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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VIII N° 77 ottobre 2014 Mensile d’informazione d’arte n fotografia: Henry Cartier-Bresson n occhio al libro: Io uccido, Giorgio Faletti n cinema: “Good Morning, Vietnam” www.artemediterranea.org n dedicato a: Giovanni Segantini il cantore dell’Alpe Henri Cartier-Bresson, “ Boulevard Diderot, Paris”, 1969

Occhio all'arte (ottobre 2014)

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VIII N° 77 ottobre 2014

Mensile d’informazione d’arte

nfotografia: Henry Cartier-Bresson

nocchio al libro: Io uccido, Giorgio Faletti

ncinema: “Good Morning, Vietnam”

www.artemediterranea.org

ndedicato a:Giovanni Segantini il cantore dell’Alpe Henri Cartier-Bresson, “Boulevard Diderot, Paris”, 1969

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Mensile culturale edito dallaAssociazione Arte Mediterranea

via Dei Peri, 45 ApriliaTel.347/1748542

[email protected]. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007

FondatoriAntonio De Waure, Maria Chiara

LorentiCristina Simoncini

AmministratoreAntonio De Waure

Direttore responsabileRossana Gabrieli

Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti

RedazioneMaria Chiara Lorenti, Cristina

Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Eleonora Spataro

CollaboratoriLuigia Piacentini, Stefania Servillo, Patrizia Vaccaro, Daniele Falcioni,

Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, Greta Marchese, Giulia Gabiati

Valerio Lucantonio, Martina Tedeschi,Marilena Parrino, Nicola Fasciano,

Simona Cagnazzo, Stefano Cagnazzo

Responsabile MarketingCristina Simoncini

Composizione e Desktop Publishing

Giuseppe Di Pasquale

Stampa Associazione Arte Mediterranea

via Dei Peri, 45 Aprilia

Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche

parziale senza il consenso dell’editore

Sommario

Artisti in camminoLe grotte dipinte del Paleolitico

Io uccido, Giorgio FalettiHenry Cartier-Bresson

Fotografia Festival Internazionale di RomaGalleria nazionale di arte antica, 2° parte

Le catacombe di RomaGiovanni Segantini il cantore dell’Alpe

“Good Morning, Vietnam”DreamingsTabula rasa

La cioccolata caldaXIII

Teatro Prati: il teatro del buonumoreIndagine sullo smog cittadino nostrano

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N el segno di amiciz ia e col laborazione, ma anche di interscambio culturale tra le Associazioni Arte Mediterranea di Apr i l ia e

Popolare Euterpe di Anzio, nasce la mostra Col lett iva “Art ist i in cammino” che s i svolgerà presso la sala Manzù di Apr i l ia. Parteciperanno 7 art ist i del l ’Arte Mediterranea: Angela Buffa, Dani la Nasoni, Emi l ia Leonett i , Bruno Saviol i , Patr iz ia Di Clemente, Francesca Picone, Adriano Bisett i , e al trettant i art ist i del l ’Associazione Popolare Euterpe: Franco Brandi, Elena Tont ini , Yvonne Maria Teresa Gandini , Luciano Scramoncin, Renato El isei , Rita Colaianni, Si lvano Ottaviani.La mostra sarà inaugurata l ’11 ottobre al le ore 18,00 e r imarrà aperta f ino al 19 ottobre.Considerando che l ’Associazione Popolare Euterpe nei mesi di maggio e lugl io ha ospitato gl i art ist i apr i l iani con due mostre col lett ive presso Vi l la Sars ina ad Anzio, i l sodal iz io culturale cont inuerà con ulter ior i mostre in fase di organizzazione. E’ molto importante c i tare per la nostra associazione la mostra terminata i l 21 settembre presso Forte Sangal lo di Nettuno di tre nostre valent i p i ttr ic i , Sabrina Carucci ,Maria Pet i to e Si lv ia Amendola che hanno r iportato grande successo di pubbl ico e di cr i t ica.

di Antonio De Waure

archeologianLe grotte dipinte del PaleoliticoLuoghi oggi per noi quasi irreali ricchi di testimonianze preistoriche

I luoghi dell’arte paleolitica sono distribuiti soprattutto tra la Francia sud-occidentale e i monti Cantabrici in Spagna. Il luogo più celebre è certamente la grotta di Lascaux, in Dordogna,

scoperta nel 1940, con le sue figure animalesche composte da semplici linee e colori di circa 15.000 anni fa. La grotta, composta da corridoi e ampie sale, è animata da figure di uri, cervi, vacche, cavalli, leoni, rinoceronti e da segni geometrici (come ad esempio un simbolo a forma di griglia). La particolarità è nei cavalli che dalle pareti salgono verso le volte degli ambienti, con un senso di dinamicità e movimento impressionante. La grotta di Altamira, in Spagna, fu scoperta casualmente da un cacciatore nel 1868. A differenza di Lascaux, che fu decorata in un breve periodo, qui la grotta venne frequentata tra 20.000 e 14.000 anni fa. Anche qui si raggruppano figure di bisonti, cavalli, uri, stambecchi e cervi e segni geometrici simili a quelli trovati nella grotta francese. In ultimo si può annoverare nell’elenco la grotta di Vallon-Pont-D’Arc, non lontano da Avignone, che fu scoperta per un soffio di aria calda che si sprigionava da una fenditura della roccia. Le sale contano ben 300 raffigurazioni, che si datano tra 20.000 e 18.000 anni fa. Gli animali dipinti sono anche qui sempre cavalli, bisonti, orsi, iene, cervi, renne, mammuth e rinoceronti. Insomma anche questa è arte!

di Luigia Piacentini

Artisti in cammino

dall’associazionen

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Jean-Loup Verdier è un giovane e noto dj di radio Monte Carlo. Nelle lunghe notti illuminate dalle luci di Monaco, la sua voce calda tiene compagnia a tutti i cuori solitari

sintonizzati sul canale radio di “Voices”, la sua stazione, il suo rifugio. L’attimo di premere un tasto, la luce rossa che segna “on air” e tutto si trasforma, prende vita nei più bei brani musicali adatti ad ogni tipo di luna, per veri intenditori. Se qualcuno gli avesse detto prima cosa, di lì a breve, avrebbe invaso quel suo angolo di paradiso spegnendo per sempre quella luce, lui non ci avrebbe creduto: “E ora prendiamo la prossima chiamata, pronto?”“Ciao Jean-Loup.”“Ciao, chi sei?”“Non ha importanza. Io sono uno e nessuno. [...] La cosa che conta è che è arrivato il momento di parlarci, anche se questo vuol dire che dopo né tu né io saremo più gli stessi. [...] Io di notte non posso dormire, perchè il mio male non riposa mai.”“E allora tu cosa fai, di notte, per curare il tuo male?”“Io uccido...”Una voce agghiacciante ed innaturale, due parole, e da quella notte d’inizio estate nulla fu, davvero, più uguale a prima. Un assassino che inizia a uccidere a sangue freddo le sue vittime rigorosamente scelte, scuoiando la loro faccia come firma di riconoscimento, non è uno scherzo e gli agenti Frank Ottobre e Nicolas Hulot lo hanno capito fin troppo bene. Mai fino ad ora si

erano trovati in una situazione tanto tragica, e mai così lontani dal risolverla. Gli unici indizi a loro disposizione sono dei brani musicali ricercatissimi che l’assassino stesso fa ascoltare in radio prima di sfogare la sua follia omicida. I due colleghi e amici da tutta la vita devono far fronte alla storia gestendo l’entusiasmo malato dei giornalisti, il panico generale e combattendo senza veli, i fantasmi del loro passato; se poi a guarnire il tutto arriva un temerario generale Nathan Parker dell’esercito degli Stati Uniti, seguito dal suo fedele braccio destro, a muover guerra contro la polizia francese per dissetarsi di una vendetta personale, allora il quadro si complica ulteriormente e il caso resta ben lontano dall’archivio e sotto gli occhi di tutti. Definirlo semplicemente un “giallo” sarebbe inappropriato, il romanzo “Io uccido” è molto di più: la storia in tutte le sue sfaccettature più intime e talvolta raccapriccianti, lega tracce che prima di snodarsi s’infittiscono fino al capogiro per più di 600 pagine. Una caccia all’ultima nota, stesa dallo scrittore considerato da Il Venerdì-la Repubblica, “larger than life” : uno da leggenda. Parliamo di Giorgio Faletti, celebre scrittore italiano, scomparso nel luglio di quest’anno, amato dagli appassionati (e non solo) del genere thriller di Io uccido con il quale, nel 2002, ha esordito nel campo letterario. I Toni forti, la terminologia schietta e mai banale, gli episodi palpitanti e l’atmosfera suggestiva, rendono il romanzo ricco di colpi di scena e il lettore pronto a divorare la storia tutta d’un fiato e senza il minimo avanzo. A smacco dei pregiudizi di cui molti si erano muniti nei confronti del “comico che vuole fare lo scrittore” , possiamo senza dubbi ricrederci di fronte all’evidenza di un ottimo lavoro e lasciare un piccolo, ma sentito tributo ad un Faletti ispirato con “penna e calamaio” .

Io uccido, Giorgio FalettiIl talento letterario di una personalità poliedrica di Martina Tedeschi

occhio al libron

Pagina adottata da: “Pendol Art”

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fotografianHenry Cartier-BressonDal Centre Pompidou di Parigi all’Ara Pacis di Roma

D a l 26 se t t embre 2014 a l 25 genna i o 2015 i l Museo de l l ’A ra Pac i s o sp i t e r à l a g rande re t ro spe t t i va ded i ca t a

a l l ’ ope ra fo tog ra f i c a d i Hen ry Ca r t i e r -B re s son . Da l Cen t re Pomp idou d i Pa r i g i a Roma l a mos t ra , che ce l eb ra i d i e c i ann i da l l a mo r t e de l fo t og ra fo f rancese , c i p ropone l ’ i n t e ro pe r co r so p ro fe s s i ona l e e a r t i s t i c o de l l ’ au to re s cand i t o i n t r e g rand i pe r i od i . L’ e spos i z i one i n i z i a da l l a s e z i one ded i ca t a a l l ’ i n t e r va l l o d i d i e c i ann i , da l 1926 a l 1935 , ne l qua l e f r equen ta i su r rea l i s t i , c omp ie i p r im i pas s i ne l l a fo t og ra f i a e v i ve i suo i p r im i v i agg i . Sono g l i ann i in cu i s tud ia p i t tu ra , ne apprende insegnament i che i n f l uenze ranno anche i suo i p r im i s ca t t i . I l s e condo l a s so d i t empo p re so i n cons i de ra z i one , da l 1936 a l 1946 , ra c con ta i l s uo impegno po l i t i c o , de l l avo ro pe r l a s t ampa comun i s t a e l ’ e spe r i enza ne l c i nema . In f i ne , i l t e r zo pe r i odo , da l 1947 a l 1970 , t e s t imon i a l a nas c i t a de l l ’ agenz i a Magnum Pho tos f i no a l suo abbandono de l fo t o repo r t age . La mos t ra p ropone un co rpus cons i s t en te d i ope re e ma te r i a l i : 500 t ra fo t og ra f i e , d i s egn i , d ip i n t i , f i lm e documen t i de l g rande maes t ro .

Fotografia Festival Internazionale di RomaPortrait, la centralità del ritratto

O ltre duecento fotografi con più di quaranta mostre in diversi luoghi espositivi della città; “Portrait”, la tredicesima edizione

di FOTOGRAFIA Festival Inernazionale di Roma quest’anno è dedicata alla centralità del ritratto. Dal 26 settembre 2014 all’11 gennaio 2015 il MACRO, Museo d’Arte Contemporanea di Roma, sarà la sede principale della manifestazione. Marco Delogu, anche quest’anno direttore artistico dell’evento, ci racconta il festival della fotografia di quest’anno come la creazione di un enorme ritratto. “ È generare”, dice Delogu, “ altre occasioni per vivere: incontri, incroci e sovrapposizioni di molte esperienze, emozioni e vite interiori. Ogni festival, a diversi livelli, è stato questo: una simbolica piazza crocevia di amicizie forti e durature, di sapere, di amori e purtroppo di scomparse (all’indimenticabile Anna Gianesini saranno dedicate le lectures del festival). Il tredicesimo festival è un’enorme quadreria di ritratti nella quale il pubblico interagisce con le fotografie, le pareti rimandano sguardi agli sguardi e il tutto genera nuove immagini. Fotografie “lente” che ogni attimo danno vita a immagini in movimento: questa è la nostra cura per l’accumulazione “malata” di immagini che contraddistingue gli ultimi anni.”

di Eleonora Spataro

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Galleria nazionale di arte antica, 2° parteMusei Romani, 12° articolo di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi

musein

Al numero civico 13, in via delle Quattro Fontane, nel cuore del centro storico di Roma, reso inconfondibile anche dall’immagine ammiccante della”Fornarina” di Raffaello,

posta all’ingresso, oltre un ampio e verdeggiante acciottolio, si erge Palazzo Barberini, una delle due sedi della Galleria nazionale

d’arte antica. All’imponente luogo di cultura, si può accedere percorrendo diverse strade, via Nazionale, via Del Quirinale tanto per fare qualche esempio. Sarebbe auspicabile, a nostro avviso, raggiungerlo partendo da Piazza Barberini, caotica, viva, vibrante, brulicante di persone, nel centro della quale, quasi come in un’oasi, zampilla la Fontana del Tritone, accerchiata dal traffico. Tale scelta scaturisce da una serie di motivazioni: risalendo verso la Galleria, iniziamo il nostro viaggio a ritroso nel tempo; il fluire di auto e umanità non è più frenetico; c’è la possibilità di scorgere, sulla destra, delle stradine medioevali silenziose e schive, d’altri tempi. Una, più austera e grigia, fa riaffiorare alla memoria un bieco eccidio: via Rasella. Ciò che, però, avvalora maggiormente il nostro andare, è il fatto che il committente della fontana, papa Urbano VIII, e l’artefice, Gian Lorenzo Bernini, rimandano, a vario titolo, alla residenza della famiglia Barberini. L’opera, creata tra il 1642 e il1643 affinché fosse ”pubblico ornamento della città”, emblematica di una nuova concezione del Barocco, merita attenzione ed ammirazione. Richiamo ad un mondo marino leggiadro e potente, accogliente ed ostile, da cui emergono delfini, conchiglie e un tritone che si allontanano e si collocano nello spazio. Agli evidenti richiami naturalistici, si accompagnano gli stemmi papali con api, simbolo araldico della famiglia Barberini, presenti anche in tutti gli ambienti del palazzo oggetto delle nostre riflessioni, alla cui realizzazione contribuirono insigni architetti quali Maderno, Borromini, Bernini. Nel 1949, i sontuosi ambienti furono acquistati dallo stato italiano, per ospitare una raccolta di quadri, donati o comprati, che documentano la produzione artistica delle scuole regionali, soprattutto italiane, tra il 1200 e il 1700. La pinacoteca, che occupa un’ala dell’imponente dimora, si articola su tre piani: piano terra, primo e secondo. Nelle nove sale del primo spazio espositivo, sono presenti opere interessanti e d’indubbio valore documentativo, perché evidenziano apprezzabili ricerche sulla rappresentazione prospettica delle immagini, scelte originali e contaminazioni tra alcune “scuole pittoriche”, tra cui quella romana, veneta, napoletana, dal XIII al XVII secolo. Particolare attenzione meritano i ritratti fiamminghi esposti nell’ultima sala, la n. 9, in cui un magistrale alternarsi di bianco e di nero, di pizzi e di vesti sontuose, ma severe, come le espressioni dei volti effigiati, ricorda un mondo in cui la ricchezza non aveva minimamente scalfito il rigore morale. L’iter conoscitivo del palazzo-museo prosegue attraverso ambienti progettati dal Bernini: un ampio scalone a pianta quadrata ci immette, nel primo piano, in due ambienti straordinari, per le dimensioni e l’affresco della volta, l’uno, per la grazia e la leggiadria, l’altro. A seguire ben quattordici sale, in cui si alternano dipinti di Raffaello, di Caravaggio e di artisti che si sono ispirati ai rispettivi modelli stilistici; di Lorenzo Lotto, originale e innovatore; del maestro del colore tonale, Tiziano; del Tintoretto, di Guido Reni, El Greco … I dieci ambienti del secondo piano accolgono opere di pittori non solo italiani, realizzate nel 1600 e nel 1700. A quelli che, per noi, sono i capolavori del museo e ad alcune iniziative che coinvolgono anche altri spazi del palazzo, dedicheremo i prossimi articoli.

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L e catacombe hanno sempre affascinato i p iù ed intorno ad esse s i sono create diverse leggende, quasi sempre poco ver i t iere. Con

i l termine “catacomba” s i intende in genere un cimitero sotterraneo molto esteso, art icolato in gal ler ie e cubicol i . La parola der iva dal toponimo “ad catacumbas” (presso le cavità), re lat ivo al luogo dove s i sarebbe poi svi luppato i l settore più ant ico del c imitero di S. Sebast iano sul la Via Appia. Le font i , per lo studio di quest i luoghi sotterranei, sono cost i tui te per lo più dal la documentazione fornita dagl i scavi archeologic i , da quel la epigraf ica e letterar ia. Abbandonate def in i t ivamente nel corso del IX secolo, solo alcune porzioni di catacombe r imasero in interrottamente accessibi l i f ino ad epoca moderna; un nuovo interesse, anche per lo studio, s i ebbe nel ‘400, epoca al la quale r isalgono f i rme graff i te apposte in quest i luoghi dai v is i tator i . Al l ’ in iz io del le pr ime scoperte c inque-secentesche

s i d i ffuse la credenza che le catacombe fossero state luoghi di abitazione o r i fugio al tempo del le persecuzioni dei pr imi cr ist iani . In realtà esse furono sempre aree funerar ie col lett ive, adibite al l ’ inumazione dei defunt i e al la celebrazione dei cult i funerar i . Infatt i nel I e II secolo d.C. i cr ist iani non avevano cimiter i propr i , ma venivano seppel l i t i in aree sepolcral i comuni con i pagani o in sepolcret i indiv idual i d i nuclei fami l iar i o associazioni funerar ie: S. Pietro fu sepolto nel 64 d.C. nel la necropol i pagana sul col le Vat icano, ubicata sotto l ’attuale basi l ica; S. Paolo in un’area funerar ia lungo la v ia Ost iense. Sembra molto strano, ma in realtà i Romani, a di fferenza degl i Etruschi, scoprirono molto tardi l ’ut i l izzo del sottosuolo a scopi funerar i . Nel II secolo d.C., in concomitanza con l ’aumento demograf ico e l ’ intenso svi luppo edi l iz io, in iz iarono a sorgere le pr ime sepolture ipogeiche. L’e lemento caratter izzante di quest i luoghi era la gal ler ia (“crypta”), lungo le cui paret i venivano dispost i su “pi lae” vert ical i i “ locul i”. I locul i venivano personal izzat i esternamente con iscr iz ioni o piccol i oggett i (monete, frammenti ceramici , pasta vi trea, giocattol i) , mentre al l ’ interno s i deponevano pochi e sempl ic i oggett i personal i come anel l i , orecchini , braccia l i . I cubicol i erano invece del le stanzette di forma quadrangolare e potevano essere r iservat i ad una o più famigl ie imparentate tra loro. I l passaggio del la luce e del l ’ar ia era garant i to dai lucernar i , d ispost i in luoghi ben studiat i degl i ambient i . Gl i spazi di quest i c imiter i sotterranei erano r iccamente decorat i , anche con lastre ed intars i marmorei e con pitture che r iproponevano schemi geometr ic i ed immagini cr ist iane ispirate al le Sacre Scr i tture. Lo scavo e la gest ione dei c imiter i , nei pr imi secol i , erano aff idat i a i fossor i , vera e propria corporazione di art ig iani , che comprendeva anche lapic id i , p i ttor i e mosaic ist i ; p ian piano la gest ione diretta venne aff idata al la Chiesa. Una breve digressione meritano le catacombe ebraiche: se ne conosco sei , del le qual i tre sono tuttora accessibi l i ( le due di Vi l la Tor lonia e quel la di Vi l la Randanini). Queste non di ffer iscono per t ipologia dal le catacombe cr ist iane coeve, se non per le dimensioni, assai più r idotte, e per alcuni e lementi dist int iv i nat i da determinate leggi rel ig iose. Insomma un nuovo modo di vedere la cr ist ianità e per fare una gita fuor i porta.. non proprio convenzionale!!

di Luigia Piacentini

archeologianLe catacombe di RomaI grandi cimiteri cristiani della Roma antica

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Giovanni Segantini il cantore dell’Alpe Le visioni liriche di un pittore dimenticato di Maria Chiara Lorenti

A rchiviate definitivamente le vacanze, in questo periodo di transizione autunnale, si chiudono alcune mostre e se ne aprono delle altre. A Milano,

tra le tante iniziative, due le proposte più interessanti, due artisti che dividono la stessa sede espositiva, Palazzo Reale, e che, pur essendo diversissimi tra loro, presentano alcune analogie. Entrambi visionari, Marc Chagall e Giovanni Segantini coniugano la loro sensibilità con uno stile pittorico prettamente personale. Onirico, profondamente legato alla propria fede ebraica, alla propria patria russa, all’amore, il primo; il secondo, invece, è ispirato dal rapporto intrinseco, unico ed indissolubile con la natura, ove ogni tematica affrontata sulla tela è riconducibile ad essa.“Giovanni Segantini” è la mostra di cui tratteremo in questo articolo. Curata da Annie-Paule Quinsac, la maggior esperta sull’arte di Giovanni Segantini, nonché autrice del catalogo ragionato sulla mostra, in collaborazione con la pronipote del grande pittore Diana Segantini, la rassegna, che la città meneghina gli dedica, è suddivisa

in otto sezioni, con centoventi opere esposte, che spiegano al pubblico l’ iter creativo e la sua crescita artistica. In un tour retrospettivo, si prende in esame ogni aspetto della produzione di questo artista di fine ottocento, con il passaggio progressivo dal genere paesaggistico tonale, a quello divisionista, per finire con il simbolismo, ove è chiarissimo come la natura sia sempre il fulcro di ogni cambiamento del suo linguaggio pittorico.Nato in una realtà miserrima, perde la madre a sette anni, il padre poco dopo, affidato ad una sorella assente ed anaffettiva viene tradotto in riformatorio per ozio e vagabondaggio (reato inaccettabile se viene rapportato ai tempi odierni), tutti traumi che cercherà di sublimare poi con la sua arte. Egli sarà per i suoi contemporanei un punto di riferimento, premiato più volte con la medaglia d’oro alle competizioni internazionali, dopo aver assorbito i diversi fermenti artistici che animavano gli ambienti culturali milanesi, se ne allontana e si rifugia sulle alpi, dapprima in Brianza e poi in Engandina, dove morì, a soli quarantuno anni, stroncato da un attacco

Correggio, “Danae”, 1531Giovanni Segantini, “L’amore alla fonte della vita”, 1896

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n dedicato a

Giovanni Segantini il cantore dell’Alpe Le visioni liriche di un pittore dimenticato

di peritonite mentre lavorava, sul monte Schafberg, al “trittico della natura”.Tra le opere in mostra alcuni dei suoi capolavori più conosciuti, provenienti da tutto il mondo, sia da collezioni private che da grandi musei, ed opere, alcune, mai viste od assenti da oltre un secolo da esposizioni italiane.In questa ottica di riscoperta e di rivalutazione di questo grande artista non si può non citare “Ave Maria al trasbordo”, un soggetto poetico e struggente, l’ora è il vespro, la luce dorata del tramonto investe ogni cosa, il cielo, il lago ove si riflette la sagoma della piccola imbarcazione, occupata totalmente dalla giovane coppia di pastori con il loro piccolo che teneramente abbraccia la mamma, e tra l’uomo e la donna tutto il gregge stipato all’ inverosimile; il momento induce alla riflessione ed alla preghiera, la pace e la serenità sono le sensazioni trasmesse da questa tela, che l’autore ha saputo nobilitare attraverso la tecnica divisionista, una miriade di punti di colore non mescolato sulla tavolozza conferiscono l’ illusione di una sequenza di svariati passaggi tonali, dando all’opera una valenza mistica.Diversamente in “L’ Amore alle fonti della vita” il messaggio trasmesso è quello dell’amore nascente, della passione appena accesa dalla reciproca conoscenza, come spiegato dallo stesso Segantini: “esso rappresenta l’amore giocoso e spensierato della femmina e l’amore pensoso del maschio, allacciati

insieme dall’ impulso naturale della giovinezza e della primavera. Un angiolo, un mistico angiolo sospettoso, stende la grande ala sulla misteriosa fonte della vita. L’acqua scaturisce dalla viva roccia, entrambi simboli dell’eternità”.Forse, però, il dipinto più toccante è “Le due madri”. Ambientato in una buia stalla, rischiarata solo dalla luce tremolante di una lanterna, il tema della maternità, o probabilmente della Natività, è raffigurato dalla persona di una stremata contadina, accasciata sullo sgabello di legno, appisolata sostiene tra le braccia il corpo abbandonato nel sonno del suo bambino, le robuste mani sorreggono vigili il peso del neonato, attente a non farlo cadere, al loro fianco un’altra mamma sorveglia il suo cucciolo addormentato, una mucca che placidamente rumina. La tecnica è ancora una volta quella divisionista, ma la pennellata è personalizzata, filamenti lunghi e serpentini catturano la luce e la rilasciano dando alla superficie pittorica un senso di luminosità soffusa e pulviscolare.La morte di Giovanni Segantini ha lasciato attonito il mondo culturale dell’epoca, tanto che anche il Vate, Gabriele D’Annunzio, volle dedicargli una laude: “O monti, o culmini, il suo dolore fu come la vostra ombra sopra la Terra...”.La mostra sarà visitabile fino al 18 gennaio 2015.

Tiziano, ”Amor Sacro e Profano”, 1514 - particolare

Le due madri

Giovanni Segantini, “Le due madri”, 1889-90

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di Greta Marchese

cinema

“Good Morning, Vietnam”Good bye Robin

n

Questa non è la solita storia sul Vietnam e Adrian Cronauer non è un personaggio come gli altri. Realmente esistito, Cronauer fu uno speaker radiofonico statunitense incaricato

di tener alto il morale delle truppe durante il conflitto durato quindici anni, che ebbe fine soltanto nel 1975 con un drammatico bilancio: quasi due milioni di morti tra combattenti e civili, milioni di feriti e storie inenarrabili; il tutto ad un costo che supera i dieci zeri. Questa, però, non è nemmeno la storia del peggior investimento di sempre da parte degli Stati Uniti: contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, la guerra rimane appena visibile sullo sfondo, richiamandoci solamente di tanto in tanto a ripercorrere gli eventi di cronaca più importanti. Qui, il vero protagonista, è il carisma. A calarsi nei panni dell’irriverente aviere Cronauer è infatti un eccezionale Robin Willams che, a dieci anni dall’esordio, ci regala una delle sue più belle performance. Indimenticabile è infatti il suo “Goooood morning Vietnam!”, con il quale ha inizio ogni puntata di radio Saigon, programma radio nato per l’esercito; probabilmente uno dei buongiorno cinematografici più riusciti. Amatissimo dalle truppe per il suo spiccato umorismo, a cavallo tra dramma e ironia, che sfiora pericolosamente la satira politica, Adrian non si fa mancare un abbondante spruzzata di musica rock, senza considerare la trascurabile precisazione che tutto questo è, ovviamente, proibito. Ma, in una fase così cruciale della storia, il contagio delle idee è temuto e non ci vuole molto prima che lo Stato Maggiore si renda conto della pericolosa posizione occupata dall’aviere. Del resto, cosa succederebbe se gli uomini si chiedessero: “Chi è il nemico di chi, in un contesto in cui tutti hanno da perdere qualcosa?”Vincitore di un Golden Globe e candidato all’Oscar, questo sempreverde del cinema del 1987 diretto da Barry Levinson, non soltanto offre importanti spunti di riflessione sotto una trama apparentemente semplice, ma vanta una magnifica sceneggiatura che ha saputo valorizzare appieno la performance del giovane

Williams. Da sempre campione di umanità e simpatia, questo improbabile insegnante di inglese e parolacce riconferma nella pellicola l’innata capacità di divertire con arrendevole semplicità: “Se non vado a fare lezione ci saranno un sacco di vietnamiti che continueranno a usare i verbi all’infinito!”. Quarant’anni tra i ruoli più disparati, il culmine della carriera con il premio Oscar come miglior attore non protagonista in “Will Hunting-Genio Ribelle” e l’impagabile riconoscimento di aver saputo far ridere e piangere un pubblico di tutte le età; non occorre ricordare altro per descrivere una leggenda del cinema che, una volta spente le luci del palco e superata la seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino, resta, malgrado tutto, un uomo. «Lo so che giunti al termine di questa nostra vita tutti noi ci ritroviamo a ricordare i bei momenti e dimenticare quelli meno belli e ci ritroviamo a pensare al futuro» … «Però io vi dico: ecco, guardate me! Vi prego, non preoccupatevi tanto, perché a nessuno di noi è dato soggiornare tanto su questa terra. La vita ci sfugge via e se per caso sarete depressi, alzate lo sguardo al cielo d’estate con le stelle sparpagliate nella notte vellutata, quando una stella cadente sfreccerà nell’oscurità della notte col suo bagliore, esprimete un desiderio e pensate a me. Fate che la vostra vita sia spettacolare» (R.W. dal film “Jack” di Francis F. Coppola). Con queste splendide parole oggi vogliamo rendere omaggio all’alieno Mork, ma anche a Teddy Roosevelt de “Una notte al museo”, a John Keating de “L’attimo fuggente”, a Patch Adams, a Mrs. Doubtfire, a un indimenticabile Peter Pan e infine, anche ad Adrian Cronauer. Per questo e molto altro, in fondo, lo sappiamo tutti: l’uomo bicentenario vivrà molto più di duecento anni.

Robin McLaurin Williams July 21, 1951August 11, 2014

Pagina adottata da: “Bella la vita”

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in mostran

Tabula rasaIl momento di riflettere

di Stefania Servillo

Le parole street art evocano delle immagini e delle idee precise: un’arte creata in luoghi pubblici con varie

tecniche, spesso illegale per propria natura, generalmente di protesta e portatrice di messaggi profondi più o meno condivisibili. Nel corso degli ultimi anni è stata rilanciata con un nuovo volto: la street art al servizio della società. In questa nuova veste è relegata a zone specificatamente assegnate e diviene portatrice di messaggi positivi e calibrati in precedenza.La snaturalizzazione di questa forma d’arte, avvenuta gradualmente, merita una profonda riflessione: questo è stato il pensiero di Laszlo Biro, un collettivo che da anni si dedica alla promozione dell’arte ed in particolare proprio della street art e del muralismo.Il collettivo suggerisce che la creazione di un circuito ufficiale

di questi artisti e la produzione sempre crescente che è richiesta, con tempistiche sempre più brevi, stia mettendo a repentaglio il suo naturale sviluppo (e quello degli artisti che la praticano).Tabula rasa non è una mostra d’arte, è un progetto più ampio: si propongono approfondimenti e tavole rotonde, proiezioni e incontri. Al posto delle opere d’arte sono esposti libri d’arte, grafica e critica, consultabili liberamente. Questo approccio nasce dalla volontà di informare lo spettatore che potrà dunque intervenire direttamente nel dibattito.“Tabula Rasa è la nostra necessità di una

pausa di elaborazione, la volontà di ripensare tutto e ripartire da zero” (cit. Laszlo Biro, www.laszlobiro.it); con queste parole il collettivo invita tutti ad intervenire sino al 20 dicembre in via Braccio da Montone 56 (Roma).

DreamingsA Roma si sogna l’Australia

I l Museo Carlo Bilotti propone un’esposizione decisamente particolare ed audace con opere provenienti dalla collezione di Marc Sordello e Francis

Missana.Le esposizioni che fanno riferimento ad artisti indigeni sono generalmente lette in chiave etnografica, questo concetto di base è sicuramente un terreno sicuro e d’altronde non ancora ben sviscerato. “Dreamings. L’Arte Aborigena Australiana incontra de Chirico” rappresenta una brusca sterzata in tal senso. La mostra, a cura di Ian Mc Lean e Erica Izett, propone più di 50 opere prevalentemente in acrilico, ritenute interessanti, di autori indigeni (in Australia lo è solo il 3%) che continuano a vivere in zone non contaminate dall’urbanizzazione. In mostra sono stati inseriti anche due artisti indigeni di cultura urbana: Christian Thompson e Judy Watson.Non è solo la scelta degli artisti a rendere questa esposizione degna di grande attenzione: il parallelismo tentato con le opere di de Chirico rappresenta un elemento non trascurabile, sufficiente da solo a smuovere gli appassionati d’arte contemporanea per osservare uno strabiliante volo pindarico. Alla base del parallelismo c’è l’idea del sogno che si articola in maniera diversa sia nelle opere aborigene, che lo vivono come parte della loro cultura, sia in de Chirico, che lo inserisce come elemento legante all’interno delle sue opere metafisiche.L’esposizione sarà visitabile sino al 2 novembre, il costo del biglietto è per l’intero €8.00 e per il ridotto €7.00; per ulteriori informazioni è possibile contattare il numero 060608 tutti i giorni dalle ore 9.00 alle 21.00. Imants Tillers, “Antipodean manifesto”, acrilico, 1986

Pagina adottata da: Paolo Boccardi

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curiosARTn

di Cristina Simoncini

Per l’antica popolazione Maya il cacao era il “cibo degli dei” e veniva destinato solo ai nobili, ai cavalieri e ai sacerdoti; in Europa i semi di cacao rimasero sconosciuti fino a

quando non furono donati dalle popolazioni indigene a Cristoforo Colombo, nel suo quarto viaggio di ritorno dall’isola di Guanaja. Nel Cinquecento il gusto amaro del cacao non conquistò subito tutti i paesi occidentali, ma già dal secolo seguente ci sono prove pittoriche che dimostrano che, trasformata in bevanda, questa era considerata un lusso immancabile nelle famiglie dei nobili (sicuramente nel Seicento si era già imparato a diluirvi dentro lo zucchero e la vaniglia per conquistare più palati). Un dipinto anonimo, del diciassettesimo secolo, mostra una dama fare un bagno mentre tiene in mano una tazza di cioccolata, segno di quanto la passione per questa bevanda avesse già preso piede; lo stesso vale per il dipinto dell’infanta Maria Josefa di Spagna (1744-1801), la quale si fece ritrarre da Giuseppe Bonito (1707-1789) accanto a ciò che amava di più: il suo cagnolino e la

cioccolata calda. Farsi fare il ritratto mentre si gusta della cioccolata divenne una moda alquanto comune a partire dal Settecento, difatti esistono parecchi quadri con gruppi di persone che si intrattengono bevendola. Grazie ad essa abbiamo poi un’immagine che mostra il mestiere della cioccolataia, una delle prime testimonianze di tale lavoro svolto per strada e non è certo una cosa da poco; questa raffigurazione fu fatta dal pittore Paul Gavarni (1804-1866), il quale aggiunse un po’ di materiale alla scarsa creazione di disegni dedicati alle attività delle classi umili. Jean-Etienne Liotard (1702-1789) invece immortalò a su una tela una ragazza che serviva cioccolata calda, il cui quadro venne poi intitolato “Chocolate girl”. L’amore per questa bevanda ispirò anche molti pittori di nature morte che la dipinsero in pregiate tazze su tavole imbandite. La pianta del cacao, tanto apprezzata dove cresceva spontaneamente già dall’antichità, è attualmente ancora molto amata. L’industria si è ormai impossessata del segreto per fare una buona cioccolata e la pubblicizza sempre, ma furono le numerose immagini, come quelle elencate qui le prime a renderla famosa in tutto il mondo. Fonti: http://www.pitturaomnia.com

Jean-Etienne Liotard

Anonimo del XVIII secolo

Pietro Longhi

La cioccolata caldaCon un buon libro è l’ideale per affrontare l’autunno

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architetturamangaarchitettura

di Valerio Lucantonio

mangan

U n uomo viene trovato, pr ivo di sensi e con una fer i ta d’arma da fuoco al la testa, sul le coste or iental i degl i Stat i Unit i da una anziana

coppia, che lo salva e lo accogl ie nel la propr ia casa, dato che i l ragazzo dopo aver r ipreso conoscenza sembra essere stato colpi to da una grave forma di amnesia: non r icorda nul la del suo passato e i l suo unico tratto dist int ivo è un tatuaggio sul la scapola, rappresentante i l numero romano XIII.Così in iz ia la stor ia scr i tta da Jean Van Hamme e i l lustrata da Wil l iam Vance (pubbl icata or ig inar iamente da Dargaud dal 1984), diventata una del le più famose del la produzione franco-belga, s ia in patr ia che al l ’estero, r iuscendo a tenere incol lat i i lettor i a i volumi per più di due decenni, grazie ai cont inui colpi di scena e al la mir iade di intr ighi (pol i t ic i e non) in cui i l protagonista s i troverà vuoi per i l caso, vuoi perchè preso di mira da nemici che sembrano non f in ire mai. La bravura di Van Hamme è tale che r iesce a far tornare i cont i anche dopo i p iù inaspettat i p lot-twists, anche se parte del successo del la ser ie è da r iconoscere nei disegni

real ist ic i e minuziosi di Vance (per non par lare del lo straordinar io capitolo aff idato a Moebius, che qui s i f i rma Giraud).Tutt i i personaggi incontrat i sono le s intesi perfette del le caratter ist iche t ip iche del le f igure r icorrent i nel la letteratura e nel la f i lmograf ia pol iz iesche e svolgono al la perfezione i l loro ruolo in una saga che affronta, con i l pretesto del l ’ indagine e del l ’az ione, temi del icat i soprattutto per la cultura americana, come i l razzismo, l ’attentato a Kennedy e gl i strett i legami tra pol i t ica e cr imine.Nel 2012 l ’Aurea Editor ia le ha r istampato i d ic iotto capitol i del la ser ie or ig inale, in una ediz ione super-economica in bianco e nero composta da 9 volumi ( i l decimo, che racchiude i pr imi due episodi del la “seconda stagione”, s i può evitare senza problemi) che, seppur impoveri ta per quanto r iguarda alcune tavole tagl iate e un letter ing al l imite del la decenza, consente di leggere l ’ intera epopea a un prezzo di gran lunga minore r ispetto al l ’ediz ione Panini , p iù lussuosa(e di conseguenza più costosa).

XIIILa spy-story per antonomasia

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occhio al palcoscenicondi Rossana Gabrieli

Teatro Prati: il teatro del buonumore

I l Tea t r o P ra t i è n a t o i n v i a d e l g l i S c i p i o n i i l 9 novemb re 1998 , p e r vo l on t à d i Fab i o G rav i n a , e v i e ne de f i n i t o d a l l a c r i t i c a c i n ema tog ra f i c a c ome “ un ve r o s c r i g no d i b ene s s e r e ”, p e r ché

a i s uo i s p e t t a t o r i o f f r e i l d ono de l l a r i s a t a . I l s uo pa l c o s c en i c o s i a p r e d a s emp re a l l a c ommed i a ed i l s uo c a r t e l l o ne p r e vede , an che pe r l a p r o s s ima s t ag i one , un r epe r t o r i o a c ca t t i van t e : “Una no t t e d a e s co r t ”, “N i en t e d a d i c h i a ra r e ? ”, “Da g i oved ì a g i o ved ì ” e “ L a l u c e de i m i e i o c ch i ”.D i e t r o ognuno d i que s t i s p e t t a c o l i , c ’ è l a mano d i Fab i o G rav i n a , r e g i s t a ed a t t o r e , l a c u i p a s s i one pe r i l t e a t r o s i è man i f e s t a t a p r e co cemen t e , p a s s ando s op ra t t u t t o a t t r a ve r s o l ’ i n s egnamen to de i g rand i mae s t r i n apo l e t an i , S c a r pe t t a e De F i l i p po .B a s t a , f o r s e , g i à que s t o a c onno t a r e l a vena umo r i s t i c a c he G rav i n a i n f onde a l t e a t r o P ra t i , s u l c u i p a l c o vengono s ap i en t emen t e c on i uga t i t r a d i z i o ne ed i n nova z i one , s emp re e s o l o c on l ’ i n t en t o d i d i v e r t i r e , ma an che d i me t t e r e a nudo l e t a n t e c on t radd i z i o n i d e l l a s o c i e t à .Co s ì s a r à g i à c on i l p r imo deg l i s p e t t a c o l i d e l l a nuova s t ag i one , i n p r og ramma da o t t ob r e . I n “Una no t t e d a e s co r t ”, … un uomo d i e l e va t a c u l t u ra e po s i z i o ne de c i d e d i f e s t egg i a r e i l s uo c i n quan t e s imo c omp l e anno “ d a s o l o “ e d i t r a s c o r r e r e dunque una s e ra t a c he e s c a dag l i s c hem i d e l l a s ua r ou t i n e ma t r imon i a l e . I ngagg i a c o s ì una e s co r t… Ma l ’ a f f a r e , s e c o s ì vog l i amo ch i ama r l o , n on r i e s c e a c on c l ude r s i ”.

occhio all’ambientenIndagine sullo smog cittadino nostrano

Vogliamo qui riportare una inchiesta svolta da Altroconsumo nel numero 274, che si è occupata di capire di quanto gli adulti e i bambini siano esposti all’aria inquinata durante i percorsi

che sono svolti quotidianamente e quanto i limiti imposti per legge agli inquinanti siano rispettati. Sono stati scelti percorsi classici casa – scuola – lavoro, a Roma e a Milano, e i tragitti sono stati effettuati nella stessa giornata a bordo di diversi mezzi di trasporto: bici, mezzi pubblici e auto. Sono stati monitorati con strumenti specifici sia le polveri sottili che il benzene e i risultati non sono stati assolutamente incoraggianti. Gli inquinanti controllati sono presenti ovunque e in dosi massicce e qualunque sia il mezzo con cui decidiamo di spostarci. In particolare è emerso che la maggiore esposizione alle micropolveri colpisce chi si muove prevalentemente con i mezzi pubblici. In parte la colpa è della maggior durata del viaggio, ma anche dalle situazioni

di affollamento e dalla permanenza in luoghi chiusi. Il benzene è in progressiva diminuzione tanto che a Milano, città tra le più inquinate, le rilevazioni indicano che dal 2000 la media annuale si è ridotta di molto. L’inchiesta, comunque, ha fatto emergere che il muoversi nel traffico per accompagnare i figli a scuola o andare al lavoro, espone le persone a livelli medi di benzene molto vicini al limite di legge stabilito (10 mg/m3 nell’aria). Inoltre, in generale, il livello di benzene rilevato dalle centraline, non è sufficiente per valutare la propria esposizione, poiché a quei valori vanno aggiunti l’esposizione che deriva dal fumo di sigaretta e da altre sorgenti domestiche quali colle, vernici, incensi, etcc. In particolare a Milano l’inchiesta ha fatto emergere livelli di polveri sottili costantemente superiori ai limiti, nonostante i giorni dedicati alle rilevazioni siano stati quasi sempre piovosi. Per quanto riguarda Roma, anche se le condizioni climatiche siano più favorevoli di Milano tanto da consentire una maggiore circolazione dell’aria che riduce l’accumulo degli inquinanti, le code e il traffico costante non fanno bene alla qualità dell’aria e ne se ne accorge soprattutto chi va in bicicletta. Un recente studio europeo pubblicato da Lancet Oncology, condotto per 13 anni su oltre 300.000 persone, ha definitivamente appurato che lo smog è cancerogeno e può causare tumori ai polmoni e proprio le polveri sottili prodotte dai tubi di scappamento dei motori, dagli impianti di riscaldamento e dalle attività industriali contribuiscono ad aumentarne i rischi. Non resta quindi sperare in un incremento sempre maggiore di tutte le iniziative di mobilità sostenibile (ztl, piste ciclabili e isole pedonali), di incremento dell’uso delle auto e moto elettriche e delle crescenti limitazioni nei centri cittadini verso tutti i veicoli più inquinanti.

di Nicola Fasciano

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nApriliaArtisti in cammino - Mostra collettiva (articolo a pag. 3)Sala Manzù, fino al 19 ottobre

nRomaUna notte al museo - Aperture starordinarie serali l’ultimo sabato del mese dalle ore 20 alle 24Palazzo Altemps, Terme di Diocleziano, Crypta Balbi, Palazzo Massimo, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, fino al 27 dicembre Gianni Testa - AntologicaVittoriano, fino al 12 ottobreLa Nuova Moda tra ‘500 e ‘600Villa d’Este Tivoli, fino al 19 ottobreFORO DI AUGUSTO. 2000 ANNI DOPO di Piero Angela e Paco LancianoForo di Augusto, Via Alessandrina, fino al 21 ottobreUcraina - Soltanto ieri. Mostra fotografica di Franco Lubrani Salotto di Genti e Paesi, Via Adda 111, fino al 31 ottobreDreamings. L’Arte Aborigena Australiana incontra de Chirico (articolo a pag. 11)Museo Carlo Bilotti, fino al 2 novembreAdriano e la Grecia. Villa Adriana tra classicità ed ellenismo Villa Adriana, Tivoli, fino al 2 novembreIl mio Pianeta dallo Spazio: Fragilità e Bellezza Palazzo delle Esposizioni, dal 30 settembre al 2 novembreDennis Hopper - The lost albumGalleria Gagosian, fino al 8 novembreTabula Rasa (articolo a pag. 11)Laszlo Biro, via Braccio da Montone 56, fino al 20 dicembreI Papi della speranzaMuseo di Castel Sant’Angelo, fino al 16 novembreEnel Contemporanea. Big BambúMACRO Testaccio, fino al 29 dicembreGerhard Richter Palazzo delle Esposizioni, dal 15 ottobre al 10 gennaio 2015Fotografia Festival Internazionale di Roma (articolo a pag. 5)MACRO, fino al 11 gennaio 2015Memling. Rinascimento fiammingo Scuderie del Quirinale, dal 11 ottobre al 18 gennaio 2015I Bassifondi del barocco. La Roma del vizio e della miseria Accademia di Francia a Roma, Villa Medici, fino al 18 gennaioTiepolo: i colori del disegno Musei Capitolini, fino al 18 gennaio 2015Henry Cartier-Bresson (articolo a pag. 5)Ara Pacis, fino al 25 gennaio 2015EscherChiostro del Bramante, fino al 22 febbraio 2015Sironi 1885 - 1961Complesso del Vittoriano, fino al 8 marzo 2015

nFirenzePicasso e la modernità spagnolaPalazzo Strozzi, fino al 25 gennaio 2015La fortuna dei primitiviGalleria dell’Accademia, fino al 8 dicembre

nGaetaAlberto Burri - Cellotex e opera multiplaPinacoteca comunale - Palazzo S. Giacomo, fino al 12 ottobreCy Twombly, fotografie di GaetaMuseo diocesano, fino al 26 ottobre

nMilanoAction: SpaceRivoli due, fino al 1 novembreGiovanni Segantini (articolo a pagg. 8-9)Palazzo Reale, fino al 18 gennaio 2015Marc Chagal, una retrospettiva 1908-1985Palazzo Reale, fino al 1 febbraio 2015

nPestumColori nell’antica Paestum. Vita dei Colori e Colori della Vita Museo Archeologico Nazionale, fino al 30 novembre

nPisa“Angeli” di Igor MitorajPiazza del Duomo, fino al 15 gennaio 2015

nTivoliLa nuova moda tra ‘500 e ‘600Villa d’Este, fino al 19 ottobreAdriano e la Grecia - Villa Adriana fra classicità ed ellenismoVilla Adriana, fino al 2 novembre

nTorinoRoy Lichtenstein - Opera primaGAM, fino al 25 gennaio 2015

nCodroipo (Udine)Man RayVilla Manin, fino al 11 gennaio 2015

Eventin

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Potete trovare la vostra copia di “Occhio all’Arte” presso i seguenti distributori:Aprilia: Biblioteca Comunale (Largo Marconi), Comune di Aprilia - Palazzo di vetro (p.zza dei Bersaglieri), edicola di p.zza Roma, Casa del libro (Via dei Lauri 91), Abbigliamento Alibi (via Marconi 52), Banca Intesa (via delle Margherite 121), edicola di Largo dello Sport, edicola di p.zza della Repubblica, teatro Spazio 47 (via Pontina km 47), palestra Sensazione (via del Pianoro 6), Ottica Catanesi (Largo Marconi 8), Bar Vintage (via Di Vittorio)Lavinio mare: Bar Lavinia (p.zza Lavinia 1) - Anzio: Biblioteca comunale (Comune di Anzio)Nettuno: F.lli Cavalieri (P.zza IX Settembre)