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L’INDUZIONE ELETTROMAGNETICA Un approfondimento sull'anello di Thomson e sulle correnti di Foucault Lezioni d'Autore di Claudio Cigognetti

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L’INDUZIONE ELETTROMAGNETICA

Un approfondimento sull'anello di Thomson e sulle correnti di Foucault

Lezioni d'Autore

di Claudio Cigognetti

Un generatore variabile di tensione continua, due multimetri e un resistore sono la strumentazione necessaria per la verifica della prima legge di Ohm in corrente continua, nel caso R=costante.

La prima legge di Ohm generalizzata (I)

Se si sostituisce il resistore con una bobina e la corrente continua con quella alternata ancora il rapporto delle coppie di valori V e i misurati dai multimetri è costante, ma il suo valore in ohm è più elevato della resistenza della bobina...

La prima legge di Ohm generalizzata (II)

Se si esamina una bobina, oltre al valore di R (nell’esempio in figura, R=2,5 ) viene riportata oltre al numero di avvolgimenti, 500, anche l’induttanza L della bobina (sempre nell’esempio citato L= 9mH, dove il simbolo mH sta per millesimi di Henry).

La prima legge di Ohm generalizzata (III)

L’impedenza in questo caso è uguale all’espressione Z=(R2+(2 fL) 2)1/2, una sorta di somma quadratica tra due termini, quello puramente resistivo e quello induttivo dipendente anche dalla frequenza della tensione (e corrente) alternata.

La prima legge di Ohm generalizzata (IV)

Il valore di f (50 Hz) misurato dal multimetro è quello caratteristico della rete elettrica italiana

Da cosa dipende l’induttanza, chiamata anche coefficiente di autoinduzione, e qual è il suo significato fisico?

L’induttanza (I)

Stavolta raddoppiando il numero di avvolgimenti (1000) la bobina ha un’induttanza di 36 mH, 4 volte più grande della precedente bobina da 500 avvolgimenti (L=9 mH)

Confrontando due bobine che hanno le stesse caratteristiche geometriche (a parte lo spessore dei fili di rame), la prima con 500 spire con induttanza L=9 mH e la seconda da 1000 spire con L=36 mA è spontanea l’ipotesi di proporzionalità tra L e il quadrato del numero N di spire che compongono la bobina.

L’induttanza (II)

Inserendo all’interno della bobina collegata all’alimentatore un nucleo in materiale ferromagnetico (laminato e forato), l’intensità della corrente alternata subisce una forte riduzione, segno dell’aumento di Z e quindi di L.

L’induttanza (III)

In effetti, per una bobina con N spire, di lunghezza l, area della singola spira S, al cui interno è disposto un materiale con permeabilità magnetica , vale approssimativamente la relazione:

L≈N2S/l

L’induttanza (IV)

Cambiando la geometria del nucleo all’interno della bobina (ad esempio disponendo il solo giogo a forma di I in modo simmetrico o asimmetrico rispetto ai bordi della bobina, oppure inserendo un nucleo a forma di U, utilizzando il ferro a U chiuso con il giogo) il modulo di Z assume valori diversi.

L’induttanza (V)

In figura:bobina inserita nel nucleo a forma di U

Una delle esperienze classiche che sfruttano gli effetti dell’induzione elettromagnetica, è quella dell’anello di Elihu Thomson.

L’anello di Thomson (I)

Facendo circolare corrente elettrica alternata nella bobina, l’anello schizza via (lo stesso effetto si avrebbe con una corrente continua dovuta alla batteria di un’auto).

L’anello di Thomson (II)

Fermando l’anello con una mano a una certa altezza è possibile sospenderlo in una posizione di equilibrio, quasi all’estremo superiore del ferro.

L’anello di Thomson (III)

Il riscaldamento dell’anello di alluminio, tanto più grande al trascorrere del tempo, giustifica l’ipotesi di correnti elettriche al suo interno. Queste non avendo origine dal collegamento diretto con un generatore sono dette correnti indotte.

La forza repulsiva tra anello e bobina è normalmente utilizzata per giustificare il verso della corrente indotta nel circuito secondario che crea un campo magnetico che si oppone alla variazione di flusso del primario (la legge di Lenz).

L’anello di Thomson (IV)

Ripetendo l’esperienza con due anelli di alluminio (uno dei quali tagliato) si dimostra l’assenza di correnti indotte in grado di sollevare il circuito secondario aperto...

L’anello di Thomson (V)

...questo giustifica il fatto che il nucleo della bobina di un trasformatore, sia laminato e forato proprio per evitare la formazione al suo interno di correnti indotte.

L’anello di Thomson (VI)

I filmati degli esperimenti, proposti dai laboratori famosi come il MIT, puntano su salti spettacolari dell’anello ottenuti dopo aver immerso l’alluminio in azoto liquido per ridurne la resistività.

L’anello di Thomson (VII)

VIDEO

A dispetto del nome, le correnti parassite hanno varie applicazioni come per es. i freni elettromagnetici.

E' facile mostrare il frenamento che subisce un pendolo di alluminio quando oscilla tra le espansioni polari di un magnete.

Le correnti di Foucault o parassite (I)

Allo stesso modo dell’anello di Thomson tagliato, è possibile, con la sagoma di alluminio del pendolo lavorata in modo opportuno, far vedere che le correnti indotte nel metallo non sono più sufficienti per rallentare in modo apprezzabile il pendolo.

Le correnti di Foucault o parassite (II)

Sempre classica è l’esperienza in cui si fonde un metallo a forma di sottile anello a causa delle intense correnti che si sviluppano in un modello di trasformatore in cui il secondario è composto da una sola spira.

Le correnti di Foucault o parassite (III)

Infine negli odierni sistemi domestici di riscaldamento a induzione realizzati con bobine poste al di sotto del piano di lavoro in vetroceramica, circola una corrente alternata di elevata frequenza proveniente da un circuito elettronico. la corrente alternata causa una corrente indotta nelle pentole.

Le correnti di Foucault o parassite (IV)

FINE

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