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Linguistica italiana 1
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COPYRIGHTUNIMARCONI
Psicologia del linguaggio: percezione, memoria, apprendimento
Unit 1
Giorgia Turchetto
Master
1
Indice
PREMESSA -------------------------------------------------------------------------------------------- 2
OBIETTIVI ---------------------------------------------------------------------------------------------- 4
1. STUDIARE IL LINGUAGGIO------------------------------------------------------------------ 5
2. LA COMUNICAZIONE LINGUISTICA ---------------------------------------------------- 35
RIEPILOGO ------------------------------------------------------------------------------------------ 82
GLOSSARIO --------------------------------------------------------------------------------------- 101
BIBLIOGRAFIA ----------------------------------------------------------------------------------- 103
2
PREMESSA
Questa unit didattica si sviluppa secondo unottica di approfondimento successivo degli
argomenti. Dal generale al particolare, lunit approfondisce le diverse tematiche: parte
dalla definizione di concetti generali, passa attraverso la trattazione di certe teorie fino ad
arrivare ad analizzare i campi dindagine della psicologia del linguaggio ed in particolare
alcune tematiche di studio, quale lacquisizione della competenza comunicativa (cfr.
capitolo 5). Il corso si propone di fornire unintroduzione alla psicologia del linguaggio,
presentando i processi di acquisizione ed elaborazione del linguaggio, analizzandone
criticamente i diversi approcci teorici. Lobiettivo prioritario quello di comprendere
lacquisizione del linguaggio allinterno del contesto dello sviluppo dellindividuo
specificando i possibili aspetti di continuit tra prerequisiti biologici e situazioni di
interazione sociale. trattato lo sviluppo della capacit di produrre e comprendere
espressioni linguistiche e in particolare espressioni figurate che associano ad un
significato verbale anche un valore mnestico. Diverse ricerche hanno dimostrato la
validit che lacquisizione del linguaggio figurato avviene parallelamente, in modo
interconnesso e dipendente dalla pi generale capacit di elaborare il linguaggio. Infatti,
nei bambini lacquisizione della competenza figurata, quella cio per cui un bambino in
grado di comprendere e produrre espressioni non letterali, un aspetto dellevoluzione
pi generale della competenza linguistica e comunicativa e non , pertanto, necessario
invocare meccanismi o principi specifici, come ipotizzano alcuni modelli dellelaborazione
negli adulti. Chiarire che cosa la Psicolinguistica, come si sviluppata nel tempo, quali
sono stati i contributi delle altre discipline che studiano il linguaggio, illustrare quali sono
gli strumenti teorici e metodologici di cui si avvale di fondamentale importanza, se si
vogliono fornire delle conoscenze, non certo esaustive, ma che consentano, almeno, ad
un insegnante di progettare e in seguito realizzare il suo piano educativo-didattico in
relazione alla classe e alle caratteristiche dei singoli alunni. Lesposizione di teorie,
modelli interpretativi, contributi di diversi autori che verranno presentati nel corso della
trattazione, costituiscono un quadro di riferimento per meglio delineare gli obiettivi e le
competenze, ma anche per dare dei suggerimenti nella scelta degli strumenti, delle
metodologie di verifica e degli interventi didattici in modo consapevole e mirato. NellUnit
didattica si fa riferimento ai contributi apportati da alcune discipline allo studio del
linguaggio e della comunicazione e si sono richiamati in modo, speriamo quanto pi
completo possibile, i processi cognitivi, meta-cognitivi ed emotivo-motovazionali
nellelaborazione dellinformazione e nellapprendimento del linguaggio.
3
Lunit Didattica termina con un glossario di termini utili al sottocodice linguistico proprio
delle scienze che studiano il linguaggio, che crediamo utile per acquisire da subito un
sottocodice linguistico consono alla trattazione della tematica. Lunit didattica, lungi
dallesaurire la complessit e la molteplicit degli argomenti afferenti allo studio della
Psicologia del linguaggio, fornisce un valido approccio al tema, suggerendo ulteriori spunti
di riflessione e di approfondimento per i quali si rimanda alla sezione bibliografica.
4
OBIETTIVI
Gli obiettivi di questa unit didattica sono:
conoscere le caratteristiche principali del linguaggio;
enunciare il concetto di segno linguistico identificando le sue caratteristiche
peculiari;
comprendere le principali differenze tra linguaggio e lingua;
analizzare i contributi della filosofia del linguaggio, della linguistica e della
psicologia alla Psicologia del linguaggio;
comprendere la Psicologia del linguaggio secondo il cognitivismo, viceversa
secondo il comportamentismo;
elencare alcuni modelli applicati dalla disciplina comprendendo le differenze
metodologiche alla base di ciascuno;
valutare i processi alla base della competenza comunicativa;
entrare in possesso di nuovi elementi conoscitivi propedeutici allorganizzazione
degli interventi didattici.
5
1. STUDIARE IL LINGUAGGIO
Lorigine del linguaggio
Il cervello di Homo sapiens, grande in media 1400 cm, ha un volume quasi doppio
rispetto a quello dei primi esseri umani che producevano utensili litici. Tale aumento di
dimensioni, avvenuto nellarco di circa due milioni di anni, stato accompagnato da un
adeguato incremento della capacit e della forma del cranio: mentre nei primi ominidi
questo era relativamente piccolo, costituito da ossa massicce e caratterizzato da arcate
sopraccigliari prominenti e da fronte e mento sfuggenti, nellHomo sapiens ha acquisito
una forma arrotondata, con ossa facciali pi sottili, conformate in modo da risultare
disposte approssimativamente su un piano frontale. Laumento di dimensioni del cervello
ha consentito il graduale sviluppo di unaltra delle caratteristiche distintive di Homo
sapiens, vale a dire il linguaggio. In particolare, i requisiti fisiologici necessari
allacquisizione di questa facolt si sono affermati in associazione allespansione e alla
specializzazione di una regione della corteccia cerebrale, chiamata area di Broca, adibita
al controllo dei movimenti delle labbra e della lingua.
La questione dellorigine del linguaggio ha occupato costantemente nella storia del
pensiero uno spazio significativo. Questo perch il linguaggio, dal momento in cui ogni
essere umano nasce, accompagna non solo ogni istante della vita di relazione con gli
altri, ma anche la dimensione della propria interiorit. Da questo punto di vista il
linguaggio sembra qualche cosa di ovvio, di banale, di congenito, come il respirare. Basta
per volgere lo sguardo intorno, cosa avvenuta assai per tempo nella storia della nostra
tradizione culturale e dellumanit, per accorgersi che nel linguaggio c qualche cosa di
profondamente diverso dal respirare, dal camminare, dal nutrirsi e che questa diversit
data dallesistenza di un grandissimo numero di lingue profondamente difformi tra di loro.
come dire che respiriamo tutti allo stesso modo, ma che poi il respiro si realizza con
nasi diversi.
Oggi sappiamo bene che le lingue sono profondamente diverse perch, anche se con
qualche problema, con strumenti di indagine accurati le possiamo censire una per una;
oggi, nel mondo, ne contiamo di viventi oltre seimila. Ma questa proliferazione di lingue
differenti era evidente anche nel passato, si tratta di una diversit singolare, perch non
ha nulla a che fare con lambiente naturale in cui ci troviamo. Il processo di diffusione
delle lingue fuori dal luogo di origine geografico, infatti, un fenomeno noto. Nel caso
delle lingue, quindi, la riduzione a cause ambientali non c. Ed questo che, da epoche
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remote, ha colpito lattenzione e la riflessione di chi ha osservato la pluralit delle lingue.
Gi gli scribi del vicino oriente antico, del terzo millennio avanti Cristo - che redigevano le
lettere dei loro sovrani per altri sovrani, in egiziano, in ittita o in sumerico - avvertivano la
problematicit del mettere in corrispondenza due testi redatti in due lingue diverse. da
allora che noi sappiamo che la diversit delle lingue un fatto profondo e il perch le
lingue siano diverse, stato sempre motivo di curiosit intellettuale. Altrettanto remoto il
chiedersi da parte degli studiosi del linguaggio quale possa essere stata la forma della
lingua primigenia.
In un antico testo, nelle Storie dErodoto, lo scrittore, profondo osservatore della diversit
dei costumi tra i popoli sostiene come la diversit delle lingue sia fondamento del
costituirsi delle distinzione tra i popoli, nazioni e culture. Egli, lungo la trattazione racconta
di esperimenti un po ingenui, come quello di un faraone, che avrebbe preso due bambini
e li avrebbe nutriti, nei primi giorni e nelle prime settimane di vita, al di fuori di ogni
contatto con esseri umani. Lobiettivo del faraone era vedere se questi bambini sarebbero
riusciti a parlare e quale lingua avrebbero parlato. I bambini, a un certo punto, avrebbero,
secondo quanto dice Erodono, cominciato a dire la parola becos, che in frigio, una
lingua delloriente antico, una delle tante lingue dellattuale Turchia, vuole dire pane, cio
cibo, alimento. Questo, quindi, avrebbe consentito al faraone di stabilire, in modo
incontrovertibile, che il frigio era la lingua primigenia dellumanit. Come si vede, dunque,
cercare di capire perch le lingue sono diverse tra loro e quale sia la loro origine un
problema antico, pi antico della stessa cultura greca da cui noi, ormai, si pu dire in tutto
il mondo, traiamo tanta parte dellossatura, dello scheletro profondo delle nostre
costruzioni intellettuali e filosofiche.
Certamente, il tema delle origini del linguaggio, inteso come ricostruzione della forma
della ipotetica, o delle ipotetiche, lingue primigenie del genere umano cade sotto i colpi
dei linguisti professionali, dei glottologi, che spiegano che non si pu risalire in modo
attendibile cos indietro nel tempo e constatano, quindi, lineluttabilit della registrazione
della profonda diversit tra i gruppi linguistici. Nello stesso tempo una parte delle filosofie
dominanti svalutano il tema stesso delle origini, da De Saussure a Von Von Humboldt
fino a Benedetto Croce si sente ripetere che inutile occuparsi del problema delle origini
del linguaggio, perch questo problema si risolve studiando come funziona nellattualit
una lingua. La cosa interessante capire che ruolo ha il linguaggio nella vita dello spirito
umano. Allostracismo professionale dei linguisti, quindi, si aggiunge anche una messa in
mora filosofica. Unaltra questione legata allo studio del linguaggio ruota intorno al fatto
che esso stato considerato, da sempre, come un privilegio riservato alluomo.
7
Dagli anni Trenta del novecento per questa credenza muta radicalmente, studiosi
diversi, come lamericano come John Lilly, laustriaco Karl Von Frisch, diventato, poi per
questi studi, Premio Nobel, hanno cominciato a scoprire che il mondo della
comunicazione pi vasto di quello degli esseri umani, che forme di comunicazione,
molto sofisticate, esistono tra i mammiferi acquatici. Dai primi lavori classici di Von Frisch,
condotti sulle api, un po alla volta nata una disciplina nuova, la zoosemiotica, vale a
dire lo studio sistematico dei modi di semiosi, dei modi di comunicazione per simboli e per
segni, propri di specie animali diverse dal genere umano. Questi studi si sono ormai
allargati, si pu dire, non solo a tutte le specie, ma gli sviluppi della biologia molecolare,
della genetica ci hanno portato negli ultimi quindici anni fino alle estreme frontiere della
vita. A questo punto, noi sappiamo che forme rudimentali di interazione comunicativa si
trovano anche in piccoli organismi unicellulari, in quelli archeozoi e protozoi da cui
cominciata la storia della vita sulla terra. Sembrerebbe oggi sempre di pi, che non solo,
come diceva Wittgenstein, un linguaggio una forma di vita, ma che il linguaggio la
forma della vita: l dove c qualcosa che vive, c qualcosa che comunica. Uno
scossone, dunque, che porta a chiedersi, in che misura, le forme di linguaggio degli
esseri umani abbiano qualcosa a che fare con le forme di linguaggio degli altri animali,
quali siano le loro affinit e le loro diversit. Quello che noi chiamiamo, per eccellenza,
linguaggio, non che una variante delle forme di comunicazione, il che non significa che
sia riducibile alle altre, evidentemente, ma questo ci pone un problema di comprensione
di ci che continuo e discontinuo nellemergere del linguaggio non solo come categoria
ma anche nel tempo, nella storia delle specie. Anche un altro colpo stato dato alla
esclusiva identificazione della comunicazione con il linguaggio. Questo scossone
venuto dallallargarsi del nostro orizzonte conoscitivo per quanto riguarda le forme di
comunicazione che, lessere umano gestisce e che sono diverse dal linguaggio verbale a
quello grammaticalizzato. Limportanza di questo aspetto stato compreso bene da
Wittgenstein che ha compreso la problematica esistente tra la specificit del linguaggio
fatto di parole parlate e scritte e le altre forme di interazione comunicativa. In tanti casi il
gesto, per esempio, sostituisce completamente la formulazione verbale e cos accade
anche per la postura del corpo, labbigliamento e molta altra parte della simbologia di cui
intessuta la nostra vita di relazione e di comunicazione non verbale. A sostituire il
linguaggio verbale ci sono anche forme pi alte di comunicazione come i linguaggi
matematici e i linguaggi simbolici che noi abbiamo creato a partire dalle lingue.
Ci si interrogati allora su che rapporto c tra il mondo linguistico umano, che ormai ci
appare non pi un mondo fatto solo di parole e di lingue, ma di codici di comunicazione
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diversi, e il mondo della comunicazione delle altre specie animali. Se le nostre unghie, i
nostri capelli, il nostro sangue, il nostro scheletro, il nostro DNA, il nostro patrimonio
genetico, si riportino a momenti diversi della scala evolutiva, abbiamo a che fare, diciamo,
nella loro genesi, in modo ipotetico, ma ben documentato, con tappe successive della
scala evolutiva. Ci si chiesti se solo il linguaggio sia un unicum, o se non abbia
anchesso una sua preistoria evolutiva, ricostruibile, documentabile, che possa aiutarci a
comprendere la sua struttura. La discussione sullorigine del linguaggio ripresa negli
anni cinquanta-sessanta, un po in sordina, fino a diventare, di nuovo, un tema di grande
interesse scientifico. A questo punto, per, con la differenza che non si tratta pi di sapere
se i primi esseri umani hanno detto parole come becos, ma si tratta, invece, di capire e
di ricostruire, se possibile, attraverso la comparazione con le forme di comunicazione
delle altre specie viventi, quali sono state le tappe attraverso cui il linguaggio si sia
formato. Diventa allora possibile, dare una spiegazione genetica teoricamente
convincente della costituzione del linguaggio verbale in base alle componenti che ne
regolano il funzionamento. La discussione teorica su ci che necessario e su ci che
contingente, su ci che struttura dura e ci che, invece, struttura contingente, nelluso
di una lingua un dibattito, da questo punto di ancora molto acceso.
Alcuni studiosi, soprattutto Lieberman, insistono molto sui prerequisiti di tipo anatomico e
neurologico. Secondo Lieberman bisogna avere una struttura pienamente eretta perch
si abbassi la laringe e questo ci permetta di avere il controllo di suoni cos diversificati
come quelli che sono presenti effettivamente e non accidentalmente nelle lingue.
Abbiamo bisogno anche di una sottile possibilit di differenziare i suoni per potere
costruire decine e decine di migliaia di parole, sottilmente diverse tra di loro, ma fatte degli
stessi elementi. Contemporaneamente vi bisogno di un apparato neurologico, quello
preposto al controllo della produzione e alla discriminazione acustica di questi suoni, di
poco diversi tra loro. Quindi la forma della calotta cranica, ricostruibile
paleontologicamente, molto importante per capire quando queste condizioni si sono
create. Lieberman ipotizza una datazione molto bassa dellorigine della capacit
linguistica che lo porta a concludere che, forse, neanche gli uomini di Neanderthal, cos
simili a noi e gi con una vita sociale molto sviluppata, parlavano una lingua analoga alla
nostra; lhomo sapiens avrebbe imparato a parlare solo a tre quarti della sua storia.
Altri studiosi, come Leroi-Gourhan, ragionano in termini diversi, sostenendo che, nel
vedere i reperti di un milione e mezzo di anni fa, ci si accorge che questi ominidi erano
capaci di andare a cercare materie prime in terre lontane per formare degli strumenti che
servono loro per costruire altri arnesi con i quali costruire ancora altri utensili per
9
procurare cibo e per difendersi. Quando ci si accorge che c una struttura sociale,
fondata sul lavoro e quindi sulluso razionale delle mani, ci si trova di fronte a dei quadri
culturali che ci fanno pensare che questi esseri, gi in qualche modo, dovessero disporre
di quella forma di vita comunicativa cos complessa, da giustificare luso di una lingua
storico-naturale. Essi retrodatano quindi fortemente lorigine del linguaggio, da
cinquantamila a un milione e mezzo di anni fa. Quale delle due ipotesi si pi pertinente
molto difficile da dire. Alcuni studiosi fanno un ragionamento semplice, sostenendo che le
parole delle lingue hanno la possibilit di trasferire il significato delle parole, di allargarne i
confini a seconda delle necessit, riferendosi alla indeterminatezza semantica che,
accanto alla ricchezza del patrimonio lessicale e sintattico la propriet chiave delle
lingue. Questa propriet, secondo questi studiosi non pu non essere stata sfruttata nel
momento in cui il lavoro di trasformazione dellambiente passava, per esempio, attraverso
le tecniche di cottura del cibo, nel momento in cui, cio, si inizia ad usare il fuoco
razionalmente, in modo programmato. In quella circostanza, lessere umano deve
obbligatoriamente aver cominciato a fare quelloperazione che noi compiamo,
quotidianamente, quando dicendo: oggi ho mangiato maiale, con la parola [maiale]
intendendo dire diverse cose nel senso che la carne di maiale ha in s il significato di
carne di maiale cotta, ma anche di carne cruda di maiale, o anche semplicemente sta
a significare il povero simpatico suino che grufola per nutrirsi e per vivere. La stessa
parola, per effetto del fuoco, per cos dire, ha dovuto imparare a dilatare i suoi significati,
cio gli essere umani hanno dovuto imparare a possedere un sistema simbolico, ricco di
indeterminatezza semantica e di possibili determinazioni, in vie, su vie diverse. Altri
ancora pensano che trecentomila anni sia una buona datazione intermedia ma, aldil di
questo, il grande interesse lesplorazione in termini genetico-evolutivi delle precondizioni
che reggono e regolano la vita del linguaggio verbale, cos come noi lo conosciamo, in
rapporto alle altre forme di comunicazione dellintero mondo vivente.
Il linguaggio e la comunicazione
La capacit di comprendere e comunicare uno dei maggiori traguardi raggiunti
dallessere umano. Una caratteristica sorprendente dello sviluppo del linguaggio la
velocit con cui esso acquisito: la prima parola viene pronunciata intorno ai 12 mesi ed
entro i due anni, la maggior parte dei bambini possiede un vocabolario di 270 parole, che
diventano 2600 a sei anni. Partendo dal presupposto che quasi impossibile stabilire il
numero di frasi che si possono costruire allinterno di una lingua, certo, comunque, che i
bambini cominciano ad utilizzare proposizioni sintatticamente corrette fin dallet di tre
anni e frasi molto complesse allet di cinque.
10
Questo straordinario fenomeno non pu essere spiegato semplicemente attraverso le
teorie dellapprendimento. Il linguista americano Noam Chomsky ha ipotizzato che il
cervello umano funzionale alla percezione e riproduzione del linguaggio; pertanto il
sistema mentale deputato al linguaggio non richiede un apprendimento formale, ma si
attiva spontaneamente in un contesto che ne stimola la produzione verbale. Sebbene non
tutti gli studiosi del linguaggio condividano le affermazioni di Chomsky sullacquisizione
del linguaggio, lidea di uno speciale sistema mentale addetto alla produzione linguistica
comunemente accettata. Attualmente, i teorici che si occupano della relazione tra
sviluppo cognitivo e acquisizione del linguaggio, affermano che questultimo riflette le
concezioni del bambino e si evolve insieme con esse.
Il linguaggio , dunque, in senso generico la facolt di comunicare, nello specifico, un
sistema simbolico di comunicazione, ovvero un dispositivo in cui linformazione che
passa tra un emittente ed un destinatario codificata attraverso un codice convenzionale
e condiviso. Se, dunque la comunicazione lazione che luomo compie per rendere noto
ai suoi simili, il pensiero, le emozioni, le decisioni, il linguaggio verbale il mezzo che egli
usa per attuare la comunicazione. Abbiamo avuto gi modo di vedere nellintroduzione
dellunit didattica che la comunicazione non un fatto esclusivo del genere umano e lo
stesso uomo non usa come unica forma di comunicazione solo il linguaggio verbale. Il
contesto, ovvero la condizione in cui si comunica (es. in aula, a casa, in famiglia, nel caso
di portatori di handicap), le molteplici combinazioni dei soggetti (es. uomo-donna, madre-
figlio, capo-dipendente, inseganti-alunni, ecc), e la variet delle strutture simboliche (es.
parole, numeri, simboli) definiscono i diversi tipi di linguaggio. Il livello della
comunicazione pu essere superficiale (cognitivo-informativo) o profondo (motivazionale-
persuasivo). Il linguaggio, infatti, comunica:
dati di conoscenza (oggettivi e opinionali): far conoscere il proprio stato danimo
persuadere;
modalit di operazione su di essi: far conoscere una procedura farla acquisire
concretamente come automatismo;
stati danimo ed emozioni (sia volontariamente che involontariamente): far
conoscere il proprio stato danimo ottenere che venga condiviso;
atteggiamenti e valori: farli conoscere, esplicitarli ottenere che vengano assunti.
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Se il linguaggio possiamo, dunque, definirlo lo strumento o il mezzo attraverso cui si
comunica bisogna chiarire subito che esistono una pluralit di linguaggi che interagiscono
e si combinano tra loro nellatto della comunicazione. Il pi comune il linguaggio verbale
orale, poi il verbale scritto, quello grafico (schemi, diagrammi, disegni), il linguaggio
gestuale che accompagna spesso quello verbale orale, il mimico (limitato alle espressioni
facciali), il linguaggio comportamentale, i suoni non verbali (il clacson, le campane, il
fischio, il telefono), le immagini comunicative (il semaforo, i fari dellautomobile, il razzo
di segnalazione), il silenzio (dal significato fortemente contestualizzato). Nella
comunicazione si possono distinguere alcuni elementi essenziali:
LEMITTENTE O FONTE colui che avvia la comunicazione, elabora un messaggio
mentalmente, gli da un codice espressivo, lo affida ad un canale con lobiettivo di farlo
arrivare a destinazione;
IL CODICE il sistema convenzionale di segni, di elementi sintattici e semantici che
costituiscono un certo linguaggio, es. una lingua (italiano, inglese, dialetto) comune a chi
parla e a chi ascolta che permette di capire le regole attraverso cui passa il messaggio
per raggiungere lascoltatore. I linguisti definiscono i segni come significanti che in
relazione ad un codice stabilito hanno un significato. Secondo il codice della strada, ad
esempio, il colore rosso (significante) indica lo stop (significato), lo stesso colore, secondo
un altro codice, pu avere significato differente.
IL CANALE il mezzo utilizzato per attivare la comunicazione far passare il messaggio e
i segni. il punto di collegamento tra emittente e ricevente, letteralmente tutto ci che si
trova tra emittente e ricevente. In relazione alla diversa modalit di comunicare possono
usare differenti canali: verbale (parole, rumori, suoni); paralinguistico (tono della voce,
volume, velocit, pause delleloquio); visivo (aspetto esteriore, look); prossemico
(posizione occupata nello spazio); cinestesico (posizione del corpo e gesti); tattile (dare la
mano, abbracciare), olfattivo-gustativo (sapori, odori, ecc.). Il Canale o pi propriamente il
mezzo pu essere considerato anche lo strumento che si utilizza per comunicare (il
telefono, la posta tradizionale, le-mail, la registrazione radiofonica e quella televisiva,
ecc.).
IL RICEVENTE O DESTINATARIO colui che riceve il messaggio. Il modo in cui lo
riceve non dipende soltanto da come il messaggio stato trasmesso, ma anche dalle
condizioni del destinatario al momento della ricezione (apertura, chiusura, attenzione,
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disattenzione, interesse disinteresse, ecc.) e dalle condizioni di contesto presente o
assente ( es. de visu o telefonicamente) o presente virtualmente (lettera, video).
IL CONTESTO il complesso delle idee e dei fatti che consente di determinare il senso
di una frase, di una parola, di un brano. Il complesso delle circostanze in cui si sviluppa un
determinato fatto (es. c. familiare, culturale, aziendale, ecc.). Il contesto a volte coincide
con il referente, ossia largomento a cui si riferisce il messaggio.
IL FEEDBACK letteralmente lalimentazione di ritorno o linformazione di ritorno. Il
feedback pu essere immediato e completo (de viso), limitato (telefono), ridotto e differito
(lettera). Il feedback pu comunicare molto: attenzione, distrazione, noia, stanchezza,
saturazione psichica, comprensione, assenso, dissenso, ecc. La mancanza di feedback
generalmente provoca disagio comunicativo nellemittente del messaggio che non
percepisce alcun ritorno. Il feedback ha quindi una funzione regolatrice che permette al
sistema comunicativo di ordinare la propria azione sulla base dei risultati ottenuti.
Il feedback serve per:
1. fare chiarezza (ascolto);
2. evitare malintesi (correggere la comprensione del messaggio);
3. costruire la relazione (trasmettere un reale interesse per la comprensione
dellaltro).
LE INTERFERENZE rappresentano tutti gli impedimenti, gli ostacoli, che disturbano il
canale usato per la comunicazione (lo sbattere di una porta, i caratteri troppo piccoli nelle
slide, ecc.). Sono presenti in tutti gli elementi della comunicazione.
LA RIDONDANZA tutto ci che facilita la comunicazione. La ridondanza coincide con la
capacit del linguaggio di ripetere lo stesso messaggio utilizzando forme espressive
differenti. Essa implica, anche, che una parte di un messaggio (lettere, parole,) pu
essere eliminata senza sostanziale perdita di informazione. La ridondanza
essenzialmente misura la flessibilit del linguaggio essendo proprio questultima che fa
s che noi capiamo un testo anche quando ci sono errori di stampa. Ovviamente in un
messaggio composto di parole scelte a caso non v informazione e quindi neanche
ridondanza.
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Gli elementi della comunicazione
La mancanza di feedback e le interferenze possono provocare unassenza o una non
comprensione del codice e quindi il rifiuto del messaggio da parte del ricevente. Questo
fenomeno chiamato decodifica aberrante e pu realizzarsi per:
incomprensione per disparit dei codici, il codice dellemittente non ben
compreso dal destinatario (es. lingua straniera);
incomprensione del messaggio per interferenze circostanziali, il codice
dellemittente compreso dal destinatario, ma modellato sul proprio orizzonte di
attese, di conoscenze, di valori, credenze, ecc.;
rifiuto del messaggio per delegittimazione dellemittente, il codice dellemittente
compreso dal destinatario, ma il senso viene stravolto per motivi ideologici (partiti
politici).
La decodifica aberrante pu interessare tutti gli elementi della comunicazione. La
composizione del messaggio, ad esempio, pu evidenziare unassenza di struttura, una
mancanza di ordine logico, ne sono un esempio, le argomentazioni in ordine sparso, le
inversione, i ritorni improvvisi, le ripetizioni superflue, i passaggi non mediati o le
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omissioni. In questi casi il messaggio risulta piatto, monotono, confuso e carente. Anche il
codice pu essere inadatto al messaggio: usare un linguaggio comune per affrontare un
tema specialistico, senza ricorrere al sottocodice linguistico appropriato per quella
determinata tematica o disciplina (es. linguaggio della geografia, della filosofia, della
matematica, ecc.) rappresenta un caso di questo genere. Il canale pu presentare una
variet di disturbi. Le scariche elettriche del telefono, la grafia illeggibile di una lettera, le
pagine strappate del libro, un rumore di fondo durante una conversazione o una lezione o
linvisibilit dellemittente (per esempio il professore nascosto dietro alla lavagna) sono
tutte condizioni che pregiudicano la comprensione. Ricorrere alla leggera ridondanza
che consiste nel ripetere, presentando con termini leggermente diversi il contenuto del
messaggio, unutile strategia per evitare o ridurre la decodifica aberrante.
In contesti come quello daula la ridondanza diventa uno strumento enormemente
efficace per dare la possibilit di ricevere il messaggio a chi si perso la prima
esposizione e per capire di aver capito a chi invece lo ha gi recepito. Il significato vero
della comunicazione, infatti, sta nel responso che se ne ottiene e non nelle intenzioni.
Anche latteggiamento egocentrico di emittente e destinatario pu determinare episodi di
decodifica aberrante. Legocentrismo dellemittente spesso sfocia in un atteggiamento
auto-centrato cognitivo e valutativo, mentre nel ricevente nella supponenza di aver
recepito tutto quanto c da capire nel messaggio, senza pensare ai significati incompresi
o sfuggiti. Emittente e ricevente dovrebbero, dunque nel processo comunicativo
sviluppare due attitudini: il primo la tendenza al dubbio sistematico; il secondo la tendenza
a chiedersi/chiedere chiarimenti. Lemittente, inoltre, deve privilegiare il feedback
completo e possibilmente immediato, cercando di provocarlo quando non si verifica
spontaneamente. indispensabile abituarsi a leggere e cogliere il feedback attribuendo e
interpretando il significato anche dei minimi segnali.
Per lemittente molto pi difficile dare al messaggio una forma adatta a tutti, utilizzare
cio un codice davvero comune, conoscere ci che i destinatari gi sanno, cogliere tutti i
feedback. Una strategia per attuare una comunicazione pluridirezionale efficace si fonda
sulladottare un codice di livello medio con oscillazioni in grado di coinvolgere tutti i
destinatari del messaggio, pi o meno dotati e pi o meno capaci di comprendere i
contenuti della comunicazione. Sul piano didattico, molto importante facilitare la
comunicazione attraverso la ridondanza. La ripetizione, possibilmente con codici diversi,
dello stesso messaggio una modalit spesso utilizzata in classe.
15
Sono state esposte molte teorie sulla comunicazione e su quando essa effettivamente si
realizza, molti studiosi concordano sul fatto che:
vi comunicazione solo, quando si in presenza di un emittente ed un ricevente
in condizione di codificare/decodificare il messaggio;
ci che conta nella comunicazione non quello che detto, ma ci che
recepito.
necessario che ci sia intenzionalit e consapevolezza. Lintenzionalit, che, potremmo
parafrasare come volont di significazione, una caratteristica fondamentale, oltre che
del linguaggio, anche di ogni sistema di comunicazione in genere, e di ogni stato mentale.
Lintenzionalit in realt un concetto molto complesso, e rappresenta uno dei nodi
problematici della moderna filosofia della mente e del linguaggio. Senza approfondire
troppo il concetto, possiamo accontentarci di sapere, che lintenzionalit caratteristica
degli stati mentali in genere, soprattutto di quelli linguistici (provare una sensazione od un
sentimento non unattivit linguistica, esprimerlo di solito s).
Per intenzionalit i filosofi intendono la propriet che uno stato faccia riferimento a un
altro stato: lo stato di un oggetto non fa, generalmente, riferimento a nullaltro che al fatto
che quelloggetto si trovi in quello stato, viceversa la mente umana si pu permettere il
lusso di trovarsi in uno stato che fa riferimento a un altro stato: posso credere che
questo libro sia ben scritto, posso sperare che molti lettori lo compreranno, posso
temere che molti filosofi lo stroncheranno, e cos via. Tralasciando la filosofia, per
semplificare, potremmo spiegare lintenzionalit dei segni linguistici partendo da un
esempio banale: la febbre un sintomo di uno stato patologico nellorganismo, sicch
potremmo considerarlo, e nel linguaggio ordinario di fatto lo facciamo, un segno della
malattia, ma non c alcuna intenzionalit (volont di significazione) in questa relazione
simbolica, vale a dire che non c alcuna comunicazione: manifestare la febbre non
certo un atto linguistico.
Per altri studiosi del linguaggio, invece, la comunicazione un semplice scambio
dinformazione che investe il tipo di relazione che intercorre tra interlocutori. Pu quindi
esistere comunicazione a prescindere dallintenzionalit. Secondo Watziawick lo studio
della comunicazione pu avvenire a tre livelli:
1) un primo che sinteressa dei problemi della codifica/decodifica dei canali, della
ridondanza e di tutti gli aspetti sintattici;
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2) un secondo livello che si occupa del significato dei simboli della comunicazione,
ovvero della convenzione semantica che sottost ad ogni scambio di segni;
3) lultimo livello (quello pragmatico) che altrimenti detto metacomunicazione
(comunicare sulla comunicazione) cura laspetto pragmatico.
Secondo questa prospettiva, il messaggio contiene sempre in se stesso due informazioni
diverse che qualche volta possono essere disgiunte: - il messaggio di contenuto; - il
messaggio di relazione. Il primo si esprime sostanzialmente attraverso il codice verbale o
numerico, mentre il secondo meglio espresso dai codici non verbali detti analogici.
Spesso si verifica che questo secondo genere di codice sfugge al controllo dellemittente
producendo un messaggio ambiguo, esempio dire a parole (codice digitale) che una cosa
ci piace e fare una smorfia di disgusto (codice analogico). Possiamo quindi dire che il
linguaggio umano si fonda su tre livelli:
VERBALE (parole) codice digitale;
PARAVERBALE (tono, timbro, volume, voce) codice misto. Il paraverbale usa
un codice misto nel senso che ricorre sostanzialmente ad un codice analogico
(tono delle voce, colore, timbro, ecc.) che per nel linguaggio verbale scritto
spesso riprodotto con luso dei segni diacritici (punteggiatura);
NON VERBALE (linguaggio del corpo) codice analogico.
Il livello verbale per lappunto quello che utilizza un codice digitale costruito sulluso di
segnali discreti (fonemi, morfemi, lessemi) per rappresentare dati in forma di numeri o di
lettere alfabetiche. Questo linguaggio pone connessioni digitali nellaspetto di contenuto
della comunicazione ed collocato nellemisfero celebrale destro. Al contrario il livello
paraverbale e quello non verbale utilizzano un codice analogico che utilizza le immagini,
le metafore ed collocato nell emisfero celebrale sinistro.
17
I tre livelli della comunicazione
Ogni livello impatta diversamente nel processo di comunicazione. Di seguito uno schema
che illustra il peso di ciascuna componente.
Impatto di ogni livello
Il nostro schema sensoriale ci consente di prendere contatto con il mondo, farne
esperienza e quindi conoscerlo. La conoscenza tradotta da un sistema di linguaggio i
18
cui canali dingresso che ci permettono di entrare in contatto con la realt circostante
sono tre:
1) VISIVO (vista);
2) AUDITIVO (udito);
3) CINESTESICO (tatto, olfatto, gusto, sensazioni).
Il sistema visivo si distingue in esterno quando utilizzato per osservare la realt. In
interno per riprodurre internamente lo stesso procedimento, visualizzando le immagini.
Parimenti il sistema auditivo e quello cinestesico si differenziano in esterno, quando
ascoltiamo suoni reali, o proviamo sensazioni tattili relative alla consistenza, alla
temperatura e allumidit e in interno quando ricreiamo i suoni nella mente o le sensazioni
ricordate, le emozioni in rapporto alla consapevolezza interiore del nostro corpo. Quando
si elaborano informazioni si favorisce un sistema preferenziale rispetto allaltro. Questo
dipende dalloggetto dei nostri pensieri o delle nostre azioni. Il canale di processo
sensoriale di cui lindividuo consapevole denominato Sistema Rappresentazionale
Preferenziale o dominante o primario.
La comunicazione educativa
La comunicazione ha unimportante funzione educativa che pu essere facilmente
riassunto in alcuni obiettivi:
AIUTARE A CRESCERE culturalmente ed umanamente. Linsegnante non
trasmette solamente le conoscenze ma incarna un modello di adulto con
influenza tanto maggiore quanto pi seguito dai suoi studenti. Traducendolo in
unoperazione matematica linsegnante il prodotto di ci che dice + ci che +
ci che fa;
LA PROMOZIONE DI UNO SPIRITO CRITICO. La comunicazione educativa non
deve mirare ad indottrinare (pi o meno consapevolmente), ma deve puntare a
promuovere la capacit degli studenti di riflettere, confrontare e valutare idee
diverse con spirito critico;
LA CIRCOLARIT DELLINFORMAZIONE. Emittenti e destinatari del messaggio
contemporaneamente devono avere ruoli interscambiabili, con lobiettivo da parte
dellinsegnante di promuovere e stimolare lattivit comunicativa;
19
MOTIVAZIONE ALLASCOLTO, insegnando che esso alla base della
comunicazione. La comunicazione si fonda infatti su un processo a due vie di
circolarit e scambio che non pu realizzarsi senza lascolto.
Gli psicologi insistono sulla funzione e limportanza del cosiddetto imprinting, ovvero sul
primissimo approccio che si ha con qualcuno o qualcosa, che condiziona tutto ci che si
svilupper in seguito. Pertanto, in un processo comunicativo formativo, compresa la
centralit della questione, limprinting dovr essere fortissimo e lattenzione dovr essere
attivata nel modo pi efficace possibile. Seguendo questottica, durante il momento
formativo, diventa fondamentale riuscire ad attivare e colpire le fantasie del discente,
ricordandogli, in modo provocatoriamente brutale, che chi conosce mille parole ragiona,
pensa e conosce meglio rispetto a chi riesce a controllarne ed usarne soltanto cento. A
tale provocazione il discente potr reagire in molti modi e va tenuto in conto anche la
possibilit di una indifferenza, spesso soltanto apparente. Verosimilmente, per, ci sar
chi contester tale affermazione, ma sar proprio latteggiamento contestativo a dare il
segno di una primissima riflessione sullidentit del pensiero e sul rapporto che lo lega al
linguaggio. Se, poi, si vuole fornire un ulteriore spunto di riflessione volto a far
comprendere tanto la complessit, quanto i percorsi e la logica di sviluppo della lingua
che parliamo, si potrebbe fare una rapidissima incursione nella psicologia medica
parlando delle afasie. Particolarmente interessante quella detta afasia del Wernicke
(dal nome del suo scopritore) che, non a caso, oggetto di riflessione tanto per i cultori di
linguistica quanto per i filosofi del linguaggio, quanto per gli psicolinguisti. Tale perdita del
linguaggio, si manifesta con un calo progressivo della conoscenza grammaticale dalle
funzioni linguistiche pi complesse a quelle pi semplici. Chi affetto da tale afasia,
infatti, pur continuando a parlare fluentemente comincia a non comprendere pi il
significato degli avverbi, poi dei verbi ed infine, procedendo con la stessa logica
distruttiva, non distingue pi aggettivi e nomi. Con tale esempio, il discente comincer a
sospettare che lacquisizione di una lingua proceda seguendo una logica; il docente,
pertanto dovr stabilire utili rapporti di collaborazione con tutti gli insegnanti in questo
caso, soprattutto, con linsegnante di latino e greco, dato che lacquisizione di una lingua,
ad un tempo vicina e distante dalla lingua italiana, comporta sia particolari difficolt
quanto la possibilit di cogliere analogie nella misura in cui lo studente della lingua latina
riceve una proposta che parte dalle funzioni linguistiche pi elementari per andare in
direzione delle funzioni linguistiche pi complesse e poi procedere alla grammatica alla
sintassi.
20
Un altro effetto sicuramente incisivo pu essere dato da unanalisi della cosiddetta ipotesi
Sapir - Whorf altrimenti detta del determinismo linguistico. Secondo tale ipotesi piuttosto
che parlare una lingua siamo parlati dalla lingua di appartenenza. stato soprattutto
Whorf a proporre tale concezione dopo aver notato labissale differenza tra le lingue
indoeuropee e lingue altre come quelle amerindiane. Tali lingue, infatti, ignorano quella
distinzione che sembrerebbe universale tra sostantivi e verbi sostenendo che la cosa
(sostantivo) e lazione che la cosa compie o subisce (verbo), fanno un tuttuno.
Whorf, quindi, si spinge a sostenere che limmagine del mondo che noi produciamo ci
viene indotta dalle caratteristiche strutturali della lingua di appartenenza. Attraverso la
lingua e la sua struttura luomo nomina il mondo, lo conosce, lo indaga. Il rapporto tra
comunicazione educativa e riflessione etica, non si sviluppa soltanto in una dimensione
teorica ma anche nella concretezza dellazione didattica. Pertanto, qualora qualche
alunno dovr contestare violentemente la suddetta ipotesi, non come espressione di
reattivit e ragionamento, ma come forma di chiusura, il docente deve intervenire non
forzando la mano, ma aiutandosi con esempi che possano limare le resistenze.
Lo swaili rappresenta un buon esempio cui ricorrere. In questa lingua, come ha notato,
Sapir, esistono ben sei generi grammaticali che servono per classificare gli oggetti duri,
molli, leggeri, pesanti, etc. in realt questi generi grammaticali non sono altro che un puro
criterio di classificazione formale interno alla lingua centro-africana e che si riconosce in
base ad una marca fonica o ad un articolo. Se lesempio sar proposto bene sar
possibile generare un vero e proprio aggancio con il proprio vissuto linguistico che
operer una prima somatizzazione di una nuova consapevolezza. Termini come canale,
codice, messaggio, emittente, destinatario farebbero bene ad entrare subito nel
lessico concettuale del contesto daula. In questo modo gli studenti ritrovandosi in un
qualcosa che loro in un qualche modo familiare, anche se non epistemologicamente
conosciuto, saranno indotti ad assumere un atteggiamento costruttivo e propositivo nella
riflessione su linguaggio in quanto percepiranno la possibilit di mettere ordine in ci che
quotidianamente usano da sempre e che li riguarda da vicino.
Il linguaggio tra linguistica e psicologia: la psicolinguistica
La psicologia del linguaggio o Psicolinguistica un campo di ricerca interdisciplinare tra la
psicologia e la linguistica. Lindagine psicologica sul linguaggio procede principalmente
secondo i metodi della psicologia sperimentale e ha il fine di comprendere i processi
psicologici alla base dellacquisizione, dellelaborazione e delluso comune della lingua. A
21
partire dagli anni Cinquanta del Novecento numerose ricerche sul linguaggio si sono
ispirate al comportamentismo, derivandone un approccio spiccatamente scientifico che si
attiene allanalisi dei soli dati osservabili e verificabili sperimentalmente.
Nellambito degli studi che hanno per oggetto il linguaggio, la psicolinguistica definibile
come la scienza che studia la capacit umana di parlare e di capire, cio il
comportamento e le attivit mentali coinvolte nelluso del linguaggio (Parisi 1974). La sua
nascita ufficiale si fa risalire al 1953, anno in cui in un convegno interdisciplinare, tenutosi
presso lIndiana University negli Stati Uniti, si riunirono studiosi appartenenti ad ambiti di
ricerca diversi (i linguisti Sebeok e Lenneberg, gli psicologi Carrol, Osgood, Miller,
lantropologo Casagrande) al fine di programmare e sviluppare ricerche sul
comportamento linguistico. La sua caratteristica peculiare, configuratasi chiara gi in
quella sede, riconoscibile in un nuovo approccio allo studio del linguaggio, collocato in
una prospettiva interdisciplinare ed analizzato tramite laccostamento e talora la fusione di
contributi concettuali e strumenti metodologici mutuati dalle diverse discipline, soprattutto
dalla linguistica e dalla psicologia. Sappiamo che la linguistica si tradizionalmente
occupata di quellinsieme di conoscenze relative alla competenza linguistica che ciascun
parlante possiede in varia misura, la psicologia, invece si tradizionalmente occupata del
comportamento umano alla luce del quadro emotivo e mentale individuale. Pur non
sottovalutando i contributi provenienti alla psicolinguistica dalla cibernetica, dalla teoria
matematica dellinformazione, dalle discipline biologiche, da sottolineare come da una
parte la linguistica ha fornito dei modelli di descrizione formale della lingua indispensabili
per affrontare lo studio analitico dei sottili e complicati meccanismi linguistici, e come
daltra parte la psicologia ha contribuito ad ascrivere lanalisi, sulla percezione e
produzione linguistica, entro il pi ampio orizzonte dei problemi inerenti i processi cognitivi
di base e i comportamenti ad essi correlati. Muovendo, dunque, dalla considerazione che
il processo reale di produzione e comprensione delle frasi condizionato da variabili
psicologiche che influenzano e modificano le predizioni basate su un modello di pura
competenza proposto dai linguisti, la psicolinguistica rivolge la sua ricerca
allindividuazione dei processi mentali e delle conoscenze individuali attraverso cui la
competenza dei linguisti viene acquisita e tradotta nelluso del linguaggio. Loggetto di
ricerca della psicologia del linguaggio rappresentato dai processi mentali che
sottostanno allacquisizione della lingua e dalla capacit che i parlanti devono
possedere fin dallinfanzia per imparare ad usare il linguaggio. (Slobin 1971).
Dal punto di vista psicologico la conoscenza del meccanismo linguaggio una recente
acquisizione, legata proprio alla nascita della psicolinguistica, in quanto prima di essa gli
22
psicologi hanno mostrato poco interesse per il comportamento linguistico, attribuendo ad
esso un ruolo marginale nellambito dellanalisi del comportamento umano, probabilmente
anche per la scarsa familiarit con le formulazioni teoriche che la linguistica andava
sviluppando nel tempo, e per labitudine di studiare il linguaggio solo in relazione ad altri
fenomeni, quali ad esempio la memoria e lapprendimento. In seno allo strutturalismo
linguistico si attribuita particolare importanza allo studio sincronico del linguaggio e alla
formulazione di modelli teorici rigorosi nei campi di indagine da esso privilegiati, quali la
fonologia e la morfologia. A questa predilezione ha fatto riscontro una produzione di studi,
daltra parte, poco significativa nel campo della sintassi, del lessico e della semantica.
da notare che la linguistica strutturale ha rappresentato la prima significativa svolta della
linguistica nel nostro secolo (la seconda sar rappresentata dalla linguistica generativo-
trasformazionale), ed ha preso le mosse dagli insegnamenti di De Saussure. Poich
impossibile dare in poche righe un panorama esauriente delle concezioni saussuriane, ci
si limita ad accennare alla grande dicotomia tra langue e parole, cardine del pensiero
dellautore. Per il linguista ginevrino la langue il corpo ideale di una lingua e linsieme
delle regole che la determinano, oggetto principale dello studio della linguistica,
costituita dal sistema grammaticale, lessicale, fonematico virtualmente esistente in
ciascun cervello. La parole, invece, la concreta esecuzione linguistica, laspetto
individuale del linguaggio. Lo stesso De Saussure cita: Lesecuzione sempre
individuale, lindividuo ne sempre il padrone; noi la chiameremo la parole (De Saussure
1916). La parole sottoposta alle regole della grammatica e quindi alla influenza
descrittiva della langue, ma anche un processo di creazione. Pur avendo affermato pi
volte che il linguaggio un fenomeno sociale, De Saussure, identificando la langue
quale oggetto specifico della linguistica, opera una distinzione funzionale allo scopo della
sua ricerca, che daltra parte determina il carattere astratto di questa sul piano della
descrizione dei sistemi linguistici; un carattere astratto che i linguisti delle diverse scuole
strutturaliste hanno pi tardi accentuato. Nonostante lo strutturalismo abbia difeso in sede
teorica generale lautonomia della linguistica dalla psicologia, esso ha contribuito alla
impostazione teorico-pragmatica della psicolinguistica del primo periodo saldandosi,
tramite il behaviorismo, con lorientamento del comportamentismo e dellassociazionismo
dominante la psicologia dellepoca. Negli anni in cui si fonda la psicolinguistica, viene
pubblicato un testo, il Verbal Behavior di Skinner del 1957, che contiene quella che si pu
definire la teoria psicologica del linguaggio pi completa di quegli anni, la cui elaborazione
realizza la saldatura tra comportamentismo in campo psicologico e strutturalismo in
campo linguistico, che appunto allorigine della psicolinguistica.
23
Il comportamentismo basa la sua ricerca sulla possibilit di studiare e spiegare il
comportamento attraverso losservazione e la sperimentazione; il comportamento non
altro che il modo con cui lindividuo, con la sua disposizione, reagisce agli stimoli esterni.
Lo studio del comportamento consiste nello stabilire le relazioni ed il rapporto causale
esistenti tra gli stimoli e le risposte dellorganismo. Secondo il comportamentismo il
significato di una parola una risposta interna provocata dallo stimolo sonoro e visivo
costituito dalla parola stessa, ed il vocabolario , in pratica, un repertorio di risposte
condizionate, ovvero apprese durante lo sviluppo tramite la ripetuta associazione tra
parola-oggetto e parola-situazione e relazionate a degli stimoli. Tali connessioni sono
ripetute pi volte nel corso dellapprendimento e sono sottoposte ad un rinforzo
proveniente dallambiente. Questo approccio allo studio del linguaggio e stato mutuato dal
comportamentismo scientifico che va anche sotto il nome di behaviourismo. Questa
corrente della scuola di psicologia privilegia luso della ricerca sperimentale per studiare il
comportamento (detto risposta) in relazione allambiente (detto stimolo). il
comportamentismo nasce sotto linfluenza dellassociazionismo inglese, del funzionalismo
americano e della teoria darwiniana dellevoluzione, dottrine che enfatizzano tutte,
limportanza delladattamento dellindividuo allambiente e il modo in cui gli organismi
cambiano in seguito allesperienza, cio in seguito alle loro modalit di apprendimento.
Molte di queste ricerche sono state effettuate su animali (topi, piccioni e cani). Due sono i
pi importanti tipi di apprendimento individuati: il condizionamento classico e il
condizionamento strumentale. Il condizionamento classico noto anche come
condizionamento pavloviano, in onore del suo scopritore, il fisiologo russo Ivan Pavlov.
Questi mostra che se alcuni eventi casuali, come il suono di un campanello, precedono
regolarmente un evento biologicamente importante per un animale, come la comparsa di
cibo, il campanello diventa un segnale del cibo, per cui lanimale inizia a salivare e si
appresta a mangiare ogni volta che il campanello suona. Il comportamento dellanimale
diventa, cos, una risposta condizionata al suono del campanello. In termini pavloviani,
lassociazione di uno stimolo condizionato (campanello) con uno stimolo incondizionato
(cibo) genera lapprendimento. Inoltre, alcuni aspetti della risposta incondizionata
(salivazione) possono essere provocati solo dallo stimolo condizionato. Lapprendimento
dipende anche dal numero e dalla frequenza di associazione degli stimoli (campanello e
cibo). Se, tuttavia, al suono del campanello non pi associato il cibo, lanimale smette di
rispondere. In questo caso si parla di estinzione della risposta. Allo stesso modo se una
lingua non viene pu parlata molto lentamente se ne perde il ricordo.
24
Nel condizionamento radicale o operante, il cui massimo esponente Skinner, invece,
lenfasi posta su ci che lanimale fa e sulle conseguenze della sua azione. In generale,
se alcuni atti sono seguiti da un rinforzo positivo (ricompensa), questi sono ripetuti
quando lanimale si trova di nuovo nella stessa situazione: ad esempio, se un animale
affamato viene ricompensato con del cibo per essere uscito da un labirinto semplice,
quando verr rimesso nel labirinto prover a cercare di nuovo luscita. Se cessa la
ricompensa, si verificano altri comportamenti. Questi paradigmi di ricerca si riferiscono
agli aspetti elementari dellapprendimento. Nel condizionamento classico lenfasi posta
sullaccoppiamento dello stimolo condizionato con quello incondizionato; nel
condizionamento strumentale si studia, invece, lassociazione tra risposta e rinforzo. Il
primo si occupa, quindi, degli eventi associati allesperienza di apprendimento, il secondo
delle conseguenze delle azioni. La maggioranza delle situazioni dapprendimento
prevede la presenza di entrambe le forme di condizionamento. Gli studi
sullapprendimento umano del linguaggio sono naturalmente pi complessi rispetto agli
studi condotti sugli animali e non possono essere semplicemente spiegati facendo ricorso
al condizionamento classico o a quello strumentale. Lapprendimento e la memoria
delluomo sono stati studiati tramite materiale verbale (liste di parole, storie ecc.) o in
compiti relativi a specifiche capacit motorie (scrivere a macchina, suonare uno
strumento musicale ecc.). Queste indagini hanno messo in evidenza laccelerazione
negativa della curva di apprendimento, cio la presenza di ampi progressi iniziali seguiti
da un apprendimento via via pi lento e la corrispondente accelerazione negativa della
curva delloblio (gran parte del materiale appreso viene dimenticato in fretta, il resto
invece pi lentamente).
Nellambito del comportamentismo lo studio del linguaggio si sviluppato
sostanzialmente in termini di apprendimento, e quindi su unanalisi delle tecniche di
controllo verbale.
Proprio Skinner ci fornisce un esempio di studio del linguaggio da questo punto di vista
molto interessante. Egli propone di distinguere i seguenti tipi di comportamento verbale:
mand, comportamento controllato da particolari stati di pulsione (comandi, domande);
comportamento ecoico, controllato da parole udite in precedenza; comportamento
testuale, controllato da stimoli ortografici; comportamento intra-verbale, controllato da altri
stimoli verbali; comportamenti duditorio, controllati da variabili legate alla compresenza di
un uditorio; e infine comportamento tattile, controllato da variabili oggettuali. Il linguaggio
per Skinner non altro che il comportamento di un oratore rinforzato dallopera di
mediazione di altre persone, gli ascoltatori, che sono stati condizionati proprio per
25
rinforzare il comportamento. Da una parte gli orientamenti del comportamentismo che
abbiamo brevemente delineato, dominanti allepoca in cui nasceva la psicolinguistica, e
dallaltra gli orientamenti dello strutturalismo linguistico hanno influenzato la disciplina nei
primi anni di vita; a queste posizioni si aggiungono anche i contributi della scienza dei
calcolatori. attraverso questo collegamento tra discipline diverse che la psicolinguistica
di questi anni sviluppa un certo numero di ricerche, che oggi potrebbero essere
variamente valutate; a questo proposito osserva Parisi: se si guarda a quelle ricerche
prendendo come riferimento i successivi sviluppi cos ricchi della psicolinguistica, il
giudizio complessivo non pu essere che negativo. Del resto, evidente che i ristretti
principi teorici, su cui il modello allora dominante del linguaggio si fondava impedirono ai
primi psicolinguisti di fare molto di pi che aprire una nuova area di ricerca (Parisi 1974).
Due anni pi tardi la comparsa del testo di Skinner, nel 1959, Chomsky pubblic una
recensione critica molto dura nei confronti del Verbal Behavior, criticando fortemente i
concetti di base in esso contenuti e le nozioni di stimolo, risposta, rinforzo. Chomsky
osserva che: se si prendono tali termini in senso letterale, la descrizione non in grado di
coprire quasi nessun aspetto del comportamento verbale e che, se li prendiamo invece in
senso metaforico, la descrizione non offre nessun vantaggio rispetto alle formulazioni
tradizionali. Utilizzati con questa estensione, i termini presi a prestito dalla psicologia
sperimentale vengono semplicemente a perdere il loro significato obiettivo ed assumono
la stessa imprecisione del linguaggio quotidiano (Chomsky 1968).
Chomsky critica la convinzione, espressa da Skinner, secondo la quale il linguaggio non
altro che un tipo di comportamento, quello verbale, sottoposto agli stimoli ed ai rinforzi
provenienti dallesterno; tale prospettiva riduttiva implicherebbe che ad ambienti diversi
facciano riscontro caratteristiche di linguaggio diverse. Al contrario, osserva Chomsky, la
regolarit che osservabile nello sviluppo del linguaggio infantile non trova spiegazione
limitando il problema del linguaggio ad una semplice interazione tra uomo e ambiente.
Lintellettuale americano parte dalla considerazione che le caratteristiche del linguaggio
nei primi anni di vita sono simili in tutti i bambini affermando lesistenza di una
predisposizione innata allacquisizione, che si manifesta fin dalla nascita ed
indipendente dallambiente. Vi qui il richiamo ad un elemento fondamentale della teoria
chomskiana, lesistenza di una grammatica universale, un sistema di principi, condizioni e
regole presenti in tutti i linguaggi umani e rispondenti ad una necessit biologica.
Larticolo di Chomsky segna il passaggio ad una nuova fase della psicolinguistica, in cui
essa adotter la posizione della linguistica generativa mentre, in campo psicologico, si va
26
affermando un nuovo orientamento, quello cognitivista. In seguito alla critica del modello
Chomskiano classico, la psicolinguistica ha rivalutato la semantica e gli aspetti contestuali
e pragmatici della lingua e proposto un modello interattivo dellacquisizione del linguaggio.
I campi dindagine della psicolinguistica contemporanea sono riassumibili a quattro:
1. la comprensione (riconoscimento di parole, comprensione di parole, frasi, testi
e discorsi);
2. la produzione del linguaggio;
3. lo sviluppo (origine del linguaggio, fasi di sviluppo dal preverbale al verbale);
4. la patologia (afasia, dislessia) grazie anche ai contributi dati dalle
neuroscenze.
Negli ultimi decenni la ricerca psicologica ha rivolto sempre maggior attenzione al ruolo
dei processi di pensiero nellapprendimento umano, liberandosi dagli aspetti pi restrittivi
degli studi comportamentali. Questo filone di ricerca giunto a sottolineare il ruolo
dellattenzione, della memoria, della percezione, del riconoscimento e del linguaggio
(psicolinguistica) nellapprendimento. I processi mentali pi evoluti, come quelli coinvolti
nella formazione dei concetti e nella risoluzione di problemi (in inglese problem solving), si
sono rivelati particolarmente complessi. Il metodo dindagine pi frequentemente utilizzato
consiste nella cosiddetta elaborazione delle informazioni (in inglese information
processing). Tale approccio studia il modo in cui le informazioni vengono codificate,
trasformate, classificate, recuperate e trasmesse dallindividuo; in questo senso, si ritiene
che luomo possegga le stesse caratteristiche funzionali di un computer. Sebbene
lelaborazione delle informazioni abbia permesso di costruire modelli di problem solving
successivamente confermati, ha anche mostrato il limite di applicabilit dei modelli
generali del pensiero umano.
Il cognitivismo
La teoria linguistica di Chomsky, ed il modello di grammatica elaborato dallo studioso,
influenzano profondamente gli studi psicolinguistici dalla fine degli anni 50 in poi;
contemporaneamente, nel versante pi strettamente psicologico, contributi importanti a
tale fase della disciplina sono stati forniti dal cognitivismo, un nuovo orientamento di studi
che, segnando il superamento del comportamentismo, rivolge il proprio interesse ai
problemi relativi al funzionamento della mente, ai suoi processi e alle sue elaborazioni. Il
cognitivismo una corrente della psicologia che studia principalmente come luomo
27
acquisisce informazioni e conoscenze sul mondo circostante e come si comporta
nellambiente a partire da queste conoscenze. Obiettivo fondamentale di questa
impostazione teorica quello di rivelare i processi che intervengono nella formazione
delle conoscenze.
Il principale oggetto di studi del cognitivismo quindi la mente intesa come sistema
complesso di regole, indipendente dai fattori biologici (le ricerche cognitive non si
occupano del funzionamento del cervello dal punto di vista organico) o dai fattori sociali e
culturali; la mente pu essere studiata senza tenere in considerazione gli affetti e le
emozioni collegati alle percezioni, ai ricordi e ai pensieri.
Il cognitivismo analizza soprattutto i processi mentali ritenendo che la mente organizzi le
informazioni operando sui dati di cui dispone, secondo delle complesse serie di
sequenze, di processi cognitivi considerati in parte innati e in parte appresi
dallesperienza. In tale prospettiva la ricerca su cui il cognitivismo si concentra lanalisi
dei processi di raccolta e trattamento dellinformazione; in questo senso, i modelli derivati
dalla cibernetica risultano adeguati a descrivere questo tipo di analisi con luso della
simulazione sui calcolatori. I computer, con i loro meccanismi di ingresso
dellinformazione e di uscita del dato elaborato, e con le loro memorie, rivelano una
somiglianza con luomo che riceve, elabora e trasforma linformazione, con i processi
cognitivi umani che sono sempre uno scambio di informazione tra individuo e ambiente.
La psicologia cognitiva nasce tra il 1950 e il 1960 dalle ricerche di Ulric Neisser e da
quelle di George Miller, Eugene Galanter e Karl H. Pribram che ipotizzano che il
comportamento umano sia regolato da un meccanismo di retroazione, chiamato TOTE
(test-operate-test-exit), che rappresenta il procedimento con cui si realizza unazione: si
esamina la situazione esistente, la si mette a confronto con la meta da raggiungere, si
elabora un progetto per realizzare il cambiamento desiderato, si mettono in pratica le
azioni necessarie, si analizza nuovamente la situazione, se lo scopo raggiunto lazione
finisce, in caso contrario si va avanti fino al risultato voluto. A partire dal 1980 circa, la
teoria cognitivista propone un ulteriore punto di vista sullapprendimento, tanto da
affermare che, un cambiamento a livello comportamentale sempre connesso e
spiegabile in base a un cambiamento a livello cognitivo. In questottica, lapprendimento
sarebbe il risultato della complessa interazione tra fattori interni ed esterni, e in particolare
dei processi mentali attraverso cui vengono elaborati gli input esterni. Lapprendimento
non consisterebbe, quindi, nel semplice trasferimento dellinformazione esterna allinterno,
ma sarebbe piuttosto il risultato di una sua complessa trasformazione a livello cognitivo.
28
Il soggetto dunque un attivo costruttore delle sue conoscenze. Questa concezione
dellapprendimento come processo costruttivo attivo prevede, inoltre, che lacquisizione di
nuove conoscenze produca una modificazione di quelle gi possedute. Ogni volta che il
soggetto impara qualcosa di nuovo modifica le sue strutture concettuali: riorganizza le
sue conoscenze, ma anche le procedure atte a padroneggiarle e a utilizzarle.
Questultimo aspetto oggetto di studio soprattutto del recente filone di ricerca
sullapprendimento in et adulta.
Il contributo della filosofia del linguaggio
Le riflessioni sul linguaggio sono nate insieme alla filosofia. Aristotele e Platone possono
essere considerati due filosofi antesignani nellapproccio e nellapprofondimento delle
questioni legate al linguaggio. Ogni epoca a visto privilegiare le diverse componenti dello
studio del linguaggio. Nel medioevo europeo, ad esempio, la discussione sul linguaggio
ruota principalmente intorno alla grammatica e alla logica del linguaggio. Dimostrazione di
questo il peso che durante let medioevale stato attribuito allo studio del latino e della
sua sintassi logica nelle scuole medie e nei licei classici di un tempo. Uno stretto legame
tra analisi filosofica, analisi del linguaggio ed analisi filosofica rintracciabile fin dalla
filosofia antica. Legame che rimasto invariato nei secoli fino a perdersi nellet moderna.
Verso la met del secolo scorso Austin (1911-1956) paragonava la filosofia ad un sole
caldo e tumultuoso da cui, nel tempo, si sono staccati pezzi che costituiscono i freddi
pianeti della scienza, quali la matematica, la fisica, la logica, la psicologia e lantropologia.
Egli, nel corso dei suoi studi, si pi volte chiesto se il XXI secolo, avesse visto sorgere
attraverso gli sforzi comuni di filosofi, linguisti e altri studiosi del linguaggio, una vera e
comprensiva scienza del linguaggio che in qualche modo avrebbe decretato la fine della
filosofia del linguaggio a favore di uno studio rigorosamente scientifico e non pi
filosofico. Di fatto questo non accaduto, innanzitutto, perch, ad oggi, non si ancora
sviluppata una scienza comprensiva del linguaggio, ma pi semplicemente sono in corso
diverse ricerche scientifiche sul linguaggio in vari campi: linguistica, psicologia,
neurofisiologia, biologia, logica, matematica, informatica e poi perch nel tempo si sono
consolidate due tendenze: da un lato le riflessioni sul linguaggio nellambito della scienza
cognitiva, frutto del lavoro congiunto di studiosi di tutte queste discipline insieme ai filosofi;
dallaltro lo sviluppo di alcuni standard nella linguistica teorica, per quanto riguarda la
semantica formale.
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Premesso questo, consultare un buon dizionario dei termini filosofici continua ad essere
indispensabile per comprendere come la filosofia del linguaggio possa essere
considerata a tutti gli effetti una disciplina antesignana nello studio del linguaggio. Non
c, infatti, attivit umana che non sia interessata dalla e alla riflessione pi o meno
filosofica sulla natura del linguaggio.
La logica, la metafisica, lontologia, lepistemologia, la gnoseologia, la psicologia
sperimentale, la riflessione sulluomo in generale e nella totalit delle sue manifestazioni
e, infine, letica e la morale, sono tutte scienze che spaziano ed indagano i diversi aspetti
del linguaggio. Questo dipende dal semplice fatto che il linguaggio indissolubilmente
legato ad ogni attivit umana poich strettissimo il rapporto che lo stringe al pensiero ed
allelaborazione teorica, cos come evidente, il rapporto che lo congiunge allagire
pratico dellessere umano ed alla concezione del mondo. Attraverso il linguaggio, infatti,
luomo nomina le cose, le significa, le mette in relazione, veicola valori, esprime giudizi.
Tuttavia nonostante sia importante mantenere costantemente aperto un approccio
multidisciplinare allo studio del linguaggio necessario tenere sempre presente la
distinzione tra filosofia del linguaggio, linguistica e psicologia, chiarito ormai ampiamente
che si tratta di una distinzione e non di una separazione e che tra queste tre attivit
umane esistono zone di sovrapposizione, interazioni e reciproci condizionamenti. La
filosofia del linguaggio, infatti, sinterroga in modo prioritario sulla natura e sulla funzione
del linguaggio, mentre la linguistica privilegia lesame dei meccanismi interni alla lingua
considerandola come un insieme strutturato, e la psicolinguistica studia l i processi
psicologici- cognitivi-comportamentali alla base dellacquisizione, dellelaborazione e
delluso comune della lingua.
Gli psicologi hanno costantemente insistito sulla cosiddetta mediazione verbale per la
quale, tra un atto intellettivo ed un altro c sempre il filtro del linguaggio in una dinamica
in cui, il possesso degli opportuni strumenti linguistico-concettuali, il pre-requisito per lo
sviluppo ed il potenziamento della attivit cognitiva. Partendo da questa idea, non ci si
pu non soffermare su un filosofo come Wittgenstein che, con il sue riflessioni sul
linguaggio, prende le distanze dalla psicologia e nello stesso tempo enuncia dei principi
che funzionano da agganci tra filosofia del linguaggio e psicologia del linguaggio. Nelle
Ricerche filosofiche, opera pubblicata postuma nel 1953 e che rappresenta un evento
nel panorama filosofico nazionale e in generale per tutti gli studiosi che si occupano dello
studio del linguaggio, sono individuate le molteplici funzioni del linguaggio.
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Il linguaggio, infatti non pi solo un mezzo per descrivere il mondo, ma sempre
inestricabilmente connesso ad un contesto dazione. In questo, Wittgenstein non fa altro
che portare avanti il principio di con testualit di Frege. Se Frege aveva detto che una
parola ha significato solo nel contesto di un enunciato, Wittgenstein arriva a dire che una
parola ha significato solo nel suo contesto duso, quindi in un contesto in cui le parole e le
azioni inevitabilmente sintrecciano. Molteplici, infatti, sono le possibili funzioni del
linguaggio ed esso serve alle operazioni pi svariate come il domandare, il pregare, il
comandare, etc. Quella che potremmo definire funzione referenziale e che rimanda al
linguaggio inteso essenzialmente come dimostrazione soltanto una funzione di uno dei
possibili giochi linguistici. Nasce cos il concetto di gioco linguistico, ovvero un contesto
di azioni e parole in cui si definiscono gli usi, o meglio i significati delle parole stesse.
Se, significato diventa sinonimo di uso del linguaggio, allora questultimo perda ogni aurea
metafisica: il significato di unespressione non n un oggetto n unimmagine mentale. Il
termine gioco deve essere preso quasi alla lettera, poich, cos come un qualsiasi gioco
viene, veramente appreso nel momento delle pratica, analogamente apprendiamo le
regole di un gioco linguistico solo giocando e non certo attraverso una riflessione ed
unanalisi teorica consumata a priori. Luso del linguaggio, infatti, si pu osservare
oggettivamente, nel senso che si pu dare una descrizione oggettiva degli usi linguistici,
dei significati delle nostre espressioni, riconducendole al contesto in cui vengono
originariamente usate.
Spesso molti fraintendimenti linguistici dipendono dallusare una parola fuori dal contesto
che le appropriato. Questa nuova concezione filosofica del linguaggio apre anche
unaltra questione legata alla comprensione del significato. Il filosofo studia la
comprensione dal punto di vista delle pratiche sociali oggettive e controllabili. Per lui
comprendere equivale a capire i segni. In questo prende le distanze da Frege che,
partendo dallanalisi dei processi psichici interni, sostiene che comprendere un
processo misterioso in cui il piano psichico e il regno dei pensieri vengono a contatto tra
loro.
Wittgenstein interrogandosi su come sia possibile capire luso dei segni e su che cosa
garantisca la corretta comprensione e la giusta applicazione dei segni arriva a formulare
la tesi per cui c comprensione a patto che si segua la regola. Egli nota, infatti, come
luomo sia continuamente esposto al fraintendimento, alla comunicazione non riuscita.
Ogni espressione pu essere interpretata diversamente dai differenti parlanti. Postulato
questo viene da chiedersi come, sia allora possibile seguire correttamente una regola se
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si pu dare sempre e costantemente una diversa interpretazione della stessa. Per
Wittgenstein, la risposta non nellinterpretazione della regola, n nellintenzione di
seguire la regola, ma solo nella pratica della regola. Solo la pratica, infatti, in grado di
assicurare la sicurezza della comprensione della conversazione. Pratica che si sviluppa
nel contesto di una comunit linguistica: non si pu seguire una regola, privatim, non vi
un linguaggio privato, e seguire la regola il fondamento dei giochi linguistici. Un altro
elemento dapprofondimento viene fuori, se consideriamo che ogni singolo gioco
linguistico, proponendo se stesso regala tanto il metodo della sua stessa comprensione,
quanto un modo di rapportarsi al mondo. Ogni gioco di lingua, cio, una sorta di sonda
lanciata verso un mondo possibile o, per meglio dire, verso un modo di organizzare un
orizzonte di senso allinterno del quale agire. Per dirla con la terminologia delle ricerche
filosofiche, tanti sono i giochi di lingua, tante sono le lebensform forme di vita e ogni
linguaggio nasce da un insieme di bisogni sociali che si vengono a costituire ma, poi,
dialetticamente, conferisce a tali bisogni un nuovo spessore e li costituisce in un mondo
virtualmente autonomo. Una forma di vita unistituzione, un costume, una pratica
allinterno della quale il linguaggio ha un ruolo speciale da giocare. Si consideri una
persona che riporti le proprie sensazioni, diciamo, dopo aver subito un incidente, dopo
essere stata investita da unautomobile. in ospedale ed ovviamente deve dire al dottore
dove sente dolore. Questo riportare, localizzare e descrivere il dolore , secondo
Wittgenstein, unattivit, un gioco linguistico. E lo si gioca in un contesto determinato:
questo contesto pi lattivit stessa costituiscono una forma di vita.
A questo punto diventa abbastanza facile constatare il rapporto che si viene a costituire
tra il linguaggio e lesistenzialit, in una prospettiva nella quale lesistenzialit sempre
considerata nella sua concretezza quotidiana qualunque sia la forma che essa assume.
Questo atteggiamento di apertura e tolleranza viene ulteriormente messo in evidenza se
puntualizziamo come nella prospettiva di Wittgenstein, i giochi di lingua devono essere
semplicemente descritti e mai normativizzati. Chi pretende, infatti, di giudicare la
correttezza o meno di questa o quellaltra regola mostra di non avere compreso cosa
veramente sia un linguaggio, il quale sempre parametro di s stesso e non accetta
intrusioni e normativit esterne. Assumendo allinterno dei linguaggi la dimensione
pragmatico-sociale, Wittgeinstein non pu non assumere, anche la dimensione storica ed
asserire che i giochi di lingua, portatori di vita e viventi essi stessi, nascono, crescono e
muoiono. Una filosofia, una prospettiva estetica, una teoria pi o meno scientifica, in
questottica, sono dei modi in cui la lingua ha giocato e quando essa ha toccato il punto
finale e discensivo della sua parabola, si presenta come un reperto che, divenendo
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oggetto di analisi ermeneutica (interpretazione), pu quasi vivere una seconda vita se
capace di spingerci, nei nostri sforzi interpretativi, a determinare un nuovo modo di
giocare del linguaggio. Wittgenstein d lincipit a quella filosofia analitica tipica dei paesi di
lingua inglese che si dedicher sistematicamente allanalisi delle molteplici manifestazioni
del linguaggio intese tutte come mondi autonomi.
La comprensione complessiva del nostro filosofo emerge ancora meglio se analizziamo il
concetto di lebensform, forma di vita, inquadrando la logica che sembra presiedere alla
nascita, alla evoluzione e alla morte dei singoli giochi di lingua. Quando si dice che ogni
gioco di lingua imparentato con una forma di vita bisogna cogliere la natura dialettica
di tale rapporto. Ogni singolo gioco, cio, nasce dalla pressione di esigenze pratiche
storicamente e culturalmente determinate che, nel momento del loro presentarsi, si
trovano, diciamo cos, in una fase ancora magmatica e non ancora organizzata. il
formarsi di questo o di quel particolare linguaggio che struttura tali pressioni, dando loro la
forma di un mondo ed organizzandola nel segno della sistematicit. Luomo costituisce
se stesso ed il suo mondo proprio producendo tali giochi linguistici le cui regole interne
crescono su se stesse senza che se ne abbia una preventiva coscienza e senza che si
operi con una chiara progettualit. I giochi di lingua, pertanto, sembrano essere i veri
soggetti e luomo che li esercita ne risulta profondamente condizionato. Non possibile
pertanto prevedere a priori levoluzione o la morte di questo o quellaltro linguaggio ed il
momento della riflessione cosciente nei confronti di un gioco di lingua, che ha esaurito la
sua funzione, pu avvenire solo a posteriori. Wittgenstein sottolinea come esista un
rapporto di parentela tra i singoli giochi di lingua che, pur nella loro autonomia, mostrano
delle affinit e dei tratti comuni che, raggiungendo una certa soglia, si compongono in
famiglie. Intendendo il linguaggio come la totalit dei giochi di lingua, va sottolineato
che, esso nasce e si sviluppa, ci sia lecito lossimoro, attraverso una logica caoticamente
ordinata. Per esprimere tale modalit di evoluzione, Wittgenstein solito ricorrere alla
metafora della citt. Cos come una citt, si sviluppa dal lato urbanistico, mettendo
insieme quartieri che hanno origini diverse e differenti identit e funzioni, analogamente il
linguaggio vede sorgere giochi di lingua che non fanno parte di un aprioristico piano
regolatore ma che, tuttavia, trovando quartieri preesistenti, non possono non rispettarli
senza rimanerne condizionati avendo di fronte a s questa o quella possibilit di sviluppo.
normale, pertanto, che chi osserva tale evoluzione in questa o quellaltra sua fase, si
trova di fronte ad un disordine che, per, quanto pi lo si guarda da vicino e nella
specificit della funzione di ogni suo singolo elemento intero, tanto pi appare ispirato e
motivato da una logica che trae alimento dalle diverse lebensform via via rintracciate.
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Nellopera di Wittgenstein la filosofia terapia interna ai singoli giochi di lingua perch
lanalisi filosofica porta a compiuta coscienza le regole che si sono sviluppate
precedentemente e individua indebiti momenti di sovrapposizione tra questo o quellaltro
sprachspiel (gioco di lingua). Le regole interne ai giochi di lingua non sono mai, n vere,
n false, esse vanno considerate nelle loro relative posizioni e rispettate nelle autonomie
del loro sviluppo. Diverso, per, il caso in cui i singoli giochi linguistici si sovrappongono,
facendo s che ci si serva, inavvertitamente, di regole che appartengono ad un gioco
diverso da quello iniziale. In tal caso, il linguaggio si avvita su se stesso, ed proprio in
tale occasione che deve intervenire la funzione terapeutica della filosofia.
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ESERCIZI
a) Spiega il modo in cui si evoluto il linguaggio nellessere umano
b) Dai una definizione di linguaggio
c) Spiega il rapporto esistente tra linguaggio e comunicazione
d) Indica su quanti livelli si fonda il linguaggio umano
e) La comunicazione ha unimportante funzione educativa, indica quale
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2. LA COMUNICAZIONE LINGUISTICA
Un exursus di linguistica
La linguistica lo studio della lingua secondo i metodi della scienza moderna ed opera
nelle aree della fonologia, morfologia, sintassi che insieme formano la grammatica, e in
quelle della metrica, che studia la struttura ritmica e la tecnica compositiva dei versi, della
semantica, della lessicografia, che comprende letimologia. La lingua una creazione
storica ed antropologica ed il risultato delluso del linguaggio da parte di una
determinata societ di parlanti in un preciso momento della storia. Di conseguenza, tutti
gli uomini hanno, e probabilmente hanno sempre avuto, la facolt del linguaggio; le
lingue, invece sono molteplici e variano a seconda dei gruppi sociali che le esprimono e
del periodo storico in cui sono state espresse. Il tempo, oltre alla convenzione sociale,
laltra coordinata fondamentale per cui una lingua quella che si manifesta.
La linguistica nasce, in prima istanza come esigenza di interpretare correttamente i testi
sacri, quando ci si reso conto, nelle varie civilt, che la lingua con cui erano scritti i testi
non risultava pi ben comprensibile. stata proprio la conoscenza del sanscrito da parte
dellOccidente, avvenuta alla fine del Settecento, a porre le basi per una fondazione
scientifica della linguistica. iniziata, cos, unopera di comparazione sistematica delle
lingue (a partire dalle lingue indoeuropee) e una loro classificazione secondo criteri
rigorosi, basati soprattutto sullo studio delle corrispondenze fonetiche e morfologiche
(Glottologia). Parallelamente iniziato lo studio sistematico dei dialetti. Per tutto
lOttocento la linguistica, assorbita dalle scoperte e dalle acquisizioni valide ancora oggi
del metodo comparativo, stata una disciplina piuttosto compatta e orientata verso lo
studio diacronico, ossia storico, della lingua.
Nel XX secolo, e in particolare grazie allopera di Franz Boas, Ferdinand de Saussure e la
scuola linguistica di Praga, la disciplina si sviluppata secondo una serie di orientamenti
diversi: lanalisi diacronica viene ulteriormente sviluppata e perfezionata, ma nello stesso
tempo prende piede lo studio sincronico, che si propone di studiare la lingua nel suo stato
attuale e nel suo funzionamento reale. Lo strutturalismo nato e si sviluppato proprio in
linguistica, con la considerazione che le lingue costituiscono sistemi complessi e
strutturati, in cui ogni parte legata a tutte le altre e non modificabile o eliminabile senza
che lintera struttura ne risenta. Possiamo, dunque parlare di due tipi di linguistica: una
sincronica ed una diacronica. Con la prima, intendiamo lo studio del rapporto che occorre
tra tutti gli elementi costitutivi del sistema linguistico, prescindendo dalla loro origine e
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dallevoluzione del tempo, con la seconda, invece, ci riferiamo allaspetto dei fatti
linguistici secondo la successione nel tempo, ad esempio la /i/ latina in sillaba aperta
accentata che in italiano diventa /e/ chiusa. La distinzione tra langue e parole
determina che al momento di un atto locutivo, tutti i rapporti paradigmatici che strutturano
una langue sono, comunque, sempre e solo sincronici; laspetto diacronico si manifesta,
allopposto, sullasse sintagmatico, ovvero nella parole. Studiare la grammatica di una
lingua quindi eminentemente compito della linguistica sincronica.
Negli Stati Uniti Franz Boas e Edward Sapir, nellambito della linguistica descrittiva, hanno
applicato raffinate metodologie per identificare i suoni o le unit grammaticali delle lingue