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1 Noi Amici di San Domenico Savio FOGLIO MENSILE DEL GRUPPO “AMICI DI SAN DOMENICO SAVIOANNO VIII n. 11 8 novembre 2017 “Ti stavo aspettando”: STIAMO DIETRO AL SINODO PARROCCHIALE Questo foglio potrà essere un’utile luogo dove far confluire tutte le riflessioni che stanno emergendo nell’ambito del sinodo parrocchiale che a questo punto ha scelto come slogan “Ti stavo aspettando” anche attraverso una votazione popola- re. Gli amici di S. Domenico Savio potranno seguire da vicino i lavori sia con la pre- ghiera, sia con la partecipazione attiva. S. Domenico Savio vedrebbe sicuramente di buon occhio persone che si sforzano di leggere alla luce di Dio il modo con cui comportarsi diversamente rispetto alla media comune della gente, sforzandosi di testimoniare al meglio il Vangelo. Per questo da gennaio, quando normalmente la grafica del foglio cambia (ogni due anni) daremo più spazio agli esiti, anche perché sono esempi diretti di “fede testimoniata”. Allora cominciamo riportando i risultati della prima discussione che c’è stata il 22 ottobre scorso in seno al consiglio pastorale allargato, a partire da una traccia preparata dalla vicaria urbana e pro- posta a tutte le parrocchie della città. - Non esiste uno stile di accoglienza a tavolino, ma di volta in volta a seconda delle persone che incrociano le nostre parrocchie, una volontà di interagire con loro e di valorizzarne le diversità - Esistono però dei punti “a tavolino” che valgono in generale. Per esempio: sorridere, alla fine delle celebrazioni non fermarsi nei propri gruppi ma cercare di salutare un po’ tutti - Ma chi bisogna accogliere? Non tutti sono interessati ad essere accolti. Comunque partendo dalle celebrazioni più grandi (Natale, Pasqua, feste della Madonna) si può cercare di essere accoglienti verso coloro che si vedono solo in quelle occasioni (Marco B.) - E’ necessario formarsi all’accoglienza: una formazione che ha un taglio innanzitutto spirituale perché ri- guarda l’essere delle persone - Una comunità accogliente deve essere credibile… - In particolare bisogna combattere contro il pessimismo che ci fa guardare sempre alle cose che non vanno e ci fa essere giudicanti - Bisogna anche educarsi alla tenacia nelle proposte e a non lasciarsi scoraggiare subito. Guardare alle cose che vanno e non a quelle che non vanno e non aspettarsi che altri seguano il tuo esempio Le parrocchie potrebbero diventare luoghi di conoscenza di altre culture e luoghi di pro- mozione di altre culture, in un’epoca di grandi nazionalismi e chiusure. Non bisogna dare per scontato che con culture diverse basti la buona volontà: a volte vi sono differenze cultu- rali che bisogna conoscere (continua a pag. 4) Gli amici di San Domenico Savio E’ un gruppo fondato da don Giacomo (parroco fondatore della nostra parrocchia), che si propone di sviluppare l’amicizia spirituale attraverso la preghiera reciproca. Conta più di 350 aderenti ed essendo una fra- ternità spirituale comprende anche persone defunte. Per tutti gli ade- renti ogni 8 del mese viene celebrata una eucaristia, ricordando la fe- sta dell’Immacolata dell’8 dicembre nel cui nome San Domenico Savio aveva messo piedi con i suoi amici una “compagnia” per impegnarsi particolarmente nel cammino di santità. Un momento significativo è la festa della parrocchia: il 12 giugno (anniversario di dedicazione della chiesa). Rilanciando questa fraterni- tà spirituale si intende offrire spunti per il proprio cammino di fede e anche per al conversione di vita, a partire da gesti semplici, dotati pe- rò anche di valenza sociale. Per iscriversi è necessario rivolgersi in parrocchia: la quota simbolica è di 5 euro l’anno. Marchio amici san Domenico Savio

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Noi Amici

di San Domenico Savio FOGLIO MENSILE DEL GRUPPO “AMICI DI SAN DOMENICO SAVIO”

ANNO VIII – n. 11

8 novembre 2017

“Ti stavo aspettando”: STIAMO DIETRO AL SINODO PARROCCHIALE

Questo foglio potrà essere un’utile luogo dove far confluire tutte le riflessioni che stanno emergendo nell’ambito del sinodo parrocchiale che a questo punto ha scelto come slogan “Ti stavo aspettando” anche attraverso una votazione popola-re. Gli amici di S. Domenico Savio potranno seguire da vicino i lavori sia con la pre-ghiera, sia con la partecipazione attiva. S. Domenico Savio vedrebbe sicuramente di buon occhio persone che si sforzano di leggere alla luce di Dio il modo con cui comportarsi diversamente rispetto alla media comune della gente, sforzandosi di testimoniare al meglio il Vangelo. Per questo da gennaio, quando normalmente la grafica del foglio cambia (ogni due anni) daremo più spazio agli esiti, anche perché sono esempi diretti di “fede testimoniata”. Allora cominciamo riportando i risultati della prima discussione che c’è stata il 22 ottobre scorso in seno al consiglio pastorale allargato, a partire da una traccia preparata dalla vicaria urbana e pro-posta a tutte le parrocchie della città. - Non esiste uno stile di accoglienza a tavolino, ma di volta in volta a seconda delle persone che incrociano le nostre parrocchie, una volontà di interagire con loro e di valorizzarne le diversità - Esistono però dei punti “a tavolino” che valgono in generale. Per esempio: sorridere, alla fine delle celebrazioni non

fermarsi nei propri gruppi ma cercare di salutare un po’ tutti

- Ma chi bisogna accogliere? Non tutti sono interessati ad essere accolti. Comunque partendo dalle celebrazioni più

grandi (Natale, Pasqua, feste della Madonna) si può cercare di essere accoglienti verso coloro che si vedono solo in

quelle occasioni (Marco B.)

- E’ necessario formarsi all’accoglienza: una formazione che ha un taglio innanzitutto spirituale perché ri-guarda l’essere delle persone - Una comunità accogliente deve essere credibile… - In particolare bisogna combattere contro il pessimismo che ci fa guardare sempre alle cose che non vanno e ci fa essere giudicanti - Bisogna anche educarsi alla tenacia nelle proposte e a non lasciarsi scoraggiare subito. Guardare alle cose

che vanno e non a quelle che non vanno e non aspettarsi che altri seguano il tuo esempio Le parrocchie potrebbero diventare luoghi di conoscenza di altre culture e luoghi di pro-mozione di altre culture, in un’epoca di grandi nazionalismi e chiusure. Non bisogna dare per scontato che con culture diverse basti la buona volontà: a volte vi sono differenze cultu-rali che bisogna conoscere

(continua a pag. 4)

Gli amici di San Domenico Savio E’ un gruppo fondato da don Giacomo (parroco fondatore della nostra parrocchia), che si propone di sviluppare l’amicizia spirituale attraverso la preghiera reciproca. Conta più di 350 aderenti ed essendo una fra-ternità spirituale comprende anche persone defunte. Per tutti gli ade-renti ogni 8 del mese viene celebrata una eucaristia, ricordando la fe-sta dell’Immacolata dell’8 dicembre nel cui nome San Domenico Savio aveva messo piedi con i suoi amici una “compagnia” per impegnarsi particolarmente nel cammino di santità. Un momento significativo è la festa della parrocchia: il 12 giugno (anniversario di dedicazione della chiesa). Rilanciando questa fraterni-tà spirituale si intende offrire spunti per il proprio cammino di fede e anche per al conversione di vita, a partire da gesti semplici, dotati pe-rò anche di valenza sociale. Per iscriversi è necessario rivolgersi in parrocchia: la quota simbolica è di 5 euro l’anno.

Marchio amici san

Domenico Savio

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Fede testimoniata

Don Massimiliano e la mia vocazione

Abbiamo chiesto a Francesco, un seminarista di Asti, di dirci in che modo il suo parro-

co, recentemente mancato, ha influito sulla sua vocazione.

La vocazione, lo sappiamo bene, è anzitutto un do-

no di Dio. Come tutti i doni però va scoperta, ali-

mentata e fatta fruttificare. Per questo il buon Dio,

nel corso della nostra vita, ci mette accanto delle

persone che ci aiutano a capire e a far maturare la

nostra vocazione. Don Massimiliano (meglio Max,

come preferiva essere chiamato), è stata per me

sicuramente una di queste persone. Ripensandoci

bene, mi accorgo come il suo accompagnamento

sia stato molto discreto ma, nello stesso tempo,

continuo. Non ha mai forzato le tappe e non mi ha

mai proposto espressamente la strada del sacerdo-

zio, però mi ha aiutato a far luce sulla mia vita, sul-

le mie passioni, sui miei interessi e su ciò per cui

avrebbe valso la pena spendere tutta la propria vita,

e tutto questo senza che io me ne accorgessi.

Ricordo il giorno in cui gli annunciai il mio propo-

sito di entrare in seminario. Ero agitato e titubante

ma, quando gli esposi le mie intenzioni, Max pro-

ruppe in una grassa risata, mi abbracciò, e mi disse:

“lo sapevo che prima o poi sarebbe successo”. Lì

per lì non ci pensai molto, ma in un successivo in-

contro gli chiesi: “Max, se tu lo sapevi, perché non

me l’hai mai chiesto?”. Lui rispose che il Signore

me lo avrebbe fatto capire a suo tempo e che, se i

tempi si fossero invece allungati, sarebbe invece

intervenuto. E anche quando quell’anno, per varie

vicissitudini, alla fine decisi di non cominciare il

seminario, lui non fece nessuna opposizione e con-

tinuò a starmi vicino come aveva sempre fatto.

Max è stato per me un vero padre nella vita di fede,

ma non solo. Attraverso la testimonianza della sua

vita ha saputo farmi appassionare a Gesù e al suo

messaggio di salvezza, facendomi vedere quanto è

bello e quale dono prezioso sia essere cristiani e

vivere da cristiani. Max mi ha insegnato cosa vera-

mente conti al di sopra di tutto: amare il Signore e

amare il prossimo, così come Gesù stesso ci ha in-

segnato.

Francesco

SPECIALE

GIOVANI

Pillole di catechesi

Il giudizio finale Dal Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1038-1039):

La risurrezione di tutti i morti, « dei giusti e degli ingiusti

» (At 24,15), precederà il giudizio finale. Sarà « l'ora in

cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce

[del Figlio dell'uomo] e ne usciranno: quanti fecero il

bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male

per una risurrezione di condanna » (Gv 5,28-29). Allora

Cristo « verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli [...].

E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli sepa-

rerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore

dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla

sinistra. [...] E se ne andranno, questi al supplizio eterno,

e i giusti alla vita eterna » (Mt 25,31-33.46).

Davanti a Cristo che è la verità sarà definitivamente mes-

sa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio.

Il giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conse-

guenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso

di compiere durante la sua vita terrena:

« Tutto il male che fanno i cattivi viene registrato a loro

insaputa. Il giorno in cui Dio non tacerà (Sal 50,3) [...]

egli si volgerà verso i malvagi e dirà loro: Io avevo posto

sulla terra i miei poverelli, per voi. Io, loro capo, sedevo

nel cielo alla destra di mio Padre, ma sulla terra le mie

membra avevano fame. Se voi aveste donato alle mie

membra, il vostro dono sarebbe giunto fino al capo.

Quando ho posto i miei poverelli sulla terra, li ho costi-

tuiti come vostri fattorini perché portassero le vostre buo-

ne opere nel mio tesoro: voi non avete posto nulla nelle

loro mani, per questo non possedete nulla presso di me ».

La luce della Parola

Parabole escatologiche

A partire da domenica prossima leggeremo per tre domeniche il capitolo 25 di Matteo, che ri-porta la parabola delle vergini stolte e sagge (domenica 12), la parabola dei talenti (domenica 19) e il giudizio finale (domenica 26, festa di Cristo Re). Sono strettamente collega-te: l’attesa dello sposo, una attesa operosa, un arrivo che diventerà giudizio a partire dall’attenzione agli ultimi. Dunque qualcosa che ha a che fare con l’accoglienza, argomento del nostro sinodo: l’accoglienza del Signore che viene, ma anche l’accoglienza di coloro che non sono accolti da nessuno...

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Fratello Domenico

Suo zelo per la salute delle anime

In questi anni abbiamo sempre a spizzichi raccontato di s. Domenico Savio a seconda del

tema del foglio. Vogliamo da ora in poi andare in ordine, pubblicando di volta in volta le varie parti della sua vita raccontata da don Bosco.

CAPITOLO 11. (3a

puntata) Leggeva di preferenza la vita di quei santi che avevano lavorato in modo speciale per la salute

delle anime. Parlava volentieri dei missionari, che faticano tanto in lontani paesi pel bene delle anime, e non

potendo mandar loro soccorsi materiali, offeriva ogni giorno al Signore qualche preghiera, e almeno una

volta alla settimana faceva per loro la santa comunione.

Più volte l’ho udito esclamare: Quante anime aspettano il nostro ajuto nell’Inghilterra; oh se avessi forza e

virtù vorrei andarvi sul momento, e colle prediche e col buon esempio vorrei guadagnarle tutte al Signore.

Si lagnava spesso con se medesimo, e spesso ne parlava ai compagni del poco zelo che molti hanno per i-

struire i fanciulli nelle verità della fede. Appena sarà chierico, diceva, voglio andare a Mondonio, e voglio

radunare tutti i fanciulli sotto di una tettoia e voglio far loro il catechismo, raccontare tanti esempi e farli

tutti santi. Quanti poveri fanciulli forse andranno alla perdizione per. mancanza di chi li istruisca nella fede!

Ciò che diceva con parole lo confermava coi fatti, poiché per quanto comportava la sua età ed istruzione

faceva con piacere il catechismo nella chiesa dell’Oratorio, e se qualcheduno ne avesse avuto bisogno, gli

faceva scuola e lo ammaestrava nel catechismo a qualunque ora del giorno ed in qualunque giorno della

settimana, ad unico scopo di poter parlare di cose spirituali e far loro conoscere l’importanza di salvar

l’anima.

Un giorno un compagno indiscreto voleva interromperlo mentre raccontava un esempio in tempo di ricrea-

zione. Che te ne fa di queste cose? gli disse. Che me ne fa? rispose; me ne fa perché l’anima de’ miei com-

pagni è redenta col sangue di Gesù Cristo; me ne fa perché siamo tutti fratelli, e come tali dobbiamo amare

vicendevolmente l’anima nostra; me ne fa perché Iddio raccomanda di aiutarci l’un l’altro a salvarci; me ne

fa perché se riesco a salvare un’anima, metterà anche in sicuro la salvezza della mia.

(3. continua)

Mamma Maria

Maria, donna accogliente (I) Il mese scorso avevamo pubblicato la preghiera scritta da don Tonino Bello e intitolata “Maria, donna ac-

cogliente”. In realtà ogni preghiera di quel libro è introdotta da una riflessione per farci entrare nel senso di

quell’appellativo mariano. La pubblichiamo in due puntate.

Santa Maria, donna accogliente. La frase si trova in un testo del Concilio, ed è splendida per dottrina e concisio-

ne, Dice che, all' annuncio dell' angelo, Maria Vergine «accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio».

Nel cuore e nel corpo.

Fu, cioè, discepola e madre del Verbo. Discepola, perché si mise in ascolto della Parola, e la conservò per sem-

pre nel cuore. Madre, perché offrì il suo grembo alla Parola, e la custodì per nove mesi nello scrigno del corpo.

Sant'Agostino osa dire che Maria fu più grande per aver accolto la Parola nel cuore, che per averla accolta nel

grembo.

Forse, per capire fino in fondo la bellezza di questa verità, il vocabolario non basta. Bisogna ricorrere alle espres-

sioni visive. E allora non c'è di meglio che rifarsi a una celebre icona orientale, che raffigura Maria col divin Fi-

glio Gesù in scritto sul petto. È indicata come la Madonna del segno, ma potrebbe essere chiamata la Madonna

dell' accoglienza, perché con gli avambracci levati in alto, in atteggiamento di offertorio o di resa, essa appare il

simbolo vivo della più gratuita ospitalità.

Accolse nel cuore.

Fece largo, cioè, nei suoi pensieri ai pensieri di Dio; ma non si sentì per questo ridotta al silenzio. Offrì volentieri

il terreno vergine del suo spirito alla gerrninazione del Verbo; ma non si considerò espropriata di nulla. Gli ce-

dette con gioia il suolo più inviolabile della sua vita interiore, ma senza dover ridurre gli spazi della sua libertà.

Diede stabile alloggio al Signore nelle stanze più segrete della sua anima; ma non ne sentì la presenza come vio-

lazione di domicilio. (1 continua)

don Tonino Bello

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Riceviamo e pubblichiamo

Il Regno: segni della sua presenza

Il Sinodo parte bene

Più di 60 persone si sono espresse per dare

uno slogan al Sinodo parrocchiale. E’ stato

scelto “Ti stavo aspettando”.

E’ vero che per ora si tratta solo di forma e

di apparenza. Ma osiamo sperare che vi sia

anche sostanza e che quando affronteremo

il cuore del discorso vi sia altrettanta atten-

zione.

Anche in seno alla commissione vi sono

molte idee e fervore: se son rose fioriran-

no...

(continua da pag. 3) - Bisogna partire dalla situazione del nostro territorio che è multietnico per eccellenza. Ogni gruppo (anche quelli del

comitato laico) potrebbero verificare come si riesce ad essere accoglienti verso altre culture

- E’ proprio vero che a volte le differenze culturali pongono qualche problema e ce ne accorgiamo al centro d’ascolto.

Bisogna studiare dei gesti di accoglienza che possano essere compresi, senza lasciare tutto alla spontaneità

- L’oratorio sta diventando una bella realtà per questo scambio interculturale

- lavorare per accettarsi tra gruppi e realtà diverse all’interno di una parrocchia: se non creiamo accoglienza reciproca tra noi, non possiamo viverla all’esterno. - Molto importante, perché a volte non vi sono molti rapporti tra i gruppi di una stessa parrocchia oppure all’interno

dello stesso gruppo. Per esempio all’interno del gruppo ministrati a volte vi sono problemi di relazione. L’accoglienza

deve essere sentita e non artificiale

- Si potrebbe individuare dei mediatori all’interno dei vari gruppi parrocchiali che insieme trovino i modi di far dialoga-

re maggiormente le diverse realtà

- In particolare bisogna fare in modo che le periferie non siano isolate (per es. Valgera, v. Madre Teresa di Calcutta,

Praia). Occorre monitorare la situazione

- A volte bastano gesti semplici come durante la celebrazione eucaristica il recitare il Padre Nostro tenendosi per mano

esprimendo delicatezza e amicizia

- sviluppare percorsi personalizzati (per esempio di formazione al battesimo) - Questo richiede che tutti si mettano in gioco e non solo il parroco. Il principio è condivisibile ma la sua realizzazione è

molto ardua e comunque impossibile se non si allargano le collaborazioni

- far sentire ciascuno a casa propria: chiedersi a seconda delle categorie di persone in che modo potrebbero sentirsi a casa in parrocchia - Franca B. racconta di come lei si sia avvicinata e si sia sentita poco alla volta coinvolta, grazie all’attenzione di qual-

cuno. E’ importante la politica dei piccoli passi al momento giusto, senza forzare troppo l’invito ma anche senza aspet-

tarsi che debba fare tutto chi si sta avvicinando alla comunità.

- Infatti è meglio una integrazione graduale. In questo le cellule di evangelizzazione possono avere un ruolo importante

per coinvolgere singoli attraverso rapporti di amicizia

- Confermo. Le cellule funzionano in quel senso. La proposta bisogna farla con semplicità ma farla comunque

- Non sempre siamo in grado di usare questa accoglienza: esempio del rapporto con una persona un po’ isolata , con la

quale non è facile intrattenere una relazione equilibrata

- E la gente che sparisce? A volte non te ne accorgi, specie nelle realtà grandi

- E’ necessario educarci ad uno sguardo profondo che non si fermi alle diversità (e non solo culturali) ma punti al profondo. Questo vale per i volontari dei centri di ascolto ma anche per tutti i collaboratori, in modo da non giudicare subito i motivi per cui uno si rivolge ad una parrocchia. - E’ vero ma ci deve anche essere una certa uniformità tra parrocchie in città. Se si richiedono cose diverse alle persone

che occasionalmente si fanno vive per qualche sacramento alla fine solo chi chiede meno sembra si dimostri accoglien-

te…