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Lisa Cesco è autrice della storia dei quartieri Porta

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Lisa Cesco è autrice della storia dei quartieri Porta Cremona-Volta, Fornaci, Villaggio Sereno e Lamarmora, del capitolo secondo “A spasso per la Sud”, delle interviste a Giancarlo Buizza, Giuseppe Chiappani e Luigia Casari.

Diego Serino è autore della storia dei quartieri Folzano, Chiesanuova, Don Bosco e Perlasca, del capitolo terzo “Alle origini del decentramento” e delle interviste a Sante Pinzoni, Giuseppe Zubani e Don Riccardo Vecchia.

In copertina:Nuovo mercato di Porta Cremona - Brescia

(Per concessione dei Civici Musei d’Arte e Storia di Brescia)

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Lisa Cesco Diego Serino

30 ANNI DI PARTECIPAZIONE

l’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia

CIRCOSCRIZIONE SUD

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L’Assessorato alla Partecipazione e Decentramento del Co-

mune di Brescia ha ritenuto opportuno promuovere una

pubblicazione che ripercorra la storia del decentramento

amministrativo nella nostra città, dalle origini fino alla re-

cente riforma che ne disegna una nuova identità formale

e sostanziale, in occasione del trentennale di fondazione

delle Circoscrizioni in forma istituzionale.

I testi presenteranno in forma monografica, snella ed es-

senziale, le cinque attuali circoscrizioni del sistema decen-

trato bresciano, rilevando come le stesse abbiamo piano piano preso corpo da una spinta

nata dal basso, dall’esigenza spontanea dei cittadini di quartiere di aggregarsi in Comitati

per condividere un’esperienza di partecipazione nella vita degli stessi quartieri, nella con-

notazione urbanistica e nelle iniziative sociali e aggregative. Il racconto vuole quindi anche

ripercorrere l’esperienza dei primi consigli di quartiere e delle persone che ne sono state

fautrici e protagoniste, riportando la testimonianza dei singoli soggetti che hanno vissuto

e determinato l’esperienza della partecipazione attiva e spontanea di quegli anni.

Il quadro sulle circoscrizioni si completa in un alternarsi fra storia politica dei consigli circo-

scrizionali, che comprende anche la menzione dei Presidenti, con un loro profilo biografico

e il resoconto della loro esperienza amministrativa, e una breve storia del territorio, dei

quartieri e della loro trasformazione urbanistica e sociale, nell’elencazione dei luoghi di

rappresentanza storica e di aggregazione sociale, testimonianza di lente trasformazioni e

graduali cambiamenti che ne hanno determinato l’attuale assetto.

La recente riforma, che ha ridisegnato i confini circoscrizionali, ha portato come conse-

guenza l’avvio di un ripensamento complessivo sul significato del decentramento, con-

figurandosi la circoscrizione sempre più come ente territoriale multifunzionale, luogo di

rappresentanza e consultazione dei quartieri, ma anche luogo di erogazione di servizi.

Sentiti ringraziamenti vanno a tutti coloro che hanno collaborato all’elaborazione di que-

sto breve trattato storico sulle circoscrizioni, in particolare agli autori che nei mesi scor-

si hanno effettuato un importante lavoro di ricerca sulla nascita, la crescita, la trasfor-

mazione e l’evoluzione nel tempo del decentramento e della partecipazione a Brescia.

Il Vicesindaco

Assessore alla Partecipazione e Decentramento

Fabio RolFi

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Raccontare la storia delle circoscrizioni attraverso gli

uomini e le donne che sono stati protagonisti della

loro nascita ed evoluzione credo rappresenti il modo

migliore per recuperare l’entusiasmo delle origini

e prendere spunto dal passato per lavorare ancora

meglio nel futuro.

Per questo ritengo che questo libro rappresenti una

tappa fondamentale del percorso partecipativo,

proprio perché ha il merito di narrare una storia che il passare degli anni avrebbe

reso sempre più difficile da ricostruire.

Si tratta di un modo per avvicinare la cittadinanza alle istituzioni ed al territorio dove

vivono: il libro si pone anche l’obiettivo di favorire la conoscenza delle ricchezze

artistiche, culturali e sociali dei quartieri che fanno parte della circoscrizione sud,

presentando in maniera semplice le peculiarità di questa zona.

Recuperare la storia, quindi, ma soprattutto fornire nuova vitalità alla partecipazio-

ne, avvicinando i bresciani all’attività pubblica, in particolare quella legata al territo-

rio: credo che nell’anno delle celebrazioni del trentennale delle circoscrizioni fosse

doveroso recuperare un pezzo di storia della nostra terra, delle nostre tradizioni,

perche’ tramandare le tradizioni e’ una delle mission che ci siamo posti. Per incarico

siamo la struttura piu’ vicina ai cittadini e questa occasione va sfruttata per far sen-

tire la nostra presenza alla nostra gente.

Il Presidente

della circoscrizione Sud GiaCoMo liNi

I S A L U T I

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CIRCOSCRIZIONE NORD

CIRCOSCRIZIONE CENTRO

CIRCOSCRIZIONE OVEST

CIRCOSCRIZIONE SUD

CIRCOSCRIZIONE EST

Mappa delle Circoscrizioni della città di Brescia

CIRCOSCRIZIONE NORD

2 - Borgo Trento11 - Mompiano15 - Villaggio Prealpino17 - San Bartolomeo22 - Casazza28 - Sant’Eustacchio29 - San Rocchino-Costalunga

CIRCOSCRIZIONE CENTRO

1 - Brescia Antica 3 - Porta Milano 4 - Centro Storico Nord 14 - Porta Venezia 27 - Centro Storico Sud 30 - Crocifissa di Rosa

CIRCOSCRIZIONE OVEST

5 - Chiusure 7 - Fiumicello 21 - Urago Mella 23 - Villaggio Badia 25 - Villaggio Violino 26 - Primo Maggio

CIRCOSCRIZIONE EST

19 - San Polo - SanPolino13 - Bettole- Buffalora18 - Sant’Eufemia16 - Caionvico

CIRCOSCRIZIONE SUD 6 Don Bosco - 8 Folzano - 9 Fornaci - 10 Lamarmora

12 Porta Cremona - 20 Chiesanuova - 24 Villaggio Sereno

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La CiRCosCRizioNe sUD è la circoscrizione più popolosa in assoluto della città.

Il territorio Sud comprende i quartieri:

• Fornaci • Chiesanuova • VillaggioSereno • DonBosco • Folzano • Lamarmora • PortaCremona-Volta

E’ abitata da 44.281 residenti, con una prevalenza delle donne – che sono oltre 23 mila – sugli uomini, che ammontano a circa 21 mila.

Il quartiere più popoloso è quello di Porta Cremona-Volta (con quasi 12.800 abitanti), seguito dal quartiere Don Bosco (7.590 residenti), da quello di Lamarmora (6.995) e Chiesanuova (6.688). Il meno densamente popolato è Folzano, con 1.776 residenti.

Indirizzo Sede Circoscrizione Sud: Via Micheli, 8/10

Orario apertura sede: da lunedì a giovedì dalle 9,30 alle 12,15 e dalle 14,00 alle 15,45; venerdì dalle 9,30 alle 12,15.

Telefono 030 347715 oppure 030 3531804 Fax 030 3548324 E-mail [email protected]

Introduzione

1 . I Q U A R T I E R I D E L L A C I R C O S C R I Z I O N E S U D

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9Porta Cremona fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento Per concessione dei Civici Musei d’Arte e Storia di Brescia

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Capitolo 1

1 . I Q U A R T I E R I D E L L A C I R C O S C R I Z I O N E S U D

PoRTa CReMoNa-VolTa

Il vasto insediamento di Porta Cremona e della Volta incomincia idealmente da quella che un tempo era denominata Porta Sant’Alessandro (diventata Porta Cre-mona nel 1862 e in seguito piazzale Cremona), ed era situata fra via Vittorio Emanuele II e via XX Settembre, perpendicolare a corso Cavour. La porta urbana, aperta nel 1249, venne ricostruita nel 1520, con i tipici caselli per i gabellieri e una struttura difensiva con torre e ponte. Uno degli episodi storici di cui la porta è stata protagonista fu l’ingresso in città del Granduca di Toscana, avvenuto nel 1628. Nell’Ottocento l’antica struttura della porta è sostituita da nuove costruzioni, e nel piazzale prospiciente viene realizzato l’edificio porticato del Mercato del vino, di gusto neoclassico.

I quartieri della Circoscrizione Sud

Illustrazione storica di Porta S. Alessandro vista da Sud

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Alla fine degli anni Venti del Novecento l’impostazione del piazzale muta an-cora, con un allargamento degli spazi e la parziale copertura del Garza che vi scorreva nei pressi.Poco lontano ha inizio via Cremona, che collega via Zima con la Volta, passando tra i quartieri Leonessa, Sant’Antonio e il villaggio Ferrari.Un tratto della via, all’altezza del bivio con via Bianchi, viene identificato già nelle mappe settecentesche come “Forca di cane”, un toponimo antico su cui sono sta-te avanzate molte congetture, fra cui quella che lo riconduce a una biforcazione di case (dal dialetto furca de cà).

L’area fra Porta Cremona e la Volta è punteggiata da diversi insediamenti realizzati dalla fine degli anni Venti al secondo dopoguerra, nati come quartieri periferici per ospitare l’espansione demografica della città. Il primo nucleo a sorgere nella zona fu il quartiere Leonessa, inizialmente denominato “Littorio”, la cui edificazione ven-ne promossa nel 1926 dal Comune su una superficie di 20 mila metri quadrati, acqui-stata dalle Ferrovie e situata fra via Cremona e la linea ferroviaria Brescia-Parma.L’obiettivo era quello di farne un quartiere “per le classi impiegatizie” e operaie, con villette quadrifamiliari con giardino, protette dal traffico di via Cremona da alcuni spazi verdi.

Zona tra via Cremona e via Forcello

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1 . I Q U A R T I E R I D E L L A C I R C O S C R I Z I O N E S U D

Fra il 1936 e il 1938 viene costruito il villaggio Ferrari, su un’area di 35 mila metri quadrati posizionata fra via Cremona e via Duca degli Abruzzi. L’operazione, che si propone come esperimento d’avanguardia di edilizia operaia, è promossa dall’industriale Roberto Ferrari, per dare alloggi ai lavoratori impiegati nel vicino Calzificio Ferrari.L’insediamento è costituito da 40 edifici di varia tipologia e da un palazzo centra-le con torretta che domina il villaggio, ospitando negozi per il quartiere e l’ufficio postale. Alcuni studiosi hanno identificato nel villaggio Ferrari uno degli esempi emblematici sul territorio di paternalismo industriale “protetto”, in linea cioè con le politiche sociali del fascismo: non a caso il villaggio viene dotato di tutti i servizi di base per la comunità, come l’asilo infantile, la scuola elementare, lo spaccio alimentare, la presenza di un curato per l’assistenza religiosa. Di pari passo, però, la ditta mantiene indirettamente il controllo su dipendenti e famiglie imponendo agli assegnatari degli alloggi il rispetto di un rigido regolamento, che prescrive “la moralità più severa” di tutti i componenti delle famiglie, l’ordine e la retta condotta, pena lo sfratto.Nel 1954, con la chiusura del Calzificio, molti dei residenti abbandonarono il villaggio, non potendo acquistare le villette che venivano messe in vendita.

Veduta del Quartiere Leonessa

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Oggi il quartiere, pur mantenendo la sua originaria fisionomia di “isola” ai confini della città, è stato pienamente inserito nel contesto urbano.Quasi coevo è il quartiere Bonoris, costruito negli anni 1937-39 (il terzo lotto vedrà invece la luce nel secondo dopoguerra) a sud del villaggio Ferrari, per iniziativa della Congrega della Carità Apostolica, con la finalità di rendere disponibili case popolari e a basso prezzo per le famiglie meno abbienti.Tra i quartieri Bonoris e Leonessa si situa il villaggio S. Antonio, costruito nel 1949-50 per ospitare i profughi giuliano-dalmati giunti a Brescia dopo il passaggio dei territori istriani e dalmati alla Jugoslavia. L’edificazione del vil-laggio viene promossa dal Comitato profughi di Brescia, secondo uno schema unitario di abitazione, replicabile in diverse aree.A completare lo scorcio dei quartieri sorti nella zona di Porta Cremona è il villaggio Verde, l’ultimo ad essere costruito, nel 1953, su iniziativa del Co-mune, nell’area fra via Maggi e la ferrovia Brescia-Parma, per alloggiare i sen-zatetto per motivi bellici. La prosecuzione verso sud di via Cremona diventa via della Volta, una de-nominazione che risale al XII secolo per indicare l’ampio territorio un tempo situato fuori dalle mura della città. I reperti tombali trovati nella zona fanno supporre che anticamente la Volta ospitasse una fara, ovvero un accampamen-to di guerrieri longobardi e delle relative famiglie.Per lungo tempo la Volta è stata un’area incontaminata di boschi dove si pra-ticava la caccia. A partire dal Duecento e nei secoli successivi vengono avviate

Veduta di Porta Cremona nei primi anni del Novecento

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L’Ospedale psichiatrico

Fino alla seconda metà del XIX secolo il Manicomio Provinciale occupa-va una parte dello Spedale Maggiore di Brescia, ma l’inadeguatezza di tale sistemazione e la necessità di una nuova struttura per il ricovero dei pazienti con problemi psichiatrici si rendeva sempre più manifesta tanto da essere denunciata nel rendiconto del direttore medico dell’ospedale, datato 1882.In seguito la Deputazione Provinciale incaricò due suoi membri di studiare e visitare i centri più importanti in Italia per definire la tipologia di ma-nicomio più consona alle esigenze della città: dopo una lunga disamina venne proposto come riferimento il manicomio di Imola, e il 30 aprile 1889 il Consiglio provinciale di Brescia deliberava la costruzione di una struttura “introducendovi tutte quelle varianti che la scienza e l’esperienza suggeriscono”.I lavori di costruzione ebbero inizio nel 1892 su progetto dell’ingegner Gadola (e successivamente dell’ing. Cacciatore che apportò alcune modi-fiche) e si conclusero nel 1896.

attività agricole come la coltivazione di viti e ortaggi e si sviluppano cascinali e case di campagna: questa vocazione rurale della zona verrà conservata fino alla prima guerra mondiale.Dal punto di vista amministrativo la Volta faceva parte del Comune autono-mo di S. Alessandro, che sopravvive fino al penultimo decennio dell’Ottocento, prima di venire assorbito nel Comune di Brescia. A partire da quel momento, sul crinale fra Otto e Novecento, la Volta inizia a conoscere un significativo sviluppo urbanistico – avviato con l’inaugurazione dell’ospedale psichiatrico - che impone la dotazione di servizi e infrastrutture: nel 1923 arrivano i nuovi impianti dell’acqua potabile, oltre a scuole, collegamenti viari e alla condot-ta medica. Nel frattempo vengono avviate attività produttive industriali (come quelle degli stabilimenti Ferrol, Molini Sordelli, Palazzoli) che insieme agli in-sediamenti commerciali e abitativi daranno alla zona il volto odierno di realtà ormai integrata nella dimensione cittadina.

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Tutto il progetto era dimensionato per una capacità recettiva di circa 550/600 pazienti, stima che all’epoca sembrava ottimale, ma già nel 1903, neppure dieci anno dopo l’inaugurazione, gli alienati (come venivano al-lora chiamati gli ospiti del manicomio), complice la pellagra e l’alcolismo, erano oltre 700.L’esponenziale aumento della domanda e l’effetto devastante della prima guerra mondiale (dal 1915 un intero padiglione venne adibito esclusiva-mente al ricovero di militari) dimostrarono la necessità di ulteriori amplia-menti con la costruzione di nuovi padiglioni.All’epoca i malati erano suddivisi in tranquilli, semi agitati, agitati, furiosi, suicidi, vecchi, cronici ed epilettici, e ad ognuno era assegnato un padiglio-ne, con caratteristiche architettoniche e costruzioni diverse (per furiosi e suicidi, ad esempio, c’era un padiglione isolato, con piccole cellette protet-te da sbarre ed imbottite).Con la soppressione dei manicomi, la struttura di via Duca degli Abruzzi ha mutato destinazione, e oggi ospita la sede dell’Asl di Brescia e del Distretto 1, ma non ha perso del tutto la sua vocazione originaria, dal momento che ospita anche una comunità alloggio e una residenza sanitaria per la disabilità mentale.

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L’Ospedale Psichiatrico in una foto del 1904

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FoRNaCi

La storia di Fornaci affonda le sue radici in un documento risalente all’anno 843, in cui il vescovo Ramperto, nell’assegnare beni al monastero di San Faustino maggiore, gli conferiva anche le fornaci situate verso Flero, che avrebbero fornito mattoni e materia-le edilizio necessario per le costruzioni avviate dal cenobio in città e in campagna.Il nome della frazione, situata a sud della città sulla strada verso Quinzano e Cre-mona, deriva infatti dalla presenza di antiche fornaci nate col favore di un terreno particolarmente argilloso, grazie ai sedimenti trasportati dalle acque del Garza. Dai reperti ritrovati si ritiene che la zona fosse abitata già dall’epoca romana.Fa parte di Fornaci anche la località chiamata dagli abitanti “Serpente”: il nome deriva dall’ampia corte che sorgeva in quell’area nell’alto Medioevo, che serviva da ospizio per accogliere i viandanti in cammino sulla strada da Brescia a Quinzano, ed era denominata in latino “Hospitale S. Mariae ad cerrum pictum” (con riferimento secondo alcuni studiosi all’insegna dipinta su un acero per richiamare l’attenzione dei pellegrini, secondo altri a un edificio dipinto), frase rielaborata in termini dialet-tali come “Sér pènt”

La Parrocchiale del quartiere Fornaci

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Nel Quattrocento il borgo conosce un significativo ampliamento, che si consoliderà nel secolo successivo attorno al piccolo convento dei frati della Congregazione del Terz’Ordine regolare di Lombardia e alla chiesa dedicata a San Rocco, la cui edifica-zione incomincia nel 1519.Attorno al convento e alla chiesa, grazie alla presenza attiva dei religiosi terziari, la comunità si consolida e cresce, nonostante alla fine del Seicento i frati debbano abbandonare la frazione per spostarsi nel nuovo convento di Borgo Pile. Il borgo di Fornaci aveva sempre fatto parte dell’antica parrocchia di Verziano: bisogna atten-dere il 1816, con la costruzione della nuova chiesa di San Rocco, perché con decreto vescovile la frazione venga dichiarata parrocchia autonoma.Nell’Ottocento la contrada conosce un nuovo slancio economico e demografico, ospitando anche la sede di una Società operaia cattolica.Oggi Fornaci conta oltre 2600 abitanti e grazie all’espansione degli insediamenti cittadini e ai collegamenti viari è diventata parte integrante del perimetro urbano.Fra i retaggi del passato rimangono in zona due eleganti abitazioni, la settecentesca villa Onofri, con grande portico e cortile, e la coeva villa Pellizzari di Meduna.

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VillaGGio seReNo

L’origine del nome dato al Villaggio viene collegata alla “Cooperativa Serena” che fu protagonista dell’edificazione del complesso urbanistico, nato secondo lo schema organizzativo dei villaggi ispirati da padre Marcolini. Dopo i villaggi Violino, Badia e Prealpino, il primo nucleo urbano del Sereno fu inaugurato nel 1963 (i lavori erano iniziati nel 1961), ampliato qualche anno più tardi con insediamenti successivi che conferirono la forma attuale al Villaggio, tra le vie Flero, Labirinto e l’autostrada.Fino alla fine degli anni Cinquanta la zona ospitava campi e prati che si prestava-no come pascoli o aree da coltivare, e divennero ben presto oggetto di una rinno-vata attenzione come possibile area da edificare per dare risposte all’aumentata richiesta di case, sull’onda del boom demografico e della ripresa economica.L’idea, coltivata da padre Marcolini con la cooperativa “La famiglia”, era quel-la di dar vita a nuclei urbani decentrati, con case e villette a prezzo abbor-dabile e realizzabili in tempi brevi. Al Villaggio Sereno la realizzazione delle costruzioni venne affidata a piccole imprese o realtà a gestione famigliare, che diedero all’insediamento la tipica pianta dei villaggi Marcolini, organizzata in lotti abitati suddivisi da vie in direzione est-ovest e da traverse in senso nord-sud, contraddistinte da una numerazione progressiva. Alla memoria di padre Marcolini i residenti del Sereno hanno dedicato un monumento, eretto alla fine degli anni Ottanta.

Villaggio Sereno

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I primi tempi al Villaggio non furono facili per i residenti – circa 600 famiglie - dal momento che il nuovo insediamento scontava la mancanza di collega-menti diretti con la città, costringendo gli abitanti del Sereno a farsi strada fra detriti e sentieri precari per arrivare fino a via Labirinto e prendere lo storico “Leoncino”, antenato del bus che collegava con il centro. C’era poi il proble-ma delle strade poco battute, e inizialmente non asfaltate, e della carenza di servizi di base, come scuole e luoghi di culto. Nei primi tempi è l’edificio delle scuole elementari a prestarsi a spazio polifun-zionale, in grado di ospitare asilo, scuola, oratorio, Acli e riunioni pubbliche. Nel 1964 viene costruita la prima chiesa, dedicata a San Filippo Neri, cui si aggiunge nel 1969 una chiesa intitolata a San Giulio prete, per ricordare padre Giulio Bevilacqua. Si formano due distinte comunità parrocchiali e nell’arco di una decina di anni il Villaggio viene dotato delle principali strutture di servizio per la comunità, come scuole, oratorio, campo sportivo, cinema. Per l’inaugu-razione della biblioteca bisognerà invece aspettare il 1981.Fra gli edifici storici inglobati nel Villaggio fin dalla sua edificazione figura l’antica villa Di Rosa, risalente al Settecento, che si contraddistingue per il disegno archi-tettonico che richiama da vicino l’impostazione delle ville venete, con facciata signorile e galleria pedonale che cinge idealmente il pianterreno della villa.

Il quartiere a metà degli anni ‘80

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1 . I Q U A R T I E R I D E L L A C I R C O S C R I Z I O N E S U D

laMaRMoRa

Intitolato ad Alessandro Lamarmora, fondatore del corpo dei Bersaglieri nel 1836, il quartiere si sviluppa da un primo nucleo di case popolari edificate alla fine degli anni Trenta del secolo scorso. Nel secondo dopoguerra l’area conosce una significativa espansione, con l’inaugura-zione di complessi di case di edilizia economica popolare destinati ad accogliere un inedito mix sociale, composto da nuovi residenti delle più diverse provenienze: dai profughi istriani ai contadini giunti in città per offrire manodopera, cui si aggiunge-vano famiglie arrivate a Brescia dal sud Italia.Chiesa e asilo vengono inizialmente ricavati nel cortile e nelle stanze di una casa colonica: bisogna aspettare il 1951 per l’apertura della scuola elementare e il 1953 per l’inaugurazione della chiesa, dedicata a San Giacinto. Edifici caratteristici del quartiere sono quello della Centrale del latte, realizzato nel 1931 con un’impostazione architettonica moderna, e la palazzina sede dell’Azienda dei servizi municipalizzati (ora A2A), sorta negli anni Sessanta.Negli anni Settanta sull’asse est-ovest urbano nasce via Cefalonia, attorno alla quale si sviluppa il moderno quartiere di Brescia Due, con architetture di gusto contempo-raneo, caratterizzatosi nel tempo per la presenza di uffici, banche e realtà dirigenziali.

Veduta di Brescia Due con il Crystal Palace

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Il Quartiere Perlasca

Il quartiere Perlasca è il secondo a nascere con l’edificazione che caratterizzò la zona conosciuta, oggi, con il nome di Lamarmora, nel periodo post bellico.Correva l’anno 1947 quando la necessità di trovare nuove case per i senza tetto portò alla costruzione dei primi sei condomini del quartiere Bettinzoli, un anno dopo cominciava l’edificazione del quartiere Perlasca, grazie all’Istituto Case Popolari che, tra il 1949 ed il ’50, consegnava ben trecentonovantadue alloggi ad altrettante famiglie.Il “Perlasca”, che prende nome dal partigiano Giacomo Perlasca, fucilato solo quattro anni prima, nasceva, quindi, come quartiere nuovo caratterizzato dalla presenza degli operai dei grandi stabilimenti produttivi, come Berardi, Om, Atb, dei dipendenti pubblici e di giovani famiglie con parecchi bambini. Sessat’anni fa al Perlasca le strade erano ancora sterrate e per un anno intero mancò il collegamento con il trasporto pubblico, il quartiere sorgeva con il Bettinzoli in mezzo alle grandi proprietà terriere. I negozi si contavano sulla punta delle dita: una latteria, un fruttivendolo ed un ferraio ma, soprattutto,

Pasqua. Giornata di festa per la visita del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi

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una cooperativa di consumo che risultò fondamentale per la sopravvivenza degli abitanti del quartiere.Al Perlasca nel giro di un anno arrivò, comunque, il filobus ma mancavano ancora servizi fondamentali, come il gas, così le famiglie erano costrette ad arrangiarsi con stufe a legna ed a carbone mentre per i fornelli da cucina si usavano le bombole: il gas sarebbe giunto solo tra il ’52 ed il ’53.A quei tempi le lavatrici erano ancora un lusso per le famiglie più abbienti, nelle zone popolari, invece, si utilizzava ancora il lavatoio pubblico che, al Perlasca, era rappresentato da un edificio coperto e dotato di dodici vasche in cemento a getto continuo di acqua, che oggi non esiste più.Il Perlasca era un quartiere popolari, dove gente con i soldi non c’era ma era la generosità di tutti a fare comunità: esempio furono i medici Federico Bacca-glioni e Michele Zorat che erano pronti a visitare i propri vicini ad ogni ora con l’attenzione e la dedizione dei dottori di una volta.Figura che non può essere tralasciata raccontando del Perlasca degli anni ’50 è sicuramente quella di Don Ferdinando Pezzetti, colui che diede vita all’Ora-torio facendolo divenire un punto di ritrovo per i ragazzi del quartiere.

I lavori di costruzione del Cavalcavia Kennedy e la Unicarbo in prossimità della Stazione ferroviaria

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Sarà grazie la suo impegno che verrà edificata la uova chiesa con annesso l’oratorio.Nel 1944 la stragrande maggioranza delle famiglie americane possedeva un frigorifero, a metà degli anni cinquanta al Perlasca si attendeva, invece, l’arrivo del giasarol che con il suo carretto trasportava il ghiaccio per alimentare le ghiacciaie delle famiglie.Negli anni ’50 arrivò il cinema che verrà utilizzato, oltre che per i film, per ritrovarsi a guardare insieme “Lascia o raddoppia” la trasmissione del giovedì di Mike Bongiorno.Con il passare dei decenni le cose cambiarono anche al Perlasca, soprattutto, durante gli anni ’70, il quartiere visse un periodo di ammodernamento che cambiò sostanzialmente le abitudini dei suoi abitanti. Tra gli anni ’70 e gli ’80 vennero rifatte completamente le cucine degli appartamenti, poi, i bagni, gli ascensori, infine, arrivarono la televisione nelle case e il riscaldamento centralizzato. Attualmente la zona ha cambiato radicalmente la propria fisio-nomia, anche se il Perlasca mantiene ancora quelle sue sembianze di isola silenziosa.

La gloriosa filovia “N° 2” in via Lamarmora davanti alle “Case Rosse”

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CHiesaNUoVa

Posto nella zona sud est della città, a circa tre chilometri dal centro, Chie-sanuova è un territorio di cui si conosce poco, anche, se sicuramente le sue origini sono pressoché agricole, come gli altri territori che circondavano Bre-scia. A conferma di questa tesi, come sempre, arriva la toponomastica: il nominativo “Le Fontanelle”, con il quale era indicato il quartiere della Noce, o la cascina “La Canal”, che con ogni probabilità deve il suo nome alla sua vi-cinanza con il fiume Grande, uno dei canali fondamentali per l’irrigazione dei campi, ribadiscono la vocazione sostanzialmente agricola di questi territori.Anche il Liber Potheris, infatti, racconta di una vasta estensione di vigneti in queste zone già nel 1255.Inserita all’interno della chiusura di Bottonaga, nel 1600 causa l’aumento della popolazione, per ordine del vescovo Gradenigo, venne imposta l’edifi-cazione di una nuova chiesa, consacrata nel 1629. La zona, attualmente caratterizzata da numerosi insediamenti industriali,

Il parco di Chiesanuova

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soprattutto nella zona della Noce, un tempo era contraddistinta dalla presenza di numerose cascine, alcune che sopravvivono ancora oggi in mezzo ai nuovi insediamenti abitativi, alle grandi arterie stradali ed alle fabbriche.Basti pensare all’ex cascina Moroni, oggi restaurata per ospitare il ristorante “Olimpo”, una dimora lasciata fino a vent’anni fa in stato di semi abbandono e restaurata nell’ormai lontano 1987, arricchita da interessanti affreschi e soffitti lignei. Al suo interno è presente una cappelletta dedicata a Sant’An-gela, datata 1695, ed un’edicoletta sulla quale è raffigurato lo stemma della famiglia Moroni, casata che diede l’ordine di edificare l’intero insediamento. La cascina, infatti, doveva essere la dimora estiva dei Moroni, famiglia di origi-ne bergamasca che aveva rami familiari a Brescia, Bologna, Milano e Roma.Altra villa storica è quella splendida di via Labirinto ed appena più a nord la casa “Breda –Laim”, chiamata così perché in passato apparteneva alla signora tedesca Anna Maria Nebel, vedova Laim. Successivamente la casa passò di proprietà dai Caponati, ai Merli, fino ai Pasini. Proprio nei campi

Chiesanuova anni ‘80

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vicino a questo edificio, in passato, sono state trovate divise appartenenti ai soldati che nel 1512 posero d’assedio la città. A dare conferma a questa tesi la lapide situata a fianco della parrocchiale del quartiere della Noce che recita così: “Hic locus orandi velox Vincentius autor Perdita cum Franco ab hoste fuit”. Con ogni probabilità, quindi, proprio alla Noce ci fu uno sconto cruento nel tentativo di sbarrare il passo a Guglielmo da Foix, cugino del re di Francia Luigi XII, intenzionato a dare una lezione alla nostra città, prima di soccombere nella battaglia di Ravenna.Nel corso dei secoli la zona è andata progressivamente urbanizzandosi ed il continuo amuleto della popolazione, nel 1970, la realizzazione di una nuova chiesa, fatta sorgere lungo via della Noce e progettata dagli architetti Fasser, Mettifogo, Rubagotti e Simeoni.

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il qUaRTieRe DoN bosCo

Il quartiere Don Bosco, un tempo faceva parte del vasto territorio, denominato Bottonaga, che iniziava proprio al di fuori delle mura della città, dalla parte della porta di S. Nazaro. Questa zona confinava a nord con la parrocchia di Fiumicello e le chiusure di S. Giovanni, a occidente con il fiume Mella, a sud con le parrocchie di Veriano e Folzano e, ad est, con le chiusure di S. Alessandro.Il territorio di Bottonaga racchiudeva sostanzialmente gli attuali quartieri Don Bosco, Chiesanuova, Girelli, Noce e Pilastroni.Fin dai tempi medioevali questo territorio era caratterizzato da una scarsa popo-lazione, per lo più ortolani e contadini, anche se ebbe un certo rilancio economico e civile nei periodi caratterizzati dalle dominazioni longobarde e franche. Come in tutte le comunità parallelamente si sviluppava anche la comunità reli-giosa e la necessità di edificare luoghi adatti al culto. Sorsero, quindi, la chiesa di Santa Maria di Vergnano, che pare essere quella di origine più antica, e quella di Santa Maria di Bottonaga. In quel periodo aumentavano anche le ville e le cascine padronali delle famiglie nobiliari e dei ricchi possidentiAlla fine del seicento e durante il secolo successivo, nelle varie case padronali di Bottonaga, furono aperti numerosi oratori comodi per i proprietari e per i conta-dini che lavoravano nei campi.Rimasta zona essenzialmente agricola e di confine questo luogo comincia a svi-lupparsi nei primi decenni del 1900, quando iniziarono ad insediarsi i primi nuclei abitati, grazie, in particolare, alla Cooperativa edile ferrovieri che, tra via Toscana e via Lombardia, costruì le prime 24 villette e 6 case, che avrebbero dato il via all’edificazione di questo quartiere. Parallelamente si sviluppavano gli insedia-menti industriali, come lo scalo merci a ovest di via Dalmazia, i magazzini generali Borghetto e la ditta Federico Marasini, la più antica della zona che operava nel campo degli appalti ferroviari, tanto per citare alcune delle aziende più importanti e caratteristiche del territorio. Proprio la società Borghetto insistette, nel 1927, affinché si realizzasse per intero la vecchia via Bottonaga.La nuova via, attraversato il canale Garzetta, arrivò così sino al fiume Grande, in corrispondenza di un edificio con ruota idraulica ancora oggi visibile.

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Nel 1933 il quartiere e la via in questione vennero dedicati a San Giovanni Bosco, come celebrazione della sua santificazione ed in corrispondenza con l’Istituto Sa-lesiani di cui lo stesso santo fu fondatore. La denominazione venne ufficializzata nel 1937 e contemporaneamente si dava il via ai lavori di costruzione della chiesa dedicata a S. Paolo, progettata dal salesiano bresciano Giulio Vallotti.Nel frattempo il quartiere cresceva progressivamente e cominciarono a sorgere nuovi edifici in via Marche, via Lazio e via Sicilia. Nel 1952 la popolazione contava 3.184 abitanti e 944 famiglie che, confrontate alle 25 di poco più di trent’anni prima, sono significative di come il quartiere stesse crescendo dal punto di vista urbanistico ed abitativo e delineando, neanche troppo lentamente, il quartiere Don Bosco come lo conosciamo oggi.

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FolzaNo

Frazione sorta nella parte sud della città almeno sin dall’epoca romana Fol-zano era ai quei tempi una spianata incuneata in mezzo alle folte foreste che caratterizzavano la zona boschiva che attorniava Brescia da Roncadelle a Castenedolo.Luogo agricolo e di caccia, quindi, Folzano, con molte probabilità, deve il suo nome dal latino “fundus infulcianus”, dal quale deriva, poi, il nome Fulcianus, che potrebbe significare, appunto, fondo incuneato in un fitto bosco.Fu, comunque, la villa di un grande signore romano, Felice o Fulcious, ap-punto, dal quale potrebbe prendere origine, secondo un’altra teoria, il nome Folzano: proprietario di fondi ed alcune abitazioni, probabilmente il nobile romano pose le basi per la formazione della “villula”, il primo agglomerato di abitazioni.Testimonianza dell’epoca romana è rappresentata da una lapide sulla quale è posta la scritta “Iovi O.M. Sac. Minicia”, ritrovata nel 1867, vicino ad un’area dedicata al culto di Minerva.Folzano assunse maggiore importanza quando venne tracciata la strada che prendendo il via da Porta Cremona e passando per il territorio di Folzano, pri-ma, e S. Zeno, poi, si dirigeva verso la pianura. La leggenda vuole che questa strada, abbandonata in epoca medioevale, venne percorsa dai patroni della città SS. Faustino e Giovita.Successivamente questo territorio divenne parte del demanio pubblico per essere, poi, donato, con documento datato 15 luglio 1037, dall’imperatore Corrado II al vescovo di Brescia.Nell’alto medioevo il territorio appartenne, in parte per donazione longobar-da, all’abbazia di Nonantola ed infine venne compreso nelle Chiusure nella prima quadra di Sant’Alessandro.Trovandosi ai confini della città Folzano fu più volte disturbato dal passaggio di truppe nemiche: basti ricordare l’assedio del 1435 e quello del 1483.Storicamente, nonostante negli Statuti bresciani si parlasse già di una fornace nel 1470, la località rimase, soprattutto, agricola, grazie alla presenza di latifondi di proprietà di famiglie come i Legnazzi, i Peschiera, i Gussago, i Torri.

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Nel 1850 a Folzano si coltivavano foraggi, gelsi e viti ed esistevano case di campagna particolarmente belle, molte della quali esistenti tutt’ora.Negli anni a venire la zona si è arricchita di numerosi insediamenti industriali tra le quali vale la pena ricordare le Fonderie San Zeno, che fornisce lavoro a centinaia di operai.Dal punto di vista religioso, invece, non è nota la data di edificazione della prima chiesa, anche se durante i lavori di demolizione del 1765 volti all’edifi-cazione della nuova chiesa vennero scoperti due antichi dipinti di origine me-dioevale al di sotto dei quali ne erano presenti alcuni ancora più datati. All’in-terno dell’attuale chiesa, inoltre, vale la pena ricordare la pala raffigurante il battesimo dell’imperatore Costantino ad opera di Gian Battista Tiepolo.

La Chiesa di Folzano

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31Vincenzo Foppa, Natività, Chiesa di Santa Maria Assunta

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Capitolo 2

le CHiese

Chiesa di S. Maria della Vittoria La chiesa è uno dei tre templi votivi cittadini edificati nel ricordo dei caduti del-la prima guerra mondiale, dopo che era stata invocata la protezione celeste in occasione della ritirata di Caporetto. Già mentre è in corso il conflitto, nel 1917, vengono avviate le procedure per acquisire l’area in via Cremona, e nel 1926 la chiesa, progettata da Alfredo Premoli, viene aperta ai fedeli. Il completamento della struttura subisce numerosi arresti e riprese, prima che la chiesa venga ulti-mata nel 1953. All’interno, di impostazione romanico-gotica, risalta la grande tela settecentesca con la Madonna e il Bambino in trono e i santi Faustino e Giovita, cui conferisce ulteriori suggestioni la tradizione secondo cui proprio nell’antica Porta Cremona i santi patroni della città avrebbero subito il martirio. Da vedere anche la vetrata policroma con l’Assunta, realizzata da Oscar Di Prata nella cappella di fronte al battistero.

A completare il trittico dei templi votivi per i caduti della Grande Guerra, in-sieme alla chiesa della Immacolata nella zona di via Veneto, è la chiesa di San Giovanni Bosco, iniziata nel 1937 e consacrata a San Paolo Apostolo nel 1950. A navata unica con volta a botte, la chiesa è decorata con numerosi affreschi del pittore comense Mario Bogani. Di particolare interesse storico, nella nicchia attigua al battistero, è la statua di Maria Ausiliatrice in legno policromo, da sempre al centro della devozione dei fedeli, tanto che un tempo veniva ador-nata di preziosi ex voto.

Chiesa di S. Maria in SilvaProgettata dall’architetto Rodolfo Vantini in stile neoclassico, la chiesa viene ultima-ta nel 1857, nell’area prospiciente via Corsica. Insolita è l’impostazione interna della

A spasso per la Sud

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struttura, con la navata dal corpo semicircolare che secondo alcuni studiosi richiama un edificio a pianta centrale, seppure in una combinazione di schemi diversi.Nella cappella destra, sopra il fonte battesimale, si distingue la tela di Lattanzio Gambara che raffigura Santa Barbara venerata dal devoto P.A. Ducco, di recente restaurata: il dipinto era stato realizzato nella seconda metà del Cinquecento per la chiesa dei Santi Nazaro e Celso, ed è stato trasferito nell’Ottocento in Santa Maria in Silva. Protettrice di artificieri e artiglieri, invocata contro i fulmini e la morte improvvisa, la santa viene raffigurata con tratto morbido ed elegante, in una scena cui il Gam-bara conferisce effetti di grande espressività, fino al dettaglio prospettico, sullo sfondo, del fulmine che colpisce una rocca.Fra le altre opere da ammirare spicca l’affresco di Angelo Inganni con S. Bartolo-meo apostolo che dona il pane ad alcuni fanciulli, datato 1860, e la decorazione del catino del presbiterio realizzata da Cesare Bertolotti, che raffigura Maria con-solatrice degli afflitti.

Il percorso di scoperta delle tele preziose prosegue a Folzano, nella chiesa di San Silvestro (in cui al momento sono in corso lavori di consolidamento prima

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Veduta interna della Chiesa di San Silvestro

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della riapertura ai fedeli), dove è custodito il dipinto di Giovanni Battista Tiepolo che rappresenta il battesimo dell’imperatore Costantino per mano di papa Silvestro, ed è stato realizzato nel 1759. L’opera costituisce la pala dell’altare maggiore, e in essa si riconoscono l’intensa luminosità, i cromatismi e la leggerezza delle linee che, insieme allo sfondo scenografico, caratterizzano la maturità creativa dell’artista.La chiesa è un esempio ben conservato di architettura sa-cra della prima metà del Set-tecento, con l’effetto ascensio-nale della facciata, incorniciata dalla lanterna della cupola e dal campanile, e l’interno con un’unica ampia navata a pianta rettangolare. Vicino all’ingresso è significativo il bassorilievo della “Risurrezione di Cristo” a grandezza naturale, che si rifà a moduli rinascimentali. Di scuola tiepolesca la pala dell’”Immacolata Concezione”, nella ex cappella del Sacro Cuore, mentre nell’area presbiterale l’altare maggiore è ornato dagli stucchi di Antonio Ferretti. La chiesa conserva anche un organo costru-ito attorno al 1870 da Giovani Tonoli.

La parrocchia di Santa Maria Assunta, a Chiesanuova, di moderna costruzione (è aperta al culto dal 1972) custodisce una rinomata tavola opera di Vincenzo Foppa, sul tema della “Natività”, che faceva parte di un polittico e viene datata attorno al 1482-85 circa. La tavola ad olio, ospitata nella cappella feriale della chiesa (visibile in occasione delle funzioni o previa prenotazione in parrocchia), è espressione della piena maturità dell’artista, precursore del

Pala del Tiepolo nella chiesa di San Silvestro

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naturalismo lombardo e maestro nel calibrare i toni luministici con effetti di verismo. La scena dell’adorazione del Bambino si distingue per la delicata intimità domestica che la pervade, per l’uso sapiente della luce e per lo sfondo con un paesaggio collinare, dove l’angelo annuncia la natività ai pastori, in continuità con la narrazione in primo piano.

Di origine cinquecentesca, poi ampliata nel Settecento è la chiesa di Santa Maria della Noce, nell’omonima via, con interno a tre navate caratterizzato dall’ambiente raccolto e dalle piccole dimensioni. Fra i dipinti di maggiore pregio custoditi nella chiesa risalta la Madonna con Bambino in trono e i Santi Nazaro e Celso, opera di Francesco Clusone risalente al 1515. Da vedere anche l’altare secentesco della cappella terminale nella navata sinistra. Di Santa Maria della Noce fu parroco Sant’Arcangelo Tadini, prima di spostarsi a Botticino, dove fondò nel 1900 la Congregazione delle Suore operaie.

La chiesa di San Rocco, a Fornaci, è stata costruita nell’Ottocento su una preesistente struttura che risaliva al Cinquecento, di cui rimangono tracce nella cappella sinistra (fra cui un piccolo affresco).Presso gli altari laterali è possibile ammirare il dipinto, forse di scuola morettesca, della Madonna col Bambino, e la tela con i Santi Carlo Borromeo, Bernardino e Rocco del secolo XVII. Pregevoli le architetture interne, con pianta a croce greca e struttura unitaria. La cupola è stata decorata da Vittorio Trainini.

Di recente realizzazione è la chiesa di San Giacinto, nel quartiere Lamar-mora, promossa dal Comitato per le chiese dei nuovi quartieri e consacrata nel 1953 da monsignor Giacinto Tredici. Alla facciata con andamento ad archi fa da contrappunto, all’interno, l’unica navata con volta a botte. Ad alcune decorazioni e vetrate della chiesa ha lavorato Oscar Di Prata. Significative la tela della Sacra famiglia di scuola lombarda del Settecento, e la Madonna della cintola, nel presbi-terio, che alcuni ritengono opera della scuola di Francesco Paglia.

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le TRaDizioNi

La Madunina dei custùLa tradizione è legata alla festa per la raccolta delle ortaglie che si celebrava ogni anno, a novembre, nell’antico quartiere di Bottonaga. La zona fra via Corsica e l’attuale quartiere Don Bosco ha avuto fino ai primi decenni del No-vecento una vocazione rurale, grazie alla presenza di campi coltivati ad orta-glie. Per i contadini del luogo era un’usanza condivisa quella di ritrovarsi, una volta all’anno, in occasione della fine del raccolto, nella chiesa di Santa Maria in Silva, un tempo denominata Madonnina del buon viaggio e identificata come la protettrice dei raccolti, cui era dedicata la massima devozione. Dopo la messa ci si dava appuntamento nelle vie del quartiere per una giornata di festa popolare cui si univa gente proveniente dalle altre zone della città. La ricorrenza ha preso il nome di “Madunina dei custù” per richiamare il tipico ortaggio che veniva coltivato (“custù” è il nome dialettale con cui venivano chiamate le verze): nella festa che seguiva la messa venivano imbanditi i tipici

Gli Alpini, artefici della casoncellata

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casoncelli bresciani, anch’essi soprannominati “de la Madunina dei custù”.Oggi la tradizione, che affonda le sue radici nell’Ottocento, è tornata a vivere grazie agli Alpini di Bottonaga, che organizzano ogni anno a novembre la caratteristica fiera con i tipici casoncelli, accompagnata da bancarelle per le vie.

Il rogo della vecchiaNel quartiere di vecchia Bottonaga la sera del Giovedì grasso si rinnova, sullo schema distintivo di un tempo, il “rogo della vecchia”. Secondo l’uso popola-re, le vie del quartiere sono attraversate da una sfilata variopinta e strepitan-te, che ha il valore simbolico di richiamare gli spiriti maligni con il frastuono di pentole e barattoli, per condurli sul carro dove svetta la “Vecchia”, un grosso pupazzo di fattezze umane.Come vuole la tradizione, una volta calate le tenebre alla Vecchia viene appic-cato il fuoco in un posto visibile da tutti, sulla scorta di una ritualità antica, che vede nel fantoccio un rimando alla figura della strega, o più probabil-mente un simbolo dell’inverno rigido e buio, che deve lasciare il posto alla primavera che si avvicina. Nel remoto immaginario contadino, legato al ciclo naturale e ai ritmi produttivi della terra, bruciare la vecchia, simbolo di una femminilità non più feconda ed emblema di tutte le sventure e avversità, ser-viva per scacciare gli spiriti maligni e la miseria, propiziando invece fertilità e prosperità.

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i PaRCHi

Luogo di aggregazione e punto di riferimento soprattutto per la stagione primaverile ed estiva, il parco Gallo nell’area di via Cefalonia rappresenta una meta di richiamo grazie alla fitta vegetazione che rende la zona particolarmente ombreggiata e fresca. Giochi per bambini, pergolati e servizio ristoro distribuiti su un’area di oltre 37 mila metri quadrati aggiungono attrattiva allo spazio verde, frequentato da famiglie e da residenti di tutte le età.

Sempre a Brescia Due, il parco Tarello inaugurato nel 2007 costituisce un polmone verde da 100 mila metri quadrati di superficie, che con le sue geometrie e la sugge-stiva fontana ornamentale ha ridisegnato il volto del quartiere, proponendosi come spazio comune di ritrovo, grazie ai viali per passeggiate, ai giochi per i più piccoli e all’area spettacolo.

Ha preso forma grazie al recupero di aree agricole abbandonate il parco Pescheto, in zona Lamarmora, favorendo la riqualificazione delle aree limitrofe con i suoi quasi

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Veduta aerea del parco Gallo

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40 mila metri quadrati di superficie, dotati di aree gioco per bambini, pergolati, uno spazio dedicato all’attività motoria dei cani e le attrezzature sportive per praticare la pallavolo, giocare a calcetto o a bocce.

Di recente realizzazione sono i giardini Bettinzoli, ricavati nell’area di via Caleppe, in una zona un tempo incolta. Elementi caratteristici dello spazio verde sono lo snodo dei vialetti per fare passeggiate e la ricca piantumazione che si estende su una super-ficie di oltre 10 mila metri quadrati.

Il parco di via Parenzo, a Chiesanuova, è stato realizzato nel 2004 su una super-ficie di 25 mila metri quadrati, secondo il criterio della progettazione partecipata con gli abitanti del quartiere: in questa prospettiva sono stati privilegiati gli spazi dedicati ai giochi per bambini e le possibilità ludiche offerte da un’area spettacoli per manife-stazioni all’aperto.

Con un’estensione di oltre 39 mila metri quadrati, il parco di via Livorno è un’area pensata per accogliere residenti delle più diverse fasce di età, con attrezzature sportive per giocare a calcetto, giochi per bambini, pergolati e fontana ornamentale.

Scorcio del parco Tarello

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A Fornaci, il parco Boninsegna rappresenta un nuovo spazio verde, realizzato in-sieme ai nuovi insediamenti di edilizia convenzionata. Giochi per i più piccoli, tavoli e pergolati sono distribuiti su una superficie di oltre 7500 metri quadrati.

Una vasta area verde è quella ricavata nel parco Centro Sud di via Boves, nella zona della Volta, che dispone di giochi per l’infanzia, attrezzature sportive per calcetto e bocce e una superficie di oltre 30 mila metri quadrati per soddisfare le esigenze degli abitanti del quartiere.

Dopo la risistemazione ha assunto una nuova centralità di quartiere il parco Dor-doni, in via Repubblica Argentina, in precedenza diviso in due parti da una strada carrabile, ora eliminata con la messa in sicurezza dell’area verde arricchita da percorsi interni, nuovi giochi per bambini e aree di sosta pensate per il comfort degli anziani.

Di recente è stato risistemato il sottopassaggio che collega l’area verde di via Repub-blica Argentina con il parco di via del Brasile, separati dal tracciato della ferrovia Brescia-Parma. Abbattute le barriere architettoniche, il sottopassaggio pedonale e ci-clabile è diventato un pratico collegamento per i residenti fra la zona di via Duca degli Abruzzi e quella di via Cremona.

Il parco Pescheto in una veduta aerea

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le RealTà Del TeRRiToRio

IRCCS Centro San Giovanni di Dio FatebenefratelliLa storia dell’Istituto di via Pilastroni affonda le sue radici nel 1882, anno in cui inizia la sua attività come ospedale psichiatrico grazie a una donazione ai Padri Fatebenefratelli destinata alla cura dei malati alienati. Dopo la riforma psichiatrica del 1978 la struttura conosce un profondo proces-so di cambiamento che passa attraverso un preciso percorso formativo degli operatori, il rinnovamento degli edifici e l’attivazione di progetti sperimentali come quello che porta allo sviluppo di competenze e strutture innovative per la riabilitazione di persone con disturbi mentali gravi e quello per la riabilita-zione delle persone affette dalla malattia di Alzheimer, ambito per cui l’Istituto entra a far parte di un progetto-pilota della Regione Lombardia. Insieme a questo processo di importante cambiamento inizia una intensa at-tività di ricerca scientifica che contribuisce al riconoscimento dell’Istituto, nel 1996, come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico-IRCCS per la riabilitazione psichiatrica e per la riabilitazione della malattia di Alzheimer. Oltre alle unità operative di degenza, day hospital, a strutture per la resi-denzialità psichiatrica e ambulatori, particolarmente attiva è la vocazione del Centro sul fronte della ricerca scientifica, che vede attive diverse unità orga-nizzative sia nella forma di veri e propri laboratori, come quelli di genetica, neurobiologia, neuroimaging, neuropsicologia e neurofisiologia, che di équipe dedicate, come quelle della ricerca psico-sociale e della ricerca clinica sulla malattia di Alzheimer.

Cooperativa La MongolfieraLa Cooperativa sociale La Mongolfiera Onlus nasce nel 1986 per realizzare servizi che migliorano le condizioni di vita personale, sociale e lavorativa delle persone in situazione di handicap e delle loro famiglie.Nel corso degli anni ha realizzato servizi e progetti con specifici e differenti obiettivi, tutti accomunati però dalle stesse linee d’impegno e da una convin-zione di fondo: che la diversità sia ricchezza.

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Con sede operativa al Villaggio Sereno, la cooperativa ha attivato molteplici servizi, come il Centro Diurno Disabili - servizio diurno semiresidenziale – la Comunità Socio Sanitaria - servizio residenziale di protezione sociale per per-sone adulte disabili - il Servizio Avviamento al Lavoro, il Centro Socio Educati-vo, il Servizio di Formazione all’Autonomia, il Servizio Tempo Libero.

2 . A S P A S S O P E R L A S U D

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3 0 A N N I D I P A R T E C I P A Z I O N E - L ’ e s p e r i e n z a d e l l e C i r c o s c r i z i o n i a B r e s c i a

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San Silvestro PapaVia del Rione, 56 – Folzano

Parroco Don Giuseppe Mensi

tel. 030 2667072

Del Beato Palazzolo Via Botta, 46

Parroco Don Alberto Maranesi

tel. 030 2667072 - 030 3542542

S. Maria in SilvaVia Corsica, 46

Parroco Don Giuseppe Tomasini

tel. 030 224044 - 030 220231

S. Giacinto Piazzale Tredici, 16

Parroco Don Gianbattista Baronio

tel. 030 224636

Oratorio 030 224580

S. Giovanni Bosco Via S. G. Bosco, 15

Parroco padre Alessandro Zoli

tel. 030 221339

San Giulio PreteVia V, 12 - Villaggio Sereno

Parroco Don Mario Neva

tel. 030 3542873

S. Maria della NoceVia Noce, 103

Parroco Don Arturo Balduzzi

tel. 030 3541615 - fax 3547856

S. Filippo Neri Traversa XII, 162 - Villaggio Sereno

Parroco Don Mario Neva

tel. 030 3542055

San RoccoVia Fornaci, 82

Parroco Don Roberto Rongoni

tel. 030 2680160

S. Maria Assunta in ChiesanuovaVia Fura, 119

Parroco Don Arturo Balduzzi

tel. 030 3541615

fax 3547856

le PaRRoCCHie Della CiRCosCRizioNe sUD

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2 . A S P A S S O P E R L A S U D

Santi Pietro e Paolo via Duca degli Abruzzi 72

parroco Don Roberto Zanini

tel. 030 3540712

[email protected]

Santa Maria della Vittoriavia Cremona 97

Parroco padre Francesco Ferrari

Tel. 030 2422801

ACLI - Sede provinciale di Brescia Via Corsica, 165

Tel. 030 2294012

PGS Mario Bettinzoli calcioVia S. Giovanni Bosco, 15

Tel. 030 3540672

www.mariobettinzolicalcio.it

Aied – Associazione italiana educazione demograficaVia Cefalonia, 49

Tel. 030 220169

www.aiedbrescia.org

Alleanza per la salute mentaleVia Pilastroni, 4

Tel. e fax 030 3530666 - 3501577

www.psichiatriabrescia.it/alleanza.html

Amici della montagnaOratorio Salesiano

Via San Giovanni Bosco, 15

Tel. 030 221339

Centro musicale “Claudio e Mauro Terroni”Traversa II, 24 - Villaggio Sereno

Tel. 328 5326025

www.orclamate.it

Associazione culturale Vox AuraeVia Giovanni Asti, 18

Tel. 030 3541738

www.voxaurae.com

Associazione sportiva AicsVia Zara, 66

Tel. 030 222755

le assoCiazioNi Della CiRCosCRizioNe sUD

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Associazione Vivere insiemeVia Livorno 15

Chiesanuova

Tel. 030 3534444

Associazione “6…in Compagnia”Via Lottieri, 3

Tel. 030 3533199

Comitato Ambiente Città di BresciaVia S. Zeno 139

Tel. 030 347105

Centro sportivo ricreativo culturale “Parco Ziziola”Via della Ziziola 22

tel. 030 348662

Auser Insieme Gruppo Animazione Anziani Sereno Trav. XII 58/a Villaggio Sereno

Tel. 0303729381

[email protected]

Gruppo Auser Insieme LamarmoraVia Lamarmora 90

tel. 030 3729381

[email protected]

Gruppo Alpini di BottonagaVia Monte Guglielmo 6

[email protected]

www.alpinibottonaga.it

Gruppo Alpini LamarmoraVia Gheda 18

[email protected]

Leonessa Calcio Onlus Associazione sportiva dilettantisticaVia Duca degli Abruzzi, 20

tel. 360501655 - fax 030 2425147

Polisportiva bresciana no frontiereVia Labirinto 430

[email protected]

www.polisportivanofrontiere.it

le assoCiazioNi Della CiRCosCRizioNe sUD

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Unione Astrofili BrescianiTraversa XII n. 172

Villaggio Sereno

tel. 348 5648190

www.astrofilibresciani.it

Polisportiva GSO San Giacinto Piazzale Giacinto Tredici, 15

tel. 030 2452120

[email protected]

Polisportiva VoltaViale Duca degli Abruzzi 68

Tel. 030 348149

Polisportiva ChiesanuovaVia Savona 36

Tel. 030 3544135

Gruppo anziani di Porta CremonaVia Repubblica Argentina 120

Tel. 030 223710

Cooperativa San Giuseppe Fiumicello S.A.R.L.Via Malta, 43 Folzano

Tel. 030 266357

2 . A S P A S S O P E R L A S U D

le assoCiazioNi Della CiRCosCRizioNe sUD

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47Veduta di Brescia Due dal parco Tarello Settore Manutenzione spazi aperti - Comune di Brescia

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Dai CoMiTaTi sPoNTaNei ai CoNsiGli Di qUaRTieRe

La lunga storia della partecipazione a Brescia

Le prime esperienze di partecipazione nei quartieri risalgono al 1965, in par-ticolare a San Polo oltre che nell’area nord con Borgo Trento, San Bartolomeo, Mompiano e Villaggio Prealpino. Si trattava però di episodi a sé stanti, tem-poranei e senza organicità, in cui i residenti facevano gruppo per risolvere qualche specifico problema di quartiere.L’avvio del movimento di quartiere vero e proprio viene datato al 1967, quan-do proprio a San Polo, nel mese di gennaio, si costituisce il primo comitato di quartiere della città, che organizza la sua prima iniziativa in febbraio, una tavola rotonda sui problemi del borgo abitato, con la partecipazione degli as-sessori ai Lavori pubblici e all’Urbanistica. A breve distanza, nel mese di marzo, si terrà la prima assemblea del secondo comitato, nato a Mompiano.All’interno dei comitati si discute dei problemi più rilevanti della zona, e presto si fa sentire il desiderio di trasformarli in consigli di quartiere, con l’intento di dar vita a un organismo solido e rappresentativo, capace di diventare prota-gonista delle battaglie più importanti, come quelle per la casa, i trasporti, la scuola e i servizi. I quartieri capofila del movimento per la creazione di questi nuovi organismi furono quelli della periferia cittadina, da Sant’Eufemia a Ura-go, da Folzano a Lamarmora, dal quartiere Don Bosco al Villaggio Prealpino, che erano anche i più penalizzati perché carenti di strutture sociali e servizi.Bisognerà attendere l’inizio degli anni Settanta per passare dalla spontaneità iniziale del movimento, ancora troppo frammentato per riuscire a interloquire con l’amministrazione comunale, ad una fase di maturazione: fu in quel perio-do che i comitati di quartiere si dotarono di statuti che ponevano l’assemblea dei cittadini al centro delle attività decisionali, e che stabilivano le modalità di

Alle origini del decentramentoCapitolo 3

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elezione dei futuri consigli di quartiere, che avrebbero rappresentato l’organi-smo esecutivo dell’assemblea. In molte zone si optò per l’elezione diretta in seno all’assemblea dei residenti, mentre in altri quartieri, come l’area di via Chiusure, si procedette a vere e proprie elezioni a suffragio universale. Alla fine del 1970 erano già operanti cinque Consigli di quartiere, fra cui quello di Folzano, mentre erano imminenti le elezioni a Lamarmora e al quartiere Don Bosco, e un significativo movimen-to di partecipazione si stava consolidando a Chiesanuova.Nei quartieri stava crescendo l’interesse a partecipare alle scelte di ammini-strazione cittadina, tanto che in una riunione del Consiglio di Mompiano, nel dicembre del 1970, vennero messi a fuoco due punti cardinali attorno a cui sarebbe ruotata la rivendicazione dei Consigli: fu avanzata la possibilità di analizzare i bilanci del Comune e si espresse il desiderio di intervenire sulle scelte urbanistiche che interessavano la zona.Nel giugno del 1971 nacque anche il Comitato di coordinamento fra i quartie-ri, ritenuto un passaggio indispensabile per acquisire omogeneità di azione e rappresentatività. Il coordinamento chiedeva esplicitamente un riconoscimen-to ufficiale dei Consigli di quartiere da parte del Comune, e l’assegnazione di mezzi e strumenti (come le sedi) per poter espletare al meglio il loro ruolo.L’atteso riconoscimento da parte del Consiglio comunale arrivò il 28 luglio del 1972, con la previsione di un periodo di “sperimentazione” di 18 mesi, e la programmazione nei quartieri di elezioni a suffragio universale (con l’esten-sione del diritto di voto ai diciottenni, nonostante la maggiore età fosse allora fissata a ventuno anni) con lista unica aperta a tutti i cittadini.Fra il 1973 e il 1974 vennero eletti 30 Consigli di quartiere. Le zone dell’at-tuale circoscrizione Sud in cui si insediarono Consigli furono quartieri piccoli come Folzano e Fornaci, che avevano meno di 5 mila abitanti, aree di media dimensione - come i quartieri Don Bosco, Lamarmora, Chiesanuova e il Vil-laggio Sereno - e quartieri più popolosi come Porta Cremona, che superavano i 10 mila residenti.Una volta terminato il periodo di “sperimentazione”, il coordinamento dei quartieri avviò un confronto con l’amministrazione comunale per delineare un regolamento condiviso, che codificasse le competenze assegnate ai Consigli di quartiere. Da parte di questi ultimi, di pari passo con il radicamento in città,

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cresceva l’interesse a partecipare da protagonisti alle decisioni sui nodi ammi-nistrativi, sociali e urbanistici.Una vera svolta per i quartieri sarà l’approvazione in Comune dell’atteso rego-lamento nell’aprile del 1975, che recepiva molte delle istanze avanzate dal co-ordinamento dei Consigli, prevedendo la consultazione obbligatoria di questi ultimi su alcuni temi centrali per la vita amministrativa cittadina, quali i bilanci comunali di previsione, i piani regolatori, le convenzioni urbanistiche, i piani di edilizia economica e popolare, l’informazione obbligatoria sulle richieste di licenze edilizie riguardanti il quartiere, la facoltà di proposta di iniziative idonee per i servizi sociali di zona.La normativa prendeva atto del ruolo riconosciuto di fatto ai Consigli di quar-tiere, che avevano già contribuito alla discussione sulla variante al Piano re-golatore approvata dal Comune nel giugno del 1973, che aveva nel com-plesso recepito le istanze proposte dai quartieri: fra queste la necessità di salvaguardare l’area delle colline, con l’imposizione di un vincolo di tutela per Sant’Anna e la Maddalena, e per la parte del colle San Giuseppe ancora libera da convenzioni di lottizzazione.Nel frattempo anche il Parlamento stava affrontando la questione della parteci-pazione “dal basso” ai temi amministrativi locali, che si sarebbe tradotta nella legge nazionale sul decentramento, la n. 278 dell’aprile 1976, che prevedeva la possibilità per i Comuni di dividere il proprio territorio in Circoscrizioni.Dopo un decennio di esperienza partecipativa, anche Brescia intraprese il cam-mino che porterà, nell’aprile del 1977, ad approvare il regolamento locale attuativo della legge.Con questo passaggio il Consiglio comunale introdusse la suddivisione terri-toriale in nove Circoscrizioni al posto dei trenta quartieri originari, accorpando Fornaci, Chiesanuova e il Villaggio Sereno nella Quinta Circoscrizione, mentre Don Bosco, Folzano e Lamarmora formeranno la Sesta Circoscrizione (Porta Cremona sarà invece inserita nella Settima Circoscrizione).Nella primavera del 1978 vennero eletti dal Consiglio comunale i primi Con-sigli di Circoscrizione, che rimasero in carica fino al 1980 quando, in contem-poranea con le elezioni in Loggia, a suffragio universale i bresciani votarono il rinnovo dei Consigli di Circoscrizione.La ripartizione del territorio urbano in nove Circoscrizioni è rimasta valida fino

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alla riforma del decentramento comunale votata in Loggia nell’ottobre del 2007 - ed entrata formalmente in vigore con le elezioni amministrative della primavera 2008 - che ha ridotto il numero delle Circoscrizioni da nove a cin-que (denominate Centro, Nord, Est, Ovest, Sud). Nella Circoscrizione Sud sono state unite le originarie Quinta e Sesta Circoscrizione con i relativi quartieri, e con l’aggiunta di Porta Cremona-Volta.

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i PResiDeNTi Della qUiNTa CiRCosCRizioNe

1978 • Adriano Mor

Originario di Leno, classe 1941, coniugato e padre di ben cinque figli è attualmente pensionato dopo aver insegnato lettere alle scuole medie ed aver lavorato per parecchi anni come operaio all’Om, periodo durante il quale concluderà gli studi. Trasferitosi a Villaggio Sere-no Mor si avvicina alla politica, come spesso capitava in quegli anni, a soli diciotto anni. Democristiano vive tutto il percorso partecipativo dei quartieri e, nel 1978, viene nominato presidente della quinta circoscrizione. In quegli anni fu impegnato a favorire la convivenza all’interno di una comunità differenziata dal punto di vista sociale, con i grandi palazzi Iacp da un lato e le villette dall’altro. L’accordo che portò all’individuazione della sede circoscrizio-nale di via Livorno fu un altro dei successi ottenuti da Mor, abile ad affrontare anche le problematiche inerenti alla viabilità derivante dalla notevole industrializzazione che caratterizzò la zona sud del quartiere. E’ stato segretario della sezione Dc di Villaggio Sereno ed attualmente è ancora impegnato in attività sociali, in particolare con le Acli.

1980 - 1981 • Fiorenzo Bolognini (Psi)

Nato nel 1949, coniugato, Fiorenzo Bolognini è attual-mente pensionato dopo aver lavorato come capo centro per lo Iacp, oggi Aler, e poi in Comune. Dal punto di vista politico Bolognini, che proviene dalla sfera socialista, vive la sua esperienza da presidente in un momento abbastan-za complesso, viste le dinamiche apertesi con il compro-messo storico tra Dc e Pci che tagliava fuori il Psi. Siamo agli inizi degli anni ’80 e le problematiche che interessano le circoscrizioni sono, soprattutto concrete, come la viabilità o il mancato recapito della posta: difficoltà che Bolognini, in un solo anno, riuscirà ad appianare. Dopo il primo anno di presidenza Bolognini si dimette dall’in-carico per motivazioni personali.

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1981 - 1985 • Sante Pinzoni (Pci)

Classe 1947, coniugato con un figlio, Sante Pinzo-ni, pensionato dopo anni di lavoro come tecnico in un’azienda per la lavorazione del vetro, cresce politica-mente nel Pci, fornendo in contributo fondamentale per quanto concerne la nascita del consiglio di quartiere di Chiesanuova, divenendo presidente del consiglio ancora nel 1974. Nel ’79 è consigliere in quinta circoscrizione ed a lui viene affidata la responsabilità della commissione urbanistica. Divenuto presidente dal 1981 all’85 Pinzoni resterà all’interno della circoscrizione, come consigliere, anche i mandati successivi, occupandosi sempre di urbanistica e dive-nendo il vicepresidente di Andrea Gervasi dal 2003 al 2008.Non eletto nell’ultimo appuntamento elettorale attualmente Sante Pinzoni è, co-munque, membro esterno della commissione urbanistica della circoscrizione sud.

1985 - 1990 • Luisa Coppa (Pci)

Insegnante alla scuola elementare di Chiesanuova, attualmente in pensione e trasferitasi nel milanese, Luisa Coppa è stata presidente di circoscrizione per cinque anni con l’ap-poggio del Pentapartito, la coalizione che dal 1980 al 1992 legò Dc, Psi, Pri, Pli e Psdi.

1990 - 1991/1991 - 1994 • Davide Guarneri (Dc)

Nato nel 1966 a Villaggio Sereno, coniugato con 4 figli, attualmente è coordinatore dell’associazione comunità e scuola e presidente nazionale dell’Age. La sua esperienza politica comincia a 19 anni quando si avvicina al Ppi. Entrato in coniglio di circoscrizione è impegnato soprattutto all’interno della commissione attività promozionali. Diviene presidente durante il periodo della stesura dello statuto del Comune di Brescia e come presidente di circoscrizione partecipa attivamente portando

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le istanze delle circoscrizioni in Loggia affinché quest’ultime ottenessero più competenze e fosse favorito il dialogo con il territorio. Si adoperò in maniera particolare anche per risolvere le delicate questioni viabilistiche ed urbanistiche che caratterizzarono questa zona nonché a quelle legate all’ambiente.Chiusa l’esperienza circoscrizionale Guarneri ha scelto di abbandonare la politica e dedicarsi unicamente al sociale ed alla sua famiglia.

1994 - 1998 • Paola Dioni (Ppi)

Classe 1970, nativa delle Fornaci, attualmente impiegata e madre di due figli, cresce in ambienti cattolici per passa-re alla politica attiva agli inizi degli anni novanta. Entrata in circoscrizione nelle liste del Ppi vive da consigliere i pri-mi due anni della sua esperienza in quinta circoscrizione, in particolare, impegnata nella commissione cultura.Eletta, sempre nelle liste del Ppi, il mandato successivo viene scelta per guidare come presidente la quinta circoscrizione. Sono anni par-ticolarmente stimolanti quelli vissuti dalla Dioni perché le circoscrizioni vengono coinvolte nella stesura del nuovo piano regolatore e le Fornaci saranno disegnate proprio come consigliato dalla circoscrizione e degli abitanti del quartiere.E’ un periodo, anche, di battaglie importanti come quelle condotte per le barriere fonoassorbenti del Villaggio Sereno o per avere maggiore chiarezza ai tempi della costruzione dell’inceneritore.Sono anni in cui, tuttavia, la Dioni si rende conto di essere sempre più lontana dalla sua parte politica: verso la fine del mandato sceglie, così, di rompere gli indugi passando tra le file di Rifondazione Comunista, più vicina alla sua visione sociale e politica.Candidata l’anno successivo proprio tra le liste di Rifondazione la Dioni rientra in circoscrizione, questa volta, all’opposizione. A fine mandato non si ripresenterà più in circoscrizione e proverà a candidarsi in Comune, Provincia e Parlamento senza, tuttavia, venire eletta. La politica, comunque, resta una sua grande passione.

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1998 - 2003/ 2003 - 2008 • Andrea Gervasi (Margherita-Dl)

Nato a Colzano, nella Bassa bresciana, nel ’45, e trasferitosi in città nel lontano 1961 Andrea Gervasi, oggi presidente di Brescia Trasporti, è una di quelle persone che hanno vissuto per intero e da protagoni-sti i tre decenni della storia del decentramento.Avvicinatosi giovanissimo alla politica prendendo ad esempio i democristiani Moro e Zaccagnini, Gervasi, che ha vissuto anche l’esperienza da sindacalista nelle file della Cisl e di addetto al movimento traffico sezione trasporti, si avvicina alla politica con la volontà di fornire un contributo, soprattutto, dal punto di vista sociale, forte dei valori provenienti dall’esperienza degli alpini.Vissuta l’esperienza di consigli e comitati di quartiere Gervasi viene eletto, tra le file del Ppi, presidente della quinta circoscrizione, nel 1999. Gli anni del pri-mo mandato sono destinati, soprattutto, ad interventi viabilistici ed urbanistici legata alla nascita dei quartieri. Nel 2003 Gervasi viene nuovamente confer-mato presidente, carica che manterrà fino alla fine del mandato. Deluso dal proprio partito Gervasi, eletto recentemente presidente di Brescia Trasporti, è oggi simpatizzante del Pdl, con il cuore da democristiano.

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i PResiDeNTi Della sesTa CiRCosCRizioNe

1978 • Riccardo Pozzi (Pci)

Nato nel 1940, coniugato e padre di due figli, attual-mente è pensionato dopo aver lavorato come perito meccanico prima ed all’interno della Fineco poi. Avvi-cinatosi politicamente al Pci appena diciottenne Pozzi è uno dei protagonisti della volontà di partecipazione nata all’interno dei quartieri sin dalla fine degli anni sessanta. E’ uno dei fondatori del comitato di quar-tiere di Lamarmora, uno dei primi a nascere accanto a quello delle Chiusure, vive l’esperienza dei consigli da presidente e diviene, successivamente, proprio presidente della sesta, nel periodo di traghettamento verso il primo appun-tamento elettorale delle circoscrizioni. Presentatosi alle successive votazioni Pozzi entra all’interno del consiglio della sesta e vi resta per ben quindici anni impegnato, in particolare, all’interno della commissione urbanistica. Ripresen-tatosi nel ’95 Pozzi è il primo dei non eletti ma liberatosi un posto da consi-gliere ha nuovamente l’occasione di rientrare all’interno dell’organo circoscri-zionale. Pozzi, tuttavia, non è in linea con la politica del presidente dell’epoca Fulvio Mor, proveniente dal suo medesimo partito, i Ds, è rinuncia all’incarico. Dal ’95 al ’98, quindi, la sesta circoscrizione è costretta ha rinunciare ad uno dei suoi protagonisti più attivi: Pozzi, tuttavia, prosegue nell’attività sociale avvicinandosi al Centro Sportivo Ricreativo Culturale Parco Ziziola, destinato agli anziani, di cui attualmente è presidente. Ripresentatosi all’appuntamento elettorale del 1999, viene nuovamente scelto come presidente. Sono gli anni che lo vedono particolarmente impegnato a rispondere alle necessità dei cittadini in vista di due novità impattanti per il territorio come termoutiliz-zatore e metropolitana ma, anche, all’interno di un’apertura delle circoscri-zioni verso il mondo della scuola.Nel 2003 Pozzi è sempre in circoscrizione.

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1980 - 1981 • Giuseppe Sguazzi (Dc)

Classe 1947, architetto, insegnate e docente di disegno universitario, attualmente in pensione, Giuseppe Sguaz-zi nasce in via Ugoni, in centro città, ma dopo la laurea si trasferisce nel quartiere di Lamarmora.Simpatizzante della Democrazia Cristiana, pur non aven-do nessuna tessera, Sguazzi arriva all’esperienza delle cir-coscrizioni senza aver vissuto quella di comitati e consigli di quartiere, presentandosi e venendo eletto al primo appuntamento elettorale proprio tra le file della DC.Eletto presidente resta in carica per un solo anno, poi, per motivi personali, lascia la presidenza pur restando all’interno del consiglio nella sesta, come membro del-la commissione urbanistica. In quegli anni si adoperò particolarmente per miglio-rare la viabilità ed i collegamenti della zona di Lamarmora e per la valorizzazione del Parco Gallo. Terminata l’esperienza con la fine del mandato nell’85 non si è più presentato. Attualmente è presidente dell’associazione culturale “Accademia della realtà” di Flero.

1981 - 1985 • Vito Robles (Psdi)

Nato a Castrovillari, in provincia di Cosenza, Vito Ro-bles, si trasferisce a Brescia nel 1972, come dipendente dell’Inail, ente di cui oggi è dirigente. Avvicinatosi alla politica giovanissimo, nel 1972 è già tesserato con il Psdi. Giunto nella nostra città si avvicina subito al Psdi locale, partito che in quegli anni aveva anche alcuni rap-presentati in Loggia.Eletto consigliere di circoscrizione nel 1980, l’anno successivo Robles è chiamato a sostituire Sguazzi e mantiene la carica di presidente sino al 1985. In quegli anni Robles si impegna particolarmente per la costruzione delle sedi circoscrizionali di Folzano e via Lottieri, per quella della piscina di via Rodi e per migliorare la viabilità. Nell’85 è consigliere comunale mentre nel periodo tra l’89 ed il ’92 è se-gretario cittadino del Psdi. E’ protagonista della rifondazione del Psdi e segretario provinciale del suo partito dal 2005.

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1985 - 1988 • Luciano Pialorsi (Psi)

Nato nel 1940, coniugato con due figli, professioni-sta ed imprenditore, Luciano Pialorsi è stato parti-colarmente attivo all’interno degli Organi Collegiali della scuola, in particolare per quanto concerne le scuole del territorio della sesta circoscrizione dove ha ricoperto la carica di presidente del consiglio del I Circolo Didattico. Convinto che la partecipazione sia uno dei mezzi più validi per concorrere alla gestione della cosa pubblica, con spirito di servizio e con l’entusiasmo che caratterizzava i comitati di quartiere, si è reso subito disponibile a lavorare in circoscrizione. Inizialmente attivo come coordinatore del Settore “Scuola Cultura Sport e, Tempo Libero” e poi divenuto, presidente si è sempre dimostrato attento più agli interventi pratici ed alle esigenze della gente, che agli interessi della politica. Tra i successi del-la sua gestione è sicuramente da ricordare la fondazione del centro anziani autogestito di Via Lottieri, all’interno del quartiere Lamarmora, ancora oggi in funzione, che fornisce occasioni di incontro e socializzazione fra gli anziani, complice anche il campo di bocce creato appositamente per loro.Nel quartiere la gente ricorda ancora oggi, insieme alla sua forte e costruttiva presenza nella scuola, il suo contributo di lavoro e di impegno dato nella cir-coscrizione in occasione della grande nevicata dell’85 che paralizzò Brescia.Fautore anche di numerose iniziative ricreative e sportive fra cui la famosa “ciclo passeggiata ecologica”, che spaziava nei tre quartieri Lamarmora – Folzano e Don Bosco e si concludeva presso la Centrale Comunale del Latte con degustazione dei prodotti della Centrale.Nel 1988 ha lasciato la circoscrizione per entrare in Consiglio Comunale dove è stato eletto presidente della Commissione Sanità e Assistenza. Successiva-mente è stato revisore dei conti in ASM.

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1988 - 1991 • Angelo Balsamo (Dc)

Originario di Enna, nato nel ’52 e coniugato con due figli Angelo Balsamo si trasferisce a Brescia nel ’73, come impiegato parastatale. Attualmente è libe-ro professionista come consulente commerciale per aziende. Avvicinatosi alla politica in giovane età Bal-samo già a 18 anni è tesserato Dc e dal ’75 al ’76 è segretario della sezione Don Bosco del suo partito. Nel 1980 è segretario politico della sesta circoscrizione e nel 1985 si candida per il consiglio della circoscrizione in questione come capolista. Eletto come consigliere nel 1988 diviene presidente di circoscrizione sostituendo Pialorsi passato in consiglio comunale. Il suo impegno politico di quegli anni fu legato soprattutto all’esigenza di ottenere maggiori deleghe per le circoscrizioni nel nome di una vera partecipazione. In quegli anni si posero le basi per il parco Pescheto ed anche per il Tarello che verrà, poi, costruito molti anni dopo. Negli anni ’90 è segretario cittadino del Ppi.

1991 - 1995 • Fulvio Mor (Ds)

Classe ’53, agronomo, cresciuto politicamente nel Pci, Fulvio Mor si avvicina alla politica già all’età di diciotto anni. Attivo nei comitati di quartiere entra nel consiglio di quartiere sin dalla sua costituzione nel 1978 e vi resta come consigliere, operando, in particolare, nella commissione urbanistica sino al 1991, quando diviene presidente della stessa, dopo essere stato per un certo periodo il vice di Angelo Balsamo. Il suo impegno come presidente è indirizzato soprattutto al sociale ed alla valorizzazione dei parchi come luogo di aggregazione della comunità. Nelle lezioni successive Mor si presenta con la lista “Gente di quartiere” esperienza dei Ds che avevano voluto allargare le loro liste ai personaggi più rappresentativi e conosciuti della zona. Il risultato fu un successo sia per la lista che conquistò circa il 22% sia

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personale per Mor, che toccò quota 828 voti. Il nuovo consiglio, che avrebbe dovuto appoggiarsi sull’accordo tra Ds e Ppi, fu molto travagliato e, proprio il mancato accordo tra i due partiti favorì la minoranza che con soli nove voti riuscì a fare eleggere Silvana Chiappini. La difficile situazione si sbloccò quando Ppi e Ds decisero di rimettersi insieme e votare la sfiducia alla Chiappini, costretta così a dimettersi. L’accordo successivo portò al compromesso Libra (Ppi) per mezzo mandato e Mor (Ds) per il periodo restante. Lo strappo di Libra, che restò in carica per tutto il mandato, con il suo partito, farà in modo che l’accordo tra i due partiti non verrà rispettato.

1995 - 1996 • Silvana Chiappini (Lega Nord)

Nata a Brescia il 29 luglio del 1947, coniugata, Sil-vana Chiappini è laureata in Economia e Commercio all’Università di Parma, svolge la professione di ragio-niere commercialista in città.La sua esperienza politica matura tra le file della Lega Nord, movimento al quale è inscritta sin dal 1993. Già l’anno successivo la Chiappini viene eletta consigliere circoscrizionale nella sesta circoscrizione e, per circa un anno, nel 1995, ricopre anche la carica di presidente della circoscrizione stessa. Successivamente la Chiappini viene nuovamente eletta consigliere di circoscrizione, ruolo che con-tinuerà a ricoprire sino al 2008, occupandosi in particolare di sicurezza.Parallelamente dal 1999 sino a fine mandato ricopre anche il ruolo di assessore al Bilancio del Comune di Castelmella, proseguendo poi come consigliere comunale.Eletta alle amministrative del 2008 nella lista Lega Nord Lega Lombarda Bossi, attualmente, è segretario e membro della Commissione Consiliare “Bilancio programmazione, tributi e rapporti con le aziende partecipate” e membro della Commissione Consiliare “Commercio economia e lavoro, turismo”.Grazie alla sua professionalità è stata nominata revisore dei Conti dell’Ammini-strazione Provinciale dal 1994 al 2000, revisore dei Conti del Comune di Corte-franca dal 1997 al 2002, come presidente e componente del Collegio sindacale dell’Ospedale Civile di Brescia da marzo 2003 a maggio 2006.

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1996 - 1999 • Salvatore Libra (Ppi)

Nato nel 1965 nel quartiere Don Bosco, coniugato, Salvatore Libra esercita la professione di avvocato dopo la laurea in legge conseguita nel 1995. Tesserato Dc e, per un certo periodo, coordinatore della sezione Don Bosco del suo partito, Libra viene eletto per la prima volta in consiglio di circoscrizione nel 1991 e vi resta continuativamente sino al 1999, quando diviene consigliere comunale come primo dei non eletti questa volta tra le file dello Sdi. L’esperienza di Libra, infatti, prima con la Dc e poi con il Ppi prosegue sino alla presidenza, durante il quale arriva lo strappo con il gruppo politico d’origine a causa di differenti visioni politiche. Durante il periodo da consigliere prima, e da presidente poi, Libra fu particolar-mente impegnato nelle attività legate all’avvento del termoutilizzatore, come la sensibilizzazione ambientale, gli interventi pratici legati alla distribuzione dei cassonetti ed una serie di migliorie dovute proprio ad accordi con Asm.Eletto, in consiglio comunale, il mandato successivo, ha occupato la carica di presidente della commissione commercio e la vicepresidenza del bilancio. Re-sta in consiglio comunale fino a fine mandato: presentatosi negli ultimi appun-tamenti elettorali con lo Sdi non è stato più rieletto ma continua a mantenere l’interesse politico e ad impegnarsi all’interno del direttivo del suo partito.

1999 - 2003 Riccardo Pozzi (Ds)

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2003 - 2009 • Fabio Rolfi (Lega Nord)

Nato a Brescia, città dove continua a risiedere, nel 1977, e nominato vicesindaco nell’attuale legislatu-ra, Fabio Rolfi, grazie al successo personale e del suo partito, inizia l’attività politica a soli diciassette anni iscrivendosi alla Lega Nord di Gussago. Diplomatosi all’Itas Pastori di Brescia il giovane Rolfi si iscrive al corso di laurea in Economia all’Università di Brescia, partecipando attivamente alle iniziative del movimento universitario padano, organizzazione universita-ria della Lega Nord. Il suo impegno lo portano a divenire presto il responsabile provinciale del movimento universitario e ad essere eletto come rappresentan-te degli studenti all’interno del consiglio di amministrazione dell’Università. Nel 1996 diventa coordinatore provinciale del Movimento Giovani Padani e, nel 1998, viene eletto consigliere della terza circoscrizione sempre nelle file della Lega Nord. Nel 1999 diventa consigliere comunale a Gussago. Forte dei successi ottenuti nel 2003 Rolfi partecipa alle elezioni amministrative del comune capoluogo, candidandosi come consigliere circoscrizionale e divenen-do presidente della sesta sino a fine mandato nel 2008. Dal 2003 al 2008 ha ricoperto il ruolo di segretario cittadino della Lega Nord e dal 2007 è membro del consiglio nazionale del suo partito. Dal 2008 vicesindaco ed assessore con deleghe alla sicurezza e al decentramento. Dal punto di vista professionale Rolfi è un libero professionista nel campo della mediazione finanziaria e creditizia.

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il PResiDeNTe Della CiRCosCRizioNe sUD

Giacomo Lini (Lega Nord)

Coniugato, classe 1960, Giacomo Lini si è diplomato come perito agrario presso l’istituto tecnico agrario “G. Pastori”, per poi proseguire il proprio percorso di studi con la specializzazione in tecniche della comu-nicazione conseguita presso l’istituto Goldman Cegos di Milano. Esperto di informatica e gestione delle reti è, anche, informatore medico scientifico del farmaco per un’azienda farmaceutica. Lini si è impegnato nel sociale prestando servizio volontario nella Croce Bianca e nell’associazione Brescia Soccorso. Attualmen-te è presidente della circoscrizione sud ed assistente al capogruppo della Lega Nord in consiglio comunale Nicola Gallizioli. In passato ha ricoperto il ruolo di membro esterno della commissione ambiente e territorio ed attività promo-zionali della ex quinta circoscrizione mentre nell’attuale legislatura, prima di ricevere il mandato da presidente, ha rivestito l’incarico di coordinatore della commissione ambiente e territorio della circoscrizione sud.

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65Folla in attesa del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi per l’inaugurazione del quartiere Perlasca

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La Circoscrizione raccontataCapitolo 4

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La storia delle Circoscrizioni è la storia degli uomini che le hanno abitate, e che

con ruoli e modalità diverse – molti da semplici cittadini – hanno inteso animare il

percorso di partecipazione, ciascuno con il proprio personale contributo.

La lunga trama del decentramento a Brescia è in buona parte racchiusa, quasi cu-

stodita gelosamente nelle testimonianze dei protagonisti, che a partire dagli anni

Sessanta hanno vissuto i primi fermenti partecipativi nei quartieri, li hanno seguiti

e accompagnati fino alla nascita delle Circoscrizioni.

La narrazione di queste esperienze, declinate nel sociale, nel civile o nella politica,

compone un affresco da cui emerge l’aspetto forse più autentico di quegli anni,

che lascia un’eredità di cui fare memoria.

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TRaDizioNi e soliDaRieTà Nel CUoRe Della VeCCHia boTToNaGa

Giancarlo Buizza

Hanno conosciuto le asprezze della guerra, i sacrifici della marcia, i rigori delle campagne d’inverno e quello che fa male nel profondo, il conflitto interno di vedersi contrapposti e usar la forza contro altri uomini, uguali a loro ma schierati sul fronte opposto. La guerra, quella che li aveva segnati, a tratti induriti, era finita da quasi trent’anni. Loro, gli Alpini bresciani, erano tornati alla vita privata e alle attività quotidiane. Anche i reduci raccolti intorno al quartiere di Bottonaga, una manciata di terra e case racchiusa nel perimetro fra via Dalmazia, via Zara, i Pilastroni e via Corsica. Tutto intorno la distesa di campi coltivati ad ortaglie, attività di elezione degli abitanti della zona per molti decenni del Novecento.Bottonaga era un quartiere strano già nel nome, i tentativi di scovare l’etimo-logia di quell’appellativo si sono sempre sprecati, una delle tesi più accreditate è che derivi dalla presenza, nei tempi andati, di una fabbrica di bottoni. Quello che ha sempre colpito di quel rione era l’apparente antinomia fra la sua natura di quartiere cittadino, alle porte del centro, suo malgrado “moderno”, e il radi-camento profondo di tradizioni antiche e popolari, che per qualche misteriosa alchimia proprio lì avevano trovato un luogo d’elezione.Con questo stesso codice genetico sono nati gli Alpini di Bottonaga, gruppo fon-dato nel 1974 con un nucleo iniziale di una trentina di persone, oggi cresciute fino ad arrivare a un’ottantina, cui si aggiunge l’appoggio di una schiera di abi-tanti del quartiere, che volontariamente collaborano alle iniziative proposte.Il primo capogruppo è stato Gino Bernardi, cui sono seguiti Milziade Berther, Ottorino De Medici, Walter Tedoldi fino ad arrivare alle guida attuale, Gian-carlo Buizza.«La voglia che ci ha sempre sostenuto è quella di ritrovarci fra di noi e dare il segnale della nostra presenza, perpetuando quello spirito di corpo che ha sempre contraddistinto gli Alpini», dice Buizza, raccontando del legame a dop-pio filo che li unisce al vecchio quartiere, ma anche della capacità di “riconver-tirsi”, una volta finita la guerra, per mettersi al servizio della comunità civile.

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«I principi fondanti della nostra vita associativa sono lo spirito di fratellanza, la solidarietà umana, il senso civico, i valori cristiani, che cerchiamo di concre-tizzare con l’impegno nella società per dare una testimonianza viva dell’essere alpini».Talenti declinati nella concretezza innanzitutto. Nel 1976 il gruppo è in Friuli, accanto ai terremotati, come in questi mesi è sceso in Abruzzo per portare aiuto alle popolazioni colpite dal sisma. Ma l’attività realizzata non è solo di protezione civile, è soprattutto di tipo sociale, rivolta al mondo della terza età e alle nuove generazioni: da que-sto impegno sono nate la festa per gli anziani con l’elezione dell’anziano e dell’anziana del quartiere, la promozione di gite fuori porta, la giornata del malato, il pranzo di Pasquetta, l’atteso asinello di Santa Lucia che da molti anni, carico di leccornie, fa il giro delle scuole materne della zona. E ancora l’appuntamento della notte di Natale sotto l’albero per un brindisi con vin brulé offerto ai parrocchiani, le sottoscrizioni per aiutare chi è in difficoltà, la realizzazione del monumento ai caduti ora collocato nel Parco Gallo.

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Giancarlo Buizza

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«Forse la proposta che più ci connota è quella dei “Casonsei de la Madunina dei custù”, un appuntamento atteso da molti, alla fine di novembre, per rian-nodare i fili di una tradizione centenaria del quartiere di Bottonaga, quando gli ortolani si ritrovavano in festa per ringraziare della buona riuscita del raccolto e coinvolgevano la città in un momento conviviale accompagnato da una fiera per le vie». Sono ormai più di trent’anni che, ogni novembre, gli alpini di Bottonaga rinno-vano l’appuntamento con la festa, iniziata artigianalmente con casoncelli fatti in casa per essere offerti al quartiere, e poi cresciuta nel tempo, fino a toccare quota 180 mila casoncelli, l’equivalente di 7 quintali e mezzo, nelle ultime edizioni, il cui ricavato ad offerta viene destinato a iniziative benefiche. «Tutti aspettano questa manifestazione, che richiama gente da città e provin-cia ed è seconda solo alla fiera di San Faustino: è un modo per unire la gente,

Alpini nelle scuole a Santa Lucia

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lo spirito è rimasto intatto e la voglia di partecipare, di anno in anno, è sem-pre tanta», spiega Buizza, ricordando il cerimoniale inflessibile che governa l’evento, secondo cui «il primo piatto di casoncelli è sempre per il sindaco». Da Boni a Trebeschi, da Padula a Martinazzoli, gli Alpini li hanno presi tutti per la gola, i primi cittadini, come dimostra la teoria di ringraziamenti provenienti dalla Loggia, incorniciati e appesi alle pareti della sede, sotto i cappelli dei “veci” ormai scomparsi, che sembrano un’installazione contemporanea sul tema dell’addio.Gli Alpini non hanno bisogno di particolari richiami o sottili strategie per coin-volgere i residenti. «Noi in fondo non facciamo che proporre le cose più sem-plici. E la gente ci segue».Cose semplici, ma fortemente aggreganti, che diventano un valore aggiunto anche per i “bocia”, le nuove reclute che si affiancano al cammino dei “veci” per proseguire la storia del Gruppo Alpini Bottonaga. «Proprio le tradizioni del quartiere sono state il filo rosso che ha avvicinato i giovani al nostro gruppo: quante volte sono arrivate “nuove leve” che si ricordavano dell’asinello di Santa Lucia che arrivava a scuola quando erano bambini, o che conservavano ancora la memoria infantile della casoncellata della Madunina dei custù, co-nosciuta a tavola al fianco dei genitori».I giovani sono consapevoli che spetterà a loro raccogliere il testimone dell’im-pegno sociale e del legame con il quartiere tramandato dagli alpini che sono venuti prima di loro, sperando di riuscire presto ad avverare il sogno coltivato da tutto il gruppo, «quello di veder realizzata la nuova sede degli Alpini di Bot-tonaga con il recupero di un rudere di un vecchio fienile, situato nel parco Pe-scheto, che è testimonianza della secolare vita rurale del vecchio quartiere».

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PiCCole MUNiCiPaliTà CResCoNoCoN seNsoRi ViTali Nei qUaRTieRi

Giuseppe Chiappani

A quattordici anni c’era chi sognava già di cambiare il mondo e chi, sentendosi un privilegiato perché era fra i pochi che proseguivano gli studi, sceglieva di andare a bottega per imparare la politica, quella vissuta e discussa, seppure in una dimensione protetta di quartiere. La storia di Giuseppe Chiappani inco-mincia da qui, nei primi anni Settanta, quando poco più che tredicenne faceva la spola fra Folzano e Brescia per seguire le lezioni all’Itis, e la sera partecipava da dietro le quinte ai primi comitati di quartiere.Armato di registratore a bobine, il suo compito era quello di registrare fedel-mente quanto veniva detto nelle riunioni del comitato di Folzano, frazione in cui era nato e cresciuto. Coordinatore del comitato era lo zio, Luciano Chiap-pani, che ci teneva a registrare gli incontri per non dimenticarsi nulla, e poter riascoltare il tono in cui venivano dette certe cose, per avere la misura della gravità del problema.«Folzano era allora un paesino alle porte di Brescia, un’isola fuori dalla città, ma anche un quartiere dimenticato», ricorda. I nodi maggiori erano la scarsità di collegamenti via autobus con Brescia, le strade non asfaltate circondate da campagna (via Malta ad esempio non era asfaltata e via San Zeno era solo un tracciato), il problema delle scuole sempre in bilico verso la chiusura per il basso numero degli iscritti e quello dell’esiguità dei servizi per le persone che avevano bisogno di assistenza. Tutte le volte che si scatenava un temporale in-tenso, poi, Folzano puntualmente si allagava, perché per il malfunzionamento di fogne e fossati l’acqua della città veniva drenata fino alla frazione in aperta campagna.La spinta catalizzatrice che da principio unì i residenti fu quindi squisitamente pratica, sorretta dall’idea di «darsi da fare per risolvere i problemi». Quei pro-blemi che sono sempre stati vissuti molto intensamente, «il paese era piccolo, non più di un migliaio di persone, c’era molta partecipazione, il nucleo origi-nario è nato attorno alla chiesa, con il parroco don Pasquale Zanotti, le prime riunioni propedeutiche del comitato si tenevano all’oratorio. L’esperienza di par-

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tecipazione e tutto ciò che ne è derivato non ci sarebbe stata se non si fosse nutrita di una coesione così grande».Da ragazzino con il suo registratore a bobine sempre al seguito, in quell’av-ventura di partecipazione pesata con gli occhi di un teenager ha tratto una filosofia che gli è sempre servita come metro: «O fai qualcosa per risolvere ciò che non va, o non te ne puoi lamentare». Pragmatismo allo stato puro, la cifra che ha sempre contraddistinto il borgo di Folzano, nato attorno a nuclei abitati nei pressi di cascine preesistenti, e in seguito cresciuto con nuove costruzioni gra-zie alla vicina fornace di laterizi che dava lavoro a molti residenti della frazione.Non sorprende, quindi, che le riunioni del comitato - preludio del consiglio di quartiere e poi della circoscrizione - fossero sempre accese e partecipate. Il nucleo che lo animava annoverava gente versatile, spesso impegnata su più fronti: oltre a Luciano Chiappani, che era impiegato dell’Inail e faceva anche l’assicuratore, c’erano Luigi Ferrari, ragioniere alla Sip e commercialista a tempo perso, Vincenzo Rossetti, tecnico della qualità alla Breda meccanica, Gino Romano, impiegato all’Asm ma anche artista e pittore. Erano un po’ la “crème” nel contesto del quartiere, «persone animate dalla voglia di mettere

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a disposizione quel po’ che sapevano per la comunità». Poche invece le donne, ad eccezione di Maddalena Gazzoli, fruttivendola del borgo che nel comitato sarebbe diventata un punto di riferimento importante.Il metodo per farsi intendere dal Comune era quello collaudato in quasi tutti i quartieri: si andava direttamente in Loggia, si chiedeva di parlare con il sin-daco Boni, si coinvolgeva un gran numero di residenti perché la loro presenza facesse pesare ancora di più le richieste. «Non erano grandi rivendicazioni, chiedevamo il necessario, e spesso si cercava di arrivare a una soluzione inter-media: forse per questo siamo riusciti ad ottenere molte cose: il riordino della rete fognaria, la distribuzione di gas dell’Asm nel quartiere, che a Folzano arrivò in quegli anni, una migliore frequenza degli autobus, un nuovo cimitero, visto che fino ad allora Folzano lo aveva condiviso con San Zeno».Oltre alla ragionevolezza delle richieste, non va trascurato che il quartiere era sempre stato un importante “bacino d’utenza” per il radicamento della De-mocrazia cristiana, e che anche in quest’ottica era percepito dalla Loggia. No-nostante ciò, nel comitato la presenta dei partiti non veniva avvertita, perché a prevalere era «la discussione vivace sul fare». Lo stesso Chiappani, allora ragazzino, ricorda una sensazione chiara, «per me quella non era politica, era cercare di fare qualcosa per le esigenze del territorio».Oggi come allora, a distanza di quasi quarant’anni la formula della consulta di quartiere viene riproposta a Folzano, per far sì che i cittadini possano par-tecipare alla vita comune, all’interno delle nuove macro-circoscrizioni che si avvicinano sempre di più al modello di “piccole municipalità”.«In una circoscrizione così ampia come la Sud, che conta più di 44 mila abitanti - quasi una cittadina – è più difficile intercettare le esigenze dei residenti dei singoli quartieri: da qui è nata l’idea di rispolverare il modello della consulta, un sistema che consente di arrivare molto più velocemente “dentro” i problemi».Per dar vita al nuovo organismo è stato stilato un apposito regolamento, frutto del lavoro della Commissione per le politiche partecipative della Sud con l’appoggio degli uffici del Decentramento comunale, in cui si stabiliscono le attribuzioni e il funzionamento delle consulte di quartiere, pensate come organismi rappresentativi sul territorio circoscrizionale, composti da sette a undici membri a seconda della densità abitativa, oltre che da un membro designato dal Consiglio circoscrizionale (il regolamento è uno strumento va-

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lido anche per gli altri quartieri cittadini che vorranno dar vita a consulte analoghe).La consulta ha un potere non deliberativo ma propositivo, ha il compito di raccogliere le istanze dei cittadini e comunicarle al Consiglio circoscrizionale, tramite un referente eletto al proprio interno che mantiene i rapporti con la Circoscrizione, il presidente e i coordinatori delle diverse commissioni. L’incubatrice di questo nuovo strumento partecipativo non poteva che essere Folzano, con i suoi 1700 abitanti e la dimensione mantenuta intatta di borgo fortemente coeso che ben si presta a questa sperimentazione. A Folzano si è costituito un comitato promotore, composto da residenti gravitanti attorno all’oratorio, alle Acli e al gruppo Caritas, e nel luglio del 2009 si sono tenute le elezioni pubbliche dei componenti della consulta impostate, come accadeva negli anni Settanta, su lista unica con diversi candidati, senza riferimenti par-titici ma dando risalto unicamente alla persona.«Abbiamo avuto 189 votanti fra gli aventi diritto, un buon risultato per Folza-no, visto che queste persone rappresentano il “nocciolo duro” della frazione, su cui si può contare». Il Consiglio di Circoscrizione ha ratificato l’elezione dei sette membri della consulta, nominando Chiappani come proprio componente designato all’interno del neonato organismo. «Se le Circoscrizioni stanno sempre più acquisendo il volto di piccole municipali-tà, la consulta di Folzano, e quelle che potranno nascere in futuro, avranno il ruolo peculiare di essere “sensori” nei quartieri, per anticipare bisogni e attese reali».Mutato profondamente il contesto partecipativo dagli anni Settanta ad oggi, è difficile pensare che la nuova consulta sia una mera riedizione di quelle d’an-tan: sono cambiati in tempi, i contesti di vita, gli stessi luoghi della politica. «Credo però che anche oggi, se la gente non è coinvolta non è solo a causa dell’individualismo, ma è anche colpa nostra, che non la sappiamo coinvolge-re». Per questo uno degli strumenti privilegiati d’azione della consulta saranno le assemblee pubbliche, oltre che l’incontro diretto con i residenti.Se c’è un significato che può accomunare l’esperienza di partecipazione di un tempo con quella odierna è forse il valore meta-politico della consulta, pensata non su un livello partitico, ma per accogliere e accomunare le diver-se sensibilità civili, capaci di far scattare idee, per trovare soluzioni nuove ai problemi di sempre.

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seRVizi DeCeNTRaTi, PeRsoNa al CeNTRoNella FoRMUla MaGiCa Di qUaRTieRe

Luigia Casari

In principio l’idea di buttarsi nell’esperienza partecipativa non l’aveva nemmeno sfiorata: il lavoro in banca, come dirigente all’Ufficio titoli - per lei che era la pri-ma donna in città ad essere arrivata a questo traguardo di vertice - appariva già così appagante da tacitare altre ambizioni.L’impegno nel quartiere per Luigia Casari nasce con la complicità di don Colen-ghi, allora parroco della Volta, il primo che la spinge a unirsi al movimento di partecipazione in atto negli anni Settanta a Porta Cremona. «Poi l’esperienza mi piacque moltissimo», ricorda oggi che è una “splendida ottantenne” e coltiva con lo stesso entusiasmo di allora la passione per la politica intesa in senso par-tecipativo, come cura della vita aggregata nella polis.La spiegazione è semplice, e lei l’ha intuita fin dall’inizio: «Stando sotto il cam-panile entri in contatto solo con persone e mondi che conosci. Se ti apri, fuoriesci dalla tua routine, hai l’occasione di conoscere più cose, e tutte, a loro modo, ti arricchiscono». In quegli anni, poi, a fare da collante ci pensava l’entusiasmo trascinante degli abitanti del quartiere, che si traduceva nella spontaneità del movimento. «Ci si ritrovava tutti in piazzale Cremona, nella palazzina che allora era dell’Asm, e ci si confrontava sui problemi del quartiere». Ora che sono passati quasi qua-rant’anni da quelle prime riunioni improvvisate, a dispetto di battaglie, discus-sioni e lotte, volgendo lo sguardo all’indietro Casari formula un giudizio lucido e dismagato. «Ieri come oggi, mi accorgo che i problemi non sono cambiati molto. Allora si discuteva di viabilità, sicurezza, decentramento, servizi alla persona. Al-cune questioni sono state risolte, altre no. Ma se penso ai problemi del traffico, ai disagi su via Cremona, sempre troppo stretta, o a temi più preoccupanti per l’intera zona sud, come i nodi ambientali legati all’Alfa Acciai o alla discarica di Buffalora, che rimangono intatti ancora adesso, mi rendo conto che siamo ancora a quel punto».Eletta nel Consiglio di quartiere alla metà degli anni Settanta, Casari ricorda ancora, di quel periodo, la sede ricavata in via Belvedere, l’assenza di alcun con-

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tributo compensata da una irriducibile forza di volontà, che si scontrava spesso con il distacco formale della Loggia. «Avvertivamo un contrasto profondo fra il nostro entusia-smo, quello di chi voleva fare, e le “non risposte” che arriva-vano dal Comune». D’obbligo, quindi, puntare sulla base, coinvolgere la gente con vo-lantinaggi e propaganda at-traverso i più diversi mezzi.Nel frattempo erano nate le prime commissioni e Casari era in quella dedicata ai Ser-vizi sociali. Lì iniziarono altre battaglie, prima fra tutte quel-la per garantire la presenza nel quartiere di un’assistente sociale “decentrata”. «In quei tempi pareva impossibile che un’assistente sociale potesse venire in periferia, ma dopo tanto impegno così fu: anche se non aveva un ufficio dedicato, a noi sembrava un sogno che due volte a settimana questa figura professionale, importante riferimento per gli anziani, potesse arrivare nel quartiere, rispondere ai loro problemi».Poi fu la volta del Consultorio, aperto in alcuni locali al quartiere Leonessa per garantire l’assistenza sanitaria e le attività di prevenzione. «Il punto fermo in cui abbiamo sempre creduto è stato il decentramento dei servizi e la necessità di essere il più vicini possibile all’utente. Forse eravamo più decentrati allora di adesso: le domande per partecipare ai grest o agli asili nido si valutavano a livello di quartiere, che era un osservatorio privilegiato da cui si potevano conoscere le persone, sapere chi aveva più bisogno e calibrare l’offerta di conseguenza». Fondamentale, per concretizzare nella realtà i principi di partecipazione, è sempre stata l’idea di sviluppare un decentramento che non fosse puramente burocrati-

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co o amministrativo, ma guardasse alla persona, ai problemi che la investivano direttamente, e ai servizi messi in campo per dare una risposta efficace e il più vicina possibile.E’ nello stesso periodo che nasce l’idea di un centro anziani per un quartiere come Porta Cremona che non aveva mai avuto un punto di riferimento aggrega-tivo per la terza età. «Qui non c’era niente, e noi pativamo la “concorrenza” di San Polo, che era individuato come quartiere più a rischio, verso cui il Comune indirizzava le risorse. Se a San Polo c’erano due grossi centri per anziani, noi abbiamo fatto di necessità virtù e siamo partiti da soli, incominciando a fare incontri casa per casa per farci conoscere, e chiedendo al sindaco la concessione di un’aula attigua alla scuola elementare Ugolini, in via Repubblica Argentina». Il Gruppo anziani pensionati di Porta Cremona-Volta ha iniziato le sue attività nel 1976, e ha festeggiato nel 2006 i trent’anni di impegno.Prevenzione sanitaria, socializzazione, aggiornamento culturale sono state fin da subito le finalità del gruppo, promotore di incontri periodici con medici e psicologi su tematiche sanitarie, oltre che di visite guidate e conferenze, commedie e concerti. «In trent’anni abbiamo sempre avuto professori che hanno proposto relazioni a titolo gratuito, dalla Divina Commedia alle opere liriche, da Paolo VI alle Dieci giornate». Se le richieste per avere a Porta Cremona una biblioteca

Il coro del gruppo anziani Porta Cremona

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decentrata non sono mai andate a buon fine, il gruppo anziani è riuscito a mettere in piedi una piccola biblioteca “autogestita”, arricchita man mano con libri regalati dalle diverse realtà cittadine e da privati. «Il centro è vissuto con la raccolta della carta che veniva poi venduta, ora siamo più in difficoltà perché viene pagata meno, e il prossimo cambio di sede della circoscrizione Est, con cui condividiamo i locali, sarà un passaggio delicato da cui ci auguriamo di uscire con la garanzia di mezzi per proseguire».In seno al centro anziani si è costituito anche un coro, e sono stati avviati i primi corsi di attività motoria. «Siamo sempre stati indipendenti e autogestiti nei pro-grammi, non abbiamo mai voluto imporre nessuna forma di tesseramento, per lasciare alla gente la scelta di partecipare liberamente alle nostre attività, senza sentirsi vincolata».Sul versante amministrativo, dopo la nascita delle Circoscrizioni l’impegno di Lu-igia Casari è proseguito come consigliere della Settima Circoscrizione, di cui nel 1993 è diventata presidente, eletta fra le file della Dc. «Il passaggio alle Circoscri-zioni è stato così veloce che non ce ne siamo neanche accorti, di certo, rispetto ai quartieri, è subentrata molta più politica, anche se eravamo consapevoli che il movimento spontaneo della prima ora aveva bisogno di una veste nuova, che lo regolarizzasse». Oggi che è ancora l’anima organizzativa del Gruppo anziani, Casari mantiene una posizione critica sul passaggio da nove a cinque circoscri-zioni, «perché la sensazione, su territori così estesi, è che si sia persa la capillarità di intervento».Pur essendo una delle poche donne diventate presidenti di circoscrizione, Casari ha sempre seguito una sua peculiare filosofia operativa, evitando la tentazione di lobby in rosa e quindi, come lei stessa ammette, «cercando di non privilegiare le donne, perché ritenevo che tutti dovessero essere presenti ai miei occhi».

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Dai CoMiTaTi Di qUaRTieRe alle CiRCosCRizioNi: CHiesaNUoVa TeRRa Di FRoNTieRa

Sante Pinzoni

Erano i primi anni ’70, il quartiere di Chiesanuova muoveva i suoi primi passi, ed era ancora terra di frontiera, come ama definirla Sante Pinzoni, uno dei protagonisti della nascita dei consigli di quartiere proprio in questa zona della città, che vedeva crescere gli uni di fronte agli altri le villette ed i palazzoni dell’Aler.“Erano tempi ben diversi da quelli di oggi, c’erano maggiori difficoltà pratiche ma la voglia comune, indipendentemente dalle parti politiche, di rimboccarsi le maniche e fare qualcosa per il bene di tutti, ci sentivamo una comunità. L’im-portante era fare qualcosa di concreto ed in quel periodo i problemi da risolvere erano parecchi” spiega Sante Pinzoni, che nel 1974 divenne presidente del consiglio di quartiere di Chiesanuova.

Le case Aler di Chiesanuova

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“In quegli anni c’erano da sbrogliare i più disparati problemi pratici che gravava-no sulla vita quotidiana degli abitanti del quartiere: mi ricordo, per esempio, che una delle prime questione che ci trovammo ad affrontare fu quella della mancan-za di collegamenti: gli autobus, infatti, non arrivavano al quartiere della Noce” prosegue Pinzoni che, nonostante siano passati tanti anni, ha ancora voglia di fornire il suo contributo in circoscrizione come membro esterno della commissio-ne urbanistica, anche se i valori che stavano alla base dei consigli di quartiere, a suo avviso, si sono progressivamente smarriti all’interno delle circoscrizioni.“C’era un’altra tensione morale, una voglia di partecipare al cambiamento delle cose che ci entusiasmava tutti, e ci portava a lavorare per un progetto comune: quello di risolvere insieme, unendo le nostre forze per farci sentire maggiormente, le problematiche che la nascita di un nuovo quartiere porta necessariamente con sé. La parola d’ordine, tra di noi era collaborazione, perché davanti a tutti gli interessi venivano posti quelli del quartiere e della gente che vi abitava: ci senti-vamo parte di una comunità e volevamo dare attivamente il nostro contributo” continua Pinzoni, che con piacere ricorda i successi di quelle battaglie importanti per rendere Chiesanuova una quartiere vivibile e ben servito.“La nostra volontà era duplice: da un lato lavorare insieme per migliorare le con-dizioni di vivibilità del quartiere dall’altro c’era una forte volontà di fare aggre-gazione e trovare dei punti di aggregazione: il centro sportivo, o la sede della circoscrizione più avanti, avranno proprio questo ruolo”.Rimpiange, un po’, Pinzoni, i tempi in cui la politica veniva messa da parte quan-do era necessario lavorare insieme per risolvere i problemi.“Credo che le circoscrizioni debbano essere concepite come un servizio al cit-tadino al di là delle questioni politiche, un punto di riferimento e di ascolto del territorio, ed un modo per permettere alla gente di partecipare alla gestione ed alla difesa della cosa pubblica” ha concluso Pinzoni.

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la NasCiTa Di VillaGGio seReNo

Giuseppe Zubani

Era il 28 novembre 1953 quando padre Ottorino Marcolini poneva le basi per la nascita della cooperativa “La Famiglia”, progetto di case bifamiliari ed a schiera studiato per i quartieri periferici della città: da allora la cooperativa ha costruito nel bresciano qualcosa come ventimila alloggi.II Villaggio Sereno nacque proprio dall’impegno di Padre Marcolini e della sua cooperativa che ai primi degli anni ’60 diede il via al primo lotto del Sereno: nel 1967 verranno consegnati i primi 861 alloggi, poi ne arriveranno altri nel 1975 e nel 1978.Giuseppe Zubani, geometra impiegato all’interno della cooperativa La Famiglia già dal 1962, scelse proprio di andare a vivere in uno di quei quartieri che aveva contribuito a creare: era il 1973.“In realtà, in tanti anni di lavoro con la cooperativa, a Villaggio Sereno, ho curato solo pochi interventi di sistemazione, sono stato impegnato sia in altre zone della città, come il Violino o la Stocchetta, che in provincia ed anche fuori” ha spiegato Zubani che, tuttavia, conosce bene il Villaggio sia dal punto di vista urbanistico, per interessi professionali, che da quello sociale per avervi vissuto oltre trent’anni, impegnandosi, per un certo periodo, anche dal punto di vista politico.Ad andare ad abitare al Villaggio Sereno furono, soprattutto, famiglie di im-piegati ed operai, e giovani coppie che avevano scelto quel quartiere alle porte della città come luogo per far nascere i propri figli.“Gli anni ’70 furono gli anni dell’entusiasmo, della voglia di partecipazio-ne, soprattutto, all’interno di questi quartieri dove si andavano formando nuove comunità: il desiderio di poter partecipare alla gestione della cosa pubblica, in particolare per le questioni pratiche più imminenti, era partico-larmente sentita dalla gente” ha proseguito il geometra, oggi pensionato da una decina d’anni, ricordando quella voglia di partecipazione che entu-siasmò anche lui.Erano gli anni dei consigli di quartiere e Giuseppe Zubani, con quello spirito di servizio tipico di chi visse da protagonista quell’esperienza, fu subito pron-to a mettere al servizio del quartiere il suo tempo e la sua esperienza.

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“Sono rimasto all’interno dei consigli e, poi, delle circoscrizioni sino al 1995: ho dedicato a questa esperienza venti anni della mia vita, che all’interno del-la circoscrizione operò, soprattutto, nella commissione urbanistica” racconta Zubani che, dal ’75 al ’95, si impegnò in circoscrizione tra le file del Pci.“C’erano parecchie cose da fare ed eravamo un punto di riferimento per la popolazione, anche, se in realtà mi sarebbe piaciuto che alle circoscrizioni fosse dato maggiore peso e qualche competenza in più” ha proseguito Zuba-ni che tra gli interventi più importanti che hanno visto la partecipazione della circoscrizione ricorda proprio quello del parco di Villaggio Sereno.Da Villaggio Sereno Zubani è andato via qualche anno fa, per trasferirsi al Violino, altro villaggio storico, il primo a nascere dall’esperienza della coo-perativa La Famiglia, ancora nel lontano 1958: 252 alloggi che oggi rappre-sentano una piccola parte di un quartiere che si è allargato parecchio con interventi anche recenti.

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Giuseppe Zubani

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“Al Sereno torno spesso, non potrei fare altro, in quel quartiere ho passato gran parte della mia vita: è un po’ cambiato rispetto ad una volta ma, per certi aspetti, anche in meglio: è un po’ più organizzato rispetto ad una volta ed i rapporti sono molto umani, come quelli che si vivono all’interno dei pa-esi” ha concluso Zubani.

Lavori di manutenzione al Villaggio Sereno

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“DON RICCARDO VECCHIA: PER 25 ANNI PARROCO DELLE FORNACI”

Era il 7 gennaio del 1967 quando Don Riccardo Vecchia assunse l’incarico di parroco delle Fornaci affidatogli da mons. Morstabilini: qui vi resterà sino al 1992, partecipando alla crescita ed alla formazione di un quartiere, alle porte della città, che in quei tempi mancava di qualsiasi servizio ed anche di una vera e propria comunità. Don Riccardo, con la sua straordinaria figura, ebbe il merito di divenire punti di riferimento per tutti.Don Riccardo, purtroppo, non c’è più, si è spento il 6 giugno di quest’anno, ormai lontano dalle sue Fornaci, all’età di 92 anni. La figura di Don Vecchia è una figura particolare, sempre protagonista, nono-stante quella sua aria umile e silenziosa. Nato, a Sabbio Chiese, il 27 febbraio 1917, Don Riccardo viene ordinato il 7 giugno del 1941 dal Vescovo Tredici. Inviato come curato a Bedizzole Don Riccardo vi resterà per ventisei anni, vivendo il tribolato periodo che seguì l’armistizio del 1943.Don Vecchia, al quale i tedeschi avevano ucciso il giovanissimo fratello Giu-seppe, partigiano in Vallesabbia, non ebbe dubbi da che parte schierarsi e scelse la Resistenza.Nel 1967, infine, divenne, parroco di Fornaci, un quartiere a metà strada tra il paese e la città, che aveva bisogno di interventi importanti e, soprattutto, di creare punti di incontro ed aggregazione che aiutassero a fare comunità. Don Riccardo, appena presa dimora nella vecchia canonica, si occupò proprio di questo: i suoi parrocchiani, o forse è meglio dire i suoi amici, ricordano quanto impegno il Don mise per ampliare il nuovo oratorio, per costruire il nuovo edificio per il catechismo, per sistemare il cinema e, soprattutto, per ammodernare la chiesa parrocchiale. Ed era proprio la sistemazione di quest’ultima a riempire d’orgoglio Don Riccardo, come lui stesso ricordò la domenica del 5 ottobre 1992, giorno della conclusione del suo mandato pa-storale, in alcune righe lette durante la messa dal suo curato Don Gianluca.“Insieme abbiamo realizzato tante cose e vi rendo atto che nulla avrei potuto senza il vostro aiuto intelligente e disinteressato. Ma se un rimpianto, più degli altri, mi prende, è quello per la nostra chiesa parrocchiale. Mi piace-rebbe, infatti, essere ricordato come il parroco che, restaurando la chiesa, ha

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raccolto il voto di tutti perché l’opera dei padri fosse consegnata ai figli come memoria e stimolo a crescere nella fede e nella virtù”.Quello che, tuttavia, colpiva di Don Vecchia, era la sua presenza attenta e discreta e la sua vicinanza, in particolare, ad anziani, ai malati, ai poveri ed ai sofferenti.“Ci sono persone che per dono della Provvidenza, segnano in modo indelebile la nostra vita: Don Riccardo è stata una di queste. Carattere forte e schivo, tempe-ramento risoluto, fisico asciutto, non ha mai avuto paura di lavorare duramente e di stare dalla parte dei più deboli” raccontano gli amici Gianpietro Abrami, Gastone Dioni e Pietro Ferraboli che ebbero modo di lavorare con lui all’interno della parrocchia.Tra i meriti di Don Riccardo bisogna ricordare con quanta dedizione si dedicò anche ai giovani cercando di creare degli spazi aggregativi a loro destinati: come

non ricordare, per esempio, il cen-tro giovanile, luogo di aggrega-zione destinato ai bambini ed ai ragazzi, ma anche agli adulti ed agli anziani, con l’intento proprio di creare una comunità.Don Riccardo, ancora giovane, capì l’importanza di dotare le Fornaci di quei servizi sino ad allora inesistenti: ecco, quindi, il campo da calcio, costruito grazie ad una raccolta di carta, ferro e stracci, oppure i campi da tennis, il campo polifunzionale, il parco giochi per l’infanzia.“Don Riccardo seppe avvicinare le persone attraverso le opere, fa-cendo loro riscoprire la gioia della fede e del servizio cristiano agli altri” ricordano coloro che l’han-no conosciuto.

Ingresso della Parrocchiale delle Fornaci

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Indice

La mappa delle Circoscrizioni pag. 6

Introduzione - La Circoscrizione Sud pag. 7

Capitolo 1

I quartieri della Circoscrizione SudPorta Cremona pag. 9Fornaci pag. 15Villaggio Sereno pag. 17Lamarmora pag. 19Chiesanuova pag. 23Il Quartiere Don Bosco pag. 26Folzano pag. 28

Capitolo 2

A spasso per la SudLe chiese pag. 31Le tradizioni pag. 35I parchi pag. 37Realtà del territorio pag. 40Le parrocchie della circoscrizione Sud pag. 42Le associazioni della circoscrizione Sud pag. 43

Capitolo 3

Alle origini del decentramentoLa lunga storia della partecipazione a Brescia pag. 47 I presidenti della Quinta Circoscrizione pag. 51I presidenti della Sesta Circoscrizione pag. 55

Capitolo 4

La Circoscrizione raccontataGiancarlo Buizza pag. 66Giuseppe Chiappani pag. 70Luigia Casari pag. 74Sante Pinzoni pag. 78Giuseppe Zubani pag. 80Don Riccardo Vecchia pag. 83

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Progettazione ed impostazione graficaFZ Graphic & Design - Brescia

StampaGraficasette - Bagnolo Mella (BS)

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anni dipartecipazione

circoscrizione sud

circoscrizione sud

Comune di Brescia - Assessorato alla Partecipazione e Decentramento

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Comune di Brescia - Assessorato alla Partecipazione e Decentramento

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Stampato con il contributo di