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«Mi ricordo che….»

I testimoni della storia locale a Budrio (e non solo) tra fascismo e resistenza

A cura della classe 3^ A Scuola Media «Q. Filopanti»

giugno 2016

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A scuola solitamente si studia e si ottengono le informazioni dai libri. Però nei libri i diversi argomenti vengono trattati a livello globale tralasciando i particolari avvenimenti accaduti nella storia locale.Abbiamo avuto l'idea di intervistare alcuni abitanti del nostro paese per sapere come vivevano durante il fascismo e cosa hanno provato il giorno della Liberazione; le interviste contengono le emozioni, i pensieri e le paure dei testimoni di Budrio.In questo libricino vengono raccontate le storie di persone tutt'oggi viventi che hanno contribuito a ricostruire la storia dell'epoca del fascismo e della Resistenza, come se la ricordavano. Per noi ragazzi è stato molto interessante " studiare " la storia dalla viva voce delle persone che l'hanno vissuta e forse anche voi potrete trovare tracce di somiglianza con le storie dei vostri genitori o nonni.Abbiamo anche scoperto che a Budrio, nel 1946 sono arrivati i "treni della felicità": le famiglie budriesi accolsero in casa bambini provenienti da zone del Sud d'Italia particolarmente colpite dalla guerra.Questo lavoro è stato pensato e creato per non dimenticare.Ecco che cosa ci hanno raccontato i testimoni di Budrio...

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La vita quotidiana durante il fascismo:

Dopo alcuni anni scoppiò la 2° guerra mondiale, che lasciò amarezza, dolore e distruzione nelle case di chiunque, da nord a sud Italia, scolpendo nella memoria umana ricordi pieni angoscia e lacrime.A questo proposito io, appena bambina, rammento con tristezza quando i nazisti afferravano per le gambe mio fratello minore Enzo, lo lanciavano per gioco all'interno del pozzo facendolo andare su e giù. I tedeschi alloggiarono per un paio d'anni, dopo l'inizio della guerra nella nostra casa di campagna nei pressi dei “Casoni di Mezzolara”. Loro si appropriarono di alcune camere da letto dato che erano in otto. Tra loro vi furono buoni e cattivi, gli ultimi pretesero sempre buon cibo fresco accompagnato da vino.Mia madre fu in ogni momento disponibile a cucinare per loro, altrimenti le ripetevano “kaputt” (minaccia di morte). Mentre i tedeschi buoni volevano giocare a carte con gli uomini della casa senza farsi notare dagli altri.

Quando Benito Mussolini fondò il partito fascista, i giovani furono tra i primi simpatizzanti del fascismo, perché in tempi di povertà e miseria speravano nel benessere e nell'avanzamento politico.Chi si opponeva alla sottoscrizione del partito riceveva minacce, insulti, botte e spesso veniva anche ucciso ingiustamente dagli “Squadroni della Morte”.Nasceva, in parallelo, un movimento di opposizione, che si ribellava alle volontà dei fascisti.I ragazzi di paese, tra cui vi era un'amicizia, si dividevano per seguire le diverse idee politiche e si tradivano a vicenda, per obbedire al proprio movimento rivoluzionario.I fascisti indossavano una camicia nera, con stivali alti fino al ginocchio e chi si prodigava a partecipare al “sabato fascista”, era riconoscibile con una giacca nera e berretto particolare.In base all'età anagrafica ognuno veniva nominato con il nome del proprio gruppo di appartenenza, tipo i ragazzi “Balilla”, mentre gli adulti “Avanguardisti”.

Testimonianza di:Matilde Tanaglia, 83 anni

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I testimoni della Storia locale

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La Resistenza e la Liberazione:

Si commemorarono, con fiori a forma di corona, i defunti morti durante la 2^ guerra mondiale, le cui foto vennero affisse all'entrata del Municipio.Ricordo ancora le prime melodie che vennero suonate in memoria di chi ormai non era più con noi. Qui noi oltre che ascoltare, chinammo il capo come se volessimo dire una preghiera per i nostri morti di guerra che quasi ogni famiglia ebbe per coloro che furono deportati in Russia. Poi con gli anni questa festività è rimasta solo una testimonianza di un pezzo della nostra amara storia, che chi non ha partecipato alla 2^ guerra non può capire e rammentare.

Elisa Carini

Quando ebbi dodici anni, il 25 aprile 1945, fu data la notizia, tramite le primissime radio, che l'Italia era stata liberata dal potere nazista, era stata veramente, come significa la parola, una liberazione, un momento di gioia e speranza per tutti, dalle classi più povere a quelle più abbienti perché noi italiani (in particolare del nord) fummo assediati per circa venti anni da un potere dittatoriale e totalitario condotto prima dai fascisti e in seguito dall'occupazione dei nazisti. Mi ricordo i primi comizi nella piazza del mio comune di Molinella, che si susseguirono anno per anno, sostenuti dal partito comunista, il quale fu difensore della lotta partigiana, ed esultante finalmente della rinascita di un'Italia politica ed economica nuova, senza più dittatura e autorità. Tutti i cittadini, tra cui io e la mia famiglia, partecipammo con interesse, vestiti con l'abito migliore della domenica, a quel ritrovo in piazza del 25 aprile, dove nessuno poteva mancare.Si iniziarono a vedere, a Molinella, le prime bandiere italiane che simboleggiavano l'unione e la forza di un'Italia libera da tutto quello che aveva sofferto per ben cinque lunghi anni.

Testimonianza di:Matilde Tanaglia, 83 anni

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Testimonianza di:Donna di 84 anni

La Resistenza e la Liberazione:

Durante i bombardamenti si andava nei rifugi situati nella villa Malvezzi, fra la chiesa e l'asilo. Un giorno una granata fece un gran buco nella chiesa e coloro che erano dentro sentirono una forte scossa. I tedeschi dormivano a casa nostra, un casolare di campagna a Vedrana, nelle stanze da letto, mentre noi dormivamo nella loggia con delle tende che separavano i maschi dalle femmine. Il comando dei tedeschi era situato nella villa di Dino Grandi. Quelli che erano a casa mia e che si sono salvati tornarono a salutarmi. Un giorno dovevo portare il latte a Budrio e arrivata al Ponte della Riccardina mi fermarono e mi tolsero la bicicletta, volevo continuare a piedi ma mi venne spiegato che c'erano delle mine, per cui tornai a casa piangendo.

Il Maresciallo tedesco mi accompagnò per riprendere la bicicletta. Il 25 aprile arrivarono gli angloamericani con i carrarmati che regalarono cioccolato, caramelle e zucchero. Poi continuarono i bombardamenti fino al Po.

Testimonianza di:Uomo di 75 anni

La Resistenza e la Liberazione:

Non ricordo molto perchè avevo sei anni, so solo l'odore della morte che era nell'aria ed io attaccato alle ginocchia di mio padre e di mia madre per protezione. Ricordo i bengala che gli aerei inglese lasciavano cadere lenti, illuminavano intensamente la zona da perlustrare. Gli alleati visionavano il territorio per vedere se durante la notte le truppe tedesche si spostavano, non attaccavano i civili. Un giorno arrivarono le auto blindate degli alleati che intrappolarono i tedeschi, i quali non si arreso e furono poi ammazzati. I cadaveri raccolti venivano messi uno accanto all'altro, ricordo l'odore che facevano. Nella villa Loup c'era un comando tedesco nel quale rivisionavano i carrarmati.

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Testimonianza di:Uomo di 85 anni

La Resistenza e la Liberazione:

Dal Brennero venivano i camion carichi di munizioni, li scaricavano nei casolari e si portavano il grano e il bestiame. Dal fronte i tedeschi venivano con le carrette e prendevano le munizioni che portavano nei vari punti in cui c'erano le batterie con i camion. Il nostro casolare in campagna veniva usato come deposito armi e le granate venivano pulite e unte dal 2 novembre al 18 aprile, le mitragliatrici avevano pallottole con tre funzioni: incendiarie, esplosive e folgoranti. I carri agricoli venivano trasformati e posizionati verso l'alto come se fossero dei camion per attirare e confondere gli alleati che poi bombardavano. Io mi ricordo che gli americani portarono cioccolato, sapone e penne che darono alle maestre per regalarle ai bambini.

Testimonianza di:Donna di 76 anni

La Resistenza e la Liberazione:

Passavano per le vie del paese e cantavano.Purtroppo non ricordo molto perchè avevo solocinque anni.

Allegra Alberoni

Serena Bertolino

Kirei Cangemi

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Testimonianza di:Silvana Fornasari

La vita quotidiana durante il fascismo:

Durante il fascismo quasi tutti i bambini andavano a scuola. Si entrava alle 8 di mattina e si usciva a mezzogiorno. Alle 10 di solito si faceva merenda. Passavo tutto il pomeriggio a fare i compiti che erano molti, poi aiutavo mia madre in casa. Alcune volte, per esempio quando Mussolini firmava un accordo, si organizzavano delle manifestazioni nel giardino della scuola. Durante quei giorni era obbligatorio indossare la divisa. Marciavamo e cantavamo canzoni fasciste ed eravamo tutti contenti perché non andavamo a scuola. Studiavamo materie che ormai non ci sono più come la cultura fascista, la storia fascista, l’igiene e cura della persona, lavori donneschi e manuali e altre. In lingue non ero molto brava ma in matematica andavo molto bene, tanto che in quarta elementare vinsi circa 15 lire per essere stata la più brava della scuola in matematica.

Almeno tre volte l’anno dei direttori venivano a controllarci per vedere se avevamo acquisito i principi e valori del fascismo.

Quando finii la scuola diventai una cuoca. Durante il fascismo c’era molta paura e bisognava stare molto attenti a ciò che si diceva. Io conoscevo un dottore molto bravo ebreo, si chiamava De Angeli. Fortunatamente non è stato deportato ed è riuscito a sposarsi con una donna cattolica. Dopo questo periodo la vita è migliorata tantissimo, infatti è stata promulgata la Costituzione che ha garantito il rispetto dei diritti umani.

La Resistenza e la Liberazione:

Durante l’ultima fase della Seconda Guerra Mondiale io lavoravo come cuoca per una compagnia di militari tedeschi che si era stabilita nei pressi di Mezzolara.

Cominciai a imparare la loro lingua stando per molto tempo a contatto con loro. Ai tedeschi piacevano particolarmente le patate e le frittate.

Mia sorella (Fornasari Augusta) era una parigiana.

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Testimonianza di:Silvana Fornasari

Ella aveva il compito di fornire agli altri membri della resistenza il cibo necessario.Partiva da Mezzolara e arrivava in bicicletta dopo un paio d’ore a Pianoro, dove si trovava una squadra di partigiani. Durante il lungo tragitto le è capitato però di essere fermata dai tedeschi. Essi, avendo notato le sue regolari uscite in bicicletta, si insospettirono. Una volta le chiesero dove volesse recarsi puntualmente ogni giorno. Lei prontamente tutte le volte rispondeva loro che si stava allenando per una gara ciclistica. Era infatti molto conosciuta per aver vinto numerose competizioni ciclistiche. Al termine della Seconda Guerra Mondiale diventò perfino la campionessa italiana.

Io conoscevo molti partigiani, colleghi di mia sorella. Una volta durante un rastrellamento da parte dei tedeschi due membri della resistenza, trovati armati, furono fucilati. Essi essendo stati avvisati precedentemente, dell’imminente rastrellamento ebbero il tempo di fuggire nelle campagne della Barchessa. La mattina seguente, pensando che il pericolo fosse ormai cessato, si avviarono verso Dugliolo ma qui vi trovarono dei tedeschi che li fucilarono.Per ricordarli sono state loro intestate due strade di Budrio: Via Cavazza e via Cariani.

Giulia Micaletto

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Testimonianza di:Testoni Nerina, 87 anni

La vita quotidiana durante il fascismo:

Mia nonna mi ha raccontato che durante la guerra ne hanno passate tante. Un giorno nel campo del padre di mia nonna, i partigiani uccisero un tedesco; i tedeschi andarono in casa e arrestarono suo zio minacciando che lo avrebbero ucciso se non avessero trovato chi aveva ucciso il tedesco. Alla fine non lo fecero. La famiglia di mia nonna aveva i tedeschi in casa che pretendevano di essere sfamati. Ogni giorno c'era un partigiano che andava dalla famiglia di mia nonna e si faceva dar da mangiare per il suo gruppo. Un giorno, mentre un generale fascista faceva la sua passeggiata per la strada come sua abitudine, un partigiano da dentro una casa gli sparò e per fortuna lo mancò. Il generale disse che lui sapeva perfettamente chi era stato e disse che per quella volta non faceva niente e non diceva niente, ma aggiunse che se fosse successo ancora sarebbe costretto a dirlo.

I tedeschi un giorno si presentarono dal padre di mia nonna e vollero due dei buoi freschi della famiglia in cambio i due loro buoi stanchi.

Finita la guerra, i partigiani si presentarono dal padre e dissero che i buoi non erano loro e quindi dovevano darglieli.

La Resistenza e la Liberazione:

Mia nonna mi ha raccontato che i partigiani in questa zona dicevano di essere partigiani, si nascondevano e c'era un'azione di disturbo, perché c'erano persone che simpatizzavano per i fascisti e persone che simpatizzavano per i partigiani che si conoscevano. I partigiani si nascondevano nei campi e si facevano sfamare. Sulla liberazione mia nonna mi ha raccontato che i nazisti molto prima che arrivassero gli Americani si misero in fuga e il padre di mia nonna è dovuto andare fino nel ferrarese per portare via gli oggetti dei tedeschi. Nei campi vicino a casa di mia nonna gli Americani hanno bombardato dei carri armati tedeschi. Il 25 aprile nella piazza di Minerbio ci fu un colpo di cannone, non si sa se per la fine della guerra o per qualche altro motivo, ci morì una ragazza.

Lorenzo Zurla

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Testimonianza di:Donna budriese, 84 anni

La vita quotidiana durante il fascismo:

Nel 1930 iniziai le elementari. La gioventù studentesca dalle elementari all'università era organizzata quasi militarmente, alle elementari i bambini erano chiamati “balilla” e le femmine “piccole italiane”.

In 5^ elementare, a Budrio, venivano organizzati dei corsi per un piccolo numero di bambine per diventare capo squadra. Accompagnate dal maestro, una volta alla settimana, si doveva andare alla palestra della scuola di Budrio in bicicletta, dove l'insegnante di ginnastica ci faceva fare gli esercizi necessari.

Dopo qualche mese consegnavano il diploma.Gli anniversari delle feste fasciste, come il 28

ottobre (fondazione dei fasci), il 21 aprile (festa del lavoro e Natale di Roma che sostituiva il 1° Maggio considerato la festa dei comunisti) era vacanza in ogni scuola.

Spesso, nei giorni precedenti queste ricorrenze, si festeggiava con saggi ginnici al campo sportivo di Budrio, davanti a funzionari del partito fascista di Bologna e di Budrio.

Le femmine avevano la divisa consistente in una gonna a pieghe nere e la camicetta bianca di cotone con una spilla appuntata a forma di M (Mussolini).I maschi avevano la divisa balilla: pantaloni neri, camicia nera e in testa un capello chiamato fez su cui era appuntata sempre la M. La stampa non era libera; i giornali dei partiti, contrari al fascismo, dopo alcuni anni in cui poterono essere stampati ma non venduti, furono eliminati. Mio padre mi raccontava che quando andava da ragazzo a scuola all'istituto tecnico a Bologna aveva l'incarico di cercare e di comprare furtivamente all'edicola “L'Avanti” perché era il giornale dei socialisti e aveva le notizie vere sull'andamento della politica. Anche le notizie radiofoniche erano manipolate dal governo fascista e non si potevano ascoltare notizie dall'estero. Ricordo che mio padre alla sera invitava amici antifascisti ad ascoltare «Radio Londra» di nascosto perché altrimenti avrebbe avuto dei guai.

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La vita quotidiana durante il fascismo:

Paradossalmente a quell'epoca nei paesi l'autorità era esercitata, a parole, dai carabinieri ma in realtà chi comandava e faceva paura alla gente erano i gerarchi fascisti del paese .Alcuni socialisti di Mezzolara furono arrestati dopo i disordini avvenuti a Guarda fra un gruppo di scioperanti e la polizia.Vennero mandati al 'confino' che era una specie di prigione situata in piccole isole del sud (ad esempio Lipari) e vi rimasero diversi anni . Nel 1929 le libere elezioni furono sostituite da un plebiscito. C'era una sola lista composta di nomi di politici fascisti .I votanti potevano “scegliere” inserendo nell'urna schede di colore diverso per dire SI o NO alla lista, quindi il voto non era più segreto.Il parroco di Dugliolo, Don Marisaldi, mise nell'urna la scheda del colore NO. Come sempre se ne tornò a Dugliolo in bicicletta ma all’improvviso sbucò dalla siepe una persona che lo fece cadere e lo bastonò .Le condizioni economiche del paese costrinsero Mussolini a chiedere al popolo di fare sacrifici per

aiutare l'economia nazionale e io ricordo quel periodo con molta tristezza perchè fu ordinato alle spose italiane di donare alla Patria la fede d'oro che per qualche milione di donne era l'unico oggetto prezioso e quindi era molto difficile separarsi da un oggetto così importante e di grande valore affettivo .Ricordo la mia mamma piangere per questo.

Alessandra Verri

Testimonianza di:Donna budriese, 84 anni

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La vita quotidiana durante il fascismo:

Ricordo quando ero alle elementari, avevo circa otto o nove anni, a scuola le maestre ci parlavano molto spesso di Mussolini e del fascismo. I ragazzi dei miei tempi indossavano la stessa uniforme e venivano divisi in gruppi a seconda dell'età. I più piccoli facevano parte del gruppo Figli della lupa (di cui facevo parte), mentre quelli più grandi erano del gruppo Balilla. La camicia che indossavo era di colore nero e pure le scarpe di cuoio lo erano. Ricordo poi del sabato fascista, in cui tutte le persone interrompevano il loro lavoro per ritrovarsi in un posto per fare esercizi di ginnastica. I ragazzi dovevano mantenersi in forma. Di solito facevano volteggi e si lanciavano attraverso cerchi di fuoco.

La Resistenza e la Liberazione:

Ricordo che durante la Seconda Guerra Mondiale in Italia nasceva la Resistenza, formata da tanti partigiani. A quei tempi avevo quattordici anni e sapevo poco. Mia madre diceva che i partigiani volevano che l’Italia fosse libera dai soldati tedeschi. Le persone che si univano alla resistenza erano soprattutto ex militari italiani e contadini. Erano raggruppati in brigate, poi in distaccamenti e a loro volta in squadre. Il cognato di mio padre, che faceva parte della Resistenza, fu catturato e ucciso a fucilate.Durante la liberazione il mio unico pensiero era “Dovevano liberarci prima”. La nostra casa fu buttata giù e di notte dormivamo lungo i fossi per sentirci al sicuro.

Jirapat Jatkhong

Testimonianza di:Vittorio Gaiani (Carles) e Teresa

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La vita quotidiana durante il fascismo:

GraziellaMio padre, un commerciante, mi raccontava che durante la guerra i tedeschi gli sequestravano sempre il cavallo. Ne avevano estremamente bisogno, anche lui però. Quindi lo tornava a prendere di notte, nel covo dei tedeschi, e il cavallo lo seguiva senza fare il minimo rumore.

MarisaRicordo che, finché andavamo a scuola, passavamo dai fossi. Un giorno venne ferita una mucca; sarebbe stata una grave perdita se mio padre non l'avesse curata subito, non saremmo mai sopravvissuti senza quell'animale. Per non far più passare le schegge circondammo il fienile di paglia. Una volta scoppiò una bomba in mezzo alla strada e ogni tanto andavamo a vedere il buco che si era creato perché era una delle poche cose interessanti.

La Resistenza e la Liberazione:

MarisaIn campagna dove vivevo io la liberazione non si è quasi sentita perché “dovevamo ancora leccarci le ferite procurateci dalla guerra”.Non ci sono stati segni di esultanza come nelle grandi città, inoltre mio zio era morto proprio il venticinque di aprile quindi noi non potevamo esultare. Ricordo che a Budrio insegnava una maestra che si vestiva sempre di nero, avevano impiccato suo figlio perché pensavano fosse fascista. Di questi episodi ce ne sono stati molteplici. Non si parlava mai di questi fatti. La popolazione era impaurita e aveva timore di aprir bocca.Quando finì la guerra andai al cimitero con i miei genitori e, vedendo due campi di croci bianche, pensai che la guerra fosse un fatto insostenibile e intollerabile anche per una bambina di soli cinque anni e che non era per niente giusto che dei ragazzi così giovani morissero in questo modo.

Giada Romagnoli

Testimonianza di:Marisa, 76 anni e Graziella, 56 anni

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Testimonianza di:Fausto Martelli, 78 anni

La vita quotidiana durante il fascismo:

Nel periodo del fascismo Budrio veniva comandata dal capo di zona e ogni zona aveva il suo capo. Le regole erano uguali per tutti e il raccolto dei contadini, come grano e canapa, veniva consegnato quasi per l’intero al duce. Chi cercava di fare il furbo e non consegnava la parte dei prodotti chiesta dai fascisti veniva catturato e bastonato, si diceva che i fascisti avevano “il manganello facile”; invece chi si comportava bene non aveva problemi. Quando Mussolini passava da queste parti per andare a Molinella, soggiornava a villa Romantica, a Budrio, che era di proprietà dei fascisti. Questa villa ancora oggi è in parte visibile tra alberi e arbusti, tuttora sono ancora visibili edifici che riportano targhe e diciture del periodo fascista. A volte Mussolini passava dai vari paesi per farsi vedere e conoscere dal popolo e in queste occasioni i contadini portavano le mucche vicino alle strade per dimostrare il capitale che possedevano.

A Budrio Mussolini fece costruire le scuole elementari e i bambini di allora venivano chiamati “balilla”. Nelle zone marittime come Rimini Mussolini fece costruire colonie perché i bambini potessero andarci in vacanza. Quando Hitler veniva in Italia l’esercito spostava gli aerei bellici da un aeroporto all’altro per dimostrare quanto l’Italia fosse potente. Il mio bisnonno lo mandarono a combattere in Russia, dovette tornare in Italia perché dopo un conflitto rimase ferito ad un ginocchio da una serie di schegge. Mio nonno con la sua famiglia avevano costruito un rifugio lontano da casa sottoterra chiuso con dei tronchi, per potersi rifugiare quando c’era pericolo di vita. Alla fine della guerra arrivarono i partigiani che volevano uccidere i fascisti, infatti ci furono due anni di omicidi.

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Testimonianza di:Fausto Martelli, 78 anni

La Resistenza e la Liberazione:

I partigiani erano soldati non ufficiali in disaccordo con l’esercito, finita la guerra facevano della guerriglia contro i fascisti e i tedeschi. I partigiani continuarono la loro guerriglia contro i fascisti andandoli a cercare nelle proprie abitazioni e senza un processo venivano fucilati. Gli facevano scavare una fossa per caderci dentro quando venivano fucilati. Durante la resistenza vicino alla casa di mia mamma i tedeschi trovarono alcuni partigiani nascosti in un fienile e dopo uno scontro a fuoco li catturarono e li arrestarono. Per punire coloro che avevano nascosto queste persone i tedeschi fucilarono i partigiani e i proprietari del fienile e tutt’oggi c’è un ceppo dedicato alla loro memoria nell’omonima via: “Via dei 36 martiri”. Budrio è stata liberata dagli americani. Dopo una lunga e sanguinosa battaglia, sul torrente Quaderna;

combattevano soldati di entrambe le fazioni e civili che abitavano in quei luoghi, dopodiché sono arrivati gli americani. Come prima cosa disinfestarono tutte le case con “DDT” per eliminare parassiti vari come pidocchi e zecche.

Luca Martelli

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Testimonianza di:Ada Fabbri

La vita quotidiana durante il fascismo:

Avevo circa nove o dieci anni, durante la notte ci bombardavano. Usavano dei bengala per fare luce e per vederci. Eravamo spaventati e correvamo nei rifugi sottoterra che ci eravamo fatti per proteggerci. Vicino a casa mia c'erano degli alberi e noi da lì vedevamo sempre degli aerei pronti per bombardare al fronte. I tedeschi prendevano gli uomini per portarli al fronte, mio padre e mio fratello avevano messo vicino agli alberi dei tubi sia per ripararci sia per far sì che nessuno ci vedesse. Per entrarci avevano costruito una botola, su di essa avevano seminato il grano per far sì che non si vedesse. A casa mia c'era la cucina dei tedeschi dove si facevano da mangiare e nel cortile portavano i soldati morti al fronte. Noi siamo scappati dalla Riccardina a Bagnarola, quando siamo tornati dov'eravamo prima, gli inglesi non ci facevano entrare perchè dicevano che i civili rubavano. Hanno lasciato entrare solo mio fratello perchè aveva la carta d'identità. Arrivata la liberazione c'erano tanti morti, avevano preso i cadaveri fascisti e li avevano portati in un campo dove li bruciarono.

La Resistenza e la Liberazione:

Di quel giorno ricordo che eravamo nel rifugio e ad un tratto un americano entrò e ci disse di uscire. Inizialmente eravamo spaventati ma poi capimmo che erano venuti per aiutarci. Ricordo anche che ci diedero la cioccolata.

Gaia D’AusilioGaja Memmola

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Testimonianza di:Annamaria Bisognin

La vita quotidiana durante il fascismo:

Durante la guerra le donne dovevano portare avanti il lavoro e la famiglia da sole perché gli uomini erano in guerra, difatti mia bisnonna lavorava da sola in negozio, mentre i suoi due figli piccoli erano curati da mia mamma, che viveva in casa con loro. Allora i componenti delle famiglie erano più numerosi di adesso e vivevano assieme più generazioni (nonni, genitori, figli, nipoti, e talvolta anche gli zii). Durante il sabato fascista, mia nonna teneva me e il mio fratellino a casa mentre i genitori e i parenti facevano le attività richieste dal partito. A quei tempi c’era molta povertà e la mia trisavola Clotilde andava con un cavallino a casa dei contadini per vendere la merce.

La mia nonna Cordelia aveva dovuto interrompere la scuola per andare ad aiutare la mia trisavola, e scendeva dal carretto solo per concludere l’affare (perché era timida).

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La Resistenza e la Liberazione:

Ero sfollata a Bagnarola dai miei nonni con mio fratello piccolo, avevo solo cinque anni e il mio fratellino ne aveva tre. C’erano dei tedeschi he abitavano a casa dei miei nonni ed erano gentili, però i nonni davano loro la panna fresca che avrei mangiato volentieri io. Il capo dei tedeschi aveva una compagna.

Con l’avanzare del fronte i primi tedeschi andarono verso nord e ne arrivarono altri più cattivi e arrabbiati. Gli ultimi tedeschi che scapparono rubarono molte cose fra cui i conigli d’Angora il cui pelo era filato da mia mamma per fare dei golfini. A casa dei cugini che abitavano nella casa vicina un giorno ho visto in un angolo della cucina un uomo straniero, forse inglese o partigiano, e gli adulti mi raccomandarono di parlare dell’uomo con nessuno, di stare zitta.

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Testimonianza di:Annamaria Bisognin

La Resistenza e la Liberazione:

Verso la fine della guerra i miei genitori volevano portare me, mio fratello e mia nonna materna a Budrio, perché pensavano fosse più sicuro; una mattina i miei genitori e mio fratello andarono per la strada mentre io e mia nonna passammo attraverso la campagna. Dovevamo raggiungere il paese, ad un certo punto gli alleati bombardarono il ponte della Pedagna e un signore chiese a mia nonna dove andavamo e disse di tornare indietro, ma mia nonna disse che dovevamo raggiungere Budrio per incontrare l’altra parte della famiglia. Io e mia nonna ci nascondemmo in una siepe e io vedevo i piloti sugli aerei che bombardavano. La nonna decise di tornare indietro e, a Bagnarola, ci ricongiungemmo con l’altra parte della famiglia che erano tornati anche loro indietro. Decisero di andare tutti a Bologna e, caricati i mobili sui carri agricoli, con mia nonna seduta in cima, con i buoi che trainavano i carri andammo a Bologna. Lungo la strada ci fu un altro bombardamento che ci costrinse a rifugiarci in un grande fosso.

I testimoni della Storia locale

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I testimoni della Storia locale

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Poi a Bologna andammo in una casa in piazza del Tribunale.

Il 25 Aprile gli alleati entrarono in piazza con i carri armati e le jeep distribuendo alla popolazione festante la cioccolata. Io volevo andare a prendere la cioccolata ma mia mamma me lo proibì.

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Testimonianza di:Enrico Gasperini

La vita quotidiana durante il fascismo:

Quando c’erano le parate delle le Camicie Nere, c’era un gagliardetto, e, quando passava, gli spettatori dovevano fare il saluto fascista, e chi non lo faceva si beccava una botta in testa dai fascisti. La maggior parte dei fascisti erano volontari. Tutto è cominciato nel 1922 con la “Marcia su Roma”, e questo diede il potere a Mussolini, che diventò poi il capo del governo. I giovani figli dei fascisti erano chiamati “giovani Balilla” fino all’età di 13/14 anni, mentre le bambine erano chiamate “figlie della Lupa” e dovevano indossare della camicie bianche e delle gonnelline nere. I giovani non sposati dovevano pagare una tassa sul celibato, mentre le famiglie numerose ricevevano dei soldi per ogni figlio concepito, perché a quell’epoca il governo aveva bisogno di uomini per combattere e lavorare.

I testimoni della Storia locale

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La Resistenza e la Liberazione:

Ci trasferimmo con i miei zii in uno scantinato di Bologna ritenendo di essere più al sicuro. Dopo alcuni giorni udimmo delle grida di gioia; con un mio zio andammo a vedere cosa succedeva, vedemmo così sulla strada l’arrivo degli alleati che passavano in doppia fila e al centro distribuivano passavano tutti i mezzi meccanizzati: carri armati, jeep … ecc

Degli ufficiali su una Jeep distribuivano delle cioccolate, sigarette, biscotti alla folla festante e

anche lì per noi bolognesi fu la fine di quella grande tragedia che fu la seconda guerra mondiale ma che continuò a nord fino alla definitiva cacciata dei tedeschi.

Filippo Gasperini

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Testimonianza di:Enrico Gasperini

La battaglia di Vigorso:

C’era il fiume Idice in piena quei giorni di metà Ottobre 1944.

Io, bambino di sei anni, ero sfollato in una casa solitaria sulla riva sinistra del fiume con mia zia Argentina e altre persone, perché si riteneva che lì saremmo stati al sicuro dalla tragedia della guerra. Vedevamo le acque del fiume scorrere veloci, trascinando ogni sorta di detriti: tronchi d’albero e carcasse di animali.

Quella sera del 21 Ottobre reparti di soldati tedeschi stavano rastrellando la zona e fermati in quella casa, sulla riva destra del fiume, proprietà Maccagnani, scovarono un distaccamento di partigiani nascosti nel fienile, e iniziò una intensa sparatoria che si protrasse per parecchio tempo e che ebbe termine quando gli assediati finirono le munizioni. Furono tutti uccisi anche i proprietari della casa che poi fu incendiata per rappresaglia.

Noi a meno di duecento metri di distanza seguimmo spaventati la feroce sparatoria e quindi le fiamme della casa che bruciava che si

innalzarono alte nel cielo e nella notte fu uno spettacolo raccapricciante. Poi fu il silenzio.

La famigerata battaglia di Vigorso era cessata, ma non la caccia all’uomo. All’alba del giorno successivo, infatti, arrivarono da noi due camion di soldati tedeschi, che ci tirarono giù dal letto e ci misero in fila nel cortile.

Due mitragliatrici erano puntate su di noi, mentre altri soldati stavano frugando dovunque alla ricerca di partigiani.

Ricordo il terrore dipinto sul viso degli adulti, forse perché loro sapevano; sapevano che uno nascosto c’era, e sapevano anche che se lo avessero trovato per noi sarebbe stata la fine. Ma era nascosto bene e loro non lo videro, e così risalirono sui camion e se ne andarono.

Gli adulti si abbracciarono.

Quella mattina avevamo sfiorato la morte.

Quegli avvenimenti si stamparono nella mia mente di bambino e non si sono più cancellati.

Filippo Gasperini

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Testimonianza di:Vanna Parri, Brindisi

La vita quotidiana durante il fascismo:

Quando andavo alle scuole elementari c'era un insegnante che ci dava un cucchiaio di olio di fegato di merluzzo per farci crescere sani. Un giorno si andava a fare ginnastica, eravamo vestiti tutti in divisa e ci andavamo con tutta la scuola. Facevamo gli stessi esercizi in base all'età. La divisa cambiava a seconda della classe. Gli accompagnatori erano anch'essi in divisa. Facevamo esercizi perché Mussolini voleva che i ragazzi crescessero sani. Quando dovevamo parlare a un superiore si dava del 'voi'.

I fascisti requisivano l'oro per costruire i cannoni per la guerra. Hitler e Mussolini si allearono per combattere insieme la guerra. Ci bombardavano durante il giorno e durante la notte. Al porto di Brindisi c'erano continui bombardamenti. Durante questi bombardamenti io e la mia famiglia ci riparavamo sotto gli alberi e sentivamo il sibilo dei proiettili passarci sulla testa. Quando arrivarono gli americani aiutarono la popolazione ridotta in miseria.

Gaia D’AusilioGaja Memmola

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Testimonianza di:Tatiana, 66 anni

La vita quotidiana durante la Rivoluzione Russa:

Nei tempi della guerra civile che arrivò in seguito alla rivoluzione del 1917 la mia nonna Anna aveva avuto la sua prima figlia. Appena cresciuta dovevano lavorare duramente il campo per quattordici o sedici ore al giorno anche se non partecipavano alle battaglie tra bianchi e rossi, in quanto la loro zona non è mai stata teatro di grande battaglia. Alla fine della guerra civile sono arrivati al potere i Bolseviki che hanno applicato una politica economica molto dura verso la popolazione, sequestrando alle famiglie dei contadini tutto ciò che risultava essere in più: prodotti alimentari, l’abbigliamento e gli oggetti della casa. Alla mamma della mia trisnonna sono stati portati via l’unico paio di guanti che aveva e l’unica coperta che aveva perché veniva considerata culack, cioè pugno nel senso troppo ricca. Invece alla mia trisnonna non è stato portato via niente e grazie a questo lei ha potuto accogliere a casa sua dei senza tetto che morivano di fame.

Valeria Buldini

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Testimonianza di:Ivano Parma, 73 anni

I “treni della felicità” a Budrio...

Quella che vorrei raccontare, è una storia che ha inizio molti anni fa, al termine di cinque lunghi, lunghissimi anni di sofferenze, privazioni e morti, che sembravano non finire mai.La vita lentamente stava tornando alla normalità, ed in un piccolo paesino di campagna come era Budrio, le persone rincominciavano ad uscire la domenica dopo una settimana di duro lavoro nei campi per chiacchierare e scambiarsi opinioni. Fu una di quelle domeniche mattina che il mio bisnonno, trovandosi come al solito in piazza con altri, vide arrivare un pullman che si fermò ed aprì le porte. Un gruppo di bambini un po’ impauriti ed impacciati cominciò a scendere.Furono accompagnati in una sala comunale e fu sparsa la notizia che chi desiderava accudire un bimbo per qualche mese, gliene sarebbe stato assegnato uno e così fu. C’era chi andò via con una persona, chi con un’altra, presi in custodia per un po’ di tempo, per poterli sfamare, perché comunque, come dice sempre il mio nonno che è contadino, la terra qualcosa offre sempre e di fame non si è mai morti.

Rimasero una bambina ed il suo fratellino, che a differenza degli altri, era più vivace ed irrequieto e forse fu proprio per quel motivo che colpì la curiosità del mio bisnonno che decise di portarseli a casa con sé.A bordo del calesse se ne tornò a casa dalla famiglia che era completamente all’oscuro di tutto, in quanto quell’adozione provvisoria era nata solo qualche minuto prima e, a differenza di quello che potrebbe succedere al giorno d’oggi se vostro padre si presentasse a casa una domenica con due bambini (che voleva dire due bocche in più da sfamare), furono tutti molto contenti.La mattina seguente però la bambina dovette lasciare la casa e andare a Bologna, perché era già destinata ad un medico del luogo.Era l’autunno del 1946 e Vincenzo, il bambino più piccolo, aveva nove anni e perciò fu iscritto all’anno scolastico per poter seguire le lezioni.

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Testimonianza di:Ivano Parma, 73 anni

Nel pomeriggio però poteva divertirsi assieme a mio nonno Ivano, che a quel tempo aveva quattro anni, a suo fratello maggiore di quattordici anni e alle due sorelle di dodici e diciotto anni. La vita in campagna non era solo svago e in quell’inverno venne moltissima neve, cosa che Vincenzo non aveva mai visto, ed era contento di aiutare il mio bisnonno ad attaccare le mucche per trainare una lama e ruspare via la neve, per aprire il passaggio e poter camminare meglio o andare in bicicletta, perché una volta non c’erano le auto. Dopo sei mesi, ritornò il pullman per riprendere e riportare i bambini a casa. Per Vincenzo fu molto triste dover ripartire e lasciare ancora una volta persone a lui care e ritornò in Sicilia con la sorella maggiore a malincuore, ma con la soddisfazione di aver imparato ad andare in bicicletta.

Il tempo trascorreva veloce e Vincenzo all’età di ventuno anni cominciò a gareggiare nel ciclismo fino al punto di vincere delle gare.Una gara importante lo portò in Francia dove conobbe una ragazza.Cosi’ si trasferi’ in Francia, si sposò ed ebbe tre figlie: Mariline, Dominique e Lucie. Dopo tanti anni, nel 1979, decise di portare la sua famiglia in Italia.Il ricordo di quei tempi tanto difficili, ma anche felici, divertenti e pieni di affetto, lo portò a cercare quei posti impressi nella mente. Ricordava il nome “Cento”, ma fini’ col ritrovarsi a Cento di Ferrara, in posti a lui sconosciuti.Qualcuno gli diede altre informazioni e finalmente arrivò a Cento di Budrio e quando ritrovò la strada ghiaiata che lo conduceva alla casa che lui ricordava, ancora una volta rimase deluso perché nel frattempo il mio bisnonno con la famiglia si era trasferito.

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Testimonianza di:Ivano Parma, 73 anni

Era una mattina d’estate e mia mamma, che all’epoca aveva otto anni, stava giocando nel cortile di casa, quando vide arrivare una macchina bianca dalla targa straniera e, all’oscuro di tutto, si ritrovò a dover capire cosa dicesse quel signore sceso dall’auto, che parlava francese.Quando Vincenzo indicò il nome Ermenegildo Parma, il nome del mio bisnonno, la mamma si precipitò nel campo dove lui stava lavorando e lo chiamò a casa. L’emozione e la felicità nel ritrovarsi dopo tanti anni fu immensa. Vincenzo felicissimo riabbracciò il mio bisnonno, che sembrava un padre dopo aver ritrovato un figlio, e la mia bisnonna, quella donna tanto amata perchè, anche se per un breve periodo, gli aveva fatto da mamma.Ancora oggi la mia famiglia continua a tenersi in contatto con Vincenzo e la sua famiglia.Infatti anni fa, mia mamma è stata anche al matrimonio di Mariline in Francia e a volte Vincenzo e la sua famiglia vengono in Italia.Fortunatamente non posso raccontarvi la fine della storia, perché una fine questa storia ancora non ce l’ha.

Vorrei ringraziare mamma, papà ed i nonni che con le loro storie ed i loro racconti diretti ed indiretti mi hanno fatto capire che se hai la possibilità di fare del bene, lo devi fare senza curarti delle conseguenze, perché prima o poi lassù qualcuno ti darà una mano.

Luca Martelli

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