20
1 LA MISTAGOGIA DAL RITO AL MISTERO 2014 numero 4 - anno 7 - www.liturgiaculmenetfons.it LITURGIA CULMEN ET FONS

LITURGIA · liturgia: la mistagogia 1. La mistagogia ha il suo fondamento più eccelso e la sua sorgente primaria nel mistero dell’Incarna-zione del Verbo, che la liturgia natalizia

  • Upload
    others

  • View
    8

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

1

LA MISTAGOGIADAL RITO AL MISTERO

2014 numero 4 - anno 7 - www.liturgiaculmenetfons.it

LITURGIA“CULMEN ET FONS”

2

La mistagogia:dal visibile all’invisibiledon Enrico Finotti

n.4- 2014 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

Rinnova la tua adesionee regala un abbonamento a

LITURGIA“CULMEN ET FONS”

Senza il tuo aiuto la nostra rivista non può vivere.Usa il bollettino allegato e scrivi l’indirizzo in modoleggibile. Il costo dell’abbonamento è di 15 euro.

Il clima liturgico delle solennità natalizie, cheabbiamo celebrato, è quanto mai idoneo adintrodurci in una metodologia essenziale dellaliturgia: la mistagogia 1.La mistagogia ha il suo fondamento più eccelso ela sua sorgente primaria nel mistero dell’Incarna-zione del Verbo, che la liturgia natalizia romanaesprime con queste mirabili parole:“Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agliocchi della nostra mente la luce nuova del tuofulgore, perché conoscendo Dio visibilmente, permezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtàinvisibili” (prefazio I di Natale).

E ancora:“Nel mistero adorabile del Natale, egli Verbo

invisibile, apparve visibilmente nella nostra carne…”(prefazio II di Natale).

Ecco il metodo della mistagogia: dal visibileall’invisibile.

Tale regola - originale, antica e classica – fa partedella struttura intima della liturgia e perciò necostituisce un elemento basilare, imprescindibile eperenne, senza del quale la liturgia smarrisce la suastessa identità ontologica.

Il Prologo di san Giovanni, proclamato nella Messadel giorno di Natale, esprime in termini sublimi ilmetodo mistagogico adottato da Dio stesso peroperare la nostra Redenzione:

“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare inmezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloriacome di unigenito dal Padre, pieno di grazia e diverità”.

Il Verbo invisibile si rivela a noi assumendo lanostra carne visibile.

Ciò che è visibile (la carne) diventa il segno chesignif ica e contiene ciò che è invisibile (la divinità).Per questo il Prologo si conclude con questaspiegazione:

“Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figliounigenito, che è nel seno del Padre, lui lo harivelato”.

L’apostolo Giovanni prosegue nella medesimalogica dichiarando:

Ciò che era f in da principio, ciò che noi abbiamoudito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi,ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostremani hanno toccato, ossia il Verbo della vita -poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo vedutae di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamola vita eterna, che era presso il Padre e si è resavisibile a noi - quello che abbiamo veduto e udito,noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voisiate in comunione con noi” (Gv 1, 1-3).

In questo singolare testo emerge in tutta la suaevidenza il ruolo dei sensi (ciò che noi abbiamoudito, visto e toccato) come base certa di ogniconoscenza. Qui si coglie immediatamente l’interocomplesso dei segni e dei simboli, che costituiran-no l’ossatura della liturgia, il suo linguaggio piùproprio e il ponte per passare dalle cose visibili almistero invisibile.

Anche l’apostolo Paolo richiama il medesimoprocesso, quando nella lettera ai Romani fa’ ricorsoall’analogia2:

“…dalla creazione del mondo in poi, le sueperfezioni invisibili possono essere contemplate conl’intelletto nelle opere da lui compiute, come la suaeterna potenza e divinità…” (Rm 1, 20).

L’apostolo agisce con perfetto stile mistagogico,quando, nel suo discorso all’areopago di Atene,conduce le menti degli ascoltatori dai segni visibilidel creato e dai simboli religiosi (l’ara al Dio ignoto)all’unico vero Dio, invisibile e trascendente:

«Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete moltotimorati degli dei. Passando infatti e osservando imonumenti del vostro culto, ho trovato ancheun’ara con l’iscrizione: Al Dio ignoto. Quello chevoi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. IlDio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene,che è signore del cielo e della terra, non dimora intempli costruiti dalle mani dell’uomo né dalle manidell’uomo si lascia servire come se avesse bisognodi qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita eil respiro e ogni cosa. Poiché di lui stirpe noi siamo(At 17, 22-25).

Questo modo di procedere è già presente conuna grandissima abbondanza di richiaminell’intero arco della storia della salvezza, secondo

3

www.liturgiaculmenetfons.itLITURGIA CULMEN ET FONS - 2014 - n. 4

IN QUESTO NUMERO

IMMAGINE DI COPERTINA: Raffaello Sanzio, Angelo,olio su tavola trasportato su tela (31x27 cm), 1500-1501, Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

2 LA MISTAGOGIA: DAL VISIBILE ALL’INVISIBILE

don Enrico Finotti

7 CONSIDERAZIONI PER L’APPROFONDIMENTO

TEOLOGICO

don Enrico Finotti

9 LE DOMANDE DEI LETTORI

a cura della Redazione

11 LA VERITA’ DELLA FEDE PRESENTE E

OPERANTE NELLA TRADIZIONE LITURGICA

(II PARTE)

mons. Antonio Livi

18 TEMPO E PREGHIERA DEL GIORNO (II PARTE)

don Divo Barsotti

ULTIMA PAGINA: Raffaello Sanzio, Trasfigurazione, oliosu tavola (405x278 cm),1518-1520, Pinacotecavaticana.

_______________________

LITURGIA “CULMEN ET FONS”Rivista trimestrale di cultura religiosa a cura della AssociazioneCulturale Amici della Liturgia via Stoppani n. 3 - Rovereto.

Registraz. Tribunale di Trento n. 1372 del 13/10/2008

Direttore Responsabile: Massimo Dalledonne.Tipografia “Centro Stampa Gaiardo” Borgo Valsugana (TN)

Redazione: Liturgia ‘culmen et fons’ - Editrice FEDE & CULTURAviale della Repubblica n. 15, 37126 - VR

REDAZIONEd. Enrico Finotti, Sergio Oss, Marco Bonifazi, Ajit Arman, PaoloPezzano, Mattia Rossi, Giuliano Gardumi, Fabio Bertamini.

CONTATTILiturgia ‘culmen et fons’ - via Stoppani, 3 - 38068 Rovereto(TN) - Posta elettronica: [email protected]: 389 8066053 (telefonare dopo le ore 15.00)

RIVISTA ON-LINE: www.liturgiaculmenetfons.itPer accedere agli ultimi due numeri della Rivista in formatoweb e pdf., digitare la seguente password : 5 1 7 8La Rivista è su Facebook.

ABBONAMENTO PER L’ANNO 20154 numeri annui: abbonamento ordinario 15.00 euro - soste-nitore 20 euro - benemerito oltre 20 euro - sul conto correntepostale n. 9 2 0 5 3 0 3 2 intestato ad Associazione CulturaleAmici della Liturgia via Stoppani, 3 - Rovereto - 38068 (Trento);causale: abbonamento.Al f ine di evitare spiacevoli disguidi si prega di scriverel’indirizzo in stampatello in modo chiaro e leggibile.Il bollettino postale viene inviato anche a coloro che sono inregola con l’abbonamento.

la testimonianza della Sacra Scrittura dell’AnticoTestamento. Basterebbe pensare alle mirabiliespressioni del libro della Sapienza:

“Davvero stolti per natura tutti gli uomini chevivevano nell’ignoranza di Dio e dai beni visibili nonriconobbero colui che è, non riconobbero l’artef ice,pur considerandone le opere. Ma o il fuoco o il ventoo l’aria sottile o la volta stellata o l’acqua impetuosao i luminari del cielo considerarono come dei,reggitori del mondo. Se, stupiti per la loro bellezza,li hanno presi per dei, pensino quanto è superiore illoro Signore, perché li ha creati lo stesso autore dellabellezza. Se sono colpiti dalla loro potenza e attività,pensino da ciò quanto è più potente colui che li haformati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle crea-ture per analogia si conosce l’autore” (Sap 13, 1-5).

Anche l’eroica madre dei fratelli Maccabei, nellasua semplicità, impartisce ai f igli, nell’ora supremadel loro martirio, una perfetta catechesi mistagogica:

“Contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi èin essi. Dio li ha fatti dal nulla” (2 Mac 7, 28).

Se la natura, come si manifesta nel creato, è il segnoprimordiale ed insuperabile per risalire allacontemplazione della gloria di Dio, ora, nellapienezza dei tempi, gli Apostoli hanno comereferente ancor più eminente l’intera storia dellasalvezza, così come si è svolta nella vicenda delpopolo eletto, guidato dalla misteriosa provvidenzadivina verso la pienezza di Cristo, del quale essi sonoi testimoni oculari. E’ la rivelazione positiva di Dio,che non abolisce la natura e l’opera del Creatore,ma la completa con la grazia del Cristo redentore.Ed è su questo piano che la mistagogia cristianaraggiunge il suo tema più specif ico e compie la suaeducazione più propria.

La mistagogia, dunque, riceve il suo statuto piùvero e il modello più sicuro dalla predicazione degliApostoli, che, muniti del singolare donodell’Ispirazione, interpretano con autorità apostolicai fatti e le f igure dell’Antica Alleanza, mostrandonel Cristo il senso recondito e la realizzazione pienadelle Profezie bibliche. Ne sono eloquentetestimonianza i principali discorsi contenuti negliAtti degli Apostoli -Pietro (At 3, 11-26), Stefano (At7, 1-54), Paolo (At 13, 16-43) - e soprattutto l’interaLettera agli Ebrei. Possiamo riassumere questa loropreziosa operazione mistagogica con queste paroledell’Apostolo:

“Ora, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, èstato scritto per nostra istruzione, perché in virtùdella perseveranza e della consolazione che civengono dalle Scritture teniamo viva la nostrasperanza” (Rm 15, 4).

Gli apostoli tuttavia non fecero che continuare nelmetodo mistagogico ampiamente adottato delSignore stesso nella sua predicazione. Si pensi allaconversazione del Risorto con i discepoli di Emmausalla sera del giorno della risurrezione:

4

n.4 - 2014 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

“E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegòloro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc24, 27).

Qui sta il vertice e il modello sommo dellacatechesi mistagogica, che la Chiesa farà propria.Una istruzione che il Signore risorto prolungherànei quaranta giorni, f ino alla sua Ascensione, comeattestano gli Atti degli Apostoli:

“Nel mio primo libro ho già trattato, o Teòf ilo, ditutto quello che Gesù fece e insegnò dal principiof ino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agliapostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fuassunto in cielo. Egli si mostrò ad essi vivo, dopo lasua passione, con molte prove, apparendo loro perquaranta giorni e parlando del regno di Dio” (At 1,1-3).

Non a caso la Veglia pasquale è presieduta f indall’inizio dal Cero pasquale, simbolo della presenzadel Risorto. L’intera storia della salvezza, annunziatadalle profezie nella prolungata liturgia della Parola,è rivisitata in modo retrospettivo, quasi adimitazione di ciò che il Signore stesso fecenell’introdurre i suoi discepoli nel Misteropasquale, già compiuto in Lui risorto.

E’ infatti caratteristica della mistagogia non lapreparazione previa ai Misteri, ma l’approfondi-mento successivo ad essi, già celebrati ed operanti.Ed è ad imitazione dei quaranta giorni mistagogiciinaugurati dal Signore, che la Chiesa fa’ lamistagogia proprio nel tempo pasquale,introducendo i neof iti nell’intelligenza deiSacramenti, ricevuti nella santa notte di Pasqua.

Su questa base rivelata i Padri della Chiesa hannoassunto il metodo mistagogico, attingendo con

determinazione ai grandi eventi biblici della storiadella salvezza.

I Padri sono in tal senso in linea con l’esempio diCristo, il divino mistagogo. Sono discepoli degliApostoli e continuatori del loro metodomistagogico, che essi hanno sviluppato ulterior-mente con un amplissimo ricorso alla SacraScrittura e con una sorprendente dovizia diinterpretazioni allegoriche.

Basti per tutti la parola di Teodoro di Mopsuestianelle sue Omelie catechetiche:

«Ogni sacramento è l’indicazione, attraverso segnie simboli, di realtà invisibili e ineffabili. Unarivelazione e una spiegazione su tali realtà sonocertamente necessarie, se qualcuno vuole conoscerela forza di questi misteri. Se ciò che accadeeffettivamente fosse soltanto quello che si vede fare,la spiegazione sarebbe superf lua, perchébasterebbe la vista a mostrarci le cose che siverif icano. Ma nel sacramento si trovano i segnidi ciò che avverrà (nel futuro) o di ciò che è giàavvenuto (nel passato), e perciò è necessario undiscorso che spieghi il senso dei segni e dei misteri».

Ed è in immediata dipendenza, continuità ecoerenza con questa storia, che la liturgia classica,orientale e occidentale, nell’ epoca della suamigliore formazione e def inizione (sec. IV) assumenei suoi riti, gesti e preci la logica e il metodomistagogico, mediante il quale dalle cose visibili sirisale alle realtà soprannaturali ed invisibili.

Ed ecco che la nobile solennità dei riti, celebratinella maestà delle splendide basiliche, trasmettenel complesso dei simboli, assunti di preferenzadal contesto biblico, i contenuti salvif ici,

5

www.liturgiaculmenetfons.itLITURGIA CULMEN ET FONS - 2014 - n. 4

Nell’immagine: Raffaello Sanzio, Miracolo di Bolsena,1511-14 - Stanza Eliodoro - Musei Vaticani.

attualizzando, sotto il velo dei segni, l’opera dellanostra Redenzione.

La celebrazione liturgica è intesa come segnovisibile della presenza e dell’azione eff icace edinvisibile di Cristo nella potenza dello Spirito: laliturgia è vista e spiegata dai Padri come storia dellasalvezza in atto, qui ed ora. Per questo san LeoneMagno afferma:

«Ciò che era visibile nel nostro Salvatore èpassato nei suoi misteri»3 .

La successiva storia della Chiesa sarà sempre inlinea con tale impostazione pur con accentuazionidiverse.

Uno sviluppo di assoluta importanza è quelloofferto dalla teologia scolastico-medioevale. SanTommaso D’Aquino pone il principio dell’accessoall’ente a partire dal creato, percepito dai sensi. E’nota la sua def inizione del concetto di verità:

« Veritas: Adaequatio intellectus ad rem.Adaequatio rei ad intellectum. Adaequatiointellectus et rei. » « Verità: Adeguamentodell’intelletto alla cosa. Adeguamento della cosaall’intelletto. Adeguamento dell’intelletto e dellacosa»4.

Tommaso afferma che la conoscenza umanacomincia con i sensi, grazie all’esperienza sensibile(realismo gnoseologico). Il ruolo dei sensi nelprocesso razionale della conoscenza el’osservazione sensoriale della realtà f isica, che cicirconda, come base di verif ica e fondamento dioggettività per intraprendere un pensare certo,apporta alla mistagogia dei Padri una solidadimostrazione f ilosof ica: ciò che i Padri hannopraticato, Tommaso lo ha dimostrato.

In ciò si vede come, sia la liturgia, sia la teologia,sono essenzialmente mistagogiche, nel senso cheambedue partono dal creato visibile, coltoattraverso i sensi, per elevarsi al mistero del Dioinvisibile. La Parola di Dio e i sui gesti salvif ici (iSacramenti) si rivestono della nostra carne percomunicarci in modo vero e certo, anche seinadeguato per la nostra fragilità creaturale, ilpensiero di Dio e la sua azione salvif ica.

Nel contesto del pensiero teologico di SanTommaso, che ha un valore perenne e dalla cuisostanza la Chiesa non potrà più retrocedere, ancheil Concilio Tridentino ha ribadito a riguardo dellaliturgia l’antica e perenne regola della mistagogia.Nel mentre l’eresia tendeva a distruggere il valoredel rito con il complesso dei suoi simboli, ereditatodall’antica Tradizione dei Padri, la Chiesa, nelDecreto sul Sacrif icio della Messa al Cap. V, afferma:

“E perché la natura umana è tale, che nonfacilmente viene tratta alla meditazione delle cosedivine senza piccoli accorgimenti esteriori, perquesta ragione la chiesa, pia madre, ha stabilitoalcuni riti, che cioè, qualche tratto nella messa, siapronunziato a voce bassa, qualche altro a voce piùalta. Ha stabilito, similmente, delle cerimonie, comele benedizioni mistiche; usa i lumi, gli incensi, le vestie molti altri elementi trasmessi dall’insegnamentoe dalla tradizione apostolica, con cui venga messain evidenza la maestà di un sacrif icio così grande, ele menti dei fedeli siano attratte da questi segnivisibili della religione e della pietà, allacontemplazione delle altissime cose, che sononascoste in questo sacrif icio”.

E nel Can. 7° del medesimo capitolo si dice:“Se qualcuno dirà che le cerimonie, le vesti e gli

altri segni esterni, di cui si serve la chiesa cattolicanella celebrazione delle messe, siano piuttostoelementi adatti a favorire l’empietà, chemanifestazioni di pietà, sia anatema”.

Nel clima ammorbato dall’eresia, alla riduzionesoggettiva della dottrina di Cristo, custodita dalMagistero perenne della Chiesa, corrispose laspogliazione soggettiva della ricca tradizioneliturgica della Chiesa: concetti teologici e simboliliturgici sono stati accomunati dalla riduzionesoggettiva propria delle ideologie imperantidell’epoca.

L’arte barocca, nella sua migliore espressione, è lasplendida manifestazione della mistagogia dellaChiesa, che annunzia e celebra il Mistero, salda-mente ancorato e difeso dai dogmi tridentini,mediante la geniale ed esuberante creazione dell’artedi ogni tipo (architettura, scultura, pittura, musica,ecc.) e nello splendore prezioso, complesso emirabile dello svolgimento rituale della liturgia,soprattutto nella forma pontif icale della suacelebrazione.

Si giunge inf ine al Concilio Vaticano II, cheripropone con determinazione la dimensionemistagogica della liturgia con un’espressionequanto mai semplice e geniale: per ritus et preces.

“…la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedelinon assistano come estranei o muti spettatori aquesto mistero di fede, ma che, comprendendolobene nei suoi riti e nelle sue preghiere, partecipinoall’azione sacra consapevolmente, piamente eattivamente..”(SC48 ).

Tale passaggio - per ritus et preces - raccogliel’intera tradizione mistagogica della liturgia dellaChiesa, affermando come i riti operano la nostraredenzione non in modo nebuloso, indef inito esoggettivo, ma entro precise coordinate stabilite daltenore dei riti e delle preci. In tal senso si comprendecome la conoscenza e la retta celebrazione dei riti edelle preci stabilite dalla Chiesa e codif icate nei libriliturgici siano il tramite indispensabile per accedere

6

n. 4 - 2014 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

ai signif icati e ai contenuti soprannaturali deiMisteri divini posti in atto nella celebrazioneliturgica.

Da ciò deriva il carattere oggettivo della liturgiae si comprende l’antico assioma: “Caro salutis estcardo” (San Cipriano).

Ossia la concreta e visibile forma degli oggetti edei gesti corporali unita a precisi termini assuntinelle preci stabilisce il prof ilo oggettivo e nonmanipolabile di un’azione liturgica, checondizione ogni presunta interpretazionesoggettiva dell’azione salvif ica che opera nelsacramento.

Ed é qui che subentra l’intervento dellamistagogia in quanto iniziatrice e interprete deiMisteri nascosti nei santi segni.

La Dei verbum ci offre con una sintesi breve e alcontempo piena la regola per un’eff icace azionemistagogica, quando afferma:

“Questa economia della rivelazione avviene coneventi e parole intimamente connessi tra loro, inmodo che le opere, compiute da Dio nella storiadella salvezza, manifestano e rafforzano la dottrinae le realtà signif icate dalle parole, e le paroleproclamano le opere e illuminano il mistero in essecontenuto” (DV 2).

L’accondiscendenza della mistagogia divina versodi noi è il modello di ogni mistagogo come ancorasi esprime la Dei verbum:

“Con questa rivelazione infatti Dio invisibile peril suo immenso amore parla agli uomini come adamici e si intrattiene con essi, per invitarli eammetterli alla comunione con sé” (DV 2).

Anche il principio della nobile semplicitàenunciato nella Costituzione liturgicaSacrosanctum Concilium mira a quella pulizia everità dei segni, che, unite alla nobiltà della loroqualità ed espressione, offrono alla liturgia isimboli più conformi ad un’azione mistagogicaveramente eff icace per comunicare le realtà sacredei santi misteri:

“I riti splendano per nobile semplicità; sianotrasparenti per il fatto della loro brevità e senzainutili ripetizioni; siano adattati alla capacità dicomprensione dei fedeli né abbiano bisogno,generalmente, di molte spiegazioni “ (SC 34).

Senza il contatto, la sottomissione, la suff icientecomprensione e l’assunzione dei riti e delle preciliturgico-sacramentali il cristiano rischia diincamminarsi dentro un culto personalistico,soggettivo ed illusorio, che f inisce per generaredi conseguenza una ‘fede’ e un comportamento‘morale’ totalmente sciolto dalla conformitàoggettiva col Verbo incarnato, il solo che può daread ogni uomo l’accesso all’unico vero Dio egarantire quel ‘culto in spirito e verità’, cheesercitato quaggiù nell’oscurità della fede, saràperfetto nella gloria immortale della visione eternae beata del Dio Trino ed Unico.

Raffaello Sanzio, Trasfigurazione del Signore, particolare, Pinacoteca Vaticana, 1518-20

7

www.liturgiaculmenetfons.itLITURGIA CULMEN ET FONS - 2014 - n. 4

Considerazioni perl’approfondimentoteologico

Per una retta comprensione della mistagogia, cosìcome fu intesa e applicata nell’antica liturgia e nelleomelie dei Padri e come oggi viene riproposta nellariforma liturgica del Vaticano II sono necessariealcune precisazioni, che mettano in luce la perennepresenza e continuità del metodo mistagogico nellavita della Chiesa, pur con accentuazioni diverse didiversi aspetti, non contrari, ma complementarinelle successive epoche della storia liturgica.

1. Sacramento: segno eff icace dellagrazia.

I sacramenti sono classicamente def initi comesegni eff icaci (produttivi) della grazia. Taledef inizione è perfetta e certamente ha una validitàperenne. Tuttavia vi possono essere delleaccentuazioni diverse su questi due aspettifondamentali: il segno e l’eff icacia. Prima delConcilio Vaticano II la teologia dava grandeimportanza agli effetti ontologici che la grazia deisacramenti operava nei fedeli, ossia erapredominante l’attenzione sull’eff icacia sopran-naturale del sacramento. In tal senso furono fattigrandi progressi teologici e si sono raggiunteimportanti tappe nello sviluppo del dogma. Ladeterminazione di materia, forma e ministro è unaconquista ormai imprescindibile nella teologiasacramentaria. Questa attenzione poteva in certimomenti oscurare la rif lessione e la dovutaconsiderazione del valore del segno visibile e dellesue connessioni con la dimensione naturale,antropologica e biblica. Il movimento liturgicoprima e poi il Vaticano II nel complesso dei suoidocumenti, ma in particolare nella Lumen gentiume nella Sacrosanctum Concilium ha volutoopportunamente ricuperare e riproporre la visioneteologica dell’epoca dei Padri, che senza nullatogliere all’impostazione metaf isica della teologiatomista e medioevale - tesoro ormai acquisito eirrinunciabile - ha allargato l’orizzonte alla grandeopera mistagogica operata dai Padri della Chiesa,che pure non può essere ritenuta di importanzaminore o un metodo sostanzialmente superato. Edecco che al valore indiscusso dell’eff icacia siaggiunge quello del segno che porta ad unaimpostazione dell’omelia e della catechesi sulcriterio mistagogico: dalla contemplazione delsegno visibile al suo signif icato antropologico-biblico alla sua eff icacia ontologica soprannaturaleper la salvezza dei credenti. Tutti gli aspetti sono

quindi composti in equilibrio e l’antica eredità deiPadri risplende in perfetta composizione edintegrazione con quella della impostazionemetaf isica della teologia scolastica.

2. Il segno sacramentale in ambitobiblico e naturalistico.

Secondo la perenne tradizione mistagogicaereditata dagli Apostoli e successivamente daiPadri l’ambito per cogliere il valore e il signif icatomistico degli eventi della salvezza e dei segnisacramentali, che li attualizzano, è innanzituttoquello biblico. E’ nelle vicende e nelle grandi f iguredell’intera storia della salvezza, come è testif icatanella Sacra Scrittura e nella Tradizione, che laChiesa può comprendere pienamente e in modocorretto il recondito signif icato dei santi Misteri.L’ambito antropologico, naturale e in particolareellenistico non costituisce la fonte primaria dellascuola mistagocica dei Padri. Vi sono certo deiriferimenti, ma l’universo prevalente delle fontipatristiche percorre con una vasta conoscenza etalvolta con un’attenzione che sconf inanell’allegorismo ogni vicenda biblica per ritrovarvidei riferimenti mistici alla catechesi e allaformazione spirituale dei fedeli. E’ a questa visionepatristica che si rapporta con determinazione lariforma liturgica del Vaticano II, nonostante chenella odierna cultura dominante vi sia una spiccatasensibilità psicologica e antropologica. In questaimponente e capillare visione antropocentrica èfacile scivolare in un nuovo abbandono dellavicenda biblica come percorso oggettivo rivelatoda Dio per assecondare ed inoltrarsi nel piùimmediato clima culturale attuale, dominato dalnaturalismo, dallo storicismo e dall’antropo-centrismo. E’ del resto del tutto evidente che sia ilSignore che si rivela, sia la Chiesa che ne interpretai simboli e gli eventi assunti nella divina rivelazione,fanno necessario riferimento a quella strutturanaturale di ogni realtà visibile, che è stata impressain ogni creatura f in dall’origine della creazione.In tal senso i ‘segni’ della natura e i ‘santi segni’della grazia sono orientati gli uni agli altri per lalibera condiscendenza divina e trovano in unindissolubile rapporto di reciprocità la loro miglioreinterpretazione. Se la rif lessione sistematica(teologia fondamentale) sul mistero della salvezzanon potrà mai in alcun modo essere esclusa, ridottao emarginata per assicurare il necessario rapportof ides et ratio, non potrà tuttavia essere evitato osottovalutato il costante radicamento oggettivonell’evento biblico della Rivelazione positiva, cosìcome si è espressa nei suoi simboli, f igure e vicendestoriche. Occorre certo evitare il biblicismo, ma alcontempo anche il razionalismo di una teologiaavulsa dal modo concreto (con eventi e parole DV2)col quale l’unico vero Dio ha voluto manifestarsiagli uomini. Questo indispensabile equilibrio èegregiamente assicurato appunto dalla mistagogia,

8

n. 4 - 2014 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

sia nell’ambito del culto, attuandolo nel modooggettivamente stabilito da Dio (liturgia), sianell’ambito dell’ approccio razionale alla verità,tutelando le regole di una retta conoscenza, cheparta dal dato oggettivo delle realtà create(gnoseologia realista).

3. L’ecclesiologia sacramentale dellaChiesa antica e della Chiesa disempre.

La comunità cristiana dell’antichità era impostatasulla celebrazione dei Sacramenti, che pref iguratinelle profezie, negli eventi e nei personaggidell’Antico Testamento, erano offerti al popolo diDio come la realizzazione, qui ed ora, del Misterosalvif ico che quegli antichi presagi annunziavanoe che in Cristo avevano il loro compimento. Legrandi e meravigliose opere di Dio si attuavano nellavita sacramentale della Chiesa, che in tal modopoteva comprendere nella luce del Vangelo ciò cheera oscuro e ancora indecifrabile nell’ombra dellaprofezia. Gli eventi di grazia che ebbero una loropref igurazione storica nelle vicende bibliche sirealizzano sotto i segni sacramentali nell’oggi dellavita della Chiesa. Nel pellegrinaggio terreno tuttaviai santi misteri rimangono ancora velati dai simbolivisibili, ma la realtà è già presente ed operante,anche se si dovrà attendere lo svelamentonell’ultimo stadio della scena salvif ica, l’escatologia,che renderà ogni profezia e ogni simbolo piena-mente intelligibile nella contemplazione beata delmistero ricevuto nellafede. Tale ecclesiologiasacramentale subirà neisecoli successivi una certariduzione giuridica rag-giungendo in alcuni secoliquasi un primato del di-ritto sul sacramento. Tut-tavia la vita sacramentaledella Chiesa ha sempremantenuto il suo segretof lusso per l’erogazionedella grazia nei fedeli, edha prodotto in ogni tempoimmensi frutti di santità.Con la riscoperta e l’assun-zione più esplicita dell’an-tica mistagogia liturgicanei documenti conciliari,preparati dal lungo elaborioso iter del movi-mento liturgico, è statapossibile una esposizionepiù attenta dell’ecclesiolo-gia sacramentale, senzaalcuna riduzione del purnecessario aspetto giu-ridico. Il Battesimo e la

Confermazione come fonti del triplice aspetto delcarattere, profetico sacerdotale e regale impresso inogni cristiano, e l’Ordine sacro come unica fontedel triplice munus: docendi, santif icandi etgubernandi infuso nel carattere indelebile deiministri sacri, fonda l’essere stesso della Chiesa inquanto tale e di ciascun suo membro, come anchel’intera azione pastorale della Chiesa è mossadall’energia di grazia che scaturisce dal sacramento.E’ questa l’impostazione dell’ecclesiologia sacra-mentale contenuta nella costituzione dogmaticaLumen gentium del Concilio Vaticano II, secondola quale il primato logico, storico e pastorale delsacramento costituisce il fondamento della salvezzaattinta e mediata dalla Chiesa.1 Il termine deriva dal greco e proviene dalla letteratura ellenicaantica. Significa portare, guidare qualcuno a considerare le realtàsacre, introdurre nelle cose nascoste cioè nei misteri. Lamistagogia è dunque l’azione di colui che conduce un altro, loinizia ai misteri, lo introduce nella comprensione piena dei santimisteri della fede al termine del catecumenato e dopo averricevuto i tre sacramenti di iniziazione: battesimo, confermazione,eucaristia.2 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE,Donum Veritatis, n. 10: “Contrariamente alle affermazioni dimolte correnti filosofiche, ma conformemente ad un retto mododi pensare che trova conferma nella Scrittura, si devericonoscere la capacità della ragione umana di raggiungere laverità, così come la sua capacità metafisica di conoscere Dio apartire dal creato”.3 San Leone Magno, Sermo 74, 2: CCL 138A, 457 (PL 54, 398).4 L’espressione indica che la verità consiste nella

corrispondenza, nell’accordo,tra la realtà e la sua rappresen-tazione linguistica e concet-tuale. Questa concezione siritrova ampiamente nella filo-sofia medioevale e special-mente in Tommaso d’Aquino.Tommaso, che riteneva laconoscenza acquisibile soloattraverso la sensibilità, rifiutala visione della conoscenza diAgostino, che pensava chequesta avvenisse tramitel’illuminazione divina. Laconoscenza degli universaliperò appartiene solo alleintelligenze angeliche; noi,invece, conosciamo gli uni-versali post-rem, ossia liricaviamo dalla realtà sensibile.Soltanto Dio conosce ante -rem. La conoscenza è, quindi,un processo di adeguamentodell’anima o dell’intelletto edella cosa.

Raffaello Sanzio, Cristobenedicente, 1506.

9

www.liturgiaculmenetfons.itLITURGIA CULMEN ET FONS - 2014 - n. 4

Le domande del lettorea cura della Redazione

Si nota una crescente richiesta da parte dei fedelidi conoscere il signif icato dei ‘santi segni’ per poterlivivere con più frutto nella celebrazione liturgica.Abbiamo ritenuto quindi opportuno il ricorso ad unautore classico della mistagogia, che con brevità esemplicità di linguaggio ha saputo introdurre(mistagogia) i semplici e i colti nel signif icatospirituale dei simboli liturgici. Presentando alcunepagine del libro di Romano Guardini “I santi segni” 1

intendiamo rispondere ad alcuni tra i tantiinterrogativi posti in diverse occasioni e modalità dainostri buoni cristiani e fedeli lettori.

1. Qual é il senso di questa avvertenza diGuardini sui gesti corporali: “procura chel’intimo tuo spirito coincida davvero con (…)[un] atteggiamento esteriore!”.

Il formalismo si configura nella separazione tra unatto esteriore e i sentimenti interiori corrispondenti,l’autenticità invece si realizza quando all’atto esteriorecorrisponde in modo coerente il sentimento interiore.Al contempo vi è un reciproco influsso i gesti corporeistimolano e irrobustiscono i sentimenti interiorimentre i sentimenti interni rivestono di calore etonif icano gli stessi gesti esterni del corpo. Vi è quindiun beneficio reciproco e una circolarità che non puòmai interrompersi. Senza questo servizio reciprocodei due interventi si cade o nel formalismo onell’intimismo. La liturgia invece richiede la lorocompresenza che sola crea l’autenticità. Guardinidescrive bene il rapporto interiorità ed esteriorità nelgesto liturgico quando afferma: “Quando pieghi ilginocchio, non farlo né f rettolosamente nésbadatamente. Dà all’atto tuo un’anima! Ma l’animadel tuo inginocchiarti sia che anche interiormente ilcuore si pieghi davanti a Dio in profonda reverenza.Quando entri in chiesa o ne esci, oppure passi davantiall’altare, piega il tuo ginocchio profondamente,lentamente… Ciò infatti è umiltà ed è verità e ognivolta farà bene all’anima tua” (p. 132).

2. Qual é il contenuto simbolico dell’inginoc-chiarsi?

Guardini non fa’ che richiamare un’esperienzaintuitiva e psicologica, secondo la quale l’inginoc-chiarsi e la sua forma più estrema il prostrarsi a terra,come anche quella iniziale del’inchino di capo e dicorpo, produce un senso di sottomissione, diobbedienza, di consegna di sé, di riconoscimento dieccellenza e di stupore di chi ci sta davanti, dicontemplazione, di riconoscenza, di adorazione eanche di penitenza e richiesta di perdono connessoal senso del peccato. “Cosa fa una persona quando

s’inorgoglisce? Si drizza, alza il capo, irrigidisce lespalle e l’intera f igura…Quando uno invece è dinobile sentimento e si sente piccolo, china il capo,la sua persona si rattrappisce: egli si abbassa” (p.131). Attualmente la rif lessione di Guardini suquesto santo segno non ha molto interesse, anzisembra si voglia dichiarare l’inginocchiarsi unatteggiamento non solo superato, ma anchescorretto. Infatti, un’insistenza indebita sullo stareeretti in piedi, come segno della dignità dei risorti,ha portato non a ridimensionare in modoequilibrato l’inginocchiarsi, ma ad eliminarlo,quando addirittura a screditarlo. L’assenza dell’inginocchiatoio in certe chiese nuove ne è latraduzione pratica. Il papa Benedetto XVI nel suolibro Introduzione allo spirito della liturgia ,certamente educato dal Guardini, ha ribadito lanecessità del gesto e soprattutto quanto questo siaradicato, non solo nella religiosità naturale, maanche nella Bibbia e negli esempi inconfutabili diCristo Gesù, degli Apostoli e della più anticaTradizione liturgica.

3. Perché sono importanti i gradini in unachiesa?

Guardini ricorda la presenza dei gradini in trepunti nodali dello spazio sacro: i gradini del portaledi ingresso alla chiesa, i gradini di accesso alpresbiterio e i gradini di salita all’altare. Vi è quindiuna graduale ascensione verso l’alto dell’interapersona: il corpo, le braccia e lo sguardo. Per unaintuizione naturale e universale l’alto è il luogodove abita Dio e dal quale giunge a noi la sua vocee la sua salvezza. I gradini quindi sono una strutturaf isica e visibile, che spinge lo spirito, mediantel’ascensione corporale, verso le altezze dellapreghiera e dell’offerta del sacrif icio. “Quandosaliamo i gradini, non sale soltanto il piede, bensìanche tutto l’essere nostro. Anche spiritualmentenoi saliamo. E se lo facciamo consapevolmente,presentiamo di ascendere a quell’altezza dove tuttoè grande e compiuto; cioè al cielo dove abita Dio”(p. 144). Si tratta di vedere se nel contesto ecclesialeodierno vi sia ancora il ‘santo segno’ dell’ascenderee se sia ancora possibile realizzarlo mediante igradini rituali. Sembra che, in nome di unacreatività totalmente dissociata dalla tradizioneliturgica, né alla chiesa si acceda con gradinate,né al presbiterio e ancor meno all’altare. Siamo oggiad un totale livellamento giustif icato da teologie atendenza orizzontale-antropocentrica e anche innome di favorire le categorie diversamente abili.La questione deve essere ripensata.

4. C’è un rapporto tra il segno della Croce conl’acqua benedetta ed il Battesimo.

Soltanto la posizione e la forma del recipientedell’acqua benedetta (pile dell’acqua benedetta oacquasantiere) ricordano il Battesimo. Infatti, lapila dell’acqua benedetta sta all’ingresso della

10

n.4 - 2014 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

chiesa come il battistero e, ad immagine delbattistero, è una conca marmorea simile alla vascabattesimale. Identica è quindi anche la funzionesimbolica: come col battesimo si entra nella Chiesadi pietre vive, così ogni volta che si entra in chiesaci si ricorda del dono del battesimo e lo si riconoscecome la tessera di ingresso nel popolo di Dio.Attingendo l’acqua nella conca marmorea si intendequasi rinnovare quella vita di grazia che nel fontebattesimale abbiamo ricevuto. Il ricordo non èsoltanto psicologico, ma ha una valenza sacra-mentale in quanto per intercessione della Chiesa lagrazia battesimale viene come vivif icata e potenziata.L’Autore porta all ’evidenza un aspetto, chenell’odierna mentalità, sembra essere scomparso,ossia l’inf lusso demoniaco sulla natura e laconvenienza delle benedizioni come strumentisoprannaturali per la rigenerazione del creato. Eccole considerazioni di Guardini: “Nella natura, in tuttala sua ricchezza e bellezza, vi è anche il male, ildemoniaco. La città intontitrice delle anime ha resol’uomo ottuso al punto ch’egli spesso non ha più sensoper questo. La Chiesa però non lo ignora e purif ical’acqua da ogni elemento contrario a Dio, la consacrae prega Dio che la renda strumento della Sua grazia”(p. 156).5. Cosa a che vedere simbolicamente la fiammaaccesa con la vita spirituale del cristiano?La f iamma è l’immagine viva della vita che pulsapiena di calore e movimento. Lì dove arde il fuocosi crea un senso di presenza, la luce porta sorriso eserenità e il calore crea benessere e pace “Sì, il fuocoha parentela con i viventi: è il simbolo più puro dellanostra anima, è fervida vita” (p. 159). Essa simbo-leggia quell’irresistibile anelito verso l’alto, comespinta insita in noi e sempre in attrito con ognitentativo di spegnimento “Quando vediamo laf iamma senza posa lingueggiare, sensibile ad ognicorrente d’aria, ma tenace nel mantenere la suadirezione verso l’alto…noi sentiamo una profondaparentela con quell’elemento che in noi pure ardesenza interruzione ed è luce e tende all’alto,nonostante venga respinto in basso tutt’attorno dallepotenze avverse?” (p. 160). Ma è la perennità dellalampada che arde presso il tabernacolo che colpisceil Guardini e vi vede una singolare rappresentazionedella nostra anima credente, che dovrebbe sostarecon generosità davanti al Signore vivo e vero nelsacramento. La sua immagine suscita queisentimenti di fedeltà, amore, adorazione e umiltàche trapelano dalla lampada perenne. “La lampadalà, nella lampada eterna – non ci hai ancora pensato?– Sei tu! Essa signif ica l’anima tua” (p. 160).L’interpretazione spirituale del ‘santo segno’ èevidente. Si tratta però di verif icare se tale segnosia vero e nobile presso i nostri tabernacoli. Una luceelettrica, senza vita, non reca più i segni dell’auten-ticità e la forza simbolica della f iamma viva con queimolteplici effetti, che l’Autore sa genialmentedescrivere. Così, una lampada lontana daltabernacolo, senza un evidente rapporto con esso,

non afferma più il ruolo di prossimità, che l’animaadorante e vigile deve poter realizzare in unaintimità eucaristica profonda. Così dove la lampadafosse solo formale in un ambiente freddo, senzacura, gusto e calore non potrebbe che trasmetterela trascuratezza di quella comunità verso il grandeMistero della presenza sacramentale.6. Cosa dice Guardini sull’”offrire” a propositodell’altare e della patena?L’altare esprime l’offerta da se stesso nel suo stessoessere. Guardini afferma: “La forza più profondadell’anima è la sua capacità di offerta…di questonucleo più intimo…l’altare di pietra è il segno visibile”(p. 175). Per questo l’altare sta in alto e ad esso siaccede salendo i gradini, che rendono visibile ilmoto saliente dell’anima, che sale nella consegnadi sé alla Maestà Divina. L’altare rimanda aquell’offerta interiore, che l’uomo esprime nella suaanima, quando di fronte allo stupore delle creatureeleva le mani come una patena per offrire alCreatore in rendimento di grazie l’intero universocreato: “Per lui dev’essere come se dalla patena, chele sue mani sostengono, tutto salga terso e santoverso l’alto” (p.183). Questa offerta di culto naturaledell’uo-mo in quanto tale raggiunge la sua pienezzanel Sacrif icio sacramentale dell’altare nel quale lapatena assume un ruolo simbolico di prim’ordine:“Questa altitudine s’eleva sempre, e sempre siprotende la mano divina, e sempre sale il dono,quando il sacerdote – non l’uomo, ché, la persona, èinvero strumento insignif icante – è all’altare e levain alto, aperte le palme, la patena su cui è dispostoil bianco pane” (p.184). La riflessione dell’Autore èoggi di urgente anzi è del tutto necessaria per nonperdere nei confronti dell’altare la sua dimensionecostitutiva, che è quella dell’ara del Sacrif icio. Nonassistiamo forse ad una indebita riduzione dell’araalla semplice mensa? Non è forse in atto una seriacrisi della dimensione sacrif icale dell’Eucaristia?Guardini in tal senso non ha alcun cedimento, maribadisce con sicurezza quell’equilibrio della fede,che è conforme alla retta fede cattolica.7. Quali sono le direzioni dello spaziocelebrativo e l’origine simbolica di ognuna diesse?Guardini esprime le tre dimensioni dello spazio conqueste parole: “Lo spazio naturale ha delle direzioni:le tre che conosciamo. Esse indicano c’è spazioordinato, non caos. Ordine del contiguo, del sovrap-posto, del sottoposto” (p. 189).L’autore con brevi accenni raccoglie l’intero universosimbolico di tutta la tradizione religiosadell’umanità e in particolare quella della liturgiadella Chiesa. Ed ecco le tre direzioni liturgiche cheorientano l’intera ritualità:- l’edif icio della chiesa è orientato da occidente aoriente. Essa guarda a Oriente per scorgere la venutaescatologica del Signore, ma anche per ricevere lucee calore da Colui che risorto e glorioso ormai

11

www.liturgiaculmenetfons.itLITURGIA CULMEN ET FONS - 2014 - n. 4

riempie il tempo e adombra il pellegrinaggio terrenodel suo popolo.- Il santo Vangelo è proclamato dal diaconoguardando a nord, la direzione del freddo. La parolaevangelica parte dal calore del sud e mira a riscaldarecon il fuoco della verità il gelido clima di quelle partidel mondo che gemono nei rigori del peccato e dellamorte. La direzione sud-nord è quella che ispira laposizione del vangelo sul corno sinistro dell’altaredove è annunziato guardando la parete nord dellachiesa.- Inf ine la direzione dall’alto al basso e viceversa. Sitratta dell’offerta che il sacerdote eleva in alto dovesta la divina maestà, oppure della benedizione chesi abbassa per donare la grazie che scende dal tronodi Dio. Sacrif icio e sacramento stabiliscono l’anelitoverso le altezze e la discesa della misericordiaredentrice che ha nel sacramento la sua applicazionepersonale ad ogni fedele.Qual è oggi la considerazione degli spazi liturgici?Si distingue adeguatamente l’atrio per i catecumenicol battistero posto all’ingresso, la navata come luogodell’assemblea dei fedeli, il presbiterio riservato aiministri ordinati? Oppure tutto è scomparsonell’indef inito, in nome una libertà creativa, privaormai di ogni referente tradizionale e teologico?8. Perché mai il nome di Dio è anche un ‘santosegno’?Il nome di Dio è un segno santo perché rivela econtiene l’essere di Dio la sua identità profonda.Infatti quando Dio rivela a Mosè il suo nome dice:Ego sum qui sum. Il nome, possiamo dire, è tuttoun programma. Qui c’è Dio con la sua identitàpersonale: l’essere in se stesso e nella assolutezza disé, senza limiti e necessità, perfezione assoluta edeterna. Anche il nome dell’uomo, fatto ad immaginedi Dio, ne rivela la sua persona e le profondità delsuo essere, dal quale scaturisce il suo stesso progettodi vita. Così l’uomo è invitato da Dio a individuare,mediante l’assegnazione del nome, l’identità propriadi ogni altra creatura a lui aff idata. Vi è quindi nelnome la corrispondenza tra l’essere della cosa e lasua conoscenza nella mente di chi la nomina, Laparola quindi non è un suono casuale e funzionale.Ma un segno santo rivelativo delle profonditàdell’essere e della tipicità di ogni essere. Così l’uomoconosceva in senso proprio ogni cosa nel paradisoterrestre. Il peccato ho oscurato la mente eottenebrato l’intuizione profonda dell’uomodecaduto e la parola è diventata fragile come la lucef ioca della mente ferita. Su questo percorso post-lapsario l’uomo ha gradualmente perduto laprofondità dell’essere e si è fermato superf icialmenteal suono esteriore della parola, che non rivela più ilmistero della persona o della cosa, ma indicanumericamente la quantità delle cose, come unoscambio commerciale di monete. Il nome non evocapiù il rispetto e non protegge più l’identità spiritualedel suo essere, ma lo marchia per un uso materiale a

servizio di una mera organizzazione sociale e unaignobile produzione economica. Afferma ilGuardini; “La parola nome non stringe ormai piùper lui, in un’unità vivente, l’essenza della cosaall’essenza dell’uomo…La parola rimane confusa,enigmatica, egli sente dolorosamente che il paradisoè perduto” (p.200). La rivelazione del Nome sul Sinai,l’imposizione del santo Nome a Gesù e il nostronome, datoci nel battesimo, indicano quelcammino a ritroso, che intende restaurare il sensosacro e vero del nome di Dio e anche del nomedell ’uomo, immagine di Dio. L’invocazionecomandata dal Signore: Sia santif icato il tuo nome,vuole impostare la preghiera dei suoi discepoli edell’intera umanità verso il ritorno a quel paradisoperduto, dove il Nome di Dio, quello dell’uomo edi ogni cosa aveva lo splendore della verità e l’onoredella dignità. Tale restauro ha in Cristo ha laprimizia e nella Chiesa il suo germe e inizio.Con quale serietà si pronunzia il nome di Dio e siesercita il culto a Lui dovuto? E con quale coscienzae scienza si impone il nome di battesimo ai f igli diDio?9. Cambiamento o approfondimento dei ‘santisegni’?Nella Premessa ai Santi segni Guardini dichiara conprecisione il suo intento. Non si tratta di cambiarei santi segni, di sostituirli, di ricrearli, di inventarnedi nuovi. Infatti questi segni sono talmenteuniversali e intuitivi, che rimangono perenni nelloro valore e insostituibili nella loro espressioneformale. Si tratta invece di comprenderne ilsignif icato e scendere in profondità per coglierneil contenuto intrinseco, naturale e spirituale. Nontanto una creatività del nuovo, ma una riscopertadell’esistente. Egli afferma: “Qui dobbiamo iniziareil rinnovamento. Non distruggere l’ ‘invecchiato’ etrovare il ‘nuovo’. Le grandi parole e le grandi formedella Chiesa scaturiscono dalle profondità essenziali.Cosa mai deve essere qui mutato? Puoi forsemodif icare la struttura della ruota o quella delmartello?Esse sono corrispondenti all’essenza;appena sono viste, sono anche foggiate, erimangono…Molte delle parole e delle forme dellaChiesa sono di questo genere. Ci è possibile peròun’altra cosa: ‘ridar loro il proprio senso’. Cioè:vedere la realtà che dietro di esse giace. Rivivere ciòche si pronunzia. Allora le forme si svolgerannodall’interiore pienezza. Questo libretto vorrebbeesser di sussidio a tale scopo” (p. 122).

RADIO MARIAGLI INSEGNAMENTI DELCONCILIO VATICANO II

secondo lunedì del mese ore 21,00a cura di done Enrico Finotti

12

Conclusione

Certamente il movimento liturgico crescente e viavia sempre più diffuso ha coinvolto Guardini nelconsiderare la liturgia e la sua riscoperta teologicainsieme alla sua migliore attuazione rituale e pratica.

Credo che il giudizio espresso dal benedettinoCipriano Vagaggini nell’assistere alle discussioniconciliari riguardanti la riforma liturgica sia statocondiviso ante litteram dal Guardini. Egli intuisce ilruolo-guida che la liturgia avrebbe dovuto averesempre più, ma non tanto nel mutamento delle formerituali, quanto piuttosto per esigenze interiori allamigliore teologia, che doveva imboccare la stradadella mistagogia dei Padri. Una dogmatica, che avevala sua base non solo nei principi metaf isici, néesclusivamente negli eventi della Rivelazione positivabiblica, ma anche in quella realizzazione oggettiva esacramentale dei mirabilia Dei che la Chiesa dasempre attua nella sua liturgia. In tal senso leconquiste della migliore Scolastica e la genialità di S.Tommaso D’Aquino, senza deflettere in alcuna lorosostanziale acquisizione, si arricchiva della teologiamistagogica dei Padri, che a loro volta saldavano ilpensiero e la prassi liturgica dei secoli con l’ereditàapostolica e biblica. Tutto questo fa’ in modo che negliscritti del Guardini non venga mai meno la saldezzae il rigore della dogmatica perenne e classica, nelmentre si accede con singolare competenza e sensodella tradizione alla modalità sacramentale-mistagogica dei Padri. Questo è stato l’intento, ilprogetto e la realizzazione sottesi all’ecclesiologia

n.4 - 2014 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

Coloro che attivanol’abbonamento aLITURGIA ‘CULMEN ET FONS’per l’anno 2015con un importo pari o superiorea 23,00 euroricevono in omaggioil testo di don Enrico FinottiLA LITURGIA ROMANANELLA SUA CONTINUITA’(Editrice Sugarco - pagine 352)Si prega di scrivere l’indirizzoin stampatello.

sacramentale della Costituzione dogmaticaLumen gentium. E’ evidente che due opere qualiLo spirito della liturgia e I santi segni uniscanoin modo mirabile la teologia e la ritualità in unacontinua circolarità in cui nel mentre siargomenta teologicamente si rimanda alle leggie ai simboli del rito e nel mentre si spiegano i‘santi segni’ si esige un continuo interiore etrasversale rimando alla teologia. Questo mi pareil genio del Guardini e la sua consonanza con lescelte del Concilio Vaticano II.

Ecco una considerazione che ha potuto farecon soddisfazione ogni liturgista che ha avuto lafortuna di assistere alle discussioni conciliari inquesta materia: la visuale liturgica è ormai unaforza travolgente nella Chiesa e tuttacompenetrata con il movimento pastorale,missionario, spirituale, ecumenico, teologico: igrandi movimenti, che animano in questomomento il mistico Corpo di Cristo. Per coloroche hanno f in qui considerato la liturgia e ilmovimento liturgico come cose molto marginalinella vita della Chiesa, l’assistenza a quellediscussioni avrà avuto valore di ‘rivelazione’2.

1 GUARDINI, R., Lo spirito della liturgia – I santi segni,11° edizione, Morcelliana, 20072 VAGAGGINI, C., “I principi generali della riformaliturgica” in L’Osservatore Romano, 8 dicembre 1962.

13

La verità della fede,presente e operantenella tradizioneliturgica della Chiesae nelle sue necessarieriforme (II parte)

mons. Antonio Livi

Centralità del culto eucaristico nellavita cristiana

Nel magistero e nell’azione pastorale del cardialeSiri si ritrovano, in straordinaria sintonia con quelloche sarebbe stato il magistero pontif icio di JosephRatzinger, i motivi teologici che suggeriscono, anziimpongono, la centralità del culto eucaristico nellavita liturgica della Chiesa. Quando Siri esortava isuoi sacerdoti e tutti i fedeli a dare a Dio il cultodovuto, si vedeva come gli stesse a cuoresoprattutto l’Eucaristia, che egli voleva fossecreduta, compresa e vissuta come il vero centrodella vita cristiana. Egli per primo si sforzava dicredere, di comprendere e di vivere l’Eucaristiacome il vero centro della sua esistenza di cristiano,di sacerdote e di vescovo. Leggendo ancora oggi isuoi scritti si avverte distintamente come ogni suaconsiderazione sul culto divino (non importa se dicarattere teologico o giuridico o devozionale) siaispirata da una profonda convinzione di fede, quelladella presenza reale di Gesù Cristo, nostro Salvatore,nel sa-cramento dell’Altare. Si tratta di una profondaconvinzione di fede che – riteneva Siri – genera inogni anima cristiana un amore che non può nonesprimersi nell’attitudine all’adorazione ininterrotta,nell’ansia apostolica di coinvolgere tutti, sapendodi trovarsi in un contesto ecclesiale di rapidicambiamenti e di drammatici sconvolgimenti. E iodebbo rilevare, con intima commozione, che intutte le sue opere teologiche e spirituali GiuseppeSiri, prima ancora che come un Pastore, parla comeun semplice cristiano davvero credente, parla exabundantia cordis. Incoraggiava tutti – sacerdoti,religiosi, laici, persino bambini – a fare dell’Eucari-stia il centro della propria vita, partecipando con lamassima consapevolezza possibile al SantoSacrif icio della Messa e recandosi a visitare GesùSacramentato nel Tabernacolo per ringraziarlo e per

adorarlo: ma questo perché l’Eucaristia erainnanzitutto il centro della sua propria vitaspirituale. La catechesi, le esortazioni, le direttivepastorali, le norme giuridiche e disciplinari che horaccolto in questo volume rif lettono la fedepersonale del Cardinale, la sua pietà sincera, lalunga esperienza di vita pastorale alla guida dellasua Diocesi: è da qui che nasceva il suo impegnoper far sì che l’Eucaristia fosse anche al centro dellavita cristiana della comunità e di ogni singolapersona (tra i sacerdoti, i religiosi e i laici) verso laquale egli avesse una responsabilità pastorale.

Nel sottotitolo del libro nel quale ho raccolto gliscritti del cardinale Siri sulla liturgia (Istruzionidottrinali e norme pastorali dell’Arcivescovo diGenova sul culto eucaristico e sulla riforma liturgicapromossa dal Vaticano II) ho voluto mettere inevidenza il tema del culto eucaristico. L’ho fattoinnanzitutto per un motivo oggettivo, in quanto ciòrif lette quella che indubbiamente era l’intentioprofundior dell’autore di questi scritti. Ma ho sceltoquesto sottotitolo anche per un altro motivo, questavolta soggettivo, ed è il fatto che quando io ebbimodo di conoscere personalmente a Genova ilcardinal Siri, avendo così l’opportunità di apprezzarequanto fosse sincera e forte la sua pietà eucaristicae come fosse eff icace la sua pastorale nella vitacristiana dei sacerdoti della diocesi e delle famigliegenovesi, nello stesso periodo frequentavo a Romaanche un santo sacerdote e maestro di spiritualità,Josemaria Escrivà, il quale chiedeva anch’egli a tuttii cristiani una fede viva nella presenza reale di Cristonell’Eucaristia, f ino a mettere il santo Sacrif iciodella Messa al centro della vita spirituale diciascuno. Ecco una delle sue più tipiche rac-comandazioni:

«Lotta per far sì che il Santo Sacrif icio dell’Altaresia il centro e la radice della tua vita interiore, inmodo che tutta la giornata si trasformi in un attodi culto – prolungamento della Messa che haiascoltato e preparazione alla successiva –, chetrabocca in giaculatorie, nelle visite al Santissimo,nell’offerta del tuo lavoro professionale e della tuavita famigliare» (7).

Non a caso i due pastori, l’arcivescovo di Genova eil fondatore dell’Opus Dei, che si conoscevano benee si erano incontrati spesso a Roma negli anni incui si svolgeva il Concilio Vaticano II, avevano ilmedesimo criterio teologico-spirituale sull’Eucari-stia, sulla Santa Messa, sul culto eucaristico al difuori della Messa, sullo spirito della liturgia e suldecoro del culto. Nulla di eccezionale, natural-mente, visto che la spiritualità cattolica di tutto ilNovecento, gli studi teologici e gli insegnamentidel magistero ecclesiastico convergono nel dare ilmedesimo, eminente rilievo all’Eucaristia per la vitateologale dei singoli fedeli, sia sacerdoti che laici, eper la vita della Chiesa come comunità di fede nelvincolo d’amore della Trinità. Per documentare ciò

www.liturgiaculmenetfons.itLITURGIA CULMEN ET FONS - 2014 - n. 4

14

n.4- 2014 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

è suff iciente ricordare tutta una serie di preziosiapprofondimenti teologici che vanno dal celebresaggio di Romano Guardini Von der Geist derLiturgie (1918) alla più sistematica trattazionerealizzata da Joseph Ratzinger con la Einführungin den Geist der Liturgie (2000), che fu subitotradotta in italiano e pubblicata nel 2001 con il titolodi Introduzione allo spirito della liturgia (8) e inf ineriedita con il titolo di Teologia della liturgia, comeprimo volume delle Opere complete curate dallaLibreria Editrice Vaticana. Per quanto riguarda poigli insegnamenti del magistero ecclesiastico,proprio la centralità dell’Eucaristia nella vitacristiana è stata solennemente proclamata, ancorauna volta, nei documenti del Vaticano II, dove sitrova espressa, per i sacerdoti, con la formuladell’Eucaristia come centro e radice della vitaspirituale e del ministero di ciascuno di essi:

«Non è possibile che si formi una comunitàcristiana se non avendo come radice e comecardine la celebrazione della sacra eucaristia,dalla quale deve quindi prendere le mossequalsiasi educazione tendente a formare lospirito di comunità. E la celebrazione eucaristica,a sua volta, per essere piena e sincera devespingere sia alle diverse opere di carità e alreciproco aiuto, sia all’azione missionaria e allevarie forme di testimonianza cristiana» (9).

Questo è il motivo per cui il decreto conciliarericorda ai sacerdoti il dovere di considerare sempreil santo sacrif icio della Messa come centro effettivodella loro vita spirituale e del loro ministero in senoalla comunità ecclesiale:

«Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeriecclesiastici e le opere d’apostolato, sonostrettamente uniti alla sacra eucaristia e ad essasono ordinati. Infatti, nella santissima eucaristiaè racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa,cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivoche, mediante la sua carne vivif icata dallo SpiritoSanto e vivif icante, dà vita agli uomini i qualisono in tal modo invitati e indotti a offrireassieme a lui se stessi, le proprie fatiche e tuttele cose create. Per questo l’eucaristia si presentacome fonte e culmine di tutta l’evangelizza-zione, cosicché i catecumeni sono introdotti apoco a poco alla partecipazione dell’eucaristia, ei fedeli, già segnati dal sacro battesimo e dallaconfermazione, sono pienamente inseriti nelcorpo di Cristo per mezzo dell’eucaristia. Lasinassi eucaristica è dunque il centro dellacomunità dei fedeli presieduta dal presbitero.Pertanto, i presbiteri insegnano ai fedeli a offrirela divina vittima a Dio Padre nel sacrif icio dellamessa, e a fare, in unione con questa vittima,l’offerta della propria vita» (10).

Dottrina conciliare che va oltre la mera intenzione“pastorale” e convalida quanto il magistero ordinario

degli ultimi Pontef ici aveva già proposto e avrebbecontinuato a proporre in chiave dogmatica,partendo dall’enciclica Mysterium f idei, di PaoloVI (3 settembre 1965) per arrivare all’enciclicaEcclesia de Eucharistia, di Giovanni Paolo II (17aprile 2003). Resta il fatto che la dottrina teologica(dogmatica, morale e spirituale) e lo zelo pastoraleche animano gli scritti di Siri sulla liturgiaesprimono l’anima di un credente che partesempre dalla sua personale esperienza di fede,anche quando parla in nome di esigenzeapparentemente impersonali perché connesse allafede della Chiesa, che è di tutti, e alla “disciplinadel clero e del polo cristiano” (era questo il nomedi una importante commissione conciliaredurante i lavori del Vaticano II), che logicamenteriguarda fattispecie comuni a tutti. Ha detto moltobene, a questo proposito, il cardinale PietroPalazzini, allora prefetto della Congregazione perle Cause dei Santi, presentando, molti anni orsono, il primo volume del-l’edizione pisana delleopere complete del cardinal Siri:

«Ciò che immediatamente colpisce, nel fascinodello stile letterario-oratorio del card. Siri, èl’assenza di ogni sovrabbondanza, pleonasmo,elemento di distrazione. Tutta la sua vastaproduzione di scrittore e di oratore è tesa versouna superiore esigenza : affermare l’assolutoprimato della verità, qualunque essa sia, a farescomparire di proposito ogni riferimentopersonale, anche solo stilistico, dinanzi allamaestà del Vero, che solo deve splendere. Senzaquesta reale umiltà nessuno può pretendere diessere teologo, modesto interprete della paroladi Dio, che non tollera glosse o superfluità. Lapriorità di tale esigenza spiega una caratteristicacostante dei suoi scritti : chiarezza, precisione,logica, sintesi, sicurezza di giudizio e, a primavista o lettura, apparente freddezza. Per questofa tacere volutamente il sentimento, che pureha vivissimo, come si intuisce da quei rari,preziosi sprazzi, che a volte gli sfuggono nellafoga del dire. Lo stile dottrinale del card. Siririsulta da caratteristiche di pensiero, di metodoe di f inalità» (11).

Ma dai discorsi del cardinal Siri raccolti in questovolume il lettore può anche cogliere comel’Arcivescovo di Genova fosse sollecito delle sortispirituali del suo popolo in quel preciso momentostorico, in quelle circostanze culturali, cosìstrettamente intrecciate con le vicende dellaChiesa prima, durante e dopo il Vaticano II, inparticolare per quanto riguarda i conflitti intra-ecclesiali derivanti dall’estremizzazione dellediverse posizioni teologiche (12), con immediataripercussione anche nell’andamento della riformaliturgica. Di come il cardinal Siri intendesse ilcompimento del suo dovere nel ministeroepiscopale in rapporto alle vicende della societàcivile e della Chiesa, ha scritto molto bene

15

Cardinale Giuseppe Siri

monsignor Luigi Negri, attualmente arcivescovo diFerrara -Comacchio; l’allora vescovo di San Marino- Montefeltro, nel presentare un volume di omeliedel cardinale Giuseppe Siri, anch’esso di argomentoliturgico, rilevava infatti :

«La provvidenza di Dio ha dotato lungo tutto ilXX secolo degli straordinari Pastori,cominciando dai grandi papi, da Pio XII aGiovanni Paolo II. Una generazione di Pastori,l’incontro con i quali, come è propiziatoobiettivamente in questo testo, ci riempie diammirazione e forse anche di un po’ di sgomento.Come non ricordare, e l’ho fatto in una recenteintervista, il nome di Schuster a Milano, di Siri aGenova, di Roncalli a Venezia, di Della Costa aFirenze, di Mimmi a Napoli, di Ruff ini a Palermo,di Fossati a Torino, uomini che hanno guidato illoro popolo dall’interno di una guida sicura e diuna carità pastorale esemplare, che ha reso, inqualche momento, questa loro testimonianzaquasi un martirio. Il popolo cristiano, soprattuttoi giovani – perché io ero giovane ai tempi di questiepiscopati – hanno sempre sentito questi pastoricome guide sicure, ma insieme maestri a cui poterpor-tare, ogni giorno, i nostri desideri, le nostreintenzioni, le nostre diff icoltà, le sf ide chericevevano nella società per sentire da loroindicazioni chiare e sicure. Non c’è stato unmomento della nostra vita personale e della vitadella Chiesa nella società che non sia sta-toilluminato e fortif icato da questi episcopati, chedivennero poi punti di riferimento per l’interavita della società ; pensiamo alla supplenza ditutte le istituzioni civili che fecero Schuster o Sirinei momenti terribili della f ine della cosiddettaGuerra di Liberazione, l’autorevolezza con cui siimposero ai belligeranti, anche ai bellige-rantistranieri, che nelle sedi degli arcivescovi diGenova e Milano f irmarono l’armistizio» (13).

La sollecitudine pastorale a riguardo del cultodivino portò il cardinal Siri a prendere molteiniziative per la sua diocesi, e di esse si hannocontinui echi nei discorsi che qui vengo riprodotti.La più importante, per molti versi, è l’indizione delCongresso Eucaristico Diocesano, del qualel’Arcivescovo di Genova dette notizia ai fedeli conun Comunicato del 26 marzo 1970, nel quale si dicetra l’altro :

«Se tutti noi, sacerdoti e fedeli, specie quelliimpegnati nell’apostolato diretto, coadiuvando leiniziative proposte, attivamente portando ilproprio contributo di ispirazione e di interesse,daremo una forte impronta alla preparazione eal Congresso, ne siamo certi, aumenterà indiocesi la fede nel mistero eucaristico, sisvilupperà la volontà di preghiera, si accentueràl’impegno della perfezione cristiana. Ed è dellamassima importanza che tutto questo fervorearrivi ai lontani e a coloro che purtroppo sono a

mezza strada. Ne avranno certamente frutto, senon – lo speriamo di cuore – il dono della fede. Èdunque una iniziativa che dovrà portare tutti a N.S. Gesù Cristo e alla sua Chiesa. È altresìvantaggioso che dal Congresso Eucaristico ciproponiamo di ottenere delle mete concrete. Nepropongo alcune. 1. - II Congresso e lapreparazione al Congresso dovranno soprattuttoessere « catechesi ». Dobbiamo proporre unapprofondimento del mistero eucaristico alpopolo, aiutare a capirlo, a trame le conseguenzeper la propria vita di comunione con Cristo e coni fratelli. 2. - La vita della Chiesa sta vivendo ilperiodo della riforma liturgica auspicata dalConcilio Vaticano II. Riforma del rito della Messae dell’uff icio divino. Ciò ha un signif icato : portaregli uomini di oggi al culto di Dio ; in particolare alsacrif icio e al convito eucaristico che del culto diDio è la fonte e il culmine. Con il Congresso ciripromettiamo di aiutare questo intento dellaChiesa, certi come siamo che non basta adattarecerimonie e riti, non basta tradurre dal latinoall’italiano, occorre scendere in profondità : farconoscere ed amare Dio. 3. - Dall’Eucarestia nascel’amore soprannaturale nel quale vive e sul qualesi fonda la comunità cristiana. Noi auspichiamoche la nostra diocesi diventi nella carità “la famigliadi Dio”. Tutti siamo convinti che i tempi sono

www.liturgiaculmenetfons.itLITURGIA CULMEN ET FONS - 2014 - n.4

16

n.4 - 2014 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

diff icili, che il mondo vive un’epoca tempestosa,ricca è vero di tante risorse, ma anche solcata daprofondi travagli. Ciò che salva nei momentidiff icili è la unità e la carità. L’Eucarestia è ilsacramento dell’unità e della carità. Pensiamoche, raccogliendoci tutti intorno al “Pane di vita”,con particolare desiderio di meditazione e dipreghiera, possiamo riprometterci, invitati allastessa Cena del Signore, di partecipare piùintimamente dello stesso corpo mistico di Cristo.Non posso dimenticare che il Congresso siconcluderà con il mio xxv anno di governo delladiocesi genovese. La data del Congresso è statascelta dal Consiglio Pastorale Diocesano proprioper questa coincidenza. Sacerdozio ed Eucarestiasono due realtà complementari. Esaltandol’Eucarestia, esaltiamo il Sacerdozio, che è lostrumento lasciato da Cristo per crearla. Perquanto mi riguarda direttamente, saròriconoscente a tutti coloro che vorranno pregareper me. Il Congresso avrà questo motto : “Ilmistero eucaristico cuore della Chiesa”. Saràquesta l’espressione di fede e di amore cherichiamerà il nostro interesse al Congresso egiustif icherà l’impegno che dovrà accompagnaretutti nella attività di formazione propria e diapostolato in questo e nel prossimo anno. Offroal Signore la mia preghiera, unitamente a quelladei confratelli e di tutti i fedeli, perché il Signoreci dia la fede, la forza e l’entusiasmo di svolgerenel miglior modo possibile la parte di ciascunodi noi, richiesta per l’attuazione del nostroCongresso Eucaristico» (14).

In un secondo momento, il 3 settembre 1970, ilCardinale annuncia le sue iniziative volte asollecitare la preparazione catechistica e spiritualedel congresso Eucaristico diocesano, e scrive :

«La Diocesi celebrerà il Congresso Eucaristiconella settimana dal 16 al 23 maggio del prossimoanno 1971. È evidente però che le iniziative nondevono ridursi alla celebrazione dei sacri riti diquegli ultimi giorni. Si deve far sì che il Congressoconsista essenzialmente nella sua preparazione.Pertanto è necessario che si stabiliscano delle“mete”, non esaustive, ma indicative, mese permese a cominciare da quello di ottobre. Nel mesetutti, sacerdoti, religiosi e fedeli, debbonosforzarsi di raggiungerle, non per abbandonarlea mese f inito, ma per farle entrare nella piaabitudine della vita quotidiana. Queste meteintegrano sia le varie iniziative che opportuna-mente saranno adottate per una catechesiapprofondita sul Mistero Eucaristico, sia la“Settimana eucaristica” che ogni singola par-rocchia porrà nel calendario delle sue peculiariattività di preparazione al Congresso Eucaristico.Costituiscono queste “mete” la preparazionecomunitaria della Diocesi. […]. Questi temisaranno tempestivamente spiegati e dettagliatipraticamente da Noi in modo che si possa

intessere su di essi una azione pratica, congiuntaed eff icace» (15).

E, in effetti, il volume che prima citato contiene tuttele catechesi che su quei temi, in vista di quelle “mete”mensili, il Cardinale andò svolgendo mese per mesee che poi furono pubblicate nella Rivista DiocesanaGenovese, dalle quali le ho riprodotte, per inserirlenel presente volume con i necessari adattamentistilistici e con titoli redazionali appropriati.

Successivamente, il 1° novembre del 1971 Cardinaleavvia la catechesi specif ica sul santo Sacrif iciodell’altare indicendo, per il periodo 1971-1972, l’Annodella Santa Messa. Ecco come egli stesso avevaannunciato la nuova iniziativa di formazioneliturgica del suo popolo in un comunicato del 10agosto:

«Dio ci ha concesso di celebrare felicemente nelMaggio del c.a. il Congresso Eucaristico diocesano,che ha avuto un esito certamente superiore alleprevisioni. È volendo continuare la eff icacia delCongresso celebrato, che si indice l’ “anno dellaSanta Messa”. Il motivo della iniziativa è semplice.Molti non sentono il dovere « grave » dipartecipare alla Santa Messa festiva. Bisognaricondurveli. Quale il motivo di tale assenza ? C’èun motivo esterno configurato nel Turismo di f inesettimana e dei giorni festivi entro la settimana,nonché dei cosiddetti « ponti » tra diverse festevicine. Ma c’è un motivo interiore ben più grave eprofondo: la insensibilità della coscienza religiosae, causa di questa, la ignoranza catechistica. L’annodella Santa Messa dovrà svilupparsi sulle direttriciindicate dalle cause ore recensite. Tutti i membridi Azione Cattolica, di qualunque associazionecristiana, tutti i fedeli che si sentono tali, sonochiamati ad impegnarsi perché qualcuno, più diuno, del proprio ambiente ritorni a partecipareutilmente alla Santa Messa festiva. L’impegno ègrande. Ogni mese saranno indicate ai fedeli leverità necessarie a conoscersi perché tutti sentanoil dovere di santif icare il Suo giorno. Facciamoappello a tutti, perché servano Dio, recuperandoal Suo Culto i propri fratelli» (16).

Necessità di una catechesi dottrinalecorretta, secondo la fede dellaChiesa

Ecco la prospettiva più tipica delle iniziative pastoralidel Cardinale, quella che più merita di essereapprezzata e ripresa oggi da parte di tutti i Pastori:una catechesi dottrinale, un incitamento spirituale,un coinvolgimento apostolico concretamentef inalizzati e indirizzati a far sì che tutta la comunitàecclesiale, radunata intorno a Cristo presente nellaParola e nei sacramenti viva e operi nell’edif icazionereciproca, ciascuno secondo la propria vocazione e

17

la grazia che gli è donata, nella preghiera e nelleopere di carità. Anche in questo, non si devemancare di notare la piena sintonia degliintendimenti dell’Arcivescovo di Genova, chequesto volume ben documenta, con gliinsegnamenti e le direttive del concilio ecumenicoVaticano II.

La pertinenza di questo impianto dottrinale puòessere meglio valutata se messa in relazione congli abusi liturgici e con gli errori dottrinali che nesono la causa diretta, anche se spesso remota eimplicita. Ad esempio, nulla giustif ica, se stiamoai testi del magistero conciliare, l’accantonamentodella nozione teologica di “sacrif icio” quando sitratta di istruire i fedeli alla piena e consapevolepartecipazione alla liturgia eucaristica. Il cardinaleRatzinger, già nel 2001, lamentava il fatto che ilconcetto di “sacrif icio” fosse divenuto del tuttoestraneo a molti liturgisti cattolici, i quali si sonoconvinti (per l’inconfessato ma innegabile influssodei teologi protestanti) che il culto divino dellaNuova alleanza vada pensato “a partire dalla pasquaebraica” (17). Qualcuno recentemente si èpremurato di chiarire, sul piano storico-religioso,che anche nella pasqua ebraica l’uccisione e lamanducazione degli agnelli avevano un caratteresquisitamente sacrif icale, in stretta connessionesimbolica con l’uccisone degli agnelli che venivaeffettuata nel Tempio (18). Poi, per quanto riguardail Nuovo Testamento, la narrazione evangelicadell’Ultima Cena introduce esplicitamente il ritodel sangue, che si ricollega a ciò che veniapref igurato nell’antica Alleanza: Gesù infattichiama «nuova ed eterna alleanza» il calice del suoSangue, alludendo certamente al sangue dellevittime con cui Mosè aspergeva il popolo di Israele.Se poi, ricorrendo alla migliore esegesi del NuovoTestamento, constatiamo che l’unica interpre-tazione corretta dell’istituzione dell’Eucaristianell’Ultima Cena è quella che mostra Gesù nell’attodi lasciare alla sua Chiesa il modello esemplare enormativo di come si rende presente il sacrif icodella Croce nei suoi elementi essenziali,rappresentati dal Pane e dal Vino, che in virtù dellatransustanziazione sono veramente il Corpo e ilSangue di Cristo, il quale si è «offerto in sacrif icio»per noi.

Antonio Livi

(1) GIANFRANCO RAVASI, in Famiglia cristiana, 22 agosto 2013,p. 23.(2) Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione eSacramenti. Documento pastorale, in Enchiridion CEI.Decreti, dichiarazioni, documenti pastorali per la Chiesaitaliana, vol. II (1973-1979), Edizioni Dehoniane,Bologna 1985, pp. 168-198.(3) Cfr GIUSEPPE SIRI, Dogma e liturgia. Istruzioni dottrinalie norme pastorali dell’Arcivescovo di Genova sul culto

eucaristico e sulla riforma liturgica promossa dal VaticanoII, a cura di ANTONIO LIVI, Casa Editrice Leonardo da Vinci,Roma 2014.(4) Cfr Card. GIUSEPPE SIRI, La giovinezza della Chiesa.Testimonianze, documenti e studi sul Concilio Vaticano II,Giardini Editori, Pisa 1983, passim .(5)Card GIUSEPPE SIRI, La costituzione conciliare sulla liturgia,in Idem, La giovinezza della Chiesa. Testimonianze,documenti e studi sul Concilio Vaticano II, Giardini Editori,Pisa 1983, pp. 109-117; qui pp. 109-110.(6) BENEDETTO XVI, Incontro con i Parroci e il Clero dellaDiocesi di Roma, 14 febbraio 2013.(7) JOSEMARIA ESCRIVÀ, Forgia, trad. it., Edizioni Ares, Milano2012, n. 69.(8) JOSEPH RATZINGER, Introduzione allo spirito della liturgia,trad. it., San Paolo, Cinisello Balsamo 2001. Il titolo ricordala già citata opera con la quale Guardini nei primi decennidel Novecento aveva dato inizio al movimento liturgico.Come teologo e come pastore di anime, Ratzinger vuoleaiutare i fedeli, resi insicuri da decenni di sperimentazionipostconciliari, a guardare alla fonte nascosta della vitaecclesiale. Nello stile proprio dell’autore, l’opera apre allettore squarci di contemplazione, ma non manca di spuntidi polemica, espressi con la sua abituale franchezza.(9) CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, decreto PresbyterorumOrdinis, n. 6.(10) CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, decreto PresbyterorumOrdinis, n. 5.(11) PIETRO PALAZZINI, Introduzione generale alle Opere del card.G. Siri, in Card. GIUSEPPE SIRI,, La giovinezza della Chiesa.Testimonianze, documenti e studi sul Concilio Vaticano II,Giardini Editori e Stampatori, Pisa 1983, pp. 11-14, qui p. 11.(12) Vedi sull’argomento ANTONIO LIVI, Vera e falsa teologia.Come distinguere l’auten-tica “scienza della fede” daun’equivoca “f ilosof ia religiosa”, Casa Editrice Leonardo daVinci, Roma 2012.(13) LUIGI NEGRI, Presentazione, in Card. GIUSEPPE SIRI, Omelieper l’anno liturgico, a cura di mons. ANTONIO FILIPAZZI, Fede &Cultura, Verona 2008, pp. 9-11, qui p. 9.(14) Card. GIUSEPPE SIRI, Lettera di indizione del CongressoEucaristico Diocesano, in Ri-vista Diocesana Genovese, 1971,pp. 175-176.(15) Card. GIUSEPPE SIRI, in Rivista Diocesana Genovese, 1971,p. 177.(16) Card. GIUSEPPE SIRI, in Rivista Diocesana Genovese, 1971,p. 197.(17) Cfr JOSEPH RATZINGER, Introduzione allo spirito dellaliturgia, trad. it., San Paolo, Cinisello Balsamo 2001(18) Cfr MARIA CECILIA PIA MANELLI, in Fides Catholica. Rivistadi apologetica teologica, 6 (2013), n. 2.

www.liturgiaculmenetfons.itLITURGIA CULMEN ET FONS - 2014 - n.4

18

n.4 - 2014 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

Rinnova la tua adesionee regala un abbonamento a

LITURGIA“CULMEN ET FONS”

Senza il tuo aiuto la nostra rivista nonpuò vivere. Usa il bollettino allegatoe scrivi l’indirizzo in modo leggibile. Ilcosto dell’abbonamento è di 15 euro.

Tempo e Preghieradel giornoLa liturgia delle ore quotidiana

e le feste liturgiche (II parte)

don Divo Barsotti

Meditazione tenuta alla «Comunità dei Figli di Dio»dal Fondatore il 25 giugno 1996, all’interno del corsodi esercizi che si teneva a Cavareno (TN) dal 24 al28/6/96.

Dunque il tempo storico nella preghiera del giornoè il tempo di Israele, ma esso trova il suo compi-mento in Cristo Gesù. Come nella religione paganasi celebrava la primavera, così, con la libera-zionedi Israele dall’Egitto» si celebra un popolo cherisorge dalla schiavitù acquistando la libertà: eccola Pasqua ebraica.Inf ine, la comunità cristiana vive attraverso laPasqua la nascita della Chiesa e della communiosanctorum. Quando ero piccolo il 24 giugno sifacevano i grandi fuochi di S. Giovanni per celebrarela mietitura che avve-niva proprio all’iniziodell’estate. Nell’ebraismo alla mietitura subentra ildono della Legge: si celebra la Pentecoste, allorché,cinquanta giorni dopo il passaggio del mare, Israeleai piedi dei Sinai ricevette la Legge di Dio. Non bastaquindi solo la mietitura, occorre anche la Legge diDio: «Non di solo pane vive l’uomo ma di ogniparola che esce dalla bocca di Dio!». La Legge diDio diviene il cibo di Israele, che vive del contattocontinuo con la parola di Dio: la parola di Dio lonutre, lo alimenta, gli dà forza, la paro-la di Dio è ilsuo cibo. Per noi la Pentecoste è il dono dello SpiritoSanto che discende su di noi per darci la nuovavita. Ed è sempre tempo cristico. La terza festadell’anno nella liturgia cosmica è la vendemmia;per Israele è la Festa delle Capanne, con cui si vuoleassicurare che Dio scenderà per vivere insieme adIsraele, e sarà tutta una festa tanto che l’uomo vivràcome fuori di sé, senza più casa né legge essendounica gioia la presenza di Dio. Qual è la festacristiana che subentra alla Festa delle capanne?Nessuna in modo particolare: tutte le feste, dallaPentecoste f ino all’Avvento, sono le feste dellagloria, ma non vengono più celebrate con lasolennità della Festa delle Capanne in Israele.Perché? Perché Gesù ha compiuto tutto, ma anco-ra viviamo nel mistero, ancora aspettiamo di salirein Paradiso; ci siamo magari, ma solo furtivamente,

in quanto l’escatologia, cioè l’adempimento ultimoe perfetto della redenzione, che implica latrasformazione del mondo, la gioia perfettadell’eternità, ancor noi l’attendiamo. Ecco perchéla liturgia cristiana termina con la festa di CristoRe; non per-ché Cristo già regni, in possesso pienodi tutte le dimensioni dell’essere, ma perché noine attendiamo la seconda venuta e il trionfo, conla f ine del pec-cato, la f ine della morte, di ognidolore e la perfetta comunione degli uomi-ni inDio. Per questa ragione, la Festa delle Capanneancora la attendiamo.Come vedete, il tempo è il tempio in cui vienecelebrato e glorif icato Dio: il Creatore del mondonella liturgia cosmica, il Salvatore di Israele, nellasto-ria di Israele; inf ine l’adempimento dellepromesse divine, sia pure com-piuto nel mistero,in Cristo Gesù. Qual è l’atto supremo di questaliturgia del tempo? Tutto il tempo ad un certomomento, diverrà un atto solo, l’e-ternità. Ora, essosi riassume in un atto solo: la santa Messa.Abbiamo già detto prima che la Messa è al centrodel giorno, della storia, e di tutta la vita; non è cheun unico atto: l’atto per il quale l’inf inito di Dio sie donato al tempo stesso al Padre e ai fratelli. Inquesto atto Cristo rimane. Non crediate che Gesùviva altro atto oltre alla resurrezione; così noisaremo stabiliti per sempre là dove la morte citroverà perché uscendo dal tempo non potremopiù vivere alcuna successione. Dio ha vissutosempre un solo atto, l’atto puro di Dio, ma comeuomo ha vissuto anche Lui nel tempo; dabambino cresceva in sapienza, età e grazia, vissepoi il periodo della predicazione, inf ine morì.L’atto della morte non ha seguito, non perchéf inisce la vita, ma perché in quell’atto noirimaniamo eternamente come Gesù rimaneeternamente nell’atto di un amore totale. Egli sidona totalmente a Dio e totalmente agli uomini.In questo atto rimane. Noi possiamo non

19

Raffaello Sanzio: Pala Colonna, Perugia 1501-05.

credere al suo amore, ma Dio rimane l’amore chesi dona. È questa la Messa. Una delle cose piùgrandi dell’ultimo Concilio, a proposito della li-turgia, è stata la dichiarazione solenne che non èsolo la consacrazione la parte essenziale dellaMessa, ma anche la comunione. Fino a trent’annifa la comunione eucaristica integrava la Messa,ma non ne era una parte essenziale. Come ilsacrif icio implica la comunione con la vittima, lacomunione eucaristica è importantissima; ilsacerdote non potrebbe mai celebrare la Messasenza fare la comunione, ed è bene che anchetutta la comunità cristiana viva veramente laMessa con la comunione eucaristica, perché inquesto atto essa riceve Colui che eternamenterimane nell’atto per cui si dona totalmente a tuttie a ciascuno. Così, tutta la liturgia del tempo siriassume nell’atto del Cristo.Nella vita della Chiesa si celebra Natale, poiPasqua, poi Pentecoste; questo e vero e non èvero: la Chiesa, nel suo più profondo essere vivesoltanto l’atto del Cristo. Quando celebro laMessa, anche se è il giorno di Natale, io facciopresente la morte di croce. Così quando celebroad esempio la morte di un mio parente, non vivoche la morte di croce. E la grande intui-zione cheebbe il Casel e che ho espresso anch’io nel libro:«Mistero Cristiano». Noi, vivendo nel tempo, nonriusciamo a vivere quest’atto che attraverso ilprocesso continuo di santif icazione; ma in realtàtutta la vita si concentra, si riassume nell’attomediante il quale il Verbo di Dio si comuni-ca almondo e si dona al Padre. Nella misura che noiviviamo tutto questo, dal tempo entriamonell’eternità.Nell’eternità un atto, cioè l’eternità del Cristorisorto. Egli non dice: «Io sarò con voi», ma: «Iosono con voi», «Io sono». Quante volte nelVangelo di Giovanni si ripete il nome di Gesùcome «Io sono»! Nella umanità del Cristo, si fapresente per me l’eternità stessa di Dio; nella Suaumanità - ora glorif icata - non vi è più chel’eternità dell’amore.Se io vivo in questa prospettiva la preghiera delgiorno, posso arrivare, già nella vita presente, auna certa partecipazione della vita del cielo, cioèall’intuizione dell’amore ineffabile per il qualeCristo si dona a me. Esso sarà la mia vita, per cuiio mi dono a Lui e in Lui vivrò per sempre.Ecco che cos’è la preghiera del giorno nei riguardidel tempo. Dobbiamo dunque tener presenteprima il tempo cosmico, il tempo della natura,poi il tempo umano, e nel tempo umano il tempodella storia sacra, una storia reale mediante laquale l’uomo è entrato in una certa comunionecon Dio, e Dio con l’uomo. Tutto questo trova poicompimento nella vita del Cristo, Dio cheveramente si incarna, Dio che veramente scendef ino a noi, vive con noi, si fa nostro fratello. Ef inalmente non più nemmeno questo, ma in

Cristo medesimo viviamo la vita stessa di Dio,viviamo come il Cristo, dice san Paolo nellalettera agli Efesini, nel seno del Padre. E quinotate una cosa interessante: la supremaglorif icazione si compie in assoluto silenzio; noisiamo nel seno del Padre. Certo, come unbambino nel seno della madre non ha ancoracoscienza di sé, così anche noi viviamo già la vitadel Cielo, però sotto il segno della nostra povertàumana, e della precarietà del tempo.Se viviamo f ino in fondo la preghiera del giorno,viviamo una pienezza di vita religiosa che superaqualsiasi altra testimonianza di vita cristiana,anche dei santi. I santi sono tali perché hannocercato di vivere, in modo più intenso di noi,ciò che la preghiera del giorno dona a tutti dipoter vivere, nella misura che si vive nella fede.La preghiera del giorno è preghiera del tempo,che, essendo la dimensione propria dell’uomo,diviene la dimensione stessa della preghiera.

www.liturgiaculmenetfons.itLITURGIA CULMEN ET FONS - 2014 - n.4

20 Anno 2014 - N°4 - mese dicembre - Periodicità trimestrale - Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abb. Postale - D.L. 353/2003 - (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Trento – Taxe Percue

Rinnova e regala l’abbonamento aLITURGIA ‘CULMEN ET FONS’

La quota di adesione per ricevere la rivistaper l’anno 2015 è di 15 euro. Usa il bollettino allegato.