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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 122 (48.446) Città del Vaticano sabato 30 maggio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +z!"!,!@!"! LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Intervista al cardinale Carlos Aguiar Retes Non più padroni della Terra di SILVINA PÉREZ «È indispensabile ricono- scere la responsabilità collettiva di fronte al mondo globalizzato, i cui effetti si ripercuotono sul resto dell’umani- tà». I segni dell’impatto economico che la pandemia di covid-19 sta la- sciando in tutto il continente ame- ricano sono motivo di grande preoccupazione per il cardinale Carlos Aguiar Retes, arcivescovo primate del Messico, come ha af- fermato in un’intervista a «L’Os- servatore Romano». In America Latina l’epidemia si è diffusa quasi due mesi dopo la conferma da par- te della Cina dell’esistenza del nuovo coronavirus (il primo caso positivo è stato registrato in Brasile il 26 febbraio) e l’evoluzione del contagio sta vivendo fasi differenti a seconda dei Paesi. Ogni governo sta adottando misure diverse per ri- durre l’impatto del covid-19 sul suo sistema sanitario e sulla sua econo- mia. Il Messico si sta avviando alla riapertura graduale delle sue attivi- tà sociali ed economiche, prevista per il 1° giugno, nonostante il tra- gico paradosso delle cifre che sono in costante crescita. La Chiesa ha compiuto grandi sforzi per coordi- nare le diverse iniziative di assi- stenza portate avanti nel Paese per aiutare i poveri delle aree urbane e rurali. Eminenza, in questo tempo segnato dalla crisi sanitaria mondiale si è Perché preghiamo durante una pandemia globale Da domani on line sul sito www.osservatoreromano.va Emergenze e leadership femminile su «Donne Chiesa Mondo» di giugno «Emergenze e leadership femmini- le» è il tema di «Donne Chiesa Mondo», il mensile de «L’Osserva- tore Romano», on line dal 31 maggio sul sito del nostro giornale (www.osservatoreromano.va). Nei momenti di crisi la rigidità dei ruoli viene meno e si scardina- no postazioni di potere e gerarchie. Ma dopo? Se ne parla in una inter- vista a due voci con i sociologi Chiara Giaccardi e Mauro Magatti che riflettono sulla sfida post-pan- demia per uomini e donne. Sei donne raccontano la loro esperienza alle prese con gravi pia- ghe dell’umanità di oggi: suor Mar- cella Catozza una vita in lotta con- tro la povertà, gli ultimi 15 anni ad Haiti in una bidonville considerata tra le più pericolose del pianeta; Rebecca Kabugho, attivista per i di- ritti umani nella Repubblica Demo- cratica del Congo, che a 21 anni fu la più giovane prigioniera politica del mondo; suor Martha Pelloni, impegnata contro la tratta di perso- ne in Argentina; Flavia Chevallard responsabile del progetto «Ospedali aperti»» in Siria; Stella Pedrazzini, operatrice Intersos nello Yemen del Nord; Miriam Ambrosini, coope- rante di Terre des Hommes in Iraq. Donne di fronte all’emergenza di ottanta anni fa: le suore e le mona- che che aprirono le case religiose e diedero rifugio agli ebrei durante l’occupazione nazista. CONTINUA A PAGINA 3 Allarme del Pam sul rischio di grave insicurezza alimentare per 14 milioni di persone in America Latina L’Onu chiede una risposta globale alla crisi del coronavirus NEW YORK, 29. Forze motrici, e non rimorchi, in unità di intenti. Questo è in sintesi quanto ha richiesto ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, alla cin- quantina di leader mondiali che han- no preso parte al summit virtuale or- ganizzato dall’Onu stessa e dal pri- mo ministro canadese Justin Trude- au, cui però non hanno partecipato Stati Uniti, Russia e Cina. Guterres ha auspicato, ancora una volta, una risposta globale immediata e coordi- nata per rispondere e mitigare la cri- si socio-economica causata dalla pandemia di covid-19. «Se non agia- mo ora il coronavirus causerà una devastazione e sofferenza inimmagi- nabile in tutto il mondo», mettendo a rischio «fino alla metà della forza lavoro globale, 1,6 miliardi di perso- ne, senza mezzi di sussistenza, una perdita di 8.500 miliardi di dollari nel Pil globale, e altri 60 milioni di persone in estrema povertà», ha di- chiarato il capo dell’Onu, aggiun- gendo che il «virus ha mostrato tut- ta la nostra fragilità». «Le risorse del Fondo monetario internazionale potrebbero non essere sufficienti» ha proseguito Guterres, esortando all’uso degli strumenti per migliorare la liquidità globale, rife- rendosi in particolare a «prendere in considerazione una nuova emissione di diritti speciali di prelievo», un as- set di riserva internazionale creato dall’Fmi stesso. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha infine sotto- lineato che «la moratoria del debito del G20 è un primo passo, ma ri- guarda solo i Paesi meno sviluppa- ti», invece «deve essere estesa a tutti i Paesi in via di sviluppo e a medio reddito». Relativamente all’impatto socio- economico della pandemia in Ameri- ca Latina e nei Caraibi, il Program- ma alimentare mondiale (Pam) ha espresso ieri tutta la sua preoccupa- zione sul rischio che la crisi possa spingere, quest’anno, circa 14 milioni di persone nella regione, già in con- dizioni di vulnerabilità, in una situa- Lo straordinario contributo degli operatori delle Nazioni Unite La forza costruttrice della pace SILVIA CAMISASCA A PAGINA 2 A sessant’anni dalla morte di Boris Pasternak L’arte e il «delirio dell’esistenza» ADRIANO DELL’ASTA A PAGINA 5 «Diario della “peste” in una bidonville argentina» di Alver Metalli Dove ogni giorno è quarantena GIAMPAOLO MATTEI A PAGINA 8 ALLINTERNO NOSTRE INFORMAZIONI Dimostrante durante scontri con la polizia a Santiago (Reuters) Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Barrancabermeja (Co- lombia), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Camilo Fernando Castrellón Pizano, S.D.B. Provviste di Chiese Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropo- lita dell’Arcidiocesi di Ibagué (Colombia) Sua Eccel- lenza Reverendissima Monsignor Orlando Roa Bar- bosa, finora Vescovo di Espinal (Colombia). Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Barran- cabermeja (Colombia) il Reverendo Ovidio Giral- do Velásquez, del clero della Diocesi di La Dorada - Guaduas (Colombia), finora Direttore Nazionale della Rete per la Nuova Evangelizzazione (SINE). di BLASE J. CUPICH* eNATHANAEL SYMEONIDES** I n tempi di grande incertezza, inevitabilmente affiorano brevi momenti significativi che ci invi- tano a vedere la situazione presente in modo diverso. Uno di questi momenti è stato catturato in una foto recente di due uomini in preghiera. Guardando più da vicino si nota che uno dei due è ebreo e l’altro musulmano, entrambi paramedici in Israele. È difficile di- scernere l’insostenibile pressione e l’insopportabile tristezza che i due operatori probabilmente hanno vis- suto. Ma sono lì insieme, uniti in una missione comune e al centro di un luogo di pace prima di riprende- re volontariamente un’altra strazian- te giornata di lavoro. Non è insolito che le persone ri- corrano alla preghiera in tempi diffi- cili. Di recente un economista dell’università di Copenaghen ha ri- levato che è aumentato il numero di persone che si rivolgono alla religio- ne per affrontare la situazione, men- tre le ricerche di preghiere via inter- net lo scorso mese hanno raggiunto quella che è la cifra record degli ulti- mi cinque anni. Certamente i tempi difficili non sono campo esclusivo della preghiera. Molti pregano con gratitudine per l’abbondanza nella loro vita, ad esempio un buon lavo- ro, un fisico sano, uno stretto grup- po di amici. Mentre incoraggiamo la pratica quotidiana della preghiera a Dio, apprezziamo anche il rinascere della preghiera, seppur motivato dai tem- pi difficili. Spesso è nelle avversità che l’orazione diventa più preziosa per chi la pratica. Quando i muri sembrano schiacciarci, costringendo- ci a fare i conti con la nostra morta- lità, la preghiera può liberarci crean- do uno spazio che ci consente di trovare la serenità sul modo in cui dovremmo vivere il tempo che ci è concesso su questa terra. Anche se la frase “Non stare lì così, fai qualco- sa!” è giusta, riteniamo che sia giu- sto anche il contrario: “Non fare semplicemente qualcosa, resta lì in preghiera!”. Pratica antichissima, la preghiera è largamente riconosciuta e al tempo stesso profondamente fraintesa. Al- cuni hanno usato la preghiera come mezzo, cercando solo un’apparenza esteriore di pietà, altri l’hanno usata come bastone per mettere in dubbio la pietà di quelli che non hanno mai incontrato. Di fatto, se la preghiera viene ridotta a un mero intratteni- mento, non si conosceranno mai il suo significato e il suo fine, né si comprenderanno i suoi benefici. Un buon modo per capire la pre- ghiera è vederla come un prisma do- ve si scopre qualcosa di veramente unico a seconda di come lo si osser- va. La preghiera ci aiuta a conoscere meglio noi stessi e a lavorare sulle nostre numerose mancanze. Ma la preghiera ci aiuta anche ad allonta- narci da noi stessi e a concentrarci sui bisogni altrui. Aiuta a renderci umili attraverso l’accettazione del dato di fatto che abbiamo molto me- no controllo sugli eventi della vita di quanto riteniamo. Ci ricorda anche che, mentre siamo individui che pensano e agiscono liberamente, le nostre scelte possono incidere — e lo fanno — su la comunità più ampia della quale facciamo parte. Fonda- mentalmente la preghiera ci aiuta ad agire e a diventare le persone che siamo chiamate a essere. Come disse una volta Madre Teresa: «La pre- ghiera che passa all’azione diventa amore, e l’amore che si trasforma in azione diventa servizio». Come guide religiose di fedi di- verse, la preghiera ci aiuta a rivelare le risposte alle domande che gravano su di noi. Certo, a volte le risposte che cerchiamo non sono subito chia- re. Quando ciò accade, continuiamo a pregare. E attraverso le nostre pre- ghiere comprendiamo che raramente esiste una linea retta tra le questioni con cui ci confrontiamo e le risposte che desideriamo. A diventare impor- tante è essere lì, in preghiera. Mentre in tutto il Paese la gente scorre gli elenchi in internet per mantenersi occupata nel confina- mento, è nostro profondo desiderio che la preghiera aiuti a mostrare alle persone come vivere il tempo sulla terra, una parte del quale consiste nell’agire in solidarietà per dare aiu- to e consolazione a quanti soffrono. Il paramedico musulmano e quel- lo ebreo che si vedono pregare nella foto non avrebbero mai immaginato di svolgere il loro servizio durante una pandemia globale. E tuttavia trovano il coraggio di alzarsi ogni mattina e di continuare a servire chi ha bisogno. Corrono il rischio di ammalarsi e perfino di morire. Ma trovano la grazia di pregare e la for- za per svolgere il loro lavoro. Sanno che le persone dipendono da loro. Per questi due paramedici e per tutti i soccorritori, per gli operatori sanitari e i funzionari eletti, per i malati e le loro famiglie, per coloro che sono morti noi continuiamo a pregare. *Cardinale, Arcivescovo di Chicago **Metropolita greco-ortodosso Primate della Metropolia di Chicago CONTINUA A PAGINA 2 ANTICIPAZIONE NELLE PAGINE CULTURALI Le religiose che aprirono conventi e monasteri durante la seconda guerra mondiale FRANCESCO GRIGNETTI A PAGINA 4 «L’Osservatore Romano» ai tempi del nazismo Una voce ferma e chiara ENNIO APECITI A PAGINA 4

L’Onu chiede una risposta globale OPO LA PA N D E M I A ... · operatori probabilmente hanno vis-suto. Ma sono lì insieme, uniti in una missione comune e al centro di un luogo

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Page 1: L’Onu chiede una risposta globale OPO LA PA N D E M I A ... · operatori probabilmente hanno vis-suto. Ma sono lì insieme, uniti in una missione comune e al centro di un luogo

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 122 (48.446) Città del Vaticano sabato 30 maggio 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+z!"!,!@

!"!

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Intervista al cardinale Carlos Aguiar Retes

Non più padronidella Terra

di SI LV I N A PÉREZ

«È indispensabile ricono-scere la responsabilitàcollettiva di fronte al

mondo globalizzato, i cui effetti siripercuotono sul resto dell’umani-tà». I segni dell’impatto economicoche la pandemia di covid-19 sta la-sciando in tutto il continente ame-ricano sono motivo di grandepreoccupazione per il cardinaleCarlos Aguiar Retes, arcivescovoprimate del Messico, come ha af-fermato in un’intervista a «L’O s-servatore Romano». In AmericaLatina l’epidemia si è diffusa quasidue mesi dopo la conferma da par-te della Cina dell’esistenza delnuovo coronavirus (il primo casopositivo è stato registrato in Brasile

il 26 febbraio) e l’evoluzione delcontagio sta vivendo fasi differentia seconda dei Paesi. Ogni governosta adottando misure diverse per ri-durre l’impatto del covid-19 sul suosistema sanitario e sulla sua econo-mia. Il Messico si sta avviando allariapertura graduale delle sue attivi-tà sociali ed economiche, previstaper il 1° giugno, nonostante il tra-gico paradosso delle cifre che sonoin costante crescita. La Chiesa hacompiuto grandi sforzi per coordi-nare le diverse iniziative di assi-stenza portate avanti nel Paese peraiutare i poveri delle aree urbane eru r a l i .

Eminenza, in questo tempo segnatodalla crisi sanitaria mondiale si è

Perché preghiamo durante una pandemia globaleDa domani on line sul sito www.osservatoreromano.va

Emergenze e leadership femminilesu «Donne Chiesa Mondo» di giugno

«Emergenze e leadership femmini-le» è il tema di «Donne ChiesaMondo», il mensile de «L’O sserva-tore Romano», on line dal 31maggio sul sito del nostro giornale( w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a ) .

Nei momenti di crisi la rigiditàdei ruoli viene meno e si scardina-no postazioni di potere e gerarchie.Ma dopo? Se ne parla in una inter-vista a due voci con i sociologiChiara Giaccardi e Mauro Magattiche riflettono sulla sfida post-pan-demia per uomini e donne.

Sei donne raccontano la loroesperienza alle prese con gravi pia-ghe dell’umanità di oggi: suor Mar-cella Catozza una vita in lotta con-tro la povertà, gli ultimi 15 anni ad

Haiti in una bidonville consideratatra le più pericolose del pianeta;Rebecca Kabugho, attivista per i di-ritti umani nella Repubblica Demo-cratica del Congo, che a 21 anni fula più giovane prigioniera politicadel mondo; suor Martha Pelloni,impegnata contro la tratta di perso-ne in Argentina; Flavia Chevallardresponsabile del progetto «Ospedaliaperti»» in Siria; Stella Pedrazzini,operatrice Intersos nello Yemen delNord; Miriam Ambrosini, coope-rante di Terre des Hommes in Iraq.

Donne di fronte all’emergenza diottanta anni fa: le suore e le mona-che che aprirono le case religiose ediedero rifugio agli ebrei durantel’occupazione nazista.

CO N T I N UA A PA G I N A 3

Allarme del Pam sul rischio di grave insicurezza alimentare per 14 milioni di persone in America Latina

L’Onu chiede una risposta globalealla crisi del coronavirus

NEW YORK, 29. Forze motrici, e nonrimorchi, in unità di intenti. Questoè in sintesi quanto ha richiesto ieri ilsegretario generale delle NazioniUnite, António Guterres, alla cin-quantina di leader mondiali che han-no preso parte al summit virtuale or-ganizzato dall’Onu stessa e dal pri-mo ministro canadese Justin Trude-au, cui però non hanno partecipatoStati Uniti, Russia e Cina. Guterresha auspicato, ancora una volta, unarisposta globale immediata e coordi-nata per rispondere e mitigare la cri-si socio-economica causata dallapandemia di covid-19. «Se non agia-

mo ora il coronavirus causerà unadevastazione e sofferenza inimmagi-nabile in tutto il mondo», mettendo

a rischio «fino alla metà della forzalavoro globale, 1,6 miliardi di perso-ne, senza mezzi di sussistenza, una

perdita di 8.500 miliardi di dollarinel Pil globale, e altri 60 milioni dipersone in estrema povertà», ha di-chiarato il capo dell’Onu, aggiun-gendo che il «virus ha mostrato tut-ta la nostra fragilità».

«Le risorse del Fondo monetariointernazionale potrebbero non esseresufficienti» ha proseguito Guterres,esortando all’uso degli strumenti permigliorare la liquidità globale, rife-rendosi in particolare a «prendere inconsiderazione una nuova emissionedi diritti speciali di prelievo», un as-set di riserva internazionale creatodall’Fmi stesso. Il segretario generaledelle Nazioni Unite ha infine sotto-lineato che «la moratoria del debitodel G20 è un primo passo, ma ri-guarda solo i Paesi meno sviluppa-ti», invece «deve essere estesa a tuttii Paesi in via di sviluppo e a mediore d d i t o » .

Relativamente all’impatto socio-economico della pandemia in Ameri-ca Latina e nei Caraibi, il Program-ma alimentare mondiale (Pam) haespresso ieri tutta la sua preoccupa-zione sul rischio che la crisi possaspingere, quest’anno, circa 14 milionidi persone nella regione, già in con-dizioni di vulnerabilità, in una situa-

Lo straordinario contributodegli operatori delle Nazioni Unite

La forza costruttricedella pace

SI LV I A CAMISASCA A PA G I N A 2

A sessant’anni dalla mortedi Boris Pasternak

L’arte e il «deliriodell’esistenza»

ADRIANO DELL’AS TA A PA G I N A 5

«Diario della “peste”in una bidonville argentina»di Alver Metalli

Dove ogni giornoè quarantena

GI A M PA O L O MAT T E I A PA G I N A 8

ALL’INTERNO

NOSTRE INFORMAZIONI

Dimostrante durante scontri con la polizia a Santiago (Reuters)

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governopastorale della Diocesi di Barrancabermeja (Co-lombia), presentata da Sua Eccellenza MonsignorCamilo Fernando Castrellón Pizano, S.D.B.

Provviste di ChieseIl Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropo-

lita dell’Arcidiocesi di Ibagué (Colombia) Sua Eccel-

lenza Reverendissima Monsignor Orlando Roa Bar-bosa, finora Vescovo di Espinal (Colombia).

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Barran-cabermeja (Colombia) il Reverendo Ovidio Giral-do Velásquez, del clero della Diocesi di La Dorada- Guaduas (Colombia), finora Direttore Nazionaledella Rete per la Nuova Evangelizzazione (SINE).

di BLASE J. CUPICH*e NAT H A N A E L SYMEONIDES**

In tempi di grande incertezza,inevitabilmente affiorano brevimomenti significativi che ci invi-

tano a vedere la situazione presentein modo diverso.

Uno di questi momenti è statocatturato in una foto recente di dueuomini in preghiera. Guardando piùda vicino si nota che uno dei due èebreo e l’altro musulmano, entrambiparamedici in Israele. È difficile di-scernere l’insostenibile pressione el’insopportabile tristezza che i dueoperatori probabilmente hanno vis-suto. Ma sono lì insieme, uniti inuna missione comune e al centro diun luogo di pace prima di riprende-re volontariamente un’altra strazian-te giornata di lavoro.

Non è insolito che le persone ri-corrano alla preghiera in tempi diffi-cili. Di recente un economistadell’università di Copenaghen ha ri-levato che è aumentato il numero dipersone che si rivolgono alla religio-ne per affrontare la situazione, men-tre le ricerche di preghiere via inter-net lo scorso mese hanno raggiuntoquella che è la cifra record degli ulti-mi cinque anni. Certamente i tempidifficili non sono campo esclusivodella preghiera. Molti pregano congratitudine per l’abbondanza nellaloro vita, ad esempio un buon lavo-ro, un fisico sano, uno stretto grup-po di amici.

Mentre incoraggiamo la praticaquotidiana della preghiera a Dio,apprezziamo anche il rinascere dellapreghiera, seppur motivato dai tem-pi difficili. Spesso è nelle avversitàche l’orazione diventa più preziosaper chi la pratica. Quando i murisembrano schiacciarci, costringendo-

ci a fare i conti con la nostra morta-lità, la preghiera può liberarci crean-do uno spazio che ci consente ditrovare la serenità sul modo in cuidovremmo vivere il tempo che ci èconcesso su questa terra. Anche se lafrase “Non stare lì così, fai qualco-sa!” è giusta, riteniamo che sia giu-sto anche il contrario: “Non faresemplicemente qualcosa, resta lì inp re g h i e r a ! ”.

Pratica antichissima, la preghieraè largamente riconosciuta e al tempostesso profondamente fraintesa. Al-cuni hanno usato la preghiera comemezzo, cercando solo un’a p p a re n z aesteriore di pietà, altri l’hanno usatacome bastone per mettere in dubbiola pietà di quelli che non hanno maiincontrato. Di fatto, se la preghieraviene ridotta a un mero intratteni-mento, non si conosceranno mai ilsuo significato e il suo fine, né sicomprenderanno i suoi benefici.

Un buon modo per capire la pre-ghiera è vederla come un prisma do-ve si scopre qualcosa di veramenteunico a seconda di come lo si osser-va. La preghiera ci aiuta a conosceremeglio noi stessi e a lavorare sullenostre numerose mancanze. Ma lapreghiera ci aiuta anche ad allonta-narci da noi stessi e a concentrarcisui bisogni altrui. Aiuta a renderciumili attraverso l’accettazione deldato di fatto che abbiamo molto me-no controllo sugli eventi della vita diquanto riteniamo. Ci ricorda ancheche, mentre siamo individui chepensano e agiscono liberamente, lenostre scelte possono incidere — e lofanno — su la comunità più ampiadella quale facciamo parte. Fonda-mentalmente la preghiera ci aiuta adagire e a diventare le persone chesiamo chiamate a essere. Come disseuna volta Madre Teresa: «La pre-ghiera che passa all’azione diventa

amore, e l’amore che si trasforma inazione diventa servizio».

Come guide religiose di fedi di-verse, la preghiera ci aiuta a rivelarele risposte alle domande che gravanosu di noi. Certo, a volte le risposteche cerchiamo non sono subito chia-re. Quando ciò accade, continuiamoa pregare. E attraverso le nostre pre-ghiere comprendiamo che raramenteesiste una linea retta tra le questionicon cui ci confrontiamo e le risposteche desideriamo. A diventare impor-tante è essere lì, in preghiera.

Mentre in tutto il Paese la gentescorre gli elenchi in internet permantenersi occupata nel confina-mento, è nostro profondo desiderioche la preghiera aiuti a mostrare allepersone come vivere il tempo sullaterra, una parte del quale consistenell’agire in solidarietà per dare aiu-to e consolazione a quanti soffrono.

Il paramedico musulmano e quel-lo ebreo che si vedono pregare nellafoto non avrebbero mai immaginatodi svolgere il loro servizio duranteuna pandemia globale. E tuttaviatrovano il coraggio di alzarsi ognimattina e di continuare a servire chiha bisogno. Corrono il rischio diammalarsi e perfino di morire. Matrovano la grazia di pregare e la for-za per svolgere il loro lavoro. Sannoche le persone dipendono da loro.

Per questi due paramedici e pertutti i soccorritori, per gli operatorisanitari e i funzionari eletti, per imalati e le loro famiglie, per coloroche sono morti noi continuiamo ap re g a re .

*Cardinale, Arcivescovo di Chicago**Metropolita greco-ortodossoPrimate della Metropolia di Chicago

CO N T I N UA A PA G I N A 2

AN T I C I PA Z I O N E NELLE PA G I N E CULTURALI

Le religiose che aprirono conventi e monasteridurante la seconda guerra mondiale

FRANCESCO GRIGNETTI A PA G I N A 4

«L’Osservatore Romano» ai tempidel nazismo

Una voceferma e chiara

ENNIO APECITI A PA G I N A 4

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 sabato 30 maggio 2020

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Renault annuncia la soppressione di circa 15.000 posti di lavoro nel mondo

La Francia si prepara a ripartirema Parigi resta sotto vigilanza

Lo straordinario contributo degli operatori delle Nazioni Unite

La forza costruttricedella pace

PARIGI, 29. Dopo mesi di gestionedi una crisi senza precedenti, laFrancia torna a sorridere.

Il premier, Edouard Philippe, haannunciato ieri ai francesi che dal 2giugno si tornerà quasi alla normali-tà, perché, ha detto, «siamo nella si-tuazione in cui volevamo essere, an-zi, anche un po’ meglio». «La liber-tà, finalmente, tornerà ad essere laregola e il divieto rappresenterà l’ec-cezione», ha precisato.

D all’inizio del prossimo mese,quindi, i francesi — con un’attenzio-ne particolare per Parigi, che restaosservata speciale — ritrovano i bar, ibistrot, i musei, addirittura i cinemafra qualche settimana. Per non parla-re di piscine, palestre e, soprattutto,parchi e giardini della capitale, dicui con un gesto polemico dopogiorni di braccio di ferro il sindaco,Anne Hidalgo, ha annunciato la ria-pertura con tanto di orari prima cheparlasse il premier Philippe.

La propagazione del virus ha ral-lentato su tutto il territorio, trannela regione di Parigi e due territoriOltremare, Mayotte e la Guyana.

In realtà l’Île-de-France ha zoneche potrebbero colorarsi di verde mache restano arancioni «a causa dellagrande popolosità della regione edella quantità di persone che si spo-sta ogni giorno con i trasporti pub-blici», indicano gli esperti. Comun-que, anche la capitale dal 2 giugnoriacquisterà le sue libertà — anche sein giro si vede ormai quasi la quanti-tà abituale di persone — ma conqualche limitazione: bistrot e caffè,ad esempio, in queste prime settima-ne saranno autorizzati a riaprire ma itavoli consentiti saranno soltantoquelli all’esterno dei locali.

Più graduale e prudente anche lariapertura delle scuole medie e licei,che nell’Île-de-France non sarà tota-le come nel resto del territorio. Ifrancesi torneranno a circolare libe-ramente su tutto il territorio senzapiù limitazioni (dall’11 maggio erapossibile farlo soltanto nel raggio di100 chilometri dal luogo di residen-za) e anche all’estero, in vista dellevacanze: la Francia punta sulla ria-pertura senza vincoli e quarantenedelle frontiere con l’Europa ma, ha

avvertito Philippe, «applicheremo lareciprocità» con gli altri Paesi.

Intanto, La casa automobilisticafrancese Renault, in difficoltà finan-ziarie, ha annunciato la soppressionedi circa 15.000 posti di lavoro nelmondo (in Francia sono 4.600), nelquadro di un piano di risparmio dicirca 2 miliardi di euro in tre anni.Un progetto definito «vitale» da di-rettore generale, Clotilde Delbos.

In Italia si va invece verso la ria-pertura del passaggio tra Regioni,non senza polemiche, però. «Se siriparte, lo si fa senza distinzioni», hadichiarato il ministro degli Affari re-gionali, Francesco Boccia, che si èscontrato con il governatore sardo,Christian Solinas sul passaporto sa-nitario. Solinas vorrebbe questo atte-stato di negatività al covid-19 dachiedere ai turisti che sceglieranno laSardegna per le prossime vacanze.Anche il collega siciliano Nello Mu-sumeci ci ha pensato per chi vuolefare le vacanze in Sicilia. Ma la fatti-bilità del progetto appare alquantoimprobabile, se non impossibile pervarie ragioni. A cominciare dai profi-li di incostituzionalità sollevati dBoccia: «Rileggete l’articolo 120 del-la Costituzione — ha detto il mini-stro —. Una Regione non può adot-tare provvedimenti che ostacolino lalibera circolazione delle persone». Il13 giugno, intanto, riparte il calcio.Il presidente francese Emmanuel Macron (Ansa)

di SI LV I A CAMISASCA

Era il 1948 quando l’Onu in-disse la giornata internazio-nale per gli Operatori di pa-

ce, prevedendo probabilmente chenel mondo sempre ci sarebbe statobisogno di portare pace e di queiPeacekeeping a cui originariamentefu legato il senso di questa celebra-zione: a quei Caschi blu che da ol-tre 70 anni guidano le missioni diriappacificazione nelle tante areemartoriate del pianeta. Nonostanteda qualche mese guerre e conflittiabbiano perso “p osizione” nellaborsa mediatica, violentementerimpiazzati dal flagello pandemico,tuttavia, nelle periferie e nelle cittàdi tante regioni del globo si conti-nua a combattere. Ognuno la pro-pria battaglia.

Per recuperare la profondità del-la parola pace e comprendere cosasignifichi concretamente farsi caricodi portarla nel mondo, occorre ri-farsi all’etimologia di questo termi-ne e riappropriarsi della sua valen-za semantica.

«Pace deriva dalla radice indo-europea pag, pak, il cui nucleo ri-chiama il significato di piantare,conficcare e, quindi, fissare, stabili-re — spiega Gioia di CristofaroLongo, professoressa ordinaria diAntropologia culturale dell’Univer-sità La Sapienza di Roma e presi-dente e fondatrice della Lunid (Li-bera università dei diritti umani) —;non a caso è la radice del verbo la-tino pango, il cui participio passato,pactum, è illuminante». Lo è per-ché il patto rinvia ad un accordopreso al massimo livello di impe-gno da parte dei contraenti: pro-prio dal pacta sunt servanda degliantichi deriva, infatti, il caratterebilaterale o multilaterale del con-cetto di pace.

Certo, la cultura della pace, peressere concreta, deve liberarsi dalladeriva che la collega in terminiquasi esclusivi alla guerra: se è in-contestabile, infatti, che la pace èalternativa alla guerra, è altrettantofondamentale definirne i significaticostitutivi di autonomia e positivi-tà, nella loro accezione più ampia.A tal proposito è curioso che inogni civiltà il riferimento alla pacerimanda a contenuti che coincido-no con i valori più nobili della co-munità.

Non c’è, dunque, un unico signi-ficato di pace, trattandosi di unconcetto polisemantico e attivo:«La pace non è una parola, ma uncomp ortamento» recita un anticodetto africano. Ecco perché accet-tare la pace, intesa come ideale de-contestualizzato, è limitante e fuor-viante, in quanto, dal punto di vi-sta simbolico, si rischia di svuotar-la, di impoverirla della sua forzacostruttiva e trascinatrice.

In questa prospettiva, è impre-scindibile l’accostamento ai dirittiumani, ambito, anche questo, nelquale si impone la necessità delsuperamento del divario tra pianoteorico e pratico, purtroppo oggilargamente diffuso: in questa cor-nice si inserisce il contributo deglioperatori di pace. Essi si identifi-cano, innanzitutto, con coloro che,tramite il proprio agire, testimo-niano la coerenza tra parole e fat-ti, tra princìpi dichiarati e pratichemesse in campo, traducendo il va-lore della pace in un’arte quotidia-na. Sono persone che scelgono eaderiscono ad una condotta eticavolta all’affermazione del bene: unbene per cui con comportamenticoncreti si supera la genericità el’astrattezza con le quali troppospesso ci si accosta alla sfida dellapace.

Questa umanità si fa portavoce,sia nelle dimensioni micro che inquelle macro, di una specifica vo-lontà: quella di affermare i dirittidi ogni essere umano, ritenendoquesta la via maestra per la realiz-zazione di una vera cultura dellapace. Strettissimo e imprescindibi-le, quindi, il rapporto con l’univer-salità dei diritti umani.

I mattoni con cui oggi tendiamoa costruire la struttura della pacesono contenuti nelle numerose Di-chiarazioni e Convenzioni interna-zionali che hanno segnato il XX se-colo, a partire dalla Dichiarazioneuniversale dei diritti umani del1948 proclamata a New York dalleNazioni Unite.

Non va, però, dimenticato chel’aspirazione ad individuare princi-pi e valori condivisi a livello uni-versale è molto antica. Per brevitàcitiamo solo due esempi: il C i l i n-dro di Ciro, un documento del VIsecolo A.C., rinvenuto tra le rovinedi Babilonia nel 1879, e la Carta diManden del 1222, proclamata nelgiorno dell’incoronazione di Sun-dyata Ketia, sovrano dell’Imp erodel Mali.

Proprio perché è in gioco unatensione, insita nel nostro animo,occorre riviverla oggi, affrontandole piaghe delle innumerevoli formedi conflittualità, soprattutto, consi-derando che l’emergenza del co-vid-19 pone tutti noi di fronte ascelte e responsabilità inedite, permodalità e tipologia, prese di po-sizioni che impongono, in terminiancora più stringenti, risposte ade-guate e coerenti sul piano dei va-lori.

«La pandemia ha agito comeuno tsunami di imprevedibili edinimmaginabili proporzioni — sot-tolinea Longo —. Una tragedia che,per dimensioni, ha coinvolto e ri-guarda direttamente milioni di per-sone: all’improvviso ha occupato lascena, a livello globale, imponendoall’umanità radicali, sostanzialicambiamenti nello stile di vita, nelcampo del lavoro e della scuola,nell’approccio alla socialità e alprossimo, nell’organizzazione so-ciale ed economica, nel rapportocon sé e gli affetti più intimi, nellarelazione con il tempo e gli spazipersonali, riducendo all’essenzialitàl’apertura e gli scambi con l’ester-no, le occasioni di incontro e spo-stamento».

In questo frangente, a fronte diun evento mai registrato in tempimoderni, si è assistito ad uno scat-to di generosità e solidarietà daparte della collettività, a innume-revoli manifestazioni di solidarietàalle quali si è accompagnata l’a f-fermazione di inusuali forme di ri-conoscimento reciproco in quantocomunità. «Dal dramma del coro-navirus è avanzato, come un’onda,un sentimento di riscossa, caratte-rizzato dalla riscoperta dei valorifondativi di una cultura di pace —spiega ancora Longo — tutti noi,ora, abbiamo l’opportunità di far-ci autentici operatori di pace nelladirezione del bene, della giustizia,della libertà, del rispetto, della so-lidarietà, senza i quali non esistealcuna condizione di stabilità eriappacificazione». Chi sono, dun-que, gli operatori di pace tra noi?«L’identikit ruota attorno ad alcu-ni assi comportamentali: l’i n c l u-sione al posto dell’e m a rg i n a z i o n e ,l’altruismo al posto dell’i n d i v i d u a-lismo, la cura al posto dell’i n d i f f e-renza, l’accoglienza al posto delrifiuto» specifica Gioia Longo.

È, qui, inevitabile il parallelismotra la cultura della pace e la felici-tà, intesa non in termini banaliz-zanti e miracolistici, ma come siste-ma culturale complessivo, fatto so-ciale totale, attorno al quale meritaun approfondimento il pensiero diSocrate e di Aristotele: il primonell’affermare che la felicità consi-ste nella conoscenza di ciò che èbene per noi, il secondo nel soste-nere che coincide con il desideriodi rendere “buona” la nostra esi-stenza.

«Già nella filosofia socratica earistotelica si intravede l’orizzontedi una cultura della pace come ten-sione rivolta alla ricerca del benecomune si tratta di un ribaltamentovaloriale profondo, un’occasione dacogliere e valorizzare, una prospet-tiva etica da assumere in tutta lasua valenza e potenzialità» conclu-de Longo.

L’Onu chiedeuna risposta globale

immediatae coordinata

zione di grave insicurezza alimenta-re. Le ultime proiezioni stilate dalPam, si sono basate sull’incrocio del-le valutazioni sulla sicurezza alimen-tare relative al 2019, con l’analisi de-gli indicatori economici dopo loscoppio del covid-19 e con i risultatidelle indagini da remoto completatenegli ultimi tre mesi per verificarel’impatto della pandemia sull’accessoai mercati, sulla sicurezza alimentaree sui mezzi di sostentamento.

«È fondamentale e urgente fornireassistenza alimentare al crescente nu-mero di persone vulnerabili nella re-gione, nonché a coloro che contanosu lavori informali», ha detto Mi-guel Barreto, direttore del Pam perl’America Latina e i Caraibi, sottoli-neando come ci sia «ancora del tem-po per evitare che la pandemia dicovid-19 diventi una pandemia dellafame».

In questa fase pertanto il Pam statentando di convincere i singoli Pae-si a fornire ulteriore sostegno ai be-neficiari dei programmi nazionali diprotezione sociale e a estendere lacopertura a più gruppi, come i mi-granti e le persone con lavori infor-mali, quelli più segnati dagli effettipotenzialmente devastanti della pan-demia sull’economia. Per una rispo-sta rapida ed efficace molti di questiPaesi necessiterebbero dell’assistenzadelle istituzioni finanziarie interna-zionali e della comunità internazio-nale.

Dopo 124 anni di storia annullata la maratona di Boston

New York verso la prima fase di riapertura

Il sindaco di New York Bill de Blasio (Reuters)

Il Giappone annuncia una manovra supplementareper fronteggiare la crisi post pandemia

NEW YORK, 29. Bill de Blasio, ilsindaco di New York, ha annuncia-to ieri l’entrata della città nella fase1 della riapertura. La Grande Melaè stata il maggiore focolaio di co-vid-19 all’interno dell’omonimo Sta-to epicentro del coronavirus negliStati Uniti, con 16.600 decessi e ol-tre 197.000 casi di contagio. In con-ferenza stampa il primo cittadinoha dichiarato che la progressiva ria-pertura avrà luogo nella prima metàdi giugno, se i numeri reggeranno econtinueranno a progredire. Saràl’inizio del ritorno alla normalità hadichiarato con soddisfazione. Se-condo gli ultimi dati delle autoritàsanitarie cittadine, la percentualedella popolazione infettata dal co-ronavirus è scesa al 6 per cento e ilnumero di test effettuati continuaad aumentare quotidianamente.

In questa fase si stima che torne-ranno al lavoro tra i 200.000 e i400.000 lavoratori e a ripartire sa-ranno le attività non essenziali de-dicate alla costruzione, produzionee vendita al dettaglio. Sarà comun-que obbligatorio il rispetto dellenorme sul distanziamento sociale esull’utilizzo della mascherina. E leaziende dovranno premunirsi dimettere in atto frequenti pulizie edisinfezioni di qualsiasi spazio con-diviso.

In linea con l’apertura delle im-prese, de Blasio ha sottolineato cheè ancora allo studio la modalità diriapertura delle scuole. Per facilitareil ritorno al lavoro dei dipendenti

con i bambini si stanno compiendosforzi per riaprire le scuole “nor-malmente” con il nuovo anno scola-stico il prossimo 10 settembre, te-nendo conto, come primo fattore diattenzione, della salute “sia fisicache psicologica” degli studenti.

Intanto gli organizzatori dellamaratona di Boston hanno reso no-to che la competizione podistica,tra le più note al mondo, è stataannullata per la prima volta neisuoi 124 anni di storia a causa dellapandemia di covid-19.

TO KY O, 29. Nel tentativo di atte-nuare l’impatto negativo della pan-demia sull’economia, il governogiapponese ha approvato il secondoextra budget per l’anno fiscale2020, per un valore di 32.000 mi-liardi di yen, l’equivalente di 270miliardi di euro. Si tratta dellamaggiore manovra supplementaremai approvata prima. L’a p p ro v a z i o -ne arriva a meno di un mese dalprecedente sigillo sulla manovrasupplementare per l’esercizio fiscaleiniziato il primo aprile, pari a 26mila miliardi di yen. Nel frattempo,

la produzione industriale nel Paesecrolla ai minimi degli ultimi 7 anni.L’output ha segnato un crollo del9,1% in aprile, il livello più bassoda gennaio 2013

Intanto, l’India ha superato laCina in termini di perdite di viteumane. Sono state raggiunte le4.706 vittime, mentre in Cina ne so-no state confermate 4.634. Il totaledei contagi è salito a 165.799. Inol-tre, nelle ultime 24 ore si è registra-to un aumento record di casi, 7.467in più rispetto a ieri, ovvero il datopiù alto di contagi confermati in un

solo giorno. Il governo nelle ultimesettimane ha allentato le restrizioniper favorire la ripresa economica.

Nelle Filippine, dopo quasi tremesi di quarantena, sono pronti auna lenta ripresa. Il presidente Ro-drigo Duterte ha affermato, ieri,che intende revocare le principalimisure di blocco a Manila per ria-nimare l’economia. L’annuncio è ar-rivato poche ore dopo la comunica-zione di 539 nuove infezioni, la ci-fra giornaliera più alta da quandol’epidemia è divampata, a marzo.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 30 maggio 2020 pagina 3

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Intervista al cardinale Carlos Aguiar Retes

Non più padronidella Terra

detto e ripetuto che dopo il flagello delcovid-19, niente sarà più come prima.Che cosa sta dicendo oggi alla Chiesaquesto virus?

La Chiesa vive questa pandemiacome parte della società. Ossia,con incertezza e sconcerto, perchéha sconvolto lo stile di vita e ha li-mitato la libertà in quanto a mobi-lità. Penso che a nessuno di noiabitanti attuali del pianeta sia maitoccato vivere una situazione cosìcomplessa come quella presente.Tuttavia, come ogni situazioneumana, ha i suoi pro e i suoi con-tro, i suoi vantaggi e le sue sfide; èquesto che sta accadendo. Soprat-tutto per la Chiesa è stata un’o cca-sione per riconsiderare la gratuitàdella vita e la necessità della spiri-tualità, il che rappresenta un’op-portunità di evangelizzare. Indub-biamente la Chiesa deve interpreta-re la pandemia come un segno deitempi e scoprirvi la voce di Dioc re a t o re .

Le parole “confinamento” e “q u a ra n t e -na”, che sembravano appartenere atempi dimenticati e al lessico medie-vale, fanno oggi parte della nostraquotidianità. Secondo lei, che cosa ècambiato in queste settimane di pan-demia?

La visione del futuro dell’umani-tà e il mio impegno per promuove-re uno stile di vita in cui la dignitàdi ogni persona umana venga ri-spettata. A tal fine è indispensabilericonoscere la responsabilità collet-tiva dinanzi a un mondo globaliz-zato, i cui effetti si ripercuotonosul resto dell’umanità. Sono per-tanto necessarie la partecipazione ela collaborazione di tutti i Paesi ele culture per definire i valori sucui deve poggiare la vita socialedei popoli.

L’uso da parte della Chiesa dellenuove tecnologie ha portato a unagrande partecipazione spirituale deifedeli in questi giorni di confinamento

per il covid-19. Si tratta della nascitadi una nuova liturgia domestica?

In effetti penso che sia stata unafase di rodaggio molto importanteper il futuro dell’evangelizzazione,specialmente per ottenere una co-munione che sia riconosciuta e va-lorizzata da tutti i fedeli. L’effettosarà una maggiore testimonianzadell’esperienza vissuta dei valoricristiani a favore della società.

Che sfide dovrà affrontare il pianetauna volta superata la pandemia? Checosa si può imparare dalla situazioneattuale?

Innanzitutto che non siamo pa-droni della nostra casa comune, macustodi e amministratori. Dobbia-mo quindi discernere come possia-mo compiere tale missione. Quan-do la Chiesa, nel corso dei secoli, èriuscita a mettere in pratica gli in-segnamenti di Gesù, è riuscita an-che a trasformare lo stile di vitadella società in una cultura fraternae solidale, fondata sul rispetto delladignità di ogni persona, testimo-niando così che è possibile — ed ungrande dono — consentire una vitadegna a ogni membro della fami-glia umana. Perciò, di fronte alcommento che circola nei media esulle reti sociali, secondo il quale altermine della pandemia la vita nonsarà più come prima, invito a chie-derci: quale sarà la nostra rispostacome discepoli di Cristo? Che cosasi aspetta da noi il nostro maestroGesù Cristo, il Signore? Chiedia-mo aiuto alla nostra madre, la Ver-gine di Guadalupe, per trovare unarisposta e metterla in pratica con laforza dello Spirito Santo.

C’è qualche nesso con il cambiamentoclimatico e la crisi climatica? Comedovremmo comportarci con la naturauna volta superata la pandemia?

Dobbiamo educarci e rispettare icicli della vita stabiliti dalle leggidella natura, che oggi conosciamomeglio grazie alla ricerca e alla tec-nologia.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

Non si fermano le proteste dopo la morte dell’afroamericano Floyd

Minneapolis, esplode la rabbiaOccupato e incendiato un commissariatoWASHINGTON, 29. Si fa sempre piùviolenta la protesta a Minneapolisper la morte di George Floyd,afroamericano di 46 anni, soffocatolunedì scorso dall'agente bianco chelo aveva preso in custodia, dopoaverlo fatto scendere dalla sua autoperché a suo dire «sembrava droga-to». La folla dei dimostranti ha as-saltato un commissariato dandoloalle fiamme. Ieri migliaia di personehanno sfilato a Minneapolis, ma an-che a Los Angeles e in molte altrecittà Usa, per chiedere l’incrimina-zione degli agenti bianchi coinvoltinell’omicidio di Floyd.

L'episodio più grave, come detto,è stato l’assalto al commissariato nelterzo distretto di polizia. Gli agentiavevano eretto una recinzione intor-no alla loro sede, ma è stata abbat-tuta dalla folla, e mentre gli agentilasciavano l'edificio «nell'interessedella sicurezza personale», come èstato detto, alcuni manifestanti sonoriusciti a entrare, provocando diversiincendi anche all'interno. E ora siteme per certe armi ed esplosivi cheerano lì dentro e che la folla potreb-be aver portato via mentre i lorocompagni fuori intanto gridavano:«No Justice, No Peace», “nessunapace senza giustizia”.

La dinamica dei fatti è ormai tri-stemente nota. Insensibile ai suoi la-menti, l'agente bianco Derek Chau-vin, in 19 anni di carriera protagoni-sta di numerosi altri episodi razzistie violenti, ha continuato a premereil ginocchio sul collo di Floyd per 9

terribili minuti. Chauvin avevanoinizialmente tentato di farlo passareper un problema medico. Poi è ve-nuto fuori un video girato con uncellulare dove si vede l'agonia diG e o rg e .

A quel punto, il video è diventatovirale ed è esplosa la rabbia, secon-do un copione già visto a Fergusonnel 2014, dopo la morte del diciot-tenne Michael Brown, l'episodio che

ispirò il movimento Black LivesM a t t e r.

La protesta intanto si estende: aLos Angeles, a New York. E a Loui-sville, Kentucky. Dove ci si è decisia chiedere giustizia pure per Breon-na Taylor, infermiera afroamericanauccisa pochi giorni fa dalla polizianel suo stesso appartamento doveavevano fatto irruzione per errore.

Lam chiedead Hong Kong

di sostenere la leggevarata a Pechino

HONG KONG, 29. Con una letteraaperta alla popolazione di HongKong, il capo esecutivo, CarrieLam, ha chiesto oggi di «com-prendere e sostenere la legge sullasicurezza nazionale», approvatadall’Assemblea nazionale del po-polo di Pechino e che ha riaccesola protesta nella ex colonia britan-nica.

Nelle prime righe della missiva,Lam ha insistito sulla necessità diunione per «perseguire i nostri so-gni, mettendo da parte le nostredivergenze», sul principio “unPaese, due sistemi” e su come«nell’ultimo anno la comunità diHong Kong sia stata traumatizza-ta». C'è stata, afferma nel testodiffuso sul sito web del Governo,«un’escalation di violenza da par-te dei rivoltosi, con armi da fuocoillegali ed esplosivi che rappresen-tano una minaccia», mentre «leforze esterne hanno intensificatole loro interferenze nelle questioniinterne di Hong Kong». Il capoesecutivo ha quindi denunciato le«forze di opposizione e le orga-nizzazioni che lanciano appelliall’'indipendenza e all’'auto deter-minazione di Hong Kong», consi-derati una «palese sfida» nei con-fronti delle «autorità centrali edella regione amministrativa spe-ciale». Tutto, secondo Lam, in uncontesto in cui «l’attuale sistemanormativo e i meccanismi di at-tuazione a difesa della sicurezzanazionale sono inadeguati». Inquesto momento, ha concluso, perHong Kong è «difficile» definireuna normativa, per cui la leggemessa a punto a Pechino è «siauna necessità che un’u rg e n z a » .

E mentre anche Gran Bretagna,Australia e Canada hanno espres-so malcontento per la nuova leg-ge, è atteso per oggi il discorsosulla Cina del presidente degliStati Uniti, Donald Trump. Unamossa che potrebbe provocareuna ulteriore escalation delle ten-sioni tra Washington e Pechino.

A p p ro v a t oin Cinail primo

Codice civilePE C H I N O, 29. L’Assemblea nazio-nale del popolo (la più alta istitu-zione statale e l'unica Camera le-gislativa della Cina) ha approvatoieri il primo Codice civile cinese.

La fonte normativa entrerà invigore il primo gennaio del 2021.Il Codice — considerato una pie-tra miliare nella legislazione delPaese per una migliore protezionedei diritti del popolo e per offrireun forte sostegno legale allo svi-luppo — rappresenta «una compo-nente importante dei piani del co-mitato centrale del Partito comu-nista presieduto da Xi Jinping perlo sviluppo dello stato di diritto»,ha commentato Wang Chen, vicepresidente del Comitato perma-nente dell’Assemblea.

Oltre alle disposizioni generalie alle disposizioni integrative, ilCodice civile è composto da seiparti riguardanti i diritti reali, icontratti, i diritti della personalità,il matrimonio e la famiglia, le suc-cessioni e la responsabilità civile.

Nel capitolo di apertura si leg-ge: i diritti della personalità, i di-ritti di proprietà e gli altri diritti einteressi legittimi delle parti neirapporti giuridici civili sono tute-lati dalla legge e non possono es-sere violati da nessuna organizza-zione o persona fisica.

I legislatori hanno spiegato chela codificazione non consiste nelformulare una nuova legge civile,ma piuttosto nell’incorporare inmaniera sistematica le leggi e i re-golamenti civili esistenti, modifi-candoli e migliorandoli per adat-tarli alle nuove situazioni mante-nendo la loro coerenza.

Sono presenti anche norme suldiritto alla residenza, alla privacye la protezione dei dati personaliriguardanti 1,4 miliardi di persone.E poi il diritto alla proprietà intel-lettuale, un «tema caldo» nelletensioni tra Cina e Stati Uniti.

Era dal 1949 che la Cina cerca-va di approvare un Codice civile.I primi due tentativi risalgono al1956 e al 1962, poi nel 1979 si eraprovato un’altra volta.

Volkswagen investe sul mercato cinesedell’auto elettrica

Firmato un ordine esecutivo che limita le tutele legali delle piattaforme on line

Trump dichiara guerra ai social media«Pronto a chiudere Twitter»

WASHINGTON, 29. La vendetta diDonald Trump si abbatte su Twitter,il social media più usato dal presi-dente Usa. A quarantotto ore dalloscoppio del caso, provocato dalladecisione di Twitter di mettere inguardia gli utenti su alcuni messag-gi del presidente ritenuti falsi oinattendibili, è arrivata la rispostadella Casa Bianca.

Ieri sera il presidente ha firmatoun ordine esecutivo che dovrebbe

rendere più agevole perseguire pervie giudiziarie i social network comeTwitter e Facebook qualora assuma-no il ruolo di moderatori e control-lori delle fake news sui loro canali,cancellando dei post o chiudendodegli account. In questo modo, laCasa Bianca cerca di abbattere o diindebolire uno scudo legale già esi-stente che protegge i social media ele piattaforme on line da possibiliazioni legali.

Secondo i principali commentato-ri, Trump ritiene che i social media— Twitter in particolare — hannoun’agenda politica troppo progressi-sta e che quindi il loro ruolo di mo-deratori non è neutrale. Questi so-cial — queste le sue parole — «fannodell'attivismo» di stampo politico.Nell'annunciare la firma dell’o rd i n e ,Trump ha detto che la sua mossaserve a «difendere la libertà di paro-la contro uno dei più grandi perico-li». Trump ha poi aggiunto che sa-rebbe pronto a chiudere il proprioaccount su Twitter. In effetti — fan-no notare molti analisti — quest'ulti-ma minaccia è forse la più inquie-tante di tutte: il social media (pro-prietà di facebook) dall'uso quoti-diano del presidente degli StatiUniti ha ricavato un aumento di au-dience e una pubblicità notevole.

È dubbio se un decreto presiden-ziale possa cancellare le normativevigenti che regolano le responsabili-tà dei social media e li proteggonoda azioni legali. Di sicuro questoordine esecutivo rientra in un qua-dro più ampio: Trump ha sempreaccusato la maggior parte dellastampa di essere vicina al partito de-mocratico, e ora aggiunge i socialmedia nel novero dei “nemici” chelo perseguitano e lo boicottano.

PE C H I N O, 29. La società automobi-listica tedesca Volkswagen investirà2 miliardi di euro in due società ci-nesi del comparto dell’auto elettri-ca. Il gruppo tedesco rileverà infattiil 50 per cento di Jianghuai Auto-mobile Group, controllata dalla sta-tale Jac Motors, e aumenterà il pe-so della joint venture JacVolkswagen dal 50 al 75 per centoper quasi un miliardo.

In aggiunta, si legge in una nota,la compagnia tedesca rileverà il 26per cento di Gotion High-Tech,produttore di batterie, per 1,1 mi-liardi. Questo accordo permette aVolkswagen di diventare anche ilpiù grande azionista del costruttoredi batterie Guoxuan High-tech.

La Cina vale il 40 per cento dellevendite globali di Volkswagen ed èil principale mercato delle quattroruote del pianeta, con la leadershipanche nell’elettrico.

«Entro il 2025— ha sottolineato ilgruppo tedesco — nel Paese asiaticosaranno venduti 1,5 milioni e mezzodi nuovi veicoli a energia». «Pren-dendo il controllo della joint ventu-re, la Volkswagen si sta muovendoverso altri modelli e infrastruttureelettrici», ha affermato ancora il co-losso automobilistico tedesco.

Per quanto riguarda, invece, lavicenda del dieselgate (la manipola-zione dei casi di scarico delle auto-vetture), la Corte federale di Cassa-zione tedesca ha stabilito cheVo l k s wagen è tenuta a risarcire isuoi clienti. I consumatori sono pe-rò obbligati a detrarre i chilometripercorsi dalla somma in denaro chericeveranno. La sentenza stabilisceun precedente importante per deci-ne di migliaia di persone che hannoacquistato veicoli dotati di disposi-tivi in grado di imbrogliare sui testdelle emissioni.

Almeno sessanta mortinegli scontri armati in Nigeria

ABUJA, 29. Almeno 60 persone han-no perso la vita, mercoledì scorso,in una serie di attacchi contro alcu-ni villaggi nello Stato di Sokoto,nel nord-ovest della Nigeria, a cuihanno fatto seguito gli scontri tra leforze di sicurezza e i gruppi armati.Diverse persone sono rimaste ferite.Lo ha riferito ai media locali il por-tavoce della polizia locale, precisan-do che diversi corpi crivellati daproiettili sono stati recuperati, men-tre sono in corso le ricerche di altrevittime.

Si tratta di uno degli attacchi piùsanguinosi avvenuti negli ultimi an-ni a Sokoto, dove sono all’o rd i n edel giorno le violenze contro le co-munità locali ed i sequestri da partedi uomini armati con richiesta di ri-scatto. Secondo i testimoni locali,gli aggressori — circa una decina —hanno fatto irruzione, a bordo dimotociclette, in almeno cinque vil-

laggi nell’area Sabon Birni, sparan-do prima in aria per poi massacraregli abitanti a colpi di machete. Ildistretto di Sabon Birni è stato ri-petutamente presa di mira da ban-de armate negli ultimi mesi.

In particolare, gli ultimi attacchisi sono verificati appena una setti-mana dopo la rinnovata offensivadelle forze armate nigeriane controi gruppi armati nei vicini Stati diKatsina e Zamfara. Questa nuovacampagna si aggiunge all’op erazio-ne militare lanciata lo scorso 30marzo dagli eserciti di Niger, Ciad,e Nigeria contro i jihadisti di BokoHaram. Oltre 8.000 persone sonostate uccise negli ultimi nove annidi violenze e di aspri conflitti tra leforze militari nigeriane e Boko Ha-ram nel nord-ovest del Paese. Lo hadichiarato, in un recente rapporto,l’organizzazione International CrisisG ro u p .

Onu, allarmesulle violenze

a Tripoli

TRIPOLI, 29. L’Onu hanno denun-ciato l’uso di ordigni improvvisatinell’area di Tripoli. «Siamo pro-fondamente preoccupati e con-danniamo il segnalato uso da par-te delle forze in ritirata di ordigniesplosivi improvvisati (Ied) nellearee residenziali di Tripoli, chehanno provocato la morte e il feri-mento di civili». Lo ha affermatoil portavoce del segretario genera-le dell’Onu, António Guterres. «Ilmassiccio afflusso di armi, equi-paggiamento e mercenari a soste-gno di entrambe le parti nel con-flitto, costituisce una flagranteviolazione dell’embargo sulle ar-mi», che rischia di intensificare icombattimenti con conseguenzedevastanti per il popolo libico, haaffermato ancora.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato 30 maggio 2020

Conventi e monasteri diventarono luoghi di rifugio durante la seconda guerra mondiale

Le scelte giustenella stagione dell’o dio

«L’Osservatore Romano» ai tempi del nazismo

Una voceferma e chiara

Le parole stampateerano un grido senza timoree con il tono vibrantedi chi ricercava la veritàe non temeva di servirla

Anticipiamo ampi stralci di un articoloche sarà pubblicato domani sul numerodi giugno del mensile «Donne ChiesaMo n d o » .

di FRANCESCO GRIGNETTI

Ottanta anni fa, nellastagione del sangue edell’odio, ci furono daaffrontare eventi estre-mi. In Italia tra il 1943

e il 1945 la crudele occupazione na-zista chiamò le persone di buonavolontà a scelte difficilissime, ri-schiose. C’era da dare aiuto e rico-vero a tanta gente: disertori, perse-guitati, sfollati. E a chi rischiava piùdi tutti: gli ebrei. Per la Chiesa ven-ne “l’ora della carità”, come è statadefinita.

Uno dei temi storiografici più di-battuti del secolo, ovvero le scelte diPio XII, torna a occupare studiosi ericercatori dopo la decisione di PapaFrancesco di aprire i fondi degli Ar-chivi vaticani relativi al lungo ponti-ficato di Eugenio Pacelli (1939-1958). Una massa di documenti oraaccessibili alla consultazione che ri-chiederanno un lavoro lungo di esa-me e analisi, al momento interrottoa causa del coronavirus perché po-chi giorni dopo l’attesa aperturadell’archivio è subentrato il lo ck-down. È certo però che molti reli-giosi e religiose operarono in situa-

prendere posizione e di rischiare,per affermare con le scelte valori ci-vili e religiosi, oltre che umani, forseinsospettati. Per una specie di etero-genesi dei fini, la guerra divenneun’occasione per avvicinare mondiculturali ancora piuttosto lontani, dicui gli ebrei identificati hanno rac-contato varie sfumature».

Grazie agli studi di suor Loparcoe del Coordinamento storici religiosine sappiamo davvero tanto di più.Specie di quanto accadeva a Roma,dove i numeri furono imponenti perpresenza di case religiose e per nu-mero di ebrei in pericolo. In unaprima ricognizione del 1961 lo stori-co Renzo De Felice calcolò che cir-ca 4.000 ebrei sfuggirono al rastrel-lamento; e di loro 3.500 avrebberotrovato rifugio nella case religiose.Dalle stime di suor Loparco, secon-do una ricerca ancora aperta, a Ro-ma furono certamente più di 220 lecase religiose che accolsero cittadinidi religione ebraica; più di due terzierano istituti femminili e avrebberoospitato almeno 2.775 persone. Ci fuchi nascose una sola persona, chipiù di 100. Di fatto, non è possibiledeterminare con certezza un numerocomplessivo, per diverse variabiliche giocarono nei mesi dell’o ccupa-zione.

In attesa della riapertura degliArchivi vaticani, possiamo racconta-re lo stesso la storia di tante suore

turo Paolo VI. Le suore di SantaBrigida, convento di semi-clausurain piazza Farnese, proprio dinanziall’ambasciata di Francia, anch’essecitate tra i Giusti d’Israele, accolsero20 persone, tra loro l’intera famigliaPiperno, una delle più conosciutedella Comunità ebraica romana.«La nostra famiglia ha avuto la for-tuna di trovare molte persone chehanno aiutato, ma nessuna come labeata Elisabetta e madre Riccardache ci hanno salvato la vita e resti-tuito la dignità», ha potuto raccon-tare l’ormai anziano Piero. Le brigi-dine madre Maria Elisabetta Hessel-blad e madre Riccarda BeauchampHambrough nel momento peggioreinnalzarono sul convento la bandie-ra di Svezia, Paese neutrale. «MadreElisabetta esortava tutto il gruppo acontinuare le pratiche religiose ed arispettare Dio secondo la nostra fe-de. Ricordo il grande rispetto cheella ha avuto nei nostri riguardi inquesto contesto senza mai volerciinfluenzare per lasciare la nostra fe-de né farci pesare che ci trovavamoin un ambiente di religione cattoli-ca».

Accaddero cose incredibili. Dopol’occupazione di Roma, il 10 settem-bre 1943, fu requisito il piano terre-no di un palazzo di nuova costru-zione, la comunità delle Francesca-ne della Misericordia, ordine lus-semburghese con suore quasi tuttedi madrelingua tedesca, per farneun ospedale da campo per le SS fe-rite. Capitò così che al piano terrac’erano i nazisti, al primo le suore,nel sottotetto erano nascosti 40ebrei. Per nove mesi andò avantiquesta folle convivenza. Dal diariodi madre Ignazia, la superiora, sap-piamo che ella personalmente bloc-cò un paio di tentativi dei soldati diesplorare i piani superiori. SuorIgnazia si parò sulle scale e il tonobrusco del suo tedesco, più ancorache la estensione della extraterrito-rialità del Vaticano, fece il miracolo.Solo dopo il 5 giugno 1944, alla Li-berazione di Roma, le SS sgombe-rarono il palazzo e i rifugiati dell’ul-timo piano poterono tirare il fiato.

Sembra tuttora improbabile uncensimento esatto di quanti istituti,maschili e femminili, in Italia e nelresto d’Europa, aprirono le porte achi fuggiva la furia di nazisti e re-pubblichini. Innanzitutto per unmotivo pratico: non sarebbe statopensabile che un’attività così ri-schiosa fosse messa per iscritto inmodo preciso e sistematico. Maiprobabilmente si troverà documen-tazione esauriente negli archivi perchiarire le circostanze di ogni deci-sione, che comunque appaiono dif-ferenziate e multiformi. Secondo imomenti, almeno una sorta di inco-raggiamento autorevole, e di caldoinvito ad aprire i portoni, però,dev’esserci stato se famiglie intere sinascosero anche nei conventi diclausura. Accadde nel monasterodelle suore cistercensi di Santa Su-sanna con 26 rifugiati, ad esempio.O presso le agostiniane dei SetteDolori che ne ospitarono 103.

Ancor prima della terribile razziadel Ghetto ebraico di Roma, il 16ottobre 1943, il Vaticano cercò didare uno scudo giuridico ai conven-ti, estendendo al massimo i vantaggidell’extraterritorialità. Se ne occupòmonsignor Aloys Hudal, di origineaustriaca, rettore del collegio teuto-nico di Santa Maria dell’Anima,scelto forse proprio perché di notesimpatie per il Terzo Reich: «L’uffi-ciale di collegamento — ha lasciatoscritto Hudal — tra il Quartiere su-premo del Fuhrer e quello dell’Ita-lia, colonnello barone von Veltheim,di religione protestante, e a me co-nosciuto come nemico del nazismo,ha a me consegnato più di 550 di-chiarazioni, da lui sottoscritte e mu-nite con un timbro che conventi,istituti, pensioni ecc. da me nomina-ti non potevano essere ispezionati evisitati dalla polizia militare… Iostesso ho consegnato numerose talidichiarazioni e una grande parte hodato al principe Carlo Pacelli… O g-gi posso dire che in nessun collegio,istituto, pensione ecc. munito diuna tale dichiarazione è accadutoqualcosa… migliaia di ebrei nascostia Roma, Assisi, Loreto, Padova ecc.furono così salvati». Fu grazie aquesta ospitalità, dunque, se si sal-varono dall’Olocausto una metà de-gli ebrei presenti a Roma, che supe-rarono i dodicimila.

zioni di emergenza dinanzi alla ri-chiesta angosciata di tanti. Soprat-tutto le suore si trovarono in primalinea e spontaneamente, per motod’animo. L’ultima protagonista, suorCecylia Roszak, è morta un anno fa,a 110 anni, nel convento domenica-no di Cracovia, dove era nota peressere la suora più vecchia al mondoe testimone della Shoah. Suor Ce-cylia durante l’occupazione tedescadella Lituania aveva fondato con al-cune consorelle un convento neipressi di Vilnius che ospitò diversiebrei fuggiti dal ghetto.

Non deve meravigliare. Più dellametà dei Giusti d’Israele, insignitiper avere salvato gli ebrei durante laguerra, sono donne. Diverse le suo-re, anche se dietro ognuna di quellemenzionate per nome c’era una co-munità che rischiava insieme. MariaAgnese Tribbioli, madre superioradi un convento di Firenze, agivanell’ambito dei soccorsi organizzatidal rabbino Nathan Cassuto e dalcardinale Elia Dalla Costa. SuorMarie-Emilienne e madre Marie-Ro-se Brugeron, assieme a padre JosephCaupert, nascosero diversi bambiniebrei nell’orfanotrofio di Mende,nella Francia meridionale. MadreMaria Giuseppina Biviglia era la ba-dessa del monastero assisiate di SanQuirico, tappa obbligata delle corsedel campione Gino Bartali, che inbicicletta portava i messaggi del ve-scovo tra Assisi e Firenze.

O ttant’anni dopo, possiamo cita-re le misurate parole di suor GraziaLoparco, salesiana e docente di Sto-ria della Chiesa presso la PontificiaFacoltà di Scienze dell’educazioneAuxilium di Roma: «L’e m e rg e n z adivenne un’opportunità impensataper sprigionare una capacità di

vano e ripassavano nelle vicinanze.Spesso venivano anche da noi perchiedere l’uso della cucina… di unasala con pianoforte per le loro seratedi divertimento». Ci pare quasi diaverle conosciute, suor FerdinandaCorsetti e suor Emerenziana Bolledigrazie al memorabile libro Unabambina e basta di Lia Levi, scrittri-ce e giornalista, famiglia piemontesedi religione ebraica, trasferitisi a Ro-ma negli anni della guerra. Toccanteuna testimonianza di suor Ferdinan-da: «Rivedo Franca, che una tardasera fu consolata da noi perché inlacrime, consapevole di una retatadi uomini, avvenuta nelle vicinanze;piangeva per timore di suo padrenascosto in un casolare vicino. Qua-si al buio, accanto al suo letto, pre-gammo insieme e, nel dolore, ciunirono le bibliche parole del Sal-mo: Dal profondo ho invocato te, oS i g n o re …». Lia Levi ha scritto pa-gine commoventi su come le suoredi San Giuseppe organizzarono unacamerata di sole giovani ebree perpermettere loro la preghiera. «Eropiccola — ricorda — e non saprei seci fu un ordine di accoglierci delVaticano. Ricordo bene, però, certimomenti di pericolo. Subito dopol’irruzione dei fascisti nella basilicadi San Paolo fuori le Mura (accad-de il 3 febbraio 1944) le suore ci dis-sero di cambiare nome, che bisogna-va stare particolarmente attente, eche questa era l’indicazione del Va-ticano».

Nel convento di Nostra Signoradi Sion, le suore Virginia Badetti eEmilia Benedetti accolsero ben 187persone in pericolo. Le prime fami-glie erano state inviate da monsi-gnor Giovanni Battista Montini, so-stituto della Segreteria di Stato, fu-

che si gettarononell’impresa. Le Be-nedettine di Priscilla,ad esempio, accolse-ro 28 ebrei, li nasco-sero persino nelle ca-tacombe quando te-mettero una perqui-sizione: una di loroandava tutti i giornial mercato, anchefuori città, e tornavasempre con la spesa,fatta magari alla bor-sa nera. La loro sto-ria è tra le più noteperché a riforniretutti di documentifalsi, un giorno arri-vò dal Vaticano unventenne di nomeGiulio Andreotti, ilfuturo uomo politi-co. Le suore di SanGiuseppe di Cham-bery nascosero 57donne ebree con lefiglie nello studenta-to pur condividendoil muro di cinta conun comando tedesco.«Vicini pericolosi etemuti — r i c o rd a ro n o— tanto più perchéalcuni di loro passa-

Madre Agnese Tribbioli

L’enciclica sulla situazione della Chiesa cattolica in Germania sulla prima pagina de «L’Osservatore Romano» del 22-23 marzo del 1937

Pio XI

«L’Osservatore Romano» avevaed ha una lettura attenta e intelli-gente: il limpido dettato di un ar-ticolo rivolto al pubblico non per-metteva di invocare voluti silenzio diverse interpretazioni. Sel’azione diplomatica necessita diriservatezza e di equilibri che nonpossono essere affidati alle stam-pe, ciò che compare sulle paginedi un giornale, difficilmente puòessere misconosciuto: le parolestampate erano un grido levatosenza timore e con il tono vibran-te di chi ricercava la verità e nontemeva di servirla, pronto a pagar-ne il prezzo. Come avvenne.

Non esistono molti studi riguar-do agli interventi de «L’O sserva-tore Romano» riguardo al nazio-nalsocialismo. Al di là dei cennidisseminati in molte pubblicazio-ni, ci consta di una sola ricercaspecifica, anche se — come suoledirsi oggi — “datata”: Fritz San-dmann, «L’Osservatore Romano» eil Nazionalsocialismo (1929-1939),edito nel 1976.

Sulla sua scia ho voluto sfoglia-re in particolare gli ultimi tre annidi pontificato di Pio XI (1937-1939). Agli inizi, «L’O sservatoreRomano» sembra mostrare unacerta incertezza verso il movimen-to nazionalsocialista: probabil-mente non ne capiva a fondol’ispirazione ed era combattuto trail rigoroso e quasi scrupoloso ri-spetto, che contraddistingueva ilquotidiano, a proposito delle vi-cende politiche degli Stati efors’anche dalla convinzione cheesso rappresentasse aspirazionicomprensibili dopo le trattative dipace per la prima guerra mondia-le, iniquamente umilianti per laGermania. «L’Osservatore Roma-no», però, rapidamente prese co-scienza della “diversità” del nazio-nalsocialismo rispetto ai valori cri-stiani e con crescente decisione nesottolineò i limiti e ne criticò gli

la Baviera e la Prussia. Secondoquesta esigenza si può notare che«L’Osservatore Romano» si mo-strò prudente. Insieme, però, fuesplicito: non mancò di servire laverità e, dunque, di rischiare, in-tervenendo nella denuncia delleviolazioni dei diritti delle personee della propaganda anticristiana.Proprio perché la Chiesa cattolicasi sentiva voce di chi non avevavoce, la posizione de «L’O sserva-tore Romano» divenne semprepiù critica: basterebbe leggere al-cuni articoli del 1935.

Accanto alla denuncia «L’O s-servatore Romano» assunse anchel’impegno della supplenza: comin-ciò a pubblicare integralmente lelettere pastorali dei vescovi tede-schi, le loro omelie, i loro inter-venti. Era un modo per dare vocealla Chiesa tedesca, controllatasempre più dalla polizia del regi-me. Era, insieme, un modo per farconoscere al mondo intero — quelmondo “che conta” — il volto ef-fettivo del nazionalsocialismo. Eraun modo per ammonire le co-scienze degli statisti e per renderlivigilanti contro ogni cedimento al-la dittatura di Hitler.

Certamente un posto a partemerita l’attenzione data a quelmanifesto antinazista che fu l’enci-clica Mit brennender Sorge, datata14 marzo 1937, e letta in tutte lechiese tedesche la domenica suc-cessiva, 21 marzo, Domenica dellePalme. Non possiamo tacere il si-gnificato della datazione: la con-danna del nazionalsocialismo fuvoluta da Pio XI prima di quelladel comunismo bolscevico, conte-nuta nell’enciclica Divini Redem-ptoris, datata il 19 marzo, per farpercepire che la condanna del na-zismo doveva essere fatta prima diquella del comunismo.

Singolare il 1937: in quel soloanno furono pubblicati 143 articolie molti di loro raccolgono al loro

no» nel solo 1938 intervenne per231 giorni su 310 giorni editoriali,ma, se sommiamo gli articoli didiverso calibro, arriviamo a un da-to ancor più clamoroso: 408 arti-coli.

La tensione si fece palpabilecon l’avvicinarsi della venuta diHitler in Italia nei primi giorni dimaggio del 1938, sino al voluto si-lenzio da parte del quotidiano sul-la presenza del Führer, per ordinedi Pio XI: il 29 aprile — un appun-to anonimo, ma con grafia che ri-chiama quella del Sostituto Mon-tini: «Ho detto all’O. R. che nonpubblicassero questa notizia e ta-cessero sulla venuta di Hitler finoa nuovo ordine» e due giorni do-po (1° maggio): «Si continui a ta-c e re » .

La denuncia si fece per certiversi affannosa negli ultimi giornidi vita Pio XI: tra il 1° gennaio e il10 febbraio 1939, giorno della suamorte, «L’Osservatore Romano»pubblicò cinquantasette interventi,talvolta con contenuti e titoli ta-glienti: Povertà scientifica del razzi-smo in un libro di Werner Sombart(3 febbraio 1939), mentre il pensie-ro di Alfred Rosenberg, che dal1933 ricopriva la carica di Delega-to del Führer per l’educazione e laformazione intellettuale e filosofi-ca del Partito Nazionalsocialista,postulava «una sapienza e un’in-telligenza, che non emergevano»(6 febbraio 1939).

«L’Osservatore Romano» nonsi limitò alla difesa degli “i n t e re s -si” cattolici, ma sostenne anche levoci del dissenso protestante, co-me quando il 19 gennaio 1939 ri-portò la conferenza di Karl Barth,esule in Svizzera, nella quale ave-va definito il nazionalsocialismo«una “antichiesa” delib eratamenteostile al cristianesimo, di fronte al-la quale non è possibile osservareun’apatica neutralità religiosa».Quando poi il Führer affermò da-vanti al Reichstag (31 gennaio1939) che in Germania ogni libertàera garantita, il commento fu lapi-dario: della «Libertà (...) si è per-duta ormai quasi ogni traccia nelterzo Reich». Comprensibile il si-lenzio del governo e della stampanaziste alla morte di Pio XI: era ilsegno “a s s o rd a n t e ” per il troppo etroppo chiaro parlare del Papa,diffuso attraverso il suo giornaleufficioso.

di ENNIO APECITI

Come reagì la SantaSede all’ascesa del na-zionalsocialismo? Co-me si comportò du-rante il suo rapido e

devastante affermarsi?«L’Osservatore Romano» è un

prezioso strumento per risponde-re, perché tutti potevano leggere econoscere e commentare i suoi ar-ticoli, che arrivavano presso tuttele Cancellerie dei Governi, ove

atteggiamenti. Il quotidiano dellaSanta Sede nel corso degli annisembra sempre più muoversi cometra Scilla e Cariddi: evitare loscontro esplicito ma non mancareal dovere della denuncia.

Evitare lo scontro esplicito erauna necessità, soprattutto nei mesiin cui ci si affrettò a raccoglierel’invito a sottoscrivere un concor-dato con il nuovo Reich, che rece-pisse a livello dell’intera nazionetedesca quanto sino ad allora erastato relativo ad alcuni Stati, come

interno paragrafi — e dunque noti-zie e commenti — dedicati ad ar-gomenti diversi. Potremmo tran-quillamente dire che non passògiorno che «L’Osservatore Roma-no» non intervenisse sul drammache si consumava in Germania.Non a caso l’anno si chiuse colcoraggioso discorso natalizio, elo-quente sin dal titolo, L’alta, acco-rata parola del Santo Padre per lapersecuzione che affligge la Chiesa,quando Pio XI parlò con toni danuovo Mosè: «Vogliamo chiamarele cose col loro nome. Nella Ger-mania c’è la persecuzione religio-sa». Non c’erano sfumature, comesi vede. Né fu da meno l’annosuccessivo: «L’Osservatore Roma-

Page 5: L’Onu chiede una risposta globale OPO LA PA N D E M I A ... · operatori probabilmente hanno vis-suto. Ma sono lì insieme, uniti in una missione comune e al centro di un luogo

L’OSSERVATORE ROMANOsabato 30 maggio 2020 pagina 5

A sessant’anni dalla morte di Boris Pasternak

L’artee il «delirio dell’esistenza»

Non sotto terra ma verso il cielo

Leonid Pasternak, «Ritratto del figlio Boris» (1910)

Il poeta assetato di totalitànon ha bisogno di forzare la realtàMa sa semplicemente vederlaattraverso uno sguardo che lo portaa cogliere l’essenza sepolta delle cose

Una scena del film tratto dall’omonimo romanzo «Il dottor Živago» con Omar Sharif e Julie Christie

La rivoluzionedelle parabole

Per me la cosa principale è che Cristoparla con parabole tratte dalla vita di ognigiorno. Il mondo antico finì in Roma, inquell’orgia di cattivo gusto, in oro emarmi, venne lui, leggero e vestito di luce,precipuamente umano, volutamenteprovinciale, il Galileo, e dal quelmomento i popoli e gli Dei cessarono diesistere e cominciò l’uomo, l’uomofalegname, l’uomo agricoltore, l’uomopastore tra un gregge di pecore altramonto, l’uomo il cui nome nonsuonava solenne e feroce, l’uomogenerosamente offerto a tutte le ninne-nanne materne del mondo.

da Il dottor Živago (1957)

Essere rinomati non è bello,non è così che ci si leva in alto.Non c’è bisogno di tenere archivi,di trepidare per i manoscritti.

Scopo della creazione è il restituirsi,non il clamore, non il gran successo.È vergognoso, non contando nulla,essere favola in bocca di tutti.

Ma occorre vivere senza impostura,vivere così da cattivarsi in finel’amore dello spazio, da sentireil lontano richiamo del futuro.

Ed occorre lasciare le lacunenel destino, non già fra le carte,annotando sul margine i capitolie il luoghi di tutta una vita.

Ed occorre tuffarsi nell’ignotoe nascondere in esso i propri passi,come si nasconde nella nebbiaun luogo, quando vi discende il buio.

Altri, seguendo le tue vive tracce,faranno la tua strada a palmo a palmo,ma non sei tu che devi sceveraredalla vittoria tutte le sconfitte.

E non devi recedere d’un solobriciolo dalla tua persona umana,ma essere vivo, nient’altro che vivo,vivo e nient’altro sino alla fine.

da Poesie (1931)

di ADRIANO DELL’AS TA

«C onosco persone chesono vissute, soprav-vissute grazie ai Suoiversi, grazie alla per-cezione del mondo

che i Suoi versi comunicavano (…) Ha maipensato a questo? Agli esseri umani chesono rimasti esseri umani soltanto perchécon sé avevano le Sue parole, i Suoi dise-gni e pensieri? Che i Suoi versi venivanoletti come preghiere?». Così scriveva a Pa-sternak un altro dei grandissimi protagoni-sti della letteratura russa del XX secolo,Varlam Šalamov, in una lettera del 24 di-cembre 1952. Era stato appena rilasciatodal campo, ma era ancora al confinonell’inferno della Kolyma; la prospettiva dipoter tornare libero nella Russia europeaera ancora lontana, ma quello che gli inte-ressava nella vita, quello che contava pervivere, nell’esperienza di uno che era appe-na scampato quasi per miracolo dai campi,era parlare della poesia, perché proprio lapoesia era quello che gli aveva permesso disopravvivere e proprio grazie alla poesiapensava di poter continuare a vivere. E inquesto riconosceva che i versi di Pasternakerano stati una fonte di vita. La pubblica-zione del Dottor Živago era ancora lontana,e il Nobel altrettanto, ma questa lettera,per Pasternak, era come un’i n c o ro n a z i o n eanticipata che nessuno avrebbe potuto im-pedire, come sarebbe successo qualche an-no dopo con il Nobel, era un riconosci-mento che nessuno avrebbe potuto metterein dubbio come sarebbe successo quandoqualcuno attribuì il Nobel e l’uscita delDottor Živago a chissà quali trame politi-che: Pasternak era già grande al punto cheleggerlo era questione di vita o di morte;di più: era questione di riuscire o meno ascoprire un senso nella vita e ad attingere aquesto senso, all’eterno. Non era dunquesemplicemente un grande, ma lo era per-ché era poeta, era l’artista nella sua stoffaultima: dove l’arte diventa preghiera e se-gno di una comune umanità.

Non è un caso che uno dei giovani chevenne ritratto il giorno dei funerali di Pa-sternak mente portava il coperchio dellasua bara, a testimonianza di una sorta diassoluta e finale famigliarità, fosse quel-

posizioni di un regime che voleva faredell’arte uno strumento di trasformazionedel reale e a dispetto anche di un’immagi-ne che vuole trasformare la genialitàdell’artista in un arbitrio assoluto, la ricer-ca di questa totalità per Pasternak non fumai l’imposizione di nulla che le cose stes-se non avessero già dentro di loro; perchéanzi la forza del poeta è nel «saper nondeformare la voce della vita che echeggiadentro di noi». L’immagine del poeta chevive in un suo mondo altissimo, ma irrealeè totalmente estranea in questo senso a Pa-sternak che, alla sua poesia dice: «Tu nonsei la prestanza d’un cantore mellifluo, / tusei un’estate con un posto in terza classe, /tu sei un sobborgo e non un ritornello».

Il poeta non ha bisogno di forzare innulla la realtà, semplicemente sa vederlacosì per uno sguardo che lo costituisce e loporta a vedere l’essenza sepolta delle cose:«Forse solo il fango voi vedete, / e nonbalza ai vostri occhi il disgelo? / Non luc-

Se questa è la realtà, se il «gusto digrandi principi in quel che accade» è qual-cosa che esiste come «non invitato», mapresente, il poeta e, con lui, l’uomo nonpossono fare altro che dire: «In tutto iodesidero giungere / all’essenza: / nel lavo-ro, nel cercare la via, / nella discordia delcuore. / All’essenza dei giorni trascorsi, /alle cause loro, / alle basi, alle radici, / alnucleo».

È semplicemente la vita, ma — bisognaricordarlo — non una vita fatta di oggettiesterni, perché tutto, la storia come la na-tura, come gli oggetti che stipano il «vago-ne dei traslochi» di Pasternak, tutto, inrealtà, è la vita «che echeggia dentro dinoi»: tutto quanto accade e ci circonda as-sume in lui una dimensione personale. Lastessa natura viene così concepita come lapossibilità di un incontro personale; eraquanto lo stesso Pasternak diceva di averecapito visitando Venezia, dove ebbe «lafortuna di imparare che si può ogni giornoandare a un appuntamento con un pezzodi spazio costruito, così come con una per-sona vivente».

Ogni particolare della vita appare così,agli occhi del poeta, come un’occasione diincontro fra gli esseri e come un’o ccasione

significato della venuta di Cristo nel mon-do: «Che profondo significato in questocambiamento! In qual modo per il cielo(perché è con gli occhi del cielo che biso-gna valutare tutto ciò, perché tutto ciò sicompie al cospetto del cielo, nella divinacornice dell’unicità), in qual modo dunqueuna singola circostanza umana, insignifi-cante dal punto di vista dell’antichità, di-venta invece per il cielo equivalenteall’emigrazione di un popolo intero? [gliebrei che attraversano il Mar Rosso].Qualcosa nel mondo era mutato, scompar-sa Roma, cessava il potere del numero,l’obbligo imposto a ciascuno, con le armi,di vivere come tutti gli altri, come la mas-sa. I capi e i popoli spariscono nel passato.Al loro posto sorge il rispetto della perso-nalità, l’affermazione della libertà. Unasingola vita umana è diventata la storia diun Dio, ha riempito del suo contenuto tut-to lo spazio dell’universo. Come si dice inun cantico dell’Annunciazione, Adamo vo-leva diventare Dio e sbagliò, non lo diven-ne, ma ora Dio diventa uomo per fare diAdamo un Dio (“Dio si fa uomo per faredi Adamo Dio”)».

Era questa scoperta, prima di ogni giu-dizio politico, che rendeva Pasternak cosìestraneo non solo al sistema sovietico, maad ogni sistema che pretenda di avere inmano la formula dell’uomo e della società;ed era questa scoperta che lo rendeva poe-ta, cioè uomo capace di parlare agli uominidi quello per cui vale la pena vivere: lapoesia, grazie alla quale chiunque può so-pravvivere in un campo e della quale egliaveva detto che «resterà sempre quella co-sa, più alta di tutte le Alpi di celebrata al-tezza, che giace nell’erba, sotto i piedi, cosìche bisogna solamente chinarsi per vederlae raccoglierla da terra».

l’Andrej Sinjavskij che avrebbe scritto su dilui alcune cose ancora oggi insuperate eavrebbe detto poi che «l’arte è sempre, inmisura minore o maggiore, una preghieraimprovvisata». E forse la non casualità sifa ancora più evidente se pensiamo chequesta cosa Sinjavskij la scrisse all’iniziodegli anni Settanta quando stava anche luiin un campo.

La condizione estrema, le circostanzeche sembravano poter soffocare ogni crea-tività avevano invece riportato alla lucel’essenziale di cui vive l’uomo e di cui vivela poesia.

Pasternak era esattamente questo andareall’essenziale, secondo una sua unità ultimache nessuna divisione, decomposizione,frammentazione può anche solo lontana-mente minacciare; così Sinjavskij, scriven-do di lui, aveva detto che la peculiaritàdella poesia consiste nel «mostrare il mon-do nell’organica unità delle parti che locompongono», nella continua preoccupa-zione di «estrarre il comune denominatoredelle azioni umane, dei tramonti del sole edelle vie cittadine»: insomma, caratteristicadel poeta è la ricerca del senso unitario delreale, questa capacità di dare spazio a tuttoe di riassumere tutto senza che su tutto re-gni quel nichilismo ultimo che è l’assenzadi senso. E infatti un altro grande interpre-te di Pasternak, Angelo Maria Ripellino,aveva scritto della sua poesia: «Certe quar-tine sono stipate di oggetti come un vago-ne dei traslochi, ma il disordine è solo ap-p a re n t e » .

Questa sete di totalità è così connaturaleper il poeta che l’imperativo che egli dettaalla sua poesia è esattamente: «Non rinun-ciare all’ampiezza»; ma a dispetto delle im-

cica per i canali / come un trottatore po-mellato?».

Il poeta non ha dubbi che questa sia larealtà e non, come gli dice il potere, un ri-piegarsi su un intimismo decadente; il poe-ta è certo che questa è la natura dell’uomo,perché tanto gli testimonia la storia imme-moriale dell’umanità, che gli consente divedere «nella sfinge / non una nostra in-congruenza: non le congetture / d’un Gre-co messo in imbarazzo, non l’enigma, / maun antenato»; e tanto gli dice la sua espe-rienza, per la quale risulta evidente «quan-to sia più modesta di noi stessi / la nostraimmortalità d’ogni giorno».

E là dove non bastano la storia e l’esp e-rienza personale interviene la natura, con ilsuo miracolo infinito, che ci sorprendeogni giorno e rende la vita dell’uomo e ilmondo in cui vive uno spettacolo irriduci-bile a ogni misura, sempre uguale e semprediverso: «Questo è davvero un novello mi-racolo, / come altre volte è di nuovo la pri-mavera. / eccola, è lei, è lei. / Questo è ilsuo incanto e la sua meraviglia (…) Il di-scorso della piena è il delirio dell’esisten-za».

Davanti a questa lezione, davanti a que-sto «delirio dell’esistenza», il poeta non hadubbi che questa sia la realtà, perché que-sta è la vita che si trova davanti e non lavita che si è costruito o che gli hanno im-posto: «Voglio, come un sogno alla lucedel sole, / rammentare la vita e rimirarla involto. / Non invitata, essa inserì dapprima/ il gusto di grandi principi in quel che ac-cadeva. / Io non li ho scelti e non dipendedai nervi / se non li bramavo, ma li pre-sentivo».

di amore, perché «l’onnipossente Dio deidettagli» è anche «l’onnipossente Diodell’A m o re » .

Non è che Pasternak non si occupasse digrandi cose, che non fosse capace di distri-carsi nelle complicazioni della storia,tutt’altro: aveva una capacità di giudizioche rese il suo Živago (con la denuncia deidisastri della collettivizzazione) inaccettabi-le per il sistema sovietico; però anche que-sta capacità di giudizio non era una cosasorta negli ultimi tempi, sotto le sollecita-zioni della guerra fredda: all’inizio deglianni Trenta, con Hitler appena salito alpotere, aveva saputo identificare un cuorecomune ai due totalitarismi definendolo «ilbestialismo del fatto». Ma non era questoche gli interessava innanzitutto; non eraquesta l’essenza che cercava: mirava a qual-cosa di molto più concreto e vero della sto-ria che i potenti pretendevano di costruiree che poi li lasciava con niente in mano.Anzi, se poteva pronunciare giudizi tantoprecisi e inusuali sulla storia era proprioperché quell’essenza più radicale e profon-da gli era entrata nel cuore e negli occhi eallora poteva capire perché uno dei perso-naggi più affascinanti del suo Živago, quel-lo Strel’nikov che era partito come una ge-neroso combattente della rivoluzione, fossediventato poi il fucilatore (questo è il si-gnificato del soprannome Strel’nikov):«Possedeva in misura rara purezza moralee senso della giustizia, era acceso dai piùnobili sentimenti. Ma per essere uno scien-ziato che apre nuove vie, alla sua intelli-genza mancava il dono del fortuito (…)Nello stesso modo, per operare il bene, al-la sua coerenza di principi mancava l’in-coerenza del cuore, che non conosce casigenerali, ma solo il particolare, ed è grandeperché agisce nella sfera del piccolo».

Quello che poteva cambiare la storia, eche di fatto l’aveva cambiata, era esatta-mente la scoperta del particolare, l’i r ru z i o -ne in essa di un particolare che assumevaun senso universale. È una pagina immor-tale del Dottor Živago, dove si ripercorre il

Essere rinomatinon è bello

di ANDREJ SI N J AV S K I J

I l 30 maggio del 1960 morì Boris Pa-sternak. Morì escluso dall’Unione de-gli scrittori e in grave disgrazia presso

i governanti del suo Paese, insultato suigiornali, e il tutto perché aveva ricevutoun Premio Nobel per la letteratura nongradito dalle autorità sovietiche. Per que-sto motivo i giornali non avevano neppurecomunicato dove e quando si sarebberosvolti i funerali del poeta: il Governo ave-va tenuto la cosa nel più rigoroso segreto.Pasternak, che viveva allora a Peredelkino,un piccolo centro vicino a Mosca, avevalasciato disposizione che lo seppellisseronel piccolo cimitero locale, un cimiteromolto pittoresco, su una collina, che si ve-de dalle finestre della dacia di Pasternak.Però nonostante tutto tutta la gente vennea sapere la data e il luogo delle esequie elo venne a sapere principalmente dalle ra-dio straniere. Attorno alla casa di Paster-nak si raccolse una grande folla. Gli scrit-tori noti erano pochi, perché di norma essisono sono prudenti e temono sempre didispiacere le autorità; ma c’erano moltiagenti della polizia segreta. Le autoritàavevano escogitato un espediente per ren-dere più sbrigativo il funerale: avevanocioè disposto che un furgone andasse aprelevare la salma, benché ciò non sia af-fatto richiesto nei funerali russi. Infatti lagente ignorò completamente la presenzadel furgone e la bara di Pasternak venneportata a braccia, attraverso il bosco, finoal cimitero sulla collina. E questo assunsepersino un carattere simbolico: il nostrodolore era frammisto a uno slancio interio-re, a una nuova consapevolezza. E poiché

il cimitero si trovava su una collina, a noiche portavamo e accompagnavamo la ba-ra, sembrava non di calare il poeta sottoterra, ma di innalzarlo verso il cielo. Ebenché gli agenti ci incalzassero dicendo:«Svelti, spicciatevi, sotterratelo!», direi chequello fu un momento di vera esaltazione.Dopo la sepoltura molti dei convenuti nonsi decidevano ad allontanarsi dal cimitero,cominciarono anzi a leggere versi del poe-ta, e questo continuò fino a notte fonda.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato 30 maggio 2020

I frati cappuccini e la peste del 1630 a Milano

Quella graziadi servire il prossimo

di EGIDIO PICUCCI

Molti sanno che i cappuccinisono chiamati i “frati delp op olo” ma quasi nessuno

ricorda che essi erano anche cono-sciuti come i “frati delle pesti e delfuo co”, con il richiamo alla loropresenza nelle epidemie e al ruolodi vigili del fuoco che esercitavanoa Parigi. Fin dalla nascita essi si so-no dedicati all’assistenza degli ap-pestati nella città in cui apparverola prima volta (Camerino, nelleMarche) e, grazie ai premurosi ser-vizi ai malati, la duchessa CaterinaCibo li aiutò a ottenere dallo zioPapa Clemente VII l’a p p ro v a z i o n edella riforma francescana da loroiniziata. Da quegli anni in poi nonc’è epidemia in cui essi non sianostati presenti, o perché chiamatidalle autorità civili o perché si offri-vano come volontari. Famosa la ri-chiesta fatta da Paolo Bellintani daSalò, autore del celebre Dialogo del-la peste, al padre commissario deifrati cappuccini di Milano, di esseremandato a servire gli appestati:«[…] Mi getto prostrato avanti suaReverentia pregandola et suplican-dola che mi voglia concedere que-sta gratia di puotermene andare aexercitare un tanto e tale ufficio[…], perché come ben sapeti,l’amar il prossimo, è de jure divino».

La più classica presenza inun’epidemia è quella nella pande-

Padre Felice Casati scampòall’epidemia e morì a Livorno men-tre si recava a Roma per parteciparea un’importante riunione. Fu sepol-to nella chiesa dei cappuccini dellacittà.

È bello rileggere come in filigra-na, in questi giorni di pandemia incui infuria il coronavirus (o covid-19), questo capitolo de I promessisposi nel quale Alessandro Manzoniricorda nel suo romanzo le tristi vi-cende accadute a Milano dall’au-tunno del 1629 al maggio del 1630.«Bello perché tanti passaggi — hascritto il cappuccino professor Gio-vanni Spagnolo — accomunano“quella” peste a “questa” pandemia,con i dovuti distinguo, ovvio: negli-genza e incuria iniziali delle pubbli-che autorità nel cercare di arginareil contagio; la peste entra a Milanoe si diffonde lentamente in città tralo scetticismo della popolazione chenon crede alle cause dell’epidemia eaccusa i medici».

Certamente non si è arrivati alleteorie di don Ferrante, per il quale«il contagio non è né sostanza néaccidente, dunque none esiste. Suquesti fondamenti — scrive Manzo-ni — non prese nessuna precauzio-ne; andò a letto a morire come uneroe di Metastasio, prendendoselacon le stelle». Purtroppo, aggiungeil professor Spagnolo, «i tempi so-no cambiati e anche i frati cappuc-cini hanno dovuto pagare, come

Melchiorre Gherardini, «Piazza San Babila a Milano durante la peste del 1630»

Il ruolo degli ordini religiosi nella costruzione dell’E u ro p a

Lievito fecondodi MICHELE DI BARI

Recenti successi editoriali mo-strano come la cultura laica,anche quella distante da in-

teressi religiosi, è sempre più attrat-ta dall’esperienza del monachesimocristiano occidentale, ritenendolouno dei principali artefici dell’identi-tà europea.

Si avverte la necessità di una at-tenta riflessione su quell’esp erienza,che conobbe una grande fioriturasoprattutto in età medievale, percercare di disvelare le radici dellanostra cultura e la fonte dei valori,la cui riaffermazione può contribuirea rafforzare le basi per la costruzio-ne dell’Europa come entità politicae sociale.

Un ruolo significativo nella seco-lare e travagliata vicenda storica delnostro continente ebbero in generalegli ordini religiosi, a partire natural-mente dal monachesimo benedetti-no. Nel VI secolo, intorno al 529, Benedetto da Norcia fondò il mona-stero di Montecassino, nel quale uo-mini di ogni ceto sociale e culturaleerano chiamati a cercare la perfezio-ne cristiana attraverso una rigidaascesi e la vita comunitaria, disci-plinata da una equilibrata Regola, ilcui fulcro era sintetizzato nel motto«Ora et labora».

Si trattò di un evento davvero ri-voluzionario che consentì al mona-chesimo benedettino di diffondersi in tutta Europa con i suoi insedia-menti, i suoi amanuensi, le sue bi-blioteche, le sue proprietà fondiarie,realizzando così la trasmissione del-la cultura dell’antichità all’o ccidentecristiano e promuovendo con leaziende agricole annesse ai suoi mo-nasteri la bonifica di vasti territori.

Più tardi, nel XIII secolo, la nasci-ta dei cosiddetti ordini mendicanti,che, a differenza di quelli monastici, non praticavano la stabilitas loci, masi muovevano da città a città perpredicare il Vangelo ed esortare i fe-deli ad ispirare la propria vita aiprincipi evangelici, introdusse nuo-ve forme di vita religiosa, imperniatesulla pratica di una rigorosa povertàevangelica, sull’umiltà, sulla peni-tenza, sull’impegno nel mondo at-traverso la predicazione.

Il fenomeno della nascita e diffu-sione degli ordini mendicanti è lega-to, tra l’altro, al processo storico del-la rinascita delle città e della nascitadei liberi Comuni a partire dal seco-

lo undicesimo. I Mendicanti, gli or-dini cosiddetti “re g o l a r i ”, perché go-vernati da una “Regola”, soddisfece-ro un bisogno di assistenza spiritua-le, di cura animarum, avvertito dallacrescente popolazione urbana, alquale evidentemente il clero secola-re, i parroci, non erano in grado disopperire del tutto.

Nel 1210 Francesco d’Assisi ed isuoi primi confratelli ottennero da Papa Innocenzo III il riconoscimen-to della forma di vita religiosa da es-si scelta. Questi fratres minores siproponevano la diffusione dei valoriprofondi della morale evangelica,l’amore per Dio e l’amore fra gli uo-mini.

Nel 1216 Papa Onorio III a p p ro v ò l’ordine dei domenicani che si de-dicò soprattutto alla predicazioneed alla difesa della fede cristiana.Più tardi, nei secoli XVI e XVII e nell’ambito della Riforma cattolica,nuovi ordini religiosi accentuaronoquesta proiezione verso la società se-colare, in cui svolsero un ruolo capi-tale per la diffusione dell’i s t ru z i o n e superiore (è il caso della Compagniadi Gesù fondata da Ignazio di Loyo-la nel 1534) e popolare (è il caso de-

gli scolopi, fondati da Giuseppe Calasanzio nel 1617), e per l’assi-stenza delle classi povere duramente colpite dalla crisi provocata dalla de-pressione economica, dagli sconvol-gimenti bellici e dalle pestilenze chetormentarono specialmente il secoloXVII. A tale proposito l’attività so-prattutto dei Fatebenefratelli, fondati

nel 1540, e dei camilliani, nati nel1584, si rivelò molto significativa. La spinta alla diffusione del messag-gio cristiano comportò peraltro an-che l’interesse dei gesuiti e di altriordini religiosi alle missioni in Cina,Giappone e nell’Estremo Oriente.

Per ragioni politiche, sociali edeconomiche, e nell’ambito di ampiprocessi di secolarizzazione interve-nuti nei Paesi cattolici europei delXVIII e XIX secolo, gli ordini religiosifurono colpiti da leggi di soppres-sione che comportarono l’acquisizio-ne da parte dello Stato dei loro be-ni. Nonostante ciò, le comunità mo-nastiche e conventuali riuscirono asopravvivere ed infine riottennero ilriconoscimento civile, come avvennein Italia con i Patti Lateranensi del1929.

Oggi, nonostante la forte crisidelle vocazioni, le comunità religio-se certamente continuano a costitui-re un “lievito” fecondo nella vitadella Chiesa, ma sono anche guar-diani di valori che l’Europa contem-poranea deve custodire.

Si tratta di valori insieme spiritua-li, storici e culturali, che caratteriz-zano il vecchio continente e, tra

questi, figurano anche quelli ispirati al cristianesimo. L’Europa, infatti,prima di essere un concetto geogra-fico, è soprattutto un’entità cultura-le che si è evoluta nel corso di mil-lenni di storia ed è contrassegnatada caratteri ben specifici. E sono proprio queste radici storiche e cul-turali, tra cui rientra anche il cri-

stianesimo, a rendere più saldal’identità e la memoria. Solo chi haun’identità e una memoria ben fortie consolidate può accogliere l’altro edialogare con lui.

Come è noto, sia san GiovanniPaolo II che Benedetto XVI auspica-rono vivamente l’inserzione nel testodella Costituzione europea, entratain vigore il 1° dicembre 2009, di unriferimento alle “radici cristiane”dell’Europa accanto a quello riguar-dante l’eredità greco-romana. En-trambi questi riferimenti non furono accolti e nel preambolo della Costi-tuzione, frutto di un serrato dialogo,sono menzionate le eredità culturali,religiose ed umanistiche dell’E u ro p a .Il tenore dell’articolo 51 del testo co-stituzionale, che evoca il riconosci-mento dei diritti delle Chiese e il«dialogo strutturale fra le istituzionieuropee e le Chiese», conferma lospirito “laico” che, per volontà del-la maggioranza dei Paesi europei, siè voluto conferire alla Costituzioneeuropea, rinunciando a riconoscere gli elementi qualificanti del patrimo-nio storico e culturale dell’E u ro p a .

Un grande filosofo laico Bene-detto Croce scrisse un breve saggiodal titolo Perché non possiamo nondirci “cristiani”. La Chiesa cattolicacircoscrive lo spazio dell’Europa oc-cidentale almeno dalla riforma gre-goriana dell’XI secolo fino alla Ri-forma del XVI secolo. Ed oggi si ten-de, abusando della parola identità, arisagomare il passato sotto quella in-segna.

È evidente, quindi, che l’identitànon può essere avulsa dal sistema di valori che essa racchiude, e che talivalori sono largamente diffusi e con-divisi dalle popolazioni.

Certamente l’asserzione delle radi-ci cristiane fa riferimento ad un pa-trimonio del passato, individuato trai tanti principi entrati nelle carte co-stituzionali degli Stati europei, comei diritti fondamentali, l’esercizio del-le libertà, il rispetto della dignitàdelle persone, la parità di genere,ma costituisce anche un orizzontecapace di allargare il perimetro deivalori oltre la formula astratta, af-frontando le nuove sfide cui i flussimigratori hanno dato luogo nel vec-chio continente. È un’arena di con-fronto, dove quel patrimonio medie-vale tornerà molto utile per aggan-ciare il futuro dell’Europa alle radicicristiane.

Il 31 maggio l’abbazia di Montecassino riapre ai fedeli

Con sguardo rinnovato

mia scoppiata a Milano nel 1630 enarrata dal Manzoni ne I promessisposi. Il gruppo dei religiosi eraguidato da padre Felice Casati(1583-1656), a cui venne affidata ladirezione del lazzaretto insieme apadre Michele Pozzobonelli. Il“mirabile frate” un giorno si avvolseuna corda intorno al collo, in segnodi umiltà, e dopo essersi inginoc-chiato fece un discorso che il Man-zoni riassume così: «Noi abbiampotuto riferire, se non le precise pa-role, il senso almeno, il tema diquelle che proferì davvero; ma lamaniera con cui furon dette non ècosa da potersi descrivere. Era lamaniera d’un uomo che chiamavaprivilegio quello di servir gli appe-stati, perché lo teneva per tale; checonfessava di non averci degnamen-te corrisposto, perché sentiva dinon averci corrisposto degnamente;che chiedeva perdono, perché erapersuaso d’averne bisogno. Ma lagente che s’era veduti d’intornoque’ cappuccini non occupati d’al-tro che di servirla, e tanti n’avevaveduti morire, e quello che parlavaper tutti, sempre il primo alla fati-ca, come nell’autorità, se non quan-do s’era trovato anche lui in fin dimorte; pensate con che singhiozzi,con che lacrime rispose a tali paro-le. Al termine delle quali egli preseuna grande croce appoggiata a unpilastro, se la inalberò davanti, la-sciò sull’orlo del portico esteriore isandali, scese gli scalini e, tra la fol-la che gli fece rispettosamente lar-go, s’avviò per mettersi alla testa diessa».

tutti del resto, alla pandemia in cor-so, in diversi conventi soprattuttonel Nord Italia, un prezzo piuttostoelevato. Tuttavia, anche in questoperiodo di quarantena, i poveri diMilano, Bergamo e di altre località,hanno potuto lo stesso presentarsialle mense gestite dai frati, in parti-colare negli ospedali e nelle case dicura».

Che poi anche loro abbiano paga-to il tributo alla pandemia con lamorte di una dozzina di religiosi —compreso quello che serviva allamensa i poveri dai quali ha contrat-to il virus — rientra nella tradizionedi un servizio che, iniziato agli albo-ri del Cinquecento, non finirà mai.

Lutto nell’episcopatoMonsignor Paolo Mietto, dellacongregazione di San Giuseppe(Giuseppini del Murialdo), vica-rio apostolico emerito di Napo,in Ecuador, è morto lunedì 25maggio, dopo una lunga malattiacomplicatasi a causa del covid-19,Il compianto presule era nato aPadova, il 26 maggio 1934, e ave-va ricevuto l’ordinazione sacerdo-tale per i Giuseppini del Murial-do il 30 marzo 1963. Eletto allaChiesa titolare di Muzuca inByzacena il 1° luglio 1994 e nomi-nato, al contempo, coadiutore delvicariato apostolico di Napo, ave-va ricevuto l’ordinazione episco-pale il 22 ottobre successivo. Il 2agosto 1996 era succeduto percoadiuzione come vicario aposto-lico di Napo, rinunciandone algoverno pastorale l’11 giugno2010. Le esequie sono state cele-brate a Quito, nella casa provin-ciale dei Giuseppini, dei quali erastato superiore generale. Le spo-glie saranno tumulate nel cimite-ro di Tena, sede del vicariato.

di IGOR TRABONI

L’abbazia di Montecassino siprepara a riaprire ai fedeli eai visitatori e la data scelta

dalla comunità monastica è quella didomenica 31 maggio, con una cele-brazione presieduta dall’abate Do-nato Ogliari, alle 10.30. «È una sfi-da del tutto nuova — afferma l’abate— che affrontiamo con senso di re-sponsabilità, con serenità e fiduciacosì da poter tornare con entusia-smo a vivere, accanto al nostro “O raet labora” quotidiano, l’incontro con

i fedeli, con i visitatori, i pellegrini equanti vorranno affidarsi alla inter-cessione di san Benedetto>. Tra spi-ritualità, arte e cultura, si potràquindi di nuovo salire sulla roccache domina la città di Cassino; l’in-tero complesso monastico sarà peral-tro visitabile il giorno dopo, lunedì 1giugno, con modalità da “op enday”, anche se occorre prenotarsionline.

Ma torniamo alle parole dell’aba-te Ogliari che ben descrivono ancheil momento vissuto dalla comunitàbenedettina: «Vi è stata e vi è preoc-cupazione per la sofferenza e losmarrimento che la crisi pandemicaha provocato nel mondo, sia per leperdite di vite umane sia per l’incer-tezza generatasi circa il futuro, a co-minciare dall’incognita del lavoro fi-no ai contesti relazionali da ricom-porre. Dall’altra parte, il lockdownci ha consentito di recuperare uncammino più pacato, di apprezzaremeglio ciò che è essenziale rispetto aciò che è passeggero, di monitorarecon maggior efficacia la dimensionedel fare che talora, anche nei nostriambienti, rischia di mettere a repen-taglio l’equilibrio dell’a rc h i t e t t u r amonastica del tempo, basata sull’in-terazione armonica tra ora, labora etlege. Ovviamente, il ritmo quotidia-no segnato dalla preghiera monasti-ca, dal contatto con quella riservainesauribile di senso che è la Paroladi Dio e l’eucaristia, e dalla sapienzaevangelica di cui è impregnata laRegola di san Benedetto, ci è statodi grande aiuto nel vivere e leggereanche questa emergenza epidemiolo-gica con gli occhi della fede. Del re-sto, per sua intima vocazione, il mo-naco non si rassegna a vivere gli av-venimenti della storia passivamente,ma cerca di discernervi gli appelli dicui essa è portatrice e di scorgervi letracce della presenza di Dio, chenon smette di agire in essa. Mutuan-

do l’immagine isaiana, il monaco èuomo della profezia perché, comesentinella nella notte, perscruta i se-gni dell’alba che si annuncia, e aiutai fratelli a volgere lo sguardo versodi essa con fiducia e speranza».

Fiducia e speranza che hanno ac-compagnato anche le settimane pas-sate, con un momento di forte im-patto emotivo: quello del 21 marzo,festa di san Benedetto, con la bene-dizione impartita dalla Loggia delmonastero da parte di Ogliari, checosì sottolinea anche quell’evento:«Purtroppo quest’anno non è statopossibile celebrare con la consuetasolennità il dies natalis di san Bene-detto, nostro fondatore e patrono diCassino, nonché d’Europa. Ci èsembrato, tuttavia, naturale far per-cepire in qualche modo alla città eal suo territorio la prossimità delsanto e della comunità monasticache oggi ne segue le orme. La bene-dizione impartita dalla loggia volevarendere viva e concreta questa vici-nanza. Invocando la benedizione diDio per intercessione di san Bene-detto, attraverso l’ostensione dellasua reliquia, si è voluto perciò assi-curare il patrocinio e la protezionedel santo su quel lembo di terra cheper quindici secoli è stato fecondatoda lui e dai suoi figli, non solo colVangelo, ma anche con l’aratro econ il libro».Da Montecassino, dunque, continuaad arrivare un messaggio che, ripen-sando anche alle vicende bellicheche hanno interessato abbazia e cit-tà, è anche di ricostruzione: «Credoche il primo messaggio — rimarca atal proposito Ogliari — consista nel-la necessità di un sano ridimensio-namento delle aspirazioni dell’e s s e reumano. Quest’ultimo, affidandosi alprogresso scientifico e alla tecnocra-zia, si era forse illuso di essere ingrado di risolvere, o di prevenire,qualsiasi problema. È bastato, inve-

ce, un virus microscopico per ricon-durlo a toccare con mano che la na-tura umana è, per suo statuto, fragi-le, limitata e provvisoria. San Bene-detto ci ricorda che l’essere umanotrova la sua giusta collocazione nelmondo a partire dal primato di Dio.Ci auguriamo, dunque, che l’emer-genza sanitaria che stiamo vivendoci spinga a rinnovare lo sguardo sunoi stessi, su Dio, sugli altri e sulmondo, e inneschi processi virtuosia livello relazionale, in primis con ilnostro prossimo, e poi con le nostreattività quotidiane, con le cose e lerealtà che ci circondano, e che cirendono tutti interconnessi». E sanBenedetto, aggiunge dom Ogliari ri-cordando anche l’ulteriore tasselloche caratterizza Montecassino, «puòancora offrire ispirazione a un’E u ro -pa secolarizzata, postmoderna e po-st-umana, che si dibatte tra burocra-zia, spinte nazionalistiche e indicato-ri economici che rischiano di offu-scare il sogno di un continente deipopoli, affratellati sotto i principidella pace, della giustizia e della so-lidarietà».

Nella comunità benedettina anchee soprattutto in questo tempo è ri-suonata forte la voce di Papa Fran-cesco: «Comunitariamente — conclu-de l’abate — abbiamo seguito il Pon-tefice in diretta nel Momento straor-dinario di preghiera a fine marzo.Altri momenti significativi li abbia-mo fatti nostri in maniera indiretta,attraverso la lettura o l’ascolto per-sonale. Nell’un caso come nell’a l t role parole e i gesti di Papa Francesco,sempre così incisivi, hanno contri-buito a rafforzare il nostro camminodi cristiani e di monaci, fornendoindicazioni che andavano diritte alcuore della nostra fede e che hannonutrito il nostro desiderio di testi-moniare con gioia e generosità ilVangelo di Gesù agli uomini del no-stro tempo>.

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 30 maggio 2020 pagina 7

Celebrato l’appuntamento ecumenico dell’Asia Sunday

Per alleviarele sofferenze dei più deboli

La fine delle scuole cattoliche in Libano?

Danno irreparabiledi RICCARD O CRISTIANO

Per il quotidiano francofono libanese«L’Orient Le Jour» la lettera aperta indi-rizzata dal segretariato generale dell’educa-

zione cattolica, presieduto da padre Butros Azar,al Presidente della Repubblica del Libano, il ma-ronita Michel Aoun, è la “ vera bomba”: vi si leg-ge che, in queste condizioni, alla ripresa autunna-le l’80 per cento delle scuole cattoliche libanesinon potrà riaprire. Di lì a breve la stessa Ameri-can University di Beirut, che nacque nell’O tto-cento come Università Protestante, ha fatto sape-re di temere lo stesso destino. Delle 1.556 scuoleprivate solo 87 sarebbero in grado di resistere. Incrisi sono soprattutto le scuole cattoliche medie epiccole, semi gratuite, che da cinque anni nonhanno ricevuto le previste sovvenzioni statali.Paese giovane, il Libano ha circa un quarto deisuoi cittadini in età scolare. Di questo milione dialunni, i due terzi scelgono quelle private, pocopiù di 260.000 quelle pubbliche. È evidente chequesto sviluppo non riguarderebbe solo il Liba-no, ma bisogna comprendere la sua ricaduta peril dialogo islamo cristiano e per tutto il Mediter-raneo.

Leggendo la lettera del segretariato dell’educa-zione cattolica sembra di sentire uno dei padridel Risorgimento arabo, il cristiano Boutros al-Boustani, che avviava nell’Ottocento la sua im-presa scolastica osservando: «I poveri che popo-lano questi quartieri non meritano alcuna cura,alcuna attenzione, alcun servizio?». Nell’o diernoLibano le tantissime scuole cattoliche aperte atutti sono il vero servizio offerto ai giovani peremanciparsi da una povertà di futuro al prezzo diuna retta che il nuovo arcivescovo di Beirut deiMaroniti, Paul Abdel Sater, ha anche deciso di

sospendere, per tutte le famiglie che non sono ingrado di pagarla a causa della devastante crisieconomica che avvolge il Paese.

L’obiettivo di Boutros al-Boustani non era lascuola confessionale. Lui pensava alla cittadinan-za, e per formare veri cittadini non servivaun’istruzione piegata a narrative confessionali, mauna Scuola Nazionale, che fondò tra le polemi-che di molti missionari protestanti che la chiama-vano “Scuola dei Nativi”. In pochissimo temporiuscì a portare centosedici tra maroniti, drusi esunniti nella sua scuola, nonostante i massacriconfessionali appena conclusisi a poca distanza,sul Monte Libano. I missionari protestanti gli do-vettero dare ragione e il più famoso di loro, Cor-nelius Van Dyck, gli diede atto di un autenticomiracolo, avendo messo insieme «figli di sceicchimusulmani, di preti fedeli al papa e di okkalsdrusi ad appena tre anni di distanza dai terribilimassacri e bagni di sangue del 1860». Forse eradestino che proprio Cornelius Van Dyck, conl’ausilio di un dotto dell’islam, avrebbe condottoin porto un progetto epocale, la traduzione inarabo della Bibbia, che plasmò l’arabo semplifica-to, quello che ancora oggi si usa su giornali e intelevisione in tutto il mondo arabo.

Formare i cittadini è stato l’obiettivo di al-Bou-stani come dello sceicco musulmano Muhammad’Abduh, che arrivando a Beirut fondò una scuolanon tanto diversa da quella Nazionale di al-Bou-stani, l’Alta Scuola Ottomana. Nella sua scuola iragazzi cristiani avevano la possibilità di parteci-pare ogni domenica alla celebrazione eucaristica.Lo storico Albert Hourani ha scritto che ’Ab duhaveva capito che scopo delle azioni umane non èil proselitismo ma «la creazione di una civiltàumana che fiorisca in ogni campo». C’è tuttoquesto non solo dietro ma anche davanti all’an-nuncio di padre Butros Azar. C’è la storia e il fu-turo del Libano e del Medio Oriente, che è stataproprio quel “messaggio” di cui ha parlato Gio-vanni Paolo II al riguardo del Paese dei Cedri.Un messaggio che ha fatto i conti ovviamentecon tremendi contro-annunci.

La “b omba” di padre Azar però non ha fatto ilrumore delle vere deflagrazioni perché altre defla-grazioni lo hanno coperto. La lira libanese, chedalla fine della guerra civile nel 1990 è semprestata cambiata al tasso fisso di 1500 per un dolla-ro, in questi mesi è precipitata a 3500, anche dipiù; la corrente elettrica viene erogata per pocheore al giorno; i prezzi non si fermano più e così ilclamore scolastico è stato assorbito come un disa-stro “normale”. «L’Orient Le Jour» ha ragione?Se perdesse anche le sue scuole il Libano smarri-rebbe la sua ragione sociale? Il sistema scolastico,soprattutto cattolico, è la pietra angolare intornoalla quale è stato costruito il Paese, da molto tem-po prima del 1920, il suo anno di nascita. Tuttoparla di missioni a Beirut, sia nel versante musul-mano della città sia in quello cristiano. Il reticolodi strade rigorosamente verticali e orizzontali diHamra, il cuore musulmano di Capo Beirut, lotestimonia. E proprio per connettere quest’area diinsediamento missionario con il centro cittadino,attiguo al porto, furono costruite le prime arteriedella città; solcarono o fiancheggiarono una ca-

sbah dopo l’altra, creando viali che non prevede-vano più case con le finestre soltanto all’interno,sul patio casalingo, ma nuovi palazzi, dai quali sispalancarono le nuove finestre libanesi, le celebrifinestre a tre archi. Finiva un mondo chiuso, na-sceva lo spazio pubblico arabo. In questo spaziopubblico, dai tempi di Boutros al-Boustani,l’istruzione aperta a ragazzi e ragazze di ogniconfessione ha svolto un ruolo cruciale.

Questa trasformazione urbana ha visto le duegrandi università cittadine, la protestante Ameri-can University e la gesuita Saint Joseph, diventa-re i polmoni dei due versanti della città, con inmezzo il grande complesso scolastico di Sagesse.Chiunque nel mondo arabo ha voluto davveroistruirsi sceglieva queste scuole, queste università.Beirut, la città che dal tempo delle riforme otto-mane ne è diventata il simbolo, si è imposta so-prattutto con il suo apparato educativo come cit-tà araba, europea, mediterranea, moderna e i duepoli universitari hanno alimentato stamperie, tea-tri, caffè letterari e politici, costruendo l’anima diuna città aperta, dove nel Novecento hanno tro-vato riparo esuli di tutto il mondo. Prima euro-peo, poi arabo.

Prima della guerra civile, quando il nazionali-smo arabo si fece assoluto e pensò di nazionaliz-zare tutto, dalle banche al pensiero, dall’amore aisogni, Beirut rispose con il suo cosmopolitismo,attirando i capitali in fuga da tutti i paesi arabi.E poi gli intellettuali in fuga.

Certamente il Libano è sopravvissuto a tanteagonie; la più lunga è stata la guerra civile, chetrasformò Beirut in un gigantesco Colosseo. Stu-dente dei gesuiti, ma residente ostinato dell’a l t roquartiere, il maronita Samir Frangieh, insignitodella più alta onorificenza francese, ha detto chequella guerra civile è stata anche una guerra con-tro la città, la sua mappa promiscua, fatta di vialiall’europea e dedali di vecchie stradine, una cittàcomplessa che si univa nel centro cittadino dovetutto convergeva nel suo stile neo orientale, tral’Opera e i suq. Ecco perché proprio il centro fula vittima più martoriata delle opposte fazioni.Poi, pochi anni fa, un’altra agonia ha visto loscontro politico arrivare a isolare con posti diblocco proprio il centro cittadino appena rico-struito, per togliergli il carattere di ritrovo comu-ne: sciiti, sunniti, drusi, maroniti, ortodossi, la se-ra uscivano dai loro quartieri per diventare, nelcentro, libanesi. Cosa è rimasto come vero collan-te? Cosa ha tenuto acceso “il messaggio” ? Il si-stema educativo. Persi i cinema, i teatri, i caffèletterari, perso di nuovo il centro urbano comespazio comune, la stessa politica si è inchinata alsistema educativo libanese visto che le elezioniuniversitarie sono divenute il vero termometro delconfronto culturale nel Paese. Vincere le elezioninel campus dell’American University o in quellodi Saint Joseph ha più rilievo che vincere un seg-gio parlamentare.

Beirut, città in crisi, è questa idea cosmopolita,mediterranea e levantina: nazionalismi e identita-rismi l’hanno combattuta, ma non sconfitta. So-pravviverà a questa nuova agonia senza le suescuole cattoliche?

Colloquio con Miguel de Salis curatore del volume «Popolo evangelizzatore»

Una riforma missionariadi GI O VA N N I TRIDENTE

Una riflessione teologica chepossa accompagnare misureconcrete di riforma, sostene-

re la pazienza di chi vuole risultatiimmediati e mantenere i cuori apertialle sorprese della novità del Vange-lo. È lo sfondo sul quale nasce il vo-lume Popolo evangelizzatore. Il capitoloII della «Lumen gentium» alla lucedell’«Evangelii gaudium» (Città delVaticano, Libreria Editrice Vaticana,2020, pagine 152, euro 14), curatodal portoghese don Miguel de Salis,docente straordinario di ecclesiologiaed ecumenismo presso la Pontificiauniversità della Santa Croce. Il li-bro, con la prefazione del vescovo diAlbano, Marcello Semeraro, racco-glie i contributi di sei teologi — Phi-lip Goyret, Pilar Río, Giovanni Tan-gorra, Sandra Mazzolini, AimableMusoni e Miguel de Salis — di quat-tro Università pontificie di Roma edi diverse sensibilità, che hanno vo-luto rispondere alla richiesta di PapaFrancesco di fare teologia secondouna «scelta missionaria capace ditrasformare ogni cosa» (Evangeliigaudium, 27). Questo studio è ancheil linea con il messaggio che PapaFrancesco ha inviato alle Pontificieopere missionarie lo scorso 21 mag-gio, quando ha ricordato che perconfessare efficacemente la fede nelSignore occorre ricevere la gioia del-lo Spirito Santo, che liturgicamentevivremo proprio questa domenica diPentecoste. La grazia del Consolato-re, dice il Pontefice, è «il tratto chepuò rendere feconda la missione epreservarla da ogni presunta auto-sufficienza».

Professor De Salis, come è sorta l’ideadi un volume di teologia collettivo?

In realtà, l’idea non è nuova. Congli altri autori ci incontriamo con

una certa periodicità dal 2009, perparlare di temi di ecclesiologia. Que-sto è il secondo libro che pubbli-chiamo insieme, dopo Dono e compi-to. La Chiesa nel Simbolo della fede(Roma, Città Nuova Editrice, 2012,pagine 352, euro 36) e in tutti questianni di lavoro collettivo ho imparatomolto ascoltando gli altri, adattan-domi al loro ritmo (ognuno di noiha molte altre cose da portare avan-ti) e guardando il loro modo di la-vorare. Due di noi hanno anche spe-rimentato una grave malattia duran-te la fase di realizzazione del proget-to, e anche questo è stato arricchenteper tutti. Ci ha fatto capire che iltempo è superiore allo spazio. Più ingenerale, sono convinto che oggi èimpossibile offrire una contribuzioneteologica consistente senza intra-prendere un lavoro di gruppo. È daoltre cinquant’anni che le grandiscoperte della scienza vengono fatteda gruppi di lavoro, ma nella teolo-gia spesso siamo ancora come all’ini-zio del ventesimo secolo nel mododi lavorare. Perciò ritengo che il ri-chiamo alla sinodalità fatto da PapaFrancesco sia in sintonia con la ma-niera in cui il mondo attuale fa pro-gredire le conoscenze. E questo librooffre anche una risposta metodologi-ca alla sua richiesta: è possibile fareteologia insieme.

Perché “Popolo evangelizzatore”?

Il titolo prende spunto dal nume-ro 27 di Evangelii gaudium, nel qualePapa Francesco ha lanciato una sfidaa tutta la Chiesa, affinché faccia«una scelta missionaria capace di tra-sformare ogni cosa, perché le consue-tudini, gli stili, gli orari, il linguaggioe ogni struttura ecclesiale diventinoun canale adeguato per l’evangelizza-zione del mondo attuale, più che perl’autopreservazione». Questo signifi-ca che anche la teologia e il modo di

avvicinarci al mistero della Chiesadovrebbe subire qualche cambiamen-to. Abbiamo iniziato a pensare a co-me si sarebbe potuto rispondereall’appello del Papa, ed è venutofuori questo libro. Il titolo rispecchiala nostra risposta a questa preoccu-pazione del Pontefice.

La vostra è stata una scelta pragmati-ca?

Non proprio. Piuttosto abbiamovisto che una riforma rischia dismarrire il segno se è intrapresa sen-za un cambiamento della visione dicoloro che ne sono i protagonisti. Ilpanorama attuale è saturo di effetti-ve misure che cambiano il modo difare, ma non il modo di pensare o divedere. Serviva un contributo cheoffrisse uno sguardo diverso, da unaprospettiva più disinteressata, e ilmondo universitario era in grado dipoterlo offrire meglio di chiunquea l t ro .

Come è suddivisa l’o p e ra ?

Abbiamo affidato a ciascun autoreuno o due numeri del testo concilia-re Lumen gentium, dedicato al popo-lo di Dio. Dal canto suo, Evangeliigaudium sarebbe, per così dire, il“reagente chimico” che avrebbe fattoemergere i colori nel processo di ri-velazione della fotografia, se mi èpermessa la comparazione. In alcunicasi sono venute fuori idee che sonogià nel testo conciliare, ma forse so-no state poco sviluppate fino ad ora,come l’idea di popolo messianico,trattata da Giovanni Tangorra. Altrevolte sono emersi aspetti poco trat-tati esplicitamente ai nostri giorni,ma fondamentali per dare anima alrinnovamento, come il sacerdoziocomune studiato da Philip Goyret.Il capitolo dedicato alla pietà popo-lare, legata al sensus fidei, e il capito-

lo dedicato all’evangelizzazione co-me inculturazione sono temi più fre-quenti ma non è scontato che tuttigli operatori della riforma li abbia-mo recepiti con un nuovo sguardo(il primo è trattato da Pilar Río e ilsecondo da Sandra Mazzolini). Ilsacerdote salesiano Aimable Musonistudia i numeri 14-16 di Lumen gen-tium, con speciale attenzione all’uni-tà cattolica del popolo di Dio e,concludendo il libro, io stesso offroalcuni temi da tener presenti nell’ela-borazione di una ecclesiologia piùattenta alla missione.

Un libro come questo può aiutare ilprocesso di riforma missionaria?

Penso di sì. Infatti, tutti gli uomi-ni cambiano quando ascoltano o leg-gono una narrazione. Se un autoreci vuole convincere di agire in undeterminato modo, abbiamo sempreil sospetto di poter leggere nel testosoltanto gli elementi che ci porteran-no in tale senso. Se, invece, un libroci offre un’informazione che puòispirare diversi atteggiamenti, com-portamenti, decisioni, ci sta portan-do a un nuovo sguardo sul reale. Miauguro che questo libro raggiungatale scopo.

Il vostro volume si apre con la prefa-zione del vescovo Marcello Semeraro,segretario del gruppo di cardinali chesta ultimando la stesura della nuovacostituzione apostolica Praedicate evan-gelium sulla Curia Romana. Avete da-to un contributo anche in questo conte-sto?

Saremmo contenti se il libro ser-visse a recepire bene il lavoro chetante persone stanno facendo permettere in piedi la riforma auspicatada Papa Francesco. Tuttavia, il testoha una prospettiva più ampia. Vuoleandare oltre e offrire un sussidio di

pensiero, di spirito e di cuore, aglioperatori delle riforme e a quelli chene fruiranno i benefici. Che siamotutti noi.

Può servire anche in un tempo di pan-demia come quello che stiamo vivendo?

La riforma è una realtà della no-stra vita, umana e cristiana. È unarealtà nella Chiesa pellegrina. Tutticambiamo e le sfide, come la pande-mia, ci obbligano a cambiare alcunecose. Penso che sia importante nontrasformare la riforma missionaria inuna cosa che spetta agli altri — go-vernanti o superiori — né ridurla amovimenti episodici o a misure lega-li. Ritengo che sia un errore pensareche tutto si risolve con la riformadella Curia romana, con la riformadel Sinodo dei vescovi o del diritto(sia esso canonico matrimoniale openale), con l’approvazione di pro-tocolli durante la pandemia. È im-portante tornare a rendersi contoche non esiste un modo ideale di or-ganizzarsi su questa terra e che Dioha lasciato ai cristiani (pastori e altrifedeli) il compito di adoperarsi perfar fruttificare i talenti ricevuti. Esi-ste un ragionevole margine di svi-luppo, voluto da Dio e non soltantolegato all’incertezza della vita uma-na. Perciò, servono continui miglio-ramenti, intendendo con ciò un la-voro che richiede tempo, attesa per i

frutti, discernimento e, quando ne-cessario, ripresa dell’impegno rifor-m a t o re .

Dunque il successo della riforma di-pende dal discernimento?

In parte sì. Il punto critico dellatrasformazione missionaria è legatoalla diagnosi. Se i nostri problemivengono considerati soltanto comequestioni psicologiche, di salute fisi-ca, di congiuntura esterna, di pres-sione massmediatica, di tradizionali-smo o di modernismo, abbiamosmarrito l’oggetto della nostra atten-zione e le nostre soluzioni non risol-vono nulla. Casomai, riescono a pro-lungare l’anestesia.

Secondo Lei, qual è il maggior nemicodella riforma missionaria?

La fretta e la mancanza di vitanello Spirito Santo, per ragioni di-verse, possono renderla infeconda.Papa Francesco lo ha ricordato il 21maggio scorso, nel suo messaggio al-le Pontificie 0pere missionarie.

Il poeta T. S. Eliot diceva che l’uomo èsempre alla ricerca della riforma perfet-ta, quella che idealmente rende non ne-cessario lo sforzo di essere migliore...

Appunto. Perciò Papa Francescodesidera una riforma “missionaria” enon destinata all’auto conservazione.

di RICCARD O BURIGANA

I l 24 maggio si è celebrata l’AsiaSunday 2020 con l’intento difavorire una sempre più viva te-

stimonianza ecumenica dei cristianidel continente. L’iniziativa è tradi-zionalmente promossa dalla Chri-stian Conference of Asia (Cca) che,da anni, ha deciso di dedicare ladomenica che precede la Pentecosteproprio per riaffermare che i cristia-ni devono scoprire la prioritàdell’impegno quotidiano per co-struire l’unità visibile della Chiesa apartire dalla condivisione della pre-ghiera, nel rispetto delle diverseconfessioni.

L’Asia Sunday è anche una delleoccasioni privilegiate per manifesta-re, soprattutto con l’ascolto dellaParola di Dio e con preghiere ecu-meniche, cosa i cristiani possono fa-re insieme nella società per diffon-dere i loro valori, in un contestomultireligioso come quello asiatico,dove non mancano forme di ostilitànei confronti dei battezzati. Que-st’anno la celebrazione dell’AsiaSunday ha assunto un valore deltutto particolare per la scelta del te-ma sul quale le comunità locali so-no state chiamate a pregare insie-me; infatti, dopo lo scoppio dellapandemia di covid-19, la Cca ha in-dicato le parole «Dio, guarisci tuttinoi poiché siamo vulnerabili» cherinviano a diversi contesti biblici,con la viva preoccupazione di af-frontare le sofferenze e le solitudinidi questo tempo facendo ricorso al-le sacre Scritture, come una fonteprivilegiata nel cammino ecumeni-co. Il richiamo alle Scritture nellaloro totalità è stato pensato ancheper uscire da quelle interpretazioniletterali che vogliono spiegare le ra-gioni della diffusione della pande-mia facendo ricorso solo al testo sa-cro, tanto da proporre delle solu-zioni per la guarigione dei malatiche sembrano non tener conto delleindicazioni dell’O rganizzazionemondiale della sanità.

Come ha ricordato MathewsGeorge Chunakara, segretario gene-rale della Cca, celebrare l’Asia Sun-day in questo tempo nel quale lapandemia sta sconvolgendo la so-cietà globale significa riflettere sullafragilità della condizione umana e,più in generale, dell’intero cosmo:«Il nostro mondo ha bisogno di

preghiere, cure e guarigioni» che icristiani sono chiamati a promuove-re, con la loro vita quotidiana. Cosìcome accaduto anche domenica 24maggio, in modi molto diversi, dapaese a paese, tenuto conto delleforme con le quali i singoli statistanno cercando di combattere ilc o ro n a v i ru s .

L’Asia Sunday 2020 è stata pre-ceduta da due iniziative, in formadi webinar, che hanno visto la par-tecipazione di leader di Chiese eorganismi ecumenici da tutto ilcontinente, attraverso le quali laChristian Conference of Asia ha vo-luto rilanciare l’idea che i cristianidevono vigilare sulle conseguenzesociali della pandemia, oltre cheadoperarsi, in ogni modo, per alle-viare le sofferenze di uomini e don-ne colpiti dal covid-19, proponendoanche delle soluzioni per il futuro.La prima iniziativa, svoltasi martedì19 maggio, è stata una riflessione sucome difendere i diritti dei bambiniin questo periodo nel quale la chiu-sura delle scuole e le nuove condi-zioni di vita della famiglia espongo-no i più piccoli a pressioni psicolo-giche e materiali che mettono a ri-schio il loro futuro; perciò è statochiesto di tenere alta l’attenzionesui diritti e sulla dignità dei bambi-ni tanto da considerate i bambini«il cuore» dei progetti per il dopocovid-19. Nella seconda, giovedì 21,la Cca ha affrontato il tema dellacondizione delle donne nel tempodella pandemia, con l’intento di of-frire delle indicazioni per uscire dauna situazione di emarginazioneche ancora tante di esse patisconoin Asia.

Questa situazione si è venuta ag-gravando con la diffusione del co-vid-19, come ha messo in evidenzala nepalese Nirmala Gurung, impe-gnata nella difesa dei diritti delledonne. La crisi economica, che èuna delle conseguenze più evidentidella pandemia, sta colpendo so-prattutto il lavoro femminile per lasua debolezza strutturale in Asia. Sidevono mettere a disposizione, finda ora, delle risorse per combatterequesta debolezza, come segno diuna rinnovata attenzione dei cristia-ni, in nome della Parola di Dio, peril superamento di ogni forma di di-scriminazione nei confronti delledonne.

Page 8: L’Onu chiede una risposta globale OPO LA PA N D E M I A ... · operatori probabilmente hanno vis-suto. Ma sono lì insieme, uniti in una missione comune e al centro di un luogo

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 30 maggio 2020

L’incoraggiamento del Papa all’impegno del Centro Astalli

Risposte coraggiosealla sfida delle migrazioni

«Diario della “p este” in una bidonville argentina» di Alver Metalli

Dove ogni giornoè quarantena

Il gruppo francese accompagnato dal cardinale Barbarin

Udienza di Papa Francescoalla comunità Làzare

Nomine episcopaliin Colombia

«la vita spirituale, nelle villas infettate dallapandemia, non è separata dalla realtà». Beh,ci sarebbe da andare a scuola di vita nellevillas. E ora proviamo a non essere più glistessi di quando si è cominciato a leggere ill i b ro . . .

Nella mattina di venerdì 29 maggio il Papa ha ricevuto in udienza a Casa Santa Marta una delegazione della comunità francese Làzare,che dal 2011 promuove esperienze di vita comune, in appartamenti condivisi, tra giovani e persone che hanno vissuto per strada. Con ilgruppo — che è stato accompagnato dal cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo emerito di Lyon — il Pontefice si è intrattenuto a lungo,rispondendo alle domande dei presenti e intessendo con loro un dialogo su diversi temi.

On line gli atti del convegno del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita

Chiamati a prendersi curadei più fragili

Orlando Roa Barbosaarcivescovo di Ibagué

Nato a Cali il 4 luglio 1958, ha compiutogli studi ecclesiastici di Filosofia nel se-minario maggiore di Garzón, e quelli teo-logici nel seminario maggiore di Ibagué.Ha ottenuto la licenza in Teologia dog-matica presso la Pontificia università del-la Santa Croce a Roma e la licenza in Fi-losofia e scienze religiose presso l’Univer-sidad Católica de Oriente in Rionegro(Colombia). Ha ricevuto l’o rd i n a z i o n esacerdotale il 6 dicembre 1984 per l’a rc i -diocesi di Ibagué. Come sacerdote hasvolto i seguenti incarichi: prefetto per ladisciplina nel seminario minore di Iba-gué, delegato arcidiocesano per la pasto-rale giovanile e vocazionale, parroco diSanta Isabel de Hungría a Santa Isabel,parroco di Santa Gertrudis a Rovira, par-roco di El Perpetuo Socorro a Ibagué,delegato arcidiocesano per la pastoralesacerdotale e rettore del seminario mag-giore arcidiocesano María Inmaculada. Il12 maggio 2012 è stato nominato vescovotitolare di Nasbinca e ausiliare di Ibagué.Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 28luglio successivo. Il 30 maggio 2015 è sta-to nominato vescovo di Espinal.

Ovidio Giraldo Velásquezvescovo di BarrancabermejaÈ nato a Montebonito, in diocesi di La

Dorada - Guaduas, il 27 gennaio 1963.Ha compiuto gli studi di Filosofia e diTeologia nel seminario maggiore di Ma-nizales, ottenendo poi la licenza in Filo-sofia presso la Pontificia università Gre-goriana. Ha ricevuto l’ordinazione sacer-dotale il 18 febbraio 1989, incardinandosinella diocesi di La Dorada - Guaduas. Èstato vicario parrocchiale di Nuestra Se-ñora de los Dolores e di San Antonio,parroco di San José Obrero, formatoredel seminario Cristo Buen Pastor, parro-co della cattedrale Nuestra Señora delCarmen, professore e direttore spiritualedel seminario Cristo Buen Pastor, delega-to diocesano per la pastorale sociale, vi-cario diocesano per la pastorale e, dal2013, direttore nazionale della Rete per lanuova evangelizzazione (Sine).

comunità già provate da tante devastazio-ni». Eppure, per tornare alla poesia di DeAndrè, c’è motivo di sperare se anche padrePepe confessa «di essere rimasto colpito — eammirato — vedendo la generosità con cuile persone della villa sono venute in soccor-so dei loro fratelli più indigenti o più a ri-schio o entrambe le cose. E anche confer-mato e confortato circa la bontà della pre-senza di Chiesa che in questi luoghi cerchia-mo di realizzare, sostenuti in altri tempi daBergoglio e incoraggiati oggi da France-sco». Il fatto è, conclude il sacerdote, che

di GI A M PA O L O MAT T E I

Lo dico anzitutto a me stesso: se leggiqueste pagine di Alver Metalli e poilasci che la tua quotidianità vada

avanti come prima, come se non le avessilette, beh... sicuramente c’è qualcosa chenon va! Con schiettezza Papa Francesco ini-zia la sua presentazione all’ebook Q u a ra n t e -na - Cuarentena (in italiano e spagnolo) conun suggerimento: «Ci farà bene leggerequesto diario». Sì, questa autentica “Sp o onRiver dei vivi” nelle periferie di Buenos Ai-res, con Francesco stesso che propone comeazzeccatissima “colonna sonora” Fa b r i z i oDe André con il suo stile di farsi, artistica-mente, di lato per lasciare più spazio possi-bile alle persone emarginate, sempre e co-munque il suo punto di interesse.

Scrivendo la presentazione a questo Dia-rio della “peste” in una bidonville argentina(Edizioni San Paolo 2020, pagine 14, euro6,99) Francesco si mette a servizio, con lasua penna, della gente «delle villas miserias,le baraccopoli dove opera un gruppo di sa-cerdoti a cui voglio tanto bene» scrive. Inrealtà si mette a servizio del lettore invitan-do a non buttare al vento questa opportuni-tà di darsi una svolta. Magari come ha fattoproprio Metalli, il giornalista italo-argenti-no, che, racconta Francesco, «sei anni fa halasciato la sua bella casa in un quartiere re-sidenziale di Buenos Aires per andare a vi-vere tra le catapecchie de “La Carcova”. Loha fatto perché è stato attratto dalla testi-monianza di padre Pepe e ha sentito che co-sì poteva meglio realizzare, con gioia, la suavocazione cristiana, maturata alla scuola spi-rituale di don Giussani e dei suoi Memo-re s » .

E quella che “ritrae” Metalli è, in fin deiconti, la prima “fotografia” di questo diariodi quaranta giorni (e quaranta notti) che, èsempre il Papa a suggerire, «non raccontasolo le storie drammatiche di tante donne euomini della villa, fra droga, violenza e mi-seria. Ci fa vedere anche l’umanità bella ditanta gente che, attorno alla parrocchia, siprodiga tutti i giorni per aiutare chi è piùbisognoso di aiuto».

Sembra persino di avercelo davanti quel“pasto caldo” che ogni mattina alle 8 vieneofferto «a chi non ha più i soldi nemmenoper comprarsi qualcosa da mangiare». Conuna nota che Francesco tiene a rimarcare: «Ivolontari che preparano il cibo e lo distri-buiscono non vengono dai quartieri bene,sono in buona parte persone del posto, gen-te umile che patisce le conseguenze dellapandemia come tutti i loro vicini». Insom-ma, sono «muratori, domestiche, donne cheprestano servizio in case benestanti deiquartieri vicini, impiegati comunali, qualchelavoratore del settore trasporti, e tanti altriche il lavoro non ce l’hanno e vivono dichangas, come gli argentini chiamano quelleoccupazioni precarie che aiutano a sbarcareil lunario. Per tutti il lavoro è sospeso e de-dicano il loro tempo e le loro energie ad al-leviare il bisogno degli altri». Non è genteche si perde d’animo per un virus che gira...

C’è «un altro punto», confida il Papa,«che la pandemia ha portato a galla», e cioè«le risorse di una religiosità popolare cheinnerva la vita del popolo delle villas, con ivalori di solidarietà e vicinanza. Questo mifa dire che a volte questi luoghi così pococonsiderati hanno molto da insegnare al re-sto della città». Si respira, e a pieni polmo-ni, tutto il sapore della Evangelii nuntiandidi Paolo VI.

È per il sostentamento della casa per glianziani — messa su da padre Pepe per pro-teggerli il più possibile — «che l’a u t o redell’ebook ha deciso di destinare gli introitidella pubblicazione». Ed è, fa presente ilPapa, «un motivo in più per leggere e dif-fondere questo Diario che ci mostra il voltoavvincente e concreto di una “Chiesa poverae per i poveri”».

Chissà che questo stile solidale non sia ilmetodo migliore per sconfiggere il virus. Neè convinto proprio padre Pepe che, nel suocontributo al libro di Metalli, delinea così lasua carta d’identità: «Sono parroco di unaparrocchia interamente “o ccupata” da realtàche in Argentina chiamiamo villas e altrovefavelas, bidonville, slums, ghetti, tuguri e al-tro ancora a seconda del luogo e del paese.Per l’esattezza le villas sono quattro: si chia-mano Carcova, Curita, Independencia, 13 deJulio, e si trovano tutte alla periferia di Bue-nos Aires, con una popolazione approssima-tiva di cinquantamila anime».

Senza giri di parole, padre Pepe affermache le villas sono «in quarantena i 365 gior-ni dell’anno e che quella dichiarata dal go-verno, per tanti aspetti, continuerà anchequando essa sarà formalmente revocata».Del resto, fa presente il sacerdote, «se que-ste realtà che chiamiamo villas sono mondisui generis, anche l’impatto della pandemialo è. In questi luoghi garantire le distanzedi sicurezza per evitare il rischio del conta-gio è apparso subito complicato, perché nu-clei composti da molti familiari vivono dasempre sotto lo stesso tetto e non saprebbe-ro come distanziarsi».

Il Diario di Metalli racconta, anche concrudezza, purtroppo sacrosanta, «la reazioneche l’aggressione del virus provoca in queste

«Migliaia di persone fuggono dalla guer-ra, dalle persecuzioni e da gravi crisi uma-nitarie» che minano in tutto il mondo ildiritto d’asilo, ancor più in un pianeta mi-nacciato dall’emergenza della pandemia.Una «sfida» globale, quella delle migra-zioni, che richiede attenzione, impegno esolidarietà. È per questo che, in un «deli-cato momento» come quello attuale, PapaFrancesco ha voluto esprimere il suo «sin-cero apprezzamento» per il lavoro diquanti si impegnano concretamente suquesto fronte.

Lo ha fatto inviando un messaggio aldirettore del Centro Astalli di Roma, il ge-suita Camillo Ripamonti, in occasione del-la presentazione del Rapporto annuale2020 nel quale il Servizio dei gesuiti per irifugiati (Jrs) in Italia fa il punto sulleproprie attività e offre i dati statistici ri-

guardanti le persone assistite nel corsodell’ultimo anno.

Il rapporto sottolinea come, in questotempo, quelle dei rifugiati siano delle «vi-te sospese», per le quali la «gravissima cri-si sanitaria» ha messo in discussione com-portamenti, «relazioni e visione del futu-ro» e le politiche migratorie hanno acuito«precarietà di vita, esclusione e irregolari-tà, rendendo l’intera società più vulnerabi-le». Ventimila sono le persone incontratedai volontari del Jrs nel corso del 2019,undicimila solo a Roma: un esempio di«amore fraterno» che, sottolinea France-sco, dovrebbe «suscitare nella società unrinnovato impegno per una autentica cul-tura dell’accoglienza e della solidarietà».

Nei confronti del «complesso fenomenomigratorio» infatti — aggiunge il Pontefice— occorre una «apertura saggia» che favo-

Diventano un eBook gli atti del convegno internazionale «Yes to Life! Prendersi cura delprezioso dono della vita nella fragilità» promosso dal Dicastero per i laici, la famiglia ela vita dal 23 al 25 maggio 2019. Da oggi, 29 maggio, la pubblicazione on line (286 pa-gine) si può scaricare gratuitamente dal sito del Dicastero e da quello della Libreria Edi-trice Vaticana.

L’incontro dello scorso anno, che ha riunito all’Istituto patristico Augustinianum circa400 persone provenienti da 70 Paesi, coinvolgendo medici ed esperti delle cure perinata-li e della psicologia familiare, ha avuto come obiettivo di offrire «un momento intensodi formazione e informazione scientifica e pastorale per l’accompagnamento delle cop-pie e delle famiglie che vivono l’esperienza della nascita di un figlio affetto da patologiecongenite, presentando delle chiare alternative concrete all’aborto», come scrive nellapresentazione dell’eBook il segretario del Dicastero, padre Alexandre Awi Mello.

Il volume si apre con il discorso — nelle versioni italiana, inglese, spagnola, francese,portoghese e tedesca — che Papa Francesco ha rivolto ai partecipanti, ricevuti in udienzaa conclusione del convegno. Seguono l’introduzione ai lavori svolta dal prefetto del Di-castero, il cardinale Kevin Farrell, e tutti gli interventi e le testimonianze riportate nellalingua nella quale sono stati pronunciati.

Per l’occasione il Dicastero ha realizzato anche uno s h o w re e l (https://youtu.b e/J24jo c-CE9Ug) per consentire di rivivere i momenti salienti dell’incontro che — spiega il sotto-segretario, Gabriella Gambino — «continua ad avere risonanza, in diverse parti del mon-do, mediante iniziative analoghe di formazione, accompagnamento e assistenza, ma an-che concretizzandosi nell’attivazione di nuovi centri di comfort care p erinatale».

Iniziativa del Governatorato

L’estatedei ragazziin Vaticano

Nemmeno il covid-19 ferma la voglia dei ra-gazzi di apprendere nuove cose, di fare fe-sta, di muoversi e stare insieme. Come or-mai avviene da qualche anno, alcuni di lorosi ritroveranno all’ombra del “cup olone” diSan Pietro per fare sport e divertirsi in sere-nità, grazie all’iniziativa «L’estate ragazzi inVaticano» promossa dal Governatorato.Prenderà il via lunedì 6 luglio e terminerà il31 dello stesso mese.

L’oratorio estivo è rivolto ai ragazzi dai 5ai 14 anni e per rispettare i criteri di sicurez-za sanitaria a causa della pandemia, il nu-mero di partecipanti non potrà superare lecentocinquanta unità. Il programma preve-de attività ludico-sportive, laboratori artisti-ci, spettacoli, balli e giochi di gruppo. I ra-gazzi saranno divisi in gruppi di età: dai 5ai 7, dagli 8 ai 10 e dagli 11 ai 14 anni. Ver-ranno anche attrezzate delle piscine esternecon lettini, sdraio e ombrelloni. L’obiettivodell'iniziativa è quello di creare un ambienteprotetto in cui i ragazzi potranno giocare,rinfrescarsi e fare sport sotto gli occhi deisupervisori. Le attività, spiegano gli orga-nizzatori, sono state adattate alle diverse fa-sce di età. È stata scelta una storia di fanta-sia dai contenuti educativi che farà da traitd’union delle varie attività. Scopo principa-le è di far scoprire ai ragazzi la bellezza del-lo stare insieme, del condividere passioni,emozioni, sorrisi.

Il programma quotidiano ha inizio alle7.30 con accoglienza e giochi di gruppo. Al-le 9 sono previste la colazione e l’ap erturadella giornata con la narrazione della storiae la presentazione di tutte le attività. Dalle13 alle 14 si tiene il pranzo, seguito daun’ora dedicata al gioco libero e ai minitornei. Alle 15 le attività riprendono fino alle 18. Il venerdì la giornata si conclude inanticipo, alle 14, con il pranzo.

I ragazzi saranno seguiti da educatoriprofessionisti e da animatori appassionati. Ilcoordinamento è affidato a don FrancoFontana, superiore della comunità salesianain Vaticano, cappellano della Direzione deiServizi di sicurezza e di Protezione civile edei Musei vaticani, insieme alla società Tut-to in una Festa e l’aiuto di altri salesiani. Inpratica, per ogni gruppo di 5 bambini finoai 7 anni vi sarà un operatore; per quelli da-gli 8 ai 10 anni, ce ne sarà uno ogni 10; pergli altri fino ai 14 anni, uno ogni 15.

Il costo per ogni settimana, tutto compre-so (inclusa l’assicurazione) è di 60 euro perpartecipante e di 50 euro dal secondo ragaz-zo in poi. Ogni settimana è prevista una gi-ta esterna. È possibile iscriversi on line sulsito (www.estateragazzivaticano.it) allestitoper l’occasione. Solo una volta che avrannotermine le misure di contenimento dispostedalla Santa Sede a causa del covid-19, biso-gnerà recarsi presso gli uffici del Governa-torato (nei giorni di lunedì e mercoledì dal-le 14 alle 15) o presso i quattro cancelli deiMusei vaticani (nei giorni di martedì e gio-vedì, dalle 8 alle 9.30) per confermarel’iscrizione per la firma del modulo e il sal-do della quota di adesione.

risca «adeguati interven-ti di sostegno» e testi-moni «quei valori umanie cristiani che stanno al-la base della civiltà euro-p ea».

Il dramma dei rifugia-ti è sempre prioritarionelle intenzioni e nelleattenzioni del Papa. Aloro egli si conferma«spiritualmente vicinocon la preghiera e conl’affetto», esortandoli«ad avere fiducia e spe-ranza in un mondo dipace, di giustizia e difraternità tra i popoli».