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S embra un film già visto. Eccoci quì a parlare e a discutere dell’ennesimo derby gettato alle ortiche, a causa del nostro cronico masochi- smo, della sfortuna, di un’in- guaribile immaturità e dopo alcune decisioni arbitrali che ci hanno lasciato l’amaro in bocca. Lungi da me pensare che la sconfitta sia da adde- bitare a Tagliavento, anche se qualche sospetto lo ha deter- minato anche quella pistola al laser puntata sulla faccia di Muslera quando Totti sta- Udinese, Roma e Napoli e i giocatori hanno il dovere di rialzarsi. Se il morale della squadra fosse come quello dei suoi tifosi, beh, le speranze di riscattarsi subito, sarebbero davvero pochissime. Ma il ti- foso, si sa, è passione e cuore. I professionisti che scendono in campo hanno (o dovrebbero avere) altre virtù. Bisogna ripartire. Non esi- ste altra strada, altrimenti comincerà prima del termi- ne una sorta di processo e di conta delle responsabilità di aver dilapidato un patrimonio va tirando la punizione che avrebbe portato la Roma in vantaggio. Ma ora occorre fare un passo avanti. Guardare oltre e di- menticare il derby. L’errore più grande sarebbe quello di get- tare alle ortiche tutto quello che di buono abbiamo fatto fino ad ora. Adesso si tratta di leccarsi in fretta le ferite e di farle rimarginare. La Lazio deve assolutamente dimo- strare quella solidità che nella stracittadina è mancata cla- morosamente. Siamo in piena bagarre con costruito con fatica, fatto di buona classifica, prestazioni convincenti e salto di qualità che si credeva finalmente re- alizzato e che potrebbe in po- chi giorni gettato alle ortiche. Rischiano di finire sul banco degli imputati società, tecnico e giocatori, se non arriveran- no risposte immediate e con- vincenti, in grado se non di cancellare, almeno di superare la cocente delusione patita. Mai come in questo momento sono i giocatori a dover ricon- quistare l’affetto e la passione dei loro tifosi. I GIOCATORI DEVONO RICONQUISTARE I TIFOSI LAZIALI SI NASCE L’angolo di Mauro Mazza Da quì alla fine del campionato i giocatori devono far smaltire ai tifosi la delusione per i derby Direttore Responsabile di Rai Uno, segue da sempre le sorti della Lazio S crivo questo articolo nel mezzo della delu- sione post derby. Una partita negativa che però deve essere al più presto dimenticata. Mi sono sempre considerato un tifoso moderato e non è mia usanza scaldarmi trop- po per gli sfottò che arrivano dall’altra parte. Anzi, come ho spesso detto e scritto, attra- verso le pagine di Lazialità, non ho mai avuto un senti- mento di odio nei confronti dei cugini. Mi piace batterli diverso rispetto al passato e non vorrei che certe frange del tifo fossero tornate indietro. Tornando al calcio giocato, adesso c’è la necessità di di- menticare il derby, una gara che per noi sembra essere davvero stregata. Spero di poter prendere in giro i romanisti tra circa due anni per aver messo in fila sei vit- torie consecutive. Ma ora l’errore più grande sa- rebbe quello di gettare tutto alle ortiche e deprimerci per questa sconfitta. sul campo, voglio sempre vin- cere i derby, ma preferisco fare le battaglie contro le squadre del nord. Detto questo, ci sono cose che considero inammissibili e che devono essere debellate. Mi riferisco agli slogan e ai cori che ho ascoltato nuova- mente nei confronti di Papa- relli. Non è ammissibile che si offenda una persona che è ancora nei cuori di tutti noi e che è scomparsa in quel modo. Negli ultimi anni si era respi- rato un clima che sembrava C’è un finale di campionato da giocare con grande attenzione e non possiamo permetterci né di abbatterci, né di mollare. Capisco che la delusione per la sconfitta contro la Roma è tanta, ma l’amore per la pro- pria squadra, come quello per la famiglia e per la Patria, non si spegne mai. Sarebbe bello pensare che i festeggiamenti per i 150 anni della nostra nazione coin- cidessero con un traguardo importante raggiunto anche dalla nostra Lazio. L’AMORE PER LA LAZIO NON SI SPEGNE MAI LA PAROLA AL DIRETTORE L’angolo di Clemente J. Mimun L’amore per la propria squadra, come quello per la famiglia e per la Patria, non si spegne mai Giornalista affermato, è Direttore Responsabile del Tg 5

Lazialita APRILE 2011

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L'angolo di Mazza e Mimum

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Page 1: Lazialita APRILE 2011

Sembra un film già visto. Eccoci quì a parlare e a discutere dell’ennesimo derby

gettato alle ortiche, a causa del nostro cronico masochi-smo, della sfortuna, di un’in-guaribile immaturità e dopo alcune decisioni arbitrali che ci hanno lasciato l’amaro in bocca. Lungi da me pensare che la sconfitta sia da adde-bitare a Tagliavento, anche se qualche sospetto lo ha deter-minato anche quella pistola al laser puntata sulla faccia di Muslera quando Totti sta-

Udinese, Roma e Napoli e i giocatori hanno il dovere di rialzarsi. Se il morale della squadra fosse come quello dei suoi tifosi, beh, le speranze di riscattarsi subito, sarebbero davvero pochissime. Ma il ti-foso, si sa, è passione e cuore. I professionisti che scendono in campo hanno (o dovrebbero avere) altre virtù.Bisogna ripartire. Non esi-ste altra strada, altrimenti comincerà prima del termi-ne una sorta di processo e di conta delle responsabilità di aver dilapidato un patrimonio

va tirando la punizione che avrebbe portato la Roma in vantaggio.Ma ora occorre fare un passo avanti. Guardare oltre e di-menticare il derby. L’errore più grande sarebbe quello di get-tare alle ortiche tutto quello che di buono abbiamo fatto fino ad ora. Adesso si tratta di leccarsi in fretta le ferite e di farle rimarginare. La Lazio deve assolutamente dimo-strare quella solidità che nella stracittadina è mancata cla-morosamente. Siamo in piena bagarre con

costruito con fatica, fatto di buona classifica, prestazioni convincenti e salto di qualità che si credeva finalmente re-alizzato e che potrebbe in po-chi giorni gettato alle ortiche. Rischiano di finire sul banco degli imputati società, tecnico e giocatori, se non arriveran-no risposte immediate e con-vincenti, in grado se non di cancellare, almeno di superare la cocente delusione patita. Mai come in questo momento sono i giocatori a dover ricon-quistare l’affetto e la passione dei loro tifosi.

I gIocatorI devono rIconqUIstare I tIfosI

LAZIALI SI NASCEL’angolo di Mauro Mazza

Da quì alla fine del campionato i giocatori devono far smaltire

ai tifosi la delusione per i derby“ “Direttore Responsabile di Rai Uno,

segue da sempre le sorti della Lazio

Scrivo questo articolo nel mezzo della delu-sione post derby. Una partita negativa che

però deve essere al più presto dimenticata. Mi sono sempre considerato un tifoso moderato e non è mia usanza scaldarmi trop-po per gli sfottò che arrivano dall’altra parte. Anzi, come ho spesso detto e scritto, attra-verso le pagine di Lazialità, non ho mai avuto un senti-mento di odio nei confronti dei cugini. Mi piace batterli

diverso rispetto al passato e non vorrei che certe frange del tifo fossero tornate indietro.Tornando al calcio giocato, adesso c’è la necessità di di-menticare il derby, una gara che per noi sembra essere davvero stregata. Spero di poter prendere in giro i romanisti tra circa due anni per aver messo in fila sei vit-torie consecutive. Ma ora l’errore più grande sa-rebbe quello di gettare tutto alle ortiche e deprimerci per questa sconfitta.

sul campo, voglio sempre vin-cere i derby, ma preferisco fare le battaglie contro le squadre del nord.Detto questo, ci sono cose che considero inammissibili e che devono essere debellate. Mi riferisco agli slogan e ai cori che ho ascoltato nuova-mente nei confronti di Papa-relli. Non è ammissibile che si offenda una persona che è ancora nei cuori di tutti noi e che è scomparsa in quel modo. Negli ultimi anni si era respi-rato un clima che sembrava

C’è un finale di campionato da giocare con grande attenzione e non possiamo permetterci né di abbatterci, né di mollare. Capisco che la delusione per la sconfitta contro la Roma è tanta, ma l’amore per la pro-pria squadra, come quello per la famiglia e per la Patria, non si spegne mai. Sarebbe bello pensare che i festeggiamenti per i 150 anni della nostra nazione coin-cidessero con un traguardo importante raggiunto anche dalla nostra Lazio.

L’amore per La LazIo non sI spegne maI

LA PAROLA AL DIRETTORE L’angolo di Clemente J. Mimun

L’amore per la propria squadra, come quello per la famiglia

e per la Patria, non si spegne mai“ “ Giornalista affermato,

è Direttore Responsabile del Tg 5

Page 2: Lazialita APRILE 2011

C’è, oltreoceano, chi porta in alto, con ono-re, il nome della Lazio; precisamente a Toron-to, città del Sud-Est del Canada: Andrea Bargnani. Romano doc, è nato il 26 Otto-bre 1985 ed è alto 213 cm per 113 kg. Con la Benetton Treviso vince lo scudetto e il premio di miglior giovane del campionato nel 2006. Nello stesso anno si aggiudica anche il

trofeo “Rising Star Trophy” come miglior giocatore under 22 dell’Eurolega. La sua fama diventa mondiale quando, il 28 giugno 2006, firma con i Toronto Raptors, squadra che milita nel NBA. Diventa il primo giocatore italiano ad essere chiamato al primo giro nel draft. Bargnani non ha mai nascosto la sua fede biancoceleste, dichiarando infatti: “Essendo un vero romano tifo Lazio” e aggiungendo che il suo giocatore preferito era Paolo Di Canio. Già nel 2006 si era augurato una vittoria della Lazio contro l’Inter alla Supercoppa Italiana giocata a Pechino, dichiarando che sarebbe stato decisivo Tommaso Rocchi, di fatto autore del raddoppio. Siamo fieri di avere un tifoso d’eccellenza come lui e lo ringraziamo per portare con orgoglio la sua roma-nità e lazialità anche in NBA.

Il Consiglio di Gestione della società biancoceleste ha approvato il bilancio al 31.12.2010 e lo ha reso pubblico su Internet. Dal quadro generale emerge che la società di Lotito ha chiuso il bilancio d’esercizio relativo all’anno 2010 con un utile di 7,36 milioni di euro. Un ottimo viatico in vista dell’entrata in vigore del fair-play finanziario che avverrà a partire dalla stagione 2011-2012 e che dopo i primi 3 anni di assestamento, in cui le misure entreranno in vigore gradual-mente, costringerà tutte le società professionistiche a rispettare il cosidetto “pareggio di bilancio” (durante l’esercizio di competenza non si potrà spendere piu’ di quanto incassato). Il bilancio della Lazio riporta innanzitutto una piccola sorpresa, Hernanes infatti (a questo punto possiamo dire in maniera ancor più forte CHE ACQUISTO) non è costato come spesso sentiamo dire anche in tele-visione 13,5 milioni, bensi’ “soltanto” 11 milioni e 100 mila euro, frutto dei 9,5 milioni versati al San Paolo per l’acquisto del 75% del suo cartellino, più altri 1,6 versati alla Traffic e alla Kirin Soccer che erano detentrici del restante 25% del cartellino del Profeta. Sono stati spesi poi 5 milioni per l’acquisto di Alvaro Gonzalez dal Defensor Sporting, mentre sia Bresciano svincolatosi dal Palermo che a sorpresa anche Garrido (a parte per quest’ultimo 329 mila euro di inter-mediazione) sono stati acquisiti a costo 0. Va considerato poi anche il riscatto di Floccari, datato 21 giugno e costato 8,3 milioni. Nelle entrate troviamo inve-ce i 17 milioni e 575 mila euro ottenuti dalla vendita di Kolarov al Manchester City, vendita che ha permesso di realizzare anche un’enorme plusvalenza in bi-lancio per l’esattezza di 17 milioni e 172 mila, visto che il serbo nel 2007 erano costato appena 900 mila euro, ma da ammortizare ne restavano soltanto 380 mila. Eliseu è stato ceduto al Malaga per 1,9 milioni ed anche in questo caso si è riusciti a realizzare una pluvalenza superiore al milione, mentre per Cribari il Napoli ha versato 500 mila euro. La Lazio e Lotito continuano giustamente a prestare grande attenzione ai bilanci, tanto che il presidente confida moltissi-mo nell’entrata in vigore e soprattutto nell’effettiva applicazione del fair-play finanziario. Per Lotito questo sarà lo strumento che permetterà di livellare e ribaltare le forze in campo. Speriamo allora che presto, molto presto, oltre allo scudetto finanziario arrivi anche quello sul campo, o per lo meno che si possa lottare fino in fondo per la sua conquista. Caro presidente, la gente laziale vuol tornare a sognare...

Bargnani, un laziale in nBa

BOnanni: “la laziO È un’alTra COSa”Qualcuno lo ricorderà in modo non del tutto positivo. Qualcun altro farà fatica a richiamarlo alla mente. Eppure Massimo Bonanni è stato uno di noi, ha indossato la maglia della Lazio nel 2006, ed in questo periodo è tornato a parlarne dal momento che lui, laziale, lo è sempre stato.Anche se cresciuto nelle giovanili, ahimè, della Roma sostiene fermamente di aver sempre tifato per la Lazio, e lo dimostra con le ultime dichiarazioni rilasciate :“Vestire la maglia della Lazio è stato un colpo al cuore”. Fa anche il paragone con le altre squadre in cui, la pressione è particolarmente minore rispetto a quella esistente nella capitale. Probabilmente questo è quello che non gli ha permesso di rimanere a lungo in maglia biancoceleste, oltre ad uno stato fisico non soddisfacente e prestazioni al di sotto delle aspettative. Anche perché, come sostiene lui, i tifosi laziali non si accontentano. Ora milita nel Pescara, ma sei mesi e nove presenze totali con la maglia della propria squadra del cuore gli sono bastate per dichiarare che “la Lazio è un’altra cosa”. Non si può certo dire che la sua esperienza sia stata calcisticamente positiva, ma vestire la maglia per la quale si tifa è probabilmente il sogno che accomuna qualsiasi tifoso.

Fabio Lunardi

Vincenzo Oliva

i COnTi alla laziO TOrnanO...la laziO CHiuDe COn un uTile Di 7,36 MiliOni il BilanCiO al 31.12-2010

aprile 2011 11

Giocò alla Lazio per una sola stagione, quella 1996-1997. Godeva della stima di Dino Zoff, una delle figure più im-portanti degli ultimi anni della Lazio. Stiamo parlando di Renato Buso. L’ex centrocampista biancoceleste, dopo aver conquistato nel 2009 lo scudetto con gli allievi nazionali della Fiorentina, attual-mente allena la primavera della società viola. Buso, come calciatore, vanta una carriera di tutto rispetto avendo giocato tra le fila della Juventus, della Fiorentina, della Sampdoria, del Napoli e della Lazio appunto.

Strana storia quella di Giuseppe Papadopulo e di Giancarlo Oddi, chia-mati al capezzale del vecchio Toro dal presi-dente Cairo ed esonerati dopo sole due settimane. Il vulcanico presidente granata aveva contattato la coppia biancoceleste per risollevare le sorti del Torino, ma dopo due sconfitte consecutive ha richiamato l’ex tecnico Lerda. “Non ci aspettavamo un trattamento simile” ha detto Pa-padopulo. Nemmeno noi...

BuSO allena la PriMaVeraDella FiOrenTina

PaPaDOPulO e ODDi al VelenO

{lazialiTà Village}

Page 3: Lazialita APRILE 2011

Tutto è nato da un sospet-toso via vai nella villa di San Sebastiano. Giocato-ri di tutte le età – anche

minorenni - e di ogni colore sono stati visti entrare e uscire anche a notte fonda dal cancello della residenza di Claudio Lotito. Inso-spettita la magistratura ha ordi-nato delle intercettazioni telefo-niche che hanno offerto risultati clamorosi. Prima di tutto, la cer-tezza che alcuni di quei giocatori hanno ricevuto denaro dal presi-dente per le loro prestazioni. Per esempio, Meghni, il quale è

far cadere la palla”Manfredini: “Eh, ti capisco. Anch’io il mese scorso sono andato in villa, chiamato da Manzini, il reclutato-re. Il presidente, vedendomi, mi ha detto <portami due caffè per me e per il signor Manzini>. L’equivoco è stato chiarito, Lotito ha esclamato <Eh, bella la vita, senza pensieri, tutto abbronzato…>. Poi mi ha chiesto di indossare la divisa della Lazio e mi ha portato nella sala del <tira, tira>, tutta verde, con una porta sullo sfondo e un pallone. <Calcia, se fai gol ti regalo un li-bro>. Ma guarda che combinazio-

stato a Villa San Sebastiano alme-no cinque volte. Per fare cosa? Dice il ventiseienne franco-algerino al suo compagno di squadra Chri-stian Manfredini: “L’ultima volta mi ha chiesto di restare tutta la notte. Voleva vedere se riuscivo a palleggiare per sette ore di fila senza accusare alcun disturbo. Aveva preparato un regalino se avessi superato la prova, un libro dal titolo <Come fare il giocatore di calcio senza mai vedere un pal-lone>, strano libro,. Io ci ho prova-to e riprovato, ma sono arrivato al massimo a quattro palleggi senza

ne, era lo stesso che ha dato a te”A dirla lunga sul clima delle feste a Villa San Sebastiano è stata una telefonata fra Biava e Diaz.Biava: “E a un certo punto del-la serata, Lotito ha preteso che ognuno cantasse una canzone. La canzone, però, che voleva lui”Diaz: “ Ma no! Tipo?”.Biava: “A Lichtensteiner ha fat-to cantare <Heidi>, a Matuzalem <Non lo faccio più>, a Floccari <Si può dare di più>, a Muslera <Papa-veri e papere>. Poi ha cantato lui”.Diaz: “E cosa ha cantato?”Biava: “<Dio come mi amo>”.

qUeLLe nottI a vILLa s.sebastIano…

fANTA LAZIOL’angolo di Franco Recanatesi

La magistratura ha ordinato delle intercettazioni dopo aver visto

giocatori di ogni razza uscire da Villa S. Sebastiano...

“ “Giornalista e scrittore,segue la Lazio da una vita

Stavo ascoltando delle pro-teste di alcuni tifosi del Valencia che si lamenta-vano con la società perché

dalla pagina dei trofei vinti pubbli-cata sul sito ufficiale erano scom-parse le tre vittorie in Coppa Fiere del ’62, ’63 e ’64 e la Coppa Inter-toto del ‘98. E il mio pensiero, che solitamente vola là dove osano le aquile, è sceso giù dove strisciano i bruconi. “Ma come, il Valencia che ne ha vinte tre le butta e loro, che da 50 anni la spacciano per Coppa Uefa, ne fanno un vanto? Anco-ra una volta mi tocca raccontare come sono andate realmente le

nome. Ma torniamo all’idea di Thommen. Per la buona riuscita del torneo mancava però il sup-porto di un’istituzione in grado di organizzare un simile evento. Così quando nel 1954 nacque l’Uefa, Thommen rispolverò il progetto, proponendolo al nuovo organo calcistico. L’Uefa, che aveva in mente ben altri trofei, si rifiutò di organizzare un trofeo da sagra pa-esana e con sdegno rispedì al mit-tente la proposta. Thommen decise allora di rivolgersi alla Fifa, il cui presidente, Stanley Rous, non esi-tò ad assecondare il progetto del suo vicepresidente, istituendo un

cose. Il vicepresidente della Fifa Thommen, nel 1950 aveva pensato a una competizione a inviti in cui mettere di fronte selezioni miste dei club delle città prescelte, così da fornire alle città ospitanti in-troiti utili al proprio rilancio eco-nomico. Per Thommen un contesto decisamente ottimale in cui inse-rire la “Coppa Internazionale delle città di fiere industriali”. Lo so, molti di voi penseranno ad un errore ma non è così, non stupitevi, questo è l’unico e vero nome ufficiale della cosiddetta Coppa delle Fiere! Furono i gior-nalisti dell’epoca a darle questo

comitato organizzativo con sede a Basilea. La Coppa partì tra mille difficoltà il 1955.L’ultima edizione nel 1971; gli or-ganizzatori capirono subito che con l’imminente nascita della Cop-pa Uefa nessuno si sarebbe più iscritto ad un torneo da sagra o fiera paesana. La Roma si aggiu-dica il suo primo e finora unico trofeo “pseudo europeo” nell’edi-zione ’60 – ’61. Di questa coppa si conosce solo il fatto che i giallo-rossi l’abbiano vinta, nessuno però che ci abbia mai raccontato come. Sul prossimo numero di Lazialità vi spiegherò come andò veramente...

a qUeLLI deL brUcone pInocchIo je scUce Un baffo

LAZIO E SORRISI L’angolo di Rodolfo Bada

Il Valencia toglie dalla sua bachecale Coppe delle Fiere, altri

le spacciano per vittorie di prestigio“ “ Giornalista da sempre

al seguito della Lazio

Page 4: Lazialita APRILE 2011

“Disciplina, sacrificio y deter-minaciòn”: con queste parole si è espresso Josè Chamot, come vediamo in foto, agli alunni del primo anno di una scuola supe-riore nella città di Rosario, in Ar-gentina. L’occasione è quella di una conferenza sulla violenza nel calcio e l’ospite d’onore è stato proprio lui, l’ex giocatore bian-coceleste. Josè ha dichiarato che, uno degli aspetti fondamentali, è quello del divertimento e della buona salute dei bambini e dei ragazzi. Ha poi sottolineato come la violenza sia l’espressione di un atto maturato dal malessere delle società che costruiamo e quin-di ribadito la grande importanza dell’istituzione familiare. Attual-mente Chamot riveste il ruolo di allenatore in seconda nella squa-dra che lo ha lanciato nel grande calcio, il Rosario Central e, anche se è parecchio tempo che si vo-cifera un suo passaggio definiti-vo alla guida della squadra, Josè aspetta la sua occasione senza troppe pretese, ma con la stessa tenacia e caparbietà che lo hanno caratterizzato da giovane.

JOSÈ CHaMOT:riTOrnO alle Origini

la laziO CalCiO a 5 VinCe la COPPa iTaliaDopo otto anni la Lazio riporta a Roma la Coppa Italia. Al PalaFabris di Padova, in una finale epica che si è conclusa solo dopo i tempi supplementari la squadra di D’Orto, vince 3 a 2 contro il Marca, aggiudicandosi la quarta Coppa Italia della storia biancoceleste. Un successo meritato e che premia gli investimenti del presidente Montemurro e la voglia di vincere della Lazio, che ha battuto in fi-nale la squadra che sta dominando il campionato. Un primo tempo equilibrato e molto tattico che la Lazio ha chiuso in vantaggio grazie allo splendi-do goal messo a segno da Vinicius Bacaro su un calcio di punizione da lui stesso procurato. Il pa-

reggio dei veneti arriva nella ripresa con Nora. Si va ai supplementari. Nuno mette in campo tutta la sua esperienza e al primo minuto si guadagna un calcio di punizione sulla destra; calcia lui stesso il pallone che, dopo un velo preziosissimo di Bacaro, disorienta il portiere veneto e finisce in rete. E’ 2 a 1. Si cambia campo per i cinque minuti finali. Il tecnico avversario mette il portiere di movimento che risulterà una mossa fatale, Danieli approfitta di un errore degli avversari, calcia dalla propria di-fesa e con la porta sguarnita fa 3 a 1. Il gol finale di Nora serve solo per gli annali. La Lazio vince la Coppa Italia e festeggia un trofeo importante e prestigioso. Federico Terenzi

Federico Terenzi

Gianmarco Garofalo

Era una partita interna contro il Cagliari. Luca Marchegiani viene espulso ed in porta esordisce Carlo Cudicini. In uno scontro con un giocatore avversario si fa male, a stento si regge in piedi, ma la Lazio ha esaurito tutte le sostituzioni e quin-di Carlo deve rimanere in campo fino alla fine. La partita è in bilico, visto che i sardi hanno appena accorciato le distanze portandosi sul 2 a 1. Si tiene in piedi per miracolo, i colleghi di reparto fanno scudo davanti a lui. Con un ginocchio dolorante riesce a fare una parata da fermo e a salvare il risultato. Ora però, un grave incidente con la moto potrebbe compromettergli la carriera, ma lui va avanti lo stesso.Un eroico combattente che è ri-masto stoicamente nei cuori della Curva Nord.

Si parlava di lui come l’erede di Nesta. Era uno dei difensori giovani più promettenti dell’intero panorama calcistico, ma purtroppo per lui, e in parte anche per noi, di-

sattese tutte queste aspettative. Stiamo parlando di Daniel Ola, difensore nato ad Accra, in Ghana, ma na-turalizzato nigeriano. Daniel iniziò la sua carriera di calciatore proprio in Nigeria, nei King Faisal’s Babies. Nel 1999 passa all’Etoile-Carouge, modesta squadra svizzera. Ma è nel 2000 che arriva l’anno della svolta. Notato dalla Lazio, viene prima preso in prestito per disputare il torneo di Viareggio e poi tesserato uffi-cialmente dal club capitolino. L’anno seguente viene ceduto in prestito al Chievo Verona dove milita per sei mesi nella selezione Primavera. Successivamente passa al L’Aquila in Serie C1 girone B, attuale Lega Pro, dove esordisce tra i professionisti. A fine prestito torna a Roma con un bottino di 47 presenze e 3 reti, com-presi i play-out vinti contro il Paternò, che evitano la retrocessione della squadra abruzzese. Ma Daniel non sembra aver completato il tanto sperato processo di crescita, ed è così che la Lazio lo cede definitivamente al Teramo. Nel 2005 il Cesena lo acquista e lo porta in Serie B, dove gioca tre stagioni. Nella prima stagione i romagnoli si classificano al sesto posto e mancano la Serie A perdendo le semifinali dei play-Off col Torino, mentre nella terza stagione si classificano al 22º po-sto retrocedendo in Lega Pro. Nell’estate del 2008, Ola lascia il Cesena e resta inattivo un’intera stagione. Nel 2009 però il Botev Plovdiv, squadra che milita nella massima serie del campionato bulgaro, lo tessera, ma anche qui lo spazio per lui è poco. Decide così di cam-biare continente e nel 2010 intraprende un’avventura nel campionato indonesiano, con la maglia del Per-sebaya Surabaya, società in cui milita attulamente. In Italia Ola ha collezionato 147 presenze e 8 reti tra Serie C1 e Serie B.

aprile 2011 13{lazialiTà Village}

CuDiCini CuOr Di leOne

Ve lO riCOrDaTe Daniel Ola?

Vincenzo Oliva

Dopo le prime esperienze con la nazionale Un-der 21, per Libor Kozak arriva anche la prima convocazione con la nazionale maggiore ceka. Il gigante laziale ha così potuto mitigare la de-lusione per il derby perso. La chiamata del ct è arrivata infatti due giorni dopo la sconfitta con i giallorossi. “Peccato per il derby. Ci tenevamo davvero tan-to e nel finale ho provato a fare qualcosa. Ora non vedo l’ora di scendere in campo con la na-zionale. Un sogno che si avvera”

KOzaK COnVOCaTO in naziOnale

Page 5: Lazialita APRILE 2011

L’ultimo derby è stata una girandola d’emo-zioni fortissime, adre-nalina allo stato puro.

Un brivido forte m’ha attraver-sato poco prima dell’ingres-so delle squadre in campo. Lo sguardo delle telecamere rivolto verso la Curva Nord. Uno sten-dardo enorme con l’intreccio di aquile, il simbolo biancoceleste e una scritta che porterò sempre nel mio cuore: PER GABRIELE. E’ stato bellissimo, è stato fanta-stico vedere come il sacrificio di quei ragazzi che per tutta la settimana precedente avevano preparato la scenografia per la

stenuta dal Comitato Mai Più 11 Novembre, è purtroppo ripiom-bata nel passato. Ho saputo di (fortunatamente pochi) poco piacevoli cori sul povero Vincen-zo Paparelli. Lasciatemi dire solo una cosa ai ragazzi giallorossi, a quei stessi giovani che porto nel cuore, alla gente romanista che ho sempre avuto vicino: ragazzi, non cadete negli errori del passato. Voi che nemmeno immaginate lo strazio vissuto in quel derby di morte del 1979 e l’angoscia patita anche da chi sparò sciaguratamente quel razzo. Non lasciatevi schiacciare da logiche fuorvianti e senza via

stracittadina, avessero voluto dedicare a mio figlio il loro sa-crificio e l’amore per la maglia della Lazio. L’ennesima dimo-strazione di forza e solidarietà. L’ennesimo attestato di stima che, probabilmente, non so se riuscirò mai a ricambiare, tanto è forte e puro l’amore del popolo di Gabriele verso la mia famiglia.RISPETTO PER PAPARELLILa Curva Sud, quella che nel der-by del 2008 mi ospitò orgogliosa sulle sue gradinate, quella che per anni ha scandito slogan per Gabriele, aderendo alla petizio-ne popolare per l’apposizione della targa a Badia Al Pino so-

d’uscita. Rispettate Paparelli così come rispettate Antonio De Falchi. Vorrei sapervi sempre animati da animo solidaristico come nel derby del 1999, quando da quella stessa Curva Sud uscì uno striscione de-gno della massima considerazione: OLTRE I COLORI, RISPETTO PER PA-PARELLI. Ecco, questa è la nostra nobile romanità, laziale e romani-sta. Solo così si potrà finalmente dire che se i ragazzi saranno sem-pre uniti, nessuno potrà mai scon-figgerli. Perché voi siete il futuro. E non gettatelo al vento. Fatelo anche nel nome di Gabriele e della lotta di giustizia che per 3 anni ab-biamo combattuto insieme.

IL derbY deI tIfosI

L’angolo di Giorgio Sandri

Grande emozione per lo striscione per Gabriele. Ma Curva sud...

perchè quei cori per paparelli?“ “

La contestazione a Reja ha molti precedenti ma il più eclatante si chiama Tom-maso Maestrelli, l’artefice

principale del nostro primo scu-detto. La contestazione a Reja si è limitata a qualche fischiata dopo il quarto derby perso ma la con-testazione a Maestrelli fu molto più dura e organizzata.Le cose andarono così. La Lazio, che aveva già alcuni elementi (come Wilson e Chinaglia) che tre anni dopo la porteranno a vincere lo scudetto, era stata sciaguratamente porta-ta in B da Juan Carlos Lorenzo che era tornato ad allenare la Lazio dopo un anno sull’altra sponda del

nella tifoseria meno sprovveduta. Un gruppo di tifosi vip, come di-remmo oggi, si unirono in una sor-ta di comitato che prese il nome di “coscienza della Lazio”. I contesta-tori, dopo una partita persa a Terni con la squadra locale, inscenarono una protesta clamorosa piazzando 11 bidoni dipinti di bianco-celeste davanti al campo di allenamento di Tor di Quinto. Un affronto che avrebbe scoraggiato chiunque ma non scoraggiò Maestrelli, il quale, spalleggiato dal presiden-te Lenzini, tenne duro, conquistò la squadra a cui impose un gioco straordinario, vinse il campionato di B e si avviò verso una marcia

Tevere (una permanenza passata alla storia per la famosa collet-ta del Sistina, quando lo stesso Lorenzo raccolse fondi presso i tifosi per pagare le spese di tra-sferta della squadra). Bene fece il presidente Umberto Lenzini a sba-razzarsi di Lorenzo che, per i suoi modi di fare pittoreschi e guasco-ni, era entrato nelle grazie dei tifo-si, e a scommettere sull’emergente Tommaso Maestrelli. Questi iniziò il suo lavoro in mezzo a mille diffi-coltà perché anche una parte della squadra, Chinaglia soprattutto, provava nostalgia per Lorenzo, il quale cominciò a soffiare sul fuo-co della rivolta che covava anche

trionfale che portò allo scudetto mancato all’ultima giornata nel 1973 e centrato alla grande nel 1974. La marcia trionfale della Lazio fu stroncata soltanto dalla grave malattia che portò Tomma-so alla morte. Lorenzo ritornerà, richiamato da Chinaglia presiden-te, 15 anni dopo, giusto in tempo per farci retrocedere fin dalla metà campionato con giocatori come Giordano, Manfredonia, Laudrup e Battista. Ma i tifosi della Lazio non lo contestarono come avrebbe meritato e come invece avevano contestato Maestrelli. Stranezze e irrazionalità del tifo… Un grazie a

LazioWiki nella quale mi sono documentato.

maestreLLI contestato pIù dI reja

LAZIO MEMORIA L’angolo di Giancarlo Governi

Anche il tecnico più amato della nostra storia è stato contestato. I tifosi non

risparmiarono neanche il maestro“ “ Scrittore, giornalista e

apprezzato autore televisivo

Page 6: Lazialita APRILE 2011

un PrOFeTa in FaMiglia“La famiglia per me è un punto

fermo, è stata fondamentaleper il mio adattamento qui.Mia moglie? Una guerriera”.

Hernanes è certamente un calciatore atipico, di-verso da tutti gli altri che il mondo del calcio co-nosce. Umiltà, religione e famiglia sono i pilastri su cui si basa la sua grande etica morale, forse un po’ antiquata, ma semplice, autentica e genuina. La famiglia è il suo punto fermo; la moglie Erica e i due figli Ezequiel e Lucia lo aiutano, lo sosten-gono sempre, e sono stati fondamentaliper l’ambientamento del profeta nella città eter-na. Hernanes, oltre a tramandare la tradizione calcistica, con i piccoli gioca con le costruzioni: case, chiese, palazzi e macchine, fino a quando il piccolo Ezequiel non si diverte un mondo a distruggere tutto. La moglie Erica è sempre al fianco del profeta biancoceleste, stregata anche lei dalla capitale romana. E poi c’è la religione, Hernanes crede fortemente nel cattolicesimo e manifesta la sua fede insieme agli “Atleti di Cri-sto”. Si riunisce spesso a pregare con la sua fami-glia o con il suo grande amico Andrè Dias, muro e pilastro insostituibile della difesa della Lazio.Umiltà, fede e famiglia: sembra che siano pro-prio questi gli ingredienti della formula vincente. Ecco svelato il segreto del profeta biancoceleste.

aprile 2011 15{lazialiTà Village}

Così non lo vedevamo da tempo. Tutti i laziali si sono rallegrati nell’apprendere la notizia apparsa sulla Gazzetta dello Sport qualche giorno fa. Al dodicesimo tentativo, Paul Gascoigne completa la riabilitazione per alcolisti nel Provi-dence Projcet Centre fondato da Steve Spiegel a Bournemouth. Ai microfoni di ExtraTime ha dichia-rato: “Stavolta l’ho fatto solo per me.

Stavolta è speciale, ma so bene che non è finita. Sono un alcolizzato in via di guarigione, ma non guarirò mai completamente. Sono eternamente in via di guarigione. Debbo pensare a mettere ordine nella mia vita”. Finalmente una nota positva. Continua così Paul, idolo mai dimenticato dal popolo laziale.

C’MOn gazza!

Valerio Alessandro Cassetta

Era la notte del 14-1-1996, si giocava il posti-cipo della XVII giornata di serie A. Una Lazio in crisi ospitava il Torino. I grana-ta avevano trovato il gol del vantaggio a neanche

dieci minuti dal termine e si prospettava l’ennesima delusione per il pubblico laziale. Invece al 92’ l’arbitro decreta prima un calcio di rigore per i biancocelesti, poi corretto in punizione dal guardialinee. Sulla palla va un ragazzo all’esordio in A: Alessandro Iannuzzi, entrato in campo a metà della ripresa. Il giovane non avrebbe mai sognato un esordio simile con la sua squadra del cuore e invece il pallone calciato prende una traiettoria imparabile che fa impazzire di gioia i tifosi e soprattutto Alessandro, che corre a festeg-giare sotto la curva Nord con il fratellino che faceva il raccattapalle quel giorno. La carriera di Iannuzzi però non fu fortunata come il suo esordio, costellata di infortuni che non gli permisero mai di dimostrare realmente il suo valore.

Libor Kozak ha prolungato di altri 2 anni il suo contratto che già lo vedeva lega-to con la società biancoceleste fino al 2013. Ora resterà alla Lazio almeno fino al 30 giugno 2015. Pare che i termini del rinnovo fossero già stati trattati ed ac-cordati da tempo, addirittura già dopo Fiorentina-Lazio del girone d’andata, vinta 2-1 dai biancocelesti grazie proprio ad una zampata del centravanti ceco. Un giusto riconoscimento ad un atleta che si sta mostrando un professionista di un’umiltà più unica che rara, sempre si-lenzioso fuori dal campo e spesso decisi-vo quando viene chiamato sul rettango-lo verde, tanto da meritarsi le attenzioni del tecnico della nazionale maggiore ceca. Libor deve continuare a lavorare duramente e seriamente per migliorare

ed affinare i suoi colpi, senza dare attenzioni alle ingiuste critiche che gli sono state mosse dopo Milan-Lazio. Un plauso va anche alla società che stavolta si è mossa in anticipo ed ha blindato un suo potenziale patrimonio opponendosi anche alla cessione in prestito nel mercato di gennaio. In lui i tifosi vedono il centravanti del presente e del futuro con un occhio al passato, ricorda nelle movenze un idolo indiscusso come Giorgio Chinaglia. AVANTI PENNELLONE NOSTRO!!!!!!!!

Nel primo anno della gestione Lotito, arrivò in Ita-lia un difensore argentino che forse qualche tifoso laziale avrebbe volentieri fatto a meno di veder gio-care all’Olimpico. Si tratta di Matias Lequi, che è da pochissimo stato tesserato dal Las Palmas, squadra della Segunda Division spagnola, l’italiana Serie B. Lequi inizia la sua carriera nelle giovanili della squa-dra della sua città natale, il Rosario Central, per poi passare al River Plate, squadra con cui vince due tornei Clausura consecutivi. Nel 2003 si trasferisce in Europa all’Atletico Madrid, diventando uno dei pi-lastri della squadra. È a questo punto, nella stagione 2004/2005, che Lequi viene acquistato dalla Lazio. A Roma però, l’argentino farà solo da compar-sa, e nelle sue poche apparizioni non dimostrererà mai di essere all’altezza della serie A. Nel 2005 viene quindi ceduto in prestito al Celta Vigo, dove tutto sommato ben si comporta mettendo a segno anche due reti. Visto il suo buon rendimento, durante la sessione estiva del calciomercato il Celta Vigo lo riscatta e gli offre un contratto di quattro anni. Ma a causa della retrocessione in Segunda Division e ai problemi societari del Celta, il contratto di Lequi viene annullato nell’ago-sto del 2008. Rimasto svincolato, nei mesi successivi Lequi continua ad allenarsi da solo, fino a che nel calciomercato estivo del 2009 passa ai greci dell’Iraklis. Ed ora di nuovo a casa, nella sua Spagna, dove forse tornerà ad esprimersi ai tempi di Madrid.

un TalenTOineSPlOSO

l’arieTe CeCOPrOlunga

FinO al 2015

leQui riCOMinCia Dal laS PalMaS

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La sconfitta nel der-by ha messo tutti sul banco degli imputati. I tifosi non hanno di-

gerito la terza debacle sta-gionale contro la Roma, così sono arrivate le critiche ed i fischi per la società e gioca-tori, ma soprattutto all’indi-rizzo dell’allenatore Edy Reja. Sarebbe ingiusto e ingenero-so ritenere l’allenatore friu-lano l’unico capro espiatorio cui addossare tutte le colpe della disfatta contro la Roma, infatti le responsabilità van-no divise equamente, nessu-

Quella che stiamo vi-vendo in questo pe-riodo, è una situa-zione un po’ strana.

Nonostante la Lazio sia sopra la Roma praticamente da ini-zio campionato, non sembra che tutti se ne siano accorti. D’altronde noi siamo diversi da loro. Innanzitutto non ci esaltiamo, non diciamo di vin-cere tutto, non giustifichiamo i nostri beniamini qualunque cosa essi facciano, come spes-so capita di fare a loro. È vero però, che noi siamo inconten-

e tornare al successo, rega-landoci, inoltre, uno Zarate in grande spolvero, quasi ritro-vato. Se è vero che una sconfit-ta, pur nel derby, non può e non deve pregiudicare una stagione nel complesso posi-tiva, come quella della Lazio, tuttavia, è altrettanto vero che non è con una singola vittoria, per di più sofferta, che si riconquista l’affetto, la fiducia ed il rispetto dei tifosi, giustamente amareggiati. La Lazio si deve riscattare: l’unico modo per farlo, oltre a

dei nostri giocatori, dato che in questa stagione la Lazio ha perso punti con squadre decisamente alla nostra por-tata. Tuttavia un appunto va comunque fatto a mister Reja. Su di lui pesano inevitabilmen-te i quattro derby persi, al di là delle irregolarità che ormai sembrano essere una costante nelle stracittadine. Dai rigori negati a noi a quelli regalati a loro, fino ai laser puntati ne-gli occhi di Muslera. Infine, un appello che sento di dover fare è rivolto ai nostri tifosi. È im-

no escluso. Nella partita del riscatto, la più attesa della stagione per riequilibrare la supremazia cittadina, ci aspettavamo una Lazio di-versa, combattiva, audace e battagliera, invece abbiamo riscontrato la solita pau-ra che da due anni a questa parte caratterizza e blocca la squadra nelle stracittadine. Dopo il derby era importante mettere da parte la delusione ed i malumori, tornando subi-to alla vittoria. E così è stato. La partita col Cesena è servita per ripartire

tabili. Non dimentichiamoci che l’anno scorso lottavamo per non retrocedere e che forse quest’anno, anche per questo, la squadra non è ancora pron-ta ad arrivare a certi traguar-di. Forse a volte però, nono-stante potesse andare meglio, le critiche verso Reja mi sono sembrate davvero eccessive. La crescita della squadra è stata improvvisa e quando si passa dalla retrocessione al vertice, la pressione è tanta ed è difficile da gestire. Le col-pe di questo calo, sono anche

tentare di agguantare il quar-to posto valevole per l’Europa, è quello di finire il campiona-to sopra la Roma, solo così sarà possibile una riappaci-ficazione totale tra squadra e tifosi. La Champions League è a portata di mano e la squa-dra ha tutte la carte in regola per provare a raggiungerla. Mancano poche partite alla fine del campionato e la Lazio deve reagire, guardare avanti e continuare a testa alta la sua marcia verso l’Europa che conta.

portante criticare, ma bisogna sempre essere uniti. È dovero-so stare vicino alla maglia e al simbolo. La Lazio è ancora in piena corsa per l’Europa e con l’apporto della gente laziale può davvero centrare un gran-de obiettivo. Per esprimere il proprio dissenso ci sarà modo di farlo quest’estate. Biso-gna lottare tutti per un unico obiettivo. Spingiamo la nostra Lazio verso la Champions. Ah, un’ultima cosa: secondo voi è meglio andare a favore di Ta-gliavento o controvento?

LazIo, gUarda avantI e corrI verso L’eUropa

vIcInI aLLa sqUadra nonostante tUtto

STORIE DI LAZIO

LA STOCCATA PUNGENTE

L’angolo di Furio Focolari

L’angolo di Stefano Pantano

Dimentichiamo il derby e prepariamoci per lo

sprint finale“ “

Restiamo uniti fino alla fine per centrare

il traguardo della Champions“

Giornalista sportivo, da sempre vicino alla Lazio,è capo ufficio stampa della Puma

Campione di scherma,da sempre tifoso della Lazio“

Page 8: Lazialita APRILE 2011

aprile 2011 17{lazialiTà Village}

MauriziO neri. “i laziali SOnO uniCi”

Vi ricordate Maurizio Neri? Uno dei ber-sagli preferiti di Paul Gascoigne. Uno dei giocatori maggiormente bersaglia-to dagli scherzi di Gazza. E soprattutto uno degli esterni del calcio italiano che potevano dare di più. Anche con la ma-glia della Lazio. Il presidente Calleri lo definì un “Lentini, con più tecnica”, ma nei suoi due anni alla Lazio, il capelluto esterno destro non riuscì a mettersi in evidenza, segnando solo un gol, in una gara di coppa Italia (forse la migliore giocata proprio da Gazza con la ma-glia della Lazio), contro il Torino. Oggi Maurizio Neri sta provando a iniziare la carriera da allenatore. Dal Luglio 2010 siede sulla panchina del Real Rimini. Una realtà in cerca di sviluppo. Proprio come lui. “E’una nuova realtà – ha detto ai nostri microfoni - sono tutti ragazzi giovani e interessanti, hanno molta vo-

glia di emergere ed io sto cercando di insegnare loro la voglia di fare gruppo la voglia di amare il calcio come si fa-ceva una volta”. I ricordi dell’esperienza romana sono ancora intensi. “Dire cosa successe è difficile da decifrare, perché io arrivai alla Lazio richiesto dall’allora Presidente Calleri, mio grande estima-tore, poi una volta giunto mi trovai chiuso da giocatori come Fuser e poi Gazza. Potevo fare di più, ma non è stata un’esperienza negativa. Ricordo che nel periodo della preparazione gio-cai delle gare straordinarie, poi durante il campionato non andò ugualmente bene”. C’è un ricordo che rimarrà per lui indelebile. “Il boato della nord durante i derby. Un’emozione che non puoi de-scrivere. Ti rimane un segno indelebile per tutta la vita. I tifosi della Lazio sono unici, fantastici”.

Karl Heinz Riedle, attaccante dei primi anni 90 della Lazio, è rimasto nel cuore dei ti-fosi biancocelesti. Rimase a Roma dal 1990 al 1993 collezionando 30 goal in 84 presenze. Lasciata Lazio va al Borussia Dortmund, con cui vince tutto, e poi in Inghil-terra, prima al Liverpool e

poi al Fulham. Nell’anno trascorso con la squadra londinese gli viene affidata addirittura la panchina in corso di stagione dopo l’esonero del vecchio allenatore. Appesi gli scarpini al chiodo però non ha abbandonato il mondo del calcio. Infatti è sta-to prima direttore sportivo del Grassoppher di Zurigo e poi ha fondato un’agenzia professionale, la Trustar AG. Possiede una scuola calcio a Oberstaufen chiamata “Kalle Riedle soccer aca-demy”. La passione per lo sport lo ha portato perfino all’apertu-ra di un fitness hotel dove gli ospiti sono quasi esclusivamente tutti appartenenti a club di calcio professionistico.

il laziale TeuTOniCO

El Cholo Simeone si racconta nella trasmissione “I signori del calcio”. Parla della sua intera carriera e quando cita la Lazio si vede che è emozionato. La squadra biancoceleste gli è rimasta nel cuore, così come lui è rimasto un idolo per i tifosi laziali. “I 4 anni più belli della mia vita”-così inizia a parlare della Lazio. “Non volevo andare via dall’Inter, feci di tutto per non lasciare i nerazzurri ma le cose andarono così ed ebbi, dunque, la pos-sibilità di vivere i miei migliori anni a Roma. La gente mi accettò sin dal primo momento, mi accolse alla grande. Voglio bene davvero ai tifosi la-ziali. In quegli anni riuscimmo a vincere praticamente tutto e lo Scudetto del 2000 fu il momento più importante della mia carriera. Disputammo una grandissima stagione, arrivando anche fino ai quarti di Champions, a Valencia la sconfitta fu incredibile. Avevamo una squadra fortissima, ricca di campioni, siamo riusciti a cambiare la storia del calcio in Ita-lia: in quegli anni vincevano sempre Juve e Milan”. L’emozione si sente nella sua voce quando racconta quel fantastico anno: “Se lo racconto a mio figlio non mi crede…(ride, ndr). E’ stato un momento determinan-

te, ricordo che non giocavo molto. Quando andammo a Piacenza entrai nel secondo tempo e feci gol. Nelle ulti-me giornate risultai ancora decisivo, soprattutto a Tori-no, che è stato il momen-to della svolta. Eravamo 6 punti sotto alla Juve, riu-scimmo a fare il colpo. Era-vamo una squadra con tanto carattere, andammo a Torino ribaltando le gerarchie di quel campionato. Che Golasso che segnai! Sebastian aveva ed ha un piede stupendo, l’inserimento era una delle mie caratteristiche: riusciii a colpirla benissimo di testa, fu uno dei gol più importanti della mia carriera”. Ora il suo carattere lo trasmette con la stessa carica dalla panchina. Buona fortuna Cholo e magari un giorno...

alla laziO i Miei anni Più Belli

l’OlanDeSe VOlanTeIl centrocampista del Suriname, naturalizzato olandese, era un motorino del centrocampo laziale nella prima metà degli anni 90. Arrivato per sostituire Gascoigne, divenne un perno della squadra di Dino Zoff. Nonostante le accuse di razzismo che ricadevano sulla curva Nord, il giocatore non ha mai avuto problemi con la tifoseria diventandone presto uno dei be-niamini. Lasciata la Lazio va a Milano, sponda nerazzurra. Torna in patria per concludere la sua carriera nella squadra in cui era cresciuto calcisticamente: l’Ajax. Si ritira nel 2003 e inizia la carriera di allenatore. Nel club dei lancieri di Amsterdam allena le giovanili per tre anni. Dopo una breve parentesi come commentatore nei recenti Mondiali in Sud Africa per un quotidiano olandese, riesce finalmente ad ottenere un incarico di buon prestigio nella Major League Soccer negli Stati Uniti. Infatti viene chiamato insieme al compagno nell’Inter Jurgen Klinsmann sulla panchina del Toronto Fc.

Nestor Sensini (12-10-1966) e Gustavo Abel Dezotti (14-02-1964) seppur in epoche diverse e con un’incidenza di-versa, sono tra i giocatori sudamericani che sono rimasti nella memoria dei tifosi biancocelesti. Oggi tutte e due gli argen-tini sono rientrati in patria e lavorano, seppur con compiti diversi, (Sensini al-lenatore, Dezotti direttore sportivo) per il Newell’s Old Boys, squadra della città di Rosario.

un PezzO Di laziO a rOSariO

Page 9: Lazialita APRILE 2011

1 - può una partita persa, come il derby, mettere in bilico la posizione di reja?

“No, perché non sarebbe giu-sto mettere in discussione la figura di un allenatore che nel complesso ha svolto bene il suo lavoro. E’ chiaro che perdere il der-by non fa piacere e chi vive a Roma lo sa benissimo, ma il lavoro di un tecnico e il giudi-zio sulla squadra devono an-dare oltre. Conta quello che la squadra è stata in grado di fare dall’inizio del campiona-to”.

2 - alla luce di quanto fatto da reja, si sente di confermalo o sa-rebbe meglio cercare un sostituto?

“Ritengo che la Lazio sia una delle prime sei/sette squadre d’Italia, quindi se rientra in questi posti Reja va benissi-mo”.

3 - considerando il rapporto tra zarate e reja, qualora il tecni-co friulano restasse, sarebbe meglio cedere l’attaccante o conti-nuare ad aspettarlo?

“Credo che in un campionato più equilibrato e, sicuramen-te, involuto dal punto di vista tecnico come questo la Lazio merita il posto che occupa. D’altronde è dall’inizio del campionato che è lassù e quindi non può essere con-siderata nè una meteora, nè una squadra che è arrivata in alto per colpe altrui”.

7 - quale è il modu-lo più adatto a questa squadra?

“Il modulo si sceglie in base alle caratteristiche dei gio-catori. Non è il modulo che forma i giocatori, ma esatta-mente il contrario. Personalmente, sceglierei un 4–2–3–1 con esterni Zarate e Sculli”.

8 - La Lazio ha per-so gli ultimi cinque derby, di cui quattro con reja allenatore. L’approccio sbagliato alla gara dipende dal mister e dalla sua ca-pacità di motivare gli atlteti o, esclusiva-mente, dai giocatori?

“Credo che questo tipo di partite, al di là dell’apporto che può dare l’allenatore, di-

“No, ritengo che Zarate abbia disputato un ottimo primo anno e due abbastanza male, forse il suo è un problema di ambientamento, sarebbe me-glio per lui cambiare aria”.

4 - quale è il ruolo di zarate?

“E’ un esterno d’attacco, non da 4–4–2, ma da 4–3–3. Pro-babilmente un modulo con tre punte gli permetterebbe di dare il meglio di se ed esal-terebbe le sue qualità”.

5 - quale è il vero za-rate?

“Il vero Zarate è sicuramen-te quello del primo anno, ma deve migliorare in alcuni aspetti. Soprattutto nella fase difen-siva e nel modo di giocare insieme alla squadra. Aspetti che nel calcio moderno sono assolutamente fondamentali”.

6 - La Lazio sta dispu-tando una stagione positiva. La posizione raggiunta in alta clas-sifica è merito della squadra o del medio-cre e altalenante li-vello di questo cam-pionato?

massimo pisceddadi Valerio Alessandro Cassetta Massimo Piscedda è nato calcisticamente

nelle giovanili della Lazio, squadra con la quale ha esordito in serie A.

Ha fatto parte della squadra del meno nove ed oggi è un tecnico delle nazionali giovanili

pendano esclusivamente dal carattere e dall’approccio dei giocatori”.

9 - quanto si sente la mancanza di giocatori laziali all’interno dello spogliatoio?

“La presenza di giocatori nati nella Lazio e romani ormai è un’utopia, rimane il fatto che nell’ultimo derby c’erano quindici stranieri in campo e questo la dice lunga. E’ chiaro che i derby vengono sentiti meno da un punto di vista del coinvolgimento generale rispetto a quanto accadeva ai nostri tempi”.

10 - mercato: è stato soddisfatto del mer-cato di gennaio? pen-sa che la Lazio debba intervenire anche nel-la sessione estiva?

“Ritengo che Sculli sia un buon giocatore, ma è arrivato con condizioni fisiche carenti. Tuttavia, credo che la Lazio si sia rinforzata prendendo un giocatore di valore che mi è sempre piaciuto. Di solito quando si fa il mer-cato lo si fa per migliorare la squadra, speriamo che lo fac-cia anche questa estate”.

“Il derby non può cancellare Il lavoro dI reja”

Page 10: Lazialita APRILE 2011

Lo sapevate che anche in Italia esisteva un torneo per i giovani e per i giocatori poco utilizzati in prima squadra e che la Lazio ne è stata Campione D’Italia? Eb-bene si, era denominato Campionato “De Martino” era un torneo calcistico istituito per la prima volta nella stagione 1958-1959 dalla Lega Nazionale Professionisti. In origine era un torneo riservato alle squadre di serie A, in cui le stesse potevano uti-lizzare i giocatori di riserva scarsamente impiegati in prima squadra o titolari reduci da infortuni e bisognosi di riprendere il ritmo partita. Era inoltre l’occasione per i migliori giovani del vivaio per mettersi in mostra. Il torneo venne aperto in un secondo tempo anche alla serie B e C ma per soli tre anni, la Lazio vi si impose per la prima volta nel campionato di B 1967-1968. A tutti e tre i tornei veniva assegnato un titolo, ma i costi di gestione risultavano elevati e per questo motivo si decise per la soppressione del torneo che vide la sua ultima edizione nella stagione 1970-1971 quando, proprio la SS LAZIO, ne divenne Campione D’Italia. Dopo un anno di pausa nella stagione 1972-1973 viene istituito un nuovo torneo, denominato “Campionato Riserve”, e successivamente una nuova competizione, denominata “Campionato Under 23”, che restò in vita fino alla stagione 1975-1976. Il Campionato “De Martino” comunque era un torneo pre-stigioso, tanto da assegnare il titolo di Campione D’Italia, nelle diverse serie cadette. I migliori club hanno dato lustro al “De Martino” e ciò viene confermato dalla presenza e dalle vittorie di Squadre, come di seguito riportate: Inter con 6 titoli,Milan 2 titoli, Juventus, Fiorentina, Bologna, Spal, Modena, Hellas Verona, Cesena e Lazio con 1 titolo per il torneo di serie A, 2 vittorie per Brescia, Genoa, Lecco, 1 vittoria per Padova, Sam-pdoria e Lazio nel torneo di serie B, 1 vittoria Perugia,Maceratese e Udinese nel torneo di serie C. Se ad oggi fosse riproposto il Campionato “De Martino” non ci sarebbero da studiare formule fantascientifiche, in Inghilterra e non solo hanno il loro doppio campionato ove giovani promettenti e giocatori fuori rosa o da riabilitare trovano spazio, con risultati a dir poco eccellenti,dando continuità alla loro crescita sportiva sino al debutto in prima squadra. Di ciò ne gioverebbe anche la nostra Nazionale, che avrebbe l’opportunità di scoprire nuovi giocatori, visto che i nostri giovani Italiani, hanno sempre meno spazio al cospetto dei loro coetanei stranieri.

e Se TOrnaSSe il CaMPiOnaTO De MarTinO?

Dario Falchi

luigi POlenTeS DiViSO Tra CalCiO e BuOn VinO

aprile 2011 19{lazialiTà Village}

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Federico Terenzi

Luigi Polentes stopper diligente che ha partecipato alla truppa di Maestrelli e della Lazio scudettata del 1974, 111 presenze con la casacca biancoceleste un Campionato e una Coppa delle Alpi il suo palmares. Vive nella sua città natale Vittorio Veneto in provinca di Treviso.Mi conferma che lei è un operatore vinicolo?“Sì quando ero calciatore ho compra-to un pezzo di terra e l’ho trasformato in un vigneto, porto l’uva in cantina. Qui a Vittorio Veneto abbiamo una buona cantina, la col-tivo tutt’ora e anche quando lavoravo la coltivavo a tempo perso”Con chi ha legato maggiormente quando è arrivato alla Lazio?“Ma mi trovavo bene con tutti, dai massaggiatori ai miei compagni, potrei dire forse più con Oddi e Frustalupi”Qual è il ricordo più bello della sua esperienza alla Lazio?“Sicuramente quando mi hanno detto che sarei arrivato a giocare a Roma con la Lazio, quello era il massimo per me, è stato davvero un bel traguardo, anche quando stavamo in serie B. Se devo scegliere uno dei momenti più belli fu quando segnai il mio unico goal con la Lazio contro il Verona, perché quella fu l’unica volta che mi vennero a vedere i miei amici e segnai addirittura un goal. Fu davvero una cosa bellissima”..Ho letto che ha fondato anche una squadra chiamata “Vecchie Stelle” vero?“Sì era il 1988”Segue la lazio oggi?“Certo, la seguo sempre sia alla radio che in televisione”.Ci può mandare qualche sua foto recente?“Preferisco ricordare il Polentes di allora…”

Page 11: Lazialita APRILE 2011

La Lazio non avrà sche-mi offensivi clamorosi, ma in queste ultime partite serve lo Zarate

del primo anno per provare a risalire al quarto posto o per-lomeno tenere la posizione che consente l’iscrizione alla prossima Europa League senza passare per i preliminari. L’argentino non segna da tempo, non gioca bene da tre mesi, non fa sognare i tifosi da un anno e mezzo quando aveva fatto stropicciare gli occhi di tutta Italia con gol da cineteca.

L’infelicità è un male sub-dolo. Si insinua nell’ani-ma e la devasta a poco a poco, silenziosamente. Il

primo sintomo è la nostalgia, quel sospiro che accompagna il ricordo di felicità passate che appaiono lontane, perse nel tempo, sbiadite. Poi pian piano ti scopri malinco-nico, con un peso sul cuore che ti opprime e cancella i colori dai tuoi sguardi sulle cose. Lentamente non ti diverti più, non sorridi, non vedi più quanto di bello accade perché dentro di te è tutto grigio, come una fredda giornata di pioggia d’in-

agendo nella zona centrale dell’attacco. Poi i gol ravvicinati a Inter e Juve avevano illuso tutti, sem-brava tornato ai suoi livelli in una posizione più avanzata, più vicino alla porta avversa-ria. Dopo la sosta natalizia, però, una lenta e inesorabile involu-zione, qualche esclusione ec-cellente e la prova deludente contro la Roma, a confermare che lo Zarate del primo anno non si riesce più a rivedere. Reja, quindi, sta pensando di rilanciare il giocatore più fan-

insieme ai nostri “eroi” che si chia-mavano Surro, Mario Piga, Capoc-chiano, Avagliano, Vertova, Zuc-chini e via così. Le nostre battaglie erano contro le invincibili armate della Cavese, del Campobasso, del Taranto, della Sambenedettese.La causa di questa malattia non può essere Lotito, o almeno non sol-tanto. Non può essere un uomo solo ad aver narcotizzato le nostre emo-zioni, ad aver gettato nel buio della notte la nostra storia, ad averci ru-bato la felicità. Se vogliamo vince-re i nostri nemici, dobbiamo prima cercare e combattere il nemico che è

La ricerca dello Zarate perduto non sembra finire più, tanto che ora Reja sta pensando di riportarlo al centro dell’attac-co. Una novità clamorosa che il tecnico goriziano prepara per rilanciare il talento argentino e trovare soluzioni offensive alternative in questo finale di stagione dove sarà fonda-mentale ritrovare i gol pesanti degli attaccanti biancocelesti. Contro il Napoli, un girone fa, mandò in crisi la difesa di Mazzarri giocando una delle sue migliori partite proprio

verno. Questa è la malattia di cui siamo affetti noi laziali, l’Infelicità.Ne soffriamo in forma acuta e one-stamente non saprei dire perché. Nella nostra storia abbiamo vissu-to momenti straordinari, eccitanti, vincenti, ma abbiamo vissuto tan-ti momenti tristi, anni bui, storie amare, molto più di quelle che il presente ci propone. Eppure, è para-dossale dirlo, ma in quei tempi così difficili eravamo fieri ed orgoglio-si, felici della nostra semplicità, del nostro avere poco che ci sembrava moltissimo. Andavamo allo stadio colorati e “cattivi” per combattere

tasioso del suo attacco dopo le pesanti critiche ricevute per una squadra che non convince dal punto di vista offensivo. È un passaggio chiave della carriera biancoceleste di Mau-rito, che deve dare segni di ri-sveglio reali per non finire sul mercato nel prossimo giugno. Del resto non è possibile che sia fermo a quota quattro gol in quella che sarebbe dovuto essere la stagione del rilancio: la Lazio ha bisogno dei suoi guizzi per superare lo choc del derby e continuare a pensare in grande.

dentro ognuno di noi e che ci divide. Dobbiamo ritrovare la nostra unità, che era la nostra forza e per trovarla non possiamo che partire da quanto ci accomuna, il nostro amore per la Lazio. Dobbiamo confrontarci tra di noi non dimenticando di essere tutti laziali, dobbiamo lottare contro chi ci disonora, chi ci deride, chi ci man-ca di rispetto e dobbiamo farlo uni-ti. Dobbiamo cercare dove abbiamo nascosto la nostra felicità perduta, per riuscire a sorridere e a vedere la realtà nei suoi colori e chiudere l’ombrello quando usciamo di casa e fuori c’è il sole.

rItrovIamo IL vero zarate

aLLa rIcerca deLLa feLIcItà perdUta

TEMPO DA LAZIALI

GENTE LAZIALE

L’angolo di Luigi Salomone

L’angolo di Sandro Di Loreto

Dalla sosta natalizia in poisi è smarrito il talento dell’argentino.

Urge ritrovarlo presto

L’infelicità è la malattia che affligge i tifosi della Lazio.

Anche nei momenti difficili eravamo uniti, ma ora...

“ “ Giornalista, scrittore e opinionistain trasmissioni Radio e TV

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aprile 2011 21{lazialiTà Village}

Sembra che piano piano e dopo tanto tribola-re la famiglia Sandri stia ottenendo la giustizia che merita e che le istituzioni le devono ricono-scere. E’ arrivato l’ok definitivo per l’affissione della targa commemorativa a Gabriele Sandri nel parcheggio della stazione dell’autogrill di Badia Alpino.Finalmente, dopo tanta ed inutile burocrazia e

dopo l’ennesimo appello rivolto da Giorgio San-dri ai politici, è arrivato l’ok prima dal Comune di Badia Alpino che ha concesso il nulla osta e poi quello della prefettura.Ricordiamo che pochi mesi fa, esattamente il 01 dicembre 2010, la Corte d’Assise d’Appel-lo di Firenze ha condannato il poliziotto Luigi Spaccarotella a 9 anni e 4 mesi di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale, una sentenza che ha reso la meritata giustizia al povero Gabriele ed alla sua famiglia, che in-vece inizialmente, nella sentenza di primo gra-do, avevano dovuto subire anche l’atroce beffa di vedere condannato l’imputato a soli 6 anni di reclusione. La sentenza di secondo grado per fortuna ha corretto la prima ed ha riconciliato il senso di appartenenza ed anche di giustizia

della famiglia di Gabriele nei confronti del no-stro paese.In tutto questo va il nostro piu grande abbrac-cio ed elogio (e penso di parlare per tutti i tifosi, anzi, per tutti i padri d’Italia) a Giorgio Sandri, un uomo di una dignità e di una signorilità uni-ca, rarissima per i tempi nostri. Un padre che dopo essere stato lacerato dal dolore più grande, che è quello della morte di un figlio e soprattutto a quell’età ed in quel modo, non si è mai arreso di fronte alle ingiu-stizie subite, ha sempre lottato caparbiamente e senza mai perdere la speranza per quello che spettava a suo figlio ed alla sua famiglia, facen-dolo però sempre con esemplare compostezza e civiltà nonostante il dolore, con toni miti e pacati, con un’eleganza che non è più figlia dei giorni nostri.Un plauso va anche a tutti quei tifosi, laziali e non, che si sono mossi attivamente in questa vicenda, che hanno chiesto guistizia, che han-no raccolto firme per ricordare la memoria di Gabriele, che hanno cantato cori ed esposto striscioni e coreografie in onore di Gabbo.Continua a suonare la tua musica dall’alto Ga-briele, noi ti ascolteremo sempre........

FinalMenTe.....BaDia alPinO, OK Per la Targa a gaBriele SanDri

Il suo nome non evoca di certo buoni ricordi nei tifosi nerazzurri, anzi segna una delle pagine più nere del club di Milano, quel 5 maggio in un Olimpico di Roma pronto a festeggiare in un ab-braccio unico il primo tricolore dell’era Moratti. Il centrocampista ceco, una delle stelle più importanti della sto-ria del calcio nel suo paese, ci mise lo zampino con due gol e ruppe il sogno di una tifoseria, regalando alla Lazio di Zaccheroni una qualificazione all’allo-ra Coppa Uefa, aspetto che in quelle circostanze passò come inosservato alla maggior parte dei commentatori dell’epoca.Dopo quella partita, l’ex centrocampista destro classe 1972 decise di tor-nare in patria per giocare con la maglia dello Sparta Praga prima di ap-pendere i scarpini al chiodo nel 2007, dopo l’ultima esperienza della sua carriera con la maglia della Dynamo Ceske Budejovice, lo stesso club che lo aveva lanciato nel mondo del pallone. Così, dopo aver rifiutato la panchina della nazionale ceca offertagli nel momento del suo ritiro il biondo cen-trocampista ha deciso di lanciarsi in una nuova e affascinante avventura, divenendo proprietario proprio del suo ultimo club da giocatore. Sotto la sua guida la Dynamo Ceske, nata nel 1905, è riuscita a tornare nella prima divisione del calcio ceco, la Gambrinus Liga, e sta lottando con i denti e tutte le sue possibilità per restarci, con lo stesso spirito ed entusiasmo del suo presidente.

Karel POBOrSKy PreSiDenTeE sono 36. Con la vittoria conquistata nella gara contro il Cesena vinta per 1 a 0, la Lazio arriva a quota 36 punti ottenute nelle partite casalinghe. Davanti ai propri tifosi la squadra capitolina ha conqui-stato la maggior parte dei punti totali ottenuti. Un primato, quello della Lazio, da condividere solo con l’Inter di Leonardo.

La Supercoppa tra la vincitrice del campionato e quella che si aggiu-dicherà la Coppa Italia si disputerà il 6 agosto nello stadio nazionale di Pechino, il cosiddetto Nido d’Uccello. La prima Supercoppa si è disputata a Pechino nel 2009 quando, in una partita appassionante, la Lazio prevalse sull’Inter per 2 a 1, grazie ai goal di Matuzalem e Rocchi. In base all’accordo, tre delle prossime edizioni della Super-coppa si disputeranno in Cina.

all’OliMPiCO la laziO VOla

SuPerCOPPa iTaliana: a PeCHinO Per alTri Tre anni.

Valerio Alessandro Cassetta

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Ce l’ho con la squa-dra che m’ha fat-to male perché ha fatto ride la lupa

un’altra volta e questo nun se perdona. Non è tanto la sconfitta, che per carità, me rode dentro, ma per il modo come s’è avverata. Nun c’era niente della Lazio mia, nun c’era core, nun c’era senti-mento, nun c’era voja de ma-gnasse er monno e de nun chinà la testa davanti a loro. Nun è na capocciata ner fi-nale che fa l’omo tale. La voja, l’orgoglio annave-veno messi prima, quando la palla rotolava in mezzo ar campo senza senso, senza cattiveria, senza un sussulto de dignità e fierezza. Ma io, quanno volo che ve insegno? Mica sto lì per fav-ve divertì! Io volo perché voi voliate, volo per favve capì l’anima der laziale che nasce libero, che nasce fiero, che nasce co lo sguardo verso er cielo. Er volo mio è er volo de un’amore, è un patrimonio de ricordi, de sogni e de emo-zioni, che voi quanno scen-nete in campo dovete onorà. Se le gambe nun ve girano e la testa nun funziona è er core che ve deve batte den-tro ar petto. Per la paura nun c’è posto, sennò è mejo che lasciate perde. Ce l’ho co Reja, per carità un brav’omo, che nun sa mette

dall’amore che prova per se stesso, più forte de quello che c’ha per me. Te l’ho gia detto, Paoletto mio, se Lotito t’ha fatto male io nun centro niente, risol-vila con lui questa questio-ne. Dopo er derby l’hai fatti gode, t’hanno guardato e t’hanno riso dietro. A noi c’hanno riso n’ faccia. “Hai visto la bandiera vostra, come ve ama? E giù risate. Tu sei laziale e io lo so e nun poi dimenticà che li nemici, quelli veri, c’hanno la ma-jetta gialla e rossa, e almeno dopo er derby, le cose tue le dovevi mette da parte, te do-vevi magnà la lingua, pure se

er foco nelle vene de sti gio-catori smarriti e stralunati, che nun ha capito che a me de perde nun me frega niente se s’è lottato fino all’ultimo respiro, se ho messo sempre er petto in fuori, se c’è stata lotta se ho guardato quell’ar-tri dentro all’occhi e j’ho let-to la paura dentgro ar core. Ce l’ho co Lotito, che nun ha capito che er modo suo de fa er laziale nun me piace, che quanno era gennaio e stavo vicino a comannà er campio-nato, doveva apri la borsa e fa quarcosa che fosse più de Sculli, poro fijo. Ce l’ho co Di Canio, perché è accecato dalla rabbia e

avevi ragione, perché loro te stavano a guardà e stavano a gode.Ce l’ho co tutti quelli che raccontano la Lazio pe fas-se li cavoli loro, senza amo-re, senza comprensione, che nun je frega niente de divide la gente, basta che nell’orto loro cresce l’erba. Se riempiono la bocc a co la Lazio, ma della Lazio je frega proprio poco. Ma soprattutto ce l’ho con me che ancora c’ho voja de volà in mezzo a sto deserto, che ancora c’ho voja de lottà, de cambià le cose. Ce l’ho con me che ancora t’amo, Lazio mia.

oggI ce L’ho co’ tUttItranne che co’ La gente

L’angolo di Olympia

Ce l’ho con la squadra, con Reja, con Lotito, con Di Canio

e con chi rompe le scatole“

Il nostro amato simboloscrive per Lazialità

OCCHIO D’AQUILA

Ce l’ho con me che c’ho ancora voglia di lottare e di amare la Lazio

Page 14: Lazialita APRILE 2011

Un altro dei ragazzi scudettati di mister Eriksson, ha deciso di prendere gli insegnamenti dell’alle-natore svedese e di provare a calcarne le orme del successo dalla panchina. Dopo Mancini, Miha-jlovic, Simeone e Sensini più un Simone Inzaghi all’inizio della sua gavetta partendo dagli Allievi biancocelesti, anche il portoghese Sergio Conceiçao, appesi gli scarpini al chiodo, ha indossato le vesti di allenatore, anche se per ora nella funzione di vice. Terminata la sua carriera con la maglia del club greco del Paok Salonicco, il centrocampista destro originario di Coimbra ha trovato un accordo con il club belga dello Standard Liegi, nelle fila delle quali aveva militato dalla stagione 2004 a quella del 2007 con ottimi risultati e lasciando un ricordo positivo a club e tifosi, aspetto che gli ha permesso di ritornare nella Jupiler League come vice allenatore dell’italo belga Dominique D’Onofrio, un’esperienza importante anche dopo i pochi mesi da direttore tecnico del Paok. Un inizio di carriera come allenatore in seconda che in questa prima occasione non ha raggiunto sicuramente quelli che erano gli obiettivi prefissati ad inizio stagione, vista la posizione in classifica della squadra di Liegi, molto distanziata dagli avversari storici dell’Anderlecht e in piena bagarre per una qualificazione alle coppe europee. Di sicuro però una palestra importante per l’ex centrocampista classe 1974, sempre un beniamino nel cuore dei tifosi biancocelesti.

SergiO COnCeiCaO Sulla PanCHina DellO STanDarD

aprile 2011 23{lazialiTà Village}

Dopo le sonore sconfitte inflitte alla Roma agli ottavi di Champions League, Mircea Lucescu ha piacevolmente sopreso i tifosi laziali an-cora una volta. In un’intervista ha detto che al derby avrebbe tifato Lazio, vista la presenza nella squadra biancoceleste di Francelino Matuzalem, suo pupillo, e di Stefan Radu, suo connazionale.

luCeSCu e il DerBy

Valerio Alessandro Cassetta

Squalificato per due giornate nel campionato Primavera ed inutilizzabile da Mister Bollini, Ceccarelli è stato convocato da Reja per la partita Lazio – Cesena. Il fantasista, alla prima convocazione in prima squadra, ha indossato la maglia numero 92, senza però scendere in campo. Tommaso quest’anno ha realizzato quattro goal nell’ultimo torneo di Viareggio.

CeCCarelli, QuanDO i CarTellini rOSSiFannO COMODO..

BreSCia - laziO: QuanTi ex!In occasione della par-tita di campionato da Brescia e Lazio, guar-dando le formazioni era possibile notare quanti fossero gli ex laziali nel-le fila delle rondinelle e quanti gli ex bresciani agli ordini di Reja. Da una parte c’erano Se-reni e Filippini, dall’altra Muari, Sculli, Del Nero e Matuzalem.

E’ Reja il miglior allenatore dell’an-no secondo i giornalisti dell’Asso-ciazione Stampa Estera, che l’han-no messo sul podio in compagnia del romanista De Rossi (miglior italiano insieme alla campiones-sa di nuoto Federica Pellegrini), dell’ex arbitro Pierluigi Collina (premio alla carriera) e dell’olan-dese Wesley Snejider (miglior stra-niero).

reJa, MigliOr TeCniCOPer la STaMPa eSTera

Gino Policella

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1 - 14 maggio del 2000. allo stato renato curi si gioca perugia - ju-ventus, ultima giornata di campionato. cosa ri-corda di quel giorno?“Fu un giorno veramente parti-colare, davvero incredibile. Una partita davvero speciale, non era mai successa una cosa si-mile. Un campionato assegnato oltre il 90’”.

2 - ci racconta come andò quella famosa partita sotto la piog-gia?“Fu una partita davvero strana, pioveva a dirotto. Tra il primo e il secondo tempo passò ad-dirittura un’ora e un quarto. Se fosse stata un’altra partita pro-babilmente l’avrebbero riman-data, ma visto che si decideva il campionato ci dissero che era meglio giocarla per evitare complicazioni”.

3 - che cosa ha provato nel momento in cui ha realizzato il gol dell’1-0?“Fu una sensazione davvero strana. Che poi, tra l’altro, io sono juventino. Tifavo la Juve sin da piccolo e Scirea era il mio giocatore preferito. Quel gol fu proprio un segno del destino, un mezzo miracolo”.

4 - si è reso conto, ma-gari ripensandoci ne-

“Diciamo che Collina insisteva per andare avanti pur non sa-pendo bene cosa dovesse fare, mentre la Juve faceva un po’ di resistenza. Forse sapevano che se avessimo giocato in condi-zioni normali le cose sarebbero andate diversamente. Ma nel calcio non si può mai parlare con il “senno di poi”. Probabil-mente doveva andare così”.

7 - da allenatore, nella scorsa stagione lei ha conquistato la promo-zione in serie b con il portogruaro, raggiun-gendo un traguardo storico, che emozioni ha provato?“Mi sono trovato benissimo in quella società perché ho avuto la possibilità di lavorare sen-za pressioni. Ho sviluppato un gioco semplice, ma efficace che ha permesso di raggiungere risultati impensabili ad inizio stagione. A livello professionale è stata una grande gioia anche per il calore e l’affetto che i ti-fosi mi hanno dimostrato”.

8 - ora lei è al padova. secondo lei è azzarda-to sognare un posto nei playoff?“Questo Padova è molto ambi-zioso e potremmo anche arri-vare ai Playoff, ma quando la realtà diventa più importante e la società più ambiziosa cre-

gli anni seguenti, che quel gol realizzato alla juventus ha segnato la storia della Lazio?

“Se non subito, dopo poco tem-po ho capito davvero cosa aves-se significato quello che avevo fatto. Grazie a me la Lazio vinse quello scudetto, che tutto som-mato, al di là delle polemiche che ci furono, aveva meritato di vincere”.

5 - sa che quel giorno del 14 maggio lei si è conquistato la stima e la riconoscenza eterna dei tifosi biancocelesti?“Mi è capitato di diventare in-consapevolmente un punto di riferimento per molti tifosi la-ziali, che spesso mi hanno fer-mato per ringraziarmi, anche senza aver mai indossato la ma-glia biancoceleste. È sempre una sensazione speciale. L’altra sera ad esempio, ero in un ristorante di Vicenza, che non c’entra pro-prio niente con la Lazio, eppure un signore mi ha fermato. Si è quasi messo in ginocchio e mi ha ringraziato mille volte per quel gol alla Juventus”.

6 - si dice che colli-na insistesse perché si giocasse la partita no-nostante la pioggia e le resistenze della juve. È vero?

alessandro caloridi Edoardo Mazzoli

Alessandro Calori, ex difensore di molte squadre tra cui Udinese e Perugia. È stato l’autore del gol storico che consegnò lo scudetto

alla società biancoceleste il 14 maggio del 2000.

scono anche le aspettative e le pressioni. Il lavoro diventa più difficile perché si guardano i ri-sultati e meno il gioco. Cerche-remo di regalare questo sogno ai nostri tifosi. Paragonerei la promozione in Serie A con il Pa-dova al miracolo compiuto con il Portogruaro”.

9 - Lei ha giocato in molto squadre di serie a ed ha avuto molte guide illustri, qual è il suo credo da allenato-re?“Nonostante io sia stato un difensore, a me piace mettere in atto un calcio offensivo. La gente si deve divertire e deve vedere una squadra che gio-ca bene. Pertanto la mia idea di base è far giocare bene la squadra. Purtroppo però oggi si guardano soprattutto i risultati e quindi bisogna anche vincere. In ogni caso credo che se gio-chi bene i risultati prima o poi arrivino”.

10 - chiusura sulla La-zio. dove crede possa arrivare la squadra di reja?“La Lazio sta facendo molto bene. È sicuramente una delle squadre più sorprendenti della stagione. Secondo me può arri-vare tranquillamente in Europa, chissà forse anche in Cham-pions League”.

“Quel Gol Fu un SeGno del deSTIno”

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PiCCOli allenaTOri CreSCOnOUltimo esponente della Lazio scudettata del 2000 a lasciare il club da giocatore, Simone Inzaghi è rimasto legato ai colori biancocelesti in virtù di un rapporto privilegiato con i tifosi, ma anche con il presidente Lotito. Quest’ultimo gli ha concesso le chiavi della panchina degli Allievi Regionali in attesa che l’ex attaccante classe 1976, completi il suo percorso tecnico a Coverciano per arrivare al patentino di allenatore delle serie maggiori. Un esperienza con i ragazzi classe 1995 che finora ha portato ad ottimi risultati in una categoria che nelle ultime stagioni non era mai stata molto positiva per la Lazio, con scarsi risultati e un ritardo quasi sempre abissale dalla Roma. Un’inversione di marcia prepotente propiziata dall’entusiasmo e dalla grande voglia di insegnare calcio dell’al-lenatore di Piacenza, finora secondo in classifica a soli quattro punti di distanza dai giallorossi. Un campionato di vertice a testimonianza dell’ottimo lavoro di Inzaghi jr e del suo staff, composto da elementi da anni nelle fila della società capitolina, da Ripert a Ioannilli per passare da Marsella all’ex accompagnatore della Primavera di Sesena, De Sanctis. Risultati positivi dovuti anche al contributo di alcuni giocatori che in questa stagione hanno evidenziato delle buone prospettive, anche se vista l’età è d’obbligo es-sere prudenti per non bruciarli prima del tempo; in difesa l’equilibrio è dato dal capitano Tommaso Mazzei, colosso fortissimo di testa e molto pericoloso quando si spinge in avanti, a centrocampo invece a coprire gli spazi ci pensa il tonico Lorenzo Pace, sempre al centro del gioco e fondamentale per la squadra; poi la fase offensiva affidata all’estro del figlio d’arte Rocco Giordano, molto tecnico e con un gran sinistro, mentre il compito di finalizzare il gioco della squadra spetta al bomber Cristiano Lombardi, attaccante con un gran fiuto per il gol.

Dopo un derby giocato con i nervi a fior di pelle, nell’incontro con il Cesena Matuzalem ha rifilato una gomitata all’indirizzo del cileno Jimenez. Oltre ad essere sottoposto alla prova televisiva con conseguente squalifica, la Lazio ha deciso di punire il gesto del brasiliano con una multa salatissima.

Il difensore Dias nel secondo tempo della sfida contro il Bari si strappa la maglia e la cambia, indossandone una nuova al contrario: il numero scompare. Il brasiliano aveva già cambiato una maglia per lo stesso motivo, ma essendo finite le scorte delle magliette con il suo nome, ha indos-sato la divisa di un compagno al contrario.

In occasione della partita tra Udinese e Cata-nia, sulle tribune dello stadio Friuli di Udine, è stato avvistato Edy Reja. La Lazio aveva giocato sabato 19 l’anticipo contro il Cesena e il giorno dopo l’Udinese avrebbe giocato contro il Catania, prossime avversarie della Lazio. Quale occasione migliore per tornare in terra natìa?

la laziO MulTa MaTuzaleM

DiaS Senza nuMerO reJa aVViSTaTO al Friuli

Ogni goal va festeggiato e Kozak sembra aver preso in parola questa frase. Tutte le volte che il centroavanti ceco va in rete è solito offrire da bere a tutta la squadra. Un’abitudine iniziata per caso, ma che, a causa dei goal segnati a raffica dall’ariete laziale, si è ripetuta più volte. Kozak, cin cin!

gOal e BrinDiSi

MeHMeT HeTeMaJ,CuOre laziale

Grintoso centrocampista finlandese dell’AlbinoLef-fe, Hetemaj è venuto “allo scoperto” rivelando la sua passione per la Lazio. In un’intervista rilasciata a Mauro Paloschi del sito bergamonews.it, Hetemaj ha parlato di sogni, spe-ranze e desideri. “Il mio sogno è, come per molti calciatori, quello di arriva-re a giocare in serie A un giorno. Magari nella La-zio, che è la mia squadra preferita” ha dichiarato il centrocampista.

aprile 2011 25{lazialiTà Village}

Gino Policella