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Apis - Editoriale ADM - La putrefazione dell’anima: la Nigredo Anamji - Via Mistica e Via Operativa Desfedam - Il Maestro Passato ERAT, EST Hathor Go-Rex - Le qualità delle Sephirot Heru Pha Khered - L’Arcobaleno Mistico Howard Mat - La ricerca di Dentice d’Accadia sulla filosofia economica e sulla mistica palombiana Igneus - Il mito dell’ Illuminismo Yohannes - La Luce Eliael - Lege. Lege. Relege. Ora et Labora Maathor - La prima donna iniziata ad un rito egizio: Eleonora Pimentel Fonseca Calendario Operativo 2016 Pag. 1 Pag. 6 Pag. 18 Pag. 24 Pag. 30 Pag. 40 Pag. 53 Pag. 58 Pag. 68 Pag. 76 Pag. 79 Anno 2 - n. 8 - settembre 2016 Direttore responsabile: Mauro Cerulli Comitato scientifico: Fabrizio Fiorini Luizio Capraro Arrigo Gareffi Antonino Bonanno Vincenzo Malatesta www.mizr.eu MIZR é uno strumento di divulgazione interna che presenta studi sul Martinismo, la Libera Muratoria e lo Gnosticismo. La raccolta (che non ha periodicità ed é riservata ai soli membri della Associazione Culturale MIZR) non é in vendita e può essere stampata in proprio scaricandola gratuitamente. Pertanto non può essere considerata una testata giornalistica o un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001.

MIZR é uno strumento di divulgazione Direttore ... · temente tradotto dal nostro Direttore responsabile, avv. Mauro Cerulli, è preceduto da un lungo saggio introduttivo, a cura

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Apis - Editoriale

ADM - La putrefazione dell’anima: la Nigredo

Anamji - Via Mistica e Via Operativa

Desfedam - Il Maestro PassatoERAT, EST

Hathor Go-Rex - Le qualita ̀ delleSephirot

Heru Pha Khered - L’ArcobalenoMistico

Howard Mat - La ricerca di Dentice d’Accadia sulla filosofia economica e sulla mistica palombiana

Igneus - Il mito dell’ Illuminismo

Yohannes - La Luce

Eliael - Lege. Lege. Relege. Ora et Labora

Maathor - La prima donna iniziata ad un rito egizio: Eleonora Pimentel Fonseca

Calendario Operativo 2016

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Anno 2 - n. 8 - settembre 2016

Direttore responsabile: Mauro Cerulli

Comitato scientifico: Fabrizio FioriniLuizio CapraroArrigo Gareffi

Antonino BonannoVincenzo Malatesta

www.mizr.eu

MIZR é uno strumento di divulgazione interna che presenta studi sul Martinismo, la Libera Muratoria e lo Gnosticismo.

La raccolta (che non ha periodicità ed é riservata ai soli membri della Associazione Culturale MIZR) non é in vendita e può essere stampata in proprio scaricandola gratuitamente.

Pertanto non può essere considerata una testata giornalistica o un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001.

EDITORIALEApis

Coloro che, alacremente, e mai deviando dal solco della Tradizione Perenne, Una edIndivisibile, lavorano per la riedificazione del Tempio dell’Uomo sanno che, inevitabilmente,nonostante gli immancabili ostacoli che le forze avverse della contro-iniziazione porrannosul loro cammino, i loro sforzi verranno premiati. Se le forze oscure operano, avendo una par-ticolare fortuna in quest’epoca degenerata, allo stesso modo operano anche le Forze dellaLuce le Quali ben conoscono torti e ragioni, indipendentemente dagli sforzi dialettici e dallefalsità che intorbidiscono il c.d. “mondo esoterico” attuale. Chi vive nella Luce, inevitabilmente,incontra e riconosce Coloro che compiono lo stesso cammino e che sono animati dai mede-simi principi, dalla medesima logica e che perseguono gli stessi obbiettivi.

Così, il 9 luglio 2016 i Gran Jerofanti delle quattro Obbedienze della Libera MuratoriaEgizia del Mizraïm-Memphis, che vantano una LEGITTIMA discendenza dal Primitivo So-vrano Santuario “Superum” dell’Antico e Primitivo Rito Orientale di Mizraïm e Memphis, fon-dato a Venezia nel 1945 dal Fratello Marco Egidio Allegri, grazie alla unione delle Linee delMemphis di Parigi-Palermo e del Mizraïm di Napoli-Venezia da Egli detenute nella Sua vestedi Gran Conservatore di quelle Filiazioni, si sono fraternamente e in forma Rituale incontratidando vita alla Federazione Massonica Internazionale dei Riti Egizi. Ciò vuole essere, in un’ot-tica futura, il primo passo verso una auspicabile riunificazione della Vera e Regolare LiberaMuratoria Egizia in un’unica coesa e numericamente rilevante Struttura mentre, nell’imme-diato, tale iniziativa si ripropone di operare nell’ottica di una difesa del Lascito Iniziatico dellaLibera Muratoria Egizia contro i molti, troppi “mercanti nel Tempio” ed i vecchi e giovani impo-stori e avventurieri che offendono, sviliscono e depauperano la luminosa Via Egizia attraversola creazione di obbedienze “farlocche” e prive di qua-lunque legittimità Tradizionale ed Iniziatica.

Proprio grazie agli Illustrissimi Fratelli firma-tari del Trattato di Costituzione della “FederazioneMassonica Internazionale” che pubblichiamo qui difianco, che hanno generosamente messo a nostra di-sposizione i loro ricchissimi archivi, ci è stato possibiledare alle stampe il secondo volume dei Riti Egizi (es-sendo il primo stato pubblicato dalla casa editrice Mi-mesis nel novembre 2014) che sarà disponibile inlibreria tra poche settimane, e nel quale viene final-mente (e riteniamo DEFINITIVAMENTE) fatta chia-rezza sul mondo, spesso nebuloso, della LiberaMuratoria Egizia.

Sempre nell’ottica di voler ristabilire la chia-rezza e la verità nel panorama iniziatico contempora-neo, è stato pubblicata, il 14 luglio del 2016 dalla casaeditrice Jouvence, la prima traduzione italiana com-pleta del libro di Saint-Martin “Eclair sur l’Associationhumaine” (scritto dal Filosofo Incognito nel 1797,inpiena Rivoluzione ); il testo di Saint-Martin, brillan-

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temente tradotto dal nostro Direttore responsabile, avv. Mauro Cerulli, è preceduto da unlungo saggio introduttivo, a cura dello scrivente Apis, dall’emblematico titolo di: “Louis Claudede Saint-Martin e il Martinismo, alcune chiarificazioni necessarie”. Ne riportiamo l’inizio alloscopo di far comprendere ai nostri affezionati lettori quale scopo ci ripromettiamo:

«Senza voler pretendere di trasformare questo saggio introduttivo in un vero e proprio libronel libro, riteniamo indispensabile chiarire alcuni punti essenziali relativamente al Martinismo, viache seguiamo da ben 37 anni e nella quale abbiamo ricevuto la tremenda responsabilità di una GranMaestranza; questo unitamente ad alcuni cenni sulla personalità e sulla dottrina di colui a cui ilMartinismo si ispira e che ha concepito quest’opera immortale, ancorché molto poco conosciuta inItalia. (...) Le chiarificazioni promesse risultano essere indispensabili dal momento che la Via Mar-tinista è attualmente, per diversi motivi storici che vedremo, nei limiti del possibile, di approfondire,non completamente chiara neppure a coloro che la seguono e che, addirittura, pretenderebbero di in-segnarla ad altri. La maggior parte di coloro che si rivolgono all’esoterismo, infatti, lungi dal com-prendere che soltanto lo studio e la pratica operativa rende l’Essere Umano diverso rispetto alla suaordinaria condizione di “uomo dei cinque sensi”, ritiene che, affidandosi passivamente a personaggiche appaiono forti ai loro occhi soltanto perché urlano di più, possa essere compiuto quel camminodi Ri-Generazione e di Re-Integrazione che è il fine ultimo del nostro transito terrestre.

In relazione a quanto abbiamo appena detto ci risulta appropriato inserire un brano scrittodallo stesso Saint-Martin e contenuto nel suo libro forse più famoso, ovvero l’”Homme de Desir”:“Non dite, mortali, che la vostra sete di verità vi è data solo per supplizio. La verità non pu-nisce, migliora e perfeziona. La saggezza non punisce, istruisce. L’amore non punisce, preparacon dolcezza le sue vie. E come potrebbe l’amore punire? Ecco, mortali, ciò che costituiscel’essenza del vostro Dio. La saggezza non lascerebbe entrare in voi dei desideri veri, se nonavesse messo in voi anche dei mezzi sicuri per soddisfarli. Essa è la msura stessa, e non operacon voi che in questa misura.

Ma voi, giudici imprudenti e insensati, voi turbate tale misura nei deboli mortali! Secominciate troppo presto a fare da maestri, non of-frirete loro che dei frutti precoci o rubati, che fini-ranno per farvi confondere. Se esaltate troppo leloro idee, darete loro dei desideri anticipati e peri-colosi. Se piegate il loro spirito sopra delle cosecomposte, farete sorgere in loro delle difficoltà tra-viatrici. Saggezza, saggezza, solo tu sai dirigeel’uomo senza fatica e pericolo, nelle tranquille gra-dazioni della luce e della verità. Tu hai preso, cometuo organo e tuo mediatore, il tempo; egli insegnatutto, come te, in modo dolce, insensibile e conser-vando perennemente il silenzio, mentre gli uomininon ci insegnano niente, con la loro continua edeccessiva abbondanza di parole.”Riteniamo che tutti, ed a maggior ragione coloro che

si dicono martinisti, dovrebbero riflettere con molta at-tenzione su queste parole! Viceversa molti ritengono chebastino due-tre anni di Martinismo, spesso praticato incontesti discutibili, per ritenersi qualificati, in barbaagli ammonimenti del Filosofo Incognito che abbiamoappena riportato, per fare da “maestri” a coloro che siavvicinano al Martinismo e, comicamente, costoro pre-

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tenderebbero perfino di insegnare a chi ne sa molto più di loro, avendo percorso la Via Martinistaper diversi decenni ed in contesti ben più qualificati; le dinamiche del web e l’eccesso, quindi di“stimoli informatici in ambito esoterico”, spiegano la particolare e gravissima situazione di confusionein cui si dibatte oggi il Martinismo italiano. É cosa del resto nota che in quest’epoca buia la contro-iniziazione impera ed i falsi maestri abbondano come, profeticamente, ha scritto Renè Guenon in“Iniziazione e Realizzazione Spirituale”: “Quel che aumenta ancor più la difficoltà, è che coloroche pretendono di essere guide spirituali senza avere alcuna qualificazione per svolgere questafunzione, non sono mai stati tanto numerosi come ai giorni nostri; e il pericolo che ne derivaè tanto più grande quanto, di fatto, questa gente presenta in generale facoltà psichiche moltopotenti e più o meno anormali, il che non solo non prova niente dal punto divista dello sviluppo spirituale, anzi abitualmente è piuttosto unindice sfavorevole, ma per di più è suscettibile di creare illu-sioni, e di imporle a tutti quelli che non sono abba-stanza accorti da saper fare di conseguenza lenecessarie distinzioni.

Non si starà dunque mai abba-stanza in guardia contro questi falsiistruttori, che altro non possono se nonfuorviare quelli che si lasciano sedurre, iquali dovranno ritenersi fortunati se nonsuccederà loro niente di peggio che perderdel tempo; che poi siano dei semplici ciar-latani, come attualmente ce ne sonoanche troppi, o che siano essi stessiillusi ancor prima di illudere glialtri, ciò non modifica assoluta-mente le conseguenze e anzi, in uncerto senso, quelli che sono più o meno completamente sinceri (perché anche qui possonoesserci diverse gradazioni) sono forse ancor più pericolosi per la loro stessa incoscienza. Siaggiunga, ammesso che ce ne sia bisogno, che la confusione tra psichico e spirituale, disgra-ziatamente così diffusa fra i nostri contemporanei come in tante occasioni abbiamo denun-ciato, contribuisce largamente a rendere possibili i peggiori equivoci a questo proposito; se inpiù si tiene presente l’attrattiva dei supposti “poteri”, e il gusto ai “fenomeni” più o meno stra-

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ordinari che vi si associano quasi inevitabil-mente, si avrà nella fattispecie una spiega-zione abbastanza completa del successo dicerti falsi istruttori.

Vi è tuttavia una caratteristica graziealla quale molti di costoro, se non tutti, pos-sono essere riconosciuti abbastanza facil-mente; e, benché si tratti in definitiva di unaconseguenza diretta e necessaria di tuttoquanto abbiamo costantemente spiegato aproposito dell’iniziazione, non crediamo inu-tile di fronte agli interrogativi che negli ultimitempi ci sono stati posti riguardo a diversipersonaggi più o meno sospetti, precisarla inmodo ancora più esplicito. Chiunque si presenti come istruttore spirituale senza essere ricol-legato ad una forma tradizionale determinata, o senza conformarsi alle regole da questa sta-bilite, non può avere veramente la qualità che si attribuisce; può essere, a seconda dei casi,un volgare impostore o un “illuso” che ignora le reali condizioni dell’iniziazione; e in que-st’ultimo caso, ancora più che nel primo, c’è da temere che sia troppo spesso, in definitiva,niente più che uno strumento al servizio di qualcosa che egli stesso forse non sospetta nep-pure. Altrettanto possiamo dire (e questa caratteristica si confonde del resto necessariamentein una certa misura con la precedente) di chiunque abbia la pretesa di dispensare indiscrimi-natamente un insegnamento di natura iniziatica ai primi venuti, ivi compresi dei sempliciprofani, trascurando la necessità, come condizione prima della sua efficacia, del ricollegamentoad un’organizzazione regolare, nonché di chiunque proceda secondo metodi non conformi aquelli di qualsiasi iniziazione tradizionalmente riconosciuta. Se si sapessero applicare questepoche indicazioni, e ad esse ci si attenesse sempre strettamente, i promotori di “pseudo-inizia-zioni”, di qualsiasi forma rivestite, si troverebbero quasi immediatamente smascherati. “»

Proprio allo scopo di voler portare luce, ordine e verità dove regnano tenebre, confu-sione e menzogna, e preso atto della REALE natura di molte c.d. “Strutture Martiniste” italianeil giorno 5 novembre 2016 celebreremo, in compagnia di alcuni Gran Maestri che riteniamoessere l’espressione delle più autentiche e genuine Forze del Martinismo Italiano, un Conve-gno interamente dedicato a Gèrard Encausse (Papus) Fondatore del Martinismo contempo-raneo. Recenti e poco felici esperienze ci suggeriscono di bandire nel modo più assoluto,l’ipotesi di qualunque “sovrastruttura” delresto aliena allo spirito dell’autentico Marti-nismo, ma riteniamo che debbano essere de-lineati alcuni punti fermi ed irrinunciabili alloscopo di salvaguardare l’identità Martinistaimpedendo che essa venga inquinata da dot-trine, elementi, tecniche, personaggi, che conil Martinismo, come codificato ed esposto daPapus e dai Suoi Successori NULLA hanno ache fare. n

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La Nigredo è un termine latino che significa colore nero o nerezza e denota, in alchimia,la fase al Nero della Grande Opera, cioè il passo iniziale nel percorso di creazione della pietra fi-losofale, quello della putrefazione e decomposizione. È il primo momento, il più cruciale (simbo-leggiato da un corvo nero), in cui occorre "far morire" tutti gli ingredienti alchemici,macerandoli e cuocendoli a lungo in una massa uniforme nera.

Il nero contiene inoltre un rimando all’etimologia stessa del termine Alchimia, in quantoantica scienza sacerdotale egizia: uno dei significati di questa parola è, infatti, «terra nera» (al-kimiya) come quella inondata dal Nilo.

LA PUTREFAZIONE DELL’ANIMA:LA NIGREDO

ADM

Io son metallo e non ho forma alcunaAnzi ho tutte le forme e son minieraTraggo dal Sole in ciel l’origin veraMi alimenta sotterra ognor la LunaQui al centro dell’acqua ho la mia cunaLà nel centro del fuoco è la mia sferaEsco lucido spirito in veste neraNudo corpo son preso all’aria puraPietra son, ma se m’apri io volo in ventoVento son, ma se chiuso in Piombo ho maleVapor se fervo, se m’agghiaccio argentoOh miracol dell’arte, ella se vuoleIo di Fuoco che son, Acqua diventoD’Acqua mi cangio in Sal, di Sale in Sole

(Francesco Maria Santinelli, Sonetti alchemici)

La trasformazione del vile metallo in oro le fasi alchemiche del processo di cot-tura che finivano nella trasformazione della materia grezza in pietra filosofale e mer-curiale, erano le premesse di cui si servivano gli alchimisti per sublimare la materia, laphysis, e infondere il Nous Primigenio.

La realizzazione dell’opus era per l’alchimista un percorso pregno di motivi sim-bolici: in tali si narrava del combattimento con un pericoloso drago, metaforicamentela prima materia da cui l’alchimista esploratore veniva ingoiato oppure aveva la meglio

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su di esso ma non prima di venir morsodal lupus o dal leone, averli combattuti,ed aver condotto a nozze chimiche laregina, antico simbolo della luna pas-sionale ed incestuosa in regale coniun-ctio con il fratello sole adolescente, re einfante.

Tutto il processo di queste nozzechimiche era la trasformazione dei me-talli, un percorso psichico che avvenivanell’adepto, il creator del processo. Sepoi l’ignis della nigredo veniva trasfor-mato in argentum vivum, nello sfondodell’acqua permamens sgorgata dallafontana mercuriale, simbolo di trasfor-mazione e rinnovamento, ma anche diavvelenamento ed intossicazione, iltutto stava a identificare questa trasfor-mazione alchemica con la duplice natura del mercurio: evasivo, pericoloso, ma anchepanacea dei peccati della materia.

Il Sol niger, o Sole nero, lo stato inconscio della materia dovrà attraversare le fasialchemiche di putrefactio, decomposizione, imbiancamento ed albedo per poi trasfor-marsi all’alba della rubedo o rosso porpora ed al tramonto nella fase della rebis, sposarela luna-Regina nelle nuptiae chymicae e compiere alla fine di quest’avventura, quel Selbstdella totalità ermafrodita rappresentata da Re a due teste, il filuis regis.

Quel mercurio evasivo e pericoloso, quel drago Ouroboros della prima materianon era altro che il lapis della luce mercuriale e volatile dello Spirito, lo spiritus il cervusfugitivus. É per questo che gli alchimisti usano il motto: aurum nostrum non est aurumvulgi. É chiaro che per “Oro” si intendesse la realizzazione di qualcosa di incorruttibile,

di immortale e di perennemente luminoso come, appunto, sono lequalità dell’oro tra i metalli. Ma ciò che spesso ripetono gli alchimi-sti, soventemente, è che l’origine di questo “Lapis Occultum” è sicu-ramente di “misera” ed “infima” natura (“...la pietra che i costruttorihanno scartato è diventata testata d’angolo...”).Il lavoro alchemico è quindi basato tutto sulla purificazione e ret-tificazione di questa materia, dissolvendone il “corpo” e materializ-zandone lo “spirito”.La materia si dissolve putrefacendosi e si realizza in tre fasi: Solu-zione; Putrefazione; Distillazione.L’adepto deve lottare contro la sua stessa natura, contro le leggi dacui è composto, contro l’essenza stessa del suo istinto di sopravvi-venza.É la fase della scomposizione, la fase della morte, di tutto ciò cheè struttura, ditutto ciò che è identificazione e, apparentemente, in-dividualità.É una fase di abbandono, in cui l’apprendista si ritrova a dovermorire continuando a vivere.

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É un processo che richiede Forza e Volontà.Da qui il suo accostamento alla fase di “Putrefazione”, fase in cui la materia

perde la sua linfa vitale e marcisce nell’oscurità della fredda terra.Il corpo è sciolto nel Mercurio e putrefatto da Saturno, divinità del tempo, per

finire poi distillato nel flusso di Giove.“Nigredo”: è il volto nero di Iside (Nigra sum sed formosa), dea delle trasforma-

zioni, madre di Horus, il Dio (Oro) Luminoso, che testimonia la Vita poiché dallamorte di Osiride, il dio nero (il cui corpo fu diviso in 13 pezzi, propriocome il numero della tredicesima lama dei tarocchi: la Morte), Lei par-torisce la Luce.

Nell’antico Egitto altro simbolo importante legato all’Opera alNero è lo scarabeo, simbolo anch’esso, come Osiride, di resurrezione.

C.G. Jung riconosce le dinamiche inconsce di proiezione psichica,che gli alchimisti riproducevano macro cosmicamente come riflesso diun retroscena psichico e di un dramma simbolico, percorso individualedell’alchimista stesso. Identificò quindi la vita simbolica dell’alchimia alla psicologiadei processi inconsci, l’analisi del transfert e l’analisi dei sogni.

Si percorreva quindi la via della nigredo, che in termini junghiani corrispondealla ricerca dell’Ombra. La Nigredo… che è certamente l’aspetto più traducibile in ter-mini psicologici del procedimento alchemico, in quanto corrisponde con esattezza allafenomenologia della depressione e del confronto con l’Ombra stessa. Proprio la condi-

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zione d’estrema solitudine permette l’incontro con illato oscuro di noi stessi. L’incontro con il nero è laprima scoperta di ciò che non ci piace. Durante il pro-cesso del trattamento psichico bisogna per forza con-frontarsi con la propria ombra, con quella parteoscura dell’anima della quale ci si sbarazza di voltain volta mediante le proiezioni. L’Ombra è il rovesciooscuro e negativo che la coscienza dell’Io proiettaall’esterno di sé.Nella nigredo troviamo uno scurirsi degli elementiche richiede l’auto purificazione del’adepto. Tale fasealchemica indica che la vita psichica ristagna essen-doci una mescolanza di identità nell’inconscio. Inquesto stadio la personalità si amplia, è l’io che si uni-sce con successo con l’anima. Il nostro Io personalemuore lasciando spazio a una volontà superiore che

adesso opera attraverso di lui. E questo sarà il nostro nuovo vero Io.Un “lutto” che bisogna celebrare per attingere successivamente alle gioie di una

vera e propria rinascita nella coscienza divina. Ancor più suggestiva è una delle tantefrasi che identificano l’Opera al Nero: “notte buia dell’anima”, una frase che racchiude

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in sè un significato che non lascia dubbi su cosa un essere umano deve affrontare perpoter rinascere forte come un Dio. In questa fase siamo chia-mati alla scoperta di tutte quelle forze che agiscono nella everso la materia. Prima di avventurarsi verso mete più elevatedobbiamo partire dal livello inferiore di noi stessi, dobbiamoimparare a riconoscere queste forze che agiscono in noi e chesono necessarie come tutto il resto all’equilibrio dell’Universo. L’Opera al nero corrisponde nel tempo in cui l’anima psi-

chica, “discende negli inferi”, di noi stessi, al fine di esplorare,in forme individuali, le potenzialità del subconscio di resti-

tuire in forma emotiva, creativa e infine intellettiva gli esiti del contenimento del Dragoalchemico. É un viaggio di autoconoscenza che regala un effettivo potere di dominiosulle pulsioni e una inaspettata capacità di creare “armonia, bellezza e verità” spintidal bisogno di comunicare il disagio, il conflitto e la sofferenza determinato dalla con-sapevole relazione con la realtà.

Si parte scendendo nella materia, nel VITRIOL, si perde ogni punto di riferi-mento e ci si trova a brancolare nel buio. Per questo è pericoloso, non si sa cosa si troveràma soprattutto non si sa se si potrà farne ritorno. Si iniziano dunque a riconoscere ipropri demoni sotterranei e piano piano ad usarli a proprio vantaggio invece di venirneusati. Esclusa è la possibilità di eliminarli, perchè a quel punto l’equilibrio verrebbemeno. É importante essere consapevoli chenon si uscirà mai dal Nero in questa realtà, latentazione sarà sempre presente e anzi, pro-babilmente più avanzeremo nel nostro perso-nale cammino, più le tentazioni e le prove chedovremmo affrontare saranno maggiori. Maè anche vero che più saremo avanti nel cam-mino e maggiore sarà anche la nostra capacitàdi dominare e di usare a nostro vantaggio taliforze, onde per cui l’equilibrio continueràsempre ad esistere.

Forze che tendono verso la materia: ciò significa che dobbiamo iniziare ad af-frontare le nostre paure, l’odio, le nostre più profonde angosce. Ci sono, e sono forzenecessarie all’equilibrio della creazione; l’unico sistema è imparare a conoscerle e adusarle consapevolmente a proprio vantaggio “offrire ai demoni sotterranei” diceva Pita-gora, vuol dire dare consapevolmente di cui nutrirsi a questi demoni quello che non ciinteressa, piuttosto che lasciarli liberi di prendersi quello che vogliono loro.

Se non impariamo a controllarel’istinto e a bruciare simbolicamente l’animapsichica sul fuoco della ragione, rischiamo dirimanere prigionieri di meccanismi automa-tici di risposta alle sollecitazioni esterne e allostress che condizionano pesantemente la li-bertà di scelta e, di conseguenza, il libero ar-bitrio.

La misura della bravura con cui dob-biamo essere in grado di operare con la ma-

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teria, dentro e fuori di noi, è data dal progressivo identificarsi con lostato di coscienza divino. Più ci si abbandona al Superiore piùQuello è libero di agire attraverso di noi e quindi di operare tra-smutazioni sempre più elevate. L’Io e Dio saranno allora unacosa sola: il massimo dell’annullamento coinciderà con il mas-simo del Potere.

Dobbiamo lavorare sistematicamente tutti i giorni peruccidere ciò che noi stessi siamo. La prima fase è infatti la piùardua, lunga e delicata. L’Opera al Nero consiste in massima partenell’attenta e costante osservazione di sé condotta da noi stessi cononestà e umiltà giorno dopo giorno. Un’osservazione distaccata, che nonè macchiata da alcun giudizio, né di compiacimento né di rifiuto nei confronti degliaspetti del proprio carattere che inevitabilmente vengono alla luce.Tutta questa prima lunga fase del Lavoro è conosciuta anche come“dissociazione dei misti”, in quanto l’auto osservazione induce idifferenti Io a emergere allo scoperto ed è in questo momentoche dobbiamo prendere consapevolezza di essere una “legione”e non un solo Io centrale.

Tutte le visioni astrali antecedenti questa fase riguardanounicamente incursioni disordinate in un mondo nel quale noiper il momento possiamo solo manifestare le stesse capacità dipercezione e discriminazione di un bimbo appena nato. Se non ci li-beriamo dei legami mentali, emotivi e fisici della nostra natura inferiorenon potremo che vedere proiezioni astrali di tale natura, siano esse piacevoli o spiace-voli, e mai una verità oggettiva appartenente al piano dell’anima.

Per arrivare al nostro fine, alla trasmutazione dell’Io, il si-lenzio e la solitudine, la Maschera ed il Mantello, diventano gliunici amici fraterni. In loro si osservano i difetti e vi si pone ri-medio; le passioni si quietano e l’enfasi si appiattisce; si osservachi ci è attorno e si smette di giudicare. Cessa la smania di pre-valere, cessa l’egoismo; tutto viene accettato e scusato.

Il dolore “muore”, ora la morte è la rinascita. Ora solo lanostra interiorità ci guida e non più gli eventi esterni; ora laMENTE non mente più; ora il seme si è corrotto e putrefatto nel-l’oscurità della fredda e umida terra coperta di candida neve. Nasce laluce che inizia ad alimentarsi silenziosamente. Tutto è salvato, e presto sorgerà la stelladel mattino a diradare le nubi più plumbee che pesano sul cuore.

“Crederai di sognare: É il Diavolo, ti verrà di pensare, tu sei Sa-tana o la più leggiadra delle sue creature! Cosa vuoi da me? Sono statoun solerte ricercatore dell’oro alchemico, ma ho trovato soltanto soli-tudine e disperazione! Allora l’antico Figlio di Dio si manifesterà el’abisso scardinerà i suoi recinti. Sentendoti perso, griderai: Io sonote!…Ed avverrà veramente: sarai trasmutato! Poi tutto si placherà etornerai un uomo comune. Ma non sarà che apparenza! Il grande men-titore sarà sconfitto, l’Angelo detterà i suoi patti e le condizioni di resa sa-ranno accettate senza pietà! Il discepolo sarà trasformato in Maestro, costruito

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per se stesso e per diventare ancora in vita il pegno diun Amore superiore” (Mario Krejis, Dialoghi).

L’anima nella morte: la morte dell’uomo,anche secondo la Qabbalàh, non è che il suo pas-saggio ad una nuova forma d’esistenza. L’uomo èchiamato a ritornare finalmente nel seno di Dio,ma questa riunione non gli è possibile nel suostato attuale, in ragione della materialità grosso-lana del suo corpo; questo stato, come anche tuttociò che vi è di spirituale nell’uomo, deve dunque

subire una purificazione necessaria all’ottenimento del grado di spiritualità che lanuova vita richiede. La Qabbalàh distingue due cause che possono recare la morte: laprima consiste in ciò, che la Divinità diminuisce successivamente o sopprime brusca-mente la propria influenza continua su Neshamàh e Rùach in modo che Nèfesh perdela forza per mezzo della quale il corpo materiale è animato, e questo muore. Nel lin-guaggio dello Zòhar, si potrebbe chiamare questo primo genere “la morte dall’alto, o daldi dentro al di fuori”. In opposizione a questa, la seconda causa della morte è quella chesi potrebbe chiamare “la morte dal basso, o dal di fuori al di dentro”. Essa consiste in ciò,che il corpo, forma d’esistenza inferiore ed esteriore, disorganizzandosi sotto l’influenzadi qualche disturbo o di qualche lesione, perde la doppia proprietà di ricevere dall’altol’influenza necessaria e di eccitare Nèfesh, Rùach e Neshamàh al fine di farle discenderea lui. D’altronde, poiché ognuno dei tre gradi d’esistenza dell’uomo ha, nel corpoumano, la sua sede particolare e la sua sfera d’attività corrispondente al grado dellasua spiritualità, e poiché si son trovati tutt’e tre legati a questo corpo in differenti periodidella vita, è anche in momenti differenti, e secondo un ordine inverso, che essi abban-donano il cadavere.

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Se un uovo viene rottoda una forza esterna,

la vita finisce

Se un uovo viene rottoda una forza interna,una nuova vita inizia

“Horridas nostrae mentis purga tenebras”(purifica le orride tenebre della nostra mente):è ormai chiaro che l’opera prende avvio dallapiù profonda oscurità. Una delle immaginipiù emblematiche di questo momento è l’an-negamento del sole nel mare mercuriale, inseguito al quale sopraggiungono le tenebre.

Nello stato di annerimento esercita ilsuo potere l’anima media natura, corrispon-dente all’anima mundi platonica. Questa av-

volge la sfera del sole e la oscura col suo abbraccio (sol niger). Ma la sfera nera è ancheil caput mortuum, o la testa del moro. Nel Rosarium Philosophorum la morte della coppiaalchemica è descritta attraverso la dolorosa separazione dell’anima dal corpo, che Junginterpreta come assoluta estinzione della coscienza.

É ormai chiaro che la Nigredo è una dolorosa esperienza di morte e di separa-zione. Si ottiene mediante la separatio delle quattro radices oelementi, ed il raggiungimento dello stato di Caos,come parte essenziale e principio dell’opera. LaNigredo significa mortificatio, putrefactio, solutio,separatio, divisio ecc., dunque lo stato di dissolu-zione e decomposizione che precede la sintesi.

L’esperienza della Nigredo è paragonabilea quella della sepoltura, o della discesa sotto terra. A questopunto sul fondo del vaso alchemico – simbolo dell’anima - sideposita una massa oscura ed informe: “questa nerezza èchiamata terra”. É la terra fertilissima che Adamo portò consé dal paradiso, “nera, più nera del nero” (“nigrum, nigrius, nigro”), chiamata anche“antimonio”.

La Nigredo spesso viene paragonata ai tormenti dell’inferno: nel mito dell’eroequesto stato corrisponde all’ingoiamento nel ventre della balena (o del drago): doveregna di solito un calore tale che l’eroe perde i capelli, rinasce calvo, glabro, simile adun infante. Questo calore è l’ignis gehennalis, l’inferno nel quale è disceso anche Cristoper trionfare della morte.

Da un lato nella fase al nero l’arte-fice sperimentava la componente passivadella materia: i corpi si disfacevano nel-l’acqua mercuriale e con ciò se ne rive-lava anche la “possibilità di non esistere”.

“Per tenebras ad lucem”: questopuò essere considerato un vero e pro-prio comandamento della tradizione al-chemica. La ricerca alchemica di unailluminazione passa per il nero abissodel Nulla. L’adepto non si rivolge tantoalla luce della rivelazione, ovvero cercaquesta stessa luce nell’oscurità della na-tura, quasi che questa fosse paradossal-

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mente un’altra luce – lumen natu-rae. Si potrebbe intendere tuttal’alchimia come una “tecnica dioscuramento”, per molti versianaloga alla mistica... anzi, èessa stessa una singolareforma di misticismo. Con la Nigredo era pro-

dotto un progressivo anne-rimento della realtà attualedella materia, per poi otte-nere, ad un punto critico,una subitanea illumina-zione. Era una sorta di“elastico negativo”: in ter-mini psicologici potrem-mo dire che nella assoluta

incoscienza dello stato al nero finiva per riflettersi una co-scienza superiore o più ampia.

La Nigredo non è infatti soltanto una condizionedella materia, ma è allo stesso tempo uno stato mentaledell’artefice: la melancholia o umor nero. L’oscuro stato di di-sorientamento descritto dagli alchimisti è il parallelo della perdita dell’orientamentopsichico, e della caduta della tensione cosciente (“abbassement du niveau mental”). Lo

stato di disgregazione degli elementi èil perfetto corrispondente della disso-ciazione e dissoluzione della coscienzadell’Io. Si rinasce con la legge dell’Armonia -Equilibrio degli Opposti spirito-naturasotto il dominio dell’essere vero, chia-mato Oro o Dio, in cui si concilia ilmondo interiore con quello esteriore, ilmondo soggettivo con quello oggettivo,lo Spirito e la Materia, la Natura Natu-rans e la Natura Naturata, l’Essere e ilDivenire. È questa la “pietra filosofale”tanto cercata dall’alchimista.

“La putrefazione è così efficace che di-strugge la vecchia natura e la vecchia formadei corpi in decomposizione, li trasmuta inun nuovo stato dell’essere per dar loro unfrutto completamente nuovo. Tutto ciò chevive, muore; tutto ciò che è morto si putrefàe trova nuova vita”. (Pernety, 1758) n

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VIA MISTICA E VIA OPERATIVAAnamji

Cristo diceva:”chi berrà l’acqua ch’io largisco,

si disseterà alla fonte della vita eterna”. Qui si nasconde la perla della Rigenerazione.

Il chicco di grano non dà germogliose non è affondato nella terra:perché le cose fruttifichino,

occorre che rientrino nella madre che le ha generate (Jacob Bohme).

La via di evoluzione Martinista viene spesso de-scritta attraverso una distinzione tra via mistica e viaoperativa. In realtà nell’ambito del percorso di evolu-zione spirituale di un singolo individuo, appare im-possibile distinguere quanta attività vi sia di tipomistico, quanta di tipo teosofico e teurgico, anche conriferimento a noti ed eminenti ricercatori, studiosi e spi-ritualisti.Dinanzi all’obiettivo di raggiungere la Reintegrazione, la

comunione definitiva con l’Uno, gli insegnamenti del Martinismospiegano chiaramente che la sapienza, l’aiuto, il vero Spirito di verità, sono da ricercareall’interno di ogni essere: si tratta di tirare fuori e manifestare la vera vita.

Dio è in ogni vita esistente nell’Universo e si tratta di imparare a riconoscerlo inogni manifestazione, senza fermarsi alla superficie e penetrando l’essenza di ogni cosa.Tutto ciò che è esterno rappresenta un’occasione, uno strumento per comprendere la

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divinità tanto quanto spesso ne è anche un impedimento se riferito ad atteggiamentiegocentrici.

L. C. de Saint Martin per noi Martinisti rappresenta il modello di alta moralitàed il mistico che va al di là della scienza positiva, delle speculazioni, delle culture, dellefilosofie e delle religioni.

Proprio nel rappresentare la figura del nostro Filosofo Incognito si confondemolto spesso il mistico con il teosofo, il teosofo con il teurgo. Ciò in quanto lo studiosoha l’obiettivo di “aggettivare e catalogare”, cercando il profeta, il chiaroveggente, ilmago e sottovalutando nel caso specifico di Saint Martin, la realtà di uno spiritualistaispirato che ha saputo fraternizzare nei giusti limiti con tutte queste discipline, trovandola sua via e raccontandola senza mai descrivere neanche uno dei doni conquistati, la-

sciando solo messaggi rivelatori di una moralitàinsita nell’uomo e valida nella storia di ognitempo.Saint Martin era senza dubbio molto riservato

come si conviene ad un iniziato e per essere unmistico la sua luce era ed è tutt’ora fonte di au-tenticità, concretezza, semplicità ed umiltà ep-pure la sua intera vita interiore se pure rivelatricedi simili qualità, non ha lasciato trasparire rive-lazioni straordinarie e metafisiche.Tutti noi possiamo annotare nel nostro “diario

di viaggio”, intuizioni interne od esterne chesiano portatrici di verità di cui non siamo i crea-tori e che promanano da una fonte a noi intangi-bile ma legata a leggi eterne, assolute, universalie supreme. Di conseguenza ogni intelligenzanormale e dedita alla ricerca spirituale è in unostato perenne di ispirazione e rivelazione, dun-

que non deve fare altro che ascoltare e vedere con il cuore.Dalla dottrina di Martinez de Pasqually, Saint Martin non si distaccò comple-

tamente ma a sua volta diede impulso ad una ricerca mistica e ad una sorta di “teurgiacoscienziale”, declinata nella cosiddetta via cardiaca.

Essenzialmente ha evoluto una sua via, più aderente al suo essere ed ai suoidoni, chiarendo ai suoi allievi che chiunque nei termini della propria evoluzione, puòaspirare a raggiungere un punto in cui, ritrovata la costante connessione con la sor-gente, può fare a meno della teurgia e di ogni contenuto trasferito da scritti di variogenere e provenienza.

Egli dice: “ tutti quelli che si trovano bene nello stato in cui l’anima è caduta e che nonconoscono la strada della sfera superiore alla quale apparteniamo per diritto primitivo, accettanol’impero delle intelligenze astrali e si mettono in rapporto con esse. É la grande aberrazione dicoloro che praticano la magia, la teurgia, la necromanzia ed il magnetismo artificiale. Non tuttoè errore o menzogna in queste pratiche, ma bisogna diffidare di tutto in quanto tutto avviene inuna regione dove il bene e il male sono mescolati e confusi”.

Come ulteriormente chiarito da Saint Martin in una lettera del 1797, attestantele sue nuove convinzioni da proporre agli iniziati mediante una via più “cardiaca”, ilFilosofo Incognito non condanna la teurgia in generale se non quella che intende il ten-

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tativo di governare le Potestà del piano astrale, sollecitando tutti i suoiadepti ad andare più in alto nella regione pura, quella del Verbo, dei suoi Agentie delle sue Virtù.

In una lettera del 1794 egli scrisse:”…io credo che chi riceve delle co-municazioni esterne e gratuite … può benissimo non essere ingannato ma non haalcun mezzo per accertare la cosa … la potestà cattiva può tutto imitare, la potestà buonaintermediaria parla sovente come la stessa potestà suprema …”.

In altro punto della stessa lettera Saint Martin ammette di aver avuto anche delfisico ossia di aver ricevuto manifestazioni sensibili ma considera che gli èstato facile riconoscere che la sua parte è stata più intellettiva.

Egli non cerca la forma ma vuole la sostanza, così come ampia-mente richiamato nei nostri Rituali e Salmi che operiamo cercandodi collegarci con l’Universo spirituale incorrotto che è il regno deicieli o la divinità trascendente, il centro di tutta la vita, unito allecreature che da questo centro mai si separano.Il nostro Universo materiale invece, è quello in cui Dio è presente

nel suo aspetto immanente in ogni creatura ed in ogni particella, perdirigere l’essere caduto attraverso la sua divina energia procedendo dal-

l’atomo ai mondi infiniti.Il misticismo di Saint Martin, altro non evoca che la volontà della ricerca del-

l’aristocrazia dei cieli raggiungibile attraverso i più alti gradi di identificazione con Dioche, si badi bene, sia concessa all’uomo di raggiungere. Tutto è personale ed individuale, dice, nei rapporti dell’anima, nello sviluppo delle suepotestà, nella rigenerazione di cui l’uomo ha bisogno e nell’elevazione che assume inquest’opera di palingenesi. Si noti quanto spesso in questa opera di nuova creazione o rinascita, l’uomo in cattivafede proietta nell’assoluto (piano in cui Dio E’) le piccole e distorte immagini del pianorelativo erigendosi a misura di tutte le cose e attribuendo a miracoli o fenomeni sopran-

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naturali l’essenza di fatti non concepibili per la mente umana, come se si potesse ridurrel’assoluto nel relativo e la Divinità come misura di se stessi!

In breve sintesi, il misticismo di Saint Martin frutto di una profonda religiositànon è identificabile nel misticismo cristiano, gnostico, buddista o musulmano, in quantotutto è concentrato in Dio e la sua più alta manifestazione il Cristo, regna in noi.

Inoltre, Saint Martin aspira unicamente alla saggezza divina e quindi attribuiscescarsa importanza alle manifestazioni secondarie, quali apparizioni o visioni, lasciandoogni sua più precisa esperienza o considerazione alla riservatezza, non per calcolo attoa “stimolare una vana curiosità e lavorare più per la gloria dello scritto che per l’utilità del let-tore” ma unicamente perché così è stata la sua vita, il suo pensiero, la sua educazioneed il suo temperamento.

L.C. De Saint Martin, nella sua opera “Ecce Homo”, afferma: “tutte le volte chel’uomo contemplerà i suoi rapporti con Dio, ritroverà in sé gli elementi indissolubili della suaessenza originale ed i naturali indizi della sua gloriosa destinazione. Ed ancora: in Dio il desi-derio è sempre volontà, mentre nell’uomo raramente il desiderio si realizza in volontà, senza laquale nessuna operazione è possibile”.

Pertanto la via “mistica” che egli indica per l’uomo di desiderio non si sviluppaattraverso l’attesa passiva di rivelazioni, bensì intende attivare le tre potenze dell’anima:pensare, sentire e volere. Ed è proprio l’unità di queste tre facoltà che l’uomo deve ope-rare in ogni istante, libero dai condizionamenti dei suoi sensi inferiori.

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La via mistica e la completa acquisizione coscienziale mediante il cuore, appareindispensabile per ogni operazione volta alla rigenerazione di quell’uomo nuovo,degno di tornare a dimorare nell’assoluto della sua forma gloriosa.

Quanto sopra espresso palesa la chiarezza e la semplicità interpretativa della viaMartinista, ispirata al Nostro Amato Filosofo Incognito e consacrata da Papus che poseil primo seme da cui noi traiamo ancora frutti generosi di cui dobbiamo essere grati maanche assumerne la responsabilità di curare con profondo amore la pianta, affinché altridopo di noi possano coglierne il puro alimento.

Il nutrimento del Martinismo è nel Martinismo stesso con la sua storia e tradi-zione che resta strumento perfetto e completo in quanto cardiaco - operativo e non oc-corre tracciare chissà quali traiettorie per delineare collegamenti con filosofie, religioni,autori mistici o teurghi che tuttavia rappresentano il necessario corredo culturale perl’individuale ricerca della verità.

Il Martinismo dosa per tutti i suoi iniziati un percorso contestualmente sia car-diaco che operativo nei limiti di quanto assegnato dai nostri rituali dando, in estremalibertà, indicazioni circa gli approfondimenti di varie materie, filosofie ed autori che

mai però ne divengono il fulcroperché questo risiede esclusiva-mente nei tradizionali riferi-menti storici ed istituzionali.

Il Nostro Amato FilosofoIncognito, ha orientato tutto ilsuo sapere per discernere e sa-crificare le attività che ha rite-nuto essere in contraddizionecon la vera scienza iniziatica,non limitandosi ad una cono-scenza solo intellettuale ma ri-cercando la coscienza in ogniattività per giungere a “sentire”Dio, è questa la completezza ela grandezza ancora oggi delnucleo fondante il Martinismola cui unica finalità è la reinte-grazione individuale e di ogniessere umano. Ciò con l’auspi-cio che per ciascuno questa vitasia effetto e destino dell’evolu-zione del proprio Essere, me-diante la volontà incorruttibiledi purificare moralmente e raffi-nare lo strumento di visione in-teriore fino a quando, mano amano che la vista si renderà piùacuta, la Luce sarà intensa e maipiù abbagliante. n

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Il Maestro PassatoERAT, ESTDesfedam

Posso ora ricordare che aleggiava, nell’intera abitazione, nel mio involucro gros-solano, una pesante ma non spiacevole aria di riposo: la dimora era adatta agli studi cuiera stata prescelta.

Tutto, al di fuori, era pronto. Non così al di dentro. L’anima deve abituarsi al luogoe riempirsi della natura circostante; poiché la natura è la sorgente di ogni ispirazione.Spesso mi fermavo, come anima vagante, dove il fogliame era più fiorente, per raccoglierequalche fiore. Possono queste umili creature della natura, che nascono e muoiono in ungiorno, esser d’aiuto alla scienza dei più alti segreti?

Vi è dunque una farmaceutica per l’anima come per il corpo? Si applicano forse ifigli del regno vegetale anche alla mia immortalità spirituale?

La mia mente si lasciò più e più cullare nella divina tranquillità della contempla-

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zione: mi sentii più nobile,nel silenzio dei miei sensi miparve di udire la vocedell’anima. Era questo lo

stadio in cui il mio MaestroPassato - quello che sentivopiù vicino interiormente -

nell’effettuare questa elementare ini-ziazione cercava di suggerire, di comu-

nicare, poiché chi cerca di scoprire deveprima arrendersi, in solenne e dolce cattività, alle facoltàche contemplano e immaginano.

Non esiste, disse il Maestro Passato, arte alcuna con cui mettere la morte completamentefuori dalla nostra scelta o sottrarla alla volontà celeste. Tutto quanto possiamo fare non è che questo:trovare i segreti del corpo umano, sapere perché le parti si ossificano e il sangue stagna, e applicarecontinui preventivi agli effetti del tempo.

Questa non è magia, è semplicemente l’arte della medicina ben compresa. Nellanostra comunità, noi consideriamo nobili:

1. La conoscenza che eleva l’intelletto.2. Quella che preserva il corpo fisico.

Tutto questo procede dal più nobile segreto cui bisogna soltanto accennare e cioèquel così detto “calore” che, come Eraclito così saggiamente insegnò, è il principio primor-diale della vita e può di questa esserne reso il perpetuo rinnovatore.

Quest’arte e questo segreto non possono essere propagandati in quanto se noi do-vessimo impartire tutta la nostra sapienza in modo indiscriminato, cosa saremmo noi: be-nefattori o castigatori?

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Se uno straniero, in occasione di unavisita a una tribù nomade - constatando chetutti i componenti non hanno conoscenza diuna sola delle proprietà che hanno le erbe -avesse detto ai selvaggi che le erbe che quo-tidianamente calpestano sono dotate dellepiù potenti virtù, come potrebbe essere con-siderato?

Che l’una avrebbe restituito la vita alfratello morente, che l’altra avrebbe paraliz-zato nell’idiozia il loro capo più saggio, cheuna terza avrebbe buttato al suolo il più po-tente guerriero, e che le lacrime, il riso, il vi-gore e la malattia sono racchiuse in quellefoglie trascurate...

Che vi sono facoltà dentro di noi conle quali certe erbe hanno affinità e sulle qualihanno potere... Come lo avrebbero conside-rato: un mago, uno stregone o un grande sa-piente?

Ecco apparire la vita che gode e lavita che contempla: l’una quando raccoglieerbe pensa solo ai suoi usi; l’altra si attarda ad ammirarne la bellezza.

Grave errore quello di certi filosofi che vogliono indirizzare, secondo il loro mo-dello astratto, la vita dell’umanità: non si può beneficare alcuni senza nuocere ad altri, sesi desidera riformare la totalità degli esseri ebbene bisogna comprendere il livello dalquale iniziare. È molto difficile abbassarsi a vivere in prima persona tutte le esperienze,positive e negative.

Nella presente condizione evolutivadella terra, il male è ancora un principio piùattivo del bene e, anzi, sta prevalendo.È per questa ragione che noi siamo so-

lennemente impegnati a insegnare la nostradottrina solo a coloro che non ne farannocattivo uso né la pervertiranno. Anche perquanto riguarda i pochi candidati, il supe-ramento di certe prove è destinato a purifi-care le passioni e a elevarne i desideri. Lanatura in ciò ci controlla e ci assiste, poichépone terribili guardiani e barriere insormon-tabili tra l’ambizione del vizio e il cielo dellapiù alta scienza.

Quanto vanno soggette alle solenni influenze della natura le sorgenti del nostroessere intellettuale!

Simile a un paziente lentamente e gradatamente riconoscevo ora nel mio cuore lanascente forza di quel vasto e universale magnetismo che è la vita nella creazione chelega l’atomo al tutto. Una strana e ineffabile coscienza di forza e di potere, di un qualcosadi grande, vivente entro alla propria creta peritura, richiamava in me sentimenti oscuri egloriosi insieme, quasi un pallido ricordo di una precedente esistenza.

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Il Maestro Passato miposò la mano sul cuore, battevaforte, ma coraggiosamente, re-golarmente. Egli alla finechiese: allora di quale natura è laconoscenza da ricercare senza in-correre nel pericolo di perdere il re-spiro e fermare il battito del cuore?

Qualsiasi conoscenza cheviola la natura non è reale, ri-sposi, come non sono reali leraffigurazioni rosicrucianedelle silfidi, delle ondine, dellesalamandre, o degli gnomi.

Solo cercando dentro mestesso la conoscenza può essere

acquisita completamente! Nell’invisibile vi sono milioni e milioni di esseri, non completa-mente spirituali però, poiché tutti hanno (simili all’animaletto invisibile a occhio nudo)certe precise forme materiali, sebbene materia delicata e sottile ancor più di un velo, chefunziona come una rete di filamenti che ne avvolge lo spirito.

Nella goccia d’acqua tu vedi, disse il Maestro Passato, quanto possa variare l’animaletto,quanti siano terribili alcuni di quei mostri-microbi abitanti l’atmosfera: alcuni di incalcolabile sag-gezza altri di orribile malignità; alcuni ostili o addirittura nemici dell’essere umano, altri come mes-saggeri tra cielo e terra.Colui che volesse stabilire dei rapporti personali con tali esseri, assomiglierebbe al viaggiatore che

volesse penetrare in terre sconosciute. Nessuno ti può difendere dagli imprevisti ai quali il tuo viaggioti espone, una volta stabiliti i rapporti.

Io, diceva il Maestro Passato, ti potrei guidare verso lontani sentieri, protetto e difeso daipiù mortali nemici dell’uomo abitanti nello spazio. Devi invece da solo affrontare e azzardare tutto!Ma se sei così attaccato alla vita fisica da preoccuparti solo di continuare a vivere, non importa perquali scopi, non devi assolutamente affrontare i pericoli che ti verranno dagli esseri intermedi, traterra e cielo, poiché l’esperienza gloriosa acutizza così tanto i sensi che quelle larve dell’atmosfera tidiverranno visibili e udibili, di modo ché, a meno di esserti allenato gradatamente a sopportare i fan-tasmi e a dominarli, la vita sarebbe la più terribile condanna.

Tra gli abitanti che si trovano al di qua della sogliauno, di nome EGO, sorpassa in malignità tutti gli altri e ilcui potere sullo spirito umano aumenta precisamente in pro-porzione della paura che l’essere ne prova.

Un tempo, ogni Iniziato, prima di accingersi acompiere qualcosa, osservava attentamente quali forzee influenze planetarie presiedevano e dominavano almomento, veniva a conoscenza che i dodici segni zodia-cali erano assimilabili alle dodici lettere semplici dell’al-fabeto ebraico, erano quindi i dodici geroglificidell’influsso solare diretto, detto Verbo.

Le loro posizioni nel corpo umano si rivelavano es-sere i centri fluidici del verbo solare della gran catena delsimpatico, che si proiettano sulla spina dorsale.

Nella cabala sacra, gli Eoni superiori presiede-

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vano a ogni rivelazione e assumevano un valore deltutto particolare. Allora lo studio dei segni e dei sim-boli era un mistero che dall’universo riversava il suorapporto di conoscenza sulla natura umana, il cui ri-sultato era simbolico, sì, ma era espressione di realtàsensibile e quasi taumaturgica.

Così opera l’iniziazione virtuale nell’infinitocammino verso l’iniziazione reale, nel prendere co-scienza della realtà esteriore e interiore e della loronascosta unità, mentre il loro sviluppo e la loro ri-correnza ci rendono sempre più consapevoli delle

nostre esperienze, acquistandone nel contempo la padronanza. n

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INTRODUZIONE ALLA CABALALE QUALITÀ DELLE SEPHIROT

Hator Go-Rex

Tratto dall’interpretazione della Torah, ossia il Pentateuco, i primi cinque libridell’Antico Testamento scritti da Mosè in cui è espostala Legge divina, l’insegnamento cabalistico è sostan-zialmente finalizzato alla comprensione della naturadi Dio attraverso lo studio della creazione e delle forzeche la governano. Penetrando il senso profondo e nonmeramente letterale della Torah la narrazione biblicasi rivela, secondo la Cabala, come l’espressione com-pleta della manifestazione divina, ogni verso, ricco diarcano significato, cela una sfumatura della dinamicainterazione tra le potenze divine e il mondo, attuataper la Cabala ebraica attraverso l’emanazione delle Se-phirot. La loro origine, ossia il nocciolo primordialeda cui nasce ogni cosa, l’Ain-Soph (senza fine), es-sendo un concetto umanamente inaccessibile anche alla contemplazione più profonda, èquindi per noi deducibile unicamente attraverso lo studio della natura finita delle cose,percorrendone a ritroso il movimento di esternazione fino all’origine e viceversa, poiché

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“Tutto proviene dall’Uno e tutto ritorna all’Uno’. Laspinta iniziale del principio creativo è denominataVolontà infinita o primeva, scaturita dal desiderio di-vino di manifestarsi, precede quindi il pensiero at-traverso cui, poi, si farà atto. La volontà si evolvein idea e l’idea in azione, l’Ain-soph, l’unità ema-nante, in tal modo si separa rivelandosi via vianella generazione delle Sephirot che rappresentanoi vari stadi d’irradiazione in cui Egli, man mano,scopre se stesso dall’infinito al finito. Le Sfere,emerse dalla sostanza divina nel suo traboccare,sono quindi veri e propri ‘contenitori’ delle potenzedi Dio. Un’attenta traduzione della frase inizialedella Genesi biblica “Beeshit Barà Elohim Et AshmainVeet Haaretz”, vede la parola Elohim come l’unionedi un articolo singolare el con un sostantivo pluraleohim e tradotta quindi con “Egli-gli Dei”, analoga-mente il verbo Barà, sulla base dell’integrazionemasoretica e con un occhio rivolto ai principi qabbalistici, tradotto con emanò, come spiegaApis nel saggio introduttivo del libro “Gli illuminati nella società umana”, delineano un si-gnificato quale: “Il Principio Primo creò, per emanazione, gli dei da cui furono formati cielo eterra”. Tale concetto di emanatismo non è riscontrato solo nella Cabala ma ridonda invarie dottrine, ad esempio nel sufismo, nella filosofia greca, nell’enoteismo egizio la cuiteologia menphitica vede Ptah come Principio Supremo Creatore da cui hanno originetutte le altre divinità.

Nel neoplatonismo, secondo Plotino, l’Ain-Soph, essendo perfetto, bastando a sestesso e non avendo quindi alcuna necessità di creare, trova tale spinta nella sua fertilesovrabbondanza, come una fonte che riempie il suo ba-cino e quando straripa da esso alimenta un'altra fonte,che a sua volta riempie il proprio bacino e straripa,spiega egregiamente il concetto Dion Fortune nelsuo scritto “La cabala mistica”. L’Uno tracima quindidella sua sostanza che, dividendosi, perde la per-fezione iniziale dando origine alle Sephirot che rap-presentano la sequenzialità dei piani dell’esistenza,dai più sottili e completi, ai più grossolani e imper-fetti, intesi come stati differenti di consapevolezzae percepiti in rapporto all’espansione coscienzialeraggiunta dell’essere. Le Sfere sono strumenti pre-ziosi per l’evoluzione interiore, a ognuna viene cor-risposto uno dei dieci nomi di Potere dell’Ineffabileche, utilizzati nelle operazioni magiche, invocanole potenze divine nella loro essenza più spirituale.

Per comprenderle al meglio va analizzata laradice ebraica da cui proviene tale denominazione,Sefirà, Sepiroth al plurale, deriva da Safar (Samekh– Peh – Resh רפס) i cui tre significati principalisono: numero, libro o storia, luce. Per quanto ri-

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guarda il numero (Mispar רפסמ) possiamo a esseassociare le qualità, intese come valore esoterico,espresse nei primi dieci numeri interi; nell’aspettodi libro (Sefer o racconto) פסמ (Sippur רפיס) comeimportanti testi contenenti miti, avvenimenti, sim-boli, tradizioni e quindi portatrici di tali saggezze;nell’aspetto di luce o pietra preziosa (Sapir, zaffiro-come centri irradianti il riflesso della Co (ריפסscienza Divina capaci di arricchire coloro che ne ac-quisiscono le proprietà.

Le dieci Sephirot sono ripartite nell'alberocabalistico su tre colonne, sulle due laterali quellecorrispondenti alle funzionalità energetiche, ma-schili nel pilastro della misericordia e femminili inquello della severità, mentre le Sfere collocate sulpilastro centrale i livelli di consapevolezza rag-giunti nell'equilibrio delle suddette forze opposte;Daath, la Sephirot occulta, posta tra Kether e Tiphereth nel così detto abisso, è la porta dipassaggio allo stato di coscienza più elevato raggiungibile dall’anima umana in cui il sa-pere e l’Essere si fondono nell’emersione del Sé e nella vera e propria comunione con ilDivino.

Tale disposizione macrocosmica si rispecchia in un preciso riferimento microco-smico, come viene detto nel secondo capitolo della Genesi Dio creò infatti l’uomo a suaimmagine e somiglianza e l’albero cabalistico delinea appunto l’Adam Qadmon, l’uomoprimordiale.

Il triangolo formato dalle prime tre Sfere Kether, Cokhmah e Binah, detto supernocorrisponde alla testa che, assieme alla coppia successiva Chesed e Geburah, le braccia,delineano l'Io Superiore; Tipharet, la quinta Sfera, si trova nel centro del glifo ed è il troncomicrocosmico, il punto di contatto con l'io inferiore o personalità, composto da Netzach,Hod, le gambe, Yesod è il fallo, il pilastro cosmico e generatore in cui tutte le potenze su-periori vengono incanalate per prendere forma in Malkuth, il Regno, culmine e obbliga-torio passaggio per risalire al Divino come suggerisce lo Zohar “Chi entra, deve farloattraverso questa porta”.

Le triadi sono formate da coppie di Sephirot le cui forze opposte si equilibranonella terza. I quattro inferiori rappresentano tutto ciò che è ingabbiato nella forma mentrei sei superiori i loro principi archetipali e metafisici. Le Sfere, che nell'insieme formano ilglifo dell'Albero della Vita, sono collegate le une alle altre da 22 linee chiamate sentieri,corrispondenti alle 22 lettere dell’alfabeto ebraico, non a caso lo studio della Ghematria èfondamentale per ogni cabalista; tali vie (22 sentieri+10 Sephirot) sono i canali attraversocui Dio scende nell’uomo e viceversa, nel percorso inverso di reintegrazione, con cuil’uomo può ascendere alla Divinità.

L'Albero, considerato da un punto di vista iniziatico, è il nesso tra il microcosmo, che èl'uomo, e il macrocosmo, che è Dio reso manifesto nella Natura, spiega Dion Fortune nella suaopera “La Cabala mistica”.

Le Sephirot sono talvolta paragonate a dei veli o delle vesti che man mano coprono,attenuando, la luce dell’Ain-Soph poiché l’uomo, allo stato attuale di coscienza, non è ingrado di sopportarne la diretta intensità luminosa se non attraverso un’ascesa graduale,di Sfera in Sfera, come fossero gradini di una scala ciascuno rappresentante un grado su-

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periore di illuminazione. Ogni Sephirot èun mondo a sé, pur rispecchiandosi le unenelle altre si differenziano tra loro dalleforze archetipali contenute. La loro diffi-coltà interpretativa, dovuta alle moltepliciinterazioni e agli altrettanto diversi rag-gruppamenti in cui possono essere consi-derate, rende il loro simbolismo dinamicoe poliedrico, in quanto non può limitarsi aquello della singola Sfera ma va osservatoin un modo più ampio e relativo alloschema di differente correlazione preso inesame. Essenzialmente sono almeno sei gliaspetti da considerare per comprendere inmodo completo ciascuna: la sua facciata in-dipendente, quella della Sfera emanante,l’influenza di quest’ultima, le proprietàdelle Sephirot che la precedono e in essaquindi contenute, il suo potere di emana-zione in base all’insieme di questi fattori eil suo aspetto contenuto nella Sephirot dalei emanata; da queste correlazioni si intui-sce che, oltre il flusso di emanazione di-

scendente dall’alto verso il basso, ve ne sia anche uno inverso e ascendente,un’interconnessione ritmica tra causa che si fa effetto e da effetto che ritorna come causa.Inoltre ogni Sephirot ha un ulteriore quadruplice natura rispettiva ai quattro mondi ca-balistici intesi come quattro diverse fasi della Creazione: Atziluth, il Mondo Archetipale,Divino, del puro spirito o delle Emanazioni dove vengono concepite le idee che darannovita al Cosmo - Briah, Il Mondo della Creazione, chiamato anche Khorsia, il Mondo deiTroni, la mente archetipale della nel quale avviene la progettazione - Yetzirah, il Mondodella Formazione e degli Angeli, dell’immagine e della coscienza astrale dove tali progettivengono disegnati- Assiah, il Mondo dell'Azione, della Materia, nel suo aspetto denso esottile e dove ogni cosa prende forma; tali mondi non sono da intendere come separatibensì compenetranti l’uno nell’altro.

Vediamo ora l'ordine di emanazione dall’alto verso il basso, le denominazioni e lecaratteristiche principali di ognuna.

1) Kether è “l’Uno”, la prima manifestazione dell’Ain-Soph, il senza forma in cuinon vi è dualità, è l’immoto equilibrio raggiunto degli opposti; viene chiamato Corona ecorrisponde microcosmicamente al Shamsara Chakra, il loto dei mille petali chesi trova appunto sopra il capo, anello di congiunzione tra corpo e mondospirituali, e nel parallelo sephirotico tra il cosmo e l’infinito. Lo stato del-l’essere corrispondente a tale Sfera è il fine ultimo, ossia la comunionecon il Creatore, il limite consentito di ogni esperienza mistica poiché aldi là di essa vi è l’infinito, insondabile e incomprensibile per qualsiasicoscienza umana. Kether è il punto di concentrazione dell’Ain-Soph dacui traboccano tutte le Sue forze, è la Sfera che contiene in sé tutto ilmondo manifesto e ogni suo stato dell’essere. La virtù di Kether quindi è,parlando in termini alchemici, il compimento della Grande Opera. Eheieh, Io SonoColui Che Sono, puro essere, è il nome di Dio in Kether.

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2) Cokhmah la saggezza; se Kether è il potenziale la sua prima manifestazione saràuna forza dinamica, attiva, fecondatrice. Cokhmah è quindi il Padre archetipale, il ma-schile, l’energia generatrice ma per comprenderla appieno va considerata nell’interazionecon la terza Sephirot, Binah, l’organizzatrice della forza, il femminile, colei che stabilizzae dà forma a tale energia, l’utero primordiale e metafisico. Da queste dueSfere, e quindi dalla prima congiunzione tra le forze contrarie dei Superni,si intesse tutta la vita del cosmo, sono poste al vertice dei due pilastri la-terali quello positivo della grazia, intesa come forza creatrice, e quellonegativo della severità, intesa come costruttrice di forma mediante ladelimitazione dell’energia in un contenitore.

In Chokmah vige quindi l’azione fecondatrice, la Parola intesacome Verbo, la matrice vitale che si impianta nell’utero cosmico da cuiviene organizzata e costruita. A tale Sephirot viene attribuito il nome di DioJehova, il Testo yetziratico chiama Chokmah “Intelligenza Illuminante”, possiamo associarlaalle parole bibliche “Sia fatta la Luce”, a un lampo, un’intuizione che fa brillare l’intelletto.

3) Binah "intelligenza o comprensione”; è la terza Sephirot del triangolo superno,rappresenta il femminile, la matrice delle forme archetipali stabilizzante la forza creativadi Chokmah. Posta al vertice del pilastro della severità essa la rappresenta in quanto di-sciplinante un’energia che altrimenti si perderebbe nel cosmo senza manifestarsi, in Binhanascono gli archetipi della materia che troveranno sviluppo finale nella sfera di Malkuth.A tale Sfera viene inoltre attribuita la generazione della fede poiché contiene una veritàesistente ma non ancora manifesta, parallelamente la fede è per l’appunto un'adesionefondata su di una realtà invisibile che si ritiene possibile, seppur sconosciuta.A Binah corrisponde la virtù del silenzio, della ricettività, il cui vizio, in-teso come avarizia, sta nel suo eccesso divenendone la qualità negativa.Il nome di potere a lei attribuito è Jehovah Elohim.

Da ciò fin ora esposto si evince la complementarietà delle dueSfere, ciascuna contenente una potenzialità essenziale affinchè si mani-festi, nella loro congiunzione, l’aspetto creativo. Per intenderci megliopotremmo paragonare Chokmah alla benzina e Binah al motore, e com-prendere in tale familiare metafora come l'impulso energetico andrebbe per-duto se non trovasse un contenitore in cui venire raccolto, organizzato e quindi trasmesso;lo stesso raffronto si può fare con l'apparato riproduttivo dove la qualità generatrice ma-schile, necessita di fecondare quella incubatrice femminile affinché avvenga la nascita. Ilsignore ha fatto la donna dalla saggezza dell'uomo e così lei è l'incarnazione della saggezza animatadal sentimento d'amore; ed il sentimento d'amore è la vita stessa, così la donna è la scintilla dellavita nella saggezza, mentre l'uomo è la saggezza, scrive Emanuel Swedemborg nella sua opera“Conversazioni con gli angeli”, riferendosi proprio al maschile e al femminile nella loro mas-sima espressione metafisica, quella delle due Sephirot.

4) Chesed, grazia; la quarta sfera contiene la grazia equilibrante la severità di Ge-burah, in essa ha inizio il mondo manifesto e, diversamente dai tre precedentisuperni solamente intuibili, Chesed è uno stato di consapevolezza raggiun-gibile attraverso una vera e propria esperienza. Da qui il concetto astrattoformulato in Binah comincia a concretizzarsi, l'idea archetipale si svi-luppa nell'immagine di un atto futuro che verrà via via realizzato nelladiscesa dei piani. In tale stato coscienziale si ricevono le influenze deiMaestri non incarnati, tali ispirazioni si indirizzano al favore collettivoe non individuale e per farsene tramite indispensabile è quindi avere sa-crificato completamente il proprio egoismo. La quarta Sephirot viene detta

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dell’intelligenza Coesiva, la sua virtù è l’obbedienza, il nome di Potere è El.5) Geburah, forza, severità; per comprendere la quinta sfera, chiamata anche il Sa-

cerdote sacrificale o il Distruttore e le sue qualità apparentemente negative, va capito in-nanzitutto il significato più profondo della parola sacrificio, inteso come la libera ecosciente rinuncia a un qualcosa per beneficiarne un altra, un necessario co-raggioso abbandono paragonabile metaforicamente alla potatura di unapianta. Proviamo a pensare come l'eccesso di ogni qualità divenga dele-terio, persino negativizzante, ad esempio una smisurata indulgenza sfo-cerebbe in buonismo, la troppa pazienza in debolezza, una smodatapassione in follia, l'eccessiva forza in crudeltà ed è proprio qui che in-terviene la severità di Geburah, nel limitare o incrementare l'una o l'altramantenendo l’equilibrio attraverso la disciplina, poiché tutto necessita delgiusto rigore, anche l'amore. Questa Sephirot ci mostra due importanti valori,l'obbedienza e la rinuncia, da comprendere attraverso le esperienze restrittive che la vitaci offre, distruttive in apparenza per ciò che riguarda la realtà temporale, ma costruttiveal servizio di ciò che è eterno, essa insegna inoltre la giusta visione e manipolazione delpotere e della potenza. Il nome ineffabile a Lei corrisposto è Elohim Gebor.

6) Tipharet, bellezza o compassione; posta al centro dell’Albero rappresenta il puntodi contatto tra l'Io superiore e quello inferiore, a essa sono correlati i Misteri della Croce-fissione poiché Dio vi discende manifestandosi nella consapevolezza umana tramite il fi-glio Gesù-Cristo. In questa Sephirot si esplica la comprensione del sacrificio inteso comemorte eroica, atto sprigionante una forza di redenzione necessaria a riequilibrare e redi-mere le forze avverse del Regno. Per comprenderne meglio il significato dob-biamo prendere nuovamente in esame la qualità del sacrificio giàriscontrata in Geburah nel suo senso magico-trasmutatorio, ossia cometrasformazione dell'energia liberata da una forma, affinchè ne com-ponga un'altra in un fine non egoistico, un dare per gli altri, e nell'apicedel suo significato, un donare se stessi partecipando all'ideale più ele-vato, quello della reintegrazione universale; per opposto il vizio asse-gnato a Tipharet è l'orgoglio. Trovandosi sul pilastro centrale, indica unostato di consapevolezza, un’illuminazione superiore e non più relativa alleesperienze sensoriali, caratteristica delle quattro Sephirot sottostanti. Nel raggiungere talesfera si acquisisce la vera veggenza udendo la voce dell'Io superiore, e quindi dello stessoCreatore essendo Tipharet il riflesso di Kether, nonchè l’intermediario tra macrocosmo emicrocosmo; in ebraico significa bellezza, intesa come armonia delle proporzioni. Il suonome ineffabile è Tetragrammaton Aloah Va Daath.

7) Nezach, costanza, vittoria; detta anche Sfera di Venere, rappresenta gli istinti emo-zionali, da essa genera la forza primaria che muove ogni essere, l’istinto naturale, le ener-gie sessuali, capaci sia di elevare che frammentare l’individuo a seconda dello statosuperiore o infimo che le pervade. In questa Sfera ha sede l’amore in tutte le sue variegatesfumature, dalle più spirituali alle più fisiche. Netzach e Hod, la Sfera che lasegue, parallelamente alle coppie superiori, rappresentano energia e strut-tura agenti stavolta non su di un piano puramente metafisico ma suquello della manifestazione. Hod rappresenta l’intelletto, e Netzach laforza che in esso si attiva creando delle vere e proprie forme pensiero,senza questa energia che dinamizza la mente immaginifica, vivifican-dola, Hod rimarrebbe sterile, teorica. Il suo nome di potere è JehovahTzabaoth, il Signore degli Eserciti.

8) Hod, maestà, gloria; come abbiamo visto è strettamente correlata a

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Netzach, le due Sephirot agiscono e si muovono nel piano astrale, ossia quello emotivooriginando, attraverso la loro unione, il desiderio. Il flusso discendente di tale emanazione,una volta raggiunto Malkuth, risale portando in esse il riflesso delle esperienze sensorialitratte dal Regno, da ciò si intuisce quanto le Sfere ne siano influenzate e come il pianoastrale di conseguenza sia un vero e proprio ricettacolo di psico-creature ge-nerate dalla mente dell’uomo, assioma che ricorda e ridonda nella Tavoladi smeraldo: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è comeciò che è in basso, per fare il miracolo di una cosa sola”.

Hod ha la capacità di sublimare, direzionare, controllare la forzadinamica di Netzach inibendo la natura animale e istintiva attraverso ilraziocinio. In lingua ebraica significa gloria, poiché proprio in essa leforze naturali prendono forma e l’iniziato, raggiunta tale sfera di consape-volezza, riuscirà a scorgere in ogni elemento della natura lo splendore e quindila gloria di Dio. Hod è la sfera attribuita a Mercurio-Ermete, dio della scienza e dei libri,dell’intelletto e quindi della Verità celata in ogni cosa, il suo vizio in opposizione è quindil’imbroglio, l’illusione, la falsità. Il suo appellativo ineffabile è Elohim Tzabaoth, il Diodelle Schiere.

9) Yesod, fondamento; questa Sfera è il vero e proprio trasmettitore nonchè il ricet-tacolo di tutte le emanazioni precedenti che culminano attraverso di essa nel regno, Mal-kuth. Viene infatti descritta come la sfera che regola il meccanismo dell'universo la cuibase, partecipe sia del mondo materiale che mentale, è l'Akasha o l'Etere del Saggio, ilquinto elemento, non manifesto, in cui trovano spiegazione gli altri quattro. Magicamente,ogni operazione il cui effetto deve trovare riscontro nel mondo fisico, va ef-fettuata attraverso Yesod, poichè essa, e quindi il piano astrale, è il tramitetra Spirito e materia, in quanto l'uno non può agire direttamente sull'al-tro, ma solo attraverso la mente, tramite l'etere, il regno riceve gli influssidivini. Yesod è chiamata anche Sfera della Luna, e collegata quindi al-l'astro che parallelamente riflette la luce solare in Malkuth, questi in-flussi, dette maree lunari, crescono e decrescono in un ciclo di ventottogiorni raggiungendo l'apice della loro intensità al plenilunio, regolando inampia misura sia i processi fisiologici che le operazioni magiche. Il suo nomedi potere è Shaddai el Chai, l'Onnipotente Dio Vivente.

10) Malkhut, regno; si può notare dal glifo che, diversamente dalle precedenti, que-sta Sfera non fa parte di alcuna triade, posizionata all’estremità del pilastro centrale, a cuiconvergono anche i due laterali, contiene e condensa l’insieme di tutte le emanazioni pre-cedenti e va considerata in particolare relazione con l'unica a lei direttamente collegata,Yesod. Malkuth viene denominata Madre inferiore in quanto, come Binah (Madre supe-riore) fa con Cokhmah, è in grado di racchiudere le energie vitali di Yesod donando loroin tal modo una forma. Malkuth è il nadir dell'evoluzione, ma esso dovrebbe essere consideratonon come l'infimo abisso della materialità, ma come la boa di virata di una regata. Qualsiasi yachtprenda la via di casa prima di aver girato la boa viene squalificato. Lo stesso è del-l'anima, spiega metaforicamente Dion Fortune nella sua “Cabala Mistica”volendo indicare la caduta come un processo necessario alla risalita inquanto l’animo umano, proprio attraverso le esperienze sensoriali, avràmodo di imparare a disciplinarsi, correggersi, dominarsi e infine tra-scendere la materia ascendendo verso l'Unità con consapevolezza. Daquesto si intuisce l'estrema importanza che le varie incarnazioni posseg-gono in tale processo essendo quindi l'unico modo in cui trarre i giustiinsegnamenti per la nostra rettificazione, le prove che la vita ci offre altro

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non sono che gradini per un’evoluzione spirituale. Il nome di potere di Malkuth è AdonaiMelekh o Adonai ha Aretz.

Da quanto fin ora detto si intuisce come l'emanazione esplichi una continuità traemanatore ed emanato e come perciò ogni essere sia parte della divinità, il limite nel com-prendere tale verità risiede quindi nella mancata e scarsa cognizione mentale, incapacedi scorgere la reale essenza di ogni cosa. L’idea che “Dio sia l’anima delle anime” ne dichiarala consustanzialità a quella umana, seppur intesa come neshamah, ossia nella sua partepiù alta (nefesh) non contingente al corpo, che non discende affatto nei mondi inferiorima che li irradia e incapace di peccare, un modus operandi che vede quindi Dio in essa, equindi nel mondo ma allo stesso tempo fuori da esso. L’uomo tuttavia non percepisce ildivino che è in lui finché non comincia la propria rettificazione e il conseguente percorsodi ascesa, un riavvicinamento che man mano darà così modo al Creatore di svelarsi. Lapossibilità di correggerci viene data solo nel regno di Malkuth, ovvero dove le forze im-pure scaturite dai piaceri del mondo sensibile possono agire, venire comprese, contrastatee trascese attraverso gli insegnamenti della sofferenza, lo studio, la meditazione, fino allacompleta catarsi delle passioni, dissoluzione dell’ego e conseguente volontaria obbe-dienza ai precetti del Creatore. L’uomo è l’unico essere in grado di discernere il male, re-spingerlo e rettificare così i propri desideri, solo in tal modo potrà ottenere l’intercessionedivina, l’unica capace di redimerlo interiormente e che può agire solo previa il consensodell’umana volontà, quando l’individuo avrà compreso e rifiutato la sua natura egoisticae opposta a quella del Creatore. L’Ineffabie trova piacere nel dare, l’uomo, al contrario,nel ricevere, è infatti questo divario che da Lui ci allontana poiché le affinità dipendonodalle vicinanze spirituali, non fisiche e l’unico modo di reintegrarci è quello di acquisirele qualità divine.

“Il nostro cuore è la somma dei nostri desideri egoistici e il piccolo punto che si trova alsuo interno è parte del desiderio spirituale e altruistico che vi è stato inserito dall’Alto, dal Creatorestesso. È nostro compito nutrire questo embrione di desiderio spirituale, nella misura in cui possa(lui e non la nostra natura egoistica) determinare tutte le nostre aspirazioni. Allo stesso tempo, ildesiderio egoistico del cuore si arrenderà, si contrarrà, appassirà e alla fine scomparirà.Dopo essere nato nel nostro mondo, l’uomo è obbligato a cambiare la natura del proprio cuore daegoistica ad altruistica, mentre vive nel mondo. Questo è lo scopo della sua vita, la ragione dellasua presenza nel mondo e lo scopo di tutta la creazione”. (Zohar, la luce della Kabbalah – tradu-zione e commento del Prof. Michael Laitman). n

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L’ARCOBALENO MISTICO

Heru Pha Khered

“Non si leggono i testi Ermeticiper ottenere informazionisu procedure alchemiche, si leggono per formarsi

una mentalità ed una percezione…”Schwaller de Lubicz (1887- 1961)

Alla morte di Isaac Newton (1643 – 1727), Alexander Pope (1688 – 1744) scrisse dilui: “la natura e le sue leggi erano sepolte nella notte; Dio disse: che Newton sia! E fu luce ovun-que”. Probabilmente Newton non sarebbe stato totalmente d’accordo con l’amico Pope.

Seppur vero che sia stato uno dei precursori nella scienza del suo tempo, non dob-biamo dimenticare che prima di tutto fu un grande alchimista, nonché massone, e dunqueè mia convinzione che avrebbe rifiutato l’epitaffio in quanto, da alchimista, aveva sicura-mente indagato sulla natura e le tradizioni ermetiche che parlavano della luce, nel sensomistico; tradizioni precedenti alla sua nascita e fonte di culture che, in quanto ad alchimia,non avevano niente da imparare.

Quando parliamo di alchimia istintivamente la colleghiamo alla ricerca della PietraFilosofale e ai tre gradi simbolo dell’Opera alchemica: Nigredo, Albedo e Rubedo.

Se proveremo ad approfondire le nostre conoscenze, potremmo scoprire chel’Opera in Rosso, da molti esperti ritenuta il culmine dell’alchimia, in effetti non è altroche il punto di partenza per la ricerca mistico-alchemica dell’Oro Interiore.

Per poter sperare di arrivare alla sua conoscenza occorre trasmutare moltissimialtri stadi; convenzionalmente quelli, oramai, ritenuti primari sono, oltre ai tre accennatisopra, altri quattro anche se Renè Guenon afferma che non sono sette icolori dell’iride, ma sei (rosso, arancione, giallo, verde, blu e viola).L’indaco è un’aggiunta moderna che potrebbe aver sostituitoqualche denominazione più antica e che la sfumatura corri-spondente all’indaco sia stata, in una certa epoca, sostituitaa un’altra per completare il settenario comune dei colori.(“Simboli della Scienza sacra”, I sette raggi e l’arcobaleno). Ciònon toglie che fin dall’antichità il simbolismo orientale sisia basato su sette colori sui quali hanno basato i princi-pali centri di energia dell’essere umano.

Questi sette corrispondono alla scala di gradazionedei colori dell’iride e i precursori nella loro qualificazionefurono gli Indiani che in essi fecero corrispondere i sette Cha-kra principali dell’essere umano e i mistici Arabi dei quali ap-profondiremo il discorso con questo lavoro. Dunque, per entrarenell’ambito, dobbiamo per prima cosa tenere presente che, sebbenela luce sia il simbolo archetipico della Saggezza, è attraverso la trasmutazione dei varistadi di luce che possiamo tentare di arrivare allo stadio dell’Oro Interiore; questi stadi,

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o lunghezze d’onda sono i colori ovvero le tonalità archetipiche delle varie frequenzedella luce.

Si potrebbe, ovviamente, credere che tutto ciò sia il risultato dell’immaginazionee dunque irreale, ma come vedremo in seguito l’immaginazione allontana dalla meta. Iltermine che si dovrebbe utilizzare è “l’immaginale” e anche di questo avremo modo diparlare più avanti.

Tornando a Newton che, certamente, aveva nozioni alchemiche superiori a chiscrive, avrebbe trovato un modo più elegante per dare l’incipit a questo Lavoro; la frasemessa al principio è il modo più semplice che ho trovato per spiegarmi, e provare a spie-gare, l’alchimia mistica della luce e dei colori, dei loro archetipi e di come essi siano statiutilizzati, dalla cultura di cui andrò a trattare, per cercare un mezzo che potesse permet-tere di arrivare, oltre che alla saggezza, ad essere un tutt’uno con l’Uni-verso o, se vogliamo, col Divino.

Alchimia è una parola che deriva dall’arabo - ALCHEMA’- e che significa “il Segreto” o “il Nero” ovvero“il mezzo che vnce l’oscurità e che porta alla Luce”; sembrache questa parola derivi dal termine Kemì, terra nera,ossia il nome che gli antichi egizi davano al loro paese.

Era il modo in cui “in quelle terre indicavano quellascienza, o quell’arte che pretendeva di insegnare il segreto diconvertire mediante fusione i metalli ignobili in oro, comporremedica- menti atti a guarir tutti i mali e prolungare la vita”. Queste paroleappartengono a Giulio Firmico Materno, uno scrittore romano di età tardo imperiale.

Forse Giulio Materno, che si era precedentemente convertito al cristianesimo e con-siderava i culti e i misteri di origine orientale tutte falsità, non aveva compreso l’essenzadell’Al Chemà, ovvero la filosofia mistica attraverso la quale si ricercava l’evoluzione

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dell’essere umano. L’Islam, la religione dei popoli arabi,non è sempre sinonimo di integralismo; la traduzione deltermine significa “sottomissione (a Dio)” o, meglio ancora“Essere Salvato”.

Il profeta dell’Islam è Maometto (Muhammad) con-siderato dai musulmani l’ultimo e definitivo profeta in-viato da Dio al mondo intero (dove per mondo interobisognerebbe intendere Umanità).

Dunque la parte mistica dell’Islam, quella che si in-teressava della salvezza dell’uomo attraverso la cono-scenza della luce (del Dio invisibile, ma insito nell’Essere),dava un’interpretazione particolare anche al Profeta (la parte mistica dell’Essere) inter-pretandolo come il mezzo attraverso il quale Dio, insito nell’uomo, gli parlava affinché ilprofeta (anch’esso parte integrante dell’uomo) manifestasse la divinità all’Uomo.

Questo giro di parole vuole soffermare la nostra attenzione su un concetto: il “Mo-hammad del Tuo Essere”.

La spiegazione, per quanto in modo confuso, riportata sopra dovrebbe essere utilea farci comprendere meglio il significato che i mistici dell’Islam davano a questo concetto.

Tra coloro che lo utilizzarono i più assidui furono i mistici del Sufismo Iraniano.L’Al Chemà iraniana basa le sue principali forme di spiritualità sul rapporto tra

luce e colori attraverso i quali l’iniziato, percependo e facendo propri i vari archetipi dellefrequenze d’onda, dovrebbe interiorizzarle traendone “nutrimento per lo spirito” al fine dipercepire la Voce di Dio attraverso il “Mohammad del Tuo Essere”.

In altre parole si tratta di percepire la “Vita oltre l’esistenza”, o meglio, crescere inspirituale per dare un senso al materiale.

La massima espressione per poter comprendere il discorso fatto fino a questo

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SELKIT,dea egizia della magia

Nasir-al-Mulk-moschea a Fars in Iran

punto si trova in un dettame suggerito nel “Ta’-Wil”; è un dettame dell’ermeneutica spirituale pra-ticata dagli iniziati dell’Islam. Attraverso di essa sicerca un’interpretazione dei testi classici religiosiche consenta un “ritorno alle origini”, non tanto insenso storico, ma piuttosto trascendente. In questotipo di ermeneutica si rivolge inoltre particolareattenzione ad un “libro”, quello interiore del-l’uomo. In questo caso il Ta’wil si presenta comeuna vera e propria pratica alchemica che tende ad“occultare l’apparente” per “manifestare il velato”;l’individuo che riesce ad entrare profondamentenel linguaggio di un simbolo è in grado di cogliereil potere “ispirativo” insito in esso.

Così facendo è possibile “risalire la cor-rente”; letteralmente Ta’Wil significa “ricondurreuna cosa alla sua fonte, al suo archetipo, alla sua realtàvera”. Ricondurre il tempo tangibile al tempo psi-chico, quello del mondo dell’anima. Secondo Sem-nani, un maestro del sufismo, esiste infatti un “tempo degli orizzonti” avente direzioneorizzontale, fisico-storica, ed un “tempo del polo” di natura verticale, tendente alla spiri-tualità in cui può essere attuata l’esegesi spirituale del Ta’Wil. In essa ci si avvale dell’im-maginazione spirituale che, a differenza dell’immaginazione orizzontale, tangibile, noncostruisce dell’irreale, ma invece “svela il reale nascosto”. Giungendo a quell’origine inco-noscibile del simbolo avente propria forma e modello.

Atto interiore, quindi, assolutamente sacro, che pone l’essere umano nella condi-zione di svolgere pienamente il proprio “compito”:quello di ponte di congiunzione e di scambio tra la na-tura manifestata e la sua radice immanifesta.In questo modo gli archetipi dischiudono la loro in-

trinseca bellezza, Bellezza Divina se è vero, per usare leparole di Agostino, che questi risultano essere i modistessi in cui Dio concepisce il proprio logos, e tramite iquali si vengono a costituire i modelli delle cose create.Ma attraverso quale processo l’essere umano può

giungere ad un tale traguardo cognitivo-consapevole?Nella meta fisiologia della luce propria del sufismo

iraniano si parla di un raggiungimento in similitudineluminosa.Parimenti all’alchimia che vuole il simile “aspirato” dal

simile, solo colui che riesce a liberare le proprie “particelledi luce” dalla prigione materiale-arimanica, può sentirsi “aspirato”, cioè attirato, dalla fonteluminosa, suprema, che lo richiama a Sé; solo chi riesce, faticosamente, a porre fine a unavisione strettamente materialista del reale può giungere a cogliere quello “spazio spiritualeinteriore”, spazio che così potrà Operare la personale “invocazione” di Luce.

Ogni Simbolo rimarrà decisamente latente se proveremo a conoscerlo solo con lamente e non con l’anima.

Come simbolo il colore è sicuramente tra i più ricchi di significati, sia a livello psi-cologico che spirituale, essendo un fenomeno legato alla luce in quanto una sua espressione

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qualitativa.I colori si differenziano in cromatici, colori che hanno

una personale tonalità e colori acromatici; il bianco,tanto per fare un esempio, è un colore acromatico nonesprimendo una tinta, ma inglobandole tutte.La luce del sole è Bianca ed è solo la sua disgregazionenello spettro fa in modo che risultino visibili il rosso,l’arancione, il giallo, il verde, l’azzurro, l’indaco ed ilvioletto.Anche il nero, esprimendo la totale assenza di luce; e ilgrigio, frutto dell’unione del bianco e del nero, assu-mono caratteristica acromatica.Il simbolismo dei colori acromatici, visto in senso stret-tamente esoterico, tende a scostarsi in modo considere-vole da quello degli altri colori. Si potrebbe affermareche i colori dello spettro rappresentano degli archetipi

aventi propensione manifestativa, mentre i colori acro-matici esprimono degli archetipi “essenziali”, inerentiprincipalmente al “mistero” intrinseco della luce.

Fisicamente la luce visibile è un particolare tipo di onda elettromagnetica che sidifferenzia dagli altri tipi di onde elettromagnetiche (onde radio, raggi X, ultravioletti,ecc) per il fatto di essere percepita dall’occhio umano.

Dunque la luce non è altro che il segno evidente di un processo di trasformazionedella materia in cui viene liberata energia (cosa che succede ad ogni tipo di vibrazioneenergetica).

Questo processo può essere chimico (fiamma di una candela), fisico (il fulmine),oppure termonucleare (eruzioni solari).

In ogni caso c’è una stretta relazione tra luce ed energia, energia e materia; inoltrela luce presenta un duplice aspetto: ondulatorio e corpuscolare

Con il termine ondulatorio si definisce il concetto di continuità, mentre con quellocorpuscolare s’intende la “quantizzazione” della luce come aggregato di unità singole chia-mate fotoni; le due teorie hanno permesso alla fisica di determinare la distribuzione dei

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fotoni che cadono sopra un corpo in determinate condizioni (nozione d’onda).Se affrontiamo queste capacità della Luce in chiave simbolica, possiamo constatare

come l’andamento fisico della luce rifletta un archetipo che unisce in se stesso sia la naturaduplice che quella unitaria della luce manifestata.

La Tavola di Smeraldo espone in questi termini la creazione del mondo: “La primacosa che apparve fu la luce della Parola di Dio. Essa dette nascita all’azione, l’azione al movimentoe questo al colore”.

È la descrizione in Genesi del “Yehi Or” (= La Luce Sia!), una sorta di Luce-Amoredivino, dove il colore può essere preso come riferimento alla manifestazione della luceovvero il Dio-Cristo-Uomo che Jakob Bohme, filosofo e mistico tedesco (1575-1624) cre-sciuto in ambito luterano, sviluppò in seguito in molte sue opere (“Aurora Consurgens” oil “Rosseggiare del mattino in ascesa” (1620), “Cristosofia o la via a Cristo” (1624) attraversoun suo pensiero: “la luce si libera dal fuoco come il desiderio d’amore si libera dalla volontà diDio e si fa Uomo”.

Lo stesso Bohme era solito dire di sé: “Ho letto un solo libro, il mio libro dentro di me”;era convinto che l’uomo avesse la capacità di com-prendere il “mistero di Dio”, da lui concepito comeuna realtà informe e originaria da cui prendeva vitala creazione mirabilmente descritta nella Tavola diSmeraldo.

Dunque il suo pensiero è molto simile al pen-siero orientale dove si parla di una Luce da percepiresenza “rifrazione”, cioè senza intermediazioni defor-manti, per intuizione diretta, - affinché possa aver luogoil “miracolo” dell’Illuminazione -.

Appare evidente che i mistici fanno riferimentoad una Luce unitaria che, come pura espressione di-vina, esprime una forza creativa, onnipervasiva che“riempie di Sé” quello che prima “non c’era”.

Ma la luce è paragonabile anche a un’onda che rappresenta l’incessante fluire dellavita frammentato dalle forme, dalle creature, da tutte quelle manifestazioni quantitative

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aventi propria singolarità.Questi frammenti compongono l’aspetto corpuscolare della luce che i fisici chia-

mano “Quantum”.Anche noi, esseri umani, essendo creature esistenti, rappresentiamo una specie di

quantum all’interno dell’”eterno fluire della vita”.Ovviamente quest’onda luminosa e pura sebbene limitata dai fenomeni, al tempo

stesso, non ne è soggetta, perché, istante per istante, l’incessante fluiredella vita ricrea l’universo; dunque ogni uomo è sempre e continuamenteuna nuova creazione così come lo è ogni quantum di luce.

Si potrebbe affermare che con questa visione l’archetipo luminoso del-l’onda diventa espressione dello Spirito, cioè di quella manifestazione del di-vino avente continuo movimento ed eterno divenire.

A questo punto lo Yehi Or diventa il “Respiro dell’Universo”, compo-sto da un flusso continuo di luce e colori, dove possiamo paragonarel’espirazione alla discesa nella molteplicità e l’inspirazione al ritorno al-l’unità.

Attraverso questo fluire l’Essere Umano può scegliere di seguire ilpercorso verso la reintegrazione oppure no.

A seconda della scelta fatta si crea quella differenziazione tra sacro eprofano o, se vogliamo esoterico ed essoterico; infatti se i fenomeni, qua-lunque essi siano, derivanti dal fluire continuo della vita, vengono vissutidall’essere umano come un assoluto, l’unico aspetto della luce che verràaccettato sarà quello corpuscolare (essoterismo).

Si perderà così, necessariamente, quell’”apertura” dell’anima possibile solo in unostato di “continuo flusso di luce”, dunque ondulatorio (esoterismo).

Dobbiamo, tuttavia, considerare la “condizione umana” come assolutamente es-senziale per quello che viene definito “stato di illuminazione”; dunque il vivere solo lo statoondulatorio della luce, privandosi di quello della manifestazione densa, produrrà ugual-mente un “danno”: si perde la possibilità di individuazione in “stato d’essere cosciente”propria dell’esperienza apportata dalla manifestazione umana.

Nella realtà che ci circonda tutto è apparentemente distinto, separato, molteplice;il superamento di questa dimensione con “pienezza di luce”, ossia da “Essere Risve-gliato”, dunque partecipando in piena totalità l’archetipo, ci proietteremmo in quello“spazio nuovo”, dove l’esistenza è proiettata, da quest’onda di luce, sempre in avanti,verso un ritorno all’UNO Unico.

L’archetipo della luce, in questa visione, risulta andare oltre i semplici colori, infattisi potrebbe dire che ne è insieme l’origine, la causa, e il raggiungimento ultimo; dunqueil colore, per la luce stessa, è definibile come una sorta di qualità in continua evoluzioneesperienziale.

Se le ipotesi esternate possono avere valore,viene da chiederci perché all’occhio umano è data lacapacità di distinguere i colori? E se per la luce stessail colore è una qualità in continua evoluzione, qual èl’esperienza evolutiva che è chiesta all’essere umanoreso capace di distinguere i colori?

Non possiamo dimenticare che la maggioranzadei mammiferi possiede una visione cromatica medio-cre, se non del tutto assente; mentre altre specie comegli uccelli e gli insetti percepiscono i colori benissimo

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e alcuni rettili superano la visione umana ar-rivando alla percezione degli infrarossi.

Comunque le risposte alle domandeche mi pongo sono forse impossibili da avere;resta ovvio che l’essere umano non è solo ingrado di percepire e distinguere attraverso gliocchi le diverse lunghezze d’onda (o fre-quenze) della luce visibile, ma riesce a trarne“esperienza”, a collocarle cioè su di un pianopercettivo-elaborativo

L’oriente ci ha portato i più grandi in-segnamenti in questa materia fino ad arrivarea valutare la capacità dell’essere umano, attra-verso questa percezione-elaborazione, ditrarre “nutrimento” dalle varie frequenze lu-minose (Chakra) a beneficio sia fisico che spi-rituale; dunque si potrebbe ipotizzare (pernon usare affermare) che attraverso la capacitàdell’essere umano consapevole (risvegliato) dipartecipare totalmente gli archetipi luminosisi raggiunge quella richiesta fatta dal neofitache bussa alle porte del Tempio: “la Luce”.

Un altro attributo del colore è la Lumi-nosità (Brillanza) che coincide con la nostrasensazione di cupezza o di chiarezza di un co-lore rispetto ad un altro; ad esempio po-tremmo percepire un’impressione di cupezzaper un viola od un blu scuro, oppure di bril-lantezza per un giallo o un verde chiaro.

Passando su un piano simbolico possiamo valutare come questo attributo esprimala modalità di rapporto tra il colore manifestato e il suo archetipo: il suo “linguaggio”.

I colori di frequenza maggiore (vicini all’ultravioletto, come il blu e il viola) espri-mono una comunicazione interiorizzante e intima, mentre le frequenze basse e mediedello spettro visibile la producono aperta e esteriorizzante; naturalmente è una comuni-cazione simbolica, una suggestione che non proviene dalla sola osservazione razionale;ad essa ci si avvicina attraverso un contatto “intimo”, immaginale; questa comunicazione,facilmente udibile al bambino, finisce per essere dimenticata in età adulta, a vantaggiodella concezione razionale e immaginativa.

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Il Vangelo di Marco spiega in modo tanto semplice quanto profondo questo concettonel momento in cui leggiamo: “Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepolili sgridavano. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me enon glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non ac-coglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso”.(Marco 10, 13-15).

Nel Pensiero mistico iranico-islamico, l’immaginale corrisponde ad una reale fa-coltà dell’anima. Facoltà sottile d’intermediazione tra le percezioni che derivano dalmondo sensibile e quelle che provengono dal mondo spirituale inintelligibile. Il suo“luogo” manifestativo è il “mondo di mezzo”, il mondo animico, secondo la Kabbalah, dellaSephirah Malkut.

L’immaginale non è l’immaginazione che, al contrario fa parte esclusivamentedella razionalità; si potrebbe definire una sua elaborazione per lasciare una “valvola disfogo” ai contenuti desiderati o repressi dell’essere umano adulto; dunque la nostra fan-

tasia potrebbe creare delle immagini attra-verso le quali l’uomo varca quel confine legaleimposto dalla morale, ma noi, seppur po-tremmo provare uno sfogo a quello che defi-niamo “tabù”, nemmeno per un attimopensiamo che queste immagini possano ele-varsi alla realtà.

I bambini invece lo fanno. Spesso le loro“produzioni immaginarie” si sostituiscono alreale oppure si mescolano ad esso.

Il margine tra il mondo raziocinante (lo-gico), e quello immaginativo (fantastico), è perloro ancora fragile sul piano emotivo e, solo

crescendo, piano piano, questi due mondi cominceranno a trovare una loro collocazioneunitaria, separata, riconoscibile.

Il simbolo, l’archetipo, riunisce questi due mondi nell’attuale, creando un pontedi contatto tra il mondo immaginario e quello reale.

L’essere umano, l’individuo percepisce questi due mondi in modo del tutto per-sonale, quindi ogni uomo ha la sua visione di ciò cheè reale e ciò che è fantasia; ma l’Iniziato, il Risve-gliato che è riuscito attraverso il simbolo a riunire i duemondi non è più di fronte alla fusione infantile, bensì adun ricongiungimento cosciente, evoluto tra essi.

L’immaginale simbolico della filosofia mistica iranico-isla-mica rappresenta questo scambio, questo “mondo di mezzo”espresso in un ambito divino imperscrutabile all’essere umanoe, tuttavia, a lui indispensabile in quanto conduce i “Valoridel Reale”, percepiti da ognuno in modo diverso, ad assu-mere un significato mistico in un piano interiore pur sem-pre personale.

Questo processo simbolico che trasforma dunquel’immaginale in valori intimi, in seguito, li veicola (odovrebbe veicolarli) a manifestarsi sul piano reale nonpiù come immagini fantastiche, ma elaborate intima-mente dalla nostra parte divina, pura, come mezzi dievoluzione nel continuo flusso vitale; quel “Respiro del-

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l’Universo”, lo Yehi Or ovvero il ritorno al Verbo divino, alla Luce primordiale.L’approccio con gli archetipi dei colori della luce procede sempre per fasi conosci-

tive, che si susseguono, relative al livello mistico interiore raggiunto, ma non dobbiamoscordare che per raggiungere o cercare di raggiungere un certo tipo di livello occorre unosforzo di volontà.

Comunque, la vibrazione congiunta ed essenziale degli archetipi dei colori e l’in-teriorizzazione degli stessi, da parte dell’Iniziato, potremmo considerarla come lo stadiofinale dell’Opera conoscitivo-trasmutativa del colore identificabile nello stato Aureo del-l’alchimia; l’Oro filosofale raggiunto, il compimento dellaGrande Opera; la trasmutazione di tutti gli stati coscien-ziali, i metalli della condizione materiale, in consapevo-lezza completa (Oro/Luce).

Dunque potrei azzardare che l’Oro interiore, que-sto stadio finale, corrisponde ai colori dell’Arcobaleno che,come ho detto, sono con-vibranti con quei centri energeticiinteriori che, comunemente, si definiscono Chakra.

A conferma di questo, oltre al sufismo iranico, tro-viamo nella Bibbia: “E Dio disse: - Ecco il segno del patto cheio faccio tra me e voi per tutte le generazioni a venire. Io pongoil mio arco nella nuvola, e servirà da segno del patto fra me e la terra.” (Genesi,9:12-13).

“L’arco dunque sarà nelle nuvole, e io lo guarderò per ricordarmi del patto perpetuo fraDio e ogni essere vivente. E Dio disse a Noè: - Questo è il segno del patto che io ho stabilito tra mee ogni carne che è sulla terra -”. (Genesi,9:16-17)

Quindi potrei affermare che un Iniziato deve corrispondere ad uno stato interioreche convibra con i sette colori dell’Iride (il patto tra Dio e l’uomo), e questo stato corri-sponde al “Mohammad del Tuo Essere” del sufismo iraniano, o allo Yehi Or ebraico.

Dall’utilizzo del simbolo del colore, come metodologia di indagine e di successiva,eventuale trasmutazione coscienziale, saremo in grado di operare una autovalutazioneche, se sincera, potrà fornirci preziose indicazioni sul nostro “reale stato evolutivo”.

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L’obiettivo dell’Iniziato è aspirare ad essere “Uomo di Luce”, una luce mistica com-posta dai sette colori energetici principali che, amalgamandosi in perfetta armonizzazione,riflettono l’Oro Filosofale.

L’Uomo che si realizza opera quella condizione di interezza, la reintegrazione, tramaterialità e spiritualità, quel cammino che lo riporta alla sua origine divina.

Fatto questo, constatando quanto siamo più o meno “lontani” dall’ottenimento“dell’Arcobaleno Interiore”, spetterà a noi, alla nostra “volontà di ascesa”, di “bussarealla porta”.

A conclusione di questo lavoro spero sia più chiaro a noi tutti il compito iniziaticoche abbiamo assunto e, se così sarà, anche certi passaggi dei nostri Rituali acquisterannoun valore diverso.

Potremmo percepire, considerando la nostra condizione di Eterni Apprendisti, conmaggior consapevolezza alchemica il passaggio del Rituale Massonico che avviene du-rante l’iniziazione a Libero Muratore:

Maestro Venerabile: “Fratello Primo Sorvegliante che cosa chiedete per il Candidato?”Primo Sorvegliante: “La Luce, Maestro Venerabile”Maestro Venerabile: “Che sia data la Luce al terzo colpo del mio maglietto!”

… wajj’omer ‘elohim jehi ‘or wajjehi ‘or …

“Il Saggio dopo aver scalato il Sentiero dell’Arcobaleno e aver trovato l’Unità, varca laPorta e inizia la Vera Vita”.

(Anonimo) n

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LA RICERCA DI DENTICE D’ACCADIASULLA FILOSOFIA ECONOMICAE SULLA MISTICA PALOMBIANA

Howard Mat

La ricerca di Antonio Dentice d’Accadia sull’economista Giuseppe Palomba èl’apripista per un campo inedito e inesplorato, la regione filosofica in cui convergonoamalgamandosi due scienze da sempre credute inconciliabili: l’economia e il sacro, conuna raffinatezza e completezza logico-dialettica ben distante dal semplicismo moralista.

Il lavoro entusiasma da subito per l’originalità e pretende maggiore attenzioneman mano che dispiega inconsuete particolarità e l’evidente genialità eretica di un pen-siero ancora all’avanguardia che ha sconcertato e disorientato gli altri economisti del No-vecento.

L’autore della ricerca ci offre dettagliata argomentazione degli sviluppi riguardantianche le prossime pubblicazioni e chiarisce dei punti in ombra anticipando alcune evo-luzioni.

Si studia e commenta il pensiero economico e filosofico di Giuseppe Palomba(1908, Caserta - 1986, Napoli) tra i massimi scienziati italiani del Novecento e caso parti-colarissimo. Egli era nel contempo il legittimo discendente della scuola economica di Vil-fredo Pareto (attraverso Luigi Amoroso) e il massimo rappresentante in Italia del misticoe sufo Frithjof Schuon (a propria volta figlio iniziatico di Guénon). Non ci riferiamo a unpersonaggio minore del secolo scorso, ma a un pilastro del mondo accademico italiano(ha insegnato nelle Facoltà di Catania, Napoli e Roma), socio delle più importanti istitu-

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Il Dott. Antonio Dentice d’Accadia, autore della ricerca citata

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zioni (i Lincei, la Tiberina, la Pontaniana, ecc.) e premiato da ben due Presidenti della Re-pubblica (Pertini e Leone).

Palomba ha scritto una trentina di opere con la particolarità straordinaria di essereuna sintesi sincretica e inter-disciplinare tra scienza economica, sociologia, filosofia e

scienze sacre. In tale quadro il mondo accademico si offreinterfaccia del mondo spirituale. Le numerose opere del-l’economista (ormai quasi introvabili) costituiscono un cor-pus disorganico dalla lettura assai complessa. Ad esempionella “Morfologia economica” si inizia dai principi taoisti(Yin-Yang) e attraverso la storia economica e la sociologiadel Pareto ci si riconduce al significato della moneta nelrapporto simbolico tra umano e divino. In Palomba il tuttoè espresso anche attraverso un linguaggio fisico, matema-tico e geometrico rendendolo ostico non solo per l’ampiopubblico, ma anche per gli studiosi del settore costretti a

transitare per i concetti orientali (tra Nirvana, Samsara, Satori, buddhità, ecc.) al fine di co-glierne le riflessioni strettamente scientifiche.

La ricerca di Dentice d’Accadia si pone come bussola e sintesi organica di tutto ilpensiero palombiano, rendendolo chiaro e assimilabile anche dall’ampio pubblico e mo-strandone l’attualità in due principali applicazioni: il metodo economico e la formulazionefilosofica. Il lavoro dell’autore si esprime in due pubblicazioni del 2013: “Giuseppe Palomba.Tra scienza ed esoterismo” (Tipheret Editore) e “L’economista Giuseppe Palomba. Metafisicadell’economia” (Bonanno Editore). Altri due volumi sono in corso d’opera, il terzo riguar-derà la filosofia mistica di Palomba nel suo periodo finale e il quarto lavoro definirà l’or-ganizzazione categoriale del pensiero economico e sociale. Le quattro opere costituirannoil pilastro fondamentale per la comprensione della totalità palombiana godendo alla basedi una imponente collaborazione: economisti, scienziati, teologi, letterati, sufi, iniziati allecorrenti orientali, occidentali e latine (tant’è vasto Palomba).

Già soffermandoci al puro pensiero economico ci troviamo di fronte a una vera epropria “anomalia” concettuale. Esso è la “terza via” che passa marginalmente al pensieroliberista di Vilfredo Pareto e alle osservazioni anticapitaliste di Marx e li abbraccia tutticercandone congiunzione. Spingendoci oltre si arriva a quello che Dentice d’Accadia de-finisce il “paradigma fondamentale”: la dimensione economica è un modo di essere di quellapolitica e la dimensione politica è a propria volta un modo di essere della dimensionesacro-metafisica. É lo studio del trascendente nella storia economica cercando soluzionialle attuali problematiche.

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I principali campi di ricerca di Palomba sono:l’etica dell’economia e la filosofia eco-

nomica, la sociologia, la storiaeconomica, il rapporto trafisica-matematica-economiae la filosofia-mistica come an-tiporta per la metafisica.

Discendendo nel cuoredel sistema economico si spalan-cano le porte di una concezionespirituale dalle proporzioni inso-lite. Ecco che vi troviamo nozionilegate alla Via Cardiaca del Martini-smo, al setaccio del Buddhismo, allagerarchia Induista, al Taoismo, ai pro-cessi alchemici, all’estasi del Sufismo,ai principi massonici e tutto è infine ri-condotto a una personalissima visionedella mistica del Cristianesimo. Dentice d’Accadia attraverso gli scritti

di Palomba ci descrive il percorso raccontatodallo scienziato. Egli ha iniziato dal puro stu-dio accademico per impelagarsi nella crisi

scientifica ed economica. Erano tramontati l’Homo oe-conomicus, il principio utilitaristico e i principi smithiani. In questo scenario di

profondo malessere e di disorientamento Giuseppe Palomba si dedicava allo studio ditutte le religioni con l’intenzione di comprendere l’uomo nella propria totalità con la ne-cessità di estendersi ben oltre il razionalismo. Dalle religioni era passato allo studio del-l’esoterismo (diventando massone e martinista) e per un periodo della sua vita si eraconvertito all’Islam iniziandosi al Sufismo nella Tariqua del Maestro Schuon. Palomba eratornato al Cristianesimo dopo una intesa “esperienza spirituale” rimanendo comunqueil massimo rappresentante in Italia di Schuon. Nel ritorno al Cristo egli portava con sétutte le nozioni, le connessioni e il bagaglio iniziatico appreso nei vari percorsi generandoun proprio sistema spirituale che faceva dabase alle espressioni scientifiche.

Volendo muovere alcuni esempidella formulazione di Palomba troviamo: 1)la tripartizione spirituale dell’essere umano(Corpo, Anima e Spirito) a ispirare le corre-zioni della residualità nella sociologia delPareto; 2) i principi della termodinamicaconnessi alla teologia di Teilhard de Char-din e alla dialettica filosofica; 3) l’analisitensoriale applicata sia alla mistica che alrapporto tra aree iper e ipo-sviluppate conun occhio particolare per il Meridione e iproblemi della globalizzazione; 4) gli ope-ratori matriciali nei processi iniziatici; 5) gliarchetipi planetari alchemico-ermetici che

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definiscono le categorie della sociologia palom-biana nella “Regressione verticale delle intenzioniestetiche”; 6) la critica a Marx e Nietzsche nelladifferenza tra “psichismo” e “maggiore spiri-tualità”; 7) la dialettica materialista integratanella Teoria della meta-argomentazione; 8) ilprogramma di riunificazione geometrica diFelix Klein coniugato con la filosofia Buddhistadi Nagarjuna; 9) I Trigrammi di Fo-Hi alla basedel “Libro dei mutamenti” letti anche in chiavedell’Estetica dell’arte; 10) il ragionamento intermini di “economia euclidea e non euclidea” per indicare le falle nel ragionamentoscientifico proiettato all’iper-razionalismo slegato dalla concreta fenomenologia sociale.

Nel volume del 2013 “Giuseppe Palomba. Tra scienza ed esoterismo” Dentice d’Accadiain seguito a un particolare sigillo ritrovato nell’ex-archivio privato dell’economista ha ipo-tizzato un qualche collegamento tra Palomba e l’Ordine Osirideo Egizio. L’autore ci anticipache in seguito al risveglio dell’A:.O:.E:. e alle informazioni ricevute da UNAS (attuale Pon-tefice Massimo) il terzo volume riporterà anche due integrazioni rilevanti: 1) la differenzatra la commissione di controllo (Ordine Osirideo Egizio) e l’Antiquus Ordo Aegypti; 2) laconferma del collegamento tra Giuseppe Palomba e l’Ordine, nel senso che l’ascendenteNicola Palomba fu alla guida dell’A:.O:.E:. dopo Vincenzo di Sangro (figlio del fondatoreRaimondo) e favorì la sopravvivenza dell’Ordine insignendo della Patente di 90° l’ufficialefrancese Gad Bedarride (i cui figli costituirono in Francia il “Rito di Misraïm”).

In seguito alle prime due pubblicazioni di Dentice d’Accadia sono nate numeroseiniziative in Italia (basate sulla ricerca), tra cui una tesi universitaria alla Facoltà di Econo-mia di Capua (Seconda Università degli Studi di Napoli), una tesi all’Istituto Superiore diScienze Religiose di Nola “Duns Scoto”, la costituzione dell’archivio on-line “Giuseppe Pa-lomba”, le lezioni all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Na-poli, all’I.S.S.R. “San Pietro” di Caserta e numerosi convegni trala Lombardia e la Campania.

Parliamo di un pluri-iniziato la cui ascendenza fa-miliare influenzò rilevanti assetti storico-internazionalinel campo spirituale e che ha percorso numerose dot-trine orientali e occidentali trovandosi a organizzareun nuovo pensiero pretendente inedite soluzioni po-litico-economiche. Il focus dell’economista si spostavagradualmente nei seguenti termini: società iniziatiche,gli iniziati e gli auto-iniziati man mano che si ricolle-gava alla matrice cristiana. Al centro del percorso c’èl’Uomo vissuto come Universale oltre la limitazione ra-zionale e irrazionale, nello studio del sacro e della trascen-denza come presupposto d’ogni mutamento sociale.

L’ipercritico René Guénon “nonno iniziatico” di Palombaaddirittura ha scritto: «Ci felicitiamo vivamente con il professor Palombaper il coraggio di cui dà prova reagendo così, in pieno ambiente universita-rio, alle idee moderne e ammesse ufficialmente, e possiamo solo consigliarela lettura del suo libro a tutti quelli che si interessano a questi problemi econoscono la lingua italiana, poiché ne trarranno grande profitto» (Recen-sioni, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 1981, pag. 97).n

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IL MITO DELL’ILLUMINISMO

Igneus

Ogni generazione reinterpreta la storia secondo le sue particolari ideologie predo-minanti e secondo le pulsioni del presente, che pur avendo radici in ogni lontanissimopassato ha alcune sue specificità, secondo la forma che la società umana ha assunto.

Nella storia del pensiero e degli accadimenti umani difficilmente si può determi-nare ciò che è veramente originale in un determinato periodo storico. Forse le idee fon-damentali dell’umanità sono presenti nel contempo in ogni era e solo il più lungopermanere od il più rapido tramontare di alcune di loro forma l’essenza di un’epoca.

Fra tutti i miti che l’umanità ha conosciuto il più incerto è certamente quello d’evo-luzione e progresso, che partendo da parametri precostituiti è arrivato fino alla nostra epoca.

Oggi quei parametri sono soggetti a dubbi e ripensamenti ed il mito esaltato aiprimi del secolo con il “ballo Excelsior” mostra la rada trama con cui stato tessuto. L’unicometro di giudizio certo è sempre e comunque l’uomo e noi non possiamo purtroppo ipo-tizzare che vi sia stato un ulteriore miglioramento da quando l’umanità, con la razionalitàe l’auto-coscienza, scoprì il suo io, perdendo però così quelle superiori qualità d’istintua-lità ed intuività che ancora ricerca con inconscia nostalgia.

Tutto ciò che di primitivo, bestiale, crudele, accusiamo negli uomini di un lontanopassato è ancora presente in quelli d’oggi, paradossalmente assieme a tutte quelle mera-vigliose qualità quasi divine che i più arcaici testi del passato ci hanno tramandato.

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Ben poco sappiamo di là da cinque/seimila anni di storia, ma ciò che possiamointravedere ci dimostra l’assoluta omogeneità dell’uomo di ieri con quello dell’oggi, sianei suoi lati negativi che in quelli positivi. Ciò che ha caratterizzato la nostra era è soprat-tutto l’attesa messianica di una società razionale e più giusta attraverso l’evoluzione dellacoscienza del rapporto sociale e quella tecnico scientifica.

Questa speranza, spillante da svariatissime fonti confluite da ogni secolo nel XVIII,è ciò che si chiama illuminismo. Per quanto questa richiesta di razionale umanesimo siastata sempre presente nella storia del pensiero umano, solo alla metà del diciottesimo se-colo diventa una filosofia elitaria che si fece strada fra i più larghi strati borghesi della so-cietà fino ad arrivare alla coscienza popolare.

LA FILOSOFIA ILLUMINISTA E LA MASSONERIA

Per quanto sia necessario nel nostro contesto esaminare brevemente l’illuminismo diper sè, la nostra domanda fondamentale riguarda essenzialmente la storia della Massoneria.

La Massoneria si è identificata effettivamente in questo movimento di pensiero? Haideato realmente alcune operazioni politiche e sociali per l’affermazione di questi ideali ?

Si può affermare intanto che, curiosamente, il mito della massoneria complottanteper gli scopi illuministi - il che, d’altro canto, non può che renderci onore - ci proviene pro-prio dagli avversari della Massoneria, che negli anni della Restaurazione le si scagliaronocon violenza contro attribuendogli sia il complotto rivoluzionario che gli eccessi di questo.

Caratteristico di questa critica politica e religiosa alla massoneria è il prudente ri-spetto portato alla massoneria inglese, che non è mai attaccata (al contrario è lodata) peri suoi pur tiepidi contributi politici all’illuminismo, dato l’appoggio dato alla contro-ri-voluzione dai monarchi inglesi e nonostante il suo essere fondamentalmente protestante.

Quando il Barruél critica nella massoneria continentale il cosiddetto “segreto” cheindicava nella predicazione dell’uguaglianza e della libertà (come supporto al rovescia-mento dei troni e degli altari) salva il “buon senso” della massoneria inglese quando af-ferma: ”I Massoni inglesi, per la più parte, non riconoscono che i primi tre gradi; fuoridell’imprudente interpellanza sull’obbedienza al Gran Maestro dell’Ordine, non vi ha che la spie-

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gazione giacobina sull’uguaglianza e sulla libertà, che rende il loro segreto pericoloso. Il buon sensodegli inglesi ha fatto loro rigettare questa spiegazione. Ho pure inteso parlare di una risoluzione,presa dai loro primari Massoni, di scacciate tutti coloro che cercano di introdurre l’uguaglianza ela libertà dei rivoluzionari”.

In realtà l’Inghilterra fu la patria d’origine dell’illuminismo. Isaac Newton (1642-1727) n’è considerato il padre, assieme a Locke (1632-1704). Sir Newton, scienziato e filo-sofo, pur codificando il pensiero scientifico sperimentaledella scuola italiana, ebbe l’intuizione che si poteva appli-carlo anche all’uomo. Questa metodologia di nuova cono-

scenza umana non comportò inNewton, come poi nei più radicali illu-ministi, una posizione anti-metafisica,dati anche i suoi interessi teologici(arianesimo) ed alchemici, ma nei suc-cessivi elaboratori delle sue premessefilosofiche (Toland, Collins e Tindall)la tradizione metafisica e quella reli-

giosa sono duramente criticate. Nascequi la concezione deista della “ragione” naturale come solocriterio per stabilire la validità della ragione e della morale.

Da queste premesse nasce il rifiuto delle religioni rivelate, dei dogmi, dei misteri,dei miracoli e soprattutto della necessità di “intermediazione” ecclesiastica fra l’uomo edil piano divino. I deisti ammettono soltanto che Dio esiste, che l’universo è una sua crea-zione, che in un’altra vita un premio attende i buoni ed un castigo, i cattivi.

Si può affermare senza ombra di dubbio che questi principi illuministi sono nelcontempo quelli della riforma massonica d’Anderson e Desaguliers, quando statuisconol’adesione alla religione naturale, (...la religione nella quale tutti gli uomini convengono...) la

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Locke

Newton

DesaguliersAnderson

credenza in un Grande Architetto dell’Universo non altrimenti definito e nell’immortalitàe nella trascendenza dell’anima.

Nelle nostre attuali concezioni il concetto filosofico di Fratellanza sembra compor-tare in sè quello d’uguaglianza,ma è dubbio che in una societàdove il maggiorascato produ-ceva effettive disuguaglianzeanche fra i fratelli carnali, que-sto potesse diventare un con-cetto sociologico. Per quantoriguarda l’altro gran pilastromassonico, quello della libertà,i pragmatici Landmark d’An-derson escludono la possibilitàche l’Ordine possa esser co-munque coinvolto in tentativid’eversione sociale, e predicano

la sottomissione ai poteri civili, ma non esclude in alcun modo dalla Fratellanza i membriche si ribellino alle autorità.

Da questa fraterna solidarietà morale ai Fratelli non graditi al potere, pur senzacompromettere l’Ordine nella benevolenza dei governanti, de-riva quella sublime ambiguità psicologica del massone, che saessere conservatore nei periodi rivoluzionari e rivoluzionarionei periodi di reazione. La Massoneria inglese ha preteso e pre-tende tuttora la primogenitura latomistica dalle Logge che nelXVIII secolo costituirono a Londra una Gran Loggia. Maquest’ipocrita cecità storica nei confronti della secolare latomi-stica continentale non vela tuttavia l’originalità della rivivi-scenza massonica inglese del 1717.

Quest’originalità consisté nel distacco dalla tradizionedi sottomissione religiosa al cristianesimo che caratterizzavaogni confraternita di mestiere da tempo immemorabile, nontanto a favore del movimento protestante, come spesso si èdetto, ma a favore di un deismo astratto e filosofico che si eraappena affacciato alle soglie del pensiero europeo assieme a dei primi concetti di libertànella ricerca della conoscenza.

Queste idee, che i primi illuministi inglesi limitavano al piano razionale della ri-cerca etica, scientifica e teologica, senza eccessivi sconfinamenti socio-politici,proprio per la relativa libertà e giustizia che godevano nella liberale Inghil-terra, ebbero un’ulteriore evoluzione fra i “Philosophes” continentali.

L’Aufklärung tedesco, che è ritenuto decisamente minore, essendomeno radicale di quello inglese e francese, ha al contrario, per la storia delpensiero esoterico, un’importanza maggiore. Le correnti di pensiero che ilciclo storico del XVIII secolo comportava, in Germania furono mediate edequilibrate dal permanere dell’interesse tedesco per la metafisica, a causa del

carattere nordico contrassegnato dalla fermezza spirituale e dalla società piùtradizionalmente gerarchica.

Già in Christian Wolff (1679-1754) le due vie per giungere alla conoscenza sono

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Emmanuel Kant

Wolff

esclusivamente l’esperienza e la ragione, ma l’intelletto non è rivolto solo al potere sulreale, ma ad ogni “possibile”, quindi anche al campo della metafisica dove l’uomo, senzaintermediari, può arrivare alla conoscenza sovrasensibile.

Inoltre, l’esperienza e la ragione non sono volte ad una catarsi di tipo sociale, maal miglioramento, individuale e collettivo dei “costumi”. Questo concetto hainfluito profondamente sull’essenzialità massonica che considera la ca-tarsi etica e sociale dell’umanità non tanto nell’evolversi della societàquanto dell’umanità per mezzo dell’uomo, non nell’espressione

d’ideologie transeunti quanto in quelledi una spiritualità che trova nell’interio-rità umana i soli mezzi necessari.Ancor più l’illuminismo di GottholdEphraim Lessing (1729-1781) si confondecon quello insito nella Massoneria quandoafferma che l’essenza della religione consistenella morale, in quanto l’uomo è stato fatto perl’azione, non per escogitare sofismi, e per la natura, quindi lamigliore religione rivelata o positiva è quella che contiene ilminimo d’aggiunte convenzionali alla religione naturale.Da ciò deriva che tutte le religioni positive e rivelate sonoquindi ugualmente vere ed ugualmente false. Con Lessing lametafisica della Massoneria ha il suo contraltare con il dubbio,

che assume esso stesso una valenza metafisica, com’espressione di quel Nulla o Zero oUno o Tutto in cui consiste l’indefinibile piano divino. L’uomo non può raggiungere nellasua limitatezza la verità assoluta e definitiva. La verità non può consistere nel suo stessopossesso, ma solo nella sua ricerca, quindi l’uomo ricerca e non possiede la verità. L’illu-minismo razionalista, da cui discesero poi il materialismo ed il positivismo, qui superatoda una visione metafisica in cui non vi è più l’esaltazione della sola ragione, ma il ricorreread un’intelletto superumano che solo può sorpassarle. Il celebre passo di Lessing, cheespone questo concetto, rappresenta la forma più profondamente massonica dell’illumi-nismo: “Se Dio tenesse chiusa nella sua mano destra tutta la verità e nella sua mano sinistra uni-camente il sempre vivo amore per la verità, benché con l’aggiunta di andar errando sempre ed ineterno, e mi dicesse scegli! Io mi precipiterei con umiltà alla sua sinistra e direi: Padre, dammiquesto! La pura verità è riservata soltanto per te!”

In Lessing è ancora caratteristica quella“passione” per l’uomo che l’illuminismo tedescotrasferì poi nella cultura europea attraverso il Ro-manticismo, padre di tutti i miti moderni.

Un caso a parte rappresenta Fichte la cui“Filosofia della Massoneria” ha dei caratteri più pre-romantici che illuministici e che meriterebberouna più ampia trattazione. In Francia gli Illumi-nisti trasferirono con più decisione il ricorso allaragione nella causa della libertà ed inserirononella storia gli elementi determinanti della rivo-luzione americana prima e di quella francese edeuropea poi. La diretta appartenenza massonicadi alcuni fra i maggiori illuministi francesi ci porta poi ad ulteriori considerazioni sul mitodell’illuminismo massonico così come si creò durante la restaurazione europea.

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Lessing

Fichte

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IL MITO DELL’ILLUMINISMO MASSONICO

Per quanto vi siano delle affinità sostanziali fra la filosofia dell’illuminismo, in par-ticolare quello tedesco e i principi della massoneria, non è esatto assimilare completa-mente questa a quelli. La Massoneria si lega al piano storico attraverso dei principi eticifondati sull’uomo e sull’umanità che questi dovrebbe raggiungere perfezionandosi.

Ma la sua essenzialità conosce dei principi metafisici che esulano da qualsiasi fi-losofia e ideologia contingente, rivolgendosi ad una metastoria in cui gli avvenimentiumani sono solo dei simboli d’avvenimenti cosmici eduniversali che superano qualsiasi classificazione ideo-logica o filosofica. É proprio dal suo essere portatricedi valori superiori a quelli puramente religiosi o politiciche deriva la secolare denigrazione dell’Ordine.

Il mito dell’illuminismo massonico, visto inchiave negativa, fu usato dai suoi avversari, come ap-poggio della restaurazione europea dopo l’immaneconflitto sociale ed ideologico portato dalla rivolu-zione. Per quanto accusata di aver cospirato contro iltrono e l’altare, di aver preparato e compiuto la rivolu-zione, la Massoneria aveva in tal senso solo alcune re-sponsabilità morali in quanto aveva propagato ideed’eguaglianza e libertà che non erano appannaggio delsolo secolo XVIII, ma sono state un patrimonio ideale d’ogni epoca e lo saranno purtroppoancora per molto, in quanto la sola evoluzione materiale e tecnologica dell’umanità nonè sufficiente alla sua rigenerazione totale.

Nell’arco temporale della rivoluzione la Massoneria era in totale crisi, in quanto isuoi membri erano dispersi in ogni fazione, aristocratica, moderata o giacobina che sia. IFratelli si ghigliottinarono a vicenda senza alcuna remora, seguendo la propria passione

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politica e le proprie Nessun complotto, nessuna finalizzazione comunitaria poté in realtàportare ad un’azione massonica comune, nemmeno per salvare i Fratelli dal carnefice.

L’Abate Barruél ed i suoi emuli fecero opera d’efficace contro-informazione, perusare un termine moderno, confondendo alcuni termini, come illuminismo, illuminati edilluminati di Baviera che fra di loro, in realtà, avevano ben poco in comune. Pur nella li-mitatezza di questa breve ricerca, che avrebbe in realtà necessità di maggior approfondi-mento, si può cercare di definire nella loro realtà storica l’essenza contrastante di questitermini, per contestarne l’interessata assimilazione.

GLI ILLUMINATI OD IL REALE ILLUMINISMO MASSONICO.Queste pratiche che sono nate all’alba dell’umanità e che sono e saranno sempre

presenti, si basano su dei procedimenti metafisici super-razionali che sono forse il con-trario del procedimento illuminista filosofico, che respinge la metafisica in quanto sfug-

gente alla ragione. Tali procedimenti, incomprensibilialla rozzezza del potere politico e religioso, comportanola liberazione interiore e la libertà esteriore e sono sem-pre stati quindi invisi alla tirannia ed alla prevarica-zione di coloro che per scopi personali ricercano ilcontrollo assoluto della società. Per quanto la politica ela religione in tale contesto non abbiano alcuna impor-tanza ideologica o teologica, chiaramente la necessitàfisica e morale della sopravvivenza dei suoi adepti pre-suppone l’esistenza di una società libera ed evoluta.Alla libertà interiore necessitando quindi la libertàesteriore molto spesso gli illuminati hanno operatoanche storicamente e socialmente, senza che per questoin ciò si possa intravedere quel complotto che gli alfieridell’assolutismo ipocritamente affermano.L’Abate Barruél in particolare cita, a sostegno delle

sue tesi, due Ordini illuministici, le cui finalità sono in realtà opposte, quello degli Illu-minati di Baviera e quello Martinista.

Il primo fu una setta che propugnava l’eversione sociale ed il comunismo e chesolo impropriamente si chiama massonico, in quanto cercò di copiare ed usare le strutturedell’Ordine per le proprie finalità.

Il secondo fu introdotto in Francia, su patente degli Stuart, da Martinez de Pa-squally de las Casas, che propagò prima a Bordeaux un sistema massonico chiamato deiSupremi Giudici Incogniti o dei Filosofi Incogniti, basato su pratiche teurgiche di tipo ma-gico-rituale e kabbalistico, cui aderirono notevoli personaggi far cuiLouis Claude de Saint Martin, Bacon de la Chevalerie e Jean BaptisteWillermoz, che a loro volta fondarono dei sistemi analoghi.

D’origine Martinista e di particolare importanza massonicafu il Rito Scozzese Rettificato di Willermoz, che riuscì ad inglobarenella più ortodossa massoneria la Stretta Osservanza Templare diVon Hund, che in un certo qual modo rappresentava la volontàegemonica della massoneria tedesca su quella europea.

L’importanza politica del Martinismo, al di fuori di quella in-terna alla Massoneria, era inesistente ed i suoi scopi esulavano da qual-siasi tipo d’eversione sociale. La motivazione delle assurde accuse del Barruél poteva

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consistere soltanto nell’odio per la sua metafisica, cheritorceva come una specie d’apologia segreta dell’em-pietà e della ribellione.

Riportiamo un passo della sua “Storia del Gia-cobinismo” solo per far notare la veemenza calunnia-toria e l’interpretazione surrettizia delle dottrineMartiniste per i consueti scopi denigratori e di contro-informazione: “Io però ricavo la sua dottrina (del De SaintMartin) ed il suo grande oggetto dei suoi scritti, da quelloche ne ha fatto l’Apocalisse de suoi seguaci, nella sua famosaopera “Degli errori e della verità”. Io so quanto costa ildecifrare gli enigmi di quest’opera tenebrosa; ma convienebene aver per la verità la costanza, che i suoi seguaci hannoper la menzogna. Vi vuol pazienza per discoprire tutto ilcomplesso del codice Martinista fra il gergo misterioso deinumeri e degli enigmi. Risparmiamo per quanto possibile,questa fatica al lettore. L’eroe di questo codice, il famosoSaint Martin si mostri all’aperto; ed ipocrita al pari del suo maestro egli non sarà più che un vilecopista delle inezie dello schiavo eresiarca, generalmente noto con il nome di Manete. Con tutti isuoi raggiri egli non conduce meno i suoi seguaci negli stessi sentieri e loro ispira il medesimo odioagli altari del cristianesimo e al trono de’sovrani, ed ancora d’ogni governo politico.”

In questo brano si sintetizza tutta la verità antimassonica di quell’epoca e non solodi quella. La preoccupazione dei denigratori dell’Ordine non deriva che da un solo ele-mento, il mantenimento del controllo sociale da parte delle due tirannie: quella politica equella religiosa, che sono a volte contrapposte ma purtroppo molto spesso unite.

La Massoneria, sia nei suoi concetti filosofici che in quelli metafisici, è comunqueportatrice di libertà, indipendentemente dalla sua azione che solo in alcuni periodi storicirelativamente recenti è stata politica. É il suo portare nei propri geni questo principio eticoessenziale, che porta a sua volta in sè la tolleranza per l’altrui libertà e la fraterna “pas-sione” per l’uomo, ciò che unisce Massoneria ed Illuminismo al là dei miti creati dall’odioe dall’intolleranza, ma anche di là dalla storia e della filosofia, in quel piano metafisicodove si pone l’infinito ed indefinibile Grande Architetto dell’Universo. n

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Von Hund

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LA LUCE

Yohannes

Nell ‘iniziazione al grado di Apprendista, ad un certo punto del rituale, il MaestroVenerabile chiede al profano: “che cosa volete da noi?” ed il profano risponde: “La Luce...”.

Nel Tempio massonico, tre sono le luci; il Maestro Venerabile, il Primo ed il Se-condo Sorvegliante. Durante lo svolgimento del Rito, il Maestro Ve-nerabile, come è detto nel rituale: ‘sedendo all ‘Oriente per dirigerei lavori, istruisce i fratelli con il lume della propria scienza muratoria‘. Pertanto, da Esso, posto sotto il simbolo di Minerva fluisce,in direzione del Primo e del Secondo Sorvegliante, quella sa-pienza, luce di saggezza, che poi di rimando viene riflessain direzione dei Fratelli posti tra le colonne di Settentrione edi Mezzodì, rispettivamente, gli uni sotto il simbolo di Er-cole: il vigore, e gli altri sotto il simbolo di Venere: la bellezza.

Quindi, dall ‘osmosi del vigore, espresso come forza divolontà, con la bellezza, intesa come bellezza dei pensieri, si per-viene al sentire, cioè ai “pensieri del cuore” e di cui l ‘Ara, posta al centro della stella a cin-que punte, determinata dal moto generato dalle forze inizialmente emesse dal MaestroVenerabile, né è l ‘“Atanor “, il crogiolo. Stella a cinque punte, proiezione orizzontale dell‘uomo con le braccia e le gambe divaricate rappresentante il vero Tempio da erigere allaGloria del Grande Architetto dell ‘Universo.

Sull ‘Ara, come già detto, al centro della stella e quindi dell ‘uomo, sono poste leSacre Scritture e su di esse e precisamente sul Prologo del Vangelo di Giovanni, giaccionola squadra e il compasso. Al versetto 4 e seguenti del Prologo è detto:

In lui era la vitaE la vita era la luce degli uomini:la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l ‘hanno accolta.

Come dunque pervenire alla Luce? Come ritrovare perciò la Vita? La luce che noitutti vediamo, e cioè la luce solare, non è che un simbolo, visibile ad Oriente alle spalledel Maestro Venerabile. Simbolo della vera Luce che l ‘uomo è sempre sul punto di vedere,

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ma che al momento di coglierla laperde, e questo perderla e ciò che luivede come luce fisica e come conse-guenza vede le cose; pertanto eglivede le cose ed il mondo mediante ilmorire della Luce stessa.

La Luce è la sostanza essen-ziale, la matrice e l ‘essere segretodelle cose e degli enti; la materia chenoi fisicamente vediamo, è appa-renza e quindi tenebra; tenebra do-minata dalla Luce.

La Luce incontrando la materia, cade, si dona, sacrificandosi ad essa perché possaavvenire la sua resurrezione: pertanto le cose illuminate dalla luce del sole sono sempresul punto di riaccendersi della Luce originaria.

L ‘uomo nel guardare cerca sempre la Luce, e tutto ciò che coglie con lo sguardo èil momento del risorgere della Luce; della Luce però che sul punto di risorgere muore;muore come Luce del mondo, per cui egli vede forme e colori e non la Luce, la Luce vera.

Ne consegue che il morire è sempre il fluire ulteriore della vita; per cui l ‘Io, di-mentico di avere in sé il principio della vita, teme la morte: deve conoscere la morte dell‘irreale, cioè della materia, della tenebra a cui l ‘anima si vincola, per conoscere se stesso.

L ‘uomo per sperimentare le forze della vita, per ritrovare la vita che durante lasua esistenza non percepisce, ma che conosce soltanto nei suoi effetti sensibili, deve spe-rimentare la morte per comprendere alfine che chi muore non è lui, ma il suo supporto.Deve quindi attraversare la tenebra, portarsi oltre la tenebra stessa per conoscere la Luce.

Ecco perché il profano durante l ‘iniziazione procede attraverso serie di momenti

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di morte oltre i quali risorge; ma perchéciò avvenga realmente e non virtual-mente, è necessario all ‘Io attingere quelleforze di vita che ogni giorno esso è, esenza le quali non sarebbe; deve perciòcompiere l ‘Opera al nero della tradizioneermetica, cioè deve sprofondare con l ‘lonel mondo dell ‘essere primordiale, che èil senso della discesa all ‘inferno di Dante.

Ma qui sta la grande difficoltà, acausa della perenne contraddizione in cui

l ‘uomo vive: egli infatti, evita di essere l ‘Io che sostanzialmente è, purtuttavia usando le forze dell ‘Io per le sue necessità esistenziali. Guar-dando ciò che esiste, non sa darsi una spiegazione: se osserva le proprieidee, i propri pensieri che produce movendosi incontro alle cose per co-noscerle, sente che essi giungono da una zona ignota; ma questa zonaignota può essere scoperta.

Questa zona ignota è nell ‘uomo e sta a lui giungervi indagando in se stesso - l‘Opera al nero di cui si è detto - senza paura di superare con la forza del volere e la bellezzadel pensare, i limiti del pensiero stesso, per aprirsi, una volta pervenuti al sentire del cuore,a ciò che è oltre tali limiti, bruciando al fuoco ridestato nell ‘Atanor le scorie della sua per-sonalità, del sé individuato, volendo donarsi oltre esso per amore del proprio essere: cheè essere il mondo, le cose, gli altri oltre il proprio io, la Saggezza fluente, la Luce, la Vita,

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il Logos solare, l ‘Amore.E questo è il senso ultimo della vita, l ‘evoluzione dell

‘umano-terrestre sino alla capacità di fondare con le forzeredente dell ‘Io il Cosmo dell ‘Amore. C ‘è chi ha affer-mato quanto segue: “l ‘uomo è la meta delle Gerarchie, ciòche deve essere realizzato è l ‘uomo voluto dagli Dei”.

Ma per compiere tutto ciò, ricordiamoci che sa-remo soli, soli con noi stessi, e nessuno potrà aiutarci;questo è l ‘unico momento in cui un muratore, pur al-zando le proprie mani sopra la testa e esclamando “A meFigli della Vedova!”, non vedrà accorrere nessuno.

A∴G∴ D∴ G∴ A∴D∴U∴

Dai ‘Quaderni di Simbologia Muratoria ‘, Ivan Mosca, a cura del G.O.I. (pag. 50 e 51)

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GLI UFFICIALI E DIGNITARI COLLOCATI NEI 12 SEGNI ZODIACALI

COLLOCAZIONE ANALOGICA DEI 12 DIGNITARI E UFFICIALI

La Terna di Fuoco, come si rileva, ha le seguenti corrispondenze: Ariete – M. Ven.; Leone - l° Sorv.; Sagittario – 2° Sorv.

La Terna di Acqua: Cancro - M. delle Cerim.; Scorpione - 2° Esperto; Pesci - Ospitaliere.

La Terna di Aria: Gemelli – Oratore; Bilancia - Copr. int.; Acquario - Segretario.

La Terna di Terra: Toro – Tesoriere; Vergine – 1° Esperto; Capricorno - Grande Esp. Terribile.

Ciò significa che al di là della collocazione fisica di Ufficiali e Dignitari in Loggia, èanalogicamente deducibile una “collocazione interiore” per ognuna delle 12 funzioni citate.

Ogni Fratello Maestro, quando sia chiamato a ricoprire una carica, oltre a svolgerequanto ad essa è inerente in base alle Costituzioni e ai Regolamenti, può enucleare inte-

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riormente lo “stato di coscienza” e la qualità energetica propri del segno zodiacale sottoil cui presidio analogico si colloca.

COLLOCAZIONE ANALOGICA DEI 12 DIGNITARI E UFFICIALI

Nel Tempio, senza confonderla con la collocazione fisica ed effettiva, la colloca-zione interiore del 12 Ufficiali e Dignitari può essere così raffigurata per essere analizzata,sia pure con accenni. n

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LEGE. LEGE. RELEGE.ORA ET LABORA

Eliael

Nel suo recente libro “ALCHIMIE, ce qu‘en disent les adeptes...” Frédéric Garnieroffre, da vero Saggio, una chiave sul modo di indagare i segreti dell‘Alchimia.

Ne forniamo qui alcuni brevissime sequenze, che non necessitano di commento, eche fanno pregustare la lettura dell‘intero testo (ARQA éditions/les petit livres de la Sagesse).In un prossimo numero di MIZR presenteremo un lungo articolo di Eliael su questo tema,di cui egli è uno studioso molto noto.

L‘alchimia è un ambito di conoscenza ermeticamente chiuso ai profani, come con-tinuamente dichiara la maggioranza dei trattati classici.

Artéphius si esprime senza mezzi termini: “Si ignora che la nostra è un‘arte cabali-stica? Cioè misteriosa e destinata esclusivamente alla trasmissione orale.

Povero imbecille! Come puoi credere che t‘insegneremo alla luce del sole il più grande dei segreti? Ti garan-

tisco che, se qualcuno volesse spiegare il segretodei filosofi con il senso letterale delle parole, s‘in-trappolerebbe nei meandri di un labirinto, da cuinon potrebbe mai uscire perché non dispone delfilo d‘Arianna che lo guida”.

É anche vero che alcuni generosiadepti possono hanno fornito alcune indi-cazioni sul modo di espugnare la fortezzadegli ermetisti e di scoprire il segretodell‘alchimia.

Messer Bernardo Conte della MarcaTrevigiana (più noto come Bernardo Trevi-sano), nel trattato “Filosofia Naturale dei Me-talli”, mette in guardia da ciarlatani e falsialchimisti - che vediamo ancora oggi spa-smodicamente indaffarati a produrre CD,DVD, libri, conferenze, seminari: “Diffidatedai falsi alchimisti e dai loro seguaci. Quello cheper caso voi potreste scoprire nei vostri libri, essisi sentirebbero in dovere di metterlo in piazza tramenzogne e falsi sacramentari, e giunti al punto,non sapendo cos‘altro dire, pronuncerebbero lafatidica frase: “Io l‘ho fatto, è così”.

Io dico che, se non prendi le distanze dacostoro, è difficile che tu possa ricavarne qual-cosa di buono, perché, quello che i trattati tidanno da una parte, questi ciarlatani t‘impedirebbero di raggiungerlo con le loro affermazioni e i

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loro discorsi.E, Mon Dieu! io stesso, quando ricevetti queste Scienza, la conobbi almeno due anni prima

di poterla realizzare, e prima ancora di sperimentarla e di metterla in cantiere. Ma come ho già detto,quando casualmente venivo avvicinato da questi ciarlatani, detestabili pendagli da forca, e dalle lorochiacchiere per farmi deviare dalla giusta via scoperta nei trattati, essi giuravano e spergiuravanoche quelle cose non erano vere. Proprio a me, che conoscevo la verità e che, nel mio furore l‘avevo giàsperimentata come tale.

Ma non potevo di conseguenza rivelare le mie opinioni. Li lasciavo là, dove si trovavano, e mi dedicavo sempre di più allo studio della materia, perché,

chi vuole imparare deve frequentare i Saggi, non i parolai. I Saggi, da cui puoi apprendere qualcosa, sono i libri...”

La congiura degli imbecilli, dei ciarlatani e dei Saggi ha avuto un perfetto successo.Questo complotto aveva lo scopo di nascondere la verità. Gli uni e gli altri hanno servitoquesta grande causa, ciascuno con i propri mezzi: gli imbecilli con l‘ignoranza, i ciarlatanicon la menzogna, i Saggi con il segreto.

“Lavora dunque con coraggio, figliolo, prega Dio, leggi assiduamente i testi, perché in unlibro troverai la chiave per aprire il successivo. Pensa bene a questo”. [Arthéphius]. n

(Rec. Antares)

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LA PRIMA DONNA INIZIATA AD UN RITO EGIZIOELEONORA PIMENTEL FONSECA

Maathor

Eleonora (Anna Felicia Teresa) de Fonseca Pimentel Chavez è stata poetessa, scien-ziata, intellettuale, giornalista, patriota: una delle figure più rilevanti dellabreve e sventurata esperienza della Repubblica Napoletana del 1799. Nata“marchesa” muore da rivoluzionaria sul patibolo di piazza del Mercato aNapoli, vittima della vendetta di Maria Carolina e di Ferdinando di Bor-bone. È il 20 agosto del 1799, le armate del Cardinale Ruffo hanno ricon-quistato la città, il breve tentativo repubblicano è ormai terminato edinanzi alla marmaglia festante di lazzari e ai corpi esamini degli altricondannati, privata della possibilità di essere ghigliottinata in quanto no-bile, prima di essere impiccata pronuncia la frase «forsan et haec olim me-minisse juvabit» (forse un giorno gioverà ricordare tutto questo).

Nasce a Roma il 13 gennaio 1752 da Don Clemente Henriquez de Fon-seca Pimentel Chavez de Beja ed ha 8 anni quando, a causa delle frizioni tra Por-togallo e Stato della Chiesa, le famiglie Lopez e Fonseca si trasferiscono a Napoli.

Un’educazione straordinaria le permette di essere accolta, giovanissima, nei migliorisalotti napoletani. Poetessa di grande valore, nel 1768 scrive il poema epico “Il tempio dellagloria”, così perfetto da essere ammessa nell’Accademia dei Filateti con il nome di Epolni-fenora Olcesamante, e poi a quella dell’Arcadia col nome di Altidora Esperetusa.

A sedici anni era già una stimata studiosa di scienze matematiche e fisiche, di filo-sofia, economia e diritto pubblico; scrisse sull’abolizione della chinea e contro il feudale-simo, ed espose persino progetti di riforme economiche. Affascinata dalla poesia delMetastasio, Eleonora ebbe con il poeta ormai settantaquattrenne uno scambio epistolare.Lo stesso Voltaire, anche lui corrispondente con Eleonora, le dedicherà alcuni versi databiliintorno al 1775 («Beau rossignol de la belle Italie/[…]/ Auprès de vous à Naples il va se rendre/S’il peut vous voir, s’il peut vous entendre/ Il réprendra tout ce qu’il a perdu»).

Giornalista di grande rigore, tenne a battesimo la "Repubblica" e, quando a Napoli siformò la Repubblica Partenopea, per cinque mesi scrisse accesi articoli in cui sferzava vio-lentemente i borbonici sul giornale rivoluzionario repubblicano il "Monitore Napoletano",convinta assertrice dell’uguaglianza dei diritti dei cittadini e della necessità di educare laplebe e di migliorarne le condizioni.

All’arrivo della flotta francese a Napoli, nel dicembre 1792 per il riconoscimentodella neonata Repubblica francese, Eleonora è tra gli ospiti dell’ammiraglio Latouche Tre-ville unitamente, tra gli altri, a Carlo Lauberg, Emanuele De Deo, Antonio Jerocades; è pro-babile che l’attenzione poliziesca sulla De Fonseca si sia appuntata anche a seguito di talefrequentazione, ma di certo già nel 1794 il suo nome risulta iscritto tra i “rei di Stato” peraver parteggiato per un tentativo di rivolta giacobina interrotta con la condanna a mortedei colpevoli (tra cui il sopra citato Emanuele De Deo). Già bibliotecaria della regina MariaCarolina d’Asburgo-Lorena, con lei aveva tuttavia frequentato i salotti degli illuministi na-poletani, in un primo tempo sostenuti dalla stessa sovrana. Tra questi, particolare fonda-mentale è la conoscenza e la frequentazione con gli eredi spirituali del principe de Sangro

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che porteranno Eleonora Pamintel - prima donna in asso-luto - ad essere iniziata nel 1792 alla Massoneria di RitoEgizio (l’AOE, l’Antiquus Ordo Aegypti , fondato nel 1747da Don Raimondo) e divenendo perciò membro dellaLoggia La Perfetta Unione.

Ma tali attività non sfuggirono alla polizia borbo-nica che, sicura della sua partecipazione a riunioni se-grete, la fece sorvegliare da spie governative che la colseroin flagrante, trovando le prove della colpevolezza in unasua corrispondenza epistolare. E così, nel 1798, fu arre-stata e condotta nelle Carceri criminali della Vicaria, esat-tamente nella prigione del Panaro, che raccoglieva tutti icriminali, dalla quale uscirà solo un anno dopo per esserepoi nuovamente imprigionata insieme ad altri Fratelli ap-partenenti all’Antiquus Ordo Aegypti. Su pressioni di uneminente esponente della Chiesa Apostolica Romana (ilCardinale Ruffo di Calabria), furono tutti processati fret-tolosamente e, nonostante avessero avvocati valenti, fu-rono riconosciuti rei di tradimento. Tra gli altri illustripersonaggi spiccano Gennaro Serra, Giuliano Colonna,Francesco Caracciolo, Mario Pagano, Domenico Cirillo eil principe di Torella, tutti martiri della Perfetta Unione.

Salì per ultima al patibolo: “Morirono de’ più notidel regno…e furono dell’infelice numero Caraffa, Riario, Co-lonna, Caracciolo… ed altri venti d’illustre casato; a fianco dei quali si vedevano uomini chiarissimiper lettere o scienze… e donna rispettabile la Pimentel…”(‘Storia del reame di Napoli’, Pietro Col-letta). Era il 20 agosto 1799.

Se la “Perfetta Unione”, e quindi la Libera Muratoria Egizia, ebbe dagli eventi del1799 un colpo quasi mortale, pur tuttavia il Deposito Egizio riuscì a sopravvivere: due gio-vani adepti alla Muratoria Egizia riuscirono infatti a fuggire all’estero.

Erano Domenico Bocchini e Orazio De Attelis, marchese di Sant’Angelo. n

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Domenico Battaglia, “perquisizione in casa di Eleonora Pimentel Fonseca”

Eleonora Fonseca Pimentel saluta i suoi Fratelli, assassinati

sul patibolo, prima della sua esecuzionenella piazza del mercato di Napoli. (Illustrazione di Tancredi Scarpelli

apparsa su “Storia d'Italia narrata al popolo” da Paolo Giudici,

Ed. G. Nerbini, 1929)

TRADUZIONEDI UN TESTO EGIZIO

INTAGLIATO SULLA PORTADI UN ANTICO E SACRO SITO

Finalmente ho raggiunto il MIO traguardoe risolto il segreto della MIA anima:

io sono QUELLO a cui rivolgevo le preghiere, QUELLO a cui chiedevo aiuto.

Sono QUELLO che ho cercato. Sono la stessa vetta della MIA montagna.

Guardo la creazione come una pagina del MIO stesso libro.Sono infatti l’UNICO che produce i molti,della stessa sostanza che prendo da ME.

Poichè TUTTO è ME,non vi sono due, la creazione è ME STESSO,

dappertutto.Quello che concedo a ME stesso, lo prendo da ME stesso

e lo do a ME stesso,l’UNICO, poichè sono il Padre ed il Figlio.

Quanto a quello che voglio,non vedo altro che i MIEI desideri, che sgorgano da ME.

Sono infatti il conoscitore, il conosciuto,il soggetto, il governante ed il trono.

Tre in UNO è quello che sono e l’inferno è solo un argineche ho messo al MIO stesso fiume, allorchè sognavo durante un incubo.

Sognai che non ero il SOLO unico e così IO stesso iniziai il dubbio,che fece il suo corso, finchè non mi svegliai.

Trovai così che IO avevo scherzato con ME stesso.

Ora che sono sveglio, riprendo di sicuro il MIO tronoe governo il MIO regno che è ME stesso,

il Signore per l’Eternità.