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Doris Nátia Cavallari USP Material didático sem fins lucrativos

l’Italia Del Settecento

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Texto em italiano sobre história da arte no Barroco italiano.

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Page 1: l’Italia Del Settecento

Doris Nátia Cavallari

USP

Material didático sem fins lucrativos

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É preciso restituir o século XVIII à sula lenda. A Europa burguesa, já no início do século XIX, sonhou com a imagem de um século XVIII elegante e frívolo, de costumes livres, e espírito vivo, entregue culpada e deliciosamente a uma festa despreocupada. A idade de ferro da indústria e das revoltas democráticas via desaparecer atrás de si uma idade de ouro coberta de fitas e de máscaras, uma época da “doçura de viver”, em que a própria morte e a própria guerra, com suas rendas não eram (pensava-se) nem a verdadeira morte, nem a verdadeira guerra.

STAROBINSKI, J. A invenção da liberdade. 1700-1789. São Paulo: Editora da UNESP, 1994.

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Dal rococò al neoclassico

Il rococò è il ricercato gusto artistico apprezzato dall’aristocrazia europea del primo Settecento, e se da un lato ne rappresenta il “canto del cigno”, in quanto frivolo e squisitamente decorativo, dall’altro rivela l’attenzione di artisti e committenti per le forme di vita associata, l’educazione, il buon gusto.

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Giuseppe Gricci, toscano di nascita (Firenze 1700), fu uno scultore e modellatore italiano . Si è formato come scultore a Firenze prima di trasferirsi nel 1738 a Napoli, dove divenne capo di modellare lafabbrica di porcellane di Capodimonte tra il 1743 e 1759. La maggior parte delle figure di Capodimonte sono stati attribuiti a lui.

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Bernardo Tanucci (Stia, 20 /02/ 1698 – Napoli, 29 /04/1783

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O fausto e o Luxo

Construindo palácios para alojar sua corte, seus ministros, suas amantes; avenidas para fazer desfilar suas carruagens ou seus guardas, teatros para divertir-se; manufaturas para aumentar seus rendimentos.... O monarca do século XVII e XVIII comporta-se como uma pessoa de necessidades ilimitadas. As construções edificadas “por oprdem do rei” são, em primeiro lugar, construções “para o rei” (STAROBINSKI, 1994, p.21)

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La reggia di Caserta

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La reggia di Caserta

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Progettata per volere di re Carlo di Borbone da Luigi Vanvitelli a partire dal 1752, è costituita da un imponente edificio rettangolare dall’impianto simmetrico con quattro cortili uniti da gallerie e da un vasto parco lungo 3 km con giardini, fontane, cascate e sculture. Le due facciate principali – rivolte una alla piazza d’Armi, l’altra al parco – caratterizzate dalla modulare sequenza di finestre, modanature, cornici e lesene, sono realizzate in laterizio e travertino. Dal vestibolo centrale al piano terra si accede alla scenografica scala regia a rampa centrale caratterizzata da marmi policromi, che si divide in due rampe parallele di accesso agli appartamenti reali e alla cappella palatina. L’intero complesso si sviluppa lungo un asse centrale, costellato da 3 atri ottagonali, che prosegue alle spalle dell’edificio nel lungo viale di accesso al parco. Questo si articola in 3 aree: il parterre con il cosiddetto bosco vecchio, la Peschiera e le praterie con aiuole, siepi, vialetti e statue; l’area centrale lungo il viale con ampie vasche d’acqua, cascate e gruppi scultorei ed infine il giardino inglese con essenze arboree di grande pregio, laghetti e corsi d’acqua.

La reggia di Caserta

http://www.incampania.com/beniculturali.cfm

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Carlo di Borbone (1716 - 1788)

(Luigi Vanvitelli, Napoli, 12/05/ 1700 –

Caserta, 1/3/ 1773)

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... O fausto não é somente o sinal da soberania: é a expressão de um poder que se materializa sob espécies sensíveis e que é capaz de renovar continuamente a aparência sob a qual se manifesta. A relação pessoal entre o monarca e seus domínios efetua-se perante o mundo: o mito do poder absoluto desejaria que aquela glória expansiva, imediatamente percebida, conquistasse o espectador, o transformasse em súdito agradecido e o englobasse no círculo das posses reais. Assim, a relação possessiva do príncipe com a Corte e com o Palácio cosntitui a imagem analógica da relação que ele deseja ter com o universo inteiro (STAROBINSKI, 1994, p.22).

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La pittura italiana del ’700

Giovan Battista Tiepolo (Venezia, 1696 – Madrid, 1770)

chiude la grande pittura veneta, superando la tradizione dell'arte come mimesi. Con Tiepolo la finzione è manifesta poiché si evidenzia nella ostentata esagerazione. Successivamente a Venezia saranno molte le personalità ad acquisire rilievo in pittura: il figlio del Tiepolo, Giandomenico; Giovan Battista Piazzetta; Pietro Longhi; Canaletto e Francesco Guardi.

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Tiepolo è stato identificato come il più grande pittore del 1700 e di lui si è soliti dire concluda il periodo barocco. Se questo è vero è però anche giusto affermare che tale giudizio può essere semplicistico di fronte ad una personalità, come quella del Tiepolo, che sembra aderire ad alcuni concetti del tempo ma nel contempo ne introduce altri che in qualche modo anticipano, l'arte a venire (Paola Campanella). http://www.fotoartearchitettura.it/tiepolo/

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In Tiepolo la realtà viene smaterializzata dall'uso di una prospettiva portata agli estremi limiti e dal colore. La particolare luminosità viene conferita al colore dall'accostamento di tinte complementari che accendono quasi di luce propria i cromatismi donando un senso di perenne luce mattutina. Attraverso il colore Tiepolo toglie consistenza reale ai fatti presentati e per far questo si avvale anche di un particolare uso della prospettiva. La prospettiva perde infatti le prerogative acquisite nel periodo rinascimentale di strumento di conoscenza obiettiva della realtà, per raggiungere l'estremo confine della verosimiglianza. Grazie alla tecnica del quadraturismo – Tiepolo ebbe come collaboratore Mengozzi Colonna, il più noto quadraturista dell'epoca-, inserì le sue vorticose composizione all'interno di architetture simulate realizzando quell'effetto di “sfondamento” tipico degli affreschi barocchi. Gli spazi luminosi e profondi delle sue opere sono sempre popolate da una folla di personaggi liberamente ispirati alla mitologia, ai racconti di tipo storico oppure biblici. Le tematiche del tempo infatti erano sempre le stesse... Occorreva esaltare il potere, elogiare la committenza, esporre i racconti biblici. Tiepolo allora sperimenta un modo tutto suo per evadere dai fatti narrati smaterializzandoli attraverso il suo personale modo di dipingere. Svincola i suoi soggetti da riferimenti

attendibili.

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Olio su tela, La regina Zenobia davanti all’Imperatore Aureliano, Museo del Prado, (1696–1770)

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Nell'epoca in cui la scienza ottica conobbe un rapidissimo e significativo

sviluppo grazie anche alle sperimentazioni sulla rifrazione luminosa portate

a compimento da Newton, Tiepolo seppe offrire il suo contributo nella

forma di un linguaggio espressivo capace di esaltare al massimo grado la

forza percettiva dello sguardo per il tramite del colore, sostanza rivelata

della luce stessa. Se nei soprarchi della chiesa di Santa Maria dei Derelitti

forme e volumi si presentano ancora sbozzati da precise fonti di

illuminazione che esaltano il contrasto chiaroscurale alla maniera

piazzettesca, nei dipinti a soggetto mitologico oggi conservati presso le

Gallerie dell'Accademia di Venezia e, più ancora, nelle tele ideate per Ca'

Zenobio la tavolozza si schiarisce preannunciando l'approdo a una pittura

da cui l'ombra progressivamente si ritrae di fronte al dominio della luce.

http://www.adnkronos.com

L’arte come la scienza del bello

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Ve

Allegoria di Venere e il Tempo, c.1754-58

Decollazione del Battista, 1732-1733, affresco, Bergamo, Cappella Colleoni.

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Affresco, Il sogno di Giacobbe, 1726-29, Palazzo Patriarcale, Udine

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Canaletto

Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto (Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 –19 aprile 1768).

Il più famoso pittore del vedutismo, insieme a Francesco Guardi.

vedutismo Genere pittorico che ha come soggetto un paesaggio in cui prevale l’elemento architettonico (rovine, vedute di città ecc.) su quello naturale. http://www.treccani.it/enciclopedia/vedutismo/

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Canaletto

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Canaletto

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Francesco Guardi

(Veneza, 05/10/1712-01/01/1793

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Stile Neoclassico in Italia

Antonio Canova (1757-1822)

Amore e Psiche, 1788, Louvre, Paris

Paolina Borghese, 1805-08, Galleria Borghese, Roma

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Il termine neoclassicismo verrà coniato solo più

tardi, dai romantici, che giudicheranno negativamente questo stile come imitativo e privo di passione. In realtà, nell’interesse per la storia dell’arte e delle istituzioni antiche, nella scoperta di ideali comuni al sentire contemporaneo, nella ricerca di conferme nell’archeologia, gli artisti e gli intellettuali sono mossi da sincera passione, come emerge dai loro scritti, e usano sempre la definizione di “vero stile”.

Il neoclassicismo

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Il bello

Il Bello è un concetto chiave nell’estetica

neoclassica. Secondo Winckelmann l’arte

deve rappresentare il bello ideale, del quale

solo tratti sparsi si trovano nella natura.

La ricerca del bello e il vagheggiamento

della grecità si estendono anche alla poesia.

L’esperienza del bello assume valore etico

ed educativo per l’uomo moderno il quale,

attraverso di esso, trova una via per

riacquistare la pienezza della propria

identità.

Da: CASADEI, A. e SANTAGATA, M. Manuale di letteratura italiana medeivale e moderna. Bari: Laterza, 2009.

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A Europa

Entre o momento das festas galantes e o aparecimento nos campos de batalha

da bandeira tricolor com a divisa A liberdade ou a morte, a história do século

XVIII pode ser encarada como a cena na qual um movimento de liberdade

arde, estoura e expande-se numa cintilação trágica. Não que tal ideia

desemboque na instauração de um reinado de liberdade: ao longo do século, a

ideia de liberdade é submetida à experiência ao mesmo tempo no capricho

abusivo e no protesto contra o abuso... A exigência de liberdade se faz sentir

na frustração. A história do século nasce de um combate, às vezes de um

diálogo, entre os atos do poder autocrático e a réplica dos homens indóceis....

Como dirá Kant, os homens das Luzes resolveram não mais obedecer a uma

lei externa: querem ser autônomos, submetidos a uma lei que percebem e

reconhecem em si mesmos.

STAROBINSKI, J. A invenção da liberdade. 1700-1789. São Paulo: Editora da UNESP, 1994.

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Il settecento in Italia

Un’enorme distanza, una rottura epocale separano la ristretta società aristocratica delle provinciali corti italiane, che ripete all’alba del secolo i suoi vecchi riti culturali e mondani, dal popolo che affolla le piazze ballando attorno all’albero della rivoluzione nel triennio giacobino (1796-1799).

http://www.italicon.it

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L’Italia del Settecento, divisa in piccoli stati direttamente

dipendenti o comunque subalterni ai più potenti stati europei, coinvolta nelle guerre di successione tra di essi nella prima metà del secolo, si ritrova, dopo la pace di Aquisgrana (1748), con qualche cambiamento di famiglie regnanti: soprattutto passa dalla dipendenza alla Spagna, una nazione arretrata e in decadenza, al dominio dell’Austria. Era questo uno stato moderno, governato dalla famiglia degli Asburgo, la cui politica era quella del dispotismo illuminato, cioè di un sempre maggiore accentramento del potere, allo scopo però di realizzare le riforme e uno sviluppo economico e sociale a vantaggio delle popolazioni. Ciò comportava una spinta a diminuire le condizioni di disuguaglianza tra le classi sociali.

Il settecento in Italia

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Le arti e l’estetica

Il Settecento è il secolo in cui nasce l’estetica, la disciplina del bello e dell’arte come parte specifica della filosofia e come sapere autonomo.

Si deve all’irlandese Edmund Burke la riflessione sul sublime nell’arte (Ricerca sull’origine delle nostre idee del sublime e del bello, 1756), definito come «ciò che produce la più forte emozione che l’animo sai capace di sentire» e distinto dal bello, perché fondato sul dolore anziché sul piacere, sulla dismisura anziché sulla proporzione.

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Le arti e l’estetica

La distinzione tra bello e sublime... sarà uno dei temi centrali dell’estetica per tutto il secolo. L’idea burkiana di sublime rende ragione di tutto un filone della letteratura europea settecentesca fondata sul sentimento. Alla fine del secolo, Friedrich Schiller affiderà al sentimento del sublime un ruolo fondamentale nell’educazione estetica dell’umanità.

Da: CASADEI, A. e SANTAGATA, M. Manuale di letteratura italiana medeivale e moderna. Bari:Laterza, 2009.

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Antonio Canova

(Possagno, 1/11/1757 — Venezia, 13/10/1822)

Canova não fala de “invenção”, mas de “execução sublime”. Não podia ignorar a poética do “sublime”, cujos maiores expoentes (de Barry e de Füssli a Carsten) estavam em contato contínuo com Roma... (Argan, Vol.III, 2003, p.419)

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MADDALENA PENITENTE, 1809

LE TRE GRAZIE, 1812-1816 San Pietroburgo, Ermitage

Canova

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CANOVA

Tomba della Duchessa Maria Christina di Sassonia- 1798

Vienna, Austria

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L’evento principale nella storia letteraria del primo

Settecento è la fondazione dell’Accademia dell’Arca dia nel 1690, che segna um rinnovamento nella poetica e nel gusto, dopo gli esiti estremi dello stile barocco.

Fondata da Gian Vincenzo Gravina (1664 -1718) che nel tratatto La ragion poetica (1708), basato da studi sulla mitologia, propone il ritorno agli antichi.

La letteratura italiana

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La reazione contro gli eccessi della tradizione barocca e contro il marinismo si manifesta con:

La riforma del linguaggio poetico che propugna un ritorno all’eleganza e alla semplicità degli antichi (greci e latini, ma anche Petrarca e petrarchisti);

Il sostrato filosofico di stampo razionalistico e cartesiano con gli apporti teorici forniti da giuristi, filosofi e scienziati aperti al confronto con la cultura europea contemporanea.

La letteratura italiana

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L’arcadia

Il movimento dell’Arcadia svolge una funzione unificante per il ceto intellettuale della penisola, che per la prima volta si trova riunito in um programma comune di rinnovamento e di valorizzazione della tradizione letteraria nazionale.

Gian Vicenzo Gravina

Gian Vincenzo Gravina

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Metastasio

Il maggior rappresentante dell'Arcadia è Pietro Metastasio (al secolo Pietro Trapassi - Roma nel 1698 -Vienna nel 1782)

Di famiglia povera viene adottato ancora ragazzo, per le sue qualità artistiche, da Gian Vincenzo Gravina che custodisce i suoi studi dei classici e della giurisprudenza.

La moglie (una celebre cantante) lo

induce a scrivere melodrammi. La Didone abbandonata (1724), di carattere patetico-sentimentale, fu un grande successo. Dopo aver scritto altri melodrammi, la sua fama divenne così grande che la corte di Vienna gli offrì l'incarico di poeta cesareo.

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Metastasio si pose il problema di dare dignità artistica e severità morale ad un genere

screditato presso gli intellettuali: il melodramma, essendo esso caratterizzato da

atteggiamenti ridicoli e farseschi (mescolanza di tragico e comico, di eroismo ed

erotismo, eccessiva scenografia). La sua riforma del melodramma consiste :

di distinguere nettamente poesia e musica, privilegiando la prima (la musica

come commento della poesia);

di non seguire alla lettera le tre regole aristoteliche di unità di tempo-luogo-

azione;

di mettere sempre al centro centro delle sue opere un eroe (Enea, Tito, Attilio

Regolo...) che vince se stesso, sacrificando al dovere gli affetti e le passioni, ma il

protagonista è un personaggio più vicino ai cortigiani e aristocratici del '700 che

non agli eroi tradizionali della cultura greco-latina, che è sicuramente più tragica;

di respingere dal gusto melodrammatico sia gli estremi della tragedia sia lo

scontro drammatico di passioni violente e la rappresentazione realistica di

vicende quotidiane. I contrasti fra passione e dovere, sentimento e ragione non

diventano mai grandi scontri ideali e morali.

Il mondo del Metastasio è quello della commedia dolce-amara dell'amore, con

apparenze serie e decorose. Con i suoi melodrammi sentimentali egli anticipa il

Goldoni, con quelli eroici anticipa l'Alfieri. http://www.homolaicus.com

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Giambattista Vico

Giambattista Vico (1668-1744), anch’egli appartenente all’Arcadia, compose diverse opere di carattere specificamente letterario, come saggi teorici, poesie e un’interessante autobiografia, un genere letterario, legato all’individualismo borghese moderno, che avrà molta fortuna nel secolo. Scrisse anche di diritto. Il suo più importante contributo riguarda però il campo della storia. Con i Principi d’una scienza nuova dintorno alla natura delle nazioni rinnovò il campo degli studi storici.

Napoli, 23 giugno 1668 – 23 gennaio 1744)

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Vico formula una teoria che fissa i principi, i modi

generali dello svolgimento, dei "corsi e ricorsi" della storia: esiste un percorso ciclico, circolare, del tempo, che ritorna ripetendosi nelle diverse epoche e presso i diversi popoli della terra. Questi, partendo da uno stato selvaggio e primitivo di natura, si sviluppano nelle prime forme di società, quindi raggiungono una raffinata civiltà, ma sono sempre a rischio di ricadere in una rinnovata barbarie, per ricominciare un nuovo corso storico, come avvenne con il medioevo barbarico, alla caduta dell’impero romano.

Giambattista Vico

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Saranno queste, natura e civiltà, le parole-chiave del dibattito

dell’illuminismo.

L’aspetto più interessante della proposta di Vico sta proprio nel nuovo metodo della ricerca storica, che, anticipando la moderna antropologia, analizza la mentalità degli uomini primitivi, attraverso lo studio di documenti, costumi, psicologia, linguaggio, miti, leggi, poesie.

Gli uomini passano da uno stato animalesco in cui errano in solitudine, senza avere neppure coscienza delle loro sensazioni, in cui "sentono senza avvertire", a uno stato primitivo in cui, terrorizzati dalle forze della natura, per esempio dal fulmine, le personificano considerandole divinità e si uniscono in società per adorarle. In questa età col nascere delle passioni, delle forti impressioni, nasce la fantasia, il mito, la poesia. Segue l’ultimo gradino dello sviluppo umano con l’affermarsi della ragione e della civiltà.

Giambattista Vico

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Giambattista Vico

Il linguaggio e la poesia nascono dunque col mito dall’"animo perturbato e commosso", all’alba della civiltà, quando l’appassionata immaginazione degli uomini primitivi, proiettandosi sulla natura, dà anima e persona ai suoi aspetti, agli alberi, alle tempeste, alle rocce, all’eco, costruendo una visione magica e rituale del cosmo http://www.italicon.it

l cielo finalmente folgorò, tuonò con folgori e tuoni spaventosissimi (…). Quivi pochi giganti (…) spaventati e attoniti dal grand’effetto di che non sapevano la cagione, alzarono gli occhi ed avvertirono il cielo. (…) si finsero il cielo esser un gran corpo animato, che per tal aspetto chiamarono Giove, il primo dio delle genti dette maggiori, che col fischio de’ fulmini e col fragore de’ tuoni volesse loro dir qualche

cosa. (Vico, La scienza nuova: II, sez. I, cap. I).

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Nell’età degli Dei, gli uomini «sentono senza avvertire». Età della

musica (La Grecia arcaica). Corrisponde all’infanzia dell’uomo. Sorgono le le prime istituzioni civili (famiglia, stato teocratico).

Nell’età degli eroi gli uomini «sentono con animo perturbato e commosso» Età della poesia epica (la Grecia Omerica). Corrisponde all’adolescenza. Sorgono le virtù eroiche della pietà, della prudenza, della fortezza, della magnanimità.; il governo è retto dalla classe aristocratica.

Nella età degli Uomini, essi «ragionano con mente pura» età dei filosofi

[e della narrativa] (La Grecia classica, la Roma repubblicana e la civiltà moderna). Corresponde alla maturità. revale la riflessione, la metafisica ragionata anziché la metafisica fantastica; la coscienza, la ragione e il dovere dettano le leggi, e con esse tutti i governo sono eguali. Nasce la filosofia e in particolare la filosofia platonica, matura manifestazione del pensiero umano.

Giambattista Vico

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Giambattista Vico x Descartes

Descartes - cogito ergo sum

Cartesio afferma che la vera essenza umana è la razionalità, per cui ogni conoscenza è necessariamente evidenza razionale, ragione necessitante o geometrica.

Vico – teoria della conoscenza

Vico, invece, sostiene che l'uomo non è costituito solo di ragione, ma anche di fantasia, sentimenti, impulsi spontanei, elementi che non si lasciano ricondurre alla dimostrazione. Per Vico sono oggetto di scienza attività umane quali l'oratoria, la retorica, lapoesia, la storia, che non si fondano su verità geometriche, ma sul verisimile.

René Descartes 1596- 1650

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Vico – teoria della conoscenza

È il verisimile la verità umana per eccellenza: nell'insieme delle conoscenze che riguardano l'uomo non vi può essere mai una garanzia infallibile di verità.

Il voler conoscere razionalmente e distintamente diventa addirittura un vizio anziché una virtù nel campo della metafisica, il cui fondamento è il probabile: il vero ha a che fare con i matematici, non con i filosofi.

Nell'opera De antiquissima Italorum sapientia Vico propone la sua teoria della conoscenza. Solo Dio ha la conoscenza perfetta e completa delle cose, l'uomo può solo pensare, ovvero raccogliere informazioni sulle cose.

http://www.cilentocultura.it

Giambattista Vico x Descartes

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La vera conoscenza si ha solo "per cause", e poiché solo chi crea una cosa ne conosce

le vere cause, "criterio e regola del vero è di averlo fatto noi stessi".

Ne deriva perciò l'identità delle parole latine verum (vero) e factum (fatto): il vero è il fatto stesso (verum ipsum factum), si ha una vera conoscenza soltanto di ciò che si fa.

Ora, mentre il fare di Dio è creazione di oggetti reali, il fare dell'uomo è creazione di oggetti fittizi, esterni a lui stesso, astratti, e quindi mai conosciuti completamente.

Pertanto, il campo della conoscenza umana ha limiti molto stretti: non possiamo conoscere il mondo della Natura, perché opera di Dio; possiamo invece conoscere il campo della matematica e della geometria, astratto e creato da noi stessi.

L'uomo non può conoscere neppure il proprio stesso essere, la propria realtà metafisica, ed ha torto Cartesio quando afferma "penso, dunque sono". La consapevolezza di pensare è coscienza e non scienza (conoscenza) del proprio essere. Non possiamo conoscere noi stessi, in quanto partecipi della Natura creata da Dio, e Cartesio ha voluto elevare a verità razionale un semplice fatto di coscienza: avrebbe invece dovuto dire "penso, dunque esisto", intendendo per "esistere" il modo d'essere proprio della creatura, diverso dall'"essere" divino.

http://www.cilentocultura.it

Vico – teoria della conoscenza