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 143 MATERIALI PER UNA STORIA DELLA CULTURA GIURIDICA a. XXXVIII, n. 1, giugno 2008 BOLTANSKI E LE APORIE ANTROPOLOGICHE DEL LIBERALISMO di Paola Molinatto La  Kabbalah racconta che Dio creava a ogni istante un numero sterminato di nuovi angeli, tutti destinati soltanto a cantare per un attimo le sue lodi davanti al suo trono prima di dissolversi nel nulla. Il mio era stato interrotto in tale compito: i suoi tratti non ave- vano alcuna sembianza umana. Walter Benjamin,  Agesilaus Santander (1933) Quello che ci ha traditi è che tu volevi avere l’univer- sale, cioè quello che io chiamo un bambino.  Jacques Derrida,  La carte postale (1980)  La condition fœtale di Luc Boltanski (2004), la cui traduzione ita- liana è uscita lo scorso anno per i tipi di Feltrinelli 1 , è un testo par- ticolarmente importante, sia dal punto di vista teorico, sia per le sue implicazioni politiche. Il programma di Una sociologia della genera- zione e dell’aborto, come enunciato nel sottotitolo, si inserisce infatti nel solco da sempre più promettente della tradizione sociologica, co- niugando ricerca empirica ed elaborazione teorica. Ciò nonostante, è sull’oggetto in questione – sull’aborto – su cui si sono concentrate molte delle reazioni francesi all’opera e di cui occorrerà anche tene- re conto. A più di trent’anni dall’approvazione della legge Veil in Francia (1975) – da noi si sarebbe dovuto aspettare il 1978 –, l’aborto e i Ho ragionato su questi temi prensando a Martina e Claudia, le mie bambine: questo lavoro è naturalmente dedicato a loro. Un grazie speciale è invece per Ota de Leonardis e Realino Marra,  per le preziose discussione su Boltanski e il sostegno dato alle mie esplorazioni. 1  L. Boltanski,  La condition fœtale. Une sociologie de l’engendrement et de l’avortement , Pa- ris, Gallimard, 2004, trad. it. di L. Cornalba,  La condizione fetale. Una sociologia della genera- zione e dell’aborto, a cura di T. Vitale, Milano, Feltrinelli, 2007. I testi citati nel presente arti- colo sono tradotti dall’originale: il testo sarà pertanto richiamato con l’indicazione della pagina dell’edizione francese (in tondo), seguita da quella della traduzione italiana (in corsivo).

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143MATERIALI PER UNA STORIA DELLA CULTURA GIURIDICAa. XXXVIII, n. 1, giugno 2008

BOLTANSkI E LE APORIE ANTROPOLOGIChEDEL LIBERALISMO

di Paola Molinatto

La  Kabbalah racconta ce Dio creava a ogni istanteun numero sterminato di nuovi angeli, tutti destinatisoltanto a cantare per un attimo le sue lodi davantial suo trono prima di dissolversi nel nulla. Il mio era

stato interrotto in tale compito: i suoi tratti non ave-vano alcuna sembianza umana.

Walter Benjamin,  Agesilaus Santander  (1933)

Quello ce ci a traditi ce tu volevi avere l’univer-sale, cio quello ce io ciamo un bambino.

 Jacques Derrida, La carte postale (1980)

 La condition œtale di Luc Boltansi (2004), la cui traduzione ita-liana uscita lo scorso anno per i tipi di Feltrinelli1, un testo par-ticolarmente importante, sia dal punto di vista teorico, sia per le sueimplicazioni politice. Il programma di Una sociologia della genera-zione e dell’aborto, come enunciato nel sottotitolo, si inserisce inattinel solco da sempre più promettente della tradizione sociologica, co-niugando ricerca empirica ed elaborazione teorica. Ciò nonostante, sull’oggetto in questione – sull’aborto – su cui si sono concentratemolte delle reazioni rancesi all’opera e di cui occorrerà ance tene-re conto.

A più di trent’anni dall’approvazione della legge Veil in Francia(1975) – da noi si sarebbe dovuto aspettare il 1978 –, l’aborto e i

Ho ragionato su questi temi prensando a Martina e Claudia, le mie bambine: questo lavoro ènaturalmente dedicato a loro. Un grazie speciale è invece per Ota de Leonardis e Realino Marra,

 per le preziose discussione su Boltanski e il sostegno dato alle mie esplorazioni.

1 L. Boltansi,  La condition œtale. Une sociologie de l’engendrement et de l’avortement, Pa-ris, Gallimard, 2004, trad. it. di L. Cornalba,  La condizione etale. Una sociologia della genera-zione e dell’aborto, a cura di T. Vitale, Milano, Feltrinelli, 2007. I testi citati nel presente arti-colo sono tradotti dall’originale: il testo sarà pertanto riciamato con l’indicazione della paginadell’edizione rancese (in tondo), seguita da quella della traduzione italiana (in corsivo).

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conitti ad esso collegati, tutt’altro ce sopiti, come evidenzia ripe-tutamente Boltansi, costituiscono un campo di indagine aperto ecomplesso. A dierenza di quanto all’epoca osse immaginabile, oauspicabile, da parte dei movimenti di emancipazione delle donnece avevano promosso e accompagnato i percorsi normativi nei di-versi contesti nazionali europei, la legalizzazione dell’aborto e il suoprogressivo ingresso nello spazio pubblico2, pur conseguendo risul-tanti importanti e irrinunciabili, non ne anno sciolto le contraddi-zioni proonde. L’indagine condotta per un anno e mezzo negli ospe-dali parigini dall’équipe di ricercatori ce a lavorato con Boltansi,con interviste approondite a donne, medici e operatori sanitari, do-cumenta come l’aborto, tutt’oggi, continui a essere un’esperienza ceruota intorno a un «nucleo tragico» e irrisolto (e, per questa stes-

sa ragione, resistente a un’emersione in piena visibilità), ce tendea situarsi a scavalco tra l’ufciale e l’ufcioso, l’istituito e l’inorma-le, decisamente povera di rappresentazioni e produzioni discorsive.Si abortisce, ma non se ne parla. Si tollera (sempre meno, a dire ilvero), ma allo stesso tempo si «ciudono gli occi»3.

1. L’aborto: un tema di ricerca per la sociologia

In un’ipotesi di rilancio di una sociologia morale e politica diispirazione dureimiana, ce mette al centro dell’attenzione l’analisidelle giustifcazioni, delle legittimazioni e dei dilemmi morali con cuisi misurano gli attori sociali, nonc i relativi processi di costruzionee validazione collettivi, la ricerca di Boltansi sull’aborto si caratte-rizza per una duplice opzione metodologica.

In primo luogo, per l’inquadramento dell’aborto all’interno diuna riessione sulla generazione, di cui esso non costituisce una

semplice negazione o contrapposizione attuale, bensì un elemen-to integrante di un più generale dispositivo di produzione di nuoviesseri umani, i cui tratti di liminarità, contribuendo a evidenziarnealcune contraddizioni interne, permettono, per ciò stesso, di risalirea una  grammatica della generazione. In secondo luogo, per la costitu-zione dell’aborto come oggetto propriamente sociologico. Ance inquesto caso, il riciamo ovviamente a Dureim e a  Le suicide del1897, di cui Boltansi riprende le linee portanti del progetto, ribal-

tando però il problema dalla ase fnale della vita a quella iniziale

2 O. de Leonardis,  L’onda lunga della soggettivazione: una sda per il welare pubblico, in«La rivista delle politice sociali», 2, 2006, pp. 13-37, in part. pp. 20 ss.

3 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., pp. 15, 6.

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e spostando l’interrogazione dal rapporto società/suicidi al rapportosocietà/eti o esseri umani uturi4.

è una linea di ricerca ce va di pari passo con una risoluta op-zione a avore di una posizione di neutralità assiologica nei conrontidel enomeno studiato, secondo i presupposti weberiani della ricercascientifca in campo sociologico. Da cui consegue la mancanza, nellavoluminosa ricerca di Boltansi, di prese di posizione o valutazionipolitice sulle ricorrenti discussioni pubblice intorno alla questione«aborto», oggi alimentate e riproposte soprattutto dagli interrogativisuscitati dall’impatto delle biotecnologie sulle esperienze della gene-razione e della nascita.

Una circostanza, quest’ultima, ce rende il libro, la cui rilevanza– come si detto – subito evidente, talvolta sinceramente irritan-

te. Ance se non bisogna dimenticare, nel valutare questa presa didistanza metodologica, ce il dialogo di Boltansi con le tematice weberiane, oltre ce costante, di atto più complesso; il ce do-vrebbe suggerire un’assunzione circostanziata dello stesso concetto weberiano di Wertreiheit, da porre al riparo – in questo caso so-prattutto – da semplifcazioni arettate 5. Basti pensare al tratto ti-pico-ideale assegnato ai diversi arrangement6, ossia ai dispositivi cestoricamente anno organizzato la relazione tra sessualità e genera-

zione (riconducibili, a seconda dei casi, a istanze sovra-individualiquali Dio, parentela, Stato, progetto genitoriale), oppure alla prece-dente ricerca su Le nouvel esprit du capitalisme, condotta con éveCiappello7, ce incrocia il percorso proposto sull’aborto a partiredalla messa a uoco del problema del liberalismo, e il cui calco we-beriano del titolo così palese da renderne inefcace la stessa evi-denziazione. E ce, in defnitiva, ance se occorrerà mostrare come,il problema della critica, e delle orme della critica oggi praticabili(in tempi di liberalismo), in questo testo apparentemente così restio

a ogni tentazione di engagement nel dibattito politico8, tutt’altroce estraneo alle intenzioni dell’autore.Questi riciami, seppure nella loro rapidità, dovrebbero consen-

tire di inquadrare, fn dall’inizio, l’esplicita portata teorica (A) de  La

4 B. karsenti, Arranger l’injustiable. Sujet éminin et contradiction, in «Critique», LXVIII-695, 2005, pp. 321-336, in part. pp. 323 ss.

 5 R. Marra, Weber, Mommsen e il signicato della avalutativit, in «Materiali per una storia

della cultura giuridica», XXX-2, 2000, pp. 479-492; Id., Capitalismo e anticapitalismo in MaxWeber. Storia di Roma e sociologia del diritto nella genesi dell’opera weberiana , Bologna, Il Mu-lino, 2002, pp. 298 ss.

6 Su questo concetto cr. inra, par. 4, nota 38.7 L. Boltansi, é. Ciappello,  Le nouvel esprit du capitalisme, Paris, Gallimard, 1999.8 Cr. L. Boltansi,  La condition œtale, cit., pp. 14, 5. 

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condition œtale, senza tuttavia sottovalutarne la dimensione politi-ca (B). Nelle pagine ce seguono, come vedremo, intendo sostenerel’importanza di entrambi gli aspetti, ma ance la necessità di comin-ciare da A per capire B. Per tentare di arlo, vorrei procedere nelmodo seguente. L’ipotesi da cui intendo partire quella ce mi sem-bra suggerire Fœssel9, quando aerma ce «la critica di Boltansia di mira le rappresentazioni  liberali» e, in altri termini, gli stessipresupposti antropologici del liberalismo10. è un’ipotesi ce vorreiapproondire e verifcare concentrando l’attenzione sul concetto dichair , ce a da flo conduttore al montaggio teorico elaborato attra-verso l’analisi grammaticale del cap. II, ed poi ripreso a livello e-nomenologico nel cap. VII; concetto ce solleva non poci problemie di cui occorrerà discutere approonditamente.

Sebbene si tratti di una lettura ovviamente selettiva rispettoall’ampio materiale proposto dal libro, credo ce la scelta possa esse-re almeno in parte giustifcata sia dalla complessità della teoria dellagenerazione proposta da Boltansi, sia dalla necessità di trovare unmodo per venire a capo delle conclusioni a cui perviene la ricerca.Penso, in particolare, alla ortissima e inaspettata tesi di un’analo-gia tra la condizione di uomini sciavi e liberi in epoca romana e al(riscio del) costituirsi, nelle attuali esperienze della generazione, di

nuove orme di suddivisione degli esseri umani «in due classi dotatedi uno statuto di umanità radicalmente ineguale», nonc, su questabase, dell’ipotesi di una sostanziale coincidenza tra la «condizioneetale» e la stessa «condizione umana», con cui si ciude il libro11. Ilce sembrerebbe conermare, a dispetto delle reiterate aermazionidi neutralità e di presa di distanza nei conronti di una dimensionevaloriale, l’enjeu propriamente politico della ricerca di Boltansi.

2. Carne/parola

La distinzione tra esseri umani secondo la carne ed esseri umanisecondo la parola il cardine su cui ruota il modello della genera-zione proposto ne  La condition œtale. Da dove trae origine tale di-stinzione? A prima vista, essa sembra limitarsi a recepire un dato an-

9 M. Fœssel,  La chair et le social. à propos de «La Condition œtale»  de Luc Boltanski , in

«Esprit», 1, 2005, pp. 76-85, per questa cit. p. 83.10 In  La condition œtale, cit., Boltansi parla di liberalismo, nella sua accezione genericae corrente di dottrina politica liberale, di  giusticazioni   liberali  dell’aborto o di altri temi bio-politici (cap. VI), di concezione liberale del soggetto, in relazione sia a giustifcazioni morali egiuridice (p. 216,  385) sia ai risultati dall’indagine empirica (cap. VII).

11 Ivi, pp. 331-332, 286-288.

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tropologico quasi scontato: il atto ce la generazione via sessualità ecorporeità non sarebbe di per s sufciente a consentire l’ingressodi nuovi esseri nel collettivo umano, come indirettamente comprova-to dall’ampia gamma di rituali di investitura e conerma dell’umanitàdei nuovi nati di cui si trova traccia pressoc in tutte le esperien-ze sociali12. In questo senso, la distinzione in questione articolereb-be il rapporto bios/ polis, natura/cultura, secondo una specifca mo-dalità gerarcica (dove il primo termine subordinato al secondo)ce qualifcerebbe l’esperienza umana in quanto tale. Proseguendola lettura del cap. II, ance solo per qualce pagina, si fnisce peròpresto col rendersi conto ce, con un minimalismo interpretativo delgenere, non si a molta strada. Alcuni ostacoli, in particolare, vi sirappongono.

Essi anno principalmente a ce are con il modo in cui, fndall’inizio, Boltansi utilizza la distinzione tra esseri umani secondola carne ed esseri umani secondo la parola per accedere a un pia-no specifcamente ormale. Tale scelta gli permette di dierenziare,all’interno di una stessa classe di equivalenza – l’universale U  (con ilquale possiamo indicare l’insieme degli umani uturi) –, un insiemea, virtuale e potenzialmente numeroso, di esseri generati via sessuali-tà, e un insieme b, ce costituisce un sottoinsieme di a (e intrattiene

con il primo una relazione del tipo b ⊂

  a), ottenuto prelevando dalprimo un numero di esseri conermati nella loro umanità sul pianosimbolico ce, in virtù di un valore distintivo defnito per sempliceopposizione ad a, avranno eettivamente accesso al collettivo uma-no. L’aborto, in quanto possibile esito del carattere probabilisticodella conerma (oltre a identifcare un secondo sottoinsieme c’, costi-tuito da esseri umani secondo la carne, ma non secondo la parola, eperciò stesso distrutti, per il quale vale la relazione c’ ⊂  a, con c’  ≠ b), costituirebbe quindi una sorta di operatore logico indispensabile

12 Si tratta di una ritualizzazione signifcativamente assente nel caso delle pratice di abor-to, come sottolinea Boltansi nell’efcace lettura antropologica proposta nella parte iniziale dellibro. «I eti abortiti sono sotterrati in modo approssimativo, bruciati o annegati, senza ce laloro distruzione sia accompagnata da gesti o parole specifce» (ivi, p. 36, 24). L’umanit cecontraddistingue gli esseri umani (attuali e uturi) a inatti le caratteristice più di un  processodi umanizzazione ce di un dato constatabile o di uno stato acquisito, sulla cui base organiz-zare in classi distinte gli esseri umani e quelli non-umani. In tale prospettiva, può essere utilesottolineare come le esperienze della nascita e della morte costituiscano delle soglie particolar-mente signifcative per valutare, sia in ingresso sia in uscita, i tratti riconducibili alla «comune

umanità». Tali soglie, oggetto di ritualizzazioni e simbolizzazioni complesse, evidenziano il ca-rattere processuale dell’umanizzazione attraverso il trattamento di quelli ce potremmo defni-re, a seconda dei casi, «germi» o «resti» di umanità ce attengono ai non-ancora o nuovi natie agli appena morti, la cui rispettiva ragilità o persistenza ne un elemento integrante. Peruna lettura antropologica di tali soglie, con rierimento all’evento della morte, cr. A. Favole,

 Resti di umanit. Vita sociale del corpo dopo la morte, Roma-Bari, Laterza, 2003.

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alla proceduralizzazione della generazione, posto ce, «trattandosi diprodurre esseri umani, la sessualità contemporaneamente indispen-sabile e insufciente»13.

Quali vantaggi dà un approccio di questo genere? A ben vedere,la ormalizzazione proposta consente, da un lato, di situare l’abortoall’interno del dispositivo della generazione, nella duplice orma diuna possibilità e di un’eettività, come il «carattere probabilmenteuniversale di questa pratica»14 sostanzierebbe; dall’altro, di sottoline-arne, da un punto di vista attuale, il ruolo di punto di snodo nellagenerazione, ce però a tutt’uno con la sua intrinseca problematici-tà, derivante dal diverso trattamento riservato a una classe di esseritra loro equivalenti e, in quanto tale, «difcile, se non impossibile,da legittimare»15.

Se le cose stessero davvero così, se – almeno in questa ase – lapreoccupazione teorica di Boltansi osse grosso modo riconducibilea tali esigenze, non ci si potrebbe ragionevolmente ance aspettarece, una volta assolto il lavoro di modellizzazione, questo dualismo

13 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 70, 55. Vale orse la pena notare ce questa di-erenziazione, se consente di distinguere ormalmente, sulla base del modello proposto, all’inter-no dell’insieme c , comprendente gli esseri ce non giungono al termine del processo, tra aborti

spontanei («resti» del processo di generazione, ma umani secondo la carne e la parola, sottoin-sieme c’’), e intenzionali (aborti in senso stretto, ossia, esseri non conermati e  perciò distrutti,sottoinsieme c’), lascia uori alcuni casi di inanticidio dei nuovi nati ce, invece – come sugge-risce Boltansi –, sembrerebbero intrattenere con l’aborto una continuità almeno di tipo cogni-tivo (ivi, p. 78, 63), in una medesima difcoltà di riconoscerne l’umanità (U  inatti l’universaledegli esseri umani  uturi o comunque ancora «in lavorazione»). Tracce dello statuto incerto degliappena nati trovano un riscontro, per esempio, sia nei casi dei bambini appena nati e non an-cora attaccati al seno ce i Sedang considerano simili a un «pezzo di legno», come rierito daDevereux (ivi, p. 356, 298), sia nel periodo di latenza (dell’umanità) presupposto da un articolodel codice penale rancese del 1810, ce defnisce inanticidio l’uccisione di un bambino appenanato, ma non ancora registrato presso lo stato civile, e invece omicidio, lo stesso reato, se rieritoa un neonato già registrato (ivi, p. 65, 50). Per rendere il tutto meno conuso, possibile visua-lizzare la ormalizzazione di Boltansi con un diagramma di Venn (vedi fg. 1).

14 Ivi, p. 28, 18.15 Ivi, p. 60, 46. Si tratta di una riessione ce Boltansi aveva già avviato con L. Tvenot

nel volume  De la justication. Les économies de la grandeur , Paris, Gallimard, 1990, con lacostruzione del modello della cité . Senza entrare nel merito di quella discussione, può essereutile solo ricordare come il  principio della comune umanit (primo assioma) dei membri dellacité , implicava in quel caso l’individuazione di una classe di equivalenza, priva di dierenzia-zioni interne, e dunque identifcabile come un eden e un  Adam, mentre il  principio della comu-ne dignit (terzo assioma) consentiva di identifcare ordini ce non ossero supportati da valorilegittimi, in quanto non ondati in generalità. Signifcativamente, il caso di valore illegittimopreso in considerazione in quelle pagine era quello eugenetico, in cui la messa tra parentesi

del principio della comune umanità – nel caso del nazismo, per esempio – supponeva la co-stituzione di due classi gerarcicamente ordinate di uomini, una classe di persone e una dinon-persone, non priva di contraddizioni interne, ce ne mettevano in discussione la stessapartizione: «come ar suonare il violino ad alcune non-persone ammettendo allo stesso tempoce suonare il violino appannaggio di persone?» (ivi, p. 106). Analogamente  in Id.,  La con-dition œtale, cit., p. 71, 56.

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venisse in qualce modo abbandonato, ricucito o superato? Dopotutto, abbastanza ciaro ce i problemi sollevati dalla distinzionetra esseri umani secondo la carne e secondo la parola sono almenopari a quelli ce consentirebbero di risolvere. Non soltanto perc,come sottolinea ance Boltansi, il riscio più immediato potrebbeessere quello di introdurre un’artifciosità eccessiva, se non un’eet-tiva orzatura nel processo di generazione (dato ce «le madri non sipongono, a ogni gravidanza, il problema di sapere se esse intendono,o meno, conermare l’essere ce portano in grembo oppure rifutar-lo. L’aborto non costantemente all’orizzonte della generazione»)16.Ma, soprattutto, in quanto difcile non pensare ce un dispositi-vo costruito intorno all’opposizione chair / parole non trascini con stutta una strumentazione concettuale, flosofca ed epistemologica,

in ondo riconducibile agli standard  metafsici della modernità e, inprimo luogo, alla rontiera uomo/animale (e al ruolo ce in essa gio-cano i temi del logos e del cogito), ce a sua volta rinvia al rapportosarx/ pneuma, di cui la relazione chiar / parole sembra costituire pale-semente un calco. Ance se la cosa più curiosa, in fn dei conti, ce Boltansi sembra non preoccuparsene. Nel cap. II la distinzio-ne viene introdotta in assenza di una vera e propria discussione, digiustifcazioni di sorta o comunque di una qualce orma di caute-

la. Così come non può non dar da pensare il atto ce, in questomodo, la sessualità si trovi collocata interamente sul lato della chair  (non almeno improbabile?). E neppure, dalla lettura del testo, sievince ce Boltansi intenda in qualce modo sumare la distinzio-ne in questione; tutt’altro. Alcuni passaggi sono abbastanza espliciti.Come il seguente.

In eetti, se tutti gli esseri generati in seguito a un rapporto sessuale – quali nesiano state le condizioni – andassero necessariamente a termine, nascessero e pren-

dessero posto nella società secondo un processo atale, allora tale acconsentimentoavrebbe un carattere di necessità ce lo contraddirebbe in quanto tale. Allo stes-so tempo, gli esseri generati non sarebbero attraversati dalla dierenza radicale tra laloro appartenenza all’umanità secondo la carne e la loro appartenenza all’umanitàsecondo la parola. Essi sarebbero così privati di questa proonda dualit che è costitu-tiva della loro umanit (dualità ce, maniesta a livello della modellizzazione in cuici troviamo qui, può e, senza dubbio, in un certo modo deve – come vedremo nel

16 L. Boltansi, La condition œtale, cit., p. 89, 72. Ciò ce tuttavia qui Boltansi trascu-ra di considerare – come sottolinea Try – un altro aspetto di questa relazione: non solo

ce le gravidanze volute mantengono uno stretto rapporto con gli aborti non voluti , tant’ cequesti due aspetti, nell’esperienza di molte donne, procedono afancati, ma ce, «in tutte lesocietà, le donne si sono basate sulla loro conoscenza di questo atto naturale, ce subiscono,per cercare di provocarlo in talune circostanze, qualce volta ance a riscio della propriavita». Cr. I. Try,  Avortement, engendrement et singularisation des êtres humains, in «Anna-les. histoire, Sciences Sociales», LXI-2, 2006, pp. 483-503, per questa cit. p. 497.

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capitolo successivo – essere attenuata o sumata per mezzo di arrangement iscrittinei dispositivi empirici, afnc nuovi esseri umani possano giungere a inscriversinel collettivo dei viventi e dei morti)17.

Se l’opposizione chiar / parole costituisce quella proonda dualità o

dierenza radicale ce attraversa gli esseri umani, per la quale ne vadella loro stessa humanitas (e ce l’esigenza di un’attenuazione, sulpiano empirico degli arrangement, lascia intatta se non ne evidenziaaddirittura il ruolo ciave), occorrerà allora cercare di capire meglio leragioni di questa insistenza. L’ipotesi ce intendo proporre ce taledistinzione sia direttamente riconducibile al patrimonio delle catego-rie onto-teologice della tradizione occidentale18; e ce, a partire daqueste caratteristice, inormi sia le scelte teorice sia i temi ce costi-

tuiscono l’intelaiatura del libro. Del resto, sufciente andare al cap.VII, in cui Boltansi elabora la sua lettura enomenologica della gene-razione riciamando la riessione di Micel henry sull’«autoaezionedella carne», per trovare un riciamo alle categorie neotestamentarie19.

Nell’intento di ornire qualce argomento a sostegno di questaciave interpretativa, utile a ciarire il ruolo svolto dalla distinzionechair / parole in  La condition œtale, vorrei allora provare a precisarematrice e signifcati della nozione di carne ripercorrendo sintetica-mente la riessione di Agamben sul tema della sarx in Paolo; per

poi valutarne via via alcune ricadute (e cortocircuiti) sull’impiantoteorico messo a punto da Boltansi.

3. Sarx/pneuma

Il uoco del commento alla  Lettera ai Romani  di Agamben20 e,più precisamente, delle dieci parole ce ne costituiscono l’incipit 

17 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 78, 62, corsivi miei.18 Del concetto eideggeriano di onto-teologia (cr. M. heidegger,  Identität und Dierenz,

Pullingen, Nese, 1957), in questo contesto, mi pare solo indispensabile evidenziare, sullascorta dell’interpretazione di G. Vattimo (Id.,  Dopo la cristianit. Per un cristianesimo non reli-

 gioso, Milano, Garzanti, 2002) due aspetti: 1) l’intreccio di storia dell’essere e storia della sal-vezza come elemento costitutivo della metafsica occidentale; 2) il darsi di un suo superamentosolo nella orma di una Verwindung, ossia di una ripresa, di un approondimento e di unadistorsione della stessa storia della metafsica. è in questa linea ce collocerei la ricostruzionedelle categorie di Paolo atta da Agamben, di cui si dirà tra poco.

19 Sulla connotazione religiosa della distinzione chair / parole e sui problemi ce essa solleva

sul piano della neutralità assiologica si vedano, rispettivamente, I. Try,  Avortement, engen-drement et singularisation,  cit., p. 488 e F. kec, Comment les oetus sont devenus visibles.

 Approches phénoménologique et structuraliste des contradictions biopolitiques, in «Annales. hi-stoire, Sciences Sociales», XVI-2, 2006, pp. 505-520, in part. p. 518.

20 G. Agamben,  Il tempo che resta.  Un commento alla Lettera ai Romani , Torino, BollatiBoringieri, 2000.

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(«Paolo sciavo del messia Gesù ciamato inviato separato per labuona notizia di Dio»)21, riguarda il messianismo (storicamente su-mato, espunto, cancellato) di Paolo. Per noi, l’aspetto più rilevante l’analisi delle conseguenze ce le categorie tradizionali del pen-siero, e innanzi tutto la coppia sarx/ pneuma, subiscono per eettodell’evento messianico.

Il complesso e controverso rapporto di Paolo con la legge piùce noto. A scanso di equivoci, tuttavia necessario precisare ceciò ce il messianismo rende urgente, secondo questa lettura, non una sorta di «fne della legge». Ciò comporta ce il nesso tra ilconcetto di carne-sarx e il pensiero liberale, ce a da flo rosso allanostra discussione, non sarà esplorato individuando nelle categorieneo-testamentarie una sorta di liberalismo ante litteram, come alcuni

studi sembrano suggerire22. Se, in eetti, in Paolo, l’istanza messia-nica svolge un ruolo decisivo nella trasormazione di tutte le cate-gorie, e soprattutto di quelle giuridico-attuali, costitutive delle divi-sioni tra esseri umani (ebreo/non ebreo, circonciso/non circonciso,libero/sciavo, uomo/donna), occorre tuttavia sottolineare, sulla basedell’interpretazione di Agamben, ce esse non vengono semplice-mente abolite, bensì sottoposte a un più radicale processo di muta-zione e revocazione.

Per comprenderne la dinamica, dobbiamo andare all’incipit della Lettera, in cui Paolo si defnisce sciavo, ciamato, inviato, separa-to. Riducendo all’osso il ragionamento di Agamben, mi sembra ce

21 Per le citazioni dal Nuovo Testamento, la traduzione utilizzata sarà sempre quella diAgamben ce, oltre a essere spesso illuminante, inscindibile dalla sua argomentazione (Id.,

 Appendice). L’intero saggio attraversato da uno stretto conronto tra il messianismo di Paoloe quello di Benjamin, ce colloca il commento di Agamben al centro di numerose questioniflosofco-politice, di cui non possibile qui rendere conto. Per un inquadramento di Paolonel pensiero contemporaneo, si veda il numero monografco di «Esprit», AA.VV.,  L’événement

 Saint Paul: jui, grec, romain, chrétien, in «Esprit», 2, 2005 (numero monografco con testi diStan. Breton, M. Fœssel, P. Ricoeur, J.-C. Monod).

22 In questo senso, pur soermando l’attenzione sul medesimo rapporto, risultano pococonvincenti, ma soprattutto a riscio di raintendimento, sia l’ipotesi secondo la quale il rap-porto di Paolo con la legge anticiperebbe il soggetto autonomo e privo di costrizioni (conl’eccezione di quelle derivanti dal «libero gioco dei contratti») presupposto dal liberalismo,come riproposto recentemente da A. Supiot (Id., Homo juridicus. Essai sur la onction anthro-

 pologique du Droit, 2005, trad. it., Homo juridicus. Saggio sulla unzione antropologica del dirit-to, Milano, Bruno Mondadori, 2006, pp. 78-79 e p. 50), sia quella per cui esso veicolerebbeun’istanza a avore del superamento di ogni dierenza, oggi rintracciabile in una cultura poli-tica inormata da una benevolente o «tollerante indierenza alle dierenze», come ipotizzato

da A. Badiou (id.,  Saint Paul. La ondation de l’universalisme, 1997, trad. it.,  San Paolo. La ondazione dell’universalismo, Napoli, Cronopio, 1999, p. 153). Per un inquadramento di que-sti temi e, in particolare, delle trasormazioni del principio di terzietà e del tessuto normativonelle società del capitalismo maturo cr. O. de Leonardis, Nuovi confitti a Flatlandia: la crisi del principio di terziet e le libert politiche, seminari del Dipartimento di Sociologia e RicercaSociale, Università di Milano-Bicocca, 5.4.2006, paper.

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i passaggi essenziali per comprendere la posizione di Paolo nei con-ronti della legge (e quindi della carne, quale criterio di costituzio-ne delle dierenze) siano tre, e ruotino intorno ad altrettanti terministrategici: doulos, Kletós, apho ¯ risménos. In termini molto scematici.

1) Nei testi di Paolo, l’espressione Paulus doulos, ossia servo,sciavo del messia, a una specifca valenza giuridica, come risul-ta dai numerosi passi in cui doulos opposto a eleútheros, libero.Come sottolinea Agamben, sebbene essa designi la nuova condizionedi Paolo «nel momento in cui la ciamata lo a costituito da uomolibero a “sciavo del messia”»23, allo stesso tempo, costituisce unaparticolare ormula, ce prefgura la trasormazione ce tutte le cate-gorie giuridice subiscono per eetto della venuta del messia.

2)  Kl¯ esis, la ciamata di Dio, il secondo termine ondamentale.

Per coloro ce sono ciamati, le conseguenze sono quelle specifcedella logica messianica, descritte in  I Cor . 7, 17-2224. Ma kl¯ esis an-ce una delle parole più inuenti della storia delle scienze sociali: inatti il termine ce Lutero tradurrà con  Beru  (vocazione-pro-essione), e a cui Weber attribuirà un ruolo strategico nella genesidel capitalismo. Ce cosa comporta tale kl¯ esis, sul piano delle classi,ossia delle partizioni ondamentali tra esseri umani? A prima vista,un generale processo di destituzione e svuotamento della condizione

di ognuno. Tale revoca, tuttavia, non esaurisce gli eetti messiani-ci, e neppure ne costituisce una orma più autentica. Essa invecequalcosa ce «lavora e scava all’interno», nella orma del compara-tivo negativo ho ¯ s m¯ e, «come non», di  I Cor . 7, 29-3225. Il come non di Paolo allora qualcosa ce, senza annullare le dierenze, defni-sce un particolare rapporto tra concetti, «un tensore di tipo speciale,ce non tende il campo semantico di un concetto in direzione di unaltro concetto, ma lo mette in tensione con se stesso nella orma delcome non: piangenti come non piangenti»26.

23 G. Agamben,  Il tempo che resta, cit., p. 18.24 «Per il resto, a ciascuno come il signore a dato in sorte, ciascuno come Dio a ciama-

to, così cammini. Così dispongo in tutte le comunità. Uno stato ciamato circonciso? Cenon si tiri il prepuzio. Uno stato ciamato col prepuzio? Ce non si accia circoncidere!La circoncisione nulla e il prepuzio nulla […]. Ciascuno rimanga nella ciamata in cui uciamato. Sei stato ciamato sciavo? Non preoccupartene. Ma se ance puoi diventare libero,piuttosto a’ uso (chre ¯ sis). Ci stato ciamato sciavo nel signore, un liberto del signore.Allo stesso modo, ci stato ciamato libero, sciavo del messia» (ivi,  Appendice).

25 «Questo poi dico, ratelli, il tempo si contratto; il resto afnc gli aventi donna

come non (ho ¯ s me ¯) aventi siano e i piangenti come non piangenti e gli aventi gioia come nonaventi gioia e i compranti come non possedenti e gli usanti il mondo come non abusanti. Pas-sa inatti la fgura di questo mondo. Voglio ce siate senza cura» ( ibidem). Sul come non cr.ance G. Vattimo,  Dopo la cristianit, cit., pp. 129 ss.

26 G. Agamben,  Il tempo che resta, cit., p. 30. La discussione di Agamben sul rapporto ceintercorre tra le nozioni di kle ¯ sis,  Beru e classe di particolare interesse. In questo contesto, mi

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A ben vedere, i termini-ciave del vocabolario messianico di Pao-lo ci portano dunque nelle immediate vicinanze dei temi ce guida-no la riessione de  La condition œtale,  ossia quelli della sciavitù,della classifcazione degli esseri e, soprattutto, delle partizioni con-cettuali ondamentali, carne/parola in primis. è inatti a quest’ultimace spetta il compito di mettere in discussione le distinzioni metaf-sice operate dalla legge.

Tutto il corpo a corpo di Paolo con la legge, non soltanto nella  Lettera ai Ro-mani , , inatti, scandito da una serie di divisioni, ra le quali quella sarx/ pneuma,«carne/sofo», occupa una posizione decisiva. Qual il senso e la unzione strategi-ca di questa divisione ce Paolo a agire contro le partizioni nomistice27?

3) La questione ruota intorno alla parola apho ¯ risménos, separato,ariseo. In eetti, Paolo appartiene alla setta dei arisei ce, seppurelaici, seguono un ideale sacerdotale della legge: essi sono dunque se-parati, non solo dai pagani, ma dagli stessi Ebrei. Ora, non difcilenotare il cortocircuito ce questa defnizione autobiografca di Paoloprovoca in relazione al problema dell’universalismo, e al superamen-to della divisione tra Ebrei e non-Ebrei, quale elemento portante delsuo pensiero. Tuttavia, se inteso come un termine proprio del voca-bolario messianico, apho ¯ risménos designa piuttosto la nuova condi-

zione determinata dalla venuta del messia (ce coincide con una se-parazione, per così dire, di secondo livello, interna alla precedente),e, principalmente, con l’abolizione del muro della separazione, quella«“legge dei comandamenti”, ondata sulla carne, ce aveva divisogli uomini in “prepuzio” e “circoncisione”»28. Ed esattamente inquesto modo, introducendo una distinzione di secondo livello, cePaolo prende defnitivamente le distanze dalle partizioni metafsice,rendendole inoperanti.

Vediamo come. In base alla legge dei comandamenti, il criteriocirconcisione/prepuzio permette di dierenziare, all’interno di unamedesima classe di equivalenza – l’universale U  (l’insieme degli es-seri umani) – due sottoinsiemi, a e b, a e non-a, Ebrei e non-Ebrei,come tali esaustivi. Ce cosa succede se, invece – come a Paolo, se-

preme solo evidenziare l’ipotesi di una matrice messianica della nozione marxiana di classe e, in-sieme, il suo eetto di destituzione della proprietà a avore del semplice uso (chre ¯ sis). Sempre inquesto senso, il come non di Paolo presenterebbe qualce analogia con la  ctio legis, un istituto

del diritto romano: ance se la condizione giuridico-attizia non verrebbe negata a vantaggio di«diversi o addirittura opposti eetti legali», ma «ripresa e trasposta in una zona ce non ndi atto n di diritto», ce «si sottrae alla legge come luogo di una pura prassi, di un sempliceuso» (ivi, pp. 32 e 35). Sulla  ctio legis ance L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 68, 53.

27 G. Agamben,  Il tempo che resta, cit., p. 49.28  Ibidem.

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condo l’epistemologia messianica –, si «divid[ono] le divisioni trac-ciate dalla legge»29? Il sottoinsieme Ebrei si dividerà a sua volta inEbrei secondo la carne e in Ebrei secondo il sofo, e, la stessa cosa,da un punto di vista logico, si potrà evidentemente are per il sot-toinsieme non-Ebrei (cr. fg. 2).

L’eetto-vertigine provocato da questa operazione (la divisione del-la divisione), spiega Agamben, immediato: la partizione Ebrei/non-Ebrei perde sia in ciarezza, sia in esaustività: «poic vi saranno degliEbrei ce non sono Ebrei, e dei non-Ebrei ce non sono non-Ebrei»,con due conseguenze molto importanti. La prima ce ciascuna delledue classi contiene ora un resto, in quanto, oltre all’«opposizione A/non-A, ammette un terzo, ce a la orma della doppia negazione nonnon-A»30; la seconda ce ogni classe, ogni kl¯ esis, diventa un non-

tutto, con il risultato ce l’universale U  non evidentemente più ununiversale. La logica messianica, mettendo in discussione il principiodel tertium non datur , disattiva dunque le partizioni metafsice nellaorma del come non, e impedisce all’ebreo e al greco

di coincidere con se stessi. La vocazione messianica separa [inatti] ogni kl¯ esis da sestessa, la mette in tensione con se stessa, senza ornirle un’identità ulteriore: ebreocome non ebreo, greco come non greco31.

Se le cose stanno così e, in eetti, l’opposizione sarx/ pneumasvolge un ruolo strategico di decostruzione – nel pensiero di Pao-lo – delle partizioni metafsice, senza ce esse vengano tuttavian abolite n superate (ma occorrerà capire fno a ce punto valgaper Boltansi), allora probabile ce l’analisi della unzione svoltadalla distinzione carne/parola nel dispositivo della generazione pos-sa orientarsi diversamente. Quanto alla plausibilità di stabilire unaconnessione tra l’epistemologia messianica e l’impianto concettuale

di  La condition œtale mi sembra interessante sottolineare un passo,ce si trova all’inizio del cap. II, in cui Boltansi aronta il proble-ma dell’individuazione di «una dierenza suscettibile di qualifcaregli esseri umani in quanto tali»32:

Se essa non passa n tra il regno umano e il regno della natura, n tra classi diumani gerarcizzate (tra più umani e meno umani), dove passa la dierenza ce co-stituisce gli umani? Noi diremo ce essa passa all’interno di ciascun essere umano33.

29  Ibidem.30  Ibidem.31 Ivi, p. 55.32 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 62, 48.33 Ivi, p. 63, 48-49, corsivo mio.

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4. Tra bíos e polis. Una generazione «senza resto»?

In ce modo queste considerazioni ci aiutano ad approondirel’ipotesi ce abbiamo preso a prestito da Fœssel, secondo cui «lacritica di Boltansi a di mira le rappresentazioni liberali»34? Daquale punto di vista la riessione di Paolo sui temi dell’universali-smo, della legge e della carne pertinente con i problemi arontatida  La condition œtale?

Per rispondere a queste domande, può essere utile qualce pre-cisazione. In discussione non inatti solo in quali termini la criticaal liberalismo costituisca uno degli obiettivi principali della ricercadi Boltansi sull’aborto, ma ance se questa critica, per ragioni ceanno a ce vedere con l’impianto del libro e, non da ultimo, con

alcuni temi e concetti ce sono in relazione con quelli di Paolo, asua volta, non attinga e tragga spunto dallo stesso pensiero liberale,o comunque da alcuni suoi presupposti. In altri termini, se non siverifci una sorta di cortocircuito tra obiettivi critici e strumenti te-orici impiegati per perseguirli, di cui la riessione sulla carne sareb-be la cartina al tornasole.

Per iniziare a fssare qualce punto, propongo di ripartire dallanozione di resto35 ce, come abbiamo visto, al centro del lavoro

decostruttivo di Paolo, e su cui si concentra ance l’attenzione diBoltansi.In un certo senso, il problema del resto, degli esseri umani ce

potremmo defnire, sulla scorta del contributo di Agamben, non non-umani  – umani secondo la carne, ma non secondo la parola –, an-ce quello della generazione e dell’aborto (cr. fg. 3)36. Com’ emersodall’analisi ormale, grammaticale, la generazione non un processoce, per così dire, vada da s: non ogni essere generato nasce ed entraa ar parte del collettivo umano. Paradossalmente, la possibilità di un

resto, o di uno scarto (l’aborto), allora indispensabile afnc la ge-nerazione garantisca l’umanità di coloro ce vengono a iscriversi nellasocietà; per questa stessa ragione, un semplice acconsentimento, nel-la orma di una mera passività della «carne», non sarebbe sufcien-te a arne degli esseri propriamente umani 37. Questo dato (costante,generale), ce Boltansi riconduce alle esigenze contraddittorie ce

34 M. Fœssel,  La chair et le social , cit., p. 83.35 Sul tema teologico-politico del «resto di Israele» in Paolo e nell’Antico Testamento si

veda G. Agamben,  Il tempo che resta, cit., pp. 55-59; sul rapporto generazione/resto in Bol-tansi la riessione più puntuale si trova invece in B. karsenti,  Arranger l’injustiable, cit.

36 Un esplicito rierimento a come tali esseri sfdino il principio di non contraddizione sitrova in F. kec, Comment les œtus sont devenus visibles, cit., p.  520.

37 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 290, 249.

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presiedono alla generazione, trova riscontro nell’esperienza storicae sociale, e a il suo punto di partenza nella sasatura ce intercor-re tra sessualità e generazione. Per comporre questo scarto, così comequello tra sessualità e parentela, i collettivi umani anno tradizional-mente approntato dispositivi sociali (o arrangement)38 allo scopo diarontare, gestire e codifcare l’articolazione di tali dimensioni. Mal’aspetto più interessante, ce occorre sottolineare, ce essi an-no avuto la unzione di aggirare, e se possibile evitare, ce si pones-se la questione di un resto della generazione. Come spiega Boltansi,

in eetti, l’articolazione di queste due dimensioni molto complicata, quale ce siail modello di società. La sessualità non mai del tutto controllabile, n costante-mente agganciata alla generazione. Di conseguenza, si pone invariabilmente il pro-blema di «ciò ce resta», di tutte le nascite non conermate. Esistono modelli die-renti di arrangement. Il modello più risolutivo l’arrangement con il Creatore: ogniessere generato secondo la carne già conermato. Nell’arrangement con la paren-tela la legittimità ancestrale ce costituisce il punto centrale. Nell’arrangement conlo Stato, ce non mai stato completamente realizzato (e ce comporterebbe unacombinazione tra Maltus e l’eugenetica), invece l’utilità a essere centrale39.

Osservati da questo punto di vista, i dispositivi ce defnisconoil rapporto tra sessualità e generazione si presentano come quadripredefniti di legittimità e giustifcazione, nonc come un insieme

di procedure di evitamento40, il cui scopo di attenuare le contrad-dizioni. All’interno di ciascun arrangement, gli esseri generati sonocosì nella maggior parte dei casi «adottati» e socialmente conermati(Boltansi parla inatti di  preconerma41), pur essendo tollerata unacerta percentuale di pratice abortive, inanticidi e abbandoni, cetuttavia rimane relegata a margine dello spazio pubblico ed esclusadal novero delle legittimazioni condivise. Ciò comporta ce il pro-blema della generazione e del suo «resto», mantenuto in questo cono

d’ombra (come un «segreto di Pulcinella»42

), oltre a non assumerela orma di una contraddizione sociale altrimenti insostenibile, nonricada direttamente sui singoli individui, e soprattutto sulle donne;

38  Arrangement un termine ce Boltansi prende a prestito da un articolo di Gomandel 1977, The arrangement between the sexes (per un’edizione recente, in rancese, si veda Id.,

 L’arrangement des sexes, Paris, La Dispute, 2002); su questo punto cr. B. karsenti,  Arranger l’injustiable, cit., p. 322. Vale orse la pena sottolineare come in inglese e in rancese (nelcalco italiano in modo meno immediato), nella sua accezione giuridica, esso designi una situa-

zione in cui un conitto o una controversia vengono discussi di ronte a un’autorità terza.39 M. Fœssel, M.-O. Padis, a cura di, Contraintes et expériences de l’engendrement. Entre-tien avec Luc Boltanski , in «Esprit», 1, 2005, pp. 86-93, per questa cit. p. 88.

40 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 15, 7.41 Ivi, p. 90, 73.42 Ivi, p. 32, 21.

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ce, anzi, risultano in un certo senso spossessate dal loro potere diconerma e trasmissione dell’umanità, essendo predominante il ruolosvolto dalle istanze sovraindividuali.

Come viene invece gestita la questione del resto nel quadro libe-rale? Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, come sostieneBoltansi, la depenalizzazione (e/o la legalizzazione) dell’aborto nona risolto il problema. Ciò ce nell’arrangement con il progetto geni-toriale si tratterebbe di tenere uori dal campo di visibilità e ricono-scimento in cui l’aborto a atto ingresso, sulla spinta dei movimentidi rivendicazione dei diritti delle donne degli anni Sessanta e Settan-ta, la possibilità di non conermare gli esseri «non progettati». Inuna cultura in cui l’inanticidio, l’abbandono, così come la mancanzadi cura nei conronti dei nuovi nati, sono divenuti oggetto di ripro-

vazione diusa43, sono inatti questi ultimi, i nuovi esseri non non-umani, resi nel rattempo visibili dalle tecnice diagnostice comenuovi «soggetti» sociali, a evidenziare le contraddizioni della produ-zione di nuovi esseri umani nell’epoca del liberalismo.

D’altra parte, ance nel quadro liberale, l’ideale di una generazio-ne senza resto non mai del tutto venuto meno. Basti pensare cenel vocabolario dei movimenti emministi l’aborto era consideratouna pratica marginale, residuale, data la progressiva diusione delle

tecnice contraccettive, da inquadrarsi, in ogni caso, come una scel-ta autonoma e responsabile delle donne in un più ampio processodi liberazione e riappropriazione di s. Tuttavia, se osserviamo cecosa successo negli ultimi trent’anni, la situazione non quella cealcune premesse lasciavano supporre. Anzic un aspetto residualedella generazione, l’aborto si rivelato una pratica unzionale, e per-sino centrale, dell’arrangement dominato dall’istanza del progetto: sianel caso in cui tale progetto venga spostato nel tempo, «distinguen-do tra un progetto attuale, non realizzabile, e un progetto dierito, a

cui si darà corpo in uturo»; sia ce si «metta [l’aborto] in conto aun progetto – come si usa dire – abortito, in quanto la convergenzadi intenzioni necessaria, perc osse dotato di una base autonoma eduratura, non a potuto realizzarsi»44. A ciò si aggiunga ce la depe-nalizzazione, pur costituendo un passaggio decisivo in un percorso diprogressiva messa in visibilità e riconoscimento pubblico dell’aborto,così come di altre materie sociali45, difcilmente può essere iscritta

43 Ivi, p. 143, 120-121.44 Ivi, p. 148, 125.45 Cr. L. Biulco, O. de Leonardis,  Sulle tracce dell’azione pubblica, in Le politiche sociali.

Temi e prospettive emergenti , a cura di L. Biulco, Roma, Carocci, 2005, pp. 193-221, in part.pp. 196-200.

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nella prospettiva liberale della realizzazione di un individuo autono-mo, a cui spetta la piena disponibilità del proprio corpo. Non ossealtro perc, come osserva karsenti, i precedenti arrangement (seb-bene meno inuenti) non sono certo scomparsi e, in particolare,

per ciò ce riguarda l’arrangement con lo Stato, tributario dell’apparizione della or-ma «società» opponibile alla amiglia e alla Ciesa, si può ance dire ce statorimesso in campo esplicitamente, a partire dalla constatazione ce la depenalizza-zione non per nulla una privatizzazione, e ce un controllo molto stretto pesasulla pratica autorizzata. Ma esso non ornisce lo stesso sostegno di quando ci siponeva nell’ottica della generazione senza resto. Più esattamente, ammettendo pub-blicamente e legalmente che c’è un resto, ce ogni essere generato non ipso acto destinato a nascere, si posto sulla scena ciò ce si era tenuto dietro le quinte. E,su questa stessa scena, la donna compare ormai sola, con tra le mani una decisioneda prendere46.

 Non deve dunque stupire ce l’aborto rimanga al centro di di-

scussioni spesso aspre e conittuali. è vero, per un verso, come so-stiene Boltansi, ce la tendenza a arne un mero problema di ca-rattere medico, ce a atto seguito alla depenalizzazione (privandotra l’altro le donne di quei «supporti» collettivi all’individuazionee alla generazione su cui in precedenza potevano contare), tendeoggi a cancellarne le tracce e a riprivatizzarlo, acendolo rientrare

nell’ombra47

. Per un altro, ciò ce invece emerso in piena luce il allimento dell’arrangement liberale nel risolvere le contraddizionidella generazione e, soprattutto, nel ar ronte al decit di giustif-cazione ce attiene alla natura tragica dell’aborto, come si evidenziadalla difcoltà di ondare la distinzione tra eti autentici  (umani) etumorali  (non-umani) sul solo criterio della conormità al progettogenitoriale.

Ora, questa analisi, ce Boltansi sviluppa lungo il flo del resto esintetizza nella ormula di una «legalizzazione senza legittimazione»48,pur svolgendo un ruolo ciave sia nel mostrare gli aspetti irrisoltidel rapporto generazione/aborto nel quadro liberale, sia nel saldareteoricamente i vincoli grammaticali con i dispositivi sociali di produ-zione di nuovi esseri umani, lascia aperte alcune questioni. Ne elen-co tre, di tipo diverso.

1) Dell’opzione «avalutativa» ce caratterizza  La condition œtale si detto fn dall’inizio; così come non vi sono dubbi ce per Bol-

tansi «esistano numerose ragioni (di ordine etico tanto quanto prag-

46 B. karsenti,  Arranger l’injustiable, cit., p. 333.47 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 312, 270.48 Ivi, p. 259, 223.

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matico) ce “giustifcano” il diritto ad abortire»49. Ciò nonostante,sebbene il riscio ce la tesi secondo cui l’aborto non è legittimabi-l e 50 si presti a orientamenti politici e culturali volti a una sua delegit-timazione non possa essere messo in conto al lavoro di ricerca, allostesso tempo, esso non sembra adeguatamente contrastato dal puntodi vista teorico.

Non solo perc, in nome di un’oggettività di stampo weberiano,nel libro non si trovano esplicite prese di distanza al riguardo: an-ce se si potrebbe ricordare come, per Weber, da un approccio ditipo scientifco «non ne discende in alcun modo ce i giudizi di va-lore, in quanto essi si basano in ultima istanza su determinati idealie sono perciò di origine “soggettiva”, siano sottratti alla discussionescientifca in generale» 51. Ma soprattutto in quanto l’argomentazio-

ne di Boltansi, in alcuni passaggi, dà l’impressione di sottovaluta-re quell’importante patrimonio di esperienze, vocabolari e riessivitàacquisito su questo tema dagli attori sociali (e dalle donne, in primoluogo), ce a tutt’uno con l’assunzione della sua dimensione politicae pubblica. Basti pensare al capitolo destinato alla discussione sullegiustifcazioni dell’aborto, in cui le posizioni emministe svolgono indefnitiva un ruolo piuttosto marginale. Con il risultato ce princi-pi come quelli dell’autodeterminazione e della responsabilità, ondati

«sul riconoscimento di una soggettività morale emminile imperniatasulla relazione, sulla potenzialità dell’esperienza di essere contempo-raneamente una e due, su una riappropriazione del corpo sessuatoe potenzialmente econdo» 52, siano scarsamente impegnati sul ver-sante di un rinorzo della legittimità e di una regolazione «leggera»dell’aborto. Al punto ce, la stessa insistenza sul tema della rimo-zione e della cancellazione dell’aborto dalla scena pubblica, su cuiconverge la parte conclusiva del libro, sembra accreditare l’ipotesidella possibilità di un rapido, quanto improbabile, dissolvimento di

questo patrimonio collettivo.

2) Soermare l’attenzione su quest’ultimo aspetto, ossia sugli ar-rangement come dispositivi sociali di rimozione e transert delle con-traddizioni ce presiedono alla produzione di nuovi esseri umani,

49 M. Fœssel,  La chair et le social , cit., p. 82. 50 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 316, 274. 51 M. Weber,  Die «Objektivität» sozialwissenschatlicher und sozialpolitischer Erkenntnis,

1904, trad. it.,  L’«oggettivit» conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale, in  Saggi sul metodo delle scienze storico-sociali , a cura di P. Rossi, Torino, Edizioni di Comunità, 2001, pp.147-208, per questa cit. p. 151.

 52 T. Pitc, Un diritto per due. La costruzione giuridica di genere, sesso e sessualit , Milano,Il Saggiatore, 1998, p. 93.

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può essere interessante ance per un’altra ragione. Interrogandosisui risci di uno scenario caratterizzato dalla cancellazione dell’abor-to, quello ce Boltansi non dice ce esso comporterebbe la scom-parsa della contraddizione. Le due cose, evidentemente, non coinci-dono.

Ce ne , allora, nell’arrangement centrato sul progetto, della con-traddizione dell’aborto? Per trovare una risposta a questa domandaoccorre andare al cap. VII. è inatti l’analisi enomenologica, attra-verso la quale Boltansi mette sotto osservazione il modo in cui ledonne (in prima persona, nella propria «carne») vivono e raccontanol’esperienza dell’aborto, a ornire un’indicazione piuttosto precisa ditale transert: ciò ce emerge in quelle pagine, inatti, ce la donnaè il soggetto sociale che «incarna» le contraddizioni del dispositivo li-

berale della generazione 53. Ora, se quello ce dice Boltansi grossomodo sintetizzabile in questi termini, ciò signifca, non solo ce sulledonne si concentra oggi tutto il peso della generazione e dei suoiaspetti irrisolti, ma ance, più essenzialmente, ce tale contraddizio-ne «sarebbe reperibile nel  loro corpo» 54, inteso come ricettacolo, nu-trice, e dunque come chôra 55. In questo senso, la enomenologia delcorpo-chôra, ce Boltansi contrappone al corpo-topos del pensieroliberale, costituisce un punto di osservazione privilegiato per valuta-

re il nesso ce intercorre tra il tema di carne e l’analisi del libera-lismo. Senza contare ce, in questa prospettiva, risulterebbe ancepiù ciaro e ondato il rapporto tra analisi grammaticale e analisienomenologica, i cui punti di coincidenza, più ce avere del «mi-racoloso» – come annota Fœssel 56 –, trarrebbero origine dal nucleostesso dell’arrangement con il progetto.

3) La terza questione riguarda l’universalismo (esplicito, ma an-ce latente) di Boltansi, ce rimanda sia al problema del resto sia

a quello del liberalismo. Sull’intrecciarsi di questi temi (ancora unavolta, quelli di Paolo) occorrerà evidentemente tornare, ma qualcosasi può dire già ora.

Il problema del resto, in  La condition œtale, non attiene solo alladiscussione sull’aborto, ma ance agli obiettivi e all’epistemologiadella ricerca. L’intento di Boltansi , inatti, da un lato, di indivi-duare «una logica suscettibile di integrare [i atti, in un modello] in

 53 M. Fœssel,  La chair et le social , cit., p. 83; F. kec, Comment les oetus sont devenusvisibles, cit., p. 514.

 54 La citazione qui una orzatura (si veda il contesto da cui stata estrapolata). Il senso,però, mi sembra lo stesso.

 55 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 270, 231. 56 M. Fœssel,  La chair et le social , cit., p. 85.

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modo intelligibile e senza resto» 57; dall’altro, di superare la divisio-ne tra le discipline ce si occupano della natura (studiandone i ca-ratteri invarianti, universali) e quelle ce si occupano della cultura,a cui spetta, di solito – e più semplicemente –, di «are l’inventa-rio del resto» 58. Il capovolgimento di prospettiva ce qui registria-mo sulla questione del resto, nel passaggio dall’oggetto alla teoria, sintomatico dell’impostazione levi-straussiana ce, combinata conl’apporto della linguistica, e del programma generativista di Com-sy, orienta signifcativamente la prima parte del libro 59. Se teniamotuttavia conto del percorso atto, il quadro teorico ce sembravaare da sondo all’approccio grammaticale non solo mutato, mapresenta alcuni elementi contrastanti. Perdendo le caratteristice diuna coppia concettuale neutra, la distinzione carne/parola sembra

inatti aver depotenziato, o comunque ridimensionato, alcuni aspet-ti dell’impianto strutturalista di Boltansi, innanzi tutto il ricorso avincoli di carattere universale. Allo stesso tempo, ricondotta alla suamatrice ontologica, tale distinzione non solo a profcuamente persocerti tratti di rigidità iniziali, ma a continuato a svolgere un ruolociave nell’articolare il campo dei temi e dei problemi propri di unasociologia della generazione. Dovremmo allora concludere ce, sot-traendo terreno all’individuazione di caratteri invarianti e universali

della generazione, il percorso di Boltansi guadagni in ciarezza elinearità, risultando in defnitiva più incisivo? Questa strada riciedeprobabilmente di essere esplorata: ance perc, seppure in modoindiretto, essa ciama in causa il rapporto di Boltansi con il pensie-ro liberale; almeno se si ammette ce il soggetto astratto e universaledella teoria liberale dei diritti, su cui si converge lo sorzo critico del

 57 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 16, 7. 58 Ivi, p. 25, 15. 59 Sull’universale degli invarianti di Levi-Strauss, ripreso da Boltansi, cr. I. Try,  Avor-

tement, engendrement et singularisation des êtres humains, cit., pp. 499 ss. Ance la lingui-stica di Comsy, volta all’evidenziazione di una grammatica proonda, ossia di un sistemaorganico di regole a cui ricondurre gli aspetti morologici e onologici delle lingue storice,svolge un ruolo importante a questo riguardo. è inatti in analogia a tale impostazione ceBoltansi defnisce il rapporto tra grammatica e arrangement. Riacendosi a riormulazionicritice della teoria generativa standard , ce anno evidenziato la presenza di regole univer-sali spesso incompatibili, Boltansi individua un modello interpretativo ce, anzic esclu-dere le contraddizioni, spiega come esse assumano la orma di compromessi nelle lingue

particolari, oppure permangano all’interno del sistema come stati di tensione, se non comeconitti aperti. Il ce implica ce «nessuna soluzione pienamente soddisacente: “comenelle metaore di Freud, le costrizioni scartate bussano alla porta della stanza da cui le si escluse”, così ce “in ogni grammatica c’ un attore d’instabilità”» (Id.,  La condition œta-le, cit., p. 348, 290). Lo stesso varrebbe, in sostanza, ance per le regole ce presiedono allagenerazione.

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libro, possa avere qualcosa a ce are con gli aspetti della ricerca ap-pena evidenziati60.

Nella logica delle considerazioni atte, la discussione si sposta dinuovo sul piano della carne, dell’esperienza della carne durante lagravidanza. La domanda : qual l’antropologia della «carne» ce,con l’introduzione del concetto platonico di chôra, Boltansi con-trappone a quella liberale?

 5. Carne come chôra

Come si visto, al centro della riessione di Boltansi si trova lamessa a uoco del paradosso della generazione. In sintesi: a) senza

resto non si dà umanizzazione; b) il resto non giustifcabile.Questo paradosso, ce evidenzia la presenza di una tensione (allostesso tempo, irrisolta e costitutiva) all’interno del processo socialedella generazione, non venuto meno n con il riconoscimento pub-blico dell’aborto, n con i tentativi di giustifcazione di impronta li-berale ce, riciamando l’argomento lociano della proprietà di s(e della  privacy), oppure quello della libertà61, anno fnito per inter-pretare

lo stato della gravidanza nei termini di un conitto, nel quale i rispettivi diritti dellamadre e del eto sono messi sulla bilancia, con l’intento di opporli, gerarcizzarli ostabilire tra loro un arbitraggio62.

Ciò ce a innanzi tutto dietto a tali concezioni, secondo Bol-tansi, un dato antropologico di ondo, vale a dire ce la genera-zione, così come l’aborto, «non coinvolge solo il corpo della donna,ma ance un altro corpo embricato in lei»63; come viceversa emerge

in modo consapevole dai racconti delle persone intervistate nel cor-so della ricerca (indipendentemente dal atto ce abbiano portato atermine o meno la gravidanza).

Ce in una ricerca sulla generazione e sull’aborto non si parliquasi mai del corpo, e molto poco ance della sessualità, di per s

60 Nonostante Boltansi diciari: «Nell’ambito della sociologia “benpensante”, quando vo-glio are imbestialire la gente diciaro di essere universalista. E subito tutti pensano ce io siaun reazionario», cr. T. Vitale, a cura di, Una sociologia politica e morale delle contraddizioni.

 Intervista con Luc Boltanski ,  in «Rassegna italiana di Sociologia», 1, 2006, pp. 91-116, per que-sta cit. p. 102.

61 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., pp. 232 ss., pp. 199 ss.; T. Pitc, Un diritto per due, cit., pp. 85 ss.

62 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 262, 225.63 Ivi, p. 234, 201.

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indicativo. A maggior ragione, occorre cercare di capire in ce modonell’indagine enomenologica, il cui oggetto l’esperienza ce i sog-getti anno in prima persona («in carne e ossa» si potrebbe dire), siainvece messa a tema, e discussa, la questione del corpo.

Il tentativo di Boltansi sembra inatti duplice: da una parte, evi-denziare la concezione antropologica sottointesa al liberalismo, cosìcome alle riessioni sull’aborto ce sono maturate all’interno di talequadro politico; dall’altra, individuare un concetto di corpo, e disoggettività, in grado di rendere conto della particolare esperienzadella gravidanza, in cui le dimensioni dell’uno e del due, dell’identitàe dell’alterità, dell’autonomia e della dipendenza, tendono in qualcemodo a sovrapporsi, implicandosi a vicenda. L’innesto della nozionedi chôra su quella di chair , ce Boltansi attua a questo scopo, costi-

tuisce il punto nodale del ragionamento.Quello ce in questo modo Boltansi vuole mettere in discussio-ne una certa concezione della corporeità e della spazialità (la resextensa cartesiana), in base alla quale, nella gravidanza, la donna e ileto costituirebbero due soggetti distinti, separati, e potenzialmentein conitto, quasi a prescindere dalla condizione dell’essere intima-mente l’uno dentro l’altra ce li caratterizza.

Con l’introduzione dell’idea di corpo-chôra (ce del concetto

platonico riprende, in termini metaorici, sia l’immagine della ma-dre-nutrice, sia il carattere di luogo, o «contrada», sottolineandoneil duplice aspetto di contenente-contenuto), Boltansi può meglioanalizzare, e supportare dal punto di vista categoriale, le risultanzeprovenienti dalle interviste raccolte nel corso dell’indagine empirica,ance in vista di una loro generalizzazione. A dierenza di quantoavviene in alcuni tentativi di giustifcazione ce anno «assimilato ilcorpo della madre a una casa (protetta dal diritto alla vita privata o,se si vuole, nel linguaggio di Loce, alla proprietà di s), nel quale

un intruso arebbe irruzione ciedendo di essere “accolto, riparatoe nutrito”»64, considerato come chôra, il corpo della gravidanza, an-zic un mero contenitore, diventa un luogo di relazioni, dinamicoe complesso, irriducibile alla soggettività dell’io e alla sua volontàdi rappresentazione e progettazione. Più precisamente, nei terminidi una enomenologia della vita (e della nascita), ce Boltansi ri-prende da henry, ciò comporta ce in nessun caso il generarsi dellavita sia qualcosa di oggettivabile, neppure da parte della donna ce

l’ingloba e dalla cui «carne» indissociabile. In quanto «autoaezio-ne», il venire all’essere del vivente si dà inatti in un sentire-provare-

64 Ivi, p. 249, 214.

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percepire originario – «la sensibilità nella sua struttura specifca» –,di cui costituisce, indissociabilmente, «il contenuto ce riceve e cel’aetta»65.

Spostata su questo piano, la gravidanza diventa una condizionediversa da come siamo soliti pensarla. Non solo, in questa prospet-tiva, il corpo gravido il luogo del conronto tra le istanze contrad-dittorie dell’Io e del S, della soggettività e della carne, ce trovanoespressione negli stati contrastanti di pienezza e inquietudine, maance nelle percezioni ambivalenti del proprio corpo, rieriti dalledonne intervistate, e di cui Boltansi ore una lettura particolar-mente ricca e articolata. Ciò ce soprattutto colpisce ce, così de-scritto, esso si caratterizza per una dinamica – ce implica, per unverso, un’enasi su aspetti usionali, e di indistinzione, della relazione

madre-eto, per un altro, il rapporto con un elemento inoggettivabilee indisponibile –, in conseguenza della quale il corpo della donna,in un certo senso, si de-soggettivizza66, come sottolineato dall’espres-sione con cui Boltansi riassume la riessione sul corpo: «diremoallora ce chôra un certo stato della carne ce si realizza nellagravidanza»67. Oppure, con le parole di una delle persone coinvoltenella ricerca, «le corps il est l, c’est lui qui vit, c’est lui qui parle etil le sent et la sensation intérieure elle existe»68.

Se a questo si aggiunge ce, insieme alla centralità ce assumeil tema della soggettività (e della sua ridefnizione), ciò ce in talmodo viene in primo piano una sorta di slittamento della tesi-gui-da dell’aborto come contraddizione, da elemento integrante del di-spositivo di produzione di nuovi esseri umani, evidenziato dall’ana-lisi grammaticale, a dilemma politico-morale ce prenderebbe corpo,in senso stretto, nell’esperienza delle donne, si comprende come ladiscussione inquadrata dal cap. VII vada ben oltre gli obiettivi diuna enomenologia della gravidanza e dell’aborto, elaborata a partire

dalle risultanze dell’indagine condotta presso i servizi sociali, sanitarie ospedalieri dell’Île-de-France.Come per altro sembrerebbe conermare l’analisi del rapporto

madre-eto rierita al corpo-topos:

La concezione dello spazio come topos si accorda con la problematica del libe-ralismo. In eetti, la dissociazione dell’essere e del luogo [ce lo contiene] neces-saria perc il soggetto liberale possa essere costituito, nella sua autonomia, ossia

65 M. henry, Qu’est-ce que cela que nous appellons la vie, 1978, in Id.,  De la phénoménolo- gie. Tome 1. Phénoménologie de la vie, Paris, Presses Universitaires de France, 2003, p. 49.

66 T. Pitc, Un diritto per due, cit., p. 20.67 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 272, 234.68 Ivi, p. 265, 227.

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indipendentemente dal contesto in cui si trova immerso, momentaneamente o sta-bilmente, in quanto detentore di diritti ce gli sono attribuiti in proprio, quale cesia il suo ambiente, vale a dire di diritti soggettivi . Al contrario, defnito nella suadipendenza a una contrada, egli perde questa autonomia ce lo costituisce, in quan-to se stesso e non un altro, come soggetto di diritto69.

Se la contrapposizione topos-chôra, secondo Boltansi, a dunque«immediate conseguenze politice», come quest’ultimo passaggiosull’autonomia del soggetto quale presupposto della titolarità dei di-ritti evidenzia (ma occorrerà capire meglio ce cosa comporti discu-terlo), meno scontata appare invece l’opzione di «lasciare da partele implicazioni metafsice»70. In primo luogo, perc l’introduzionedi categorie ontologice in una ricerca ce, seppure con tratti orte-mente innovativi, si pone nel solco principale della riessione delle

scienze sociali riciederebbe maggiori giustifcazioni. In secondo luo-go, perc con la scelta di tenere sotto-traccia al testo il tema dellasarx di Paolo, e di privilegiare un uso metaorico per quello platoni-co di chôra, Boltansi sembra trascurare l’opportunità di assegnareuna più ampia portata decostruttiva alla sua teoria della generazione.

Basti pensare ce, per Derrida, il nome di chôra, nel Timeo diPlatone, a innanzi tutto la unzione di mettere in discussione lepartizioni metafsice (siano esse sensibile/intelligibile, mythos/logos,

padre/fglio), ponendosi, allo stesso tempo, come spazio (o «spazia-tura») in cui a luogo l’istituzione e la destituzione «dell’ordine stes-so della polarità»71. In questo senso, chôra – «questa madre strana,ce dà luogo senza generare», come la defnisce Derrida72 –, nomeprivo di reerenti, e quindi contrassegnato dall’impropriet, intornoal quale ruotano i temi della generazione, del  ghenos e della die-renza sessuale, costituisce un «terzo genere» (ce non né  questoné  quello, e neppure questo e quello); di cui non difcile scor-gere la sostanziale simmetria con la sarx di Paolo, così come con isuoi eetti di decostruzione delle categorie tradizionali del pensiero.Ora, se consideriamo ce uno degli esiti più rilevanti di  La condi-tion œtale consiste nel atto di situare la generazione, quale tema diricerca per la sociologia, nel punto di articolazione dei suoi diversipiani (umano/non-umano, biologico/sociale, singolarizzazione/classi-fcazione), orse possibile ipotizzare ce il tema della chair  (come

69 Ivi, p. 271, 233.70  Ibidem.71 J. Derrida, Chôra, 1993, trad. it., Chôra, in Id.,  Il segreto del nome. Chôra, Passioni, Salvo

il nome, a cura di G. Dalmasso e F. Garritano, Milano, Jaca Boo, 1997, pp. 41-86, per questacit. p. 50.

72 J. Derrida, Chôra, cit., p. 83.

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sarx e chôra), più ce sul versante della relazione usionale madre-eto e delle contraddizioni della «carne», avrebbe potuto essere piùefcacemente spinto nella direzione di una radicale messa in discus-sione delle categorie analitice e interpretative. Con il vantaggio dievitare, limitare o contenere alcuni dei problemi ce caratterizzanosoprattutto la parte conclusiva della ricerca.

6. Aporie della carne/aporie del liberalismo

Tirando le fla del discorso, mi sembra si possa dire ce nell’im-postazione teorica de  La condition œtale vi siano due aspetti, stret-tamente collegati, ce sollevano un certo numero di interrogativi. Il

primo riguarda il concetto di corpo emerso dalla lettura enomeno-logica della gravidanza, all’interno di una più ampia riessione sulla«carne»; il secondo la critica di Boltansi alla concezione liberale deidiritti. A are da trait d’union la questione del montaggio antropo-logico dell’Occidente (vale a dire il problema del soggetto), nella suaversione liberale, nonc delle sue interazioni con il cristianesimo.

Come a sottolineato Supiot73, alla base della cultura giuridicaoccidentale si trovano le nozioni di individuo, soggetto, persona.

Tutt’altro ce universali, queste nozioni suppongono quella di imagodei  – l’uomo concepito a immagine di Dio74 – e sono state integra-

73 A. Supiot, Homo juridicus, cit.74 Con la ormulazione, molto efcace, di Supiot: «Come lui [Dio], [l’uomo] un essere

uno e indivisibile; come lui, un soggetto sovrano, dotato della potenza del Verbo; come lui,infne, una persona, uno spirito incarnato. Tuttavia, concepito a immagine di Dio, l’uomonon Dio. La sua particolare dignità non procede da se stesso, ma dal suo Creatore, e lacondivide con tutti gli altri uomini. Da cui l’ambivalenza di questi tre attributi dell’umanitàce sono l’individualità, la soggettività e la personalità. Come individuo, ogni uomo unico,ma ance simile a tutti gli altri; come soggetto, sovrano, ma ance assoggettato alla Leg-ge comune; come persona, spirito, ma ance materia» (ivi, p. 48). La riessione di Supiot,già riciamata (cr., inra, nota 22), pur ornendo un contributo interpretativo di rilievo peri temi discussi in questo articolo, si distanzia da quella qui privilegiata su un punto ciave,ossia per il atto di analizzare processi e dinamice di secolarizzazione del diritto in mancanzadi un’esplicita teoria della secolarizzazione. Non a caso, l’individuazione del trend  di una ri-eudalizzazione dei legami contrattuali, così come la polemica anti-scientista ce percorre illibro, non sono esenti da una connotazione umanistica e vagamente nostalgica, a scapito diun’interpretazione più radicale di tali processi (in altri termini, non ciaro, in Supiot, cecosa signifci ripensare il tema del Terzo, o della terzietà della legge, in versione secolariz-zata). Viceversa, nella prospettiva qui assunta, la secolarizzazione non un aspetto contrario,

bensì costitutivo, del cristianesimo (e del pensiero ce prende le distanze dalla metafsica comeonto-teologia). In questo senso, come scrive Vattimo, «risalire alle archai  ce anno retto lemetafsice del passato, e ce sono lo sondo storico da cui proveniamo – giacc non pos-siamo neppure buttarle via come errori,  posto che non abbiamo altre arcai da sostituirvi  –signifca ance riconoscerle nella loro storicità e contingenza. Riconoscerle, attribuendo lorovalore, ma così ance assumerle in un senso debole ce non le condanna all’oblio, ma le lascia

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te nel vocabolario e nella riessione moderna sui diritti, nonc inuna corrispondente idea di corpo come luogo di sintesi della singo-larità, dell’autonomia e della sovranità del s. Questa concezione dicorpo-individuo, ce Boltansi identifca con quella di corpo-topos(o corpo-sostanza), non appare tuttavia adeguatamente contrastata,n messa in discussione, dall’analisi enomenologica.

Ciò ce più si rappone alla messa a tema della dualit ce carat-terizza la relazione madre-eto la mancata discussione del dualismo introdotto con la distinzione carne/parola. Sebbene, com’ emersodall’analisi della nozione di resto, Boltansi ne incorpori importantielementi decostruttivi, il suo tratto implicito continua a lavorare e ascavare sotto-traccia al testo, un po’ come se si trattasse di una tal-pa75, la cui presenza viene segnalata dai piccoli cumuli di terra (o di

difcoltà) ce possiamo scorgere in superfcie. Tant’ ce, a ben ve-dere, la nozione di corpo e di soggettività ce la discussione su chôra ci consegna non sembra prendere del tutto congedo dall’idea libe-rale di un soggetto universale, autonomo, normativo, assunto comepunto di rierimento dall’odierna riessione sui diritti, fnendo così,paradossalmente, per attingere ad alcuni dei suoi stessi presupposti.

Un indizio di questa situazione lo si può trovare nella nozione di eto tumorale76. Oltre ce inelice, e probabilmente incongrua, rispetto

al vissuto delle donne, questa nozione, ce Boltansi oppone a quel-la di  eto autentico, con l’intento di evidenziare il carattere arbitrariodella conerma (o meno) degli esseri umani secondo la carne nell’ar-rangement con il progetto, problematica sotto vari punti di vista.

In primo luogo, perc la correlazione gravidanza-malattia e eto-tumore, ce Boltansi esplicita nel cap. VII, sottolineando il caratte-re ontologico del eto come accidente (in quanto elemento «ortuito,non essenziale, esteriore, [ce] s’aggiunge al “S” senza alterarne lanatura») ed esperienza «insolita e incomprensibile [étrange]» della

carne77, contraddice quelle istanze della soggettività riciamate dallariessione sul corpo-chôra (il suo essere «al di qua» delle distinzio-ni interno/esterno, contenente/contenuto, soggetto/oggetto, s/altro),ricalcando in tal modo lo scema di un corpo mascile, sterile-ine-

valere come pure eredità, senza l’aura sacrale ce le tradizioni anno spesso preteso di avere»(Id., Nichilismo ed emancipazione. Etica, politica, diritto, Milano, Garzanti, 2003, p. 161, corsi-vo mio).

75 Oltre ce intuitivamente immediata, l’immagine della talpa a svolto un ruolo impor-tante nella tradizione flosofca. Basti pensare, per esempio, alla veccia talpa di Bataille, nelsuo studio su Nietzsce, oppure a quella evocata da Gadamer nel commento a una poesia diCelan (Von Ungeträumtem geätzt).

76 Per questa nozione, cr. L. Boltansi,  La condition œtale, cit., in part. i capp. V e VI.77 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 275, 236.

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condo e, perciò stesso, «sano», assunto come norma. Come in que-sto testo:

l’esperienza della carne gravida può ance imporsi non nel modo della pienezza main quello dell’inquietudine, oppure oscillare, con successioni più o meno rapide, traquesti due sentimenti. La gravidanza allora sperimentata come lo sarebbe una ma-lattia, non soltanto a causa dei malesseri ce l’accompagnano, soprattutto all’inizio(nausea, stancezza, problemi digestivi, ecc.), ma ance per il atto stesso di costi-tuire una condizione insolita e incomprensibile [étrange particularité ], una sorta di

 prolierazione di una carne estranea nel tessuto della propria carne78.

In secondo luogo, e più essenzialmente, perc l’ipotesi alterna-tiva di un corpo-relazione, e quindi, in un certo senso, di una per-sona «duale», o corporativa, defnita da legami di reciprocità e dai

rapporti sociali ce la istituiscono – come quella ce gli antropologiindividuano, per esempio, nella cultura del popolo kanak (Melane-sia), all’inizio del XX secolo –, stata storicamente alternativa allaconcezione, o meglio all’invenzione, cristiana del corpo, inteso comecorpo-individuo, presupposto dal soggetto moderno. Viceversa, perla cultura kanak, nella defnizione di persona, la parità gioca il ruolodi «un’unità di base: due non costituito dalla somma di due unità,al contrario uno ce una razione di due», e «rappresenta non

l’unità semplice, ma ciò ce resta di una dualità rammentata»79

.è per questo motivo ce ci si può

rivolgere a una donna, ance non sposata, con un termine designante una specialeorma di collettività grammaticale ciamata duale, ce la lega al suo bambino a ve-nire (si tratta di una categoria di numero, come il singolare e il plurale). Ance senon l’a ancora messo al mondo, egli costitutivo della sua persona, e si può rivol-gersi a lei dicendo «voi due»80.

Ma l’aspetto orse più interessante di uno sguardo esterno (o an-tropologico) alla nozione di corpo, e di individuo, integrata dal di-ritto moderno81 ce, come a mostrato Breton, ciò ce, «dunque,il cristianesimo a “apportato” [] il corpo»82. Questo apparente pa-radosso, ce Breton mette in evidenza riciamando l’attenzione suuna sorta di «scena primaria» dell’antropologia, mi sembra partico-larmente pertinente al nostro discorso, e per più di una ragione.

78 Ivi, p. 281, 241, corsivo mio.79 Stp. Breton, Vous nous avez apporté le corps, in «Esprit», 6, 2006, pp. 45-62, per que-sta cit. p. 47.

80  Ibidem.81 A. Supiot, Homo juridicus, cit., p. 49.82 Stp. Breton, Vous nous avez apporté le corps, cit., p. 51.

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La cornice tra le più classice: siamo in Nuova Caledonia, se-condo decennio del Novecento. «Al termine di una seduta di lavoro,in lingua houaïlou», in cui «stanno traducendo […] [!] la  Lettera ai  Romani »83, l’antropologo-missionario Maurice Leenardt ciede alsuo inormatore e traduttore indigeno Boesoou Erijisi se l’apportodel suo insegnamento sia stato in defnitiva la nozione di spirito. Larisposta spiazzante di Boesoou – come anticipato – ce, al contra-rio, si trattato del «corpo». Dell’ampia discussione antropologicace a atto seguito a questo breve dialogo, mi interessa riprenderebrevemente solo due considerazioni. La prima ce la nozione diduale, e il relativo scambio di battute tra Leenardt e Boesoou, nonmette in evidenza una sorta di «mentalità primitiva» indigena, pocoincline all’individuazione o alla distinzione di esseri e cose dai loro

collettivi, bensì ce «le concezioni del corpo sono altrettanto norma-tive di quelle della persona», e «dipendono dalla grammatica socialein uso»84. La seconda ce la sottigliezza della risposta di Boesoouconsiste in due aspetti. Da una parte, nel trattare il punto di vistaoccidentale sul corpo come una credenza indigena tra le altre: ciòce il dialogo mette in scena inatti un Boesoou-antropologo ceillustra a un Leenardt-indigeno il contenuto della propria credenza,ossia la centralità del corpo, e non quella dello spirito85. Dall’altra

parte, nell’evidenziare come il corpo pensato dal cristianesimo (noncerto quello del mondo kanak) sia in realtà un corpo-mutilato: innan-zi tutto della sua relazione con lo spirito, ma ance da «asci mul-tipli di relazioni sociali»86, così ce la nozione di corpo-individuo,autonomo e sovrano di s, ce ne derivata, a tutt’uno con il dua-lismo sarx/ pneuma e la sua interpretazione metafsica87.

Se teniamo conto di queste considerazioni, allora più propria-mente un’idea di corpo e di soggettività «mutilata», in quanto sle-gata dal sistema di relazioni e appartenenze, così come dalle deter-

minazioni biologice, storice e culturali (o bio-politice, in sensostretto)88 ce la istituiscono, ce sembra are da supporto alla nozio-

83 Ivi, p. 52.84 Ivi, p. 50.85 Ivi, pp. 52-53.86 Ivi, p. 46.87 In realtà, come scrive Breton, Boesoou restituisce a Leenardt una riessione ancora

più complessa. Vale a dire, ce «il corpo la verità del cristianesimo» (ivi, p. 54); non però

nell’accezione del corpo-sostanza della metafsica, bensì in quella del corpo-relazione istituitodalla relazione tra Dio e l’uomo, ossia dall’incarnazione. In questo senso, Boesoou, oltre ceantropologo, un fne teologo, più vicino a Vattimo e Agamben ce a Leenardt.

88 Ossia in senso oucaultiano. La questione del rapporto di Boltansi con la riessione diFoucault ovviamente centrale, ma ance così ampia e complessa da riciedere una discussio-ne a parte. Su questo punto si veda F. kec, Comment les oetus sont devenus visibles, cit.

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ne di eto tumorale, e ce riafora ance in altri punti nodali di  Lacondition œtale.

Per altro, c’ almeno un ulteriore punto di osservazione da cuiconsiderare la ripresa, da parte di Boltansi, di elementi riconducibi-li al liberalismo. Mi rierisco all’impianto costruttivista ( la Rawls89)ce, insieme allo strutturalismo e alla linguistica, inorma la gram-matica messa a punto nel cap. II. Nella prospettiva di un approccioprocedurale alla generazione, la selezione tra eti autentici e tumorali ,umani  e non non-umani , deve inatti soddisare un vincolo di non-discriminazione. A questo scopo, come sottolinea Boltansi

occorre ce sia operata sotto un velo di ignoranza (il ce coincide con il atto ceil eto , o lo era fno a tempi recenti, un peretto sconosciuto), cio senza tenereconto delle proprietà attribuibili preliminarmente agli esseri secondo la carne eletti,di cui non sarebbero in possesso degli esseri secondo la carne scartati90.

Questa situazione ipotetica, immaginata da Boltansi, ricalcaquella «originaria» in cui si trovano i partecipanti all’esperimento diRawls, ce devono raggiungere un accordo su determinati criteri digiustizia senza conoscere la propria posizione sociale, ossia senza te-nere conto dei propri interessi. Sebbene tale modello sia ispirato auna concezione inclusiva, partecipativa ed egualitaria del contratto

sociale (o della «comune umanità», nel caso del modello procedu-rale della generazione) ce punta sulla dimensione cooperativa de-gli attori sociali, un’analisi più attenta, come quella proveniente dalpatrimonio della riessione emminista sui diritti, ne a evidenziatoalcuni limiti.

Come a mostrato Marta Minow91, il modello astratto di Rawls,analogamente ad altri approcci contrattualistici ce si ispirano allatradizione politica liberale, ne condivide alcuni presupposti. Il pro-flo del soggetto ce partecipa alla defnizione euristica del contrat-to sociale coincide inatti, ancora una volta, con quello dell’adulto,mascio, bianco, ce si riconosce nella razionalità e nelle credenzedell’Occidente, le cui caratteristice costituiscono sia un prerequisitodello stato di natura di partenza, sia lo standard  di rierimento perla defnizione di profli non omogenei e/o dierenti. Tuttavia, per ilnostro tema, l’aspetto più interessante costituito da due ulterioriargomenti critici proposti da Minow. Il primo ce lo scema diRawls presume ce gli attori ce si trovano a operare sotto il velo

di ignoranza (gruppo A), acendosi portatori di un punto di vista

89 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., p. 355, 297.90 Ivi, p. 81, 65-66.91 M. Minow,  Making All the Dierence, Itaca, Cornell University Press, 1990.

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universalistico e non situato, di atto non coincidano con coloro cestanno peggio (gruppo B). Il secondo ce, per questa stessa ragio-ne, le persone ce appartengono al gruppo A non sono probabil-mente in grado di comprendere il punto di vista di ci appartiene algruppo B92. Così ce questo approccio, pur prendendo le distanzedalle ipotesi utilitaristice, fnirebbe per condividere ancora troppiassunti dell’impianto liberale, per rispondere alle esigenze della di-erenza e dell’inclusione sociale.

Se ribaltiamo questi rilievi critici sul modello procedurale dellagenerazione, ce cosa ne ricaviamo? A me sembra interessante anno-tare, in orma di conclusione, qualce breve considerazione.

La prima sottolineatura riguarda il ruolo ce Boltansi attribuiscealla selezione degli esseri umani «in ingresso»: con il riscio sia di

contraddire le dinamice relazionali madre-eto evidenziate dalla ri-essione su chôra, sia di attribuire al eto lo status di persona a tuttigli eetti, e di riproporre così il modello liberale di due diritti sog-gettivi tra loro in conitto. Ance se, come annota Try,

difcile concepire i eti in gestazione come entranti ce bussano alla porta dellavita, dal momento ce non sono veramente dissociabili dalla loro madre ce nella econ la nascita, oppure con l’aborto, ce una gestazione interrotta93.

L’altro lato della questione riguarda invece il punto di vista dici si pone l’interrogativo su come legittimare la selezione degli es-seri umani uturi. Coerentemente con l’impostazione procedurale,Boltansi individua tale sguardo in quello dello spettatore  imparzia-le di Adam Smit (ce, se interiorizzato, può coincidere con quellodi una madre ce osservi dall’esterno il processo di generazione cela coinvolge, oppure la sua interruzione). Ma tale scelta non fnisceorse per supporre, ance in questo caso, ce il vincolo di non di-

scriminazione sia in defnitiva soddisatto adottando il punto di vistadi un soggetto ce non la madre (basti pensare al criterio dell’ar-bitrarietà), e ce probabilmente, per questa stessa ragione, non ingrado di comprendere il suo punto di vista (vale a dire la relazionemadre-eto sintetizzata nell’esperienza del corpo-chôra)?

92 Cristoper Nolan un ragazzo di cui si sono occupati i media in quanto, pur essendocompletamente paralizzato, con l’eccezione di alcuni muscoli del collo, a scritto un libro. Nelcorso di un’intervista, «un giornalista gli a ciesto: “Qual la prima cosa ce vorresti are se

potessi lasciare la tua carrozzella?”. Nolan a risposto: “Tornarci immediatamente”» (ivi, p.155). Minow considera questa risposta un’eccellente esemplifcazione della dierenza ce, nelcaso specifco, intercorre tra il punto di vista di una persona ce vive la disabilità e quello diuna ce può disporre liberamente del proprio corpo e, più in generale, tra quello di ci inposizione di svantaggio e quello di ci in posizione di vantaggio.

93 I. Try,  Avortement, engendrement et singularisation des êtres humains, cit., p. 496.

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Dopo tutto, non ance quello ce lascerebbe supporre la cor-relazione sciavitù-aborto ce Boltansi propone a conclusione dellasua ricerca, non senza il riscio di avallare orme di delegittimazionepolitica delle pratice abortive?

La situazione di oggi assomiglia in questo senso a quella ce si stabilita, quasiduemila anni a, quando il carattere inevitabile e naturale della sciavitù, vale a direla ripartizione, data per scontata, degli esseri umani in due classi dotate di uno sta-tuto di umanità radicalmente ineguale – sul quale riposava il unzionamento di unimpero –, stato messo in questione94.

Trovandoci a are i conti con una tesi politicamente tanto scomo-da, in cui riemerge il tema della sciavitù introdotto dalle categoriedi Paolo, perc allora non riprendere il nesso sciavitù-aborto, di-

storcendone però il senso, e sottolineando i limiti, in entrambi i casi,di un approccio volto a privilegiare – solo ormalmente – il punto divista di ci, come le donne nel dispositivo della generazione, si trovain una situazione di svantaggio?

Gli esempi, dal punto di vista storico, non mancano. Come sot-tolinea Marta Minow, sufciente pensare alla Costituzione degliStati Uniti, ce

un documento prodotto attraverso un indiscutibile processo di esclusione. La Con-venzione per la Costituzione ebbe un limitato gruppo di partecipanti: non solo nonerano presenti donne, nativi americani o neri, ma neppure persone prive di salute oprivilegi.

Non casualmente, come si comprende,

la Costituzione ce u approvata attraverso questo processo conservò la sciavitù eriservò la partecipazione politica ai masci bianci liberi95.

94 L. Boltansi,  La condition œtale, cit., pp. 331-332, 287-288.95 M. Minow,  Making All the Dierence, cit., p. 149.

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b

a

c’’ c’c 

partizionetrazionale

divisione delladivisione

restomessianico

non-EbreiEbrei

Es

Ec non-Ec

non-Es

non non-Ebrei non non-Ebrei

resto

non-UmaniUmani

Up

Uc non-Uc

non-Up

non non-Umani non non-Umani

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

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