola gialla indica la mis-sione vittoriosa del Cristo "sacer-dote", che ha dato se stesso per lasalvezza del mondo ed è risorto. IlFiglio è appena salito al cielo e stacomunicando con il Padre riguardoalla missione che ha compiuto.Il suo corpo ricurvo e lo sguardod’Amore rivolto verso il Padre indi-cano l'accettazione e la docilità allavolontà paterna.

La sua mano destra, appoggiataalla terra-altare, è la più vicina allacoppa dell’offerta, perché Egli èquell’offerta simboleggiata dallatesta dell’agnello; la mano ripro-duce il gesto di benedizione delPadre e l’atto di appoggiarla allaterra-altare indica la sua discesanel mondo, attraverso l’Incarna-zione. Le due dita sono appunto ilsimbolo della sua duplice natura:Egli è pienamente Dio e piena-mente uomo.

LO­SPIRITO­SANTOL’angelo di destra, lo Spirito Santo,indossa sopra la tunica azzurra,simbolo della sua divinità, un man-tello verde acqua che è il coloredella vita, della crescita e fertilità.Nel campo spirituale il verde è sim-bolo della forza vivificante delloSpirito, che ha resuscitato Cristo edha comunicato al mondo la pie-nezza del significato della Resurre-zione. Egli è colui che dà vita.Questo angelo ha l’espressione piùriservata delle tre persone. La suafigura è più piegata sulla mensa, inatteggiamento di ascolto, umiltà edocilità. Ci rivela un aspetto nuovodell’Amore, tipicamente femminile:l'accoglienza e la custodia. La suamano cadente sulla terra - altare in-dica la direzione della benedizione:il mondo cui lo Spirito dona Vita.Lo Spirito sta partecipando profon-damente al dialogo divino ed èpronto per essere inviato nelmondo a continuare l’opera del Fi-glio. Il mantello appoggiato solo suuna spalla ed il piede, che sta ri-spondendo alla danza iniziata dalPadre, sono simboli del suo accin-gersi a partire per la missione affi-datagli: "Quando però verrà loSpirito (dice Gesù), Egli vi guideràalla verità tutta intera... dirà tuttociò che avrà udito e vi annunzierà lecose future" (Gv 16,13).

ALTRI­ELEMENTIDietro il Padre si vede la casa diAbramo, divenuta tempio, dimoradel Padre e simbolo della Chiesa,sua figlia, perché "corpo" di Cristo,secondo la teologia paolina. Laquercia di mambre è simbolo del-

l'albero della vita: quel legno dellacroce sul quale il Cristo ha offertola propria vita per la salvezza del-l'umanità. La roccia-monte dietrolo Spirito è insieme simbolo di pro-tezione , di luogo "teofanico", cioèluogo dove Dio si manifesta e sim-bolo dell’ascensione spirituale. Ilvitello offerto nel vassoio da Sara èdiventato coppa eucaristica. L’oro,simbolo della luce divina Il fondo ele aureole (nimbi) d’oro sono sim-boli della luce divina La luce nel-l’icona non è naturale, maspirituale Proviene dalla grazia ri-cevuta, per mezzo dello Spirito,prima dall’iconografo, nella con-templazione del mistero da rappre-sentare, poi da chi contemplal’icona con lo stesso atteggiamentodi preghiera.

ATTEGGIAMENTO­DIPREGhIERACome in ogni icona orientale, ipunti di vista dell’artista e dellospettatore non coincidono; le lineenon convergono verso l’occhio dichi guarda, ma, secondo la prospet-tiva inversa, l’icona si apre a chi lacontempla, invitando ad un movi-mento di avvicinamento verso ilpunto di vista dell’autore dell’icona.L’atteggiamento giusto di fronte adogni icona è quello della preghierae della contemplazione, come da-vanti ad una finestra aperta sul tra-scendente. L’icona non si può diremai del tutto compiuta; l’ultimotocco spetta a chi la guarda, a chi sipone innanzi ad essa con atteggia-mento di umile ascolto.L’icona è dialogica per natura, per-ché ci invita ad entrare in dialogocon il mistero rappresentato. Vor-remmo perciò accogliere l’invito asederci a tavola con i Tre, con essipartecipare alla sacra conversa-zione, cogliere e fare nostro loscambio di Amore e comunione trale Tre Persone. Vorremmo fare no-stro il messaggio di questa icona,che è quello del Cristo di Gv 17,20-21: "Prego... perché tutti siano unasola cosa. Come tu Padre sei in mee io in te,siano anch’essi in noi unacosa sola, perché il mondo credache tu mi hai mandato".

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“Clima perfetto. Acqueincontaminate. Pae-saggi  mozzafiato.Architettura  mae-

stosa. Piante e animali esotici” èquesto lo slogan che sovente invitai turisti a recarsi nella Repubblicadi Cuba, uno splendido arcipelagocollocato nel mezzo del mar deiCaraibi, il cubanacán appunto. Quello che però riserva una visitaall’isola non è facilmente descri-vibile dalle foto nè tanto meno daquanto può produrre la mentefervida di un pubblicitario. met-tendo piede sull’isola già si co-mincia a respirare l’aria di unastoria che sembra essersi fermataalla fine degli anni ‘50 quando,

quello che verrà chiamato il “Lea-der maximo”, entrò trionfanteall’Havana congelandone di fattola sua storia.Ma­è­vero?­La­storia­si­è­ve-ramente­ fermata?­ L’em-bargo­ che­ va­ piano­ piano“distendendosi”­traghetteràCuba­ e­ i­ Cubani­ tranquilla-mente­nel­XI­secolo?Queste domande vengono sponta-nee non appena si cerca di andareoltre quei colori vivaci delle autoche circolano nell’Havana o nonappena il soave profumo di un“Esplendido” si dissolve nell’aria.ma le risposte non sono così im-mediate nè tantomeno scontante.Sebbene gran parte dei turisti pas-

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Verso la fine dell’embargotra luci ed ombredi Federico e Fabrizio

Impressioni di un viaggio a Cuba dopo l’annunciodella possibilità della fine del blocco commerciale

«Mettendo piedesull’isola già sicomincia a

respirare l’aria diuna storia chesembra essersifermata alla finedegli anni ‘50quando Fidelentrò trionfanteall’Havana»

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sino le loro ore di relax e svagonelle strutture ricettive e standar-dizzate dei “Cayos” le piccole isoleche compongono l’arcipelago diCuba è proprio percorrendo illargo e soprattutto in lungo l’isoladi Cuba che si riesce a capire cheforse Cuba e i Cubani rimarrannofedeli a se stessi embargo o meno. Le evidenti difficoltà del viverequotidiano che l’occhio di un turi-sta non mancheranno di notare,alla vista di un abitante dell’isolarappresentano l’occasione per darefondo a tutte le risorse che la fer-vida mente e fantasia umana rie-scono a produrre, ecco quindi cheuna macchina in panne ferma sullato della strada miracolosamente

riparte grazie all’intervento di unpassante che si ferma a prestareaiuto al concittadino malcapitato.,utilizzando quanto è disponibile almomento.ma è indubbio che gli effetti del-l’eliminazione dell’embargo modi-ficheranno la “morfologia”dell’isola, non è realistico pensareche i cubani continueranno adusare le loro colorate e “fumanti”Cadillac degli anni ’40 a discapitodi una fiammante utilitaria munitadi impianto stereo e aria condizio-nata oppure gli empori di Statocon gli scaffali perennemente vuotiche si riempiranno di tutte quelleutili e indispensabili mercanzieche riempiono un moderno centro

commerciale occidentale. ma i cu-bani saranno pronti a tutto ciò?Guglielmo, una simpatica guidaturistica che col mondo occiden-tale “vive” a stretto contatto por-tando tutto l’anno turisti su e giùper l’isola ci dice che Cuba rimarràuguale a se stessa, sottolineandouna certa indolenza del popolo cu-bano che nonostante abbia supe-rato almeno tre dittature (anchese, oggi, dobbiamo sempre riferircialla Repubblica Cubana…..) difatto non ha modificato quel che èil suo modo di vivere e pensare alla“giornata”.L’augurio­che­rivolgiamo­agliamici­ cubani­ è­ che­ il­ fiumedella­modernità­non­travolgale­loro­vite­con­l’irruenza­chepotrebbe­ avere­ un­ improv-viso­ acquazzone­ dopo­ de-cenni­di­ siccità,­ma­che­essipossano­ abbeverarsi­ concalma­a­quanto­di­meglio­ lamodernità­possa­metter­lorodinanzi­avendo­la­tranquillitàper­ apprezzarne­ vantaggi­ ebenefici­ senza­ perderequanto­di­meglio­esiste­ne…“L’Autentica­Cuba!!!!.”

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Khan viene dal Bangla-desh, ha 34 anni e datre vive in Italia. Assuntocome lavapiatti, è oggi

aiuto cuoco in un noto ristorantedel quartiere Africano di Roma. Danove mesi è avvenuto il ricongiun-gimento familiare con la sua gio-vane moglie, Fareya, che sorridecon la bellezza che da sempre con-traddistingue le donne che portanoin grembo una nuova vita. mi rac-contano che vivono in una stanza,all’interno di un appartamentocondiviso con altri due connazio-nali.Per Rinalyne, 38 anni delle Filip-pine, il ricongiungimento è avve-nuto dopo quattro anni. Lei è inItalia da sette mesi e parla conmolta difficoltà la lingua italiana.mi dice che il marito lavora comemagazziniere in una grande catenadi supermercati e hanno due figli,di 13 e 16 anni, che frequentano lescuole medie.Anche Salaha viene dal Bangla-desh (quest’anno è una vera on-data di asiatici…), ha 30 anni e haraggiunto dopo cinque il marito,che lavora come meccanico in unaofficina specializzata. È arrivatanel nostro paese da otto mesi, in-sieme alle sue bambine di 10 e 4anni. La più grande frequenta lascuola italiana e aiuta la mammafacendosi interprete linguistico trale nostre domande e le sue rispo-ste. Khan, Rinalyne, Salaha sono trestudenti che frequentano la classedi alfabetizzazione della Scuola diitaliano per stranieri “Nino­An-tola”, presso la Parrocchia SS. Tri-nità a Villa Chigi di Roma, doveinsegno da circa dieci anni, in-sieme ad altri volontari. La scuolaopera fin dagli anni Novanta e sipropone quale luogo di accoglienzae di prima formazione per gli stra-

nieri da poco trasferiti in Italia. Icorsi sono gratuiti e prevedono di-versi livelli, oltre ad una sezioneappositamente dedicata ai ragazzidagli 11 ai 16 anni. Otto mesi di in-tenso lavoro, di serrato impegnoda parte di insegnanti a fiancodegli stranieri provenienti da ogniparte del pianeta: Filippine,Bangladesh,­Repubblica­Do-minicana,­Cina,­Tunisia,­Ma-rocco,­ Perù,­ Libia,­ Egitto,Moldavia,­ Thailandia,­ Rus-sia,… L’inizio dell’anno scolastico, nelmese di ottobre, è sempre un po’incerto per la scarsità di presenze,ma in poco tempo arriva a pienoregime con le aule completamenteaffollate. È il famoso “passa pa-rola” fra gli studenti, che funzionameglio di qualsiasi altra forma dipubblicità. Pertanto, accogliamo inogni momento immigrati, soprat-tutto quelli da poco arrivati in Ita-lia. È questo l’aspetto più criticoper la didattica, perché costringegli insegnanti a ritornare sui propripassi, a riprendere lezioni già av-viate e a ripensare gli strumenti diapprendimento per risponderemeglio alle istanze dei nuovi arri-vati.Questo elemento si fa ancora piùcritico nella classe di alfabetizza-zione, caratterizzata dalla presenzadi immigrati con eterogenea for-

mazione culturale. Alcuni parlanomolto bene l’italiano, essendo sta-bili da tempo nel nostro Paese, manon sanno ancora leggere e scri-vere; altri non lo parlano affatto,perché arrivati da pochi mesi, senon addirittura giorni, ma possie-dono una elevata scolarizzazionedel loro paese d’origine che li favo-risce nell’apprendimento della lin-gua; infine, la parte più disagiatadegli studenti che non ha mai rice-vuto alcun tipo di formazione nep-pure nel loro paese natale. È lafascia dei più poveri, cultural-mente parlando, che richiedonouna maggiore attenzione e impe-gno da parte del corpo insegnante.A qualcuno di loro è stato necessa-rio dedicare del tempo per aiutarlia esercitare la corretta pressionedella penna sul foglio… Nella scuola d’italiano facciamo iconti con la povertà intesa comevuoto culturale, che non si traducesempre e solo con il disagio econo-mico.Ho impiegato del tempo per com-prendere la portata reale del con-cetto povertà. All’inizio il mioentusiasmo e la voglia di cambiarele cose hanno animato il mio vo-lontariato, ma non ero ancora‘dentro’ al problema. Gli anni mi hanno aiutato a matu-rare una visione più realistica dellapovertà culturale, che si declina inmultiformi aspetti, come non es-sere in grado di leggere il bugiar-dino di una medicina, non com-prendere la diagnosi del medico alpronto soccorso dell’ospedale, ladifficoltà nella com pilazione di unmodulo.La Scuola però vuole essere anchequesto: luogo di ascolto e di acco-glienza. Occorre fermarsi perascoltare, ascoltare per compren-dere, infine scoprire che di frontea me ho il Cristo che dice ancora

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Un alfabeto poverodi Maria Pia Parenti

Scuola d’italiano per stranieri della nostra parrocchia

“Quando si èmessa la propriamano nella manodei poveri, allora sitrova la mano diDio nella propria”(Abbé Pierre)

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una volta: “Ogni voltache  avete  fatto  qual-cosa a uno solo di que-sti  miei  fratelli  piùpiccoli, l’avete fatto ame”. E come ci insegna SanPaolo: “…non si trattainvero di disagiare voiper sollevare gli altri,ma perché vi sia egua-glianza; nel momentoattuale  la  vostra  ab-bondanza scende sullaloro  indigenza,  ondevi  sia  eguaglianza”(2Cor. 8, 13). LaScuola di italiano ciconferma la validitàdel pensiero di SanPaolo: aiutare a “solle-vare” uno straniero adintegrarsi nell’am-biente culturale, so-ciale ed economico incui vive. Per esperienza personale, posso af-fermare che la scuola di italiano èdiventata un luogo privilegiato perpiccoli e grandi miracoli. I piccolili sperimento alla fine di ogni le-zione, quando riconosco i pro-gressi dei miei studenti, il loroimpegno e la loro assiduità (cheper un insegnante è motivo di gra-tificazione e di motivazione), poidai loro sorrisi riconoscenti.Per i grandi miracoli, mi piace rac-contare questa storia. Quest’annoha frequentato il mio corso una si-gnora egiziana di 48 anni di nomeRiham. Dotata di una brillante in-telligenza, si è impegnata al mas-simo, seguendo le lezioni conassiduità e grande attenzione, po-nendoci spesso domande sullenuove parole ascoltate alla radio oalla televisione. A metà percorsoscolastico, Riham non si è più pre-sentata, destando in noi un po’ dipreoccupazione e dispiacere.Quando è ritornata, ci ha raccon-tato che era tornata in Egitto perl’aggravarsi delle condizioni di sa-lute del padre. Il suo volto era visi-bilmente provato e tradiva lasofferenza di quei giorni. Al ter-mine della lezione, Riham si avvi-

cina e, con gli occhi lucidi, ri-prende a parlare della difficile si-tuazione di salute del padre. Primadi congedarsi mi chiede di pregareper lui. Quella sera sentivo chequalcosa di straordinario era avve-nuto ed era successo proprio a me,il fatto cioè che una donna musul-mana avesse chiesto ad una donnacristiana cattolica di pregare per ilsuo genitore. Nell’intima e dispe-rata sofferenza si riconosce cheesiste un solo Dio che si offre adogni essere umano. E la preghieraviene ‘riconosciuta’ come univer-sale, senza l’egida di una religione,ma dialogo fra l’uomo e Dio, quel“Io sono” offerto a tutte le suecreature.Per me è stato un momento di gra-zia, di ampio respiro, di gioia ine-sprimibile, un vero e propriomiracolo!ma non finisce qui. L’anno prece-dente aveva frequentato il corso ilmarito di Riham, Salem, il qualeaveva incoraggiato la moglie per-ché frequentasse la nostra scuola.Quando è tornato a trovarci in-sieme alla moglie, ci hanno invi-tato a casa loro per una cena, allaquale ne sono seguite altre, anche

nel periodo del Rama-dan, perché volevanofarci assaporare i tra-dizionali cibi stabilitiin quel periodo. Nelcorso di queste ceneabbiamo parlato alungo, aiutandocianche con l’inglese, eabbiamo vissuto mo-menti di esaltante ami-cizia. In una di questeserate si è affrontato iltema religioso e Salemci ha guardato tenera-mente offrendo la suariflessione e cioè che,seppure­ profes-siamo­ religioni­ di-verse,­ uno­ solo­ èDio. Ci siamo guardatiin volto, tacitamentesorridenti, consapevoliche questa era l’unica eautentica possibilità.ma, affermato da un

musulmano, fa un certo effetto. La storia di Salem e Riham induceun sano ottimismo riguardo iltema dell’integrazione; ma è unastoria che stride fortemente con irecenti attentati di Parigi. I tragici fatti della Capitale fran-cese mi hanno profondamente tur-bato e disorientato, provocandosentimenti di sgomento, incredu-lità e rabbia. Lo riconosco, non rie-sco a trovare parole di pace inquesto tempo di guerra. Un tempoche Papa Francesco ha definito “unpezzo di terza guerra mondiale”.Parole da far venire i brividi. ma ifatti di Parigi sono accaduti e dob-biamo tutti fare i conti con questarealtà, primi fra tutti l’Europa e igoverni nazionali nell’approntarenuove strategie e responsabilità. Ionon posso e non voglio entrare nelmerito, ma una cosa ci tengo adirla e con fermezza: non pos-siamo abbandonare i poveri.Sono i poveri la primizia evange-lica che ci provoca nella sfida quo-tidiana di un autentico apostolato.E ciò che testimonia che “dove c’èun vero cristiano,  là c’è Dio, è  ilfatto che il povero non è più ab-bandonato” (Abbé Pierre).

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Un’alba si svegliava pianopiano sul raccordo,come tutti giorni s’alzavaincerta per poi lasciare il

posto all’azzurro di una soleggiatae normale mattinata estiva, una diquelle che, da studente, confonditra tutte le altre, ugualmente imbe-vute della libertà, portabandiera diquesta parte dell’anno. Io quell’albanon la dimenticherò mai più, quel-l’alba ha sconvolto la mia vita, persempre, quell’alba mi ha preso permano e mi ha accompagnato a Fiu-micino, per poi salutarmi dalla pic-cola finestrella di un aereo enorme,l’aereo per Singapore. Il mio stato d’animo era un arcoba-leno di sentimenti contrastanti,emerso dopo la pioggia degli ultimiabbracci umidi di commozione, unarcobaleno che ti sbrighi a fotogra-fare, perché presto scomparirà, echissà se lascerà il posto al sole omeno. Il secondo ricordo indelebile è lasensazione addosso appena uscitada quell’aeroporto megagalattico,quando realizzi che oramai sei lì,

non si tratta più di colorare qualchecartolina di un posto lontano e ir-reale, ma di caricarsi i 40 kg di va-lige varie ed entrare in scivolata suquella che è improvvisamente di-ventata la tua vita per i mesi a ve-nire. Il primo impatto che ho avuto èstato quello di una cultura così di-versa, mistica ma ordinata, schivama pronta ad aiutarti in caso di dif-ficoltà, il tutto intriso in quell’umi-dità, tra l’80 e il 90%, che fa da con-dimento a questo incredibilemelting-pot di cinesi, indiani, eu-ropei…La spesa al supermercato frutto piùdel caso che di una scelta ben pre-cisa, il divieto assoluto di bere omangiare nei mezzi pubblici, la ven-dita vietata di gomme da masticare,l’ordine nel fare la coda, nell’aspet-tare sempre e comunque il verde alsemaforo, la dipendenza da smart -phone, tutte queste cose pianopiano sono entrate nella mia sferadel quotidiano, prendendo il postodelle tradizioni, del chiasso allegro,della continua gara a “fregare” tutti

quanti che contraddistingue il no-stro bel paese. Se mi sia piaciuto? È un bel mondo,l’ordine piace a tutti, la funzionalitàdi ogni servizio è devastante. maogni volta che incontravo una fami-glia europea, cercavo negli occhi diogni membro quella forza, quellaferma volontà di lasciare tutto e difare un passo così grande, forza cheio, all’indomani del mio semestrelì, non avrei. I giorni a Singapore cadevano ve-loci, spinti dai frenetici week endalla scoperta del Sud-Est Asiatico,viaggi in cui, con altri 3 ragazzi dellamia università, ci si trapiantava inculture differenti, perdendo ognisorta di preconcetto, fotografandoestasiati allegre famiglie locali, po-vere, senza nulla, o forse con tutto,il sorriso. Ma­la­cosa­più­bella­non­è­stataogni­ singola­meta,­ma­ il­ ve-dere­ il­ cambiamento­ inognuno­di­noi,­l’adattarsi­a­cir-costanze­così­forti­e­diverse,­aiviaggi­notturni­in­autobus­so-vraffollati­dalla­popolazione

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Non c'è niente di più verodi un miraggio di Diletta Topazio

EXCHANGE:120 giorni nel Sud-Est asiatico.

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locale,­al­vivere­giornate­interesenza­rete­al­cellulare,­al­sensodi­ libertà­quando­si­ vaga­nelnulla,­o­almeno­quel­ “nulla”secondo­ il­ nostro­ concetto,forse­un­concetto­un­po’­pre-suntuoso­da­sostenere. ma entriamo ora un po’ più nellospecifico…MALESIA. Dopo 6 ore di autobuse 2 ore di traghetto siamo sbarcatiin un’isola semideserta, con un solohotel, qualche baracchetta per faresnorkeling (nuotare con la ma-schera fino a 5 mt di profonditàndr), la giungla e le scimmie ac-canto ad un’acqua cristallina. Unsenso di pace e distacco da tutto etutti, un week end di tramonti e albea poche ore dal trambusto del-l’avanguardia Singapore.ThAILANDIA. Cinque giorni difull immersion a Bangkok,vibrante capitale sempresveglia, dalle rovine dellacittà imperiale, agli immensitempli buddisti, immersi inun silenzio mistico, fino almercato galleggiante in cui,come in una piccola Venezia,si compra la frutta sciabor-dando da una “gondola” al-l’altra. La sua vita notturna,animata da numerosissimispettacoli tenuti da piccolescimmiette ammaestrare,forse la elegge a Ibiza delSud Est asiatico, al pari solodi Bali. INDONESIA,­ BALI. Un must.Tante le aspettative che vengono ri-poste su questa verde isoletta, dallatradizione e cultura così rinomata,seppur agnostica, caratteristicamolto rara nelle nostre mete di viag-gio. Se dovessi scegliere un’imma-gine che mi sia rimasta impressa si-curamente opterei per le immenseterrazze a risaie, sempre illuminatedal sole, ma farei un gran torto allacarismatica Ubud se non citassi ilsuo sacro santuario “monkey Fo-rest”, un’area popolata da circa 600esemplari di macachi e basata sulprincipio della religione hindu dellacongiunzione del benessere fisico epsichico con il regno naturale cir-costante. Passeggiando per questo

luogo irreale si sente una pace in-sita, uno stato di quiete profonda,così difficile da riprodurre su carta…CAMBOGIA.Alla scoperta di que-sto Stato meno conosciuto abbiamodeciso di passare la nostra setti-mana di vacanza a metà semestre,visitando prima la caotica capitalePhnom Penh, tristemente nota perlo sterminio causato dalla dittaturacomunista dei Khmer Rouge, capacidi trucidare in circa 2,5 milioni dipersone tra lavori forzati, carestie euccisioni di massa, in soli 4 anni,alla ricerca di un’autarchia irrag-giungibile. Una terribile paginadella storia che è stata e tuttoraviene tenuta lontana dagli occhi oc-cidentali, inspiegabilmente. Più anord ci siamo invece persi nelle me-raviglie del sito archeologico di An-gkor, nei pressi di Siem Reap, 400

km² di templi buddisti e induisti ri-salenti al periodo compreso tra ilIX e il XV secolo, lasciati miracolo-samente intatti dal tempo, cullatida una verde vegetazione che rendedelle rovine così datate stranamenterigogliose. L’atmosfera magicadell’area patrimonio dell’Unescosembra quasi negare tutte le atro-cità che qualche giorno prima ciavevano segnato, camminando peri Killing Fields, i campi di sterminiodove tutt’ora emergono ossa abban-donate sul selciato. hONG­KONG. Cina o forse no?La città gode di una semi-indipen-denza, utilizza una moneta propria,parla la lingua cantonese, diversadal classico cinese mandarino. Lapiazzerei a metà strada tra Singa-

pore, ben più funzionale e fredda,distaccata, e la culla di tradizioneCina. Lo skyline più bello che io ab-bia mai visto, decine e decine digrattacieli, sedi di banche, tutti co-struiti seguendo precise direttive le-gate alla cultura dello “yin e yang”,e piccoli templi taoisti subito ac-canto. È senza dubbio la meta culi-naria che più mi ha affascinato, of-frendoci pasti solo muniti dibacchette, dell’amaro tè caldo comebevanda nonostante i 28 gradi circa,una vastissima gamma di riso enoodles, ben diversi da quelli piùoccidentalizzati a cui siamo abituatiandando ad un normale ristorantecinese. Se ve lo state chiedendo, no,non ho mangiato né cane né gatto,entrambi alimenti vietati ad HongKong, ma rane e pinne di squalosono pietanze comuni.

MyANMAR­ o Birmania,secondo il vecchio nome. Unpaese ancora semi inesplo-rato, le cui frontiere sonostate aperte ai turisti solo re-centemente, una real tà au-tentica, dalla famosa Pagodad’Oro della capitale Yangoonalla valle dei templi di Ba-gan, più a nord. Un viaggiototalmente diverso dai pre-cedenti, il più bello, un dul-cis in fundo di albe e tra-monti nel silenzio dellanatura, silenzio che nessunoriesce a disturbare, feno-

meno così irreale e suggestivo. Acausa della dittatura militare, a cuiil premio Nobel per la Pace 1991Aung San Suu Kyi si è fermamenteopposta, ogni visita estera è stataostacolata fino al passato recente, eprobabilmente proprio questoaspetto ha reso tale meta così di-versa dalle altre. Quattro mesi sono volati, ogni sin-golo giorno, viaggio o immagine èrimasto scolpito nel mio cuore, ognivolto, ogni sorriso, ogni riflessionehanno colorato questa esperienza,bellissima ma non tra le più sem-plici. Fino all’adrenalina del motore del-l’aereo che si gonfia, che grida fortela sua potenza, spiccando il volo,verso casa.

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Il principio secondo cui “è me-glio prevenire che curare”non lo si dovrebbe seguiresolo in campo medico ma, se

applicato con la giusta misura an-che ad altri aspetti del vivere quo-tidiano, potrebbe risultare di sicuroausilio per evitare situazioni spia-cevoli e gravose, capaci di minarela nostra a volte già precaria sere-nità. Questo preambolo per intro-durre l’argomento di cui desideroparlare brevemente e cioè l’attualedeprecabile modus  operandi dimolti amministratori di condomìniche, lungi dal perseguire la correttagestione economico-finanziariadella cosa comune, svolgono invecela propria attività con il precipuoscopo di lucrare e danneggiareignari condomini che in lui ave-vano riposto la fiducia.Il­ fenomeno­purtroppo­si­ ri-scontra­in­crescita:­sarà­forseil­ degrado­ dei­ costumi­ o­ lacrisi­ economica­degli­ ultimianni,­sta­di­ fatto­che,­se­unavolta­ l’amministratore­diso-nesto­ rappresentava­ l’ecce-zione,­ora­non­dico­sia­la­re-gola­ma­il­rischio­di­incapparenel­ personaggio­ sbagliato,nella­ fase­di­ selezione­ e­no-mina­di­colui­che­dovrebbe­es-sere­un­professionista­serio­ecapace,­è­quanto­mai­elevato.Superfluo sottolineare come legrandi città siano il terreno più fer-tile per la mala gestio di tali indi-vidui e questo sia per l’enormequantità di stabili condominiali cheobbligatoriamente necessitano diun amministratore (fino ad ottocondòmini se ne può fare a meno!)e sia per il fatto che, anche se re-vocato da un incarico per cattivagestione, il soggetto poco racco-mandabile può trovarne agevol-mente un altro, magari in una zonadiversa dove non è conosciuto. È

innegabile il fatto che quando unposto da amministratore di condo-minio è vacante, si scatena unasorta di tam tam per cui su quelcondominio piovono una serie in-numerevole di candidature tra lequali i condomini debbono obbli-gatoriamente districarsi, il piùdelle volte senza avere gli elementisufficienti per effettuare una sceltaconsapevole, scelta che, nel caso sirivelasse sbagliata, sarebbe sicurafonte di perdite .Al riguardo occorre sottolinearecome la recente riforma dellenorme che regolano i condomìni,entrata in vigore nel 2013, ha deli-neato la­figura­del­“nuovo”­am-ministratore prevedendo dei re-quisiti a tutela degli amministratiovvero il possesso almeno di undiploma secondario­di­studio,la­ frequenza­ di­ un­ corso­ diformazione­iniziale­all’attivitàe,­cosa­molto­importante,­l’ac-certamento dei­ requisiti­ dionorabilità. Peccato che i primidue siano richiesti solo alle newentry  e non abbiano toccato chi,all’entrata in vigore della riforma,già aveva svolto l’attività di ammi-nistrazione per almeno un anno equesto significa un universo di am-ministratori che tranquillamente,nel terzo millennio, può operaresenza alcun titolo di studio!Quanto ai requisiti di onorabilità,sottolineo il fatto che questi atten-gono alla sfera penale mentre il piùdelle volte i reati di cui si mac-chiano gli amministratori disonestiriguardano la sfera civile e più pre-cisamente la formazione di un de-ficit nel patrimonio condominialei c.d. “buchi di bilancio”, e par-liamo di gestioni che per loro na-tura non possono che chiudere inpareggio.La triste situazione che si prospettaè quasi sempre la stessa e cioè:

nella migliore delle ipotesi in cui,a seguito del giudizio promosso dalcondominio nei suoi riguardi, l’am-ministratore sia condannato allarifusione di quanto sottratto inde-bitamente al patrimonio, dati itempi lunghi della giustizia, diffi-cilmente il mal tolto potrà essererecuperato; nel frattempo infatti ildisonesto si sarà abilmente disfattodi ogni suo avere, risulterà nullatenente e non esisterà più materiasu cui rivalersi. Ne consegue chedovranno essere gli stessi condo-mini ad autotassarsi per coprire “ibuchi” lasciati dal così detto pro-fessionista, pena il commissaria-mento del condominio stesso.Se questa è la situazione che sitrova a fronteggiare un numerosempre più crescente di condo-mìni, sarà bene pensare a qualcheaccorgimento per limitare al mas-simo i rischi connessi ad una cat-tiva gestione, agendo tempestiva-mente per far si che il “il recintovenga chiuso prima che i buoisiano scappati!”. Ecco qualche sug-gerimento.Intanto, in­un’ottica­di­preven-zione, deve considerarsi con sod-disfazione la nuova previsione in-trodotta dalla sopra ricordatariforma della materia condomi-niale, giacché l’articolo­1129­delcodice­ civile­ ora­ prevede­ lapossibilità (da sfruttare al me-glio!) per­l’assemblea­di­subor-dinare­ la­nomina­dell’ammi-nistratore­alla­presentazioneai­ condomini­di una­polizzaindividuale­di­ assicurazioneper­la­responsabilità­civile­pergli­ atti­ dal­ medesimo­ com-piuti­nell’esercizio­del­man-dato. Inoltre, la­legge­stabilisceche­l’amministratore­è­tenutoall’adeguamento­ dei­ massi-mali­ della­ polizza­ in­ que-stione­se­nel­periodo­del­suo

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L’amministratore è onesto?Condominio: come proteggersi da brutte sorprese

di Rita Salvi

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incarico­ l’assembleadeliberi­ lavori­ stra-ordinari.Tornando alle accor-tezze preventive, innan-zitutto è necessario as-sumere un correttoatteggiamento mentalenei confronti della ma-teria condominiale. mispiego meglio: liberiamo la mentedal fatto che la gestione del con-dominio è cosa a noi estranea e dicui ci possiamo disinteressare,nella presunzione che tanto qual-cun altro ci pensa, che gli ammini-stratori, più o meno, lucrano sem-pre, che la contabilità non è lanostra materia, che le assembleerappresentano una seccatura e unaperdita di tempo e così via. Se­pre-stiamo scarsa­attenzione­allequestioni­ condominiali­ per-mettiamo­a­chi­mal­ci­governadi­perseverare­nel­malaffarefino­a­quando­questo­assumeproporzioni­tali­da­emergerein­tutta­la­sua­pesante­gravità.A quel punto lamentarsi non servepiù a nulla. Ricordiamoci che lad-dove si ge sti scono risorse finanzia-rie, lì, più che altrove, si può anni-dare la disonestà!Non è necessario essere degliesperti contabili per prendersi curadei propri beni, magari frutto deisacrifici dei nostri genitori se nondei nostri nonni! L’importanteè­ evitare trascuratezza­ e­ di-sinteresse. In ogni condominioè utile individuare un consiglierecon specifiche competenze a cuipossono essere rappresentati tuttii dubbi sulla gestione. Sarà suocompito effettuare le verifiche etutti i necessari approfondimentiche ha diritto di svolgere.Un momento importante, in casodi avvicendamento, è la nominadel nuovo amministratore. I can-didati aspiranti sono sempre tantied è veramente difficile orientarsinella scelta basandosi solo sui cur-ricula e le interviste. Tutti appa-iono estremamente professionali,disponibili a soddisfare le esigenzeche gli vengono rappresentate,prontissimi ad impegnarsi su que-

stioni che magari giacciono daanni, tecnologicamente all’avan-guardia. In questo caso bisogne-rebbe restringere la cerchia a co-loro che posseggono referenzepositive facendo infine cadere lascelta sul candidato di cui si hannonotizie certe circa le capacità e so-prattutto l’onestà. In tale circo-stanza il passaparola è fondamen-tale. Superfluo forse ricordare lanecessità, in questa fase, di effet-tuare il riscontro di tutti i requisitioggi richiesti dalla riforma per po-ter esercitare l’attività di ammini-stratore di condominio.Altro momento critico nelle vi-cende condominiali è quello del-l’approvazione da parte dell’as-semblea dei condomini dellarendicontazione annuale dellespese. Critico perché le cifre po-trebbero non corrispondere allareale situazione patrimoniale delcondominio e potrebbero celare undeficit (“buco”) opportunamentemascherato, di solito, sottacendola situazione debitoria nei con-fronti dei fornitori ovvero rappre-sentandola in modo falsamentesottostimato. La recente norma-tiva in materia, tenendo nella do-vuta considerazione questo rischio,si è orientata nel senso di preve-dere la predisposizione del cosid-detto “rendiconto di competenza”che riepiloga “ogni dato inerentealla situazione patrimoniale delcondominio, ai fondi disponibili ealle eventuali riserve, che devonoessere espressi in modo da con-sentire l’immediata verifica”. Taleverifica, però, per risultare efficace,dovrà basarsi su documentazioneesterna al condominio, ad esempiosugli estratti conto prodotti diret-tamente dai fornitori, sia pure peril tramite dell’amministratore e

non sulla semplice di-chiarazione di quest’ul-timo eventualmente in-teressato a non farapparire la reale consi-stenza dei debiti o dellegiacenze finanziarie. Lalegge ci tende una mano,afferriamola! Sempre suquesto punto, ricor-

diamo che le norme rappresentanoun minimo imprescindibile; ciònon toglie che nella propria auto-nomia decisionale l’assemblea deicondomini può orientarsi su unarendicontazione più analitica se-condo le proprie esigenze e a que-ste l’operato dell’amministratoredeve uniformarsi.mi rendo conto di aver tracciatoun quadro piuttosto negativo sul-l’argomento ma non rimane che af-frontarla questa realtà che può evi-denziare anche aspetti positivi seanalizzata da un altro punto di vi-sta. mi riferisco al miglioramentodei rapporti personali tra condo-mini che potrebbe derivare dall’im-pegno profuso dai singoli in favoredel bene collettivo. È risaputo chenei condomìni delle metropoli, inparticolare, vige una grande indif-ferenza tra vicini a tal punto cheanche il saluto, buona norma dieducazione, latita. La litigiosità, ilpiù delle volte su questioni banali,raggiunge livelli esagerati e non la-scia spazio alla comprensione, allatolleranza e alla solidarietà. Il fattoinvece di dover affrontare situa-zioni complicate e financo penosepuò fungere da collante nei con-fronti di individui che magari finoa quel momento si ignoravano re-ciprocamente; la condivisione deiproblemi, gli incontri, l’impegnoper la ricerca delle soluzioni mi-gliori sono tutti elementi che uni-scono. Così il vicino di pianerot-tolo, rimasto a lungo quasi unestraneo, da tale momento di ag-gregazione può entrare in unabuona sintonia con gli altri condo-mini ed essere visto con occhi di-versi.È proprio il caso di affermare che“non tutto il male vien per nuo-cere”!

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La foto è puramente illustrativa dell’articolo

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Ricordate la scena deglistudenti in piedi sui ban-chi di scuola nel film“L’attimo fuggente”? E’

esattamente quello che è successoa Valencia con l’arrivo di Rossi aibox: tifosi, giornalisti, meccanici emanager di altri team sono andatiad accoglierlo al ritorno nei boxdopo la sua cavalcata solitaria perl’impossibile rimonta. In queste trefoto che pubblichiamo c’è tutta lasofferenza, il pathos e il raccontodi una stagione. Il riconoscimentoe l’omaggio del mondo della mo-toGp al campione. Per la cronaca, mentre Lorenzo emarquez rientravano nei box igno-rati (o peggio spesso anche fi-schiati), l’onore delle armi era

tutto per Rossi. Insomma, da “tuttiin piedi” sul divano (copyrightGuido meda) a tutti in piedi suibanchi, come nel film di cui parla-vamo prima, per l’omaggio al redella motoGp. Ecco, la lunghis-sima stagione di motoGp, ottomesi e diciassette gare di battagliedall’inizio del campionato in Qataralla fine a Valencia si racchiudetutta in queste tre meravigliose im-magini. Il campionato è stato durissimo,Rossi l’ha dominato dall’inizio allafine (vabbé quasi...) perché è statosempre al comando in classifica,con una costanza mai vista: è statol’unico pilota ad andare sempre apunti e questa sua costanza gli haregalato la leadership nonostante

avesse vinto meno gare di Lorenzo.Un fenomeno vero. Poi, arrivatoall’ultima gara in Valencia con ap-pena 7 punti di vantaggio e la pe-nalizzazione di partire ultimo erachiaro che sarebbe finita male: unpilota non può certo vincere unmondiale sperando nell’aiuto “deinemici”.Ma­a­Rossi­non­si­può­attri-buire­nessuna­ colpa,­ se­nonl’errore­di­Misano­quando­ri-tardando­follemente­l’entrataai­box­ha­buttato­al­vento­unavittoria­ certa.­ Se­ lì­ avessesemplicemente­“marcato”­Lo-renzo­ e­ fosse­ entrato­ ai­ boxper­ il­ cambio­ ­ moto­ 4­ giriprima­ ora­ sarebbe­ il­ cam-pione­del­mondo.­Ma­­le­corse

Dimenticare Valencia…si riparte per il 2016

Il campionato di MotoGP 2015 è stato durissimo, Rossi l’ha dominato dall’inizio alla fine… vabbé quasi... 

di Vincenzo Borgomeo*

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–­si­sa­–­non­si­commentanocon­i­“se”.­Di certo la gara di Valencia ha por-tato a vedere una cosa che generenella storia della motoGp non siera mai vista: un massimo diri-gente della più grande casa moto-ciclistica del pianeta che replicaalle dichiarazioni di un pilota. Ep-pure è esattamente quello che èsuccesso: il vicepresidente opera-tivo della Honda, Shuhei Naka-moto, boss assoluto, ha replicato aValentino Rossi che si era detto“sorpreso” della posizione dellascuderia nipponica che avrebbe“appoggiato la strategia dei pro-pri piloti”, marquez e Pedrosa, perlasciar vincere la Yamaha di JorgeLorenzo.Nakamoto ha affermato che perquanto riguarda le accuse per lagara di Phillip Island “non ci sonoprove  che  le  sostengano,  solo  ilfatto  che  Marc  ha  tolto  cinquepunti  al  rivale  di  Valentino,Jorge“. E anche sull’ultima corsastagionale, il numero due dellaHonda ha ricordato che “marc eDani hanno dato, come sempre il100 per 100, per ottenere il migliorrisultato per la Repsol, la Honda etutti i nostri soci”Eppure le prove contro il compor-tamento di marquez sono schiac-cianti e Nakamoto lo sa bene: pertutta la gara marc ha preteso dalsuo box che gli comunicassero laposizione di Valentino ad ogni pas-saggio (ma che ci doveva fare conquel dato se lui teoricamente do-veva solo fare la sua gara?). E que-sto lo abbiamo visto tutti.Così come abbiamo visto tutti chemarquez non ha mai tentato un at-tacco: nella sua carriera non si èmai comportato così. Anchequando non aveva speranze cer-cava sempre il sorpasso, salvo poidover cedere la posizione. Nonsolo: quando Pedrosa lo ha scaval-cato (e con quella velocità sarebbeandato di certo a prendere Lo-renzo), allora marc ha tirato fuoritutta la sua classe e con una mano-vra dura ha scavalcato di nuovoPedrosa mettendoselo alle spalle.ma perché allora la Honda ha

preso questa posizione indifendi-bile?Sono le ipocrisie delle corse: o faicosì (neghi l’evidenza) o cacci il tuopilota. Una cosa è certa però: dopoqueste dichiarazioni Nakamotoavrà dato una bella strigliata amarquez. Va bene tutto, va bene laSpagna, le amicizie e quello chevuoi. ma far vincere di propositouna Yamaha...Ora però si guarda avanti. E’ ilbello della motoGp dove il famoso“domani è un altro giorno” è unavera e propria filosofia di vita. Su-bito dopo la gara di Valencia sullastessa pista si sono svolte due gior-nate di test importantissimi. Lasvolta­ è­ infatti­ importante:arrivano­ le­ Michelin­ che,dopo­ tanti­ anni­ di­ Bridge-stone,­ dal­ 2016­ saranno­ lenuove­gomme­per­tutti.Le motoGp sono sensibilissimealle regolazioni, agli assetti e altipo di gomme usate. Quindi è pos-sibile che moto ultra competitive(tipo Honda), vadano in crisi o che- al contrario - altre meno perfor-manti siano avvantaggiate. In ognicaso tutti i team dovranno stravol-gere il proprio lavoro e tornare alclassico foglio bianco perché nes-suno ha dati sul funzionamento

delle michelin.E’ stato proprio Rossi a suo tempoa spingere politicamente l’arrivodella cosiddetta “monogomma”(stesso pneumatico per tutti) per-ché nessun altro componente tec-nico può fare la differenza diprestazione fra una moto e l’altracome un pneumatici. Celebre lasua battuta “non ho mai visto suun circuito uno con una bandieramichelin o Bridgestone, nessunotifa per le gomme, devono essereper forza tutte uguali”. Rossi ovvia-mente l’ha spuntata ma la sceltanon è stata priva di problemi: oggile moto nascono insieme allegomme perché la progettazionedella sospensione viene realizzatain funzione della gomma. ma que-sta sinergia con la “monogomma”non c’è. Come d’altra parte nonsempre c’è lo sviluppo nel corsodella stagione che i piloti vorreb-bero perché manca la concorrenzafra produttori di pneumatico. Eccoperché la prossima stagione saràtutta da vedere: gli equilibri inpista del 2015 salteranno nel 2016e le moto che vedremo in pista sa-ranno tutte nuove. Qui, in sintesi,ci si gioca il prossimo mondiale.

*giornalista de “ La Repubblica”

Oltre... 31

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ORARIO CELEBRAZIONI NATALIZIE 2015GIOVEDÌ 24 DICEMBRESS. Messe h. 8.00 - h. 9.00

h. 23.30 Ambientazione liturgicah. 24.00 SS. Messa della Natività

VENERDÌ 25 DICEMBRE SANTO NATALE DI GESÙSS. Messe h. 9.00 – h. 10.30 – h. 12.00 – h. 18.00

SABATO 26 DICEMBRESANTO STEFANO (non è giorno di precetto)SS. Messe h. 9.00 – h. 11.00 – h. 18.00

DOMENICA 27 DICEMBRESACRA FAMIGLIA DI NAZARETh MARIA E GIuSEppESS. Messe h. 9.00 – h. 10.30 – h. 12.00 – h. 18.00

GIOVEDÌ 31 DICEMBRE: SS. Messe h. 8.00 – h. 9.00 - h. 18.00: TE DEuM

VENERDÌ 1º GENNAIO 2016SOLENNITà DI MARIA MADRE DI DIO

SS. Messe h. 9.00 – h. 10.30 – h. 12.00 – h. 18.00

DOMENICA 3 GENNAIOSECONDA DOMENICA DOpO NATALESS. Messe h. 9.00 – h. 10.30 – h. 12.00 – h. 18.00

MERCOLEDÌ 6 GENNAIOEpIFANIA DEL SIGNORE SS. Messe h. 9.00 – h. 10.30 – h. 12.00 – h. 18.00

Il 2015 se ne sta andando fra lacrime, gioie, paure. Momenti daricordare altri semplicemente da voler dimenticare.Auguriamo a tutti di portare le cose migliori al nuovo anno e

di lasciare in un cassetto quelle che hanno fatto male. Il Dio cheha posto la tenda in mezzo a noi sia presente per tutto il 2016aiutandovi a crescere nell’amore, nel servizio e nel rispettoreciproco con gioia, serenità e diventando costruttori di paceAuguri a tutti da p. Lucio , p. Raffaele e p. harry.

n.b: tutte le attività catechistiche riprenderanno dal 18 gennaio 2016

…e Felice Anno Nuovo2016