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IL NEOPLATONISMO NELLE OPERE DI FOZIO Si può parlare di Neoplatonismo nelle opere di Fozio? È ipotesi corrente che Fozio, al quale pure dobbiamo tanta parte delle nostre conoscenze sulla letteratura antica, non nutrisse alcun interesse per la filosofia 1 . Lo studio che qui si presenta cerca di dare una risposta a questo interrogativo, articolando il discorso in quattro fasi: 1) Tracceremo un quadro dei manoscritti bizantini del IX secolo, in particolare di contenuto filosofico, che ci sono pervenuti, al fine di documentare se alcuni di essi furono letti o almeno passarono fra le mani di Fozio; 2) Cercheremo di rispondere alla domanda: lo spazio che Fozio dedica alla filosofia nelle sue opere corrisponde alla profondità delle sue conoscenze in questo campo? 3) Passeremo in rassegna i passi della Bibliotheca che contengono riferimenti ai filosofi neoplatonici: i passi verranno suddivisi secondo le varie scuole neoplatoniche, tradotti e commentati; 4) Analizzeremo la quaestio degli Amphilochia che più visibilmente rivela influssi neoplatonici, la nr. 75. 1. LA TRASMISSIONE DEI TESTI FILOSOFICI NELLA BISANZIO DEL IX SECOLO 1.1. I manoscritti del IX secolo Com’è noto, il IX secolo viene comunemente indicato come il periodo della “rinascita bizantina” e del “primo umanesimo bizantino”: un risveglio generale che comportò, tra l’altro, anche la riscoperta, lo studio e l’imitazione delle opere dell’antichità greca, cadute nell’oblìo dei “secoli di ferro”. Ma verso quali campi si rivolse maggiormente l’interesse dei bizantini? E, in particolare, quale atteggiamento ebbero nei riguardi delle opere filosofiche? Anche se molti manoscritti sono sopravvissuti per un caso fortunato, uno sguardo alle copie di 1 Cfr. per es. l’opinione espressa da L.G. Westerink nella sua introduzione a DAMASCIUS, Traité des premiers principes, texte établi par L.G. WESTERINK et traduit par J. COMBÈS, Les Belles Lettres, Paris 1986-1991, 3 voll., in part. vol. I, p. LXXVIII: «Quant à Photius, son manque d’intérêt pour la philosophie est suffisamment attesté par la Bibliothèque, dont 3 codices seulement sur 279 s’occupent d’ouvrages philosophiques (Enésidème et Hiéroclès). Dans ses cours, il traitait de la logique aristotélicienne, et un petit aperçu des Catégories a survécu dans les Amphilochia; sa connaissance de Platon paraît avoir été superficielle, et dans toute son oeuvre volumineuse, on ne rencontre pas une seule allusion, pas un seul terme technique, qui trahirait un lecteur de Plotin, de Proclus ou de Damascius (à l’exception, bien entendu, de la biographie d’Isidore et du recueil paradoxographique)». 1

Neoplatonismo nelle opere di Fozio

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Neoplatonismo nelle opere di Fozio.

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IL NEOPLATONISMO NELLE OPERE DI FOZIO

Si può parlare di Neoplatonismo nelle opere di Fozio? È ipotesi corrente che Fozio, al quale pure dobbiamo tanta parte delle

nostre conoscenze sulla letteratura antica, non nutrisse alcun interesse per lafilosofia1.

Lo studio che qui si presenta cerca di dare una risposta a questo interrogativo,articolando il discorso in quattro fasi:

1) Tracceremo un quadro dei manoscritti bizantini del IX secolo, in particolare dicontenuto filosofico, che ci sono pervenuti, al fine di documentare se alcuni diessi furono letti o almeno passarono fra le mani di Fozio;

2) Cercheremo di rispondere alla domanda: lo spazio che Fozio dedica allafilosofia nelle sue opere corrisponde alla profondità delle sue conoscenze inquesto campo?

3) Passeremo in rassegna i passi della Bibliotheca che contengono riferimenti aifilosofi neoplatonici: i passi verranno suddivisi secondo le varie scuoleneoplatoniche, tradotti e commentati;

4) Analizzeremo la quaestio degli Amphilochia che più visibilmente rivelainflussi neoplatonici, la nr. 75.

1. LA TRASMISSIONE DEI TESTI FILOSOFICI NELLA BISANZIO DEL IX SECOLO

1.1. I manoscritti del IX secolo

Com’è noto, il IX secolo viene comunemente indicato come il periodo della“rinascita bizantina” e del “primo umanesimo bizantino”: un risveglio generaleche comportò, tra l’altro, anche la riscoperta, lo studio e l’imitazione delle operedell’antichità greca, cadute nell’oblìo dei “secoli di ferro”. Ma verso quali campisi rivolse maggiormente l’interesse dei bizantini? E, in particolare, qualeatteggiamento ebbero nei riguardi delle opere filosofiche? Anche se moltimanoscritti sono sopravvissuti per un caso fortunato, uno sguardo alle copie di

1 Cfr. per es. l’opinione espressa da L.G. Westerink nella sua introduzione a DAMASCIUS, Traitédes premiers principes, texte établi par L.G. WESTERINK et traduit par J. COMBÈS, Les BellesLettres, Paris 1986-1991, 3 voll., in part. vol. I, p. LXXVIII: «Quant à Photius, son manqued’intérêt pour la philosophie est suffisamment attesté par la Bibliothèque, dont 3 codices seulementsur 279 s’occupent d’ouvrages philosophiques (Enésidème et Hiéroclès). Dans ses cours, il traitaitde la logique aristotélicienne, et un petit aperçu des Catégories a survécu dans les Amphilochia; saconnaissance de Platon paraît avoir été superficielle, et dans toute son œuvre volumineuse, on nerencontre pas une seule allusion, pas un seul terme technique, qui trahirait un lecteur de Plotin, deProclus ou de Damascius (à l’exception, bien entendu, de la biographie d’Isidore et du recueilparadoxographique)».

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autori antichi che ci sono pervenute di quel periodo potrà fornire una prospettivapiù concreta alla nostra indagine.

Un esame dei manoscritti che risalgono al periodo 800-830 sembra rivelareuna maggiore diffusione dei testi scientifici o tecnici dell’antichità greca rispetto aquelli letterari. Di questi ultimi rimangono testimonianze di ambito scolastico,come una copia di Omero in onciale (Madrid 4626 e Roma, Bibl. Naz. gr. 6),alcuni fogli di palinsesto da una copia di Erodiano in onciale (Leipzig,Tischendorf) e una serie di lessici in maiuscola (Coislin 347). Particolarmenteinteressante poiché esterno all’ambiente di scuola, è un brandello di pergamenacon poche righe del III libro delle Argonautiche di Apollonio Rodio (P. Strasburg173). Tra i testi scientifici, invece, ricordiamo il Laurentianus 28,18, uno dei piùantichi manoscritti in minuscola, che contiene il commento di Teone e di Pappoall’Almagesto di Tolomeo; numerosi testimoni di Tolomeo: una copia in onciale(Parisinus gr. 2389) e una copia in minuscola (Vaticanus gr. 1594) siaccompagnano a due copie in onciale delle tavole che vi erano unite (Vaticanusgr. 1291 e Leidensis B.P.G. 78). Per le scienze naturali, il manuale di erbemedicinali di Dioscoride (Parisinus gr. 2179, in onciale e illustrato), e uno scrittodi medicina, di Paolo di Egina, del quale sono conservati frammenti in unaminuscola molto antica in diversi manoscritti (Parisinus suppl. gr. 1156 [ff. 23-25], Coisliniani 8 [ff. 1, 283] e 123 [f. 1]). Ma l’aspetto per noi più rilevante è chedi questo periodo si è conservato solo un testimone di un filosofo, Aristotele: unbreve frammento in maiuscola dei Sophistici elenchi, il Parisinus suppl. gr. 1362.

Anche degli anni 830-850 (circa) disponiamo di un piccolo gruppo dimanoscritti contenenti opere scientifiche: il Vaticanus gr. 190, con gli Elementi e iDati di Euclide, seguiti dal commento di Teone ai Canoni di Tolomeo; ilVaticanus gr. 1594, con la Syntaxis mathematica e altre opere di Tolomeo, chesembra sia appartenuto a Leone il Filosofo; il Vaticanus gr. 204, esemplare di uncorpus di matematici e astronomi; e una raccolta dei trattati biologici di Aristotele,l’ Oxoniensis Collegii Corporis Christi 108, della metà del secolo IX, ma permolto tempo creduto della metà del XII.

La situazione inizia a cambiare se consideriamo il periodo 850-880: ci sonopervenuti due gruppi di manoscritti, entrambi contenenti opere filosofiche. Ilprimo gruppo, una “collezione aristotelica”, è costituito da un manoscrittoconservato a Vienna, il Vindobonensis phil. gr. 100, in cui sono riuniti moltitrattati di Aristotele (Sulla generazione e corruzione, Sul cielo, Fisica eMetafisica, con un breve saggio di Teofrasto), e dal Parisinus gr. 1156 che, in duefogli conservati (13-14), contiene un frammento della Storia degli animali diAristotele. A causa della sua brevità, non è possibile stabilire con esattezza se essoappartenga allo stesso ramo della tradizione dell’Oxoniensis.

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Ben più corposo è il secondo gruppo, una “collezione platonica”2: sonopredominanti le opere di Platone e dei suoi commentatori, i neoplatonici dellaScuola di Atene e della Scuola di Alessandria, ma vi si trovano anche molticommentatori di Aristotele, come Alessandro di Afrodisia e Simplicio. Il nucleofondamentale è costituito dai seguenti sei codici3:

1. Parisinus gr. 1807: è il codice A di Platone, seconda parte di un Platone indue volumi (Tetr. VIII-IX), la più antica copia dei dialoghi platonici;contiene la Repubblica, il Timeo, il Crizia e le Leggi insieme a varidialoghi minori per lo più spurî

2. Parisinus gr. 1962: Massimo di Tiro e Albino3. Laurentianus 80,9 e Vaticanus gr. 2197 (originariamente costituivano un

unico volume): Proclo, Commento alla Repubblica4. Parisinus suppl. gr. 921: 11 fogli palinsesti del Commento al Timeo di

Proclo5. Marcianus gr. 246: testimone degli scritti principali di Damascio,

Commento al Parmenide e Sui principî primi6. Palatinus Heidelbergensis gr. 398: contiene testi di genere diverso: di

geografi minori, come un compendio della Geografia di Strabone, dimitografi, di paradossografi, e corrispondenze varie.

Poiché provengono dallo stesso scriptorium e manifestano gli stessi interessi, sipossono aggiungere anche i seguenti manoscritti:

7. Marcianus gr. 196: Olimpiodoro, commenti al Gorgia, all’Alcibiade I, alFedone e al Filebo

8. Marcianus gr. 258 (presenta una scrittura diversa dal resto del gruppo, male note marginali sono in una scrittura tipica): Alessandro di Afrodisia,Problemi di etica e di fisica, Sull’anima, Sul destino

9. Marcianus gr. 226: Simplicio, Commento alla Fisica, V-VIIISi può aggiungere anche un manoscritto di Venezia, escluso inizialmente da

Allen per le sue proprietà atipiche, dovute forse a un’età più remota: 10. Marcianus gr. 236: Giovanni Filopono, Sull’eternità del mondo contro

ProcloE anche il Vaticanus gr. 2249, formato da due manoscritti appartenenti allo

stesso scrittorio, ma vergati da due diversi copisti:11. Ff. 1-163: Pseudo-Dionigi, Gerarchia ecclesiastica12. Ff. 164-320: Teodoreto, Terapeutico.

Sono stati assegnati alla collezione, per congettura, altri manoscritti, nonpervenuti, recanti opere di Strabone, di Erodoto, di Simplicio (il Commento alleCategorie), e anche di Plotino (Enneadi), di Ammonio (Commento al Deinterpretatione), e infine di Ermia (Commento al Fedro). Interessante è unmanoscritto di Platone, forse il primo volume del Paris. gr. 1807, in cui lo2 La collezione platonica viene indicata anche come lo “scriptorium di Allen” poiché fu T.W.Allen il primo a identificare tale gruppo di manoscritti (A Group of Ninth-century GreekManuscripts, “Journal of Philology”, 21, 1893, pp. 48-55) sulla base della scrittura dello scrivanoprincipale e dell’uso di un’abbreviazione rara. 3 Cfr. l’accurata ricostruzione di Westerink nella sua introduzione a DAMASCIUS, Traité despremiers principes, vol. I, pp. LXXIII-LXXVI.

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scoliasta dimostra di servirsi dei commenti di Proclo (Alcibiade, Parmenide,Repubblica), di Ermia (Fedro) e di Olimpiodoro (Gorgia, Alcibiade, Fedone).

Nel periodo tra la fine del IX secolo e i primi anni del secolo seguente esconodall’ombra un gran numero di opere di oratori, storici e filosofi: Isocrate (Urbinasgr. 111), Demostene (Parisinus gr. 2934), Senofonte (Scorialensis T-III-14),Diodoro Siculo (Neapolitanus suppl. gr. 4, olim Vindobonensis suppl. gr. 74), eDione Cassio (Marcianus gr. 395, Parisinus gr. 1397 A), Luciano (Vaticanus gr.90, Londiniensis Harley 5694 [manoscritto di Areta]), Elio Aristide (Parisinus gr.2951 e Laurentianus 60, 3 [manoscritto di Areta]); altre opere di Aristotele(Ambrosianus L 93 sup., che contiene l’Organon con l’Isagoge, come l’Urbinasgr. 35, scritto poco prima del 902-903 per Areta, e il Laurentianus 81, 11) e diPlatone (Bodleianus Clarkianus 39, Tetr. I-VI, contiene 24 dialoghi, cioè tutte leopere importanti tranne la Repubblica, le Leggi e il Timeo, scritto nell’anno 895per Areta da Giovanni il Calligrafo, e pagato ben 21 nomismata; Vaticanus gr. 1,ca. 900, contiene in parte la Tetr. IX, ma, poiché mancano 23 fascicoli all’inizio,si suppone che originariamente contenesse anche le Tetr. VII-VIII, e l’inizio dellaIX), di Teofrasto (Urbinas gr. 61), Filone (Bodleianus Selden supra 12, Vaticanusgr. 316) e Sesto Empirico (Vaticanus gr. 738 [ff. 267-268], Parisinus suppl. gr.1156 [ff. 21-22]). Risale al 925 il Vindobonensis phil. gr. 314, che contienel’ Epitome di Albino, dei prolegomeni anonimi alla filosofia di Platone, e ilcommento del neoplatonico Ierocle ai Carmina aurea attribuiti a Pitagora. Sicontinua a leggere opere scientifiche, come testimoniano il Bodleianus d’Orville301, di Euclide (fu scritto per Areta, con sue annotazioni, nell’anno 888 dalloscrivano Stefano, forse il più abile di tutti i calligrafi bizantini, e costava 14 pezzid’oro), e il Vaticanus gr. 218, di Antemio e Pappo. Solo i poeti sembranodimenticati, a eccezione di Omero, di Esiodo e di Arato, sempre inseriti neiprogrammi scolastici; alcuni dei più bei manoscritti di poeti che possediamo nonsono anteriori alla metà del X secolo, come il Laurentianus 32, 9 di Eschilo,Sofocle e Apollonio Rodio, o il Ravennas 429 (olim 137 4 A) di Aristofane, o ilVenetus A dell’Iliade, il più recente dei tre.

Da questa rapida analisi possiamo renderci conto di come nel corso del IXsecolo si sia verificato un progressivo allargamento del ventaglio degli interessi, eun deciso aumento del numero degli esemplari recuperati e traslitterati. Ma perquanto concerne gli studi filosofici, in particolare neoplatonici, emerge un datopiuttosto singolare: la collezione filosofica, che, come si è detto, contiene testineoplatonici, è stata confezionata intorno all’anno 850, ma bisogna aspettare piùdi un secolo – la seconda metà del X – perché i filosofi neoplatonici“ricompaiano” nella cultura bizantina, e siano addirittura «à l’ordre du jour»,come scrive A. Dain4. L. Perria, al termine della sua analisi paleografica dellacollezione, così commenta: «Certo, fu singolare la sorte di quei manoscrittiprogettati e realizzati con tanta cura e destinati poi in parte a giacere per secoli nel

4 A. DAIN , La transmission des textes littéraires classiques, “Dumbarton Oaks Papers”, 8 (1954),pp. 33-47, ora in Griechische Kodikologie und Textüberlieferung, WissenschaftlicheBuchgesellschaft, hrsg. von D. HARLFINGER, Darmstadt 1980, pp. 206-225, in part. p. 219.

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silenzio e nell’oblìo, da cui li ha ridestati soltanto il Rinascimento»5. Ma come sispiega questo silenzio?

Una risposta a questo interrogativo potrà risultare forse da un’analisi piùprecisa della collezione filosofica.

1.2. La collezione filosofica

Non vi sono finora certezze sull’origine della collezione. Si possono avanzaredue ipotesi6: o il gruppo di manoscritti è stato assemblato via via nel corso deltempo, oppure rappresenta una collezione di copie molto accurate di un fondo giàcostituito. L’omogeneità della raccolta e il suo carattere altamente specialisticolasciano propendere per la seconda ipotesi: «ce ne sont pas des livres qu’il seraitpossible de rencontrer n’importe où»7. Sembra dunque che i manoscritti sianoappartenuti a un fondo alquanto importante; per Wilson «è difficile immaginareche siano stati realizzati in un posto diverso dalla capitale»8. Tuttavia duemanoscritti (il Marcianus gr. 196 e il Parisinus gr. 1807) sono probabilmente diprovenienza alessandrina. Westerink suppone dunque che la raccolta provengadalla biblioteca della Scuola filosofica di Alessandria, quella di Ermia e diAmmonio. J. Whittaker, invece, ritiene più probabile che sia appartenuta a unabiblioteca non collegata a una scuola, dove, a suo avviso, un autore comeMassimo di Tiro sarebbe stato fuori posto; accoglie comunque l’ipotesi relativaalle origini alessandrine9. Secondo Westerink, è impossibile stabilire quandoquella biblioteca venne trasferita a Bisanzio: «au plus tôt, avec Stephanusd’Alexandrie, au début du VIIe siècle; au plus tard, après le milieu du IXe, à lasuite des recherches entreprises à l’intention des savants byzantins»10. L’ipotesi èche questi manoscritti furono «trasportati ad un certo momento a Costantinopoli,ma che lì hanno cominciato a fruttare solo più tardi (il che spiegherebbe lacontraddizione tra la copiatura di tali manoscritti, nella seconda metà del IXsecolo, e il silenzio, da parte dei grandi dotti dell’epoca – particolarmentesignificativo il silenzio di un Areta – intorno a questi autori, nonostante l’evidenteinteresse, ad es. dello stesso Areta, per il testo platonico)»11.

Da un esame codicologico è risultato che tutti i manoscritti dello “scriptoriumdi Allen” sono stati realizzati nello stesso centro di copia. Inoltre, sono statiindividuati anche dei legami con la “collezione aristotelica”: le note marginalidell’Aristotele di Vienna e quelle della maggior parte dei manoscritti della5 L. PERRIA, Scrittura e ornamentazione nei codici della “Collezione filosofica”, “Rivista di studibizantini e neoellenici”, 28 (1991), pp. 45-111, in part. p. 109.6 Cfr. WESTERINK, introd. a DAMASCIUS, Traité des premiers principes, vol. I, p. LXXVI-LXXVII.7 Ibidem.8 N.G. WILSON, Filologi bizantini, trad. it. di G. GIGANTE, Morano Editore, Napoli 1990, p. 157.9 J. WHITTAKER, Proclus and the Middle Platonists, in Proclus lecteur et interprète des Anciens,Colloques Int. du C.N.R.S., Paris 2-4 oct. 1985, publ. par J. PEPIN et H.D. SAFFREY, Editions duCNRS, Paris 1987, pp. 272-291, e prec. pp. 280-281. 10 WESTERINK, introd. a DAMASCIUS, Traité des premiers principes, vol. I, p. LXXVII.11 L. CANFORA, Libri e biblioteche, in Lo spazio letterario della Grecia antica: La ricezione el'attualizzazione del testo, pubbl. sotto la direzione di G. CAMBIANO , L. CANFORA, D. LANZA ,Salerno Editrice, Roma 1995, pp. 11-93, in part. p. 54.

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collezione platonica sono state scritte dalla stessa mano12. Si è avanzata l’ipotesiche questa mano sia quella del copista principale della collezione, ovvero quelladell’erudito per cui la collezione è stata trascritta; quel che è certo è che esiste unrapporto esterno tra le due collezioni (le ha possedute la stessa persona, copista oerudito che sia), e un rapporto cronologico (i manoscritti aristotelici sono di pocoprecedenti).

Riguardo alla questione dell’identità dell’annotatore non c’è accordo tra glistudiosi. Solo alcuni dati risultano finora certi. Nel Parisinus gr. 1807, le Leggisono state riviste (fino a V,743b) da Leone il Filosofo, amico e collega di Fozio,come documenta una nota a margine: tevlo" tw'n diorqwqevntwn uJpo; tou'filosovfou Levonto". Anche il Marcianus gr. 258 contiene un breve trattato sultempo scritto da un amico, allievo e corrispondente di Fozio, Zaccaria,metropolita di Calcedonia. È degno di nota un altro dato: il Vaticanus gr. 1 riportaun certo numero di varianti, trascritte nel X o XI secolo, precedute da: tou'patriavrcou to; biblivon o tou' patriavrcou to; biblivon ajp∆ ojrqwvsew"13. Cosìcommenta Irigoin: «Chez les Byzantins, la mention du patriarche, tout court,désigne en général Photius. On aurait donc ainsi une confirmation de l’hypothèse(…) selon laquelle la collection platonicienne aurait appartenu à Photius»14.Anche per Dain «la chose paraît au moins vraisemblable»15. Sembrerebbe dunqueche la collezione non possa essere passata inosservata per Fozio e la sua cerchia.Ma altri non sono dello stesso avviso: Westerink esclude Fozio «au premierabord» giacché «son manque d’intérêt pour la philosophie est suffisammentattesté par la Bibliothèque, dont 3 codices seulement sur 279 s’occupentd’ouvrages philosophiques (Enésidème et Hiéroclès). Dans ses cours, il traitait dela logique aristotélicienne, et un petit aperçu des Catégories a survécu dans lesAmphilochia; sa connaissance de Platon paraît avoir été superficielle, et dans touteson œuvre volumineuse, on ne rencontre pas une seule allusion, pas un seul termetechnique, qui trahirait un lecteur de Plotin, de Proclus ou de Damascius (àl’exception, bien entendu, de la biographie d’Isidore et du recueilparadoxographique)»16. Westerink avanza invece l’ipotesi che la collezione possaessere stata proprietà di un erudito di cui, a causa dei capricci della tradizione, sisa molto poco, come il suddetto Zaccaria, o Niceforo il Filosofo, anch’eglicorrispondente di Fozio, o Tommaso il Logoteta, corrispondente di Areta, o LeoneChoerosphaktes, filosofo e versificatore, o ancora qualcuno di cui si è persacompletamente ogni traccia. Ma forse, in questo modo, egli non dà conto delriferimento al patriarcato. Più radicale l’opinione di Devreesse17: «Riche d’abord

12 J. IRIGOIN, Survie et renouveau de la littérature antique à Constantinople (IX sec.), “Cahiers deCivilisation Médiévale Xe-XII e siècle”, tome V (1962), pp. 287-302, ora in GriechischeKodikologie, pp. 173-205, in part. p. 191; WILSON, Filologi bizantini, p. 158; PERRIA, Scrittura eornamentazione, p. 99. 13 In realtà il termine patriavrcou è scritto in forma compendiata, per cui si può leggere t(ou'')p(at)ri(ar)c(eivou) o t(ou') p(at)ri(avr)c(ou). Cfr. P. LEMERLE, Le premier humanisme byzantin,Presses Universitaires de France, Paris 1971, p. 191, n. 49. 14 IRIGOIN, Survie et renouveau, p. 192.15 DAIN , La transmission des textes, p. 215.16 WESTERINK, introd. a DAMASCIUS, Traité des premiers principes, p. LXXVIII. 17 R. DEVREESSE, Introduction à l’étude des manuscrits grecs, Klincksieck, Paris 1954, p. 94.

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d’ouvrages chrétiens, on le comprend aisément, cette bibliothèque du patriarcat,ou du patriarche, ne devait pas exclure les autres, ainsi qu’on peut s’en rendrecompte par certaines notes inscrites aux marges du manuscrit W de Platon. Faut-ilsupposer quelque rapport entre cette bibliothèque et le Myriobiblion de Photius?Rien n’y autorize. (…) Que Photius ait possédé une immense culture, nul nesonge à en douter si peu que ce soit, mais – et c’est le point où nous sommesprécisément – on ne voit pas quelle influence il a eue dans la tradition des lettres».E aggiunge (in n. 4): «Il n’y a donc pas lieu de rechercher un trait d’unionquelconque entre une Renaissance des lettres inspirée par le patriarche Photius (ilne fut patriarche qu’à la fin de 858) et le Myriobiblion». Più moderata invecel’opinione di Wilson18: «Cercando l’origine di questi manoscritti bisognacontentarsi della guida di indizi estremamente labili. Se l’interesse per Platone fapensare a Leone e alle sue conoscenze, le opere di paradossografia invecesuggeriscono un legame con Fozio che nella sua Bibliotheca dedica più spazio aquesto tipo di letteratura di quanto potesse essere giudicato opportuno». Fa notarepoi che il compendio di Stabone, contenuto nel manoscritto di Heidelberg, includedei particolari ricavati da altri autori come Tolomeo, Arriano e Diodoro, che sonopreminenti in Fozio; anche lo stile del compendio rivela affinità con quello diFozio. Tuttavia, così conclude: «Se ne ricava la vaga impressione di un contattotra i lettori intellettuali, ma occorrono più pezzi perché il puzzle diventiintelligibile».

È assai probabile che la collezione, quando era conservata a Costantinopoli,sia stata comunque accessibile al patriarca Fozio: anche se fosse stata conservatain qualche istituzione privata, personalità eminenti come Fozio avrebbero potutocomunque avere accesso facilmente a essa. Non a caso H.G. Beck definiscel’intera Bibliotheca un resoconto bibliografico di «rarità»19, e P. Maas scrive:«Non è chiaro a chi appartenesse la biblioteca di cui Fozio descrive una parte.Essa comprende numerose opere delle quali non ci informa nessun altrobizantino»20.

Ma si può davvero parlare di “silenzio” di Fozio sugli autori neoplatonici? Ilseguito della nostra analisi cercherà di chiarire se il pensiero neoplatonico abbiaavuto una parte nelle opere di Fozio, attraverso un’analisi di tutti i passi dellaBibliotheca che contengono riferimenti ad autori neoplatonici, e una lettura attentadegli Amphilochia. Prima però appare opportuno riflettere sull’interesse generaledi Fozio per la filosofia: davvero Fozio non se ne occupò, come ritieneWesterink? Tracceremo un quadro generale del contenuto della Bibliotheca perverificare quanta parte la filosofia occupi in essa e verso quali pensatori inparticolare Fozio rivolse maggiormente la propria attenzione.

18 WILSON, Filologi bizantini, p. 158.19 H.G. BECK, Überlieferungsgeschichte der byzantinischen Literatur, in Geschichte derTextüberlieferung der antiken und mittelalterlichen Literatur, hrsg. von H. ERBSE, Atlantis Verlag,Zürich 1961-1964, 2 voll., I, p. 428; cfr. CANFORA, Libri e biblioteche, p. 30. 20 P. MAAS, Sorti della letteratura antica a Bisanzio, trad. in appendice a G. PASQUALI, Storia dellatradizione e critica del testo, Le Monnier, Firenze 1952, pp. 487-492, in part. p. 488.

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2. GLI INTERESSI FILOSOFICI DI FOZIO

2.1. La Bibliotheca, un'opera enciclopedica

La Bibliotheca riveste un’enorme importanza per le nostre conoscenze sullaletteratura antica. Ben 211 dei libri riassunti da Fozio non sono arrivati a noi nellaforma da lui conosciuta, mentre 110 sono andati irrimediabilmente persi, e indiversi casi le sue testimonianze risultano essere uniche. Delle 280 descrizioninumerate di libri di diversi autori, che gli studiosi e gli editori del testoimpropriamente chiamano “codici”, 122 trattano di autori profani, e 158 di autoricristiani; circa due terzi dell’opera, dunque, affronta questioni di apologetica,teologia, esegesi, letteratura devozionale, ecc. Lo studio di Treadgold, però,muovendo dalla constatazione che molti “codici” in realtà contengono il riassuntodi più di un’opera, dimostra che vi sono non 280, bensì 386 analisi di libri letti21.Di questi, 239 trattano di materia religiosa e 147 invece di argomenti profani; ciòvuol dire che il rapporto quantitativo fra la letteratura religiosa e quella laica è di62 a 38%22. Ma se si considera l’ampiezza dei testi, le posizioni si ribaltano:secondo T. Hägg il rapporto diventa di 58 a 42% a favore dei libri laici23; secondoTreadgold, invece, le cifre si devono correggere leggermente e il rapporto è di 57a 43%24. Dunque, anche se alla letteratura religiosa Fozio dedica un maggiornumero di capitoli, più della metà delle pagine della Bibliotheca contieneargomenti profani. A questo dato se ne può aggiungere un altro alquantosorprendente: circa un terzo dei 239 testi religiosi è costituito da opere eretiche edebraiche; per la precisione, 64 sono eretiche e 10 ebraiche. Il loro numero avrebbepotuto essere anche maggiore se si considera che, data la conoscenza di operegnostiche e manichee, presumibilmente Fozio lesse anche quelle iconoclastiche,ma preferì non menzionarle dopo la loro messa al bando dell’anno 84325. Eglidimostra di possedere una conoscenza insolitamente solida delle eresie degliariani, dei nestoriani, dei monofisiti. Per il monofisismo, in particolare, Fozionutre un certo interesse, dato che esso rappresentava l’ultima eresia cristologica el’unica che avesse avuto nel IX sec. un tangibile influsso sul Califfato e inArmenia26: infatti, egli dedica alle opere anti-monofisite di Eulogio diAlessandria27 e di Ephrem di Amida i capitoli 225-230, che da soli costituisconooltre il 20% della Bibliotheca28.

21 W.T. TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca of Photius, Dumbarton Oaks, Washington1980, p. 5.22 TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, p. 7.23 T. HÄGG, Photios als Vermittler antiker Literatur: Untersuchungen zur Technik des Referierensund Exzerpierens in der Bibliotheke, Almqvist & Wiksell international, Stockholm-Upsala 1975,p. 8, n. 2.24 TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, p. 8.25 TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, p. 104.26 TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, p. 105.27 Eulogio è l’autore su cui Fozio ritorna più volte (anche cc. 182, 208, 280) dedicandogli inassoluto il maggior numero di capitoli. 28 TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, p. 105.

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Fozio manifesta interesse per tutti i campi del sapere29: per la storia, inparticolare, dato che analizza ben 41 storici, dei quali più della metà, 26, sono notiunicamente grazie alla Bibliotheca30. Riassume opere piuttosto vaste, come quelledi Appiano, Dione, Diodoro Siculo e Dionigi di Alicarnasso, lasciandol’impressione di averle lette interamente. Non nasconde un certo gusto per gliaspetti stravaganti ed esotici, rilevati nelle storie di Ctesia (c. 72) o diOlimpiodoro di Tebe (c. 80), per esempio, ma anche nelle opere appartenenti algenere romanzesco, come Le meraviglie al di là di Tule di Antonio Diogene (c.166), o le Storie etiopiche di Teagene e Cariclea di Eliodoro (c. 73). Ma Foziorivela un atteggiamento più “scientifico” nel campo della medicina, da lui stessopraticata, come dimostrano quattro epistole contenenti specifiche prescrizionimediche, e i sunti di 18 testi medici, contenuti nella Bibliotheca, in cui notevole èil senso del dettaglio tecnico e la capacità di valutare l’efficacia di certeconoscenze messe in pratica. Meno marcati si rivelano invece i suoi interessi nellasfera della matematica e delle scienze naturali, alle quali riserva i capitoli 180 (sulDe Ostentis di Giovanni Lido), 187 (sulla Teologia Aritmetica di Nicomaco diGerasa) e 278 (in cui riassume nove Trattati di Teofrasto). Risulta validamentepresente anche la retorica: Fozio dedica un gruppo di capitoli agli oratori attici,dal 259, su Antifonte, al 268, su Licurgo, ai quali bisogna aggiungere il c. 61,dedicato a Eschine, e il c. 159, su Isocrate. Ben rappresentati sono anche gliesponenti della seconda sofistica, come Imerio (c. 165 e c. 243), DioneCrisostomo (c. 209) e Elio Aristide (cc. 246-248)31. Nella Bibliotheca figura ancheuna serie di capitoli, dal 145 al 158, che offre un’analisi di vari lessici, alcuni deiquali Fozio aveva utilizzato precedentemente per la preparazione del suo Lessico:tali sono, secondo gli specialisti, il c. 158 sulla Preparazione per il Sofista diFrinico l’Arabo, il c. 152 sui Termini attici di Elio Dionigi d’Alicarnasso, il c.153, che riassume il Lessico di Pausania, e poi i cc. 154-155 sul Lessico deitermini platonici di Boeto e il c. 156 sul Lessico dei termini stranieri di Doroteo diAscalona (o di Tiro).

2.1. La filosofia nella Bibliotheca

Per quanto riguarda la filosofia, invece, lo spazio a essa dedicato apparescarso. I capitoli che trattano di opere filosofiche – indicati da Treadgold nelle suetavole32 sotto il genere philosophy – sono soltanto i seguenti:

1) c. 37: AnonimoVI sec. Sulla Politica parzialmente conservato

29 Cfr. TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, in part. Photius’ Literary Interests, pp. 97-110.30 CANFORA, Libri e biblioteche, pp. 45-47.31 Cfr. J. BOMPAIRE, Photius et la Seconde Sophistique d’après la “Bibliothèque”, “Traveaux etmémoires”, 8 (1981), pp. 79-86.32 TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, tav. I, pp. 117-168 e tav. III, pp. 173-176.

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2) c. 212: Enesidemo di Cnossofl. ca. 40 a. C.Libri Pirronianiperduto

3) c. 214 (=251): Ierocle di Alessandria † 431-432Sulla provvidenza e il destinonon attestato, ossia menzionato unicamente da Fozio.

A questi si possono aggiungere le biografie di filosofi:

1) c. 44 (=241): Filostrato ca. 170-244/249 Vita di Apollonio di Tiana conservato

2) c. 181 (=242): Damascio di Damasco ca. 458-dopo 533 Sulla Vita del filosofo Isidoro perduto

3) c. 249: Anonimo III-II sec. a. C. Vita di Pitagora non attestato, ossia menzionato unicamente da Fozio.

2.2. L’interesse di Fozio per la filosofia

2.2.1. Platone e Aristotele

In un’opera enciclopedica come la Bibliotheca, dunque, non può non colpirel’apparente scarsa attenzione dedicata alla filosofia. Non si trovano capitolidedicati a filosofi di grande importanza, come Aristotele e Platone; a una letturapiù attenta, tuttavia, compaiono numerose notizie sparse sulla filosofia ellenisticae soprattutto su quella neoplatonica. Da ciò si possono trarre due conclusioniradicalmente opposte. La prima è che Fozio non abbia una conoscenzaapprofondita della filosofia: egli trae le sue conoscenze filosofiche dalladossografia tardo-antica e da varie antologie didattiche, come quella di Stobeo (c.167), ad esempio, senza dedicarsi però a studi sistematici. Il secondo approccio alproblema, al contrario, vi scorge una testimonianza di profonde conoscenze inFozio e nei suoi contemporanei: la Bibliotheca si situa in un contesto culturaletalmente ricco che il suo autore non ritiene indispensabile occuparsi di opere notea tutti, come quelle di Platone e di Aristotele, e preferisce presentare opere eautori meno popolari. Scrive Treadgold: «No doubt the interest he shows in the

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lives of philosophers and poets reflects an interest in philosophy and poetry that isdisguised by his omission of school texts from the Bibliotheca, but mentioned byNicetas the Paphlagonian»33. Lo stesso Fozio d’altronde offre lo spunto a siffatteaffermazioni dicendo di aver omesso quei testi «dei quali lo studio e la praticaconsentono di esercitare arti e scienze».

Treadgold, a sostegno della propria tesi – il profondo interesse di Fozio perla filosofia –, si richiama proprio alla selezione dei libri operata dal Patriarca:«Photius’ neglect of poetry and philosophy have been considerably exaggeratedby some modern scholars. Although he must have left out the poets andphilosophers who were school authors, Photius describes nine works in verse andtwo anthologies with many verse selections, as well as three works of paganphilosophy, three biographies of philosophers, several scientific works, and someworks by Christian philosophers such as Clement of Alexandria and Methodius ofOlympus»34.

In realtà, è lo stesso Patriarca a dichiarare di aver letto Platone e Aristotele:nell’epistola 20735 ad Amfilochio di Cizico, infatti, Fozio esprime un giudizio suidialoghi e sulle epistole di Platone, e sulle epistole e i trattati di Aristotele:

Gli altri discorsi di Platone sono esemplari del tema politico, anche se talora vienetrascurato qualche aspetto relativo alla scelta delle parole; le sue lettere sono pariall’eloquenza di quel genere e sono lontane dallo stile epistolare. Le lettere diAristotele sono più prosastiche degli altri suoi scritti, anche se non eguagliano quelledi Platone. Le altre opere di Demostene riempiono di encomi la bocca di retori ecritici, ma non troverai le epistole migliori di quelle di Platone.

Anche i cc. 247 e 248 della Bibliotheca documentano la conoscenza fozianadei quattro discorsi di Elio Aristide Contro Platone e per la difesa della retorica,indirizzati contro il Gorgia platonico.

In realtà, più che sulla conoscenza da parte di Fozio dei due grandi pensatoridell’antichità, si discute della sua preferenza per Aristotele. Per lungo tempo,infatti, gli studiosi hanno dato per certo che Fozio stesso rivelasse la suapreferenza per le opere aristoteliche, fino a che ciò non è stato messo in dubbio daJ. Schamp36; egli ha dimostrato che i pochi passi che sembrano documentare taleposizione non hanno in effetti molta forza probante. Ad esempio, le parole di

33 TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, p. 102.34 TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, p. 8. 35 PHOTIUS, Epistulae et Amphilochia, ed. by L.G. WESTERINK, Teubner, Leipzig 1988, 6 voll; ep.207, vol. V, pp. 106-107; in part. p. 107, ll. 2-9. TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, p. 33, n. 52, fa riferimento a questa epistola, senzariportare il passo in questione, e la cita nel modo seguente: «Letters, no. 208, p. 545»; ma alla p.545 dell’edizione Valettas, cui egli fa riferimento (PHOTIUS, Epistolai, a cura di J.N. VALETTAS,Olms, Hildesheim-New York 1978), si trova l’ep. 233 (e non 208!), che corrisponde all’ep. 207dell’edizione Westerink.36 J. SCHAMP, Photius aristotélisant? Remarques critiques, in M. BILLERBECK / J. SCHAMP (Hrsg.),Kainotomia: die Erneuerung der griechischen Tradition. Le renouvellement de la traditionhellénique: Colloquium Pavlos Tzermias (4.XI.1995), Universitätsverlag Freiburg Schweiz,Freiburg 1996, pp. 1-17, in part. pp. 1-9.

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commento di Fozio a proposito del dialogo Sulla politica (c. 37,8a7), messe inluce da Ziegler37:

Giustamente esprime critiche negative sulla Repubblica di Platone (…).

non rivelano «la moindre comparaison, explicitement formulée, du systèmeplatonicien avec celui d’Aristote»38, anche se il trattato in questione propone unregime politico basato sulla mescolanza delle tre forme di governo, monarchia,aristocrazia e democrazia, molto vicino a quello teorizzato da Aristotele39.

Alle stesse conclusioni conduce anche l’altro passo sottolineato da Ziegler,tratto dal c. 48, che riassume un trattato perduto, Sul Tutto, attribuito dalla criticamoderna a Ippolito di Roma. Alle linee 11b18-19 si legge:

(L’autore) vi dimostra che Platone si contraddice (…).

pure qui «il n’y a pas à chercher ici le moindre écho d’une opinion propre àPhotios sur le problème en cause»40.

B. Tatakis41 ha espresso un giudizio positivo sulla conoscenza del Patriarcain materia di filosofia: «Photios, de plus, a un intérêt vif pour la philosophie, entant que telle et non en tant que servante de la théologie»; tuttavia subito doporiconosce: «ce qui intéresse avant tout Photios, en matière de philosophie, ce sontla dialectique et la logique, qui se tiennent toujours à l’antichambre de lathéologie». Anche secondo Tatakis, comunque, Fozio predilige Aristotele:«Photios s’exprime, à maintes reprises, sur Aristote d’une manière qui semblemanifester qu’il le préfère à Platon. Il appelle la philosophie d’Aristote plusdivine; elle se base sur la nécessité logique et cherche à être méthodique. EnPlaton il voit plutôt le philosophe des mythes, du Timée, le Platon de presque toutle Moyen Age, le Platon du néoplatonisme, non pas le Platon de la dialectique». Asostegno di tale posizione Tatakis ricorda il c. 37, sopra considerato, e il c. 242(che sarà oggetto della nostra analisi nel paragrafo seguente), in cui i riferimenti al“Platone dei miti” sono molto frequenti, ma «rien de plus logique: le chapitreporte sur la Vie d’Isidore du néoplatonicien Damascios»42. Ai passi ricordati daTatakis se ne potrebbe aggiungere anche un altro: nel c. 209,165b20-23, infatti,Fozio, commentando lo stile di Dione di Prusa, annota:

Raramente si potrebbe trovare che egli fa un uso eccessivo di miti, secondol’esempio di Platone, che conferiscono al discorso elevazione e gravità, come nelBoristenico.

Qui appare più evidente una critica di Fozio allo stile di Platone, ma nullache possa far pensare che egli ritenga superiore Aristotele.

37 K. ZIEGLER, «Photios (13)», RE XX, 1 (1941), pp. 675-676, in part. p. 676.38 SCHAMP, Photius aristotélisant ?, p. 8.39 Cfr. ARISTOTELES, Politica, IV, 12,6,1297a 6-7. 40 SCHAMP, Photius aristotélisant?, p. 9.41 B. TATAKIS , La philosophie byzantine, Puf, Paris 1949, p. 133 [= É. BRÉHIER, Histoire de laphilosophie, fasc. suppl. n. II].42 SCHAMP, Photius aristotélisant?, p. 9.

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Posto dunque che Fozio conosca la filosofia dei due massimi pensatoridell’antichità, al di là del problema della sua predilezione per l’uno o per l’altro, cisi potrebbe chiedere se egli si sia dedicato o meno a studi sistematici di filosofia, everso quali campi egli abbia rivolto maggiormente il suo interesse.

Forse un aiuto alla soluzione del primo interrogativo può derivare dallaconsiderazione dei lessici riassunti nella Bibliotheca43, in quanto essi costituivanouno strumento idoneo a uno studio più approfondito di determinate materie. Utileall’insegnamento e allo studio della filosofia doveva essere, ad esempio, lalessicografia platonica, a proposito della quale Fozio dichiara di aver letto le breviopere di Timeo (I/II sec.) e di Boeto (II sec.):

Ho letto di Timeo una breve operetta, in un solo libro, in ordine alfabetico, dedicataa Gaetano, sui termini usati da Platone44.

Ho letto nello stesso codice anche la raccolta di termini platonici, in ordinealfabetico, di Boeto, molto più utile [crhsimwvteron] della raccolta di Timeo. Questapiccola opera è dedicata a un certo Melanta45.

È stata composta da lui anche un’altra operetta, dedicata a un certo Atenagora, chesi intitola Sui termini difficili che si trovano in Platone. Se qualcuno unisse i lessiciin uno solo, ordinando anche quelli composti da Timeo, offrirebbe un grande aiuto[wjfevleian] a quanti vogliono studiare i termini di Platone.

Come si può notare, Fozio insiste molto sull’utilità di questi lessici, il chelascia pensare che egli ne facesse uso per i suoi studi, oltre che per lacompilazione del suo Lessico, ma anche che in qualche modo li consigliasse cometesti di sussidio a quelli scolastici.

Resta da rispondere al secondo interrogativo: di quali dottrine filosoficheFozio di fatto scrive nella Bibliotheca? Per dare una risposta, riteniamo che nonsia sufficiente limitarsi a marcare soltanto la portata dei nomi e il numero delleopere presentate; occorre altresì valutare il carattere e la selettività della loropresentazione. In tal senso le statistiche di Treadgold di per sé non sonoparticolarmente utili, mentre potrebbe rivelarsi più fruttuosa una rassegna delletestimonianze relative ai filosofi antichi presenti nell’opera foziana. Già soloscorrendo gli indici risulta un dato degno di considerazione: Fozio attiral’attenzione del lettore cristiano sui nomi di oltre 30 filosofi pagani; la maggiorparte di loro – oltre due terzi – sono esponenti della filosofia neoplatonica.

2.2.2. Il Neopitagorismo e il Medioplatonismo

La maggior parte dei filosofi che compaiono nella Bibliotheca si inseriscenella linea del Neoplatonismo, ma anche del Neopitagorismo e delMedioplatonismo, correnti di pensiero in stretta connessione tra loro sia dal punto

43 Cogliamo un suggerimento di Schamp nel suo art. Photius aristotélisant?, in part. pp. 9-12. 44 c. 154; di quest’opera Fozio risulta essere l’unica fonte.45 c. 155.

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di vista storico che dottrinale46. Fozio conosce infatti i nomi dei neopitagoriciApollonio di Tiana (I sec.) e di Nicomaco di Gerasa (I sec.). Del primo il Patriarcariassume la biografia scritta da Filostrato di Tiro (cc. 44 e 241), nella quale ènotevole il gusto del romanzesco e dell’esotico. Filostrato, infatti, racconta la vitae i miracoli del famoso mago e taumaturgo, dedito a pratiche ascetiche e devoto diPitagora, e ne ricorda i viaggi avventurosi in contrade lontane, come l’India.L’interesse di Fozio nei confronti del neopitagorismo appare dunque dominato dalgusto dell’esotismo – presente, come abbiamo già detto, anche nelle operestoriche – e dalla necessità di far fronte, in qualche modo, al paganesimo, dato chenella figura del santone veniva intravista un’alternativa a Gesù: ad Apollonio,infatti, venivano attribuiti prodigi e guarigioni miracolose che il neoplatonicoPorfirio, nel suo trattato Contro i cristiani, contrappose a quelli narrati nei Vangelie riferiti al Cristo. Inoltre, si diceva che dopo la morte fosse stato assunto in cielo,sigillo definitivo della sua personalità divina; l’imperatore Caracalla gli innalzò unsantuario e Alessandro Severo lo onorò a fianco di Abramo, Orfeo e Gesù.

Dunque, anche se la biografia di Filostrato potrebbe rientrare nella categoriadelle opere filosofiche, è chiaro che l’interesse di Fozio verso tale opera non eradiretto a una conoscenza filosofica in quanto tale.

Di Nicomaco di Gerasa, Fozio traccia un prospetto dell’operaTheologumena Arithmeticae (c. 187), una singolare teologia dei numeri in duelibri 47, nella quale Nicomaco riprende le classificazioni pitagoriche e la teoria deinumeri figurati, mettendone in luce i significati simbolici, e identificando gli dèipagani con i numeri. L’opera rientrava nell’ambito dell’aritmologia mistica, unametafisica dei numeri molto diffusa in età ellenistica, sulla quale Fozio esprime ungiudizio molto severo (c. 187,145a31-32):

Il titolo ha il pregio di stupire e di suscitare una forte curiosità, ma il trattato, perchénon lo chiamo un’opera di calcoli che non hanno fondamento e che sono una perditadi tempo, delude di molto le aspettative suscitate dal titolo.

Alla fine del suo riassunto, Fozio scrive a Tarasio (c. 187,145a30-34):

Ecco per te, carissimo fratello, in riassunto, la teologia dei numeri di Nicomaco,celebre e difficile da trovare, ma (non metto in dubbio la vostra sagacia e dedizioneal lavoro) quasi al di là delle capacità umane, poiché è inaccessibile e difficile dacomprendere (…).

Subito dopo aggiunge una considerazione più generale sul meccanismodella tradizione e sul processo di distruzioni e di perdite (c. 187,145b1-7)48:

Il tempo, io credo, l’ha resa rara, e la tendenza a travolgere le opere utili nella rovinadi quelle inutili ha assunto un grande e invincibile potere, e sarebbe un vantaggio sel’opera di Nicomaco fosse considerata dispersa con molte opere utili. Ma c’è, e,

46 Cfr. per es. F. ROMANO, Il neoplatonismo, Carocci, Roma 1998; in part. cap. I, Il platonismodopo Platone: medioplatonismo come preparazione del neoplatonismo, pp. 13-28. 47 c. 187, 145a31-b7.48 Cfr. l’attenzione prestata a questo passo da CANFORA, Libri e biblioteche, p. 48, e daTREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, p. 99.

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anche se in pezzi, riscuote non poca fama, come vedi, e come vedrai ancor piùchiaramente, lo so, in seguito.

Tuttavia, nonostante getti discredito sul trattato di Nicomaco, Foziosembra riconoscergli un certo valore, per la sua affinità con le sottigliezze dellageometria, dell’aritmetica, dell’astronomia e della musica; in altre parole «despitehis objectiones to the book, Photius was taken with its subject, which waspractically pure erudition»49.

Plutarco di Cheronea (46-ca.127), esponente del medioplatonismo, èpresente nella Bibliotheca non tanto come filosofo quanto come maestro. Il suonome compare nell’elenco dei filosofi inseriti da Stobeo nella sua Antologia (c.167,114b14) e tra gli autori di aneddoti raccontati nella Vita di Isidoro diDamascio (c. 242,339a12)50; Fozio inoltre riassume 19 biografie delle Viteparallele nel c. 245, e identifica testi appartenenti a Plutarco nell’antologia diSopatro di Apamea (c. 161,104a24 ss.). Ma sicuramente degno di nota è ilgiudizio di Fozio a proposito dell’importanza del suo influsso sull’educazione didiverse generazioni di posteri. Infatti, nel capitolo dedicato alle Orazioni diImerio, Fozio ricorda le parole con cui Imerio presenta agli Ateniesi suo figlioRufino (c. 243,365a41-42):

Ecco il discendente di Plutarco, con il quale voi formate tutti.

E ancora, sempre elogiando il figlio defunto (c. 243,366a38-366b1):

Io piango ora colui in cui avevo sperato di celebrare un oratore più abile diMinuciano, più grave di Nicagora, più facondo di Plutarco, più filosofo di Musonio,più perseverante di Sesto, insomma migliore e più brillante di tutti i suoipredecessori.

Come si nota, Plutarco viene ricordato per la sua abilità retorica più cheper la profondità del pensiero, aspetto per il quale gli viene preferito lo stoicoMusonio Rufo.

Invece, viene presentato come filosofo – e in quanto tale inseritonell’elenco di Stobeo (c. 167,114b1) – Temistio (317-388), del quale pure Foziodichiara di aver letto i 36 (ma a noi restano 34) Discorsi politici (c. 74). Di questiFozio non dice molto, mentre si sofferma sulla sua attività filosofica (c. 74,52a13-21):

Il padre di Temistio era Eugenio, e anch’egli si occupava di filosofia.Di questo Temistio ci sono pervenuti dei commenti a tutti gli scritti di Aristotele;non solo, ma conosciamo anche delle sue parafrasi, utili estratti degli Analitici, deilibri Sull’anima e della Fisica e di altri scritti analoghi. Ci sono anche suoi lavori diesegesi sulle opere di Platone, e, in breve, è un estimatore e propugnatore dellafilosofia.

Tuttavia i brani più ampi sono indubbiamente quelli tratti dalle opere degliautori neoplatonici; in particolare, il già menzionato trattato di Ierocle49 TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, p. 99. 50 Questo passo sarà analizzato nel par. 3.

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Alessandrino Sulla provvidenza e il destino, e soprattutto La vita di Isidoro diDamascio, che rappresentano una preziosa fonte per la storia del neoplatonismo.

Passiamo ora in rassegna le notizie nella Bibliotheca relative agli autorineoplatonici; riteniamo che sia importante individuarne gli accenti visibili nellaloro presentazione da parte di Fozio. Da qui potremo formulare delle ipotesi sullamotivazione delle sue ricerche, e forse questo ci darà la chiave per penetrare inalcune delle sue dottrine negli Amfilochia.

3. IL NEOPLATONISMO PAGANO NELLA BIBLIOTHECA

L’indagine sugli interessi filosofici, e in particolare neoplatonici, di Foziopresenta una certa difficoltà dovuta alla mancanza di ricerche sull’argomento. Perora, le uniche pubblicazioni che esaminano in maniera piuttosto approfondital’influsso del neoplatonismo pagano nelle sue opere sono quelle di J. Schamp51 e ,molto recentemente, di I. Christov52; manca tuttavia un’analisi dei passi dellaBibliotheca che riguardino i filosofi neoplatonici, obiettivo che noi ci proponiamo.Cerchiamo infatti di rintracciare tali riferimenti, ripartendoli, per una maggiorechiarezza espositiva, secondo le scuole distinte dal Praechter53.

3.1. La scuola di Roma

Della scuola fondata da Plotino a Roma nel 244, e fiorita nel corso dellaseconda metà del III secolo, si trovano scarse notizie nella Bibliotheca. Lo stessoPlotino (205-270) vi figura solo come un nome, senza alcun riferimento alla suadottrina:1) nell’elenco dei filosofi riportati nell’antologia di Giovanni Stobeo, c. 167,114b17; 2) nei capitoli 214 e 251, in cui Fozio riassume il Trattato sulla Provvidenza diIerocle, il nome di Plotino si trova unito a quello di Origene, quali ottimi discepolidi Ammonio; nel c. 214, 173a18-21, infatti, si legge:

Il sesto libro riguarda tutti i filosofi successivi a Platone, e lo stesso Aristotele comeprimo del gruppo, fino ad Ammonio di Alessandria, del quale i discepoli più illustrifurono Plotino e Origene.

E nel c. 251, 461a38-39, parlando dell’opera di conciliazione della filosofia diPlatone e di Aristotele condotta da Ammonio, dichiara che essa fu rivolta

Soprattutto ai migliori tra i suoi seguaci, Plotino, Origene e i loro successori.

51 J. SCHAMP, La “localisation” chez Photios: traduction commentée de Questions à Amphilochios,145, in AA. VV., Aristotelica Secunda. Mélanges offerts à Christian Rutten, C.I P.L., Liège 1996,pp. 265-279; SCHAMP, Photius aristotélisant?, pp. 1-17. 52 I. CHRISTOV, Neoplatonic Elements in Photios’ Works [art. in bulgaro], in AA.VV.,Neoplatonism and Christianity, vol. II/2, The Byzantine Tradition, LIK Publishers, Sofia 2004, pp.79-108. 53 K. PRAECHTER, Richtungen und Schulen im Neuplatonismus, in AA.VV., Genethliakon CarlRobert, Berlin 1910; ID., Die Philosophie des Altertums, pp. 590-655.

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Nel c. 214, 173a34-39, Fozio ricorda l’alta considerazione che Ierocle aveva ditali filosofi:

Plotino e Origene, e anche Porfirio e Giamblico e i loro successori, sono nati dastirpe divina (come dice egli stesso), fino a Plutarco di Atene, del quale egli riferisceche è stato il maestro che l’ha introdotto a tali dottrine.

Anche della filosofia di Porfirio (234-305) Fozio dice ben poco nella

Bibliotheca. Oltre che nel passo riportato sopra, il nome di Porfirio appareanch’esso nell’elenco di Stobeo (c. 167, 114b15), e fra coloro cui rende onoridivini Isidoro, nel c. 242, 337b20-27:

Fra i filosofi antichi egli divinizza Pitagora e Platone (…), tra quelli di età piùrecente, Porfirio, Giamblico, Siriano e Proclo; e dice che gli altri vissutinell’intervallo di tempo fra i primi e i secondi hanno accumulato un abbondantetesoro di scienza divina.

In più vi è solo l’indicazione di Porfirio come maestro di Teodoro di Asine (c.242, 346b20-21):

Teodoro di Asine progredì sotto la direzione di Porfirio.

3.2. La scuola di Siria

La rassegna del Neoplatonismo siriano presenta un quadro analogo. Il nome più illustre di questa scuola, quello di Giamblico (280 ca.-330 ca.),

si incontra nell’elenco dei filosofi nell’antologia di Stobeo (c. 167, 114b3) e nel c.242, su La vita di Isidoro di Damascio. Qui Fozio ricorda l’opinione di Isidoro suGiamblico nel passo sopra analizzato (337b20-27) e inoltre commenta (337b5-9):

Egli si atteneva alle idee pure di Platone, ma non secondo la maniera abituale a moltifilosofi, e, dopo Platone, alle mirabili concezioni di Giamblico. Giacché vediamo esentiamo non pochi filosofi che ritengono Giamblico inaccessibile, e altri secondocui egli viene esaltato più per la magniloquenza altera dei discorsi che per la veritàdei fatti.

Nello stesso capitolo Fozio parla anche della posizione di Proclo nei confrontidella filosofia giamblichea (c. 242, 346a10-14):

E Proclo aggiungeva alle speranze riposte in lui di non disprezzare i principî diPlatone, di non volgere le spalle al giudizio di Giamblico, né a quello di Plutarco, edi non ambire a nulla più che al bene comune.

Risulta assente una qualsiasi analisi della dottrina di Giamblico. ProbabilmenteFozio nutre una certa curiosità per le concezioni teurgiche dell’antico filosofo, mail suo interesse di fatto si esaurisce nella valutazione generica secondo cuiGiamblico non aveva fatto altro che sviare gli uomini sulla strada dell’idolatria;

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infatti, nel c. 181, 126a1-4, spiegando chi è Teodora – colei a cui Damasciodedica l’opera Sulla vita di Isidoro – Fozio commenta:

Ella era figlia di Cirina e di Diogene, figlio di Eusebio, figlio di Flaviano, la cuistirpe risaliva a Sampsigeramo e a Monimo, da cui discendeva anche Giamblico,uomini che per primi si allontanarono sulla via dell’empietà idolatrica.

Fozio, infatti, conosce un trattato di Giovanni Filopono scritto in opposizioneall’opera di Giamblico intitolata Sulle statue, come dimostra il c. 215: qui(173b17-19) egli sembra convenire con Giovanni Filopono nel dire di Giamblico

che racconta molte favole inverosimili, che riconduce molti fenomeni a causenascoste, senza vergognarsi di scrivere molte cose contrarie persino all’evidenza.

Teodoro di Asine, che fu discepolo anche di Giamblico, viene presentatoda Fozio come discepolo solo di Porfirio, nel passo sopra considerato54.

Sono più preziose le notizie su Sopatro di Apamea: è grazie al c. 161,infatti, che possiamo leggere brani della sua antologia, andata perduta; in essi,tuttavia, non si trovano elementi riconducibili alle sue teorie filosofiche.

3.3. La scuola di Pergamo La presenza del Neoplatonismo di Pergamo nella Bibliotheca è ancor più

scarsa: non solo manca un’analisi o almeno un’esposizione delle ideefondamentali insegnate in tale scuola, ma addirittura Fozio tralascia di indicareanche l’appartenenza a essa dei suoi più insigni rappresentanti. Il lettoreincontrerà solo i nomi di Massimo di Efeso e di Giuliano l’Apostata (331/2-363), senza che si parli del loro legame con le dottrine neoplatoniche conosciute aPergamo.

3.4. La scuola di Atene

Meglio, o almeno con maggiore dovizia di particolari sul piano storico, èpresentata la scuola ateniese. Le notizie che la riguardano sono contenute nelcapitolo 242, in cui Fozio riassume l’opera di Damascio Sulla vita di Isidoro(riassunta anche nel capitolo 181).

Di Plutarco di Atene (ca. 350-ca. 433) abbiamo considerato sopra (c. 242,346a12) l’alta valutazione espressa su di lui da Proclo, il quale gli tributa il dovutomerito includendolo tra i migliori seguaci di Platone ad Atene.

Su Ierio , invece, Fozio racconta una strana storia (c. 242, 342a16-24):

L’autore dice che Ierio, figlio di Plutarco, che studiava filosofia sotto la guida diProclo, vide, nella casa detta di Cirino, una testa umana senza corpo, così piccolache per dimensioni e forma non differiva per nulla da un cece; perciò egli lachiamava il cece. D’altro canto, era una testa umana, con gli occhi, e il viso e sopra icapelli e la bocca, e da questa emetteva una voce forte come quella di mille uomini.

54 C. 242, 346b20-21.

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Subito Fozio commenta, riguardo alla credibilità di Damascio (c. 242, 342a24-27):

Dopo aver raccontato queste ciarlatanerie sul cece, l’autore aggiunge riguardo a taletesta numerose altre storie degne di essere scritte e credute dall’empio Damascio.

Siriano Alessandrino († ca. 450) è presentato come maestro di Ermia (c.242, 341a8-11):

Ermia (…) ascoltò le lezioni di Siriano, insieme a Proclo. Fozio accenna al fatto che egli sia stato esortato da Isidoro a preservare la filosofiache stava impallidendo (c. 242, 349a10-12):

Isidoro esortava Siriano ed Egia55 dicendo che bisognava restaurare la filosofia indecadenza.

e che in virtù dei risultati della sua opera viene annoverato fra le anime “tutelate”che godono di maggiore devozione (c. 242,337b25, sopra considerato).

Le notizie su Proclo (412-485), forse la figura più insigne delNeoplatonismo ateniese, hanno un carattere puramente storico. Il suo nome appareper la prima volta in riferimento a coloro che furono discepoli suoi e maestri diDamascio (c. 181, 127a1-6):

Ebbe come maestro di geometria e aritmetica e delle altre discipline Marino, ilsuccessore di Proclo ad Atene. Per lo studio della filosofia, invece, ebbe come guidaad Atene Zenodoto (anch’egli successore di Proclo, dopo Marino), e ad AlessandriaAmmonio, figlio di Ermia (...).

Anche nel c. 242 il nome di Proclo appare accanto a quello di altri: di

Ermia, con il quale egli ascoltò le lezioni di Siriano (c. 242, 341a8-11, passo sopraconsiderato), ma soprattutto dei suoi discepoli, tutti dotati di particolari capacità,come Asclepiodoto, ad esempio (c. 242, 345b5-7):

Asclepiodoto il filosofo, il discepolo di Proclo, leggeva in una profonda oscuritàcaratteri scritti, dice l’autore, e senza luce riconosceva anche le persone presenti.

Fozio si sofferma in particolare sul rapporto di Proclo con Isidoro, fatto direciproca ammirazione (c. 242, 350b16-21):

Isidoro provava gioia nel guardare Proclo, dall’aspetto insieme venerando e terribile;e anche Proclo ammirava la figura di Isidoro, come ispirato dagli dèi e pieno dentrodi vitalità filosofica.

Proclo non nascondeva la sua predilezione per un discepolo tanto diligente ecapace (c. 242, 351b2-6):

55 Il nome di Egia compare solo in questo passo.

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Proclo, vedendo il suo zelo instancabile e il suo insaziabile amore per lo studio, aprìalla sua anima le sorgenti dei sacri discorsi filosofici, rallegrandosi nel vederlopossedere uno spirito vasto e docile nell’accogliere il suo pensiero.

E Isidoro, dal canto suo, dimostrò la sua riconoscenza verso il maestro nel modoseguente (242, 352b6-8):

A Isidoro, che aveva sposato Domna, nacque da lei un figlio; egli diede al bambinoil nome di Proclo.

Proclo si prendeva cura anche di Marino (V sec.), temendo per la suafragilità fisica, come dice Fozio due volte, la prima in c. 242, 346a1-2:

E Proclo, vedendo la debilitazione del suo corpo, temeva per il giovane.

E la seconda in c. 242, 346a19-20:

(Proclo) temeva per Marino a causa della debolezza del suo corpo.

Fozio presenta Marino come successore di Proclo e maestro di Damascio ingeometria, aritmetica e nelle altre scienze56; ci dice che era originario di Neapolisin Palestina, dove era stato eretto un tempio a Zeus, a cui si era consacratoAbramo, e che Marino, dapprima vicino alla setta giudaica dei Samaritani, sidedicò poi alla religione dei Greci57. Riguardo alla sua attività filosofica, Foziodichiara in un inciso che egli scrisse molto poco58, ma che, nonostante ciò, la suafama superò quella di molti più anziani e più dotati di lui 59; fornisce inoltre unanotizia interessante su una sua opera, spiegando perché di essa non si seppe mainulla (c. 242, 338a19-28):

Marino, il successore di Proclo, colui che insegnò a Isidoro (insieme ad altri) leopere di Aristotele, avendo composto un lungo commento al Filebo di Platone,invitò Isidoro a leggere il commento e a giudicare se potesse essere messo incircolazione. Quello, avendolo letto, non dissimulò nulla di ciò che gli sembrava,non pronunciò neanche una parola sgradevole, ma disse semplicemente che quantoera stato detto dal maestro era sufficiente. Allora Marino comprese e bruciò il suolibro.

Fozio rivela tuttavia che il prediletto di Proclo era un altro, Zenodoto (c.242, 346a23-26):

Ma tale fu anche, si racconta, il filosofo Zenodoto60, il solo degno di essere detto ilfavorito di Proclo; soprattutto in lui egli riponeva le sue speranze.

Fozio fornisce dunque varie notizie sul rapporto di Proclo con i suoi

discepoli; sullo stesso Proclo, invece, le notizie sono scarse. 56 c. 181, 127a1-2 (passo sopra considerato).57 c. 242, 345b18-28.58 c. 242, 345b33-34: ejx w|n e[grayen (ojlivga de; tau'tav ejsti)59 c. 242, 345b28-30.60 Il nome di Zenodoto compare solo in questo passo e in c. 181,127a3 (passo sopra considerato).

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Leggiamo che Proclo seguiva con zelo le regole imposte dalla comunitàpitagorica, come quella di non mangiare malva, nonostante il medico Iacopo gliavesse consigliato di farlo per guarire da una malattia (c. 242, 344a32-36):

Iacopo, durante il suo soggiorno ad Atene, dove era stimato, prescrisse a Procloammalato di astenersi dai cavoli e di assumere malva in abbondanza; ma quello,rispettoso della regola pitagorica, rifiutò di mangiare malva.

Proclo era anche modesto, e riconosceva la superiorità di Eraisco (c. 242, 343b2-4):

Si dice che Proclo riconoscesse che Eraisco era migliore di lui: infatti, le cose cheegli sapeva, le sapeva anche quello, ma le cose che Eraisco sapeva, non le sapevaProclo.

Riguardo alle numerose opere scritte dal filosofo, si legge solo un riferimento alCommento al Parmenide di Platone, troppo elevato per il debole Marino (c. 242,351a30-32):

Marino, con la sua natura debole, non riusciva a seguire l’elevato commento delmaestro al Parmenide (…).

La Bibliotheca contiene inoltre preziosi brani dei Libri I e II della ChrestomathiaGrammatica (c. 239), una fonte fondamentale per la conoscenza dei poemi ciclici,sebbene resti dubbio che il loro autore sia proprio il neoplatonico Proclo. A.Severyns61, seguito da R. Henry nella sua edizione della Bibliotheca62, sostieneche l’autore sia un altro Proclo, vissuto nel II secolo; Treadgold63, invece, fedele alproprio ottimismo sugli interessi scientifici e filosofici di Fozio, ritiene che sitratti del neoplatonico Proclo, come risulta dalle testimonianze presenti in Suda(IV, 210), sebbene egli stesso riconosca di non aver fatto studi approfonditisull’argomento e rinvii, a sostegno della propria posizione, all’edizione dellaCrestomazia curata da D. Ferrante64.

Le notizie relative al discepolo di Proclo Asclepiodoto (V sec.), purnumerose, sono assolutamente prive di contenuti filosofici. Si legge che, adifferenza di Isidoro, viveva agiatamente (c. 242, 346b2-3):

Asclepiodoto disponeva di tutti gli agi della vita, mentre Isidoro di nessuno di essi

che non si distingueva per particolari capacità intellettuali (c. 242, 344a36-38): Per quanto riguarda le doti naturali, Asclepiodoto non era perfetto, (…) era moltoacuto nel fare obiezioni, ma non troppo pronto nel comprendere (…)

61 A. SEVERYNS, Recherches sur la Chrestomathie de Proclos, 4 voll.; I vol., Le codex 239 dePhotius, Paris-Liège, 1938-63. 62 Cfr. PHOTIUS, Bibliothèque, texte établi et traduit par R. HENRY, Les Belles Lettres, Paris 1960-1991, 9 voll.; vol. V, p. 155, n. 1.63 TREADGOLD, The Nature of the Bibliotheca, p. 50, n. 53.64 PROCLUS, Crestomazia, ed. D. FERRANTE, Napoli 1957.

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e che però si esprimeva al meglio nella musica (c. 242, 344b12-14):

Asclepiodoto, pur essendo molto portato per la musica, non riuscì a risuscitare ilgenere enarmonico, ormai scomparso (…)

e nella medicina (c. 242, 344b22-28): Iniziato allo studio della medicina da Iacopo, Asclepiodoto, seguendo le sue tracce,in certi campi lo superò; infatti, egli restaurò l’impiego dell’elleboro bianco, perdutoda tempo e che non era stato salvato nemmeno da Iacopo, e, con esso, guarì controogni aspettativa malattie incurabili.

Le altre notizie sul suo conto hanno dell’incredibile: aveva un potere divino,grazie al quale era riuscito a salvarsi dall’annegamento nel fiume Meandropronunciando una frase misteriosa65; era uscito indenne anche da un canalesotterraneo che esalava vapori mortali, semplicemente respirando l’aria catturatadal suo mantello, piegato e posto dinanzi alla bocca66; per lui, inoltre – comeabbiamo visto – l’oscurità non era un ostacolo67. Nella Bibliotheca il filosofo neoplatonico più ampiamente rappresentato èDamascio (ca. 458-dopo 533), se non mediante una rassegna analitica della suadottrina, almeno con l’inserimento di brani e prospetti delle sue opere. Abbiamorilevato come la maggior parte delle notizie sulle scuole neoplatoniche deriviproprio dai due lunghi riassunti tratti da La vita di Isidoro (c. 181 e c. 242), unafonte importante per la storia del Neoplatonismo – anche se scevra di contenutifilosofici – sopravvissuta grazie al Patriarca. Ma la Bibliotheca contiene anche unbreve riferimento ad alcuni altri trattati di Damascio, di cui non sapremmo nullasenza Fozio (c. 130, 96b36-43):

Ho letto di Damascio quattro libri, dei quali il primo s’intitola Trecentocinquantaduecapitoli su fatti meravigliosi, il secondo, Cinquantadue capitoli di storie straordinariesulle divinità, il terzo Sessantatré capitoli di storie straordinarie sulle anime apparsedopo la morte, il quarto Centocinque capitoli su nature straordinarie.

Fozio dunque non è attratto tanto dalla profondità filosofica di Damascio, quantodal gusto dell’esoterico e del meraviglioso presente nelle sue opere. Egli tuttavianon prende seriamente in considerazione il filosofo pagano, come dicechiaramente, senza bisogno di ulteriori commenti68 (c. 130, 96b44-97a5):

In tutti (i trattati) ci sono racconti impossibili, inverosimili, mal inventati e insensatie davvero degni dell’ateismo e dell’empietà di Damascio, che, nonostante la lucedella vera fede avesse inondato il mondo, dormiva sotto la profonda oscuritàdell’idolatria.

65 c. 242, 343b22-34.66 c. 242, 344b35-345a27.67 c. 242, 345b5-7 (sopra considerato) e 351a22-23. 68 Cfr. anche il giudizio sulla scarsa credibilità di Damascio, espresso in c. 242, 342a24-27 (sopraconsiderato).

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3.5. La scuola di Alessandria

A differenza delle notizie relative alle altre scuole neoplatoniche, quellesulla scuola di Alessandria presentano uno spessore analitico relativamentemaggiore, soprattutto in riferimento all’opera di Ierocle Sulla provvidenza e ildestino (c. 214 e c. 251).

Particolarmente preziose sono le testimonianze su Ammonio Sacca (IIIsec.), fondatore della cosiddetta prima scuola alessandrina, del quale si sa moltopoco. H. Langerbeck considera fondamentale la testimonianza di Fozio per lanostra conoscenza di Ammonio; scrive infatti: «the thesis that Ammonius was theoriginator of a conscious harmonising of Plato and Aristotle is based upon whatwe learn from Photius about Hierocles Peri; pronoiva"»69. Infatti nei cc. 214 e251 si trovano molti riferimenti al filosofo; ecco come viene presentato (c. 214,172a2-9):

I predecessori formarono un coro numeroso, fino a quando brillò la sapienza diAmmonio, che (Ierocle) celebra come colui che fu soprannominato l’allievo di Dio.

Fozio si sofferma poi sulla sua attività filosofica, volta soprattutto a conciliarePlatone e Aristotele70 (c. 214, 172a4-9):

Fu lui infatti a riportare alla purezza originaria le dottrine degli antichi filosofi, aripulirle delle sciocchezze che crescevano da una parte e dall’altra, e a mostrarel’accordo sulle questioni principali e più importanti delle dottrine di Platone e diAristotele.

Come abbiamo già rilevato, Fozio afferma che discepoli di Ammoniofurono Plotino e Origene71, dimenticando Erennio, forse perché fu lui a causare loscioglimento della scuola: pare infatti che l’insegnamento di Ammonio fosse ditipo esoterico, e che Erennio disattese il patto di non diffondere all’esterno ledottrine del maestro. Ma in realtà occorre porre l’attenzione sul nome di Origene:si tratta dell’Origene cristiano, esegeta delle Sacre scritture e autore di numerosiscritti, oppure dell’Origene pagano, filosofo neoplatonico, che scrisse pocheopere? Com’è noto, gli studiosi tendono a ritenere che siano esistiti due pensatoriomonimi72, di fedi diverse, entrambi discepoli di Ammonio Sacca, sulla base di

69 H. LANGERBECK, The Philosophy of Ammonius Saccas, “The Journal of Hellenic Studies”, 77(1957), pp. 67-74; in part. p. 67.70 Fozio ritorna su tale attività di conciliazione anche in c. 251, 461a24-32.71 C. 214, 173a18-21 e c. 251, 461a38-39.72 La maggior parte degli studiosi propende per la distinzione dei due personaggi sulla base di varieragioni, di ordine cronologico, ma anche storico-letterario: la più rilevante è quella che concerne ladiscordanza tra l’intensa attività letteraria dell’uno e la scarsa produzione dell’altro. Anche seormai è la tesi meno seguita, tuttavia, alcuni ritengono di poter unificare i due personaggi: cfr. M.CADIOU, La jeunesse d’Origène, Beauchesne, Paris 1936, pp. 204-230; R.P.C. HANSON, Origen’sDoctrine of Tradition, S.P.C.K., London 1954, pp. 1-30; P.F. BEATRICE, Porphyry’s Judgement onOrigen, in R.J. DALY (a cura di), Origeniana Secunda, Atti del colloquio internazionale di Boston1989, Leuven University Press, Leuven 1992, pp. 351-367. Per lo status quaestionis, cfr. M. DI

PASQUALE BARBANTI , Origene d’Alessandria tra Platonismo e Sacra Scrittura, C.U.E.C.M.,Catania 2003, pp. 25-55; C. MORESCHINI, Storia della Filosofia Patristica, Morcelliana, Brescia

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due testimonianze all’apparenza contrastanti di Porfirio: nel terzo libro del trattatoContra Christianos, di cui Eusebio di Cesarea riferisce nella HistoriaEcclesiastica (VI, XIX,4-8), Porfirio critica la scelta di Origene, molto celebre pergli scritti che ha lasciato, di convertirsi al Cristianesimo dopo aver ricevuto unaformazione pagana; nella Vita Plotini (III, 24-25), invece, riferisce di un pensatoreneoplatonico, autore soltanto di due opere intitolate I demoni e Unico creatore, ilRe. Fozio non offre molti elementi che possano aiutare a comprendere a quale dei duepensatori egli stesso si riferisca, ma il fatto che ponga Origene sullo stesso pianodi Plotino, quali discepoli a[ristoi73 e ejpifanevstatoi74 di Ammonio, lasciapensare che si tratti dell’Origene più celebre, quello cristiano, a lui ben noto, vistoche ne riassume il De Principiis nel c. 8.

La Bibliotheca contiene un breve capitolo (c. 26) dedicato a Sinesio diCirene75 (ca. 370 – ca. 430). Fozio dichiara di aver letto dei suoi trattati peri;pronoiva", peri; basileiva" kai; peri; a[llwn tinw'n (c. 26, 5b29-30), ma su diessi esprime un giudizio soltanto a proposito dello stile, elevato ma troppopoetico. Solo riguardo alle jEpistolaiv, fa riferimento al suo pensiero, dotato diijscuv" e puknovth" (c. 26, 5b33-34), ma senza dare notizie sulle dottrineprofessate dal filosofo. Nel resto del capitolo, Fozio ricorda che egli si convertì alCristianesimo, e che era restio a credere nella resurrezione di Cristo; elettovescovo di Tolemaide, la accettò per fede.

Il nome di Ipazia (ca. 370-415) compare soltanto una volta, incontrapposizione a Isidoro (c. 242, 346b13-15):

Isidoro era molto diverso da Ipazia, non solo come un uomo è diverso da una donna,ma anche come un filosofo è diverso da una studiosa di geometria.

Nella Bibliotheca si trovano maggiori notizie su Ermia , iniziatore delnutrito gruppo di commentatori che diede vita all’ultima stagione della scuolaalessandrina. Come abbiamo già notato, Fozio lo presenta quale discepolo diSiriano76, e aggiunge delle considerazioni abbastanza scettiche sulle sue capacitàdi filosofo (c. 242, 341a11-17):

Nella dedizione al lavoro non era secondo a nessuno, ma non era affatto perspicace,né abile a trovare argomentazioni persuasive, insomma non era un valido cercatoredella verità; inoltre non era capace di ribattere con vigore agli oppositori, anche se siricordava quasi tutto ciò che aveva sentito spiegare dal maestro e che aveva trovatoscritto nei libri.

2004, pp. 129-134. 73 Cfr. c. 251, 461a38 (passo sopra considerato).74 Cfr. c. 214, 173a21 (passo sopra considerato).75 Inseriamo i riferimenti a Sinesio e a Ipazia nell’ambito della Scuola di Alessandria anche semolti studiosi ritengono che non si possa parlare fondatamente di neoplatonismo nel loro pensiero.Cfr. almeno J.M. RIST, Hypatia, “Phoenix”, 19 (1965), pp. 214-225 e R. ROQUES, Synésios deCyrène et la Cyrénaïque du Bas-Empire, Paris 1987. 76 C. 242, 341a9-10.

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Fozio loda invece le sue virtù, come il profondo senso della giustizia, ricordandoun aneddoto interessante anche per quanto concerne il commercio dei librinell'antichità: poiché un uomo semplice voleva vendergli un libro a un prezzoinferiore rispetto all’effettivo valore, egli lo corresse e acquistò il libro a un prezzopiù alto.

È meglio presentato il figlio di Ermia, Ammonio (V sec.). Abbiamo giàconsiderato come Fozio lo annoveri fra i maestri di Damascio: Teone gli insegnòla retorica, Marino le scienze matematiche, Isidoro la dialettica, mentre per lafilosofia ebbe come maestri Zenodoto e Ammonio, appunto77; ma il Patriarcaaggiunge anche altre informazioni sul suo insegnamento (c. 181, 127a5-10):

(…) e ad Alessandria Ammonio, figlio di Ermia, che, dice (Damascio), superava dimolto i suoi contemporanei in filosofia, e soprattutto nelle scienze. Damascio scriveche fu lui a spiegargli le opere di Platone e il complesso dei libri di astronomia diTolomeo.

Se nel c. 181 Ammonio viene ricordato da Fozio come esegeta di Platone,nel c. 242 il filosofo viene indicato come commentatore soprattutto di Aristotele;Fozio ci informa inoltre che egli fece parte della cerchia di Proclo (c. 242,341b22-24):

Ammonio fu un gran lavoratore e rese un servizio alla maggior parte deicommentatori di tutti i tempi; egli si occupava soprattutto di Aristotele, e sidistingueva non soltanto tra i suoi coetanei, ma anche tra i compagni di Proclo piùanziani, e potrei quasi dire tra tutti quelli che siano mai esistiti, nella conoscenzadella geometria e dell’astronomia.

Il filosofo alessandrino più ampiamente rappresentato è Giovanni Filopono(ca. 490 – ca. 570), che, com’è noto, non solo si convertì al Cristianesimo, mascrisse anche opere in difesa di alcuni concetti biblici fondamentali, come quellodella creazione del mondo. Fozio dimostra di aver letto diverse sue opereesegetiche e apologetiche: Sulla Resurrezione (c. 21); Sui sei giorni (c. 43 e c.240), Contro il Concilio di Calcedonia (c. 55), Contro Giovanni Scolastico (c.75), Contro il trattato di Giamblico sulle statue (c. 215). Lo cita inoltre nel c. 38,in cui esprime un breve giudizio a proposito dell’opera Sull’interpretazione dellacreazione di Teodoro di Mopsuestia, dicendo che Giovanni Filopono si opposealle sue tesi nella propria opera sulla creazione78. Fozio esprime un giudiziosevero su quelle opere che si allontanano dalla fede: per esempio, nello scritto incui Giovanni respinge la resurrezione dei corpi, secondo Fozio egli dice pollav teajperiskevptw"79; o ancora le sue idee sulla Trinità appaiono al Patriarcaun’autentica blasfhmiva80, così come le sue posizioni sul quarto concilioecumenico sono soltanto una kwmw/diva81. Al contrario, nell’Hexameron, Giovanni

77 C. 181, 126b40-127a14.78 C. 38, 8a22-25.79 C. 21, 5a27.80 C. 75, 52a37. 81 C. 55, 15a42.

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è kaqaro;" kai; safhv"82. Nell’unica opera dal carattere più prettamente filosoficoriassunta da Fozio, quella contro il trattato Sulle statue di Giamblico (c. 215), sitrova soltanto un sintetico riassunto della tesi giamblichea (considerata assurda,come abbiamo mostrato prima) secondo cui le statue sono pervase dalla presenzadella divinità, e un giudizio positivo sullo stile di Filopono.

I soli riassunti che presentino un’attenzione maggiore all’aspetto filosoficosono quelli tratti dall’opera di Ierocle Sulla provvidenza e il destino (c. 214 e c.251), che ci è nota solo grazie a essi. H. Langerbeck ritiene che «the treatise ofHierocle professes to be a résumé of philosophy in general»83; in effetti, Ierocleripercorre la storia della filosofia allo scopo di mostrare che la verità è stataespressa solo da Platone e Aristotele, i quali non erano affatto in contrasto traloro84. Nel fare ciò, inoltre, Ierocle mostra di recepire alcune idee cristiane; siveda, ad esempio, come egli non solo definisca artigiano il Demiurgo platonico,ma lo doti in qualche modo di una volontà creatrice [c. 214, 172a22-26 (= c. 251,461b6-9)]:

E la sua ricerca presuppone l’esistenza di un dio secondo Platone, autore di tuttol’ordine visibile e invisibile, un artigiano, egli dice, che non ha tratto tale ordine danessun modello; infatti è la sua volontà che conduce gli esseri all'esistenza.

Dall’attività demiurgica derivano tre gevnh: il mondo degli dèi, quello dei demoni,che svolgono un’attività mediatrice, e quello degli uomini; tra i tre ordini non c’èseparazione netta [c. 214, 172a40-172b3 (= c. 251, 461b18-22)]:

E le classi superiori dirigono quelle inferiori, e su tutte regna il padre dio edemiurgo. E questo suo governo paterno è considerato ed è la provvidenza divina, laquale distribuisce quanto spetta a ogni specie85.

Il passo prosegue col chiarire che cos’è il destino [c. 214, 172b3-4 (= c. 251,461b22-23)]:

Si chiama destino la giustizia che accompagna la provvidenza …

Esso non va inteso come la cieca fatalità degli autori di oroscopi, né come la forzadegli Stoici, né come la intese Alessandro di Afrodisia, ossia come la stessa naturadei corpi, riassume Fozio86, ma [c. 214, 172b14-18 (= c. 251, 461b28-32)]:

82 C. 43, 9b12-13. 83 LANGERBECK, The Philosophy of Ammonius, p. 73. 84 A tal fine egli si richiama più volte ad Ammonio Sacca – come abbiamo visto – proprio per lasua attività di conciliazione dei due massimi sistemi filosofici. Cfr. c. 214, 171b33-172a14.85 Non siamo concordi con la traduzione di Henry (vol. III, p. 127): «La direction des espècesinférieures est assurée par ceux qui les surpassent, et sur tous règne Dieu, leur père etc r é a t e u r . Et cette royauté paternelle de Dieu est tenue pour une providence et e l l e e ne s t u n e ; c’est elle qui distribue à chaque espèce ce qui lui convient». In primo luogo, Ierocle,esperto conoscitore di Platone, non definisce dio creatore, ma demiurgo (a meno che qui a parlarenon sia il filosofo pagano ma Fozio) anche se lo chiama padre; in secondo luogo, Ierocle non diceche la provvidenza è una, ma pone l’accento sul fatto che essa è, esiste e non è solo ritenutaesistente dagli uomini: kai; nomivzesqai kai; ei\nai. 86 Cfr. c. 214, 172b4-13.

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è l’azione giudiziaria di dio che tocca quanti si allontanano dalla legge dellaprovvidenza, e che orienta con ordine e consequenzialità ciò che sta in noi verso gliscopi scelti per le nostre opere libere.

Fino a questo punto Fozio sembra convenire con quanto scrive Ierocle; prende ledistanze invece a proposito del tema della migrazione dell’anima da un corpo a unaltro: il filosofo neoplatonico non accetta la migrazione delle anime a partire daesseri non dotati di ragione, o verso essi, ma difende il passaggio di anime umaneverso altri corpi umani87. Fozio dice che proprio con questo concetto Ierocleintende fondare l’idea della provvidenza divina, del destino e del libero arbitrio,ma non ci dice in che modo lo faccia; giudica semplicemente che il filosofo (c.214, 172b24-26)

rovescia da cima a fondo questa concezione incerta e vana (…)

Fozio traccia in conclusione un rapido prospetto del contenuto dei sette libri deltrattato ierocleo88: il primo espone esercizi svolti sul tema della provvidenza; ilsecondo riassume le opinioni di Platone; il terzo presenta le probabili obiezioniche si potrebbero muovere a esse; il quarto tenta di conciliare gli oracoli e le leggisacerdotali con le dottrine platoniche; il quinto attribuisce a Orfeo, Omero e a tuttii personaggi celebri prima di Platone le sue stesse teorie; il sesto traccia una storiadella filosofia di tutti i discepoli di Platone, da Aristotele ad Ammonio Sacca,mostrando che nessuno di essi si è allontanato dalle dottrine del maestro; ilsettimo, infine, si ricollega alla dottrina di Ammonio, esaltando come diviniPlotino e Origene, insieme a Porfirio e Giamblico. Il riassunto si conclude conbreve giudizio sullo stile, chiaro e appropriato al lavoro di un filosofo89.

Ierocle ritorna come personaggio storico nel c. 242 su La vita di Isidoro diDamascio. Ecco come viene presentato (c. 242, 338b28-35):

Ierocle, che fu il fiore all’occhiello della scuola di Alessandria per l’elevatezza delpensiero e la magnificenza del linguaggio, oltre che per il suo carattere fermo egrandioso, aveva un pensiero estremamente fecondo; si distingueva per la facondia ela facilità con cui trovava parole ed espressioni bellissime, e sbigottiva del tutto isuoi uditori, confrontandosi sempre con la bellezza dello stile e la ricchezza delpensiero di Platone.

A proposito del rapporto di Ierocle con Platone, Fozio racconta un aneddoto90: ungiorno Ierocle commentò il Gorgia di Platone, mentre i suoi discepoli prendevanoappunti; tra di essi c’era Teosebio. Dopo qualche tempo, Ierocle commentònuovamente lo stesso dialogo platonico, e anche questa volta Teosebio preseappunti. Ma, andando a confrontare i primi appunti con i secondi, Teosebio siaccorse che i due commenti non avevano nulla di uguale, eppure entrambiseguivano da vicino l’opera di Platone. E così Fozio conclude (c. 242, 339a6-7):

87 Cfr. c. 214, 172b19-173a4.88 Cfr. c. 214, 173a5-40.89 Cfr. c. 214, 173a42-173b2. 90 Cfr. c. 242, 338b36-339a7.

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con ciò si dimostra dunque quanto vasto fosse il mare dei pensieri di quest’uomo.

Questo è quanto si legge sulle scuole neoplatoniche nella Bibliotheca.

3.6. Conclusioni

Tracciamo ora uno schema di tutti i filosofi neoplatonici presenti nellaBibliotheca, ponendo accanto a ogni nome l’indicazione del capitolo (o deicapitoli) contenente notizie su di esso; in questo modo risulterà immediatamenteevidente la quantità degli autori conosciuti da Fozio e la qualità delle fonti a cuiattinge:

Scuola di Roma:

Plotino:c. 167, Antologia di Stobeoc. 214 = c. 251, Sulla provvidenza e il destino di Ierocle

Porfirio: c. 167, Antologia di Stobeoc. 242, La vita di Isidoro di Damascio

Scuola di Siria:

Giamblico: c. 167, Antologia di Stobeoc. 181 = c. 242, La vita di Isidoro di Damascio c. 215, Contro il trattato di Giamblico Sulle statue di Giovanni Filopono

Teodoro di Asine: c. 242, La vita di Isidoro di Damascio

Sopatro di Apamea:c. 161, Antologia

Scuola di Atene :

Plutarco di Atene: c. 242, La vita di Isidoro di Damascio

Ierio:c. 242, La vita di Isidoro di Damascio

Siriano:c. 242, La vita di Isidoro di Damascio

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Proclo:c. 181 = c. 242, La vita di Isidoro di Damascioc. 239, Crestomazia Grammatica (di Proclo?)

Asclepiodoto:c. 242, La vita di Isidoro di Damascio

Isidoro:c. 181 = c. 242, La vita di Isidoro di Damascio

Damascio:c. 130, Trattati paradossografici c. 181= c. 242, La vita di Isidoro

Marino:c. 181= c. 242, La vita di Isidoro di Damascio

Zenodoto:c. 181= c. 242, La vita di Isidoro di Damascio

Scuola di Alessandria:

Ierocle:c. 214 = c. 251, Sulla provvidenza e il destinoc. 242, La vita di Isidoro di Damascio

Giovanni Filopono:c. 21, Sulla Resurrezionec. 38, Sull’interpretazione della creazione di Teodoro di Mopsuestia c. 43 = c. 240, Sui sei giornic. 55, Contro il Concilio di Calcedoniac. 75, Contro Giovanni Scolasticoc. 215, Contro il trattato di Giamblico Sulle statue

Ammonio Sacca:c. 214 = c. 251, Sulla provvidenza e il destino di Ierocle Sinesio di Cirene:c. 26, Trattati Sulla provvidenza, Sul regno, Su temi vari, Epistole

Ipazia:c. 242, La vita di Isidoro di Damascio

Ermia:c. 242, La vita di Isidoro di Damascio

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Ammonio:c. 181 = c. 242, La vita di Isidoro di Damascio

Scuola di Pergamo:assente

Le scuole neoplatoniche più rappresentate sono quella di Atene e quella diAlessandria; la scuola di Pergamo risulta praticamente assente. Ma la maggiorparte delle notizie non derivano da una lettura diretta dei testi; sono trattefondamentalmente da due opere: La vita di Isidoro di Damascio e Sullaprovvidenza e il destino di Ierocle. Solo pochi autori sono conosciuti direttamentedalle loro opere: oltre a Damascio e a Ierocle, infatti, troviamo Sopatro diApamea, di cui Fozio legge l’Antologia, riassunta tuttavia senza riferimenti al suoprobabile contenuto filosofico; varie opere di Giovanni Filopono, tutte (trannequella contro il trattato giamblicheo Sulle Statue) incentrate però sulla difesa dellafede più che su posizioni o teorie filosofiche; e Sinesio di Cirene, anche se Fozionon dà praticamente nessuna notizia sul contenuto dei trattati, soffermandosiinvece sullo stile e sulle scelte di fede dell’autore. Dunque la nostra attenzionedeve incentrarsi solo sui due capitoli suddetti; ma anche La vita di Isidoro diDamascio, dalla quale pure si traggono la maggior parte delle notizie sui filosofineoplatonici, presenta per Fozio un interesse di tipo storico più che teorico: Foziopresenta i vari autori parlando del loro carattere e delle loro doti intellettuali,oppure riferisce aneddoti straordinari che li hanno come protagonisti, ma ci diceben poco delle dottrine da loro professate. In altre parole, l’unico testo chepotremmo definire filosofico è quello Sulla provvidenza e il destino di Ierocle.Esso documenta una conoscenza della storia della filosofia antica da Platone adAmmonio Sacca, anche se Fozio si sofferma più ampiamente sul tema specificoconsiderato. Come si evince dalla lettura dei passi, però, il tema della provvidenzaviene trattato proprio in quanto molto vicino alle posizioni di fede. E questo forseserve a spiegare perché Fozio rivolga più attenzione alla scuola alessandrina chead altre: non tanto perché essa determinava il curriculum della formazionefilosofica a Costantinopoli91, quanto perché essa aveva sviluppato soprattutto illato “tecnico”, che è quello più neutrale della filosofia, dedicandosi ai commentidelle opere di Platone e di Aristotele; il neoplatonismo alessandrino, inoltre, avevaassunto una posizione di compromesso nei confronti del cristianesimo, tanto cheparte dei suoi esponenti l’aveva abbracciato, e proprio ciò aveva consentito aquesta scuola di vivere più a lungo rispetto alle altre92; infine, non è un dato dipoco conto che sia stato proprio il neoplatonismo alessandrino a rendere possibilel’integrazione della filosofia di Aristotele nell’ambito della teologia cristiana93.

91 G. LLOYD, The Anatomy of Neoplatonism, Clarendon Press, Oxford 1990, p. 5.92 L.G. WESTERINK, The Alexandrian Commentators and the Introductions to their Commentaries,in R. SORABJI (ed.), Aristotle Transformed: the Ancient Commentators and their Influence, CornellUniversity Press, Ithaca N. Y. 1990, pp. 325-348, in part., p. 327.93 R.M. JONES, The Ideas as the Thoughts of God, “Classical Philology”, 21 (1926), p. 326; J.DILLON , Origen and Plotinus: The Platonic Influence on Early Christianity, in T. FINAN / V.TWOMEY (eds.), The Relationship between Neoplatonism and Christianity, Four Courts Press,Dublin 1992, pp. 10-19; LANGERBECK, The Philosophy of Ammonius, pp. 67-74.

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3.6.1. I Neoplatonici e il Cristianesimo

Nel c. 242, 352a11-14 Fozio riporta l’aspro giudizio di Damascio aproposito di un compromesso di Ammonio con un’autorità cristiana:

Ammonio, che era avido e che considerava tutto in vista di un possibile guadagno,strinse un patto con colui che era a quel tempo il censore della fede comune94.

R. Henry chiarisce che l’autorità con cui Ammonio si accordò era Atanasio

II (c. 489-496), vescovo di Alessandria95; due righe frammentarie di pocoprecedenti lo rivelano (c. 242, 347a19-20):

[Pro;" to;n ejpiskopou'nta to; thnikau'ta th;n kratou'san dovxan jAqanavsion.]

Atanasio avrebbe convinto il filosofo a limitarsi a commentare le opere diAristotele, dandogli in cambio sovvenzioni (perciò Damascio definisce Ammonioaijscrokerdhv") e il permesso di aprire i suoi corsi ai cristiani. In realtà, anche se lafama di Ammonio come commentatore si basa sui suoi studi aristotelici, nonmancano notizie riguardanti il suo insegnamento delle dottrine platoniche (ce neriferisce lo stesso Fozio, che mette in luce la sua attività di conciliazione delledottrine dei due grandi pensatori, come abbiamo visto). Appare probabile, dunque,secondo Westerink, che il patto fra Ammonio e il patriarca avesse un altrocontenuto96: Ammonio si impegnava a non professare dottrine contrarie alla fedecristiana, come l’eternità e la divinità del mondo, che derivano dalla lettura diAristotele, ma anche teorie platoniche, come quella sull’anima del mondo, sullapre-esistenza e la trasmigrazione delle anime umane. Secondo Sorabji97, invece,non è necessario supporre che la concessione riguardasse l’insegnamento diAmmonio: egli avrebbe potuto stringere un accordo che lo obbligava, ad esempio,a non praticare pubblicamente il culto degli dèi pagani, oppure, piùsemplicemente, a non provocare scontri con i Cristiani, in cambio difinanziamenti.

La storia dell’interazione fra i commentatori neoplatonici e il Cristianesimoè molto lunga98: già K. Praechter afferma che la Scuola di Alessandria, con Ieroclee Simplicio, fece concessioni al monoteismo cristiano, abbandonando ladistinzione neoplatonica fra il primo dio, l’Uno, e il secondo, l’Intelletto. I. Hadot,invece, attribuisce tale concessione ad Ammonio; tuttavia, recentemente K.Verrycken ha dimostrato che Ammonio riconosce la distinzione fra l’Uno el’Intelletto, facendola risalire ad Aristotele.94 Poiché il passo è suscettibile di varie interpretazioni, ci atteniamo alla traduzione di R. Henry(vol. VI, p. 53): «Ammonius, dont l’avidité au gain était scandaleuse et qui considérait tout sousl’angle du profit, quel qu’il fût, conclut un accord avec celui qui était alors le censeur de la foiscommune». 95 R. HENRY, Notes complémentaires a PHOTIUS, Bibliotheca, cit., vol. VI, p. 211.96 WESTERINK, The Alexandrian Commentators, p. 327. 97 R. SORABJI, The Ancient Commentators on Aristotle, in Aristotle Transformed, pp. 1-30; in part.p. 12.98 Cfr. SORABJI, The Ancient Commentators, pp. 12-13.

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Il discepolo di Ammonio, Filopono, fu di fede cristiana; egli concepìun’alternativa teorica al mondo fisico di Aristotele, che fosse coerente con la suafede: nel trattato Sull’eternità del mondo contro Proclo, che risale al 529, difese lavisione cristiana, attaccata da Proclo, secondo cui il mondo ha avuto un inizio.

In quello stesso anno, ad Atene, l’imperatore Giustiniano chiude la Scuola:Damascio, Simplicio, Prisciano e altri quattro filosofi si recano in Persia, presso lacorte del re Cosroe. Simplicio esprime parole di disprezzo per i cristiani: essinegano la divinità dei cieli, e glorificano le cose della carne più di quelle dellospirito, con l’assurda usanza di conservare le reliquie dei martiri.

Ad Atene il rapporto dei filosofi neoplatonici con il Cristianesimo erasempre stato difficile. Porfirio aveva scritto un trattato Contro i cristiani, e unoSulla filosofia desunta dagli Oracoli, che viene considerato il più deciso attaccodell’antichità contro il Cristianesimo. Proclo dovette allontanarsi dalla città per unanno, al fine di evitare la persecuzione da parte dei cristiani, che lo accusavano diempietà per le sue pratiche teurgiche. Non avrebbe certo potuto immaginare che,circa venticinque anni dopo la sua morte, lo Pseudo-Dionigi avrebbe adattato lesue idee alla teologia cristiana, e avrebbe persino riferito la parola “teurgia” aisacramenti cristiani. La filosofia neoplatonica, infatti, venne a un certo puntoassorbita dal cristianesimo; si pensi alla conversione di Agostino, che si realizzòproprio attraverso il pensiero neoplatonico99: egli descrisse in Confessioni, VII, 9la rivelazione che gli avevano trasmesso alcuni “libri di Platonici”100 letti intraduzione latina, e per un lungo periodo egli non avvertì profonde differenze fraNeoplatonismo e Cristianesimo.

Ad Alessandria, invece, l’insegnamento neoplatonico dopo Ammoniocontinuò con pochi disturbi da parte dei Cristiani. Olimpiodoro fu l’ultimocommentatore pagano della città. I commentatori successivi, Elia, Davide,Pseudo-Elia e Stefano furono tutti cristiani. La filosofia greca venne letta secondogli aspetti più vicini al Cristianesimo: è questa la prospettiva con cui anche Foziolegge i Neoplatonici, come si evince in particolare dagli Amphilochia.

4. IL NEOPLATONISMO NEGLI AMPHILOCHIA

4.1. Trascendenza e immanenza in Dio: la quaestio nr. 75

Tra le quaestiones presenti negli Amphilochia, quella che maggiormenterivela influssi neoplatonici è sicuramente la nr. 75:

In che modo si dice che il Divino è in tutto, e come è possibile dissolvere i dubbi chesono espressi da alcuni su questa ipotesi?

Il problema viene così formulato (qu. 75,37-38):

99 Scrive SORABJI, The Ancient Commentators, p. 12: «Augustine’own conversion to Christianitywas as much as a conversion to Neoplatonism». 100 Sulla lettura «libri Platonis» o «libri Plotini», cfr. almeno P. HENRY, Plotin et l’Occident,Sacrum Lovaniense, Louvain 1934, pp. 78 ss.

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(…) se il Divino è in tutto, non dovrebbe essere al di sopra di tutto (…).

In altre parole, se Dio è nell’universo, come può essere trascendente a esso? In talcaso, infatti (qu. 75,19-21):

ciò che è al di sopra di tutte le cose che sono sarebbe una di esse, e colui che precedee che crea tutte le cose si presenterebbe come una delle cose create da lui stesso.

Viene enunciato qui uno dei problemi-cardine del neoplatonismo. Non acaso, per esempio, il trattato di Damascio Sui Principi Primi si apre proprio conl’enunciazione di questa aporia101. Tale problema si trova espresso, in realtà, già inPlotino102. Il Primo Principio (l’Uno) non ha alcuna relazione con tutto ciò di cui èprincipio. L’Uno è trascendente e impartecipabile, è assoluta libertà da ognivincolo; pertanto esso è anche indefinibile e ineffabile: qualunque parola sipronunci su di Lui, essa esprimerà sempre “qualche cosa”, introducendo così unaspecie di “dualità” in quella che è invece l’assoluta unità. L’Uno è infatti al di làdi tutte le cose, persino al di là del pensiero e dell’essere. Eppure l’Uno è lasorgente dell’essere, che è la sua prima emanazione, ed è la meta a cui tende ilpensiero puro; l’Uno è la fonte del molteplice e della pluralità, è all’origine delTutto.

I pensatori successivi a Plotino, e soprattutto gli ultimi neoplatonici,quali Proclo e Damascio, chiariscono ancor più questa duplicità ditrascendenza-impartecipabilità e immanenza-partecipabilità nell’Uno,attraverso la distinzione tra la trascendenza pura dell’Uno, che èassolutamente impartecipabile, e la trascendenza delle Enadi (e di tutti iPrincipî che vengono dopo), che è invece relativa alla loro duplice natura diimpartecipabili e partecipate al contempo103. L’Uno produce l’Essere nondirettamente (ciò comprometterebbe la sua trascendenza), ma attraverso leEnadi, che, infatti, non sono ancora l’essere in sé sussistente, ma la causadell’Essere, o meglio lo strumento attraverso cui l’Uno produce l’Essere,senza che le Enadi stesse siano generate a loro volta dall’Uno. Per Proclo la trascendenza è anche “manenza”: la processione delPrincipio non significa che esso esca fuori di sé (come sarà per Hegel), mache esso produce qualcos’altro da sé pur restando in sé. Dunque, mentre latrascendenza dell’Uno non implica alcuna immanenza, i Principî sono allostesso tempo trascendenti perché rivolti all’Uno, e immanenti in virtù dellaloro partecipabilità da parte degli enti da loro stessi prodotti. In altri termini,tutte le cose sono rivolte all’Uno, ma l’Uno non è rivolto a nessuna cosa104.

101 DAMASCIUS, Traité des premiers principes, in part. vol. I, p. 1,1-4: «Ciò che si chiamaunico Principio del Tutto è al di là del tutto oppure è qualcosa che fa parte del tutto qualesommità degli enti che procedono da esso? E il tutto, diciamo che è insieme col Principio, oche è dopo di esso e che procede da esso?» (nostra trad.). 102 Cfr. PLOTINUS, Enneades, III, 9,3.103 Cfr. ROMANO, Il neoplatonismo, in part. La teoria della trascendenza, pp. 76-81.104 Cfr. PROCLUS, Théologie Platonicienne, ed. by H.D. SAFFREY / L.G. WESTERINK, Les BellesLettres, Paris 1968-1997, 6 voll., in part. II, 9, vol. I, p. 57,5-22.

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Damascio accentua l’aporeticità della nozione di trascendenzariferita all’Uno: esso non può dirsi neppure trascendente, poiché il termine“trascendente” significa “che trascende pur sempre qualche cosa”, “che è inqualche modo coordinato a qualcosa”105.

Anche Fozio si pone tale problema: affinché la mente umana possaragionare su di Lui, Dio deve presentarsi in qualche modo nel mondo, deverendersi accessibile, tuttavia senza che ciò comprometta la necessariadistanza fra il Creatore e il creato. Il Patriarca risolve il problemadichiarando che esiste sì un rapporto fra Dio e il mondo, ma che esso èunico e tale da non poter essere descritto sulla base di alcuna analogia (qu.75,24-27):

Dunque il Divino non si collega e non si concorda con le sue creature come nessunadelle cose esistenti, ma adatta il suo rapporto con l’esistente alla sua particolaredisposizione e all’organizzazione da lui stabilita. Come diciamo che il Divino èsapiente e insieme super-sapiente [sofovn te a{ma kai; uJpevrsofon], Dio è potentee super-divino [ijscuro;" kai; uJpevrqeo"], è essenza in senso proprio e super-essenziale [kurivw" te oujsiva kai; uJperouvsion], è il bene in sé e allo stesso modosuper-buono [aujtavgaqon de; oJmoivw" kai; uJperavgaqon], così diciamo che egli èpresente in tutto e al di sopra di tutto.

Sembrano risuonare in queste parole alcune espressioni del Corpusareopagiticum. Com’è noto, i trattati dello Pseudo-Dionigi Areopagita – forse uncristiano di origine siriaca, allievo di Proclo e di Damascio – composti negli ultimidecenni del V secolo, vennero inviati nell’827 dall’imperatore di BisanzioMichele a Ludovico il Pio106; appare dunque molto probabile che Fozio possaaverli letti.

In effetti, Fozio si chiede come si possa parlare di Dio negli stessi terminiadoperati da Dionigi nel De divinis nominibus. Com’è noto, in quest’operaDionigi distingue la teologia catafatica o positiva dalla teologia apofatica onegativa. La prima consiste nell’attribuire a Dio tutti i nomi citati dalle SacreScritture; ma, poiché è assurdo costringere la divinità in determinazioni specificheche ne violerebbero l’infinità, si ricorre alla teologia negativa, ossia alla negazionedi ogni attributo possibile. Tuttavia, il modo più adatto per parlare di Dio è quellodella teologia mistica: Dio è superiore a ogni determinazione sia positiva chenegativa. La distanza fra il Creatore e il creato e il necessario legame che continuaa unirli conducono Dionigi a sviluppare una teoria della metafora, che spiega nonsolo il discorso umano su Dio, ma anche la stessa condizione del tutto. L’uomopuò parlare di Dio solo in modo improprio e figurato, attraverso metafore,simboli, immagini; ma l’intero creato è una metafora: ogni cosa finita rimanda alPrincipio infinito da cui tutto è disceso, in ogni realtà brilla in modo depotenziatola luce ineffabile di Dio.

105 DAMASCIUS, Traité, vol. I, p. 21,3-14. 106 Cfr. B.R. SUCHLA, The Greek Corpus Dionysiacum Areopagiticum and its Reception in theByzantine Tradition, in Neoplatonism and Christianity, vol. II/2, The Byzantine Tradition, pp. 9-62. Non si trovano tuttavia riferimenti a Fozio.

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Fozio prosegue la sua riflessione su Dio nel modo seguente (qu.75,30-33):

Infatti nella sola natura improferibile, plurinominale e straordinaria, il tipo dei nomicatafatico [katafatiko;"] ha un significato che integra [il significato di quelli] cherivelano la sua volontà [to; bouvlhma] secondo gli schemi delle voci apofatiche enegative [tw'n ajpofatikw'n h] sterhtikw'n]. Questo passo, più che per il chiaro riferimento alla teologia catafatica e a

quella apofatica di cui si è detto, interessa per l’accenno alla volontà divina.Secondo I. Christov107, infatti, il riferimento alla volontà svela il legame fra il testofoziano e la tradizione alessandrina. Come abbiamo dimostrato attraverso l’analisidella Bibliotheca, Fozio rivela un particolare interesse verso il neoplatonismoalessandrino, tanto da dedicare al trattato di Ierocle Sulla provvidenza e il destinoun’attenzione maggiore rispetto ad altre opere filosofiche. Fozio forse è attrattodall’atmosfera spirituale che si crea in quella città cosmopolita nei primi secolidell’era cristiana; lì si costituisce un fertile terreno per un’autentica sintesiculturale, in cui la teologia cristiana può accogliere in sé elementi della filosofiaellenica.

In effetti, ad Alessandria sorge la necessità di difendere la fede cristiana – ein particolare la fiducia in un Dio provvidente – attraverso una formulazionefilosofica che la garantisca non solo rispetto al panteismo pagano, ma ancherispetto allo Gnosticismo, tanto diffuso nei primi secoli dell’età imperiale. LoGnosticismo, com’è noto, afferma un deciso acosmismo, ossia una totalenegazione o rifiuto del mondo; esso non è considerato opera di Dio, ma di undemiurgo a lui inferiore, malvagio o più semplicemente ignorante, autore dellacausa del male, la materia. Di conseguenza, Dio è assolutamente trascendente, siaperché non è conosciuto dal mondo, sia perché egli stesso non ha conoscenza delmondo. Contro questa dottrina, Panteno (attivo verso il 180), primo capo dellascuola catechetica di Alessandria, e i suoi discepoli fondano un’ontologia eun’epistemologia specificamente cristiane: Dio conosce tutte le cose che sono (ta;o[nta) come effetti della sua volontà (wJ" i[dia qelhvmata)108. In questo modo, sisalva la trascendenza di Dio, poiché egli rimane sempre al di là rispetto alle suecreature, e allo stesso tempo si garantisce la sua conoscenza e quindi la sua attivitàprovvidenziale rispetto al mondo: Dio ha creato tutte le cose con un atto divolontà, quindi non può non conoscere, e amare, ciò che egli stesso ha fatto.

Il ragionamento di Fozio prosegue (qu. 75,41-52):

107 I. CHRISTOV, Neoplatonic Elements in Photios’ Works [art. in bulgaro], in Neoplatonism andChristianity, pp. 79-108, in part. p. 104. 108 Scrive LANGERBECK, The Philosophy of Ammonius, p. 71: «With Pantaenus and the catecheticschool of Alexandria, the ejpevkeina th'" oujsiva" common to Plato and the Gnostics takes shape asthe will of God. Consequently the wholly transcendent God of the Gnostics can be retained, andthe creation of the world transferred to him. The connection with Christian doctrine is effected,not, as with the Western opponents of Gnosticism, through the Old Testament but through the Godof the New Testament (especially of Paul and John), who knows only “his own” and is knownonly by “his own”».

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Page 36: Neoplatonismo nelle opere di Fozio

Ma in che modo (Dio) è in tutto? Abbiamo già detto che non è in nessuno dei modidelle cose esistenti, ma se dobbiamo dirlo in una maniera ancor più intelligibile percoloro che insieme a noi aspirano a elevare ulteriormente il proprio pensiero e nonsono spaventati dall’altezza dei dogmi più teologici, il Divino è nell’Universo siacome atto, sia come essenza [kat∆ ejnevrgeiavn te kai; kat∆ oujsivan]. Ma nonchiedermi come! Abbiamo già evidenziato che non è in nessuno dei modi delle coseesistenti. Allora in che modo è come essenza? Come tu pensi che sia come atto.Poiché infatti tutto il resto a volte è in potenza [dunavmei], a volte in atto [ejnergeiva/],mentre il divino, così come lo pensa la mente perspicace, è sempre in atto [ajeivperejsti;n ejnergeiva/] (giacché non passa dall’imperfezione alla perfezione, mal’essenza-in-sé [to; aujtoouvsion], non è altro che atto-in-sé [para; th;naujtoenevrgeian]), diventa chiaro che laddove è come atto, è anche come essenza;poiché da un lato attua [ejnergei'] l’unificazione e la stabilità dell’essere e, dall’altro,rende essenziale [oujsioi'] e governa la natura di quanto creato da lui stesso.

Questo passo suscita molteplici questioni. Christov vi scorge una notevoleaffinità con la concezione di Dio come Atto puro, che sarà propria di Tommasod’Aquino, tanto da chiedersi se Fozio non sia stato “tomista” prima dello stessoTommaso. Se così fosse, Fozio esprimerebbe in questo passo una concezioneprofondamente estranea alla tradizione ecclesiastica orientale, tanto che nel XIVsecolo essa sarà duramente contestata dai teologi bizantini; in tal modo, dunque,egli rivelerebbe un’opinione personale che non poteva non derivargli dallapassione per la filosofia109. Ma quale filosofia?

Il concetto di Dio come atto puro, com’è noto, si trova nel dodicesimo librodella Metafisica di Aristotele. Qui però l’attività del primo motore si riduce a unpensiero che non si relaziona con il mondo: oggetto della conoscenza divina nonpuò essere qualcosa di inferiore, pertanto il Dio di Aristotele pensa solo se stessoe influisce sul mondo solo come causa finale. Dio muove il mondo come l’oggettod’amore muove l’amante: essendo il perfetto modello da imitare, egli risveglianell’esistente l’aspirazione ad arrivare alla sua perfezione. Il Dio di Aristotelepertanto non è la causa creatrice e provvidenziale del mondo. Fozio al contrarioriflette sulla natura divina proprio a partire dalla sua relazione con il mondo.Influenzato dal neoplatonismo, Fozio non può però accettarne la concezioneemanazionistica; ecco il motivo per cui egli sottolinea l’importanza della volontàdivina, richiamandosi così alla tradizione di Alessandria. Inoltre Fozio riflette suDio sempre nella consapevolezza dei limiti umani su questo tema; ecco perché sirichiama alla teologia mistica dello Pseudo-Dionigi, pur non citandoloespressamente.

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Sulla base dei dati fin qui esaminati, possiamo affermare che la filosofianeoplatonica esercitò su Fozio un’influenza notevole, benché la conoscenzafoziana di tale filosofia non corrisponda allo spazio a essa dedicato nellaBibliotheca. È auspicabile che ulteriori indagini chiariscano tale complessorapporto, tuttora non privo di ombre.

109CHRISTOV, Neoplatonic Elements, p. 105.

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