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RENATO ALTERIORENATO ALTERIO
NAVELLORUMNAVELLORUMSECONDA EDIZIONESECONDA EDIZIONE
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EDIZIONE RIVEDUTA E CORRETTA
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NEL MEDIOEVO
SULMONA-VALVA
Le Diocesi
Per una maggiore comprensione di quanto seguirà occorre che io faccia
delle premesse partendo dal generale per arrivare al particolare. In generale,
nel medioevo, le istituzioni civili avevano scarso potere politico e culturale
e perciò alla loro inconsistenza supplirono i papi i quali esercitarono il
potere spirituale e temporale attraverso le diocesi. Questo fu il motivo per
cui le città medioevali si svilupparono attorno alle cattedrali e furono quindi
i Vescovi e gli Abati quelli che oltre ad esercitare il potere spirituale
esercitarono anche il potere politico. Il territorio dove oggi sorge il comune
di Navelli era associato alla diocesi di Valva la quale aveva la sua sede nel
territorio della antica Corfinium, oggi Corfinio. Tale diocesi era contigua e
gemellata con quella di Sulmona e tutte e due furono certamente sedi
vescovili a partire dal secolo V° (400) anche se la tradizione ne attribuisce la
fondazione a S. Feliciano morto martire a Foligno nell'anno 249. Le due
diocesi furono poi unite fra di loro in “ persona episcopi” a partire dal XIII
secolo. Fra quelli appartenuti alla diocesi Valvense il castello di Navelli fu
uno dei castelli più antichi.Tuttavia, il 29 Agosto 1424 Navelli fu annesso
alla diocesi di L’Aquila per volontà del Papa Martino V in seguito ai violenti
conflitti sorti in merito al pagamento delle decime al Vescovo di Valva da
parte dei cittadini e degli abitanti del “comitatus Aquilanus” del quale il
castello di Navelli faceva parte. Prima di allora nella piana di navelli
esistevano solo piccoli villaggi ed il Paese vero e proprio fu fondato dagli
abitanti di quei villaggi che, per motivi strategici e difensivi, furono costretti
a riunirsi in un unico castello sito sul fronte della collina prospiciente alla
piana dove prima erano disposti i vari villaggi. Di quei villaggi sono rimaste
fino ad oggi solo poche tracce alcune però importanti come quella della
chiesa di “S.Maria In Cerulis” che anticamente faceva parte del "Vicus
Incerulae" chiesa che al tempo dei Vestini era invece un tempio dedicato ad
“ Ercole Giovio” protettore della pastorizia. Dapprima alle abitazioni già
esistenti si aggiunsero quelle delle ville che concorsero alla fondazione del paese formando due quartieri separati quello di “Villa di Piceggia grande”, e
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quello di “Villa di Piceggia piccola”. In seguito però “Villa di Piceggia
grande”si ampliò fino a includere anche “Villa di Piceggia piccola”. Con il
passare degli anni però i nomi sono cambiati e “Villa di Piceggia grande” è
diventata 'l'odierna Via delle Spiagge Grandi mentre “Villa di Piceggia
piccola” è diventata Via delle Spiagge piccole, chissà chi lo sa perché. Oggi
invece il paese è suddiviso in due parti contigue: una medievale e l’altra
rinascimentale. Nel 1456 ci fu il primo forte terremoto che si ricordi nella
storia che sconvolse l'altipiano di Navelli. Il paese venne distrutto e dopo di
allora il paese ricostruito solo in parte e le mura di cinta vennero spostate
più a valle rispetto alle precedenti.
CRONISTORA DI NAVELLI
La prima traccia degli insediamenti umani nel territorio dell'attuale comune
di Navelli risale però molto indietro nel tempo, addirittura al III° secolo
avanti Cristo ed è testimoniata da una iscrizione in dialetto “vestino” incisa
su pietra calcarea e conservata nel Museo Archeologico di Napoli. Tanto per
capire in quale epoca essa risalga è utile ricordare che il terzo secolo avanti
Cristo fu quello della prima guerra punica, (264-241 a. c.), quella in cui
Attilio Regolo fu fatto rotolare dai cartaginesi dentro una botte. Tale
iscrizione fa riferimento ad un tempio italico dedicato a “ Hercules Iovius”
tempio che era situato nel posto dove oggi esiste ancora la chiesa di Santa
Maria in Cerulis. Come testimoniato da un altro reperto archeologico, a
quell'epoca, nella zona dove oggi si trova il cimitero del paese esisteva un
borgo di nome “ Incerule”. Tale borgo era abitato da gente della popolazione
dei “Vestini“ i quali allora erano distribuiti su una vasta zona dell'Italia
centrale che andava dall'Altopiano delle Rocche sino alla valle dell'Aterno. I
Vestini provenivano dalla Sabina e, in seguito a una migrazione, si erano
spinti fino alla piana di Navelli ed oltre occupando t
ra il XI e l'VIII secolo a.
C, tutto il versante occidentale del Gran Sasso, e poi si spinsero verso il
mare sino all'altezza di Penne. I Vestini in quanto contigui con i territori
della “ Repubblica Romana” non riuscirono ad evitare di entrare in conflitto
con l'espansionismo romano, vi furono delle battaglie però alla fine furono
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sconfitti e preferirono romanizzarsi.
L'Italia nel 264 a.C,
Per avere la seconda testimonianza sugli insediamenti susseguitosi
nell'ambito del comune di Navelli dobbiamo rassegnarci a saltare dal III°secolo avanti Cristo addirittura al secolo VIII d. C. e precisamente all'anno
787 dopo Cristo. Questa volta la testimonianza è più puntuale perché si
tratta di una descrizione che si trova in un “codice” chiamato “Chronicon
Vulturnense”. In esso si fa riferimento esplicito alle chiese di “Cerule” alias
“Santa Maria in Cerulis” ed a quella di “ Lapide Vico” che rappresenta la
chiesa di “Santa Maria Pede Vico” che era situata sempre nel territorio del
comune di Navelli ma in località “Serra di Navelli”. Tanto per fare maggiorechiarezza forse è bene spiegare che cos'è il “Chronicon Vulturnensis”.
Ebbene, esso è un tipo di manoscritto chiamato “codice miniato” perché
consiste in tavolette di legno ricoperte di cera unite insieme da anelli. Fu
scritto nell'anno 1130 da un monaco di nome Giovanni che
viveva nel monastero di S. Vincenzo al Volturno monastero
situato in provincia di Isernia, nell'alta valle del Volturno. Tale
codice è conservato a tutt'oggi a Roma nella BibliotecaApostolica Vaticana. Ed è proprio nel “Chronicon Vulturnensis”
che si può leggere che nell'anno 816 d.C. le genti dei borghi di “ Incerule” e
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di “Turri” fecero delle donazioni al Monastero di San Vincenzo al Volturno.
E che i due borghi si trovavano proprio nei territori dell'attuale paese di
Navelli si può apprendre da altre citazioni. Non è solo questo quello ch si
apprende perché appuriamo anche che dei due borghi “Turri” era quello più
importante fra quelli esistenti nell'ambito del territorio del comune di
Navelli perché in base ad una seconda particolare citazione, questa volta
dell'anno 998 d.C., apprendiamo che tale località era addirittura la sede del
“Giustizierato d'Abruzzo”. Ribadisco “d'Abruzzo”! Per capirne il significato
e l'importanza è bene che si sappia che i “ Giustizierati” in epoca sveva ed
angioina, erano i distretti amministrativi del Regno di Sicilia i quali erano
amministrati da un “ giustiziere” ossia da un amministratore della giustizia di
nomina imperiale. Altre informazione su quello che nel frattempo era
diventato il “Castello di Navelli” ce le fornisce, una bolla del Monastero di
San Benedetto in Perillis dalla quale apprediamo due cose: la prima è che
intorno all'anno 1000 esisteva un monastero in località San Benedetto in
Perillis la secondo è che nell'anno 1092, i monaci di tale monastero
possedevano alcune proprietà nel “Castello di Navelli” consistenti in: due
colture, una in località “Stipibus” e l'altra, una vigna, in località Venatura, edancora metà chiesa di San Angelo, S. Eugenia, metà della chiesa di Santa
Maria in Piedivivo, San Savino e sue pertinenze. Per capire meglio qual'era
a quell'epoca la struttura sociale esistente è bene prendere atto del fatto che
attorno all'anno 1000 le funzioni nelle quali si dividevano gli individui nella
società erano quelle assegnate a tre tipi di corporazioni denominate degli:
“Oratores, bellatores e laboratores”. Appartenevano alla corporazione degli
Oratores coloro il cui compito era quello di pregare per la stabilità e lasicurezza del mondo cristiano. Appartenevano ai Bellatores i guerrieri, ossia
quelli che combattevano contro gli eventuali invasori, mentre i Laboratores
erano in buona sostanza i contadini e tutti quelli che attraverso il lavoro
manuale provvedevano al sostentamento di tutta la società. É ovvio che,
poiché gli Oratores (ossia gli ordini religiosi) erano i più istruiti, avevano
loro il compito di tramandare le memorie della propria civiltà sia a livello
storico che mitico-religioso dal momento che la funzione della preghiera era
allora quella più sacra ed importante. Per avere una testimonianza
successiva a quella del 1092 dobbiamo saltare all'anno 1173 ossia circa
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ottanta anni dopo e ci accorgiamo che nel frattempo le cose erano cambiate
durante quegli ottanta anni perché oramai l'assetto sociale si era trasformato
in quello delle “signorie” ed ecco perché il castello di Navelli fu assegnato a
Galgano di Collepietro, “Signore di Caporciano”. Si era esaurita
l'esperienza dei “comuni” ed al loro posto erano nate le Signorie. Il
cambiamento è da attribuire al fatto che le istituzioni comunali erano
diventate troppo deboli, avevano perso gran parte delle loro funzioni e
perciò si era reso necessario un nuovo tipo di istituzione fortemente
centralizzata ed interamente cncentrata nelle mani del “Signore”. In sostanza
quel nome stava a significare che a gestire le istituzioni era esclusivamente
un “Signore” il quale apparteneva ad una ricca famiglia, era una persona
colta e piuttosto considerevole. Esso veniva nominato a volte dal popolo
stesso, altre volte dall'imperatore o dal pontefice. In questa nuova situazione
politica il “Signore” godeva di poteri assoluti e veniva considerato al di
sopra della legge (non veniva applicata a lui la legge) poiché era lui stesso
che faceva le leggi. Così il Signore amministrava il territorio per mezzo
delle leggi e lo Stato esercitava il proprio potere per mezzo del Signore. Su
tutti però l'autorità suprema era rappresentata dal Papa al quale spettava il
compito di designare a suo piacimento re ed imperatori compresi quelli del
Sacro Romano Impero che era sorto sulle ceneri dell'impero romano ed era
suddiviso in tre tronconi: Germania, Francia e Italia. Ecco perché nel 1188
fu papa Clemente III a confermare il possesso delle proprietà che già dal
1092 i monaci di San Benedetto in Perillis possedevano a Navelli. Ma non
era tutto perché, nella specifica bolla pontificia, vennero adirittura fissate
anche le date delle feste di Santo Stefano e dell'Assunta, feste durante lequali i monaci di S. Benedetto dovevano riceveve i dovuti doni dalla
popolazione navellese. A questo punto occorre spostare la nostra attenzione
dal microcosmo locale a quello più ampio esistente nella penisola italica.
Per capire in quale contesto vanno inquadrate le vicende succesive all'anno
1100 che più direttamente ci riguardano da ora in poi è indispensabile tener
conto di una breve descrizione del regno al quale vennero associati i territori
di Navelli. Tale regno fu in sostanza il Regno di Napoli istituito nel 1130con il nome di “ Regno di Sicilia citeriore”. Poiché spettava al papa
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nominarne il re, l'antipapa Anacleto II nominò “ Rex Siciliae” Ruggero II
d'Altavilla. Tale regno fu poi confermato nel 1139
questa volta dal Papa Innocenzo II.
Successivamete nel 1263 Papa Urbano IV nominò
nuovo “ Rex Siciliae” Carlo I d'Angiò. Questi fatti
sono la dimostrazione di come i papi facevano e
disfacevano a loro piacimento regine re ed
imperatori. La situazione della chiesa di Roma era
però nel caos perché quel continuo fare e disfare a
seconda delle conveninze del momento
generarono fra cardinali papi ed antipapi guerre
intestine talmente violente da essere il motivo per
cui si alternarono o si sovrapposero fra di loro
“papi “ed “antipapi” sostenuti da questo o da
quello ed ognuno di quelli toglieva o assegnava i territori a chi più li
sosteneva. Stavano così le cose quando si stabilì che le chiese che come
quella di Navelli ricadevano sotto il governo del monastero di San
Benedetto in Perillis gli dovevano pagare delle rendite in giorni prestabiliti,ossia: una libbra di cera l'anno Santa Maria di Piedivivo, da pagarsi nel
giorno di Santa Maria; San Savino e le sue pertinenze pagavano invece a
Natale e nella festa di Santa Maria e, per volontà del Proposto; Sant’Angelo
pagava nelle feste di San Benedetto, a Natale e nel giorno della sua
intestazione; Sant’Eugenia pagava invece nelle feste di Natale, dell'Assunta
e dedicazione. Il tutto con il tacito benestare di re Carlo I d'Angiò. Costui
era figlio del re di Francia Luigi VIII e fratello del re di Francia Luigi IX. Il papa Urbano IV, che era stato eletto nel 1261, aveva scomunicato il re di
Sicilia Manfredi che era succeduto a Ruggero II d'Altavilla e il 29 marzo
1263 con l'approvazione di re Luigi IX, offrì la corona a Carlo I che accolse
l'invito del papa e con un piccolo contingente, il 14 maggio 1265 raggiunse
Roma via mare e il 28 giugno fu investito re di Sicilia. Il Pontefice
Clemente IV succeduto a Urbano IV diede l'incarico d'incoronare Carlo a
ben cinque cardinali. La cerimonia si tenne il giorno dell'Epifania del 1266,
nella basilica lateranense, dove, alla presenza dei baroni francesi e
provenzali, magistrati e numerosi prelati, l'Angioino prestò il giuramento di
Carlo I
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vassallaggio alla Chiesa. Carlo I, Re di Sicilia, conquistò poi nel 1266
anche il Regno di Napoli che era rimasto nelle mani di Manfredi l'ultimo re
svevo di Sicilia sconfiggendolo a Benevento. Mentre tuttto questo avveniva
altrove a Navelli invece gli emissari di Carlo I erano impegnati nell'imporre
ai loro sudditi il pagamento del tasse che nell'anno 1269 venne fissata in 11
once quella che i Castelli di Navelli e Rocca Preturo “dovevano” versare per
il territorio di Torre Maggiore.ad una federazione istituita da Carlo I
chiamata “General Sovvenzione”. Nello stesso anno il “Castello di Navelli”
partecipò alla fondazione del “Comitatus Aquilano” comitato che era sorto
con lo scopo di realizzare una federazione di 99 castelli disposti a trasferirsi
armi bagagli e supellettili nel territorio aquilano per formare una nuovo ed
unico insediamento la “città dell'Aquila”. Nella nuva città ad ognicastello
venne assegnato un quartiere e al castello di Navelli fu assegnata il quartiere
di Santa Maria Paganica. Però, non si sa per quale motivo, all'ultimo
momento gli abitanti del territorio di Navelli si rifiutarono di lasciare il
proprio castello e all'Aquila non ci andarono mai. Di particolare interesse è
il fatto che nel 1270 Carlo I organizzò una crociata verso Tunisi allo scopo
dichiarato di convertire al cristianesimo l'emiro di Tunisi al-Mustansir, main realtà per fare bottino e giunse a Cartagine il 25 agosto ma poi il 1° di
novembre stipulò con l'emiro un trattato con il quale si fece pagare una
indennità di guerra ed un notevole tributo. Tra lo scontento dei crociati che
rimasero a bocca asciutta rientrò in Sicilia il 22 novembre. Se secondo la
leggenda sembra certo che gli abitanti di Navelli parteciparono ad una delle
crociate non è però certo a quale delle otto crociate parteciparono. Inoltre
non tutte le crociate si diressero in Terra Santa, per esempio proprio quellacomandata da Carlo I diresse a Tunisi e Cartagine. In mancanza di prove
certe e dovendoci basare sugli indizi allora è più probabile che i navellesi
abbiano partecipato alla crociata di Carlo I piuttosto che ad altre. Tuttavia
Terra Santa o Cartagine se l'impresa ci fu rimane pur sempre un evento
importante dal punto di vista storico e comunque se non fu quella di Carlo I
quale fu? Nessuno lo sa. Morto Carlo I Re di Sicilia e di Napoli gli successe
il figlio Carlo II che si occupa anche lui di Navelli come si evince dalla
lettura di un “ Diploma” del 1294 nel quale oltre ad attestare che anche il
“Castello di Turri” concorse alla fondazione della città di L'Aquila viene
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citato Navelli con il nome di “Navellum”. Nel 1302 il regno di Sicilia si
divise in due: il “regno di Napoli” ed il “regno di Sicilia”. Il territorio del
Regno di Napoli corrispondeva alla somma di quelli delle attuali regioni
d'Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria e comprendeva
anche alcune aree dell'odierno Lazio meridionale ed orientale perciò il
territorio di Navelli entrò a far parte della giurisdizione del Regno di
Napoli.
Il regno di Napoli e quello di Sicilia
Qualche anno dopo, ossia nel 1343, le popolazioni di Navelli e Collepietro
si fronteggiarono in armi per motivi di confini e di pastorizia. Alla fine della
disputa fu consacrata la pace nella chiesa di San Salvatore a Collepietro nel
giorno del 30 di marzo alla presenza di alcuni notabili aquilani come
Mattuccio di Mattuccio di San Vittorino e Niccolò Teodino dei Pretatti.
L’accordo raggiunto prevedeva: l’elezione di quattro sindaci, due per ogni
Università, che dovevano provvedere a stilare l’elenco dei danni causati
dagli scontri per permettere a coloro che li avevano causati di sistemarli; la
possibilità per la popolazione di Navelli di poter pascolare gli armenti nelle
Selve di Collepietro ma, senza poter costruire case, cavare calcare o
coltivare i terreni. D’altro canto i collepietresi potevano usufruire dei
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pascoli di montagna di Navelli. Gli abitanti dei due centri potevano
acquistare case o pertinenze nell’altro borgo, con facoltà di versare i tributi
nelle casse del centro di origine, e l’opportunità per l’acquirente di far legna
in quel territorio. Per chi trasgrediva era prevista una pena pecuniaria di 50
once d’oro. Proposto di Sant’Angelo di Navelli era Filippo del dottor
Giovanni di Roio. Nel 1349 per volontà del Papa Clemente VII la
giurisdizione di Navelli passa dalla diocesi di Valva a quella del'Aquila.
Sappiamo già che, come tutte le istituzioni ecclesiastiche, le diocesi avevano
un ruolo importantissimo per la gestione dei territori. Vescovi e abati
godevano di un grande potere non solo spirituale, ma anche culturale,
giuridico e politico, ricordiamoci degli “oratores”. Il fatto è che nel
medioevo, quando le istituzioni civili vivevano tempi incerti e difficili, la
Chiesa rimaneva l'unica istituzione ben salda nel territorio. Agli inizi del
Medioevo, i vescovi erano l'unica istituzione che risiedeva stabilmente in
città, e fu attorno alle cattedrali che si svilupparono le città medievali. I
vescovi divennero un punto di riferimento per i fedeli come anche per i
sovrani, che spesso li preferivano ai loro vassalli laici. Infatti i vescovi, al
contrario dei feudatari laici, non si sforzavano di trasformare il feudo loroassegnato in una proprietà ereditaria. La commistione tra potere spirituale e
potere temporale tuttavia provocò numerosi attriti tra l'Imperatore e il Papa,
infatti gli imperatori cercarono di sottrarre al Papa il controllo
sull'episcopato, per cui si arrogarono il diritto di nominare e investire i
vescovi. Da qui nacque la lotta per le investiture. Nel 1353 in un
provvedimento del 17 Settembre ad opera di Ludovico e della Regina del
regno di Napoli Giovanna, vengono menzionati i centri di Cerule e Navellis.Quelli della regina Giovanna I furono anni convulsi per il regno di Napoli.
Vi regnava la regina Giovanna I senonché, siccome ci fu uno scisma nella
chiesa e Giovanna parteggiò per il Papa scismatico, il papa Urbano la cacciò
ed affidò il regno a Carlo Durazzo. La Regina Giovanna fu costretta a
fuggire in Francia e fu a questo punto che intervenne in suo aiuto l'allora Re
di Francia che mandò a Napoli Ludovico D'Angiò che la rimise sul trono la
regina deposta ma poco dopo morì. É questa la breve storia di Ludovico e
della Regina Giovanna I. Malgrado il decreto papale che stabiliva che la
giurisdizione del Castello di Navelli dovesse passare alla diocesi dell'Aquila
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nel 1360 Navelli era ancora registrato nella Diocesi di Valva, alias
Corfinium con la specifica che nel suo territorio erano presenti cinque
chiese le quali dovevano versare a quella diocesi delle rendite che venivano
corrisposte in date prestabilite: Sant’Angelo a Natale e nella festa di San
Pelino; Santa Maria invece era messale alla festa dell'Assunzione; San
Pelino doveva versare una libbra di cera a Natale; San Salvatore a Natale;
San Pietro come San Pelino. Dopo di che appuriamo che nel 1362 era
Proposto di Navelli un tal Filippo Giovanni di Roio mentre invece nel 1373
il non meglio definito “ sindaco di Navelli” fa omologare, nel Regio Palazzo
di Aquila, l'accordo con la comunità di Collepietro, al Capitano Tommaso
degli Olivj di Lucca. Da osservare che l'Università di Collepietro era
contumace. Ma le beghe oltre che con Collepietro ci furono anche fra
Navelli e Civitaretenga. Infatti nel 1375 abbiamo notizie di una controversia
tra la popolazione di Civitaretenga e la chiesa di San Angelo di Navelli. I
civitovici si erano procurati della legna e avevano sfruttato i pascoli sui
terreni in località Lanterna, di proprietà della chiesa. Il Proposto Filippo di
Giovanni di Roio interpellò il Capitano Tommaso degli Olivj di Lucca che
vietò ai civitovici di continuare le loro attività in suddetta località. Andandoavanti di qualche anno nel 1380, nelle lotte contro la città dell'Aquila, questa
fu attaccata dalla città di Amatrice guidata da Carlo di Durazzo. Il centro
dell'Aquila riportò notevoli danni. Invece nel 1397 Proposto di San Angelo
era Marino detto Marino di Cola di Cervia mentre nel 1400: Arciprete di
Santa Maria era Antonio di Notar Lieto di Navelli. Passando alle tasse si
apprende che nel 1409: nella Tassazione di Ladislao, Navelli è tassato per
90 fuochi con 451 grani dove per fuochi si intendevano le famiglie e per igrani gli abitanti e dunque se ne conclude che allora a Navelli c'erano 90
famiglie e 451 abitanti in tutto. Nel 1423 arrivò in quel di Navelli
Fortebraccio da Montone con il suo esercito e lo assediò, il castello si arrese
ma non fu espugnato. Per chi non lo sapesse è bene dire che Fortebraccio da
Montone era un crudele Capitano di Ventura che ne combinò di cotte e di
crude. Nell'anno 1423 con il suo esercito di mercenari conquistò Pizzoli,
Poggio Picenze, Assergi, Carapelle Calvisio, Fossa, Paganica, Navelli e
Barisciano. Da Barisciano mandò le donne “ seminude” nella città
dell'Aquila che lui non era mai riuscito a conquistare.Vagò con il suo
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esercito in tutto l'Abruzzo distruggendo, saccheggiando tutto quello che
incontrava dopo averlo già conquistato prima nel 1424 riconquistò S. Pio
che gli si era ribellato e questa volta ne distrusse il castello. Riconquistò
anche Barisciano ed anche qui volle vendicarsi questa volta costringendo le
donne a girare “nude” intorno alle mura del paese.
L'immagine precedente non si riferisce alle donne nude di Barisciano però
dà l'idea di come è presumibile che siano andate le cose anche a Barisciano.
Ma la sorte di Fortebraccio era segnata perché nel mese di giugno fu ferito
gravemente e poi catturato dagli uomini di Jacopo Caldora capitano di
ventura al servizio del regno di Napoli e morì dopo pochi giorni di agonia in
circostanze misteriose. Il 1424 fu anche l'anno in cui: Il Papa Martino V
confermò il passaggio del Castello di Navelli dalla Diocesi di Valva
( Corfinio ) a quella di L'Aquila come già precedentemente stabilito daClemente VII e quello in cui la Regina Giovanna II succeduta alla sorella
Giovanna I premiò il coraggio dei Navellesi, che l'avevano difesa
combattendo contro il perugino Forte Braccio da Montone, concedendo loro
il motto " Navellorum Merito Coronata Fidelitas" e la corona Ducale da
aggiungere allo stemma del comune. La Regina Giovanna II fu una donna
godereccia, di facili costumi e la cronaca ci tramanda che fra i tanti fu
Bartolomeo Colleoni il primo dei suoi numerosi amanti. Sono stati proprio inumerosi amanti ella regina, veri o presunti che, insieme agli intrighi, le
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trame e i complotti della corte napoletana contribuirono ad avvolgere la
figura di Giovanna II di un uorviante alone fosco e nefando. Qualcosa di
simile era però già accaduta anche con la precedente regina Giovanna I tanto
che le due regine nell'immaginazione popolare si fusero in un’unica
Giovanna che, dopo aver fatto l’amore, mandava a morte gli occasionali
amanti di turno facendoli precipitare in una botola o richiudendoli in luoghi
segreti da dove mai più sarebbero usciti vivi: i famosi “bagni della regina
Giovanna.” Fuori Napoli ad Amalfi, in una torre, in un’altra torre, i “bagni”
di Sorrento.
Lo stemma del Comune di Navelli
Di volta in volta Giovanna II è stata ritenuta dissoluta, gaudente, dedita solo
ai piaceri mondani. Mentre tutto ciò avveniva a Napoli a Navelli invece nel
mezzo del XV° secolo appuriamo che nell'anno 1435 il “Proposto” di “San
Angelo” era Antonio di Fagnano e che il borgo era posseduto allora da
Alfonso di Aragona ma San Angelo nel 1443 gli si ribellò e dichiarandoinvece fedeltà a Renato D'Angiò. Ma il cambiamento durò poco perché nella
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disputa che ci fu poi fra i due S. Angelo venne riconquistato da Alfonso di
Aragona. Qualch ano dopo ossia nell'anno 1447 su un documento di papa
Niccolò V è riportata la notizia che il Comune di Navelli concorse con delle
rendite in soccorso dell'Ospedale Maggiore di San Salvatore all'Aquila
“affinché riservasse posti per i suoi abitanti in caso di ricovero”. Niccolò V
fu il papa che nell'anno 1450 non solo tenne un giubileo a Roma ma che poi
nel 1452 incoronò Federico III imperatore del sacro romano impero nella
Basilica di San Pietro. Così si successero gli eventi fino a quando nel 1456,
nei giorni 4-5 di Dicembre vi fu in Abruzzo uno dei più disastrosi terremoti
che si ricordino che distrusse completamente numerosi centri inmodo che
alcuni di essi, soprattutto i più piccoli come “Turri” non vennero mai più. La
prima scossa di terremoto avvenne a l'Aquila nella notte fra il 4 ed il 5
dicembre dell'anno 1456 con morti e feriti dall'Aquila ad Ortona e Sulmona.
A nche a Teramo...caddero molte case, colla morte di dugento e più
persone. “ Più o meno di danno risentirono le altre città e luoghi del Regno”.
Nell'anno successivo al terremoto ossia nel 1457 il Proposto Liberato di
Mascio della Riviera successe a Sant'Angelo al Proposto Antonio di
Fagnano. Però non ci fu pace nella regione perché appen cinque anni dopoossia nel 1461 ci fu ancora un forte terremoto a L'Aquila “l'intensità si stima
abbia raggiunto il X grado della Scala Mercalli ed a Lucoli il grado VIII
della Scala Mercalli.” Poiché non c'è due senza tre in tutto i terremoti furono
tre. Nel 1475 a Navelli 1475 venne modificata la struttura del borgo in
quanto venne edificata la “ Porta Santa Maria” ad opera di Antonio Cola di
L'Aquila che all'epoca era il capitano di Navelli. Il 3 settmbre 1494 dotato di
un'artiglieria moderna discese in Italia il Carlo VIII con un esercito di circa30.000 effettivi dei quali 8.000 erano mercenari svizzeri. A Firenze i
fiorentini agevolarono l'invasione di Carlo VIII, considerandolo restauratore
della loro libertà e riformatore della Chiesa, il cui Papa Alessandro VI
( Rodrigo Borgia ) era considerato indegno dal Savonarola. Carlo marciò
verso Roma e prese dapprima Civtavecchia. Il 31 dicembre 1494,
approfittando di una coincidenza fortunata, ottenne dal papa l'ingresso
pacifico nella Città Eterna. L'accordo però non risparmiò Roma dai
saccheggi delle truppe francesi. Per evitarne un'ulteriore permanenza in
città, il 6 gennaio 1495 Alessandro VI accolse Carlo VIII e ne autorizzò il
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passaggio negli Stati pontifici verso Napoli, affiancandogli come cardinale
legato il figlio Cesare Borgia. L'espansionismo francese spinse però anche il
papa Alessandro VI e Massimiliano d'Asburgo a costituire una Lega contro
Carlo VIII, per combatterlo e infine sconfiggerlo nella batalia i Fornovo
alla fine del conflitto la Spagna occupò la Calabria. Nel 1495 Ferrandino
riuscì a costituire una armata napoletana che al grido di "Ferro! Ferro!"
(derivante dal "desperta ferro" degli Almogàver) scacciò i francesi di Carlo
VIII dal Regno di Napoli. Nel 1495 nella piana di Navelli ci fu una razzia di
animali da soma ad opera del Governatore di L'Aquila Giovanni del Tufo il
quale ne aveva bisogno perché voleva andare a scontrarsi contro il
sopravvenuto Carlo VIII, Nel 1498 Carlo VIII di Francia, il quale già da
tempo per effetto dell'offerta di papa Innocenzo, ma anche a causa degli
antichi diritti che il re di Francia, erede degli Angioini, vantava sul regno di
Napoli, raccolse una grande armata composta da ventimila uomini armati,
con un corpo innovativo di artiglieria e marciò verso Napoli. Nel 1496 a
Napoli era diventato re il figlio di Don Ferrante e fratello di Alfonso II, con
il nome di Federico I, il quale dovette affrontare le ambizioni francesi su
Napoli. Alla fine, poiché dopo la morte di Carlo VIII Luigi XII ducad'Orleàns aveva ereditato il regno di Francia mentre il re d'Aragona
Ferdinando il Cattolico aveva ereditato il trono di Castiglia i due stipularono
un accordo per spartirsi l'Italia. L'accordo fra francesi e spagnoli prevedeva
la spartizione del Regno di Napoli fra le due corone: al sovrano francese
Abruzzo e Terra di Lavoro, nonché il titolo di rex Hierosolymae e, per la
prima volta, di rex Neapolis al swovrano spagnolo, Puglia e Calabria con i
titoli ducali annessi. Con tale trattato dell'l1 novembre'del 1500 il titolo direx Siciliae fu dichiarato decaduto dal papa Alesandro VI e unito alla corona
d'Aragona. Federico I di Napoli dovette fuggire e si rifugiò ad Ischia. A quei
tempi il Castello di Navelli era cinto da mura, secondo una notizia tratta da
un atto di compravendita tra il Sindaco e due massari di Navelli e Giacomo
di Notar Nanni di Civitaretenga. Il luogo oggetto della compravendita era
fuori Porta Santa Maria”. Nel 1508 nella “Stemma numerazione” ( una
specie di censimento) incorsa in questo anno il Castra di Navelli contava
350 anime. L'anno appresso ossia nel 1509 ci fu un nuovo contenzioso tra le
Università di Navelli e Collepietro per questioni legate ai pascoli indivisi e
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dei relativi confini. L’accordo per la risoluzione della controversia avvenne
di nuovo nella chiesa di San Salvatore, fuori le mura del borgo di
Collepietro. Gli intervenuti per la stipula dell’accordo furono Troiano
Casella di L'Aquila Dottor in Legge nelle cause civili, Santuccio Franco
sindaco di Collepietro e Alessandro di Giacomo di Carlo di Paganica
sindaco di Navelli. I siti oggetto della contesa erano: la piana ai piedi di San
Salvatore, il lago di Montore, il prato Navellense e Spineta, i quali erano
indivisi tra le Università, oltre a Curiale e Colle Pagana, dove non erano
segnati i confini, tanto da provocare contese tra i pastori dei due borghi.
Stemma della Famiglia del Tufo
L’accordo avallato dai Signori della Camera Aquilana e da Ludovico Franco
Conte di Montorio prevedeva: che i navellati potevano far pascolare i loro
animali grossi nella zona occidentale, ai piedi del borgo di Navelli e gli
animali non dovevano oltrepassare il confine stabilito dalle vigne, il colle di
San Salvatore e la strada pubblica verso Colle di Pagana. Nella zona
orientale non era permesso il pascolo ai navellati ma a loro veniva lasciata
l’opportunità di far abbeverare gli animali nel lago di Montore. I confini
dovevano essere rispettati anche dai collepretesi. Bisogna ricordare che
rimanevano validi gli accordi raggiunti nel 1343. Nel 1513 vi furono invecedei problemi con Capestrano per questioni di pascolo. Per Navelli partecipò
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all'incontro il sindaco Alessandro di Giacomo di Carlo e per Capestrano
Ludovico Franco e Andrea D'Alfonso Piccolomini D'Aragona Duca di
Amalfi, Conte di Celano, Signore di Capestrano. Convennero che i navellati
e i cittadini di Capestrano potevano entrambi usufruire del territorio
compreso tra i due centri fino al confine con Collepietro tranne che sui
terreni affidati dal Duca. I navellati potevano far abbeverare i loro animali
presso la fonte di Capestrano a condizione che non invadessero i campi con
gli armeggi e danneggiassero le colture, pena una ammenda al Duca di 5
“carlini”. Nel 1529, vista la posizione geografica favorevole nell'Italia
centrale e la sua rilevanza in campo economico in quanto terra di confine tra
lo Stato Pontificio e del Regno di Napoli, al quale apparteneva, il
“Comitatus Aquilano” fu al centro di lotte tra la Corona di Francia e quella
di Spagna. La spuntarono gli spagnoli che fecero pagar caro il doppio gioco
messo in atto dalla città per conservare i propri benefici economici. Infatti
gli spagnoli smembrarono il “Comitatus Aquilano” affidando i centri che lo
avevano composto ad ufficiali spagnoli, patrizi romani, oppure a baroni
aquilani. L'infeudazione del territorio venne affidata a Orange, generale
spagnolo, il quale assegnò il Castello di Navelli a Camillo Caracciolo. Dettocastello passò poi nelle mani della famiglia Gregori di Collepietro ed in
seguito in quelle della Baronessa Maddalena Trasmondi dei Tomasetti di
Celano. Nel 1532: Navelli contava 91 fuochi ( famiglie) fiscali. Nel 1533
L'Infeduazione, in data 20 Dicembre, cita fra i feudi il feudo di Navelli. Nel
1534, durante il governo di Carlo V nel territorio i Navelli si contavano 183
fuochi. Nel 1539 Vi fu una enneswima disputa questa volta con il Castello di
Rocca Preturo per la contesa della “Villa di Torre Maggiore” che nel medio-evo era denominata “Turri”. L'università di Navelli portava avanti la tesi che
nell'Altopiano omonimo i castelli si erano formati dalla fusione di più ville,
pertanto al nuovo borgo erano affidate tutte le pertinenze dei villaggi
confluiti. Anche Navelli fu soggetto ad un processo di questo genere,
vennero riportate le ville che presero parte alla costituzione del castello,
queste furono: “Villa di Piano, Villa di Piaggiagrande, Villa di
Piaggiapiccola, villa Santa Lucia e villa Del Colle”. Ogni villa doveva
avere acqua e territorio. La villa di Turri era accatastata da tempo
immemorabile nel Castello di Navelli, quindi tale Università la riteneva
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ricadente nelle sue competenze. Inoltre Torre Maggiore sorgeva nelle
vicinanze della Serra Maggiore dove vi era sorgente Acquari, ricadente al
territorio di Navelli. Considerando che, gli abitanti di un castello potevano
usufruire dei beni presenti sul loro territorio liberamente, mentre per i beni
appartenenti ad un altro castello dovevano essere autorizzati, l’università di
Navelli riteneva che l’abitato oggetto della disputa non poteva che essere
ricadente sotto la sua giurisdizione poiché i suoi abitanti si
approvvigionavano di acqua presso la sorgente Acquari. Nell'anno 1545
Navelli contava 138 fuochi fiscali. Invece nel 1554 il Castello fu venduto
all'Università di L'Aquila per essersi devoluto alla Regia Corte con patto di
retrovendita. Nel 1559 Diomer Carafa acquistò dalla Regia Corte undici
castelli del contado aquilano, tra cui Navelli, che scelse come sua residenza.
La sua abitazione si trovava vicino la porta pubblica, verso L'Aquila, sul
lato occidentale. Il contratto prevedeva che Carafa doveva rimettere nelle
casse Regie 30000 ducati però siccome nel 1563 ne aveva corrisposti solo
5000, questo comportò l’annullamento del contratto. Itanto nel 1561 Navelli
contava 183 fuochi fiscali mentre nel 1595 ne contava 204. Nel 1611
Camillo Compagni di Firenze “Governator Generale” dello Stato diCapestrano, in nome di Cosimo de' Medici, Gran Duca di Toscana, Principe
di Capestrano, della Baronia di Carapelle e Terra di Bussi, i signori della
montagna Angelo Sciovi sindaco di Capestrano, Fulvio Pietropaoli Barone
di Navelli, Giorgio Massimo sindaco della terra stessa si riunirono per
discutere di questioni riguardanti il pascolo. Venne così istituita una zona
franca sulla quale pascolare tra i due centri. Era vietato fare legna, calcare
sui terreni di proprietà del Principe, chi avesse trasgredito doveva pagareuna ammenda. L'anno 1632 fu quello in cui venne terminata l'edificazione
del Palazzo Baronale. Nel 1648 il Castello di Navelli contava 204 fuochi.
Nel 1651 venne compilato un catasto con le proprietà di ogni singolo
cittadino. Nel 1656 arriva la peste quella tramandatami oralmente da mio
nonno che uccise circa ottocento persone che venneo seppellite per
emergenza nella cappella cimiteriale delle famiglie più ricche di Navelli
detta Chiesa del Suffragio. Nel 1668 il feudo di Navelli che era intestato a
Carlo Ronchelli passò nel 1669 a Silvia Nicca e poi ai Pietropaoli di Molina
q1uando contava 170 fuochi. A causa della peste i fuochi erano passati da
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204 a 170 erano perciò scomparse 34 famiglie. Quella dei Pietropaoli era
una antica famiglia abruzzese che ebbe come feudo Navelli nella seconda
metà del seicento. Fu inoltre feudataria di Bussi sul Tirino, Molina e
Castelvecchio Subequo. Aveva inoltre il titolo di Patrizio di Sulmona ed
Aquila. Sui molti palazzi che un tempo furono di proprietà della famiglia
compare ancora oggi lo stemma gentilizio. Nel 1671venne aggiornato il
catasto con le proprietà di ogni singolo cittadino. Il 2 di febbraio del 1703
giorno della festività della Purificazione di Maria e del connesso rito della
Candelora, si verificò a nord della città dell'Aquila l'ennesimo terremoto che
distrusse quasi completamente il capoluogo abruzzese e causò forti danni in
tutta la regione. Il sisma, che ebbe una magnitudo di 6,7 ed un'intensità del
X grado della Scala Mercalli, si verificò poco prima di mezzogiorno e
pertanto sorprese i fedeli radunati nelle chiese per le celebrazioni liturgiche.
Alcune centinaia di persone si trovavano in quel momento nella chiesa di
San Domenico dove si concedeva una comunione generale quando le
capriate del tetto cedettero seppellendo i presenti. Bisogna considerare che
La chiesa dl Suffragio
la diocesi dell'Aquila era in quel momento priva di un vescovo poiché la
carica di Ignazio Della Zerda, morto nel 1702 era stato affidata
temporaneamente ad un vicario; mancò dunque una guida (come fu quella diAmici Agnifili nel terremoto del 1416) che evitasse l'assembramento di una
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gran quantità di gente negli edifici ecclesiastici. Altri crolli gravissimi si
ebbero nella basilica di San Bernardino, ove rimasero in piedi solo il coro, la
facciata e le mura laterali, e nella cattedrale di San Massimo, oltre che nelle
chiese di San Filippo, San Francesco e Sant'Agostino. Alla scossa
principale, per ventidue ore ne seguirono altre durante le quali la terra
esalava pessimi odori e l'acqua dei pozzi cresceva e gorgogliava a causa dei
gas. In totale L'Aquila contò circa 2.500 morti, 800 nella sola chiesa di San
Domenico, cioè circa un terzo della popolazione ma il terremoto fece
vittime anche nelle città vicine per un bilancio totale di oltre 6.000 decessi.
Nel 1707 venne ulteriormente aggiornato un catasto con le proprietà di ogni
singolo cittadino. Nell'anno 1732 Navelli contava 173 fuochi appena 3 in
più del precedente censimento. Nel 1746 su ordine di Carlo III di Borbone
viene compilato il catasto onciario dove oltre alle proprietà di ogni singolo
cittadino vengono definiti anche i vari nuclei familiari il ceto di ognuno di
essi e i loro mestieri. A Navelli vi era: un feudatario, due membri del Primo
Ceto Civile, quattro Dottori in Legge, due Regi Notari, un Dottore in
medicina, due Cittadini e Civili, cinque Studenti e Scolari, uno Scribente,
quindici Ecclesiastici, un Negoziante, uno Speziale, tredici Calzolai eScarpari, tre Sarti, cinque Falegnami, tre Mastri Ferrari, tre Muratori, uno
Scarpellino, trentaquattro Massari, centosettantadue Bracciali, due Bifolchi,
undici Campesi, diciassette Campieri, un Camparolo, un Mulattiere, un
Pastore e cinque Militari, per un totale di 170 fuochi. Vi erano solo nove
Magnifici. Il fondatore della dinastia fu Carlo di Borbone, re di Napoli tra il
1734 e il 1735 figlio di Filippo V i Spagna (re di Napoli e di Sicilia tra il
1700 e il 1713, oltre che re di Spagna tra il 1700 e il 1746 e fondatore a suavolta della dinastia dei Borbo di Spagna ) e della italiana Elisabetta Farnese
Carlo ebbe otto figli. Nel 1759 ascese al trono di Spagna con il nome di
Carlo III dopo la morte senza eredi del fratellastro Ferdinando VI di Spagna
e quindi dovette rinunciare al trono di Napoli, che spettò al figlio
terzogenito Ferdinando che regnò inizialmente con il titolo di Ferdinando
IV, re di Napoli e di Sicilia e quindi, dal 1816 fino alla morte, come
Ferdinando I, re delle Due Sicilie. Nel 1751 furono affittate al Magnifico
Don Candido Piccioli le intere industrie dello zafferano e della seta mentre
nel 1752 viene edificata sulla piana di Navelli la Villa Francesconi in
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contrada San Rocco dall'architetto Filippi su commissione del Barone
Giovanni Francesconi per la figlia Marianna in occasione delle nozze di
Lo stemma Trasmondi
quest'ultima con il Notabile Don Casimiro Giampietri. Nel 1755 il feudo di
Navelli passò a Nicola Antonia Trasmondi e poi nel 1756 passò a
Maddalena Trasmondi.
Nel 1794 Venne concessa da Ferdinando IV ( alias Frdinando I) di Borbone
re di Napoli (re Nasone) a Don Gian Saverio dei Baroni Francesconi la
" Bolla della Santa Crociata" che comprendeva vari privilegi per aver
donato "Grana 26 e tre Calli" al regno di Napoli al fine di aumentare le
Ferdinando I/IV
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forze marittime contro i corsari Maomettani che infestavano gravemente
tutti i lidi del regno. Nel 1815 Ferdinando IV divenne Ferdinando I di
Borbone re di Napoli e di Sicilia in virtù della riunificazione dei due regni,
ed assegnò a Don Gianfrancesco Piccioli il Titolo di " Marchese di Navelli"
per aver dimostrato fedeltà alla corona nel periodo dell'invasione Francese.
Lo stemma dei PICCIOLI
La famiglia per questo aggiunge allo stemma gentilizio un simbolo di
fedeltà al re. Nel 1816 a causa dell'unificazione del Regno di Napoli con il
Regno di Sicilia, il nuovo regno prese il nome di “ Regno delle due Sicilie”.Il regno fu istituito dal re Ferdinando di Borbone dopo il Congresso di
Vienna e, al momento della sua istituzione, la capitale fu fissata in Palermo
ma, l'anno successivo, fu spostata a Napoli. Palermo, però, almeno
formalmente, continuò a mantenere dignità di capitale, essendo considerata,
appunto, "città capitale" dell'isola di Sicilia. Nel 1821 il 29 Agosto viene
nominato Sindaco del Comune di Navelli il Barone Giuliano Francesconi in
rimpiazzo del Barone Leopoldo Marchi di Turri. All'inizio delciciannovesimo secolo l'Italia era divisa in tanti piccoli stati: il Regno
Lombardo-Veneto, il Regno di Sardegna, lo Stato della Chiesa e il Regno
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delle Due Sicilie, i Ducati di Modena, Massa e Carrara, di Lucca e di Parma,
il Granducato di Toscana. Inoltre i territori del nord e del centro, fatta
eccezione per il Regno di Sardegna che era governato dal Re Vittorio
Emanuele I, erano sottomessi all'Austria. Nel 1826 a Navelli venne stabilito
che ogni martedì del mese nel borgo si allestisse un mercato. Il 1848 fu un
anno particolare perché scoppiò la prima guerra d'indipendenza in quanto
Carlo Alberto re di Sardegna, dichiarò guerra all'Austria però fu
sconfitto e dovette lasciare il regno al figlio Vittorio Emanuele II. Nel 1859
scoppiò invece la seconda guerra d'Indipendenza che ebbe come
conseguenza la liberazione della Lombardia e della Sicilia. La liberazione
della Sicilia avvenne per opera di Giuseppe Garibaldi con la "Spedizione dei
mille". A questo punto Nel 1861 venne dichiarato il regno d'Italia con
capitale Torino. Mentre ciò avveniva in Italia a Navelli nel 1867 il primo di
Aprile, in seguito alla legge del 20/05/1865 n° 2248 sulla Sanità Pubblica, il
Prefetto nominava un agrimensore e un perito per l’individuazione dei siti
per la collocazione dei Cimiteri negli abitati di Navelli e Civitaretenga. Il 24
ottobre il prefetto approvò i piani topografici redatti dal perito agrimensore
Francesco Paolo D’Orazio, per la costruzione dei Cimiteri di Navelli e
Civitaretenga. Nella relazione del Prefetto vengono apportate anche delle
modifiche al progetto originario in rispondenza della Legge Regia sulla
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sanità pubblica. Tra le modifiche approvate si stabilì: che l'altezza del muro
di cinta doveva essere di tre metri, che l'area doveva essere ampliata. Il
Prefetto di L’Aquila approvò il progetto redatto dal Comune di Navelli per
la costruzione del nuovo cimitero fuori dal centro abitato. Il progetto fu
redatto dal Perito Agrimensore Francesco Paolo D’Orazio. Ma l'Italia non
era ancora del tutto liberata: mancavano il Veneto e il Lazio. Il Veneto fu
liberato con la terza guerra d'indipendenza ed il Lazio invece lo fu nel 1871
quando i bersaglieri di Garibaldi giunsero a Roma e si aprirono una breccia
nelle mura della città a Porta Pia liberando Roma e lo stato pontificio dal
Papa. Solo a quel punto la capitale fu finalmente spostata a Roma e fu così
completato il processo di Unità d'Italia. Tornando a Navelli appuriamo che
nel 1872 il 29 Giugno il Comune deliberò l’avvio di studi per l’impianto di
approvvigionamento di acqua potabile e la realizzazione di una fontana.
Invece nel 1873 vennero iniziati i lavori di costruzione della strada
comunale per Civitaretenga e per il cimitero di Santa Maria in Cerule. Nel
1879 in data 29 Maggio l’Amministrazione Comunale delibera per
l’acquisto di un immobile di proprietà del Sig. Luigi Benedetti per
l’ampliamento della Casa Comunale. Questo edificio doveva contenere: gliuffici comunali, il telegrafo, la scuola elementare ed un magazzino. Infine,
nel 1882 il Consiglio Comunale delibera per la realizzazione dell’impianto
di illuminazione pubblica. Viene approvato il progetto per la distribuzione
dell’acqua potabile in data 31 Ottobre. Il 10 marzo dell'anno successivo
vennero affidati i lavori di realizzazione del Cimitero di Navelli a Camillo
Venditti. Ne1 1885 apprendiamo da un documento emanato dal comune di
Navelli in data 3 Maggio e diretto al prefetto che si richiedeva un interventofinanziario per il recupero di alcune case del borgo antico per salvaguardare
l’incolumità degli abitanti delle case vicine. Nel documento si diceva che
per le case con pericolo di crollo immediato erano stati emanati decreti di
sgombero e demolizione indirizzati ai proprietari. Si diceva altresì che
questi decreti non potevano essere compilati per tutte le abitazioni che si
trovavano in quelle condizioni, perché altrimenti bisognava sgomberare
buona parte del borgo più antico. Il Comune chiedeva che venisse nominato
dall’Amministrazione Provinciale un Ingegnere che redigesse un piano di
recupero del centro. Inoltre veniva riconosciuto il permesso alla famiglia
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Francesconi, in quanto "appartenente al rango de' Nobili", di far celebrare la
Santa Messa nella cappella gentilizia di famiglia. Nel 1887
L’Amministrazione Comunale autorizzò in via eccezionale il taglio del
bosco di Piè Piaggia, già coperto da vincoli, per l'uso del legname in forni di
calce. Nel 1890: venne affidata da parte del Comune al Sig. Troiani, l’antica
cava di Pietrava in abbandono. Il Troiani si impegnò a riconsegnarla
all’amministrazione alla fine del mandato in ottimo stato. Nel 1892 ci fu una
vertenza tra sacro e profano tra la Parrocchia ed il Comune per il pagamento
dei terreni espropriati dall’Amministrazione alla Parrocchia per la
costruzione del cimitero e strada per Civitaretenga. Nello stesso anno venne
presentato il progetto per la realizzazione dell’acquedotto municipale.
L’opera fu progettata dall’Ing. Civile Giuseppe Inverardi. Il progetto fu
presentato in data 15 Giugno. Venne redatto un verbale di accettazione dei
fondi per l’esproprio dei terreni da parte dell’Amministrazione Comunale
per la realizzazione del Cimitero. Nel 1893 il Genio Civile approvò il
progetto di costruzione dell’acquedotto comunale, in data 11 Giugno. Il
Comune di Navelli, con delibera del 6 Dicembre, approvò la costruzione
della fontana nella piazza San Pelino, ai piedi dell’abitato. Il progetto furedatto dall’Ing. Civile Giuseppe Inverardi. Nel 1902 venne terminata la
Piazza San Pelino e nel 1904 ci fu l'appalto per l’illuminazione pubblica.
Nel 1906 la famiglia dei Baroni Francesconi acquisisce l'ex feudo di
Bovadilla e il castello di Celano dalla famiglia dei Baroni di Renzo grazie al
matrimonio di Alfonso Francesconi con Angela di Renzo. Nel 1912 il primo
agosto venne approvato dal Consiglio Comunale il progetto per l’esecuzione
dei lavori relativi all’impianto di una pompa elettrica per portare l’acqua in piazza Santa Maria. Nel 1913 il Comune acquistò un terreno per lo
smaltimento delle acque reflue del serbatoio. Il terreno in questione è
contiguo al serbatoio. Le acque reflue dovevano essere impiegate nel
pubblico lavatoio. Il Geometra Giuseppe Biglieri redisse due piante
topografiche, una per Navelli e l’altra per Civitaretenga per il censimento
della popolazione e ricevette come pagamento la somma di £. 25. Nel 1914
ci fu il previsto ampliamento del Cimitero. Tanto perché i navllesi non si
annoiasero nel 1915: il paese venne colpito dal terremoto d'Avezzano. Nel
1916, nel Bilancio di previsione per il biennio 1916-17 il Comune chiese
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maggiori finanziamenti per fronteggiare le spese di ricostruzione dei
fabbricati danneggiati dal terremoto del 1915.
Nota: In merito alla partecipazione della “Università” di Navelli alle crociate inTerra Santa, non esistono prove che attestino di quale crociata si trattò. É verosimile perciò ipotizzare che la crociata alla quale partecipò l'Università di
Navelli non si sia diretta in Terra Santa ma a Tunisi. Fu Carlo I, re di Napoli, ad organizzare una crociata nel 1270 diretta a Tunisi. Con la scusa di voler far convertire al cristianesimo l'emiro di Tunisi giunse a Cartagine il 25 agostodell'anno 1270 con lo scopo di fare razzie e tornarsene a casa con il bottino.
Renato Alterio
Bibliografia:
“ Navelli e le sue origini”
“Date storicamente accertate”