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ANNO XXIX NUMERO 2 FEBBRAIO 2014 Menti Locali Esperienze di impresa e formazione testimoniano che è possibile la rinascita del nostro territorio a cura di A. Lanzieri e M. Messinese I primi incontri della Scuola socio-politica di D. De Somma L’Assemblea diocesana elettiva dell’Azione Cattolica di A. Lanzieri I Teatri del Sacro a Scafati di M. Messinese La chiesa di S.Felice nella Terra di Palma di M. M. Nappi

Menti locali

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inDialogo. Mensile della Chiesa di Nola XXIX - 2 - Febbraio 2014

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Menti Locali

Esperienze di impresa e formazione testimoniano che è possibile

la rinascita del nostro territorioa cura di A. Lanzieri e M. Messinese

I primi incontri della Scuola socio-politicadi D. De Somma

L’Assemblea diocesana elettiva dell’Azione Cattolicadi A. Lanzieri

I Teatri del Sacro a Scafatidi M. Messinese

La chiesa di S.Felice nella Terra di Palmadi M. M. Nappi

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mensile della Chiesa di Nola

UN Coraggioso sCatto dal bassodi Marco iasevoli

duplice: da un lato il pericolo di se-parare la vita di fede dalla vita or-dinaria, originando quella malsana schizofrenia tra “cristiani in chiesa” e “cittadini nel mondo”; dall’altro il rischio di utilizzare l’appartenenza ecclesiale come marchio di qualità a fini propagandistici o come lobby per rivendicazioni corporative al fine di incidere attraverso una con-correnza poco leale sul mercato.

Il pensiero Sociale della Chiesa espresso, sia attra-verso i pronuncia-menti pontifici che le indicazioni del Vaticano II1, tende a sottolineare che anche per il ruolo dell’imprenditore vale l’indicazione generale che riguarda tutti i creden-ti chiamati a coniugare l’esperienza credente con l’attività quotidiana. Potremmo sintetizzare dicendo che anche l’imprenditore come ogni battezzato riconosce nell’aggettivo “cristiano” lo sforzo esistenziale di seguire il Maestro come discepolo,

imitando in contesti diversi la stessa intenzionalità del Signore racchiusa nel Vangelo, assumendo i criteri e le modalità proprie dell’operare stori-co di Gesù. Dunque, cristiano perché il riferimento è innanzitutto Cristo, non perché “passa in sacrestia” pri-ma di muoversi per andare in azien-da.

Con le parole della Gaudium et spes si potrebbe dire anche dell’im-prenditore quello che si chiede ad

ogni cristiano: affron-ta la vita e la profes-sione «alla luce del Vangelo e dell’espe-rienza umana»2.

Ne consegue anche uno stile specifico e alcune caratteristi-che richiamate dalla

dottrina sociale e presenti per un’a-gile consultazione nel Compendio della dottrina sociale della Chiesa3. A partire proprio dall’insegnamento magisteriale si possono sottolineare quattro dimensioni tra le altre: cre-atività, professionalità, gratuità, le-adership.

Per parlare di economica, sviluppo e crescita nel Meridione bisogna

partire da un’amara certezza: la po-litica non darà risposte a breve. Le risorse non ci saranno fino a quando non saranno resi più flessibili alcuni vincoli europei. E i vincoli europei resteranno stringenti sino a quando la classe dirigente nazionale e locale non saprà dar prova di trasparenza, onestà e corretto uso delle risorse pubbliche (le famose riforme che l’Ue ci chiede, in fondo, sono que-ste).

Nel breve periodo, le speranze di riscossa del Sud non sono dunque nelle mani di amministratori nazio-nali e locali. Sono al 90 per cento nelle mani, o meglio nell’orgoglio, degli attori sociali. Imprenditori, banche, fondi, sindacati, giovani

appassionati di innovazione e tec-nologia, artigiani, “custodi” della tradizione e della qualità meridio-nale, università (docenti, ricercato-ri e studenti), associazioni sociali e culturali, operatori turistici… Non si può aspettare la politica, si rischie-rebbe di morire sulla banchina sen-za nemmeno intravedere la sagoma della nave. Bisogna giocare d’anti-cipo, smuovendo la politica non con appelli e richieste con il cappello in mano, ma mettendo in vetrina ciò che sappiamo e possiamo fare.

Da questo punto l’esperienza di “Eccellenze campane” è esemplare: ecco cosa può fare il nostro territo-rio quando si coniugano difesa del-la tradizione, qualità dei prodotti, difesa dell’ambiente, scommessa sui giovani e sull’innovazione, co-

Il profilo dell’imprenditore “cristiano”: creativo, professionale, gratuito, capace di leadership

Fare iMpresa CoN Fededi Salvatore Purcaro

raggio, progettualità e, soprattutto, capacità di fare rete. Rete che ha in sé un profitto materiale e un profit-to morale. Lo “scatto dal basso” è davvero decisivo. Dall’alto arriverà poco o nulla.

E ciò traspare bene anche dall’im-postazione della Scuola socio-politi-ca diocesana: il “poker” democrazia – sviluppo – cittadinanza – legalità coglie in pieno il senso della sfida che abbiamo di fronte: il futuro è nelle nostre mani. Il futuro sono le buone idee, è la cooperazione, è l’autoimprenditorialità, è la bonifi-ca etica del sistema produttivo (il rombo banche – imprese – sindaca-ti - ambiente), è il pieno coinvolgi-mento dei cittadini nei processi de-mocratici ed economici.

Cristiano perché il riferimento è innanzitutto

Cristo, non perché “passa in sacrestia”

prima di muoversi per andare in azienda

Una riflessione attenta sul concet-to di imprenditoria e fede cri-

stiana non può prescindere da una domanda fondamentale: esiste vera-mente l’imprenditore cristiano? Per trovare una risposta è necessario an-zitutto riconciliarsi con la corretta accezione semantica dell’aggettivo “cristiano”.

Nel linguaggio abituale tale con-notazione tende a sottolineare sem-plicemente una dimensione di be-nevolenza in contrapposizione a un atteggiamento poco umano: cristia-no in definitiva come cifra di “bra-va persona”. Tale interpretazione appare riduttiva in quanto, richia-mando lo stile e non l’essenza del imprenditore, impedisce di cogliere quella fondamentale connessione che caratterizza il ruolo del creden-te nella vita sociale e dunque nel nostro caso del laico che intenda vi-vere e testimoniare anche nella sua professione, come in tutti gli ambiti della sua esistenza, l’appartenenza a Cristo.

Appare necessaria questa precisa-zione in quanto il rischio è sempre

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La Terza PaginaAnzitutto la creatività. La Chiesa

riconosce e auspica l’impegno crea-tivo4 in coloro che decidono di intra-prendere l’attività imprenditoriale.

È a questo livello che si onora quella “immagine di Dio” richiama-ta dalla Genesi e che vede nell’uo-mo la capacità iscritta nel cuore dal Creatore di “coltivare e custodire” il Giardino. Il Compendio a tal pro-posito ricorda che: «la dimensione creativa è un elemento essenziale dell’agire umano, anche in campo imprenditoriale, e si manifesta spe-cialmente nell’attitudine progettua-le e innovativa»5.

Purché tale impegno sia vissuto come autentico servizio teso ad al-largare le possibilità di vivibilità e di bene comune sulla Terra.

A tal fine l’imprenditore deve ri-conoscere e affinare le proprie com-petenze specifiche nel settore di produzione.

Deve essere una persona profes-sionale dal punto di vista del trat-to umano e delle competenze. Non basta la sola creatività, che non di rado può essere inquinata dalla ten-tazione della carriera e del guada-gno facile. Si rivela utile, a tal pro-posito, anche la riflessione di Papa Francesco alla Curia estendibili ad ogni attività lavorativa: «la profes-sionalità, che significa competenza, studio, aggiornamento… Questo è un requisito fondamentale per lavora-re...

Naturalmente la professionalità si forma, e in parte anche si acquisi-sce; ma penso che, proprio perché si formi, e perché venga acquisita, bi-sogna che ci sia dall’inizio una buo-na base»6.

La professionalità chiede tra i re-quisiti specifici la gratuità, che non significa deprezzamento del profit-to, riconosciuto come necessario dallo stesso Magistero, piuttosto at-tenzione ad un uso della proprietà privata in vista del bene comune e ad una proporzione tra capitale eco-nomico e umano a vantaggio dei la-voratori.

Non a caso la dottrina sociale a partire dalla Rerum Novarum ha individuato nel rispetto delle fasce fragili come i lavoratori stranieri e le lavoratrici il “privilegio del de-bole”, banco di prova dell’onestà dell’imprenditore.

In altre parole è necessario che l’imprenditore sia capace di una evangelica leadership, intesa a par-tire dall’osservazione del modo di guidare i discepoli da parte di Gesù. Una leadership concretizzata attra-verso uno stile alto di vita, capace di donazione totale di sé (la croce), lontana dal privilegio di persona o di categoria (il rifiuto a trasformare le pietre in pane durante le tentazio-ni nel deserto: cfr. Lc 4), attenta a costruire sulla terra la civiltà dell’a-more (redenzione).

L’imprenditore, infine, è un uomo in grado di guidare, di compiere le scelte giuste, di considerarsi a capo e dunque parte dell’azienda. Egli deve essere consapevole che per accreditarsi deve manifestare qualità personali rilevanti: non può imporsi sui suoi lavoratori in forza di un’autorità di matrice familiare (si pensi ai casi in cui si eredita la gestione dell’azienda familiare) o di minacce di licenziamento o di tra-sferimenti di produzione7.

Per un confronto con i do-cumenti:

1 Giovanni XXiii, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 413-415; ConCilio vati-Cano ii, Cost. past. Gaudium et spes, 60-65: AAS 58 (1966) 1084-1085; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2429; Gio-vanni Paolo ii, Lett. enc. Cen-tesimus annus: AAS 83 (1991) 852-854; Id., Lett. enc. Sol-licitudo rei socialis, 15: AAS 80 (1988) 528-530; Id., Lett. enc. Laborem exercens, 17: AAS 73 (1981) 620-622.

2 Cfr. Gaudium et spes, 46.

3 PontifiCio ConsiGlio Per la Giu-stizia, «il ruolo dell’impren-ditore e del dirigente d’a-zienda», in Compendio della Dottrina Sociale della Chie-sa, Cap. VII, parte III, pp. 188-190.

4 Giovanni Paolo II mette in guardia dalle conseguenze negative che deriverebbero dalla mortificazione o nega-zione del diritto di iniziativa economica: «L’esperienza ci dimostra che la negazione di un tale diritto, o la sua limitazione in nome di una pretesa “eguaglianza” di tutti nella società riduce, o addirittura distrugge di fatto lo spirito d’iniziativa, cioè la soggettività creativa del cittadino» (Sollicitudo rei socialis, 15 in AAS 80 (1988) 529).

5 Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 343.

6 PaPa franCesCo, Discorso per la presentazione degli augu-ri natalizi della curia roma-na, 21 dicembre 2013.

7 Questo è un ambito delica-to che riguarda l’attualità. È bene ricordare a proposito l’indicazione chiara del Con-cilio: «Si creino tuttavia nel-la misura del possibile, posti di lavoro nelle regioni stesse d’origine» (Gaudium et spes, 66).

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mensile della Chiesa di Nola

Si chiamano Giovanna Pignataro e Tiziano Squillace e sono cognati.

Hanno rispettivamente 39 e 45 anni, lei originaria di Scampia e lui del Vomero. Non sono in molti a saperlo, ma dietro alcuni dei prodotti d’animazione per bambini più creativi e brillanti andati in onda sulle reti Rai negli ultimi anni ci sono loro. Giovanna e Tiziano, infatti, sono i fondatori de “La Casa dei Conigli”, società di Piazzolla di Nola (zona in cui entrambi abitano da anni), operante nel settore dell’infanzia, soprattutto con la produzione di serie tv animate. La “Casa dei conigli” ha prodotto ad oggi sei serie per la tv in animazione, tutte acquistate da Rai Cinema, prima per Rai Tre poi per Rai Yoyo. Dall’agronolano alla Rai. Abbiamo chiesto loro di raccontarci il cammino fin qui percorso.

«La Collina dei Conigli è nata nel 2006 come associazione culturale – mi spiega Giovanna - poi abbiamo iniziato a collaborare con la Rai e ci siamo trasformati in società». Giovanna è laureata in lingue e da sempre coltiva la passione per la scrittura; Tiziano ha fatto il restauratore di dipinti

per una quindicina d’anni, in uno studio privato fiduciario della Sovrintendenza a Napoli.

Come è nata la vostra collaborazione?

«Ho sempre avuto la passione per la scrittura – mi dice Giovanna – e Tiziano oltre ad essere restauratore faceva anche l’illustratore, e così pensammo di illustrare una storia scritta da me. La prima collaborazione fu positiva: ci trovammo bene ciascuno ad interpretare il lavoro dell’altro. Nel 2004, poi, insieme ad un altro amico musicista di Napoli, creammo un progetto editoriale sulla legalità, in collaborazione con la regione, chiamato “Tonino e musica”, una cosa da portare nelle scuole. Si trattava di un racconto scritto da me e illustrato da Tiziano, fu il nostro primo vero lavoro».

Come arrivate alla Rai?«Chiedemmo ad una band di Roma

“Le nuove tribù Zulu” di utilizzare i loro pezzi per delle nostre creazioni.

Tramite loro conoscemmo una ragazza che lavorava alla Rai la quale ci mise in contatto con l’azienda, credendo che le nostre opere avessero dell’ottimo potenziale».

In cosa consisteva la vostra prima collaborazione?

«Avevo costruito dei pupazzi utilizzando solo oggetti d’uso comune – mi spiega Tiziano, indicandomi

a questo punto uno stupefacente c o n i g l i e t t o costruito solo con delle lampadine, posizionato su una mensola davanti a me – e ci chiesero di fare una serie

in cui si mostrasse come si fanno oggetti del genere. Il tutto fu prodotto con la tecnica della stop-motion». Il risultato finale di quel lavoro è “Minuti montati”: della durata, appunto di un minuto l’una, ogni puntata mostra oggetti d’uso quotidiano – una cornetta, una spugna, un imbuto – che pian piano, assemblati ad altri oggetti, diventano pupazzi. «Gli strumenti della nostra prima serie – mi spiega Tiziano -

A Piazzolla di Nola un’eccellenza nella produzione di serie tv animate

la Casa dei CoNiglidi alfonso lanzieri

Lo stile che all’inizio era imposto

dalla mancanza di mezzi, è diventato col tempo

un principio cardine del nostro lavoro

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MenTi LocaLi

erano molto rudimentali: il set era la cantina di casa, la telecamera era comprata al supermercato e di bassa qualità, e via dicendo. Ma quello stile che all’inizio era imposto dalla mancanza di mezzi, è diventato col tempo un principio cardine del nostro lavoro: creare prodotto d’animazione in modo artigianale, puntando sulle idee, usando la tecnologia il minimo indispensabile, con lo scopo di creare un prodotto capace di stimolare la mente del bambino e renderlo parte attiva della visione. Il nostro presupposto – chiarisce ancora Tiziano - è l’opposto di quello di alcuni prodotti per l’infanzia oggi tanto in voga: noi partiamo dall’intelligenza del bambino e dalla sua valorizzazione, non vogliamo semplicemente intrattenerlo occupandogli il tempo, ma renderlo, a suo modo, attivo». A riprova di quanto mi dice Tiziano sta la filosofia de “La Casa dei Conigli” bene esposta sul loro sito: “Compostaggio rifiuti della mente. Si ricicla tutto e non si butta nulla, soprattutto le idee. Tutta l’attività di questa società è all’insegna della manualità e della creatività (…).Tutte le animazioni fatte, così come i laboratori proposti ai bambini sono votati a questa idea: facciamo venire fuori tutta la fantasia e la creatività che abbiamo”. “Minuti contati” va in onda su Rai Tre nel 2008 e partecipa al festival internazionale “Cartoons on the bay”, dedicato all’animazione televisiva, che si tiene in Italia.

Dopo cosa è successo? «Succede che “Facciamo Luce”,

la nostra seconda serie, riscuote tantissimi consensi – racconta Giovanna - e va in onda nel 2009, ancora su Rai Tre. Inoltre incassa una nomination ai Pulcinella Awards 2009, vince il Premio Alta Qualità per l’Infanzia IL GRILLO 2009, è selezionata come unica serie italiana al Festival Internazionale del Cinema d’Animazione di Annecy 2010, rassegna che è in pratica l’anticamera degli oscar per i film d’animazione. Probabilmente il nostro lavoro di maggior successo». Anche questa serie è prodotta mixando un’idea semplice ma solida a mezzi artigianali: un proiettore auto costruito e oggetti domestici. L’ombra degli oggetti proiettata su uno sfondo a creare una o più figura dinamiche e lo spettatore invitato

a pronosticare di quale oggetti si tratti. Una sorta di indovinello interattivo, fatto solo di luce, ombra e banali oggetti domestici ma capace di stimolare fortemente la curiosità, la creatività del piccolo spettatore.

Poi arriva la terza serie “Storie s-piegate”…

«Sì, nella quale facciamo un passo avanti. Ora, come il titolo suggerisce, ci sono delle storie – mi spiega Giovanna - realizzate con delle stoffe su un asse da stiro, ancora con la tecnica delle stop-motion, e con la voce di una bambina di cinque anni, mia figlia ,che canta le storie in ogni puntata. La serie successiva si chiama “Acqua pulita”, comprata da Rai Yo-Yo l’anno scorso».

Parallelamente dal 2008, Tiziano e Giovanna iniziano a lavorare nelle scuole, facendo laboratori di cinema d’animazione con i bambini perché «se l’animazione è fatta per i bambini forse possono anche provare a produrla da se stessi – mi spiegano - il punto è insegnar loro un mezzo di comunicazione».

Il tutto inizia a Scampia, nell’ambito di un progetto scolastico teso a promuovere le iniziative e le attività che ruotassero attorno all’auditorium di Scampia e ai plessi scolastici del circondario. «A Scampia abbiamo realizzato undici corti animati – racconta Tiziano - con tecniche di animazione differenti, e i bambini che facevano tutto con noi. I corti sono stati girati in classe con loro. Il lavoro è durato un anno e mezzo. I vertici di Rai Yo-Yo apprezzarono tantissimo gli esiti dell’iniziativa tanto da farci produrre “Piccoli Corti in TV”, laboratori di cinema d’animazione, svolti in classi della scuola primaria di Piazzolla di Nola, raccontati dai

piccoli partecipanti. Il progetto dovrebbe andare in onda a breve».

Il rapporto con la scuola è anche “Fermenti didattici”, progetto di cui Giovanna e Tiziano sono coordinatori, grazie al quale circa una decina di esperti realizzerà vari laboratori di natura pedagogico-esperienziale con gli alunni della scuola elementare di Piazzolla.

La “Casa dei Conigli” non è inoltre anche produzione artistica e letteraria. L’ultimo lavoro di quest’ambito – ma appunto solo l’ultimo di una seire - è “Storie ritrattate”: quadri di figure e personaggi della letteratura, storia e fiabe, raffigurati su pannelli in legno usando cera, carta, cartone e oggetti riciclati d’ogni genere, realizzati di Tiziano e accompagnate da una breve testo di Giovanna: «ogni figura è quindi reinterpretata attraverso le immagini e le parole – spiega Tiziano – perciò si tratta di storie ritrattate. Insomma è un invito poter ritrattare, riprendere, rivedere, storie in maniera sempre differente e creativa». I lavori sono stati poi esposti in una mostra, che si è tenuta alla fine dello scorso mese di gennaio, a cui hanno preso parte le scolaresche di elementari e medie del territorio nolano.

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mensile della Chiesa di Nola

La curiosità di un bimbo e la passione di uno zio che preparava dolci che sembravano opere d’arte. Buoni al palato e stupendi alla vista. Due sensi, un tesoro dentro un altro tesoro, proprio come una perla al riparo nel ventre l’ostrica. Una meraviglia che solleticava la mente di quel bimbo. Da allora sono passati tanti anni e il bambino è cresciuto. Si chiama Pasquale Marigliano e ora va per gli -anta. Ma la passione è rimata intatta. Oggi è un affermato pasticciere: “Sì , devo proprio tutto a mio zio. La domenica lo aiutavo in pasticceria. E anche in settimana, sa? Dopo lo studio i miei amici mi chiamavano per giocare, ma io ero impegnato in cucina. È stata una esperienza fondamentale. Non solo sotto il profilo professionale, ma

anche sotto quello umano. Perché ho lavorato anche da cameriere e ho imparato a rapportarmi alle persone. E soprattutto a conoscerle meglio”.Ma Pasquale Marigliano oltre a fare bene il suo lavoro, è anche innamorato della sua terra. È per questo che ha aderito a polo agro-alimentare “Eccellenze Campane”, il che si occupa di produrre, promuovere ed esportare i prodotti artigianali e di qualità della regione. La nostra conversazione inizia proprio da questo progetto che intende rilanciare l’immagine della regione.

Cos’è e come è nata Eccellenze Campane?L’idea è stata di Pasquale Scudieri. Ma il merito è stato anche dell’imprenditore Pasquale

Buonocore che ha creduto subito a questo progetto che raggruppa tutti i piccoli artigiani. Noi non ci limitiamo solo a commercializzare. Mostriamo agli acquirenti come viene creato il prodotto. Ovviamente ci limitiamo solo alle specialità campane. E all’interno dell’associazione c’è sinergia e unità di intenti. Anche per quanto riguarda l’aspetto legato alla produzione. Per esempio all’interno di Eccelleze Campane c’è un’altra società che ci fornisce le materie prime come la farina.

E lei perché ha aderito?Io credo nella filosofia di fare sinergia. Invece che fare tante cose, ritengo che sia più opportuno specializzarsi solo in un campo. Anche per non disperdere la propria produzione e per ottimizzare il lavoro. Per esempio

Intervista con l’imprenditore-pasticciere che ha aderito al progetto Eccellenze Campane

per aMore e tradizioNedi Mariano Messinese

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07febbraio 2014

io mi occupo solo delle pasticceria, a fianco a me c’è un altro negozio che si occupa di cioccolateria.

Quali sono le eccellenze di una regione come la nostra ferita dalla disoccupazione e dall’inquinamento ambientale?Il problema è che noi viviamo in una realtà difficile, in un mondo preda di favoritismi Ma le eccellenze sono le persone che decidono di non sopportare passivamente questa situazione di fatto. Persone che magari decidono di mettersi insieme, di cooperare per rilanciare l’immagine della nostra terra. E poi ci sono quelli come voi che credono nel nostro lavoro e che ora sono qui a intervistarci.

Una delle parole chiave del progetto è tradizione. Ma non teme che comunque “ Eccellenze campane” possa essere recepita come una operazione troppo commerciale per rispettare la tradizione?No, guardi, alla fine noi siamo pur sempre piccoli artigiani che si sono uniti per dare vita a questo progetto ambizioso. E ci tengo a sottolineare che una cosa del genere è la prima volta che si vede nella nostra regione.

Il pasticciere è uno dei lavori più richiesti sul mercato, eppure non sono molti i ragazzi che vogliono fare questo mestiere. Lei ha avuto difficoltà a trovare ragazzi disponibili e ad assumerli?Purtroppo devo dire di sì. Non tutti la pensiamo alla stessa maniera. Apparentemente questa professione sembra bella, però, quando si entra dentro, ci si accorge quanto sia dura, È un sacrificio da fare perchè si lavora anche e soprattutto nei giorni di festa. Si inizia da garzone con mansioni di pulizia, come lavare il banco e le pentole. Bisogna lavorare sodo e per questo motivo non tutti i giovani sono disposti a sacrificarsi. Su 100 ragazzi vanno avanti meno di 20. Ed è grave. Però devo ammettere che quei pochi che lo fanno fino in fondo lo meritano. Sono ragazzi che pagano per imparare, frequentano corsi e fanno gli stage. È per questo che io prendo sempre loro. Loro sanno cos’è il sacrificio”.

MenTi LocaLi

da www.eccellenzecampane.it

Eccellenze Campane è un contenitore di piccole imprese operanti nei diversi comparti del settore enogastronomico.

Il suo scopo è quello promuovere e valorizzare le eccellenze agro-alimentari direttamente dal “produttore” al “consumatore”, sen-za passaggi intermedi, nella logica della filiera corta concentrando in un’unica struttura le migliori produzioni regionali.

Attraverso la selezione di ristoratori e produttori di eccellenza, Il mar-chio intende diventare un centro di attrazione in cui elementi quali la qualità, la tipicità, la cultura e la tradizione si coniugano con i concetti di sostenibilità, accessibilità, economicità.

Il suo obiettivo non è solo quello di vendere qualità, ma anche di informa-re ed educare facendo luce sulla provenienza e lavorazione dei prodotti. Per questo motivo la struttura ospita al suo interno ben 8 aree di pro-duzione che mostrano al pubblico ogni importante fase del processo produttivo: Panificio, Birrificio, Pastificio,Caseificio,Torrefazione, Pa-sticceria, Cioccolateria, Gelateria.

L’attenzione rivolta all’informazione, educazione e cultu-ra è testimoniata dalla presenza di un’Aula Magna, sede di cor-si di cucina, degustazioni, didattica per bambini e congressi. Per il mercato è stata predisposta un’esposizione sta-bile di prodotti campani di pregio conservati e un’altra bisettimanale(sab. e dom.) di prodotti ortofrutticoli di stagione. I ristoratori prescelti sposano in pieno la filosofia di Eccellenze Cam-pane e svolgono la loro attività nel rispetto della tradizione e della qualità.

Gli Eccellenti: E maccarune ‘e napule, Antica panuozzeria di Gra-gnano Fratelli Manzi, Caseificio con latte di bufala Roberto Batta-glia, Antico forno napoletano Pietro Baino e Pasqualino Esposito La cucina marinara - lubrense di Maria Aprea, Gay Odin-fabbrica di cioc-colato, E brustuliature ‘e café Wurzburger, A chianca, O casadduoglio (antica salumeria napoletana), O pizzaiuolo Guglielmo Vuolo, Le dol-cezze che ti prendono per la gola di Pasquale Marigliano, L’arte birrai di Nello Marciano, L’arte della friggitoria del maestro Antonio Tubelli, L’antica tradizione della cucina di taverna del mastro tavernaro Luciano di Meo, A furnacella

Orario di apertura: dal lunedì alla domenica, tranne il sabato, dalle 07.00* alle 24.00 (è possibile accedere fino alle 23.00); il sabato chiusu-ra all’01.00 (è possibile accedere fino alle 24.00).

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mensile della Chiesa di Nola

L’intervento del Prof. Acocella all’inaugurazione del III anno della Scuola socio-politica

svilUppo soCiale del territorioChe la Scuola Diocesana di Nola di formazione all’impegno socio-po-litico, al suo III anno, abbia scelto per la sua inaugurazione il tema dello sviluppo sociale del territo-rio può apparire anacronistico e fuorviante, giacché la dimensio-ne globale sembra aver oscurato la ricchezza delle realtà locali e “periferizzato” territori e comu-nità, rendendo vanno il principio stesso delle autonomie. Invece – proprio considerando quanto sia cresciuta, specie negli anni di cri-si mondiale, la contrapposizione tra posizioni espresse dal liberi-smo mondiale (che caratterizza il fenomeno della globalizzazione) e richiesta sempre più forte di responsabilità sociale e politica più direttamente riconducibile alla sovranità dei cittadini – pro-prio di autonomie locali e sociali occorre con forza riparlare, come mostra la ripresa del dibattito sul federalismo.Questo l’esordio dell’interven-to del prof. Giuseppe Acocella - ordinario di Filosofia del Diritto presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” - in occasio-ne dell’incontro di inaugurazione del terzo anno della Scuola dio-cesana di Formazione all’Impe-gno socio-politico.L’ultimo ventennio – in specie dopo l’apparizione della lega Lombarda e poi della Lega Nord – ha visto lievitare appunto, prima nel linguaggio politico urlato, poi nel dibattito sulla riforma costi-tuzionale, l’espressione federali-smo, e la necessità di avere un assetto federalistico della nazio-ne sembra diventato – favorito da una crescente ansia di contesta-zione ai centralismi burocratici e politico-partitici – la cartina di tornasole della opportuna urgen-za di innovazione politica, da un lato, ma anche di un approssi-mativo “nuovismo” che invade la scena politico-elettorale, dall’al-tro. Eppure le periferie sembrano

sempre più abbandonate al loro destino e lo sviluppo – effimero e con costi umani e sociali altissi-mi - sembra riservato o alle aree in cui imperversa lo sfruttamento o funzionali a poteri accentrati e lontani.Si ricordi che il valore delle au-tonomie locali ha in Italia una non im-provvisata tradizio-ne, come è invece quella espressa dalla Lega Nord, contro Roma, contro la nazione e contro il Sud. Invece la tradizione culturale dell’autonomismo ha radici nobili e profonde, per le quali occorre interrogare innanzitutto il nome di Luigi Sturzo che fin dalla fine dell’Ottocento poneva nella sua Sicilia il problema delle autono-mie come problema essenziale dello sviluppo democratico del paese, per non fare del Risorgi-mento unitario una rivoluzione incompiuta e della questione meridionale la palla al piede del futuro nazionale. Di fronte agli autonomismi talvolta esaspera-ti della Sardegna e della Sicilia, nonché delle zone una volta chia-mate irredente, la collocazione costituzionale delle regioni a sta-tuto speciale fu la prima espe-rienza di assetto federalistico at-tuato nel sistema costituzionale.Occorre forse rammentare cosa abbia significato l’opera appas-sionata di una generazione che, all’alba della repubblica, si dedi-cava all’impegno politico, mossa da ideali politico-culturali che erano i medesimi che avevano forgiato la nostra Carta costitu-zionale, e che nel primo quindi-cennio della Repubblica, cioè fino allo scadere del primo secolo di unità italiana, così inclusivamen-te contribuirono a scrivere la sto-ria della nazione e ad edificarla con un’azione incisiva sul territo-rio che nessuna politica centra-listica e parlamentare – neppure

illuminata come l’economia so-ciale di mercato inaugurata negli anni Cinquanta – avrebbe potuto realizzare. Occorre però ricorda-re senza ipocrisie che quella clas-se politica si formava nel secon-do dopoguerra alla luce e con la guida di grandi progetti politico-

culturali, semmai contrapposti (la matrice comunista, l’ispirazione cristia-na), ma sempre alla

ricerca di visioni generali della società, dello Stato, della convi-venza democratica di una nazio-ne.Nell’età della globalizzazione (e per noi nella dimensione istituzio-nale europea) e della scoperta del glocal (rapidamente declinato), come dimensione della politica che realizza nello scenario ormai mondializzato le concrete opzio-ni per lo sviluppo del territorio specifico, il federalismo e l’au-tonomismo locale sono chiamati – ieri come oggi – a respingere da un lato le chiusure municipalisti-che e dall’altro a correggere le derive del centralismo che le ac-cuse alla casta hanno dimostrato costituire un vizio radicato, cau-sa di aggravamento del distacco tra politica e cittadini. Quanto decisivo possa risultare l’intrec-cio tra politica nazionale (fiscale, di sicurezza, di promozione eco-nomica e sociale) ed azione am-ministrativa locale capace di va-lorizzare l’autonomia gestionale, è dimostrato dalla evoluzione di questo rapporto nel periodo che ha visto la crescita della dimen-sione europea e mondiale di tutti i problemi (con l’aggravamento della responsabilità finanziaria e fiscale delle autonomie locali).Tra il 1996 ed il 2003 – cioè nel decennio a cavallo del passaggio tra il secondo e terzo millennio dell’era cristiana, in cui si è pre-parato il transito dalle monete nazionali all’euro, ed in cui si

L’inaugurazione si è svolta lo scorso 27 gennaio presso il Palazzo vescovile di Nola

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09febbraio 2014

MenTi LocaLisono sperimentati gli effetti del passaggio avvenuto - si è assisti-to ad una ulteriore divaricazione tra regioni italiane, giacché <<il risparmio di spesa realizzato nel corso dell’ultimo decennio, gra-zie alla riduzione del costo del debito, è riutilizzato nella mede-sima area del paese: conseguen-temente la spesa primaria com-plessiva cresce al Centro Nord (dove maggiore era la consisten-za, e maggiore è stata la riduzione delle erogazioni per remunerare il debito pubblico a vantaggio di quelle aree) ad un ritmo netta-mente superiore rispetto a quel-lo del mezzogiorno>>. La difesa dell’euro ci è imposta dal mi-glioramento del differenziale tra Nord e Sud in riferimento alla re-munerazione del debito, benché non “capitalizzati dalle decisioni della classe politica, ma questo non può impedirci una critica severa della politica della Unio-ne Europea imposta attraverso il fiscal compact (espressione di interessi mondiali finanziari e adottati in Europa come vicolo formale), come ha fatto la stes-sa Corte costituzionale tedesca (cioè proprio della nazione più inflessibile nella determinazione dei vincoli finanziari) nel giugno 2012, ribadendo il primato della sovranità nazionale in materia di tutela dei diritti sociali.Ma una strana contraddizione emerge dalla constatazione che il processo di “federalizzazione della imposizione fiscale” ha por-tato proporzionalmente maggiori entrate nella casse delle regioni e dei comuni meridionali, con un incremento assai più rilevante che in quelle degli enti territoriali del Centro Nord, come documen-ta la ricerca CNEL-Astrid sull’an-damento della finanza pubblica. Sono peraltro aumentate anche le dispersioni della spesa grazie a queste maggiori entrate, la proli-ferazione di nuove istituzioncelle (aziende e consorzi comunali e sovracomunali) ed inutili enti di servizio locali, nonché superfeta-zioni amministrative, così facen-do crescere a dismisura lo spreco

ed il clientelismo, e in specie nel Mezzogiorno.Quella che non è cresciuta ed è anzi diminuita, nonostante le maggiori entrate, è la spesa so-ciale. Nell’ambito di un Welfare locale ormai “in rosso, è scanda-loso date queste premesse, che lo squilibrio esistente tra comu-ni del Nord-Est ed in genere del Nord rispetto al Sud stia crescen-do a dismisura. Eppure è ormai evidente che la spesa per Welfare non è produttivo, anzi riguarda il settore maggiormente suscetti-bile di sviluppo e produzione di reddito, anche in considerazione di nuovi indicatori di benessere in luogo del calcolo puramen-te contabile del PIL. Inoltre una raccomandazione che il CNEL ha svolto nel suo parere sul federa-lismo era rivolta alla necessità di riorganizzazione della macchina amministrativa degli Enti locali del Mezzogiorno, giacché le leggi organiche di riordino del settore, adottate in pochissime regioni italiane secondo quanto previsto dalla legge 328/2000, non garan-tiscono neppure i livelli essenziali delle prestazioni sociali e socio-sanitarie.La spesa per il set-tore sociale dei Co-muni capoluogo è diminuita in questi anni dell’1.8%, at-testandosi ai 161 euro di media nazionale. Al Sud il valore è di solo 105 euro e nel Nord-Est sale fino a 221 euro. Considerando i singoli interventi, per esempio relativi all’assistenza ai bambini in età scolare la spesa media na-zionale è di 52 euro, ma di 37 al Sud, e per gli anziani, mentre al Nord raggiunge i 201 euro, al Sud risulta di soli 55 euro. Guardando poi specificamente alla spesa per servizi sociali il dato ci interes-sa su un altro versante: Al Nord la spesa sociale attraverso coo-perative e volontariato è del 45 %, restando dunque alta la spesa diretta dei Comuni (55%), mentre al Sud sale al 60 %, manifestando una carenza nei servizi comunali e nella spesa relativa assai signi-

ficativa (40%).Non va dimenticato – in tempi di revanchismi neo-borbonici – che le province del Sud, le quali solo da un secolo e mezzo sono usci-te dal Regno di Napoli, portano ancora quasi intatto il peso della arretratezza preunitaria, che lo Stato italiano non aveva affron-tato alla radice, lasciando che la questione meridionale si acuisse e rendesse quella arretratezza grave dipendenza dal Nord nel sistema unitario. I vizi del clien-telismo, della subordinazione ai clan di diversa natura (compresi quelli familiari) hanno perpetu-ato una sorta di neo-borbonismo latente che una classe politica locale (molto più che lo Stato con la sua azione puramente san-zionatoria) poteva contrastare o rendere vincente con la ricerca del consenso senza prospettive per il futuro, decidendo le sorti della democrazia sostanziale per una larga area del paese. Occorrerebbe tanto più oggi smettere di pensare al problema dello sviluppo meridionale come evento dipendente dalla condi-zione mera dei trasferimenti di

risorse da Nord a Sud, sia nella pro-spettiva che lo squilibrio generato dal processo di uni-ficazione nazionale

dovesse essere compensato da un intervento straordinario, come spesso viene richiesto da comuni e regioni meridionali che non si segnalano per virtuosa gestione dei beni pubblici, sia nella pro-spettiva del becero antimeridio-nalismo che tende a separare le sorti del mezzogiorno dalle sorti dell’intero paese. Si salda qui il problema della classe dirigente e della crescita di una rete sociale e civile palesemente finora man-cata, dal momento che proprio la denuncia di timori che nel Sud le inefficienze della classe politica e imprenditoriale, della pubblica amministrazione e il condiziona-mento della criminalità organiz-zata compromettessero, distor-cendola, la virtuosa destinazione

Il Prof. Giuseppe Acocella è ordinario di Filisofia del Di-ritto presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II

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di quei fondi, ha giustificato la sottrazione governativa, e sen-za proteste, in direzione di altri impieghi delle risorse destinate dall’Europa al Sud.La crisi, così evidente e lacerante per le famiglie, dell’occupazione nelle regioni meridionali (for-temente segnate, lo ripetiamo, anche al loro interno da squilibri e iniquità sociali e territoriali) è accentuata dalle specifiche diffi-coltà di accesso nel mercato del lavoro in specie per i giovani e le donne, per i quali quello che è stato definito fenomeno dello scoraggiamento ad accedere al mercato del lavoro regolare è un macigno ed un ostacolo. Quanto pesi su questo la irresponsabilità di una porzione significativa della classe politica meridionale, quan-do in specie essa induca di fatto col proprio comportamento, an-che solo col ritorno a forme di no-tabilato pre-democratico quando non con una pratica diffusa della corruzione e del clientelismo (in un intreccio perverso con larghe aree delle classi dirigenti più in generale), la diffusione di com-portamenti asociali e anomici nei più diversi strati sociali della po-polazione, sulla quale incombe la nuova, aggravata incidenza della illegalità diffusa, per cui si assi-ste ad una riconquista delle aree popolari guadagnate nuovamen-te al consenso grazie al ruolo di guida che tende ad assumere la criminalità organizzata all’inter-no del tessuto sociale e popolare e delle istituzioni stesse (il tema delle intermediazioni impro-prie). Il problema è segnato dal fatto che non sarà comunque realisti-camente attuabile alcun valido progetto se non vi sarà un grande recupero di moralità sociale, di “coscienza sociale” e di legalità in un’area in cui comportamenti sociali ed irresponsabilità istitu-zionali lasciano libero campo alla “riconquista” di ampi strati di po-polazione da parte della crimina-lità organizzata, o, per le aree in-terne, dal fatalismo che si affida alla passività del clientelismo e

dell’assistenzialismo felicemente complici. Ed il fronte più esposto è proprio quello dei giovani, non incentivati né a formarsi né a co-struire un proprio progetto di im-pegno professionale e civile. Ma in tutto questo non c’è forse una immediata, innegabile responsa-bilità dei cristiani ?È da queste considerazioni che nascono centralità ed urgenza del problema della formazione delle nuove generazioni . La do-manda se sia dovere dei credenti porsi, anche con sacrificio, il pro-blema della responsabilità che si assume di fronte all’intera comu-nità nel contribuire alla crescita della consapevolezza che è la premessa allo sviluppo non può che essere positiva. Insomma, é inutile rivendicare più risorse per il Mezzogiorno se non se ne cambia l’utilizzo in una direzio-ne virtuosa. La crisi dell’occupa-zione giovanile, così evidente e lacerante per le famiglie, nelle regioni meridionali (fortemente segnate, forse inutile ripeterlo, anche al loro interno da squilibri e iniquità sociali e territoriali) è accentuata dalle specifiche diffi-coltà di accesso nel mercato del lavoro in specie per i giovani e le donne. Non vi è dubbio però che incida fortemente anche l’inade-guato grado e la dubbia qualità complessiva dell’istruzione, non-ché la mancata rispondenza degli indirizzi, seguiti da quella parte pur cospicua di giovani meridio-nali che frequentano scuole ed

Università, rispetto al potenziale sviluppo dell’attività economica e del mercato del lavoro nelle aree meridionali (pur in presenza di un forte sistema universitario meridionale). In realtà il capitale umano del Mezzogiorno - i suoi giovani, l’al-ta scolarizzazione, le sue antiche e qualificate istituzioni forma-tive ed accademiche - rischia di rimanere sprecato, costretto ad emigrare e a rivolgere altrove le proprie attese e le proprie capa-cità, anche per la carenza ormai strutturale del sistema formativo professionale statale e regionale: l’alta scolarizzazione e la stessa spesa per l’istruzione – come do-cumentato anche dalla Banca d’I-talia – non si traduce in offerta di lavoro qualificato per le difficoltà di trovare un’adeguata domanda, nonostante, va ripetuto, la pre-senza di una formazione universi-taria diffusa, con il documentato (dall’ISTAT) abbandono di circa il 20 % dei laureati meridionali ver-so altre aree del paese, con im-poverimento proprio del capitale umano, e della stessa Chiesa del Sud. Questa consapevolezza è dif-fusa, ma sembra che non solleciti risposte da chi istituzionalmente sarebbe tenuto a darle. Può la comunità cristiana, presente suoi territori nei quali più difficile è la sfida, costituire un punto di co-scienza e di riferimento morale e sociale per le nostre popolazioni che guardano con preoccupazio-ne alle difficoltà dello sviluppo?

La Scuola

Gli incontri formativi si stanno svolgendo nelle tre Zone Pastorali della Diocesi. Democrazia, Sviluppo, Cittadinanza e Legalità i temi proposti che saranno declinati nelle varie sedi zonali per poi essere approfonditi in appositi incontri diocesani.«La Scuola – ha dichiarato il vescovo Depalma – è un’importante oc-casione di formazione e confronto per quanti desiderino contribuire alla rinascita del nostro territorio, per tutti gli uomini e le donne di buona volontà che abbiano a cuore la cura del bene comune».Queste le prossime date degli incontri zonali: 1 e 15 marzo 2014, dalle 9:00 alle 12:30, nei seguenti luoghi: I zona pastorale: parroc-chia dei Santi Margherita e Potito – Lauro; II zona pastorale: convento di San Vito – Marigliano; III zona pastorale: ex polverificio borbonico, via P. Vitiello – Scafati. Gli incontri a carattere diocesano si svolgeran-no invece presso il Palazzo Vescovile di Nola, dalle 9:00 alle 12:30: 8 e 22 marzo 2014.A pag.12 il racconto dei primi due incontri a cura di uno studente della II zona pastorale

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Il punto sulla democraziaI primi due incontri di formazione della scuola sociopolitica diocesana

Istruzione, educazione e bene comuneL’Ufficio scuola vero il 10 maggio con Papa Francesco

Per una sanità a misura d’uomoIncontro pubblico sul dolore organizzato dall’AMCI di Nola

La scelta democraticaL’Azione Cattolica di Nola elegge il nuovo consiglio

La gioia di dire sì: per sempreS.Valentino a Roma: due fidanzatici raccontano le emozioni dell’incontro con Papa Francesco

in diocesi

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mensile della Chiesa di Nola

I primi due incontri di formazione della scuola sociopolitica diocesana

il pUNto sUlla deMoCraziadi daniele de somma

«La nostra Costituzione è chiama-ta democrazia perché il potere è

nelle mani non di una minoranza ma del popolo intero».

Queste parole, contenute nel pre-ambolo della costituzione europea, riecheggiano quelle attribuite da Tu-cidide a Pericle, nel suo famoso di-scorso agli Ateniesi, datato intorno al 430 a.C.

È iniziato così, dalla storia, il terzo anno della Scuola diocesana di Formazione all’Impegno socio-politico. A farvi riferimento è stato don Pino De Stefano, insegnante di Filosofia, intervenuto al primo in-contro della seconda zona diocesa-na, svoltosi a Marigliano: è partito dalla Grecia, perché la democrazia è nata, per giungere, attraverso un excursus della parola e dell’idea di democrazia, fino ai giorni nostri.

La classe era composta da circa 40 partecipanti, provenienti da ogni campo lavorativo e personale: pro-fessionisti, pensionati e studenti,

molti anche già impegnati in politica e nelle varie associazioni del terri-torio.

Una classe molto sollecitata dal tema e che ha partecipato con nu-merosi interventi e domande.

«Pur di trova-re un percorso comune nella stesura della costituzione eu-ropea – ha spie-gato don Pino De Stefano – si è voluto partire da Pericle, tra-visando in qual-che modo le sue parole: infatti l’idea che “il popolo intero” dovesse parteci-pare alla vita pubblica è lontana dal pensiero di quell’epoca, dove erano escluse tutte le donne e gli strati più bassi della società».

Gli spunti di riflessione che si sono consolidati durante il secondo in-contro, quello diocesano, al quale è intervenuto il prof. Umberto Ron-ga, docente di Diritto Costituzionale all’università Federico II di Napoli

che ha affron-tato il tema “Democraz ia : elementi per il cambiamento” in modalità dia-logica, dando largo spazio alle domande e alle riflessioni dei presenti.

Domande che hanno riguarda-to, prevalente-mente, la pro-posta di legge

elettorale del neo Presidente del Consiglio Matto Renzi e i suoi risvolti in termini di rappresentanza e scelta da parte degli elettori.

Più in generale molta è stata la diffidenza mostrata dagli studenti per un sistema politico che spesso, come alcuni hanno evidenziato, fini-sce per tradire gli ideali “democrati-ci”, intesi come “governo dei molti” e sconfina in classi politiche autore-ferenziali.

Il pericolo è quindi che gli ideali democratici vengano travisati. «Ci tengo a precisare però – ha com-mentato il prof. Ronga – che la no-stra costituzione è davvero la più bella del mondo, quindi basterebbe fare attenzione ai suoi dettami per far sì che il nostro sistema politico garantisca il giusto grado di rispetto di maggioranze e minoranze per la gestione della macchina statale».

L’ultima parte del corso è stata dedicata ai laboratori, dove quelle che erano nozioni teoriche si sono trasformate in proposte concrete e spunti di lavoro per i mesi a veni-re. In particolare si è sottolineata la necessità di creare un osservatori tematici nelle tre zone così da poter essere informati e contribuire alle varie azioni miranti alla tutela del bene comune.

I docenti delle altre due zone, che hanno svolto i loro interventi a Lauro - I zona -

e Scafati - II zona - sono stati il prof. Giu-seppe Scafuro e il prof. Luigi Conventi.Questo terzo anno di scuola di politica

ha visto più che raddoppiare gli studenti, complice anche la scelta di dividere le

lezioni nelle varie zone della diocesi e di fissare gli incontri il sabato mattina alle 9, così da ottimizzare al minimo i possi-bili disagi derivati dal doversi spostare e

dagli impegni di lavoro di ognuno

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13febbraio 2014

in Diocesi

“La Chiesa per la scuola” è il tito-lo del percorso iniziato nel maggio

dello scorso anno per sensibilizzare le comunità cristiane, le istituzioni e il territorio a prendersi ancora più cura di tutto il mondo della scuola. La Chiesa italiana ha scelto di riservarle in questi anni un’attenzione del tutto speciale, spinta dal desiderio che essa migliori in salute e diventi ciò per cui è stata pensata, ovvero un ambiente educativo e un luogo di crescita globa-le per tutti coloro che la abitano. «La Chiesa è per la scuola, perché la Chie-sa ha a cuore i ragazzi e i giovani, ha a cuore la famiglia, ha a cuore la so-cietà intera. La Chiesa è per la scuola perché la scuola fa parte – una parte decisamente essenziale – del bene co-mune» ha detto S.E. Mons. Gianni Am-brosio, presidente della commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, concludendo i lavori del laboratorio tenuto a Roma nel maggio scorso e che ha aperto il percorso ora entrato nel vivo. Natural-

mente questa specifica attenzione va letta nel più ampio orizzonte dell’at-tenzione riservata al tema dell’educa-zione dalla Chiesa italiana per il de-cennio 2010-2010. Il momento clou di tale cammino sarà l’evento di sabato 10 maggio 2014 in Piazza San Pietro con Papa Francesco. Il Papa incontre-rà gli alunni di tutte le scuole italiane (statali, paritarie e istituti di forma-zione professionale), i loro genitori, gli insegnanti, i dirigenti e quanti con-dividono progetti e iniziative educati-ve. Anche la diocesi di Nola, attraverso l’impegno dell’Ufficio Scuola diocesa-no, è pienamente inserita in questo cammino. Il 4 febbraio scorso, presso il Seminario Vescovile di Nola si è te-nuto un incontro dal titolo “La scuola di oggi, tra gioie e difficoltà. Perché una pastorale della scuola?” con la partecipazione di don Virgilio Marone, responsabile dell’Ufficio Scuola della diocesi di Nola e anche di quello re-gionale, di S.E. Mons. Giuseppe Giu-dice, vescovo delegato della Confe-

renza Episcopale Campana, e inoltre, come relatori, Don Maurizio Viviani, direttore dell’Ufficio per l’Educazio-ne, la Scuola e l’Università della Cei e il Dott. Michele Montella, dirigente scolastico. Inoltre, nel contesto del cammino sinodale diocesano, l’Ufficio Scuola di Nola propone agli studenti un percorso di formazione sul tema della “difesa dell’ambiente e gli stili di vita”. Il progetto intende coinvol-gere, per il corrente anno scolastico, le scuole secondarie superiori che si trovano sulla direttrice Sant’Anasta-sia – San Giuseppe Vesuviano e Palma Campania – San Gennaro Vesuviano con incontri previsti al momento nel mese di marzo. L’iniziativa prevede anche un incontro tra le comunità scolastiche e il vescovo di Nola, Mons. Beniamino Depalma. Momenti di for-mazione, quindi, che hanno un grande valore educativo sia in sé stessi, sia in quanto tappe di un percorso più am-pio, che terminerà con l’abbraccio tra gli alunni e Papa Francesco.

L’Ufficio Scuola verso il 10 maggio con Papa Francesco

IStRUzIoNE, EdUCAzIoNE E bENE CoMUNE di alfonso lanzieri

Incontro pubblico sul dolore organizzato dall’AMCI di Nola

Per una sanità a misura d’uomodi Giuseppe Giuliano

La sezione diocesana di Nola, “santa Gianna Beretta Molla”, dell’Associazione Medici Cattolici ha organizzato e feli-cemente attuato, sabato 25 gennaio 2014, un “Incontro pubblico” nell’ Aula Magna dell’Università “Parthenope” in

Nola. Il tema dell’Incontro: “Per una sanità a misura d’uomo. Il coraggio di vivere: riflessioni sul dolore”. Per una sanità a misura d’uomo: è il ritornello che accompagna le iniziative della Sezione e intende esprimere la scelta di fondo che guida il cammino del nutrito Gruppo locale dei Medici Cattolici. Il dolore è esperienza frequente in corso di malattia, spesso segnale importante per la diagnosi, fattore sensibile nell’indicarne evoluzioni (positive o negative), presenza ineliminabile nell’applicazione di molteplici procedure diagnostiche e/o terapeutiche e fonte permanente di paura e di ansia. Il dolore è un sintomo trasversale, che indipendentemente dalla patologia e dall’età della persona ammalata, ne minaccia in modo deciso l’integrità fisica, psichica e spirituale, e coinvolge non poco i familiari con un notevole im-patto sulla qualità della vita. Esso si presenta in una notevole varietà di sfumature e suscita non pochi problemi morali.

Dopo i saluti della presidente diocesana AMCI, la dott. Antonetta Carrella, del dott. Geremia Biancardi, sindaco della Città ospitante, e di monsignor Luigi Mucerino, che ha portato l’incoraggiamento dell’Arcivescovo, si è dato inizio al convegno vero e proprio con la partecipe introduzione del dott. Maurizio D’Amora , direttore generale della ASL Napo-li3Sud, che ha presentato le iniziative dell’Azienda circa la terapia del dolore e le cure palliative. La prima sessione del convegno, moderata dalla dott Maria Giuliano e dal dott Renato Vitiello, aveva come tema “Il bambino e il dolore”. La dott Franca Benini, dell’Università di Padova, ha parlato de “Il dolore nel bambino” suscitando viva attenzione nel nu-meroso uditorio. È seguito l’interessante intervento della psicologa, la dott Marisa De Martino, su “Il dolore e la paura del bambino nella relazione di cura”. Dopo uno spazio dedicato all’approfondimento assembleare, durante il quale il prof Giuseppe Battimelli e il prof Aldo Bova hanno portato il gradito saluto dell’AMCI Nazionale, si è passati alla secon-da sessione moderata dal dott Felice Avella e dal dott Giuseppe Oriolo, su “L’adulto e il dolore”. Hanno presentato il loro appassionato contributo il dott Fabio Borrometi su “Il dolore procedurale” e il dott Antonio Maione su “Il dolore nell’adulto”. Don Giuseppe Giuliano, consulente ecclesiastico della locale Sezione dell’Associazione, ha relazionato, da teologo moralista, su “Il dolore, un grido di vita. Note di etica”. Alla Presidente diocesana è toccato il compito di trarre le note conclusive dell’incontro. Il convegno, svoltosi con la segreteria scientifica della dott Carrella e della dott Giuliano e ha visto la partecipazione di più di duecento persone in maggioranza medici.Ogni anno, accanto alle iniziati-ve più propriamente formative per i soci e le loro famiglie, la Sezione nolana desidera offrire uno o due appuntamenti pubblici nel tentativo sempre ripetuto di “umanizzare la medicina” e di rendere testimonianza – in un territorio com-plesso e conflittuale e in quella particolare “frontiera esistenziale” che è il mondo della sanità – della “sempre nuova” ed impegnata solidarietà che sgorga dalla fede.

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mensile della Chiesa di Nola

L’Azione Cattolica di Nola elegge il nuovo consiglio

la sCelta deMoCratiCadi alfonso lanzieri

Lo scorso 16 febbraio l’Azione cat-tolica diocesana ha vissuto un

importantissimo momento del suo percorso al servizio della Chiesa di Nola: le elezioni per il rinnovo del Consiglio diocesano, occasione con-creta di corresponsabilità e demo-craticità. Circa trecento delegati delle parrocchie in cui è presente l’associazione si sono ritrovati pres-so il Seminario vescovile di Nola per rinnovare i membri dell’organo espressione dell’intera associazione, e che avrà il compito di esprimere il nuovo presidente diocesano e i re-sponsabili dei vari settori - gli adul-ti, i giovani e l’ACR. Dopo la cele-brazione eucaristica, presieduta dal vescovo di Nola, Mons. Beniamino Depalma, è stata l’ora dell’assem-blea dei delegati, durante la quale la presidente diocesana, Giuseppina De Simone, nella commossa relazio-ne alla fine del suo secondo e ultimo triennio di servizio, ha illustrato il bilancio dell’esperienza e del lavo-ro di sei anni, raccontando le fati-che e le bellezze incontrate lungo il cammino, indicando le méte future ed esprimendo profonda gratitudine per tutti quelli che hanno collabo-rato con lei nell’impegno diocesa-no di questi anni e, anzitutto, per

la mano provvidente di Dio che ha accompagnato attimo dopo attimo i suoi sforzi e quelli di tutte le asso-ciazioni parrocchiali. Presenti l’assi-stente unitario diocesano, Don Ales-sandro Valentino, il vescovo Padre Beniamino e il presidente nazionale Franco Miano, che non ha voluto far mancare il suo caloroso saluto, l’as-semblea ha approvato il documento assembleare di fine triennio, elabo-rato dal consiglio diocesano uscente, che riassume in maniera organica e puntuale il lavoro fatto e definisce le linee guida da lasciare in eredità ai prossimi responsabili. Nel primo pomeriggio, dopo pranzo, si sono te-nute le operazioni di voto attraverso le quali i delegati hanno espresso i componenti del nuovo consiglio dio-cesano che resterà in carica per il prossimo triennio 2014-2017.

Nella testimonianza di tre parte-cipanti le impressioni e le emozioni della giornata.

Antonio RomanoLa giornata di ieri è stata un’oc-

casione per fare nuovamente espe-rienza e memoria della grandezza dell’Azione Cattolica, che è un’as-sociazione che riesce a coniugare la gioiosità con la serietà, la demo-

crazia rappresentativa con la corre-sponsabilità di ogni socio, la fede e il culto con l’impegno educativo sui territori. Anche le votazioni si sono svolte serenamente e nel rispetto dell’importanza del momento per l’associazione. Torno da questa gior-nata con la rafforzata convinzione di quanto ci sia bisogno dell’AC nella Chiesa e in questo paese.

Carmine Trocchia“Tu chiamale se vuoi… emozioni”…

Nella giornata di Domenica 16 Feb-braio le vere protagoniste sono state loro, le emozioni: emozioni di grati-tudine alla presidenza e al consiglio uscenti, per aver offerto in questi anni il proprio servizio gratuito per rendere bella l’AC di Nola; emozioni di commozione per il “congedo” del-la presidente Pina De Simone, che in questi sei anni ha speso energie, in-telligenza, passione e creatività per la nostra AC; emozioni di gioia ed entusiasmo nel vivere insieme la de-mocraticità dell’associazione di cui tutti siamo corresponsabili; emozio-ni di speranza e fiducia per il nuovo triennio, che il nuovo consiglio pos-sa camminare insieme e con la gio-ia del servizio sappia accompagnare l’Associazione in questo cammino di

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in Diocesi

condivisione e corresponsabilità che rende bella la Chiesa del Concilio; infine emozioni di fraternità nel ri-trovarci tutti lì con diverse, anche diversissime, esperienze, ognuno con una storia propria, originale, ognuno fatto a modo suo, ognuno unico, ma tutti associati, tutti uniti da quella grande realtà che è l’AC.

Annamaria CercielloL’esperienza di oggi mi ha fatto

capire cosa realmente rappresenta la “Azione Cattolica” . Non si può pensare ad essa come ad una sempli-ce aggregazione di persone perché è molto di più...l’ Azione Cattolica è una vera e propria famiglia fondata sul concetto della “condivisione”. Molto toccante è stato il discorso fatto dalla uscente presidente Pina De Simone,in particolare una sua frase “siete la luce dei miei occhi” (con riferimento a tutti i tessera-ti AC ) con la quale ha trasmesso a pieno la sua grande dedizione e pas-sione nello svolgere questo impor-tantissimo ruolo. Inoltre aggiungo che oggi Pina è stata l’esempio per antonomasia di come l’ Azione Cat-tolica non è solo un’associazione ma è parte viva di te, parte della tua formazione e parte della tua vita.

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mensile della Chiesa di Nola

S.Valentino a Roma: due fidanzatici raccontano le emozioni dell’incontro con Papa Francesco

LA gIoIA dI dIRE Sì: PER SEMPRE di giuseppe Ambrosio e Maria Villani

“Un matrimonio non è riuscito solo se dura, ma è importante la

sua qualità: stare insieme e sapersi amare per sempre...”... queste le parole di Papa Francesco a tutti noi futuri sposi, parole semplici ma che colpiscono dirette al cuore e ci invitano a riflettere su questo importante passo. Raccontare in breve la giornata vissuta accanto a tante altre giovani coppie appartenenti alle diverse Parrocchie della Diocesi di Nola è impossibile, indescrivibile, tante sono state le emozioni e l’altissimo valore degli insegnamenti del Santo Padre, ma ci proveremo.

Piazza San Pietro il 14 febbraio si è riempita di quasi trentamila fidanzati, provenienti da 28 Paesi, per l’incontro con Papa Francesco nel giorno di San Valentino. L’udienza, riservata ai futuri sposi che partecipano ai cammini di preparazione al matrimonio, all’inizio si sarebbe dovuta tenere nell’aula Paolo VI, ma visto l’elevato numero di richieste si è deciso di spostare il tutto sul sagrato dalla Basilica.

In attesa dell’incontro con il Pontefice, la piazza è stata animata con musica, canzoni, danze e testimonianze: l’amore è stato raccontato in tutte le sue forme e sfaccettature in un’atmosfera intrisa di emozione.

Sono tante le domande che attanagliano la mente nel percorso di preparazione al matrimonio, i dubbi, le paure... il santo Padre ha saputo rispondere, con la dolcezza e la tempra che gli appartengono, a quesiti posti da alcune coppie, riguardanti la difficoltà attuale di compiere una scelta definitiva, le qualità della famiglia cristiana, lo stile da scegliere per la celebrazione del sacramento.

La nostra è stata definita una scelta “controcorrente” rispetto alle convenzioni e convinzioni maggiormente diffuse in una realtà individualista che preferisce perseguire un percorso provvisorio e precario, che ha quasi paura di

fare scelte definitive, per tutta la vita. Proprio questa mentalità, infatti, porta tanti che si preparano al matrimonio a dire ‘stiamo insieme finché dura l’amore’. “Ma cosa intendiamo per amore? – ha chiesto il Pontefice - solo un sentimento, uno stato psicofisico? Se è questo, certo non ci si può costruire sopra qualcosa di solido”. A tal proposito il Santo Padre ha sottolineato a tutti noi giovani sposi che il matrimonio è una realtà che cresce quotidianamente e che si costruisce come una casa e “la casa si costruisce insieme e non da soli”, fondandola su delle fondamenta solide rappresentate dalla roccia dell’amore vero per vivere insieme per sempre e non sulla “sabbia dei sentimenti che vanno e vengono”.

“La gioia del sì per sempre”... È questo il messaggio che Papa Francesco ha voluto affidarci e come sigillo di questa giornata ci ha donato

un cuscinetto sul quale si poseranno le fedi nuziali, esso simboleggerà la Sua presenza con noi in quel giorno così importante.

Il Papa ha detto che amarsi è quasi un «lavoro artigianale» che va compiuto con pazienza, giorno per giorno, con obiettivi precisi: “Il marito ha il compito di fare più donna la moglie e la moglie ha il compito di fare più uomo il marito”, suggerendo a tutti gli sposi di pregare così “Signore dacci il nostro Amore quotidiano” soltanto in questo modo l’amore di tutti noi sarà capace di rinnovarsi di fronte ad ogni difficoltà.

Il segreto di porre in essere un cammino “per sempre” è quello di perseguire delle regole che possono riassumersi in tre parole che più volte ha già suggerito in altre occasioni: permesso, grazie e scusa...mai andare a letto senza aver fatto prima la pace!

in dialogo mensile della Chiesa di NolaRedazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na)Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985direttore responsabile: Marco IasevoliCondirettore: Luigi MucerinoIn redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 [email protected]], Mariangela Parisi [333 38 57 085 [email protected]], Mariano Messi-nese, Antonio Averaimo, Vincenzo FormisanoStampa: giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na)Chiuso in redazione il 24 febbraio 2014In copertina: opera materica di don Carlo tarantini

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Fonti di autostimaA Nola un corso per divenire life-coach promosso dal Centro Sportivo Italiano

teatri del Sacro a Sudtra le parrocchie partecipanti anche quella di S.Francesco di Paola a Scafati

Il valore della comunità La festa giovani della parrocchia del Carmine di Mugnano del Cardinale

in parrocchia

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mensile della Chiesa di Nola

A Nola un corso per divenire life-coach promosso dal Centro Sportivo Italiano

FoNti di aUtostiMadi Fabio tarantino

Ha avuto inizio venerdì 14 feb-braio, presso la Parrocchia Ma-

ria SS. della Stella di Nola, il corso per formatore sportivo ‘COMUNI-TA’ A BORDO CAMPO’, promosso dal CSI di Napoli in collaborazione con l’associazione sportiva “Merliano Tansillo”, Sportmeet, “Il portico di Paolino”, l’azione cattolica “Paolino Iorio” e la pastorale giovanile dioce-si Nola.

Giuseppe Iorio e Sabrina Di Bari, formatori e promotori del corso, si sono posti come fine ultimo quello di fornire strumenti e competenze adeguate per promuovere dinami-che positive di relazioni. L’obietti-vo è quello di indicare la strada ai futuri life-coach, allenatori ai quali non verrà chiesto solo di allenare i propri ragazzi, ma anche di educarli e spronarli, trasmettendo loro quei valori di amicizia e rispetto ormai rari nello sport moderno. “Non cre-do si possa essere un buon educatore se prima non si conoscono i propri limiti. Voglio superare le mie insicu-rezze per aiutare gli altri”. È questo il pensiero di Biagio, futuro life-co-ach, al termine del primo dei dieci incontri nel quale si è trattato il de-licato tema dell’autostima; “a volte - ha proseguito Biagio – si pensa che essere adulti non voglia dire aver bi-

sogno di insegnamenti, invece ho no-tato con piacere che molte persone si sono messe in discussione”.

“Le mie prime impressioni sono molto positive, attraverso attività pratiche e teoriche abbiamo impa-rato tanto”. Il giovane Alessandro, pronto a rivestire in futuro i panni del formatore, ha focalizzato l’at-tenzione sull’impostazione data al primo incontro.

Attraverso l’ausilio di filmati e gio-chi interattivi, tanti ragazzi hanno potuto ascoltare gli altri imparando a conoscere meglio se stessi, am-mettendo le proprie debolezze sen-za quel fastidioso timore di essere giudicati gratuitamente. ‘Essere noi stessi fonti di autostima’ è lo slogan che il corso intende lanciare, per far luce sull’importanza della propria persona nei rapporti con gli altri; in quegli ambienti come la famiglia, la scuola e gli amici dove sin da pic-coli iniziamo a prendere confidenza con le nostre possibilità ed i nostri limiti, che possiamo superare grazie all’aiuto di tutti ma solo confidando in noi stessi.

Chiunque da un momento all’altro può crollare e sentirsi impotente, inutile, inadeguato come insegna la figura di Rocky Balboa, pluricampio-ne di pugilato, che si ritrovi improv-

visamente imprigionato nella paura di non riuscire ad essere all’altezza della propria famiglia, sdoppiando la figura di campione invincibile e di uomo, debole come la sua specie. Solo l’amore della moglie Adriana ri-uscirà a smuoverne lo spirito e a dar-gli quella forza che, comunque, an-dava ricercata solo in se stesso. “Non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa. Quando le persone non sanno fare qualcosa, lo dicono a te che non la sai fare” è il messaggio invece che Will Smith, nel film ‘La ricerca della felicità’, lancia al figlioletto Christopher. Nessuno, neanche un genitore, può distrug-gere il nostro sogno più prezioso. I sogni vanno protetti, ma prim’an-cora vanno coltivati con convinzio-ne. La stessa che manca a Brock, un giocatore di football americano, nel film “Facing the giants”. Servirà la punizione inflittagli dal proprio alle-natore a fargli capire l’importanza che la fiducia in noi stessi riveste in ogni cosa che facciamo: perdere in partenza non fa altro che acuire le difficoltà di qualsiasi impresa. Albert Einstein diceva: “Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la vita a credersi stu-pido”.

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19febbraio 2014

tra le parrocchie partecipanti anche quella di S.Francesco di Paola a Scafati

teatri del saCro a sUddi Mariano Messinese

Sperimentare e riflettere. Sono questi gli obiettivi del progetto

Teatro del Sacro (http://www.itea-tridelsacro.it/). Non si tratta di un laboratorio, né di una vetrina. Piut-tosto di un’avventura artistica alla ricerca delle connessioni fra arte, fede e filosofia.

Quest’anno il progetto sbarca anche nel Mezzogiorno, nell’am-bito della manifestazione “I Teatri del Sacro nel Sud Italia”. Dal 9 al 26 aprile, andranno infatti in scena 11 spettacoli che vedranno impe-gnate 3 compagnie artistiche e una orchestra. Anche il territorio della Diocesi di Nola sarà interessato dalla manifestazione. Si parte il 10 aprile nella parrocchia di San Francesco di Paola Nuova a Scafati. Il sipario si aprirà per la “Compagnia Teatri 35” nata 15 anni fa e molto attiva nel territorio napoletano. Il suo tratto più originale è l’indagine sui pun-ti di contatto tra le arti visive e la drammatizzazione. Proprio come si evince nell’opera “Labirinto” che la compagnia rappresenterà a Scafati. Gli attori saranno accompagnati da una traccia musicale e realizzeranno dal vivo opere di pittori celebri che raffigurano icone sacre. Ma come la plastilina, queste tele umane si scomporranno e ricomporranno per diventare soggetti di altri dipinti. Il risultato è un dinamismo che mette

in cammino la mente dello spetta-tore verso un viaggio interiore, che tende a un centro divino sempre sfuggente. Proprio come in un labi-rinto, dove ogni passo è incerto e il rischio è quello di tornare al punto di partenza.

I bambini ci guardano. È vero. Ma ci interrogano anche. E spesso non sappiamo rispondere alle loro do-mande. Soprattutto quando toccano l’esistenza di Dio. Anche per questo motivo, l’associazione culturale ita-lo-portoghese “Causa”, fondata nel 2005 dall’attrice Laura Nardi e dal regista Amandio Pinheiro, ha deciso di presentare domenica 13 aprile, sempre nella medesima parrocchia: “Storie del Buon Dio”. È una rac-colta di tredici racconti , incentrati sulla figura di Dio, scritti da Rainer Maria Rilke, poeta, scrittore e dram-maturgo austriaco di origine boema, vissuto tra XIX e XX secolo. Le storie sono rivolte, però, non ai bambini, ma a chi deve soddisfare la loro infi-nità curiosità, cioè agli adulti. I pro-tagonisti sono un uomo e una donna, Georg e Klara che si ritrovano in un surreale “Ufficio domande rimaste senza risposta”. E dai loro dubbi prendono forma e respiro le vicende che risponderanno ai quesiti dei più piccoli.

Anche la Compagnia Carullo- Mi-nasi si esibirà nella stessa location.

in Parrocchia

E lo farà lunedì 14 aprile con “T/Em-pio, critica della ragion giusta”. Una piece teatrale che gioca con le paro-le nel titolo e nel sottotitolo, dove si fa il verso allo sforzo critico di Kant. Ma lo scherzo finisce qui, perché i temi trattati sono molto seri. A co-minciare dall’ambientazione. Sui gradini di un tribunale si incrociano due uomini. Sono entrambi parti in causa di due processi, però diversi. Uno è l’accusante, l’altro è l’accu-sato. Dal loro inatteso incontro na-sce un dialogo, di impronta platoni-ca, sui temi del Sacro e dell’Empio. Concetti opposti, ma che la magia argomentativa trasforma in rovesci della stessa medaglia. Il confronto e la parola ripulita dal suo contenuto di routine diventano così condizioni essenziali per la ricerca della verità. Il fine di questo teatro sperimentale. E della vita umana.

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febbraio 2014 20

mensile della Chiesa di Nola

La festa giovani della parrocchia del Carmine di Mugnano del Cardinale

il valore della CoMUNitàdi Michela ilenia ambrosino

Grande successo per la “Festa dei Giovani 2014”, un evento giun-

to con entusiasmo alla sua quarta edizione. Come sempre ideatore di questo appuntamento tanto atteso, è stato Don Giuseppe Autorino, par-roco dalla Parrocchia “Maria SS. del Carmine e San Liberatore” di Mugna-no del Cardinale, in collaborazione con alcuni dei ragazzi del gruppo giovanile parrocchiale.

L’impegno di tutti è stato grande e grazie ad una perfetta sinergia tra lavoro e dedizione, il risultato è sta-to, ancora una volta, straordinario.

Insieme, collaborando attivamen-te, abbiamo potuto mantenere la promessa di un momento di grande valore per l’intera comunità.

Così, all’insegna dell’amicizia, tanti giovani, e meno giovani, han-no raccolto con gioia la possibilità di divertirsi, arricchendo, al contem-po, se stessi e gli altri con la propria generosità. L’intero ricavato della serata, infatti, verrà destinato per opere di solidarietà, valore protago-nista, seppur silenzioso, dell’intero evento.

In linea con il tema scelto quest’anno, gli anni ‘60 e ‘70, nes-sun particolare è stato dimenticato o trascurato! Nella sala, riservata presso il risto-pub “Vicolo Parià”, ritrovo abituale dei giovani del ter-ritorio, ogni dettaglio, dalle deco-razioni ai fiori ai dischi in vinile, in

perfetto stile vintage, celebrava quello che nei ricordi di tutti resta un ventennio simbolo di ottimismo, fiducia e sano divertimento: ciò di cui oggi sentiamo ancora, e più che mai, il bisogno.

Ciascuno, inoltre, sia tra gli orga-nizzatori che tra gli ospiti ha potuto ritoccare il proprio look per calarsi al meglio nella giusta atmosfera e, perché no, per provare ad aggiudi-carsi il titolo di Miss. e Mr. della se-rata. Due giovani, infatti, sono stati scelti per lo stile più attento e at-tinente alla moda di quei fantastici anni e premiati tra gli applausi e la complicità collettiva.

La stessa partecipazione corrispo-sta per l’intero scorrere della festa, in cui, davvero tutti si solo lasciati trascinare dalla grande allegria ge-nerale, servendosi di questo singo-lare momento di agape fraterna per conoscersi o semplicemente ritro-varsi, gustare insieme il ricco buf-fet di prodotti tipici locali, rustici e dolci realizzati dalle mani fidate di amici e parenti della stessa comuni-tà ed infine per scatenarsi in pista e cimentarsi in memorabili balli del passato.

Ad impreziosire la serata, due mo-menti davvero speciali.

Il primo con la testimonianza di Giovanni De Luca e Luigi Miele, ri-spettivamente presidente e vicepre-sidente della sezione UILDM (Unione

Italiana Lotta alla Distrofia Musco-lare) di Cicciano, che concedendosi con simpatia alle domande di una breve ma intensa intervista, ci hanno regalato un momento di riflessione e gioia che ha raggiunto e travolto tut-ti. Perfettamente inseriti nell’atmo-sfera e nelle dinamiche della serata, entrambi hanno dimostrato, ancor prima che con le parole, l’entusia-smo per la vita che, nonostante le difficoltà di ogni giorno e le barriere architettoniche che instancabilmen-te provano ad abbattere, rimane la cosa più bella e preziosa. Un dono ricevuto dal Signore, per amore, che con amore va rispettato e valorizza-to in ogni suo istante.

In conclusione della serata, il se-condo emozionante momento. Pri-ma dei saluti e delle foto di rito, non potevano mancare le immagini dell’amato Papa Francesco in occa-sione della Giornata Mondiale della Gioventù tenutasi a Rio de Janeiro la scorsa estate. Una sequenza di momenti e parole che ciascuno, ne siamo certi, ha raccolto nel cuore e portato via con se tornando a casa.

Il suo è anche il nostro messaggio, vincere la sfiducia nonostante la cor-ruzione e l’oscurità che spesso ci cir-condano, sperando nel futuro, por-tando la luce di Cristo ovunque con coraggio e vigore e operando senza sosta allo promozione e alla realiz-zazione del bene comune.

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21febbraio 2014

In Rubrica

La strada della morteSindaci e cittadini chiedono misure urgenti per la messa in sicurezza della Strada statale 268

bibliofilo, collezionista, NolanoRitratto del dott. Luigi Vecchione, spentosi lo scorso mese, all’età di 97 anni

la chiesa di san Felice nella terra di palmaLa ricerca si raccorda alle indagini sulla domus ecclesiae nella basilica Cattedrale di Nola

Una cosa soladialogo interreligioso e dialogo ecumenico a confronto

Educare narrandoA Scisciano presentato “Secchio e la luna” di giuseppe La Rezza

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mensile della Chiesa di Nola

Sindaci e cittadini chiedono misure urgenti per la messa in sicurezza della Strada statale 268

la strada della Mortedi Antonio Averaimo

Dalla sua apertura non ha fatto altro che far discutere. Si tratta

della Strada statale 268, presto ri-battezzata “la strada della morte” a causa dei numerosissimi incidenti mortali che vi si sono verificati fin dalla sua apertura. Decine e decine di vite, sono terminate sull’asfalto di quella che doveva essere esclusi-vamente la strada che unisce i Pa-esi Vesuviani alla città di Napoli. È di inizio anno l’ennesimo incidente mortale, in cui hanno perso la vita 4 persone: Mario Boccia e Giovanni Tortora, giovanissimi, rispettiva-mente 24 e 22 anni; e una madre ed un figlio di nazionalità polacca: Rota Kowalski, 45 anni e Jan Klose Kowalshe, 26. Di lì è stato tutto un susseguirsi di iniziative da parte de-gli Enti locali per cercare di mettere fine all’ecatombe di morti a cui si assiste da anni. Ad ogni tragedia ci si sente rispondere che è la scarsa at-tenzione degli automobilisti la cau-sa principale degli incidenti. Vero. Probabilmente, la larga parte degli scontri mortali avvenuti sulla SS 268 non avrebbero mai avuto ragione di verificarsi se vi fosse stata la neces-saria attenzione da parte degli au-tomobilisti che hanno causato gli in-

cidenti risultati poi fatali alle tante vittime della strada. Eppure restano parecchi nodi insoluti circa la reale sicurezza dell’arteria, quotidiana-mente attraversata da migliaia di autovetture. Proprio su questi nodi è partita l’offensiva dei Comuni Vesu-viani, che non hanno mancato negli ultimi mesi di far sentire la propria voce presso gli Enti competenti. Il più attivo di tutti è stato il sindaco di Ottaviano, Luca Capasso, che ha promosso incontri e lanciato nume-rose iniziative con i propri colleghi per cercare soluzioni al problema SS 268. È stato stilato un documen-to congiunto, firmato da tutti i pri-mi cittadini dei Comuni attraversati dall’arteria, diretto al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Mauri-zio Lupi, al Prefetto di Napoli, all’A-nas e alle Procure della Repubblica di Nola e Torre Annunziata. I primi cittadini chiedono di adottare, in tempi rapidissimi, urgenti misure: interventi tecnici volti alla messa in sicurezza della strada; installazione, previa verifica e compatibilità tec-nica, di spartitraffico nei due sensi di marcia e nelle rampe di accesso e di uscita; avvio di una campagna di informazione tesa ed educare gli

utenti sul rispetto delle regole del codice della strada; installazione di illuminazione idonea lungo tut-to il percorso della 268, ed in par-ticolare in prossimità degli svincoli; intensificazione dei controlli delle forze dell’ordine ed in particolare in prossimità degli svincoli; istituzione di un tavolo tecnico presso la Pre-fettura che preveda una delegazione dei sindaci interessati. Nelle scorse settimane, anche la Chiesa di Nola ha voluto far sentire la propria voce sulla questione. Il vescovo Beniamino Depalma ha voluto incontrare il sin-daco di Ottaviano, Capasso. Parole di incoraggiamento quelle del prela-to al primo cittadino ottavianese e ai sindaci impegnati nella battaglia per la sicurezza della SS 268: «La Chie-sa di Nola non può non contribuire a mantenere alta l’attenzione perché la Strada statale 268 non costituisca più un pericolo per la vita dei citta-dini. Per questo invito i soggetti isti-tuzionali atti a risolvere il problema, a trovare una soluzione immediata, ed esprimo la mia solidarietà ai sin-daci e ai cittadini impegnati perché si adottino interventi rapidissimi e non si giunga alla chiusura della Stra-da statale 268».

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23febbraio 2014

in rubricaRitratto del dott. Luigi Vecchione, spentosi lo scorso mese, all’età di 97 anni

bIbLIoFILo, CoLLEzIoNIStA, NoLANodi vanda ambrosio

Decano della cultura nolana, spesa per una vita a vantaggio sempre

della città, il dott. Luigi Vecchione si è spento in età avanzata tra il rimpianto e la nostalgia di chi lo ha conosciuto, per quel suo modo di essere e di sentirsi in nella civitas nolana, membro attivo e autorevole di quella calma, quieta borghesia intellettuale del novecento che ha dato sempre lustro nel corso del tempo al variegato universo culturale della città.

Sempre presente e attivo. Il suo ruolo a Nola è stato soprattutto di animatore, battendo per circa un cinquantennio tutti i sentieri di un percorso di vita frenetica teso all’estrinsecazione delle sue passioni più tenaci: diffondere, far conoscere e praticare la cultura nolana attraverso i suoi libri che egli, con ammirevole dedizione, ha raccolto, catalogato e sistemato nella sua bella biblioteca sull’attico di via Vivenzio, la sua abitazione. In questo luogo elegante e signorile, ricoperte le pareti di libri e quadri di valore, ha vissuto una vita felice con la moglie Rosa, sua compagna di vita e collaboratrice, trepida ancella dei suoi interessi entusiastici. Sempre al suo fianco, ad accogliere, collaborare, aiutare gli studiosi nella ricerca di libri utili, introvabili ma presenti negli scaffali di legno pregiato, arredo della sua casa insolitamente accogliente e aristocratica. Straordinario ritrovo culturale per chi volesse trovare Nola e le sue memorie, nei libri, nelle testimonianze di riviste rare, nei giornali d’epoca, nei documenti originali sulla Festa dei Gigli. Un caleidoscopio di visione della città davvero prezioso per chi voleva documentarsi e far ricerca. Ha dato in quest’ambito, amicizia e collaborazione a chi la chiedeva, dispensando valori umani e culturali.

Ma Luigi Vecchione non è stato solo questo, come recita un capitoletto del libricino stampato per lui al tempo della benemerenza cittadina conferitagli dal Comune di Nola nel luglio del 1999. Facendo, un breve excursus sul suo percorso di vita, lo vediamo da giovane impegnato a dar vita alla sua umanità, alle sue passioni, con la consapevolezza di un vivere tutto particolare. E’ stato il tratto distintivo, esibito

e segreto della sua personalità. Laureato in economia, partecipa al secondo conflitto mondiale. Dopo l’armistizio, rientrato a Nola, ancora giovane, si cimenta nell’agire del filone socio - culturale della città ricoprendo varie cariche onorarie come ispettore delle Antichità e della Bibliografia, nomine ricoperte per vari anni. Il contributo più produttivo, Vecchione lo dà in città, fondando il periodico “Opinione” nel 1959, pubblicato in ciclostile fino al 1974 in collaborazione con Gaetano Minieri, altro nolano estroso e impegnato. Indimenticabile pubblicazione, di arte, cultura e umanità nolana, come recitava il sottotitolo, che ha portato allo scoperto, con studi importanti e mirate ricerche, il meglio della storia patria con articoli firmati da studiosi eminenti della Nolanovecento: Luigi Ammirati, Francesco Palliola, Gaetano Minieri, Geppino Iorio, Raffele Iorio e Giuseppe Giusti e tantissimi altri. Nelle attività organizzative in città fonda il circolo artistico “Giovanni da Nola” con sede in piazza Giordano Bruno, accogliendo in richiamo giovani di valore con il talento nascosto della filodrammatica, del teatro, della musica. Si ricordano i fratelli Iorio, Raffaele e Geppino, Pacifico Scotti, attore, Rosetta d’ Eliseo, Gennaro Vecchione, chitarrista, i fratelli Messina, i fratelli d’Eliseo e tanti

altri fermi nella penna. Memorabile anche la celebrazione della Goliardia, adesso scomparsa, con le feste della matricola e i ridanciani “papielli”. Un divertimento aperto a tutti. Era tutto una Nola in felice fermento, in comunione di intenti. Proprio come avveniva al tempo degli Orsini con la loro politica filantropica per, tra l’altro, rendere felici i nolani, con spettacoli e feste davanti alla Reggia nella piazza San Francesco, oggi piazza Giordano Bruno.

In tempi più vicini il suo interesse è rivolto a Giordano Bruno per il quale organizza convegni presso il circolo omonimo. Sogna una Fondazione “Giordano Bruno” che in questi ultimi tempi si è realizzata. Crea l’ ”Archeoclub“ - sezione di Nola dando vita ad altre iniziative.

In definitiva molteplici sono stati gli interessi diversificati di Luigi Vecchione; ma il suo merito maggiore, è stato alla fine della sua vita, la donazione della sua biblioteca, circa 5000 volumi, riguardanti Nola e la meridionalistica, al Comune di Nola; e la donazione della sua preziosa pinacoteca alla diocesi di Nola. Le suddette ultime donazioni testamentarie danno al dottor Vecchione ulteriore merito per una vita vissuta interamente per la sua città e dei suoi concittadini.

Bene meruit. Per sempre a lui il Grazie dei Nolani.

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mensile della Chiesa di Nola

La ricerca si raccorda alle indagini sulla domus ecclesiae nella basilica Cattedrale di Nola

LA ChIESA dI S.FELICE NELLA tERRA dI PALMAdi Maria Maddalena Nappi

Gioachino della Nunziata e Martino Preziuso per aver posto la croce nel luogo detto S. Felice e fabricatori. A conclusione del lavoro furono ero-gati tre ducati a Francesco di Manzi. Le spese complessive ammontavano a una cifra ragguardevole, così da far supporre che la croce doveva es-sere di grande dimensione o parti-colarmente decorata. In seguito a successive ricerche deduciamo che la croce fu innalzata a spese dell’U-niversità in memoria della sacralità del luogo, dove fino al Seicento era-no visibili i resti di un’antica chiesa dedicata al santo. Nella santa visita del 1586, tra i beni immobili della chiesa di san Michele, sotto il titolo, Santo felici grancia, leggiamo: Item una terra pastinata et vitata de vite latine dove se dice a santo felice iu-sta la via publica da due parte, li beni de francisco di mauro, li beni di Salvator prevete, li beni de la herede del quondam giò:Angelo de Cunzo et altri confini quale se pos-sedeva per quelli de casa coppola fu litigato per me predetto che sta in demanio della ecclesia et in det-ta terra sta edificata una cappella sotto il vocabulo di santo felici an-tiquissima. Nella visita precedente del 22 maggio del 1571, non si fa-ceva riferimento alla grancia di san Felice, ma nel corso delle registra-zione dei beni immobili, si legge in una nota a margine la seguente dicitura: dicta parrochialis ecclesia habet annexas simplices et rurales ecclesias sitas in loco campestri Ec-clesiam Sancti Arcangeli veteris, ecclesiam Sancti felicis, ecclesiam Sancti Leonardi, Ecclesiam Sancti Mielis et ecclesiam Sancti Arcangeli a Stella, fuit promissum quod pre-dictae ecclesiae preter ecclesiam Sancti Arcangeli a Stella profanen-tur et diruantur erecta in quolibet loco cruce in signum et ita fuit man-datum predicto rectori quod exe-quatur. Quindi, nella Terra di Palma sussisteva una chiesa antichissima intitolata al Vescovo di Nola, in se-guito venerato come santo, che alla fine del Cinquecento era in rovina, tanto che dal 1571 era ingiunto al

rettore della chiesa di San Michele Arcangelo di interdirla al culto, in-sieme ad altre chiese dirute, ma di segnare il luogo con una croce, che per questo motivo continuava ad essere eretta nel 1745. In seguito il territorio divenne proprietà del-la chiesa di san Michele Arcangelo, come è confermato dalle visite suc-cessive senza che si nomini più la grancia. Nella santa visita del 1620 è enumerato un pezzo di terra ar-bustata et vitata de vite greche sita dove se dice a Santo felici appresso la detta chiesa diruta quale confi-na con la via publica Jaconantonio perrozzino et si possede per detta ecclesia quale sta affittata ad Ange-lo de Lauri per carlini trenta cinque l’anno come appare per obliganza nelli atti della corte di detta terra di Palma, fittata al misi di febbraio prossimo passato 1620.

È legittimo a questo punto chiedersi a quale periodo risalga la fondazione della chiesa. Al mo-mento possiamo solo avanzare delle ipotesi, in attesa di ulteriori inda-gini d’archivio ed archeologiche. Di certo la chiesa non è censita nel-le Rationes Decimarum Italiae del 1308-1310 e del 1324, cosicché se ne deduce che la chiesa molto anti-ca o all’epoca era già in rovina, op-pure non era tenuta al pagamento delle decime, perché annessa alla chiesa parrocchiale di San Miche-le. L’erezione della chiesa lungo la via Popilia per Nola è da collegare all’opera di evangelizzazione del vescovo Felice, che nelle sue pere-grinazioni raggiungeva la comunità di ad Teglanum, dove nel I secolo d. C. si sviluppava un nucleo abitativo romano, che successivamente con il declino dell’impero e l’avanzare de-gli eserciti barbarici si arroccò sulle colline. E forse la chiesa fu eretta o nel luogo in cui il vescovo martire incontrava gli abitanti di ad Tegla-num, per divulgare il verbo cristia-no, oppure lì dove il santo fu marti-rizzato, come si potrebbe avanzare secondo la passio riportata nello studio del prof. D’angelo. La presen-

Accolgo volentieri l’invito della Diocesi di Nola a pubblicare al-

cuni appunti di studio su una chie-sa dedicata a san Felice, nel luogo che a Palma ne ricorda la presenza nel toponimo San Felice. La ricerca è ancora in nuce, perché essendosi perduta la testimonianza archeolo-gica della chiesa, siamo risaliti alla sua esistenza attraverso documenti d’archivio. La relazione, che qui se-gue, si raccorda alle indagini sulla domus ecclesiae della cappella del duomo di Nola, condotte dalla dott.ssa Antonia Solpietro e dall’arche-ologo Nicola Castaldo ed agli studi sulle passiones di San Felice da par-te del prof. Edoardo D’angelo del Suor Orsola Benincasa, che riferisce di una passio, dove si indica Palma, come luogo del martirio.

Nel 2001-2002, nell’annuario del Liceo Classico Antonio Rosmini fu pubblicato dalla scrivente, in un saggio sulle edicole votive di Palma, un breve riferimento all’affresco di san Felice, nell’incrocio, svilup-patosi urbanisticamente nel XVIII se-colo, che prende il nome dal santo. Il dipinto è racchiuso in un cartiglio ovale in stucco, protetto da un ve-tro, e raffigura san Felice, secondo l’iconografia più attestata sul ter-ritorio, con la mitra e il pastorale, simboli dell’autorità vescovile. È evidente che la rappresentazione iconografica del santo nell’incrocio detto San Felice è legata alla città di Nola e al suo vescovo, data la col-locazione dell’edicola lungo la stra-da che prosegue verso quella città, che nella crisi dell’impero romano fu una delle prime sedi dell’autori-tà vescovile. L’edicola è collocata sullo spigolo dell’edificio, che si in-nalza tra via San Felice e via Nola, con ogni probabilità in sostituzione di una croce di legno, che nel Sette-cento era stata eretta a cura dell’U-niversità di Palma, nel luogo detto San Felice. Dai conti dell’Università di Palma del 1745, infatti, si viene a sapere che gli eletti di Palma eroga-rono un ducato per un trave servito per la croce di san Felice, un carli-no e cinque grana furono pagati a

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25febbraio 2014

in rubrica

dialogo interreligioso e dialogo ecumenico a confronto

UNa Cosa soladi paolo di palo

Il termine “ecumenismo” è divenu-to ormai familiare ai più, ma se ne

ha sempre un’idea vaga o inesatta. Occorre, quindi, una ricognizione di esso per comprenderlo più profon-damente. Ecumenismo è un termine che deriva dal greco «oikuménē», la cui radice ôikos/oikeo significa “casa/abitare”. L’accento è posto sul carattere di focolare domestico, da cui significato più preciso di “casa

comune”. Viene focalizzato anche il senso di ciò che “viene reso casa” da cui l’estensione a “casa abitata” e il senso di universalità, la “casa di tutti, la casa comune”. Il significato etimologico contiene in sé le coor-dinare essenziali dell’ecumenismo: compresenza, partecipazione, con-divisione, familiarità. Elementi che conferiscono una qualità, ma, al tempo stesso una idea di molteplici-

tà, universalità che ne definisce an-che la dimensione spazio-temporale Nella storia antica – greca e romana – il significato è più che altro geogra-fico, per indicare “tutta la terra” al-lora conosciuta, e anche nell’epoca ellenistica viene a designare tutto il mondo ellenico. Da qui l’assunzio-ne di una connotazione particolare: viene ad indicare un intero mondo culturale, che da un lato distingue

za presso ad Teglanum di una co-munità paleocristiana sembrerebbe essere testimoniata dal rinvenimen-to di lucerne con il simbolo della palmetta nello scavo della necropoli tardo-imperiale in località Jerola, ai piedi della collina di Vico. Inoltre, sono attestati a Palma elementi ar-chitettonici di culto altomedievali, come le iconostasi rinvenute in loca-lità Pozzoromolo, ora esposte al Mu-seo Archeologico di Nola. E forse ri-mandano all’Alto Medioevo le chiese che scomparvero alla fine del ’500, tra queste, accanto alla chiesa de-dicata al Vescovo di Nola, le sante visite riferiscono le chiese di santa Margherita, di santo Miele (sic), di san Leonardo, di san Nicola, che erano ubicate nella zona collinare di Castello, e la chiesa di santa Feli-cita, in antro constructa, annessa al Monastero della Santissima Trinità della città di Cava, registrata nelle sante visite del 1586 e del 1606. In particolare, nella visita del 1606, il vescovo Gallo ribadiva la costruzio-ne della cappella di santa Felicita, in sostituzione di quella più antica costruita in una grotta ormai diru-ta. La grotta era situata sulla collina alle spalle del palazzo aragonese e forse è da rimandare al periodo lon-gobardo, dal momento che il cul-to di santa Felicita è relativo alla martire nativa di Alife, secondo il martirologio beneventano del IX se-colo, martirizzata a Roma al tempo dell’imperatore Antonino Pio.

A tal proposito è interessante ri-ferire anche di un ritrovamento ca-suale avvenuto negli anni Sessanta, nel cortile del palazzo Cervo-Alloc-

ca. Sulla parete di contenimento del giardino a ridosso della collina, sotto un primo strato di intonaco, fu rin-venuto un mosaico di modesta fat-tura che riproduceva al di sotto di una croce, che si ergeva su tre mon-ti (simbolo virginiano), in un riqua-dro di forma rettangolare a tessere di mosaico l’anagramma cristiano ictùs, con l’omissione della ipsilon. Il termine greco potrebbe richia-mare le comunità cristiane dell’età imperiale, ma riferirsi anche alla presenza dei monaci basiliani. La fattura alquanto mediocre dimostra che l’epigrafe riproduceva forse in modo maldestro un originale mosai-co ritrovato sul posto al momento della costruzione dell’edificio; in seguito, perdutasi la memoria del ri-trovamento, il mosaico fu occultato sotto un nuovo strato di intonaco.

Tuttavia, il mosaico con l’iscri-

zione potrebbe essere un ulterio-re elemento a conferma che lungo la dorsale della collina nelle cavità naturali si svilupparono a partire dall’Alto Medioevo luoghi di cul-to, ancora attivi fino all’inizio del Seicento, come la grotta dietro al palazzo, intitolata a santa Felicita. In seguito, gli eventi tellurici e le alluvioni, che hanno segnato cicli-camente la nostra terra, un po’ alla volta, ne hanno cancellato le trac-ce, ma non la memoria, come testi-moniano, per l’antica chiesa di san Felice, i beni di san Michele Arcan-gelo, che per le numerose proprie-tà pertinenti all’antica grancia del santo Vescovo di Nola, ancora nel 1857, riportava la formula nel luogo detto San Felice, e come ribadisce a distanza di secoli l’edicola con il Santo nell’attuale incrocio detto San Felice.

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mensile della Chiesa di Nola

zioni umane, di ricerca scientifica, di azione comune, è comunemente denominata come “dialogo ecume-nico”, da non confondere perché differente da “dialogo interreligio-so”. Ambedue sono accomunati da due principi ermeneutici di grande valore. Il primo è la necessità di es-sere fedeli alla propria tradizione, il che significa che nell’entrare in dialogo non si debbono mettere da parte le proprie convinzioni religio-se. È vero il contrario: la sincerità del dialogo esige che vi si entri con l’integrità della propria fede. Il se-condo riguarda l’apertura alla veri-tà, altrettanto necessaria. La verità, in ultima analisi, non è qualcosa che possediamo, ma una persona da cui lasciarci possedere. Si tratta di un processo senza fine. Pur mantenen-do intatta la loro identità, i cristiani devono essere disposti a imparare e ricevere dagli altri e per loro trami-te i valori positivi delle loro tradi-zioni. Per questo, da punto di vista teologico, il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso differiscono quanto alla fondazione, alla finalità e alla metodologia, che vanno deli-neate con la massima nitidezza. Il dialogo ecumenico è il dialogo tra cristiani che si fonda in Cristo, trae la propria missione dalla sua volontà che tutti siano «una cosa sola» (Gv 17,21) e mira alla piena unità visibi-le fra le chiese, rese capaci di espri-mere la fede insieme, celebrare in-sieme i misteri della vita di Cristo e i ministeri ecclesiali, testimoniare il Vangelo con la vita. Le fonti comuni in questo pellegrinaggio verso l’uni-tà visibile sono la Bibbia, la fede e la prassi delle prime comunità cri-stiane. Lo scopo del dialogo ecume-nico è naturalmente il chiarimento e

l’avvicinamento delle posizioni dot-trinali e delle prassi pastorali in un processo di conversione che faccia riscoprire il legame dato dalla fede in Cristo. Il dialogo interreligioso, invece, è il dialogo fra persone e po-poli di diversa fede, seguaci di varie religioni, spesso diverse tra loro. Al centro vi è la dimensione religiosa inscritta nella persona umana, la scoperta e la condivisione dei diversi modi in cui il Sacro si è manifestato nelle culture e nelle epoche, sia esso inteso come concetto monoteistico di Dio (giudaismo, islamismo, cri-stianesimo) o come presenza della divinità, intesa religiosamente o fi-losoficamente (induismo, buddismo) o come senso del trascendente, che suscita sentimenti religiosi e codici etici (scintoismo, confucianesimo, zoroastrismo). Le religioni tradizio-nali presentano un’enorme varietà di elementi che vanno dalla divini-tà al panteismo, all’immanentismo, all’animismo. La finalità del dialogo interreligioso è la reciproca cono-scenza, la comprensione dell’inte-rezza dell’esperienza religiosa in forme diverse dalla propria, nonché la cooperazione per la difesa e la promozione dei diritti umani, l’im-pegno per la pace e la giustizia, la dignità della persona. Tutto ciò pre-senta una sostanziale differenza con il dialogo ecumenico, alla cui radice vi è la medesima fede nel mistero di Dio Uno e Trino e dell’Incarnazione redentiva di Cristo, terreno che ren-de possibile articolare un dialogo te-ologico e aspirare a mete condivise, concrete e visibili. Dialogo ecumeni-co e dialogo interreligioso sono re-altà e ambiti distinti. L’unica realtà che partecipi di entrambe le dimen-sioni è il dialogo ebraico-cristiano, giacché dal punto di vista formale appartiene al dialogo interreligioso, ma avendo anche un significato e un ruolo particolari per il cristianesimo è intessuta una relazione attraverso la Commissione per i rapporti con gli ebrei.

Un esempio eloquente si ha nella modalità in cui si realizzano i mo-menti di preghiera. I momenti di preghiera interreligiosi mantengono una matrice diversa dalla preghiera cristiana: laddove i cristiani possono e devono riunirsi per pregare insie-me nel nome di Cristo, i popoli di fedi diverse possono solo riunirsi in-sieme, per pregare ciascuno secon-do la propria fede.

e dall’altro accomuna. Anche in ambito religioso viene ricalcato lo stesso significato, ove “universale” comincia ad assumere un significato di valido per tutti, proprio in quanto comune a tutti. Il termine viene as-sociato così al mistero della salvezza e della Chiesa. Nel nostro tempo, il termine è utilizzato in modo assai vasto, come sinonimo di “aperto”, “onnicomprensivo”, “conciliante” e applicato a realtà socio-culturali e politiche. Questo uso pragmati-co veicola molto spesso l’idea di ecumenismo come qualcosa di fon-damentalmente sociale, legato a multiculturalità, pluralità, dialogo, tolleranza, talora anche di compro-messo. Sebbene alcuni elementi so-ciologici – ad esempio l’accoglienza del pluralismo – siano presenti nei contenuti e nel metodo del Movimen-to ecumenico, tuttavia non ne rap-presentano l’essenza. Ecumenismo è e rimane un termine che indica la re-altà del Movimento ecumenico e at-tiene alla storia e alla teologia della ricerca dell’unità tra i cristiani. In questo senso formale è racchiusa la ricchezza lessicale originaria, nella misura in cui il Movimento ecumeni-co tende alla costruzione della “casa comune” dei cristiani e desidera che la testimonianza cristiana riconci-liata apra le porte di questa casa a tutta l’umanità. “Ecumenica” è la realtà e la missione della Chiesa di portare, annunciare e confessare il Vangelo al mondo intero. È il compi-to specifico e peculiare dei cristiani che si traduce in iniziative, progetti, relazioni, associazioni, documenti, studi relativi al dialogo teologico ed ecclesiale tra i cristiani per la rico-stituzione dell’unità della Chiesa di Gesù Cristo. Questa realtà di rela-

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27febbraio 2014

in rubricaLa Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: tempo di comunione

edUCare NarraNdodi Antonio Mucerino

“la luna nel pozzo”, diventando vit-tima di inganni e false promesse. Ci insegna che, ad inseguire false chi-mere e rincorrere gioie effimere, ci si ritrova delusi e perdenti.

Questi sono dei messaggi incisi-vi, efficaci per i ragazzi e i giovani di oggi che, spesso, disorientati e confusi, si lasciano intrappolare …. Il Dott. La Rezza recupera e resti-tuisce all’uomo la parte migliore di sé, il mondo dei sentimenti, della fantasia, liberandolo dalle catene che lo imprigionano nella grigia quo-tidianità e nell’automatismo della vita di oggi. I capolavori fiabeschi, - ha concluso la relatrice - restano un patrimonio culturale di straordinario valore di cui dobbiamo riappropriar-ci, soprattutto oggi, quando non esi-stono più momenti di raccoglimento

intorno ad un focolare con la pre-senza di una persona anziana, quan-do la televisione, internet ed altro invadono il nostro tempo libero».

Il libro si correda di un ricco ed articolato apparato didattico curato dalla stessa prefatrice. Si illumina con immagini dai colori corposi e intensi che nelle forme riproducono l’incanto e la magia della fiaba.

In delicate pennellate i colori si stendono e si sfumano nei contorni. Sono i pregevoli acquerelli di Laura Mucerino, giovane artista emergen-te sciscianese, laureanda all’Acca-demia di Belle Arti di Napoli, che vanta la partecipazione a due mo-stre presso la Galleria del giardino dell’Accademia di Belle Arti di Na-poli e presso il Palazzo Baronale di Avella.

Il 12 gennaio scorso, nella Chiesa intitolata a San Giovanni Battista

in Piazza XX Settembre a Scisciano, è stato presentato il libro “Secchio e la luna”, una fiaba del Dottor Giu-seppe La Rezza.

Presenti il Sindaco Prof. Edoardo Serpico e l’Assessore alla Cultura Prof.ssa Giovanna Napolitano. Sono intervenuti il Dottor Giuseppe Cop-pola, dell’Associazione Pediatri “Ve-suvius”, che ha illustrato il proget-to umanitario cui l’Associazione ha aderito, il Dottor Roberto Malinconi-co, psicologo e la Prof.ssa Andreana Angora.

Ospiti il Maestro Ciro Perris e la cantante Annalisa De Caro.

La serata ha offerto l’opportunità di riflettere e discutere sull’impor-tanza del libro, sulla necessità e il piacere di leggere per stimolare nei ragazzi.

Oggi la vasta diffusione dei media, privilegiando l’immagine, abitua ad una passiva fruizione dei messaggi; invece è importante coinvolgere i ragazzi nella lettura fin da piccoli, compito che tocca anche alla fami-glia, impegnarli a capire e valutare un testo scritto oltre che lasciarli viaggiare con la fantasia.

La Prof.ssa Angora, che ha cura-to la prefazione della fiaba, nel suo intervento ne ha messo in risalto la valenza pedagogico- didattica.

«La trama è tessuta sui fili della fabula, su uno sviluppo logico- cro-nologico tipico proprio di questo ge-nere letterario. Non ci sono castelli misteriosi, principi e principesse, maghi e fate ma ugualmente si re-spira un’aria di incanto e di magia.

La storia è ambientata in un pa-esaggio reale, un giardino ben cu-rato in cui si muovono ed agiscono personaggi fantastici. Emergono il valore sacro dell’amicizia, il senso di solidarietà, la disponibilità verso gli altri.

Secchio, il protagonista, è un eroe perdente, ma la sua vicenda diventa fortemente educativa. Può essere considerato come il simbolo di quel-la umanità ingenua e credulona che si fida ciecamente di chi promette

La fiaba come un prismadi Luigi Mucerino

È in atto una sorta di competizione tra le discipline, nel contendersi le ragioni della fiaba, contrariamente alla semplicità apparente e a momenti di sottovalutazione.

Un balzo si è avuto nella letteratura alla fine del XIX secolo davanti all’ondata fabulatrice di Giannetto e Giannettino, riconoscendo uno spazio proprio al genere letterario classico per l’infanzia con il favore di Andersen, dei fratelli Grimm, di Perrault. Walt Disney con il nuovo linguaggio televisivo del lungometraggio animato è ricorso senz’altro alle immortali fiabe di Biancaneve e Cenerentola.

La fiaba viene ricondotta ad alcune categorie mentali primitive; è connessa secondo alcuni allo strutturalismo e alla semiologia. I socio-logi non sanno fare a meno di intervenire sulla base della distinzione acquisita della fiaba dalla favola.

L’allegoria della favola, composta da oggetti inanimati e da animali, con funzione moralistica ed esiti punitivi per i trasgressori, è favorita dai regimi che privilegiano il momento collettivo e ritengono la nor-malizzazione come valore. La fiaba, composta di materiali fantastici e magici, dove trionfa l’individuo audace, accompagnato da presenze favorevoli, è promossa invece per sottolineare la divergenza e l’affer-mazione individuale.

La psicologia del profondo non rimane fuori campo. La situazioni delle fiabe richiamano simbolicamente ansie e paure infantili che nel racconto trovano soluzioni positive e rassicuranti.

La fiaba si configura come una chiave di interpretazione di sé, della vita, del mondo; essa si inserisce in maniera positiva nel processo di ricomposizione dell’identità personale del bambino che vive il bisogno di comprendere se stesso.

Se della fiaba consideriamo la presenza del lieto fine, dell’interven-to di forze superiori nonché dell’orientamento etico, passiamo diret-tamente, anche se sbrigativamente, a tratti di pedagogia religiosa

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