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"L'amore ai tempi del Genoma" - Capitoli 3 e 4

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I capitoli 3 e 4 del volume "L'amore ai tempi del Genome. Una propsettiva evoluzionistica", scritto da Ludovico Verde e Stefano Iacone

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PRIMO INTERLUDIOLA PAROLA È STATA DATA ALL’UOMO

PER NASCONDERE IL SUO PENSIERO

Avete mai visto un animale esprimere delle emozioni? Certo il loro reper-torio è limitato, ma inequivoco: rabbia, paura, gioia. Il cane agita la coda per esprimere la sua contentezza, il gatto soffi a per la rabbia, il topo si nasconde e si immobilizza per la paura, altri animali cambiano colore, si fi ngono morti, spruzzano veleni, fuggono, aggrediscono. Tutto semplice, tutto molto scontato12. E per l’uomo? Noi siamo, per la verità un pochino più complicati. E qui entriamo in un campo che non è una ipotesi scientifi ca ma appartiene al novero della spe-culazione pura. In effetti è probabile che il linguaggio nella specie umana, si sia evoluto per permettere agli umani di nascondere (o parzialmente mimetizzare) il proprio pensiero, le proprie emozioni, i propri sentimenti, l’affettività sottostante (e affi orante) la superfi ce epidermica del proprio corpo. Il linguaggio è mistifi ca-zione, travisamento delle emozioni che altrimenti – sprovvisti di tale mediatore simbolico – si esprimerebbero attraverso inequivoci segnali corporei. Gli ani-mali, come abbiamo visto, dai più semplici ai più complessi, non parlano, comu-nicano i loro stati interni attraverso manifestazioni sensorialmente percepibili sempre corrispondenti ad una variazione del substrato neurofi siologico, come l’emissione di feromoni che inequivocabilmente segnalano a livello olfattivo la disponibilità sessuale di una femmina nella maggior parte delle specie animali. Quel che fondamentalmente manca al pur raffi nato repertorio comunicativo ani-male (dal canto delle balene, al repertorio posturale dei canidi, alla mimica dei primati, alla segnaletica morfo-cromatica dei lepidotteri) è il substrato simbo-lico, unico livello che permetterebbe il travisamento sistematico e intenzionale al livello semantico dell’intenzione comunicativa. Gli umani, invece, parlano per rivestire questo mutamento fi siologico − comunque esistente al di sotto della patina di edulcorazione lessicale − ricoprirlo e renderlo inintellegibile all’inter-

12 Tranne, naturalmente per quelli che mandano il loro cane dallo psicoanalista, che – ne sono sicuro – troverà una tale gamma di espressioni sentimentali da fare impallidire i dolori di wertheriana memoria.

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locutore, attivando in questo modo un circuito confusivo che determina il neces-sario travisamento dell’azione comunicativa.

Sguardo, pupilla, sudore, odore, bocca, muscoli, saliva, postura, colori, fero-moni. Tanti sono i segnali emettibili dall’organismo-corpo, ancorché molteplici in quanto potenzialmente commensurabili, intercambiabili, ma – soprattutto – combinabili tra loro in una infi nità di variazioni, tante – per forza di cose – le parole. Ma mentre il segnale corporeo inequivocabilmente rivela, attenendosi puntiformemente ad un substrato fi siologico scevro dalla possibilità di controllo corticale (volontario), la parola, apoteosi della neocorteccia cerebrale, del con-trollo volontario della coscienza vigile, necessariamente nasconde, ammantando l’intenzione comunicativa di signifi cato. E il signifi cato è − per sua implicita defi nizione – duplice, rendendo pertanto interpretativa la percezione e lasciando all’agente lo sgomento o l’illusione: due strade per un solo inferno. Lo sgomento è consapevolezza dell’impossibile, dell’occasione comunicativa perduta che non è riproducibile e non è possibile in alcun modo recuperare; l’illusione invece è data da quel codice binario, corpo/linguaggio, che non porta nessun treno e soprattutto non lo porta da nessuna parte (che ci sia da qualche parte la consa-pevolezza che il linguaggio non basti, non possa bastare, lo dimostrano proba-bilmente gli affanni espressivi nei quali si crogiola la nostra specie: arte, danza, teatro, musica, pittura…).

L’utilità di tutto questo è nel travisamento, funzionale alla convivenza (e alla sopravvivenza) della nostra specie.

Perché cosa rimarrebbe di noialtri se ci scoperchiassimo il cranio e spalmas-simo il nostro cervello sulle pareti, sulle strade e sulle persone, con il suo portato di pensieri? Null’altro che odio e desiderio.

Noi desideriamo ciò che percepiamo e, tra ciò che percepiamo, quello che pensiamo possa appagare i nostri sensi e odiamo tutto ciò che si frappone al soddisfacimento di questo desiderio. Tutto il resto è rappresentato dalle parole. Intermezzo nascondente tra il pensiero e l’azione. L’immediatezza è così fortu-natamente perduta se non in quei rarissimi momenti in cui l’azione cede il posto alla parola: aggressioni, atti sessuali, soddisfacimento bisogni primari (laddove, generalmente, non si parla e non sta bene parlarne). E un manto di parole riveste l’esistenza, rimandando sistematicamente ad un’altrove la realizzazione, il gesto, il pensiero, il piacere, l’azione, la vita.

Una donna ha cominciato a nascondere l’estro (il momento dell’ovulazione favorevole al concepimento) tanto tempo fa. Questa mutazione si è rivelata oltre-modo funzionale. Ma, evidentemente, non bastava. Per equilibrare il bisogno di cure e protezione con le tendenze istintuali aggressive e centrifughe dei maschi della specie bisognava nascondere qualche altra cosa, rivestire i sentimenti, i desideri, la rabbia, la paura, la gioia, il desiderio, il disprezzo e la maniera più

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effi cace si è rivelata quella di nasconderla sotto il mantello dell’invisibilità13 di questo raffi nato sistema di comunicazione fonetico-simbolico affi orante tra le trame stocastiche della selezione della specie: il linguaggio, che permette in primo luogo di prendere tempo, di dissimulare. Di discutere. Di soppesare, di valutare, di contrattare, di cambiare le carte in tavola, di spaccare il capello in quattro. La specializzazione femminile per il particolare, quel tratto simpatica-mente ossessivo che caratterizza le femmine della nostra specie, determinando spesso sgomento nei maschi della stessa, che in special modo si esprime attra-verso la raffi nata competenza verbale, ha una serie di determinanti. Esse vanno dalla capacità di discriminare nell’ambiente quanto di commestibile o comunque utile alla sopravvivenza del gruppo, alla necessità di avere una costante atten-zione per le condizioni ambientali e igieniche della propria dimora, al fi ne di determinare le condizioni ottimali per diminuire la possibilità di sviluppare infezioni. Non dimentichiamo che l’evento parto, anche nel migliore dei casi quando avviene senza alcuna complicanza, rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di infezioni opportunistiche a causa dell’apertura di una canale interno-esterno tra l’organismo e l’ambiente, seppur momentaneo, ma con emis-sione di liquidi biologici, così come la mestruazione che può rappresentare nello scenario preistorico, un pericoloso attrattore per predatori carnivori o terreno di coltura per microrganismi patogeni. Inoltre la sostanziale fragilità immunitaria del cucciolo della specie umana, prolungata nel tempo, che pertanto richiede, se non l’ambiente asettico che le madri contemporanee perseguono nel loro delirio pubblicitario, almeno una situazione di controllo sulle principali fonti di degene-razione ecologica del proprio microcosmo stanziale.

Naturalmente ogni cosa ha il suo prezzo. Il prezzo da pagare per la possibilità di una convivenza pacifi ca e prolungata (si fa per dire…) mediata dal linguaggio, non solo tra uomini e donne, ma anche nella comunità allargata, è stato quello di - defi nitivamente - rinunciare a capirsi.

13 Questa citazione è un esplicito omaggio al mai suffi cientemente elogiato genio di J.K. Row-ling, autrice dei libri della saga di Harry Potter (editi in Italia da Salani).

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SESSO, BUGIE E CHIRURGIE

“SADE:Marat, vicino hai solo questo corpo che ti aspetta Marat, mentre io giacevo nella fortezza per tredici anni ho appreso che questo è un mondo di corpi ed ogni corpo è pieno di una forza tremenda ed ogni corpo è solo, tor-mentato dalla sua irrequietezza. In questo essere soli in mezzo ad un mare di muri udivo ininterrotto un sussur-rare di labbra sentivo ininterrotto nei palmi delle mani e nella pelle del corpo questi contatti. Chiuso dietro tredici chiavistelli, il piede nel ceppo sognavo soltanto quelle fessure dei corpi che esistono soltanto per unci-narvisi ed esserne inghiottiti”

P.Weiss, La persecuzione e l’assassinio di Jean Paul Maratrappresentata dai fi lodrammatici di Chareton

sotto la guida del marchese de Sade

L’arte dell’inganno è alla base delle relazioni tra uomini e donne.Trattasi di una corsa agli armamenti della menzogna cominciata tanto tempo

fa e che dura tuttora, sempre di più raffi nandosi. Il problema è che si tratta di risolvere un clamoroso caso di confl itto di interessi. Un tipico caso di gioco competitivo-collaborativo, a somma ideale zero, che sistematicamente gli attori cercano di squilibrare a loro favore. Gli attori in gioco solo le donne e gli uomini così come sono andati evolvendosi nel corso della storia e così come sono li pos-siamo osservare a tutt’oggi.

Vediamo nel dettaglio queste strategie cominciando dalla parte delle donne.L’interesse prioritario della donna è quello di determinare una situazione

di stabilità affettiva, emotiva e contestuale che gli possa garantire maggiori possibilità di sopravvivenza a fronte del periodo di temporanea inabilità corri-spondente al periodo gravidanza-parto-cure neonatali fi no alla completa auto-nomizzazione del piccolo nato (quattro anni circa: teniamo presente, fi no alla noia, che il genotipo della nostra specie si è evoluto in un contesto estrema-mente complesso, nel quale non erano disponibili forme surrogate di sostegno alla maternità – baby sitter, welfar state, assegni familiari, paternage − pertanto la stabilità della coppia e della coppia all’interno del gruppo, era assolutamente

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fondamentale per la sopravvivenza). Ma non solo. Nell’ambito di questa linea di interesse prioritaria, ne sussiste un’altra: una sub-condizione potenzialmente confl ittuale la quale fa sì che la ricerca sia orientata oltre che alle determinanti di sicurezza e stabilità, anche verso quegli organismi maschili ad elevata fi tness, che si dimostrano cioè portatori di geni inequivocabilmente ben adattati per quanto riguarda il potenziale controllo sull’ambiente fi sico (traduzione: i maschi belli, aitanti e prestanti e ben adattati, in grado di esibire un effi cace controllo sull’ambiente esterno). E le due cose non necessariamente coincidono.(In ogni caso si può sempre cercare − come vedremo in seguito − di dare un colpo al cerchio e tre alla botte…)

Abbiamo già accennato alle due metastrategie ingannevoli poste in essere per il perseguimento degli scopi biologici della parte femminile dell’evoluzione: estro nascosto ed evoluzione del linguaggio. Ma ciò non basta. Infatti interesse prioritario dell’organismo femminile è anche quello di essere attrattive per gli organismi maschili, al fi ne di potenziare il proprio range di scelta sessuale tra un numero maggiore di competitori (e qui entrerebbe simpaticamente in gioco anche la competizione intraspecifi ca tra femmine della stessa specie, ma si pre-ferisce in questo momento trascurarla per comodità espositiva). A tal fi ne pare che l’organismo femminile risulti particolarmente attraente per i maschi della specie homo sapiens sapiens quando oltre a esibire tratti manifesti di iperadatta-mento comuni ai due sessi (come la simmetria apparente del corpo, una struttura fi sica armonica ed equilibrata, buona dentatura, pelle integra – seppur decorata – e priva di parassiti visibili, bella capigliatura, resistenza fi sica, buona salute, equilibrio mentale, buon carattere, integrità morale) presenta almeno queste due caratteristiche: un rapporto vita-fi anchi vicino al valore 0.7,e spiccati indicatori di età giovanile. Il rapporto vita fi anchi prossimo o uguale al valore 0.7 è quello che disegna la tipica forma a clessidra – vita stretta, fi anchi larghi pressappoco quanto il torace (90-60-90) - delle giovani donne in età post puberale, quando non anoressiche o obese. Tale confi gurazione è un oggettivo fattore di fertilità in quanto informa che gli ormoni femminili (estrogeni) sono all’opera e che stanno operando bene. Inoltre si è appurato nel corso degli ultimi quattro milioni di anni di evoluzione della specie umana che in particolare alle femmine, conviene apparire giovani, anche se non è del tutto chiaro il perché14. Gli indicatori di neo-tenia (persistenza di tratti infantili, sia somatici che caratteriali, anche nell’età adulta) sembrano rappresentare un potente attrattore per partner dell’altro sesso.

Alla luce di queste piccole ipotesi evoluzionistiche si è scatenato un reper-

14 In effetti una logica che rispondesse in maniera stringente a criteri evoluzionistici dovrebbe più che altro obbedire al fatto che i maschi fossero più attratti dalle femmine che essendosi già ripro-dotte hanno dato prova della loro certa fertilità. Invece non è così, assumendo maggior valore, proba-bilmente, il tempo riproduttivo maggiormente prolungato, assicurato - almeno potenzialmente - dalla giovane età (o supposta tale).

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torio comportamentale complesso stratifi cato e raffi natissimo che ha il preciso scopo attrarre-ingannare-conquistare il maschio della specie. Esso parte dall’ocra rossa per evidenziare caratteri sessuali secondari probabilmente usata in tempi ancestrali, per passare attraverso ciprie, unguenti, profumi, corsetti, stecche di balena, tacchi a spillo ed arrivare alle pratiche di manipolazione chirurgica del corpo femminile dei nostri giorni nelle fabbriche degli ultracorpi continuamente alimentate dallo sistema mondiale della moda e del make up. Perché mai le donne sono così contente e così attivamente ricercano pratiche attive di gestione e manipolazione del proprio corpo apparentemente prossime ad una sistematica tortura medievale? (avete mai provato, cari lettori maschi, a passare una serata camminando – o solo provando a stare in piedi – su di un tacco a spillo dieci?) La posta in gioco deve decisamente essere alta, ed in effetti lo è. Il tutto è fi nalizzato alla trasmissione di un messaggio funzionale al raggiungimento di uno scopo: il mio corpo è un organismo riproduttivo standard ad elevata fertilità e questa funzione ti potrà essere assicurata per un gran numero di anni. Il meccanismo che stiamo descrivendo ha una potenza istintuale tale, che in effetti sopravvive ampliamente, il più delle volte, anche successivamente al raggiungimento degli scopi biologici: abbiamo così donne (nonne) novantenni che si imbellettano, si incipriano e si agghindano, un po’ come la sula dai piedi azzurri che continua a covare la pietra dopo che le è stato sostituito l’uovo15. Naturalmente il grande meccanismo dell’investimento parentale non riguarda solo determinati somatico fi siche ma attiene anche (e soprattutto) a componenti comportamentali e caratte-riali. La donna infatti deve trasmettere un messaggio che viaggia su di un doppio binario. Non basta infatti dimostrare di essere un buon e funzionale contenitore, bisogna altresì affermare con convinzione di essere dei meccanismi riproduttivi ad elevata affi dabilità in ordine ad un livello estremamente delicato e fondamen-tale: bisogna assicurare al proprio partner che i gameti introdotti e riprodotti siano effettivamente i suoi.

E qui l’intelligentissima parte femminile dell’evoluzione probabilmente se ne è inventata un’altra: la verginità. Avete presente l’imene? A che cavolo servi-rebbe quella sottile e delicata membrana? Trattasi di potente attrattore del genere trappola per allocchi. Infatti l’assicurazione di esclusività fornita al defl oratore dura appunto lo spazio d’un mattino: vale per quell’unico rapporto, non certo per i successivi. Ma questo sembra essere bastato al povero maschio della specie per fare assurgere la verginità al ruolo di valore assoluto (perlomeno in alcune coordinate spaziotemporali, ovvero culture).

Scopo del gioco, per la donna, è quindi cercare di mettere insieme in maniera credibile i seguenti messaggi in ordine di importanza relativa:

15 Così come troviamo uomini novantenni, preda del loro delirio di gelosia…

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1. sono giovane, ed alla prima esperienza copulatoria (vergine);2. sono fertile;3. sono (sarò?) fedele;4. sono fi sicamente forte da sostenere un numero n di gravidanze;5. sono suffi cientemente equilibrata e non annegherò i miei bambini

nella tinozza o non ti sgozzerò nel sonno alla prima occasione;6. sono capace di accudire in maniera effi cace ed effi ciente le risorse

che mi saranno assegnate16 in ordine alla crescita dei fi gli alla cura del mio partner alla tenuta del luogo in cui vivere (accampamento stagionale o dimora stanziale) e sarò altresì in grado di autonoma-mente provvedervi entro i limiti dati dalle condizioni ambientali.

Tale è lo scopo del gioco della vita. Ed è un gioco a valenza assoluta e fon-damentale. Cioè, tutti gli altri scopi passano in subordine rispetto a questo, che va perseguito a qualsiasi prezzo e a qualsiasi costo. Il repertorio è vasto, varie-gato ed in continua evoluzione. E passa attraverso pratiche che ad uno sguardo mediato dalla parte razionale del nostro cervello possono parere aberranti o comunque incomprensibili. Che vanno appunto dall’ocra rossa, alla chirurgia estetica, passando − purtroppo − attraverso l’infi bulazione, la circoncisione femminile, l’allungamento dei colli, il restringimento dei piedi, la deformazione delle labbra, la ricostruzione dell’imene, le imbottiture al silicone, la chirurgia estetica, le scarpe di Manolo, etc. L’essere desiderabili, declinato nel sistema di riferimento sociale, culturale e temporale (e, aggiungerei: ambientale!) di riferi-mento, mediante l’esibizione di indicatori di fi tness, segnali di status, compor-tamenti adeguati alle aspettative sociali e culturali, diventa pertanto un impera-tivo assoluto che passa anche attraverso l’abdicazione ad altri apparenti principi morali di dignità, autonomia, moralità. Tutto è lecito e tutto sembra passare in secondo piano, anche perché la competizione intragenerica specie specifi ca è feroce, all’inverosimile amplifi cata dal moderno villaggio globale a base video-cratica, dove le immagini dei corpi e dei volti si moltiplicano in un inesauribile, e sempre rinnovato, immaginifi co caleidoscopio della perfezione. Il Porno ogni giorno invocato da qualche osservatore disattento, l’esibizione ostentata di epi-dermide e caratteri sessuali secondari, non è altro che la rappresentazione quoti-

16 Stiamo calmi, non si sta asserendo un ruolo di subalternità precostituito alla donna: sem-plicemente si sta fotografando lo scenario preistorico (e quindi preindustriale) dove la divisione dei ruoli dei compiti e del lavoro era assoluta perché dettata dalla scarsezza delle risorse. In effetti l’unica inferiorità manifesta attribuibile alla femmina della specie homo sapiens sapiens (oltre allo sfavore-vole rapporto peso-potenza della massa osteomuscolare, geneticamente determinato) è ascrivibile alla necessità per la donna di doversi occupare dei cuccioli neonati della specie; tale necessità sottrae quella giusta dose di tempo e di energie che la rendono de facto subalterna nell’organizzazione sociale e nel processo di produzione e redistribuzione delle risorse eccedenti. Questo tipo di discorso, come vedremo più avanti non ha più alcun senso in una società industriale post moderna.

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diana dell’agone riproduttivo declinato sul versante femminile nella particolare frame spazio temporale della contemporaneità occidentale17. Ogni altra donna in età riproduttiva può rappresentare un fattore di rischio per quanto concerne la possibilità di dispersione delle risorse destinabili dal partner prescelto all’ac-cudimento della propria prole; diventa pertanto essenziale mostrarsi più belle, adattate, desiderabili, sensuali, curate delle altre o, anche, tenerle accuratamente lontane e/o metterle in cattiva luce magari utilizzando al meglio le opportunità offerte da una delle abilità più sviluppate del cervello femminile: il linguaggio, magari orientato a quella straordinaria modalità di controllo estensivo sul pro-prio ambiente relazionale di riferimento, denominata pettegolezzo (o, più moder-namente, gossip).

Ben vengano, quindi, il velo, il burka, le scarpe con tacco 10 (o più), lo sguardo basso, le liposuzioni, le tinture, le rinoplastiche, l’abdicazione al riconoscimento e all’affermazione delle proprie facoltà intellettive, i jeans a vita bassa, i cor-setti, le iniezioni di botulino, i push-up, i piercing, i tatuaggi, la mercifi cazione e manipolazione del corpo, le extension, le lampade solari, le protesi al silicone, i disturbi del comportamento alimentare (santa anoressia!), la depilazione brasi-liana, il trucco, i fondotinta, il mascara e chi più ne ha più ne metta, il tutto volta per volta declinato rispetto al proprio target di riferimento e al proprio contesto socio-culturale, quale fondamentale investimento nell’hedge found immaginario - ma non troppo - della competizione sessuale. Quelle che possono sembrare imposizioni del sistema fallocratico dominante, sono precise scelte femminili, assunte in piena consapevolezza e responsabilità verso il proprio corpo, che se fossero sottoposte a referendum e a votare fossero solo le donne in piena libertà, non avrebbero nessuna speranza di essere abrogate (buona parte delle abomi-nevoli pratiche di controllo della sessualità femminile note - comprese le tanto esecrate mutilazioni genitali femminili - sono accuratamente promosse e gestite nelle società dove vengono praticate, in un ambito squisitamente femminile18) fi nché il contesto sociale, culturale ed evoluzionistico, rimane quello che le ha generate.

Negli ultimi tempi sembra stia inoltre parzialmente prendendo piede una ulteriore strategia nelle adolescenti del mondo occidentale, e cioè il sesso pret-a-porter, una diffusa promiscuità sessuale usata come una sorta di merce di scambio comunicativo/relazionale e non solo, a scarsissima valenza in termini di investimento emotivo ed affettivo. Tale strategia, che apparentemente sem-

17 La competizione è più feroce dove le risorse sono più scarse, per esempio nel nostro meri-dione, dove per la verità intervengono quali fattori favorenti l’esposizione epidermica, anche determi-nanti climatiche (cfr Virgilio M., Porno ogni giorno, Laterza, Bari, 2009).

18 Per una disamina dell’argomento relativo alle mutilazioni genitali femminili, declinata in chiave attuale, vedi: Orefi ce G.: Un rito di passaggio della contemporaneità.L’Infi bulazione, Tesi di Laurea non pubblicata, SUN, Napoli A/A 2008-2009.

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brerebbe negare i presupposti descritti dell’interesse riproduttivo femminile, potrebbe probabilmente essere interpretata come un meccanismo comunque funzionale ad attrarre numerosi partner entro i quali effettuare la scelta sessuale (o semplicemente, è una strategia che descrive un limite della teoria!).

L’insieme di queste pratiche, in ogni caso, costituisce l’impianto seduttivo/mistifi catorio del corteggiamento femminile nella specie umana così come si è andato evolvendosi fi nora. Tale impianto è talmente incancrenito e mineraliz-zato nel repertorio comportamentale specie specifi co di genere che non è stato minimamente intaccato dalla maturata consapevolezza raggiunta dall’animale donna negli ultimi anni del secolo scorso da quell’insieme di teorie, linguaggi e prassi politiche e personali che va sotto il nome di femminismo, che rimane, nonostante le indubitabili conquiste in termini di emancipazione e parità femmi-nili (almeno nel mondo occidentale avanzato), sullo sfondo di modelli apparen-temente ineliminabili che vanno - al solito declinati nei diversi ambiti culturali e geografi ci - dal velo, alla mercifi cazione pubblicitaria del corpo femminile nella comunicazione contemporanea occidentale, dove per vendere qualsiasi cosa, un corpo femminile oculatamente esibito nella sua nudità (generalmente parziale) non manca mai19.

E veniamo, ora, agli uomini.Il maschio della specie homo sapiens sapiens, non diversamente da quanto

avviene negli altri mammiferi, è fondamentalmente un pericoloso psicopatico20. Nel suo caso, lo scopo del gioco sarebbe quello di fecondare nel corso della

sua vita quante più donne possibili, anche contemporaneamente, senza ovvia-mente doversi poi occupare del frutto del concepimento. Questo obiettivo entra, ovviamente, in parziale collisione con le esigenze della parte femminile dell’evo-luzione.

Scopo del gioco diventa quindi quello di far credere alla propria potenziale partner le seguenti cose, in ordine di importanza relativa:

19 L’aspetto divertente è che le immagini del corpo nudo femminile sembrano attrarre, ed essere pertanto effi caci sul piano della comunicazione commerciale, non solo gli uomini, ma anche le donne! Probabilmente l’attrattore è rappresentato da un lato dalla possibilità di ispirarsi al modello presentato (generalmente corpi perfetti nella loro aderenza ad un modello immaginario) dall’altro dalla possibilità di ricorrere ad un confronto rispetto alle proprie qualità personali: quanto, e come, e dove, il mio corpo è diverso dal modello proposto? Cosa posso/devo/voglio fare per assomigliargli?

20 Appena un po’ meno dei maschi degli altri mammiferi, di specie sociali e non sociali, i quali hanno tra i loro interessi prioritari quello di uccidere tutti i cuccioli disponibili al fi ne di stimolare il ritorno in estro delle femmine in età riproduttiva e subentrare con il proprio patrimonio genetico al partner che li ha preceduti. Naturalmente a volte non tanto si può andare per il sottile e vengono tranquillamente uccisi – ove se ne dovesse presentare l’occasione – anche cuccioli generati dai propri geni ma pur-toppo non è ancora in uso tra gli animali il test genetico di paternità. Le femmine per contro passano buona parte del loro tempo e impiegano una parte signifi cativa delle loro energie a difendere i propri cuccioli dai potenziali attacchi dei maschi della loro specie (anche all’interno del proprio gruppo).

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1. sono un organismo forte, ad elevata fi tness, portatore di geni di buona qualità

2. dispongo di risorse energetiche eccedenti (o comunque sono in grado di procacciarne), tali da soddisfare i bisogni miei, della/e mia/e partner e del numero n di fi gli che verranno;

3. sono, se non proprio fedele, suffi cientemente equilibrato da non alte-rare in maniera disfunzionale il rapporto risorse disponibili/fonti di dispendio (disperdendo le mie attenzioni su troppe partner, procre-ando troppi fi gli);

4. sono in grado di controllare le mie tendenze centrifughe e garan-tisco presenza cura e accadimento continui (anche se non costanti) sul lungo periodo;

5. sono in grado di tenere sotto controllo la mia aggressività eterodi-retta al punto giusto (ovviamente picchio - partner e fi gli - ma - soli-tamente - non li uccido);

6. so essere - all’uopo - attento, premuroso, buon ascoltatore, pre-sente… (questa parte del repertorio comportamentale è generalmente è limitato alla sola fase del corteggiamento….)

Anche gli uomini - par condicio - pagano un prezzo salato per la trasmis-sione di questi messaggi ovviamente mediati dall’infratesto corporeo, anche se assume un carattere apparentemente meno invasivo e mortifi cante che nel caso femminile; essi passano attraverso tatuaggi, scarifi cazioni, prove - spesso vio-lente - di iniziazione, forza, virilità, esibizione di simboli di status (con tutto il dispendio di forza lavoro che ciò comporta: macchine potenti, castelli, cavalli…); ma soprattutto attraverso esposizione a rischi e stressor (uno fra tutti: la guerra, ma anche il suicidio, la morte sul lavoro, gli sport estremi, la competizione intra-generica a tutti i livelli) che fanno in modo che l’aspettativa di vita maschile - a tutte le latitudini e in tutte le culture21 - sia sistematicamente signifi cativamente inferiore di quella femminile. E, la morte, rimane il prezzo più alto che il corpo possa pagare.

Non paghi di tale repertorio specie-specifi co, i maschi della specie stanno recentemente facendo proprie una serie di specifi cità femminili quali depila-zioni, trucchi, creme, chirurgie, ausili chimico farmaceutici, trapianti e reim-pianti, lifting, collagene, per ampliare il proprio già pregevole repertorio misti-fi catorio, in parte, per la verità, compensato da analoga assunzione di specifi cità

21 Anche, ovviamente, tra gli animali: i maschi delle specie sociali sono stressantissimi. I dominanti per la fatica di mantenere lo status, i subordinati per lo stress di subire sistematicamente l’esclusione e la violenza dei superiori; quest’ultimi per tirarsi su fanno allora il mobbing su quelli più subordinati di loro (magari cuccioli).

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di genere da parte femminile, che si concretizza nella parità di ruoli in ambito lavorativo ed economico, nella possibilità di intraprendere la carriera militare o nelle forze dell’ordine etc.

In effetti ad uno sguardo disaccorto potrebbe sembrare che gli uomini ingannino meno delle donne, cioè tendano, purtroppo, ad essere ben accetti dalle donne anche quando non hanno particolari abilità a mimetizzare i loro lati disfunzionali. Ci si riferisce a quel noto fenomeno che sembra a volte caratte-rizzare il legame di attaccamento amoroso femminile che potremmo chiamare sindrome della buona samaritana (o di Madre Teresa di Calcutta) che vede la donna vittima sacrifi cale, immolata sull’altare dell’amore anche a fronte di pla-teali pattern disadattavi manifestati dall’oggetto dell’attaccamento (per capirci: uomini violenti, fedifraghi, alcolizzati, etc., etc.). Questo singolare e complesso fenomeno, le donne che amano troppo, sarà accuratamente trattato in seguito.

Il repertorio mistifi catorio maschile ha anche un’altra singolare caratteristica: tende a spalmarsi su di un arco temporale particolarmente contratto rispetto a quello femminile (e la cosa è giustifi cata dal fatto che l’investimento riprodut-tivo maschile può - volendo - durare pochi minuti mentre quello femminile - al minimo - nove mesi!). L’ardore maschile caratterizzante la fase di corteggia-mento - gentilezze, sorrisi, regali, attenzioni, disponibilità - sembra solitamente sciogliersi come neve al sole non appena raggiunta una certa stabilità ambien-tale e riproduttiva, gettando nello sgomento le inquiete partner, che tendono a non riconoscere più in quell’ammasso gelatinoso parcheggiato in tinello con lo sguardo vitreo spalmato sullo schermo televisivo, l’aitante fustacchione che in una sera d’estate di qualche anno prima le ha fatte rabbrividire di piacere strin-gendole tra le sue braccia. A questo punto fanno generalmente la loro fortuna o gli idraulici, come piacevole diversivo, o i venditori di biancheria intima (o di sexy toy) in quanto, in effetti, il maschio della specie umana è, a livello istintuale e non solo, estremamente stupido - non diversamente dagli altri animali - e per-tanto è estremamente facile ingannarlo offrendogli pseudo novità che possano riattivare i suoi sopiti meccanismi di predone sessuale, che fondamentalmente rispondono prioritariamente in base al principio della diversifi cazione dello sti-molo.

Volete tenervi stretto il vostro uomo? (ma siamo sicuri che sia proprio indi-spensabile, necessario, auspicabile?) Annegatelo nelle novità, fategli credere di giacere ogni volta con una partner diversa…

O, diversamente, seguite il consiglio implicito, a proposito di annegamenti, dato dalle protagoniste del fi lm Giochi nell’acqua22, di P. Greenaway. (Non

22 “Grazie alla perplessa complicità del coroner, tre donne con lo stesso nome ma di tre gene-razioni diverse uccidono i rispettivi mariti., conquistando a suon di promesse la complicità di un ispet-tore che sarà la loro ultima vittima. […] “ Dizionario dei fi lm 1998, a cura di P. Merenghetti, Balbini &

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L’AMORE AI TEMPI DEL GENOMA - PARTE I

l’avete visto? Peccato. È un capolavoro)

Questa partita doppia giocata sul fi lo dell’inganno può apparire ai più come aberrante, da un lato, e come solo parzialmente esplicativa dall’altro. Aberrante perché sembra non tenere conto dell’ambito sentimentale, del romanticismo, della poesia, di quello sconvolgimento totale e assoluto denominato amore che tutti noi, almeno in una limitata e momentanea stagione della vita, abbiamo conosciuto; parzialmente esplicativo perché a tutti noi vengono in mente reper-tori comportamentali messi in atto da un signifi cativo numero di persone che sembrano andare in tutt’altra direzione rispetto a questo sterile schema mecca-nicistico proposto. Cominciamo da questo, per poi tornare all’amore romantico.

Come la mettiamo, ad esempio con i preti e le suore e il loro voto di castità? E tutte quelle persone, maschi e femmine che fanno di tutto per nascondere e mimetizzare quanto di attraente per l’altro sesso il proprio organismo possa produrre, imbruttendosi, appiattendosi, deformandosi? In realtà l’investimento energetico è analogo, è - per usare una metafora fi nanziaria - il fondo che è sba-gliato, perché rischia di non dare il rendimento desiderato, commisurato all’in-vestimento effettuato. Ancora una volta occorre sottolineare che i meccanismi che sottendono alla scelta e ai comportamenti sessuali non sono mediati dalla razionalità ma dal livello più arcaico e profondo della nostra emotività. Questi comportamenti apparentemente disadattativi e disfunzionali non sono altro in realtà che dei tentativi estremi di delimitare il target di riferimento della propria scelta, a volte, purtroppo, esagerando. Le suore spose di Cristo, lo sono, in realtà, alla lettera. Solo che hanno scelto un partner che, se può conferire delle assolute garanzie su alcuni aspetti (attinenti soprattutto alla stabilità caratteriale),è invece senz’altro carente sul piano delle competenze riproduttive (ma a questo si può sempre porre rimedio capitando dalle parti di Monza…).

Così come le tribù dei nascondenti (un adolescente grunge-dark-emo-punk vi sembra possa essere attraente? E quella segretaria sciatta-grassa-brutta? E quel pover’uomo trasandato, trascurato e mammone? Il temuto cliché della donna istrice è quanto di più realistico possa immaginarsi: gli aculei servono però a tenere lontani partner potenziali indesiderati e a selezionare i pochi che sapranno destreggiarsi tra le spine) non fanno altro che delimitare il campo, anche loro in un certo senso alzando la posta trasmettendo il messaggio che se uno fosse interessato al premio, questo va cercato molto, ma molto, bene. I loro apparenti meccanismi disfunzionali in realtà sono delle raffi nate messe alla prova dei potenziali partner mediante l’emissione di particolarissimi segnali indicatori di fi tness, di una fi tness se vogliamo apparentemente disfunzionale, che a volte

Castoldi.

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ovviamente non raggiungono l’obiettivo sperato. Ma questo per la verità, può riguardare tutti gli organismi calati nell’agone riproduttivo.

E poi, certo, c’è anche poi chi autenticamente si sottrae ad una vera compe-tizione sessuale. Ma in questo caso saremo alle prese con un semplice disadatta-mento patologico destinato ad una sana ed inesorabile estinzione.

I gay invece, invece, non fanno testo. Semplicemente, in quel caso, non sanno che il loro amore omosessuale non potrà dare luogo a una discendenza. Il livello sottocorticale ha evidentemente subito un imprinting emozional-sessuale entro l’età sensibile verso un oggetto dello stesso sesso, per il quale i meccanismi saranno assolutamente sovrapponibili agli amori eterosessuali. Cogliamo l’occa-sione per sottolineare come e quanto, l’omosessualità non sia affatto una malattia o una sindrome trasmessa geneticamente. La dimensione antropologica della omosessualità è quella di una condizione di normalità che ha visto il modello di attaccamento sessuale interpersonale svilupparsi entro coordinate assimilabili a quelle del proprio sesso biologico. Nulla di strano, niente di anormale. Sempli-cemente una preferenza, biologicamente sviluppata entro l’età sensibile durante la quale si è formato l’orientamento sessuale contro la quale inutilmente e ingiu-stamente si scagliano gli strali di una politica e di una chiesa ipocrite e ottuse e, soprattutto, sideralmente lontane dal complesso universo sentimental sessuale delle persone che abitano la vita reale.

L’amore romantico, invece, sopravvive appieno anche in questa odiosa pro-spettiva biologico evoluzionistica. Solo che è un mezzo, e non un fi ne. L’amore romantico, fatto di tutto il repertorio specie-specifi co che conosciamo, è un potente e raffi natissimo strumento di indagine relativo alle qualità e agli scopi del nostro potenziale partner. Serve a valutare il livello di mistifi cazione, rispetto alle determinanti ricercate, espresso dall’organismo. Lo stereotipo dell’uomo che corteggia e della donna che soppesa (te-la-do’-non-te-la-do’) è assolutamente fondato da un punto di vista della biologia evoluzionistica. In uno studio23 effet-tuato dagli studiosi dell’University College di Londra i modelli comportamentali maschili e femminili sono stati analizzati con un modello teorico basato sulla teoria dei giochi. Nel sistema preso in esame, lui è spinto da buoni propositi ed è innamorato davvero oppure interessato solo al sesso. Lui e lei escono insieme più volte e il gioco prevede, come è ovvi, due esiti: positivo, se i due escono insieme, o negativo, se lei alla fi ne rifi uta il pretendente. Una delle conclusioni a cui è giunto lo studio è che il corteggiamento per sua stessa natura richiede tempo e pazienza. Il professor Seymour, che ha guidato la ricerca e i suoi col-leghi sono partiti da questa domanda: perché persone e animali non accelerano le cose riducendo i costi del corteggiamento? In fondo, ai fi ni dell’evoluzione

23 Seymour, Robert and Sozou, Peter D (2009) Duration of courtship effort as a costly signal. Journal of theoretical biology (256). pp. 1-13.

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sarebbe stata la soluzione più immediata, più semplice. Ma non la più intelligente dal punto di vista antropologico: un corteggiamento più lungo è un modo per la donna di acquisire maggiori informazioni sull’uomo, prolungare questa fase infatti permette di ridurre le possibilità di restaurare una relazione con un cattivo compagno. Ecco perché le cene, le serate a lume di candela e al cinema sono fon-damentali non solo per creare l’atmosfera nell’immediato ma anche a fi ni futuri. Il modello prova inoltre quello che già si poteva immaginare: i “cattivi ragazzi” non sono interessati a protrarre a lungo il gioco del corteggiamento. La donna ha un problema strategico, deve analizzare l’affi dabilità del potenziale partner, questo potrebbe spiegare la nascita del corteggiamento e il luogo comune per cui una donna non dovrebbe mai andare a letto con il partner alla prima impressione positiva.

L’interesse competitivo/collaborativo tra i due generi della nostra specie in ordine alla riproduzione sessuata è, come abbiamo, visto assolutamente squili-brato, necessita pertanto di un’attenta valutazione soprattutto dal punto di vista femminile in ordine ai requisiti specifi ci auspicati che abbiamo visto sopra: da un lato la donna ha interesse a mostrarsi bella e desiderabile (in particolare più bella e desiderabile delle altre potenziali competitrici sessuali presenti nella nicchia ecologica di riferimento) al fi ne di attrarre quanti più maschi possibili entro il quale effettuare la propria scelta una volta attivato tutto il trito repertorio com-portamentale del corteggiamento maschile fatto di sguardi, fi ori, cioccolatini, gioielli, inviti a cena, promesse di matrimonio, desiderio manifesto di avere e di accudire fi gli, esibizione di simboli di status e di equlibrio somato-caratteriale, repertorio che ha tuttavia il senso di una solenne quinta teatrale, in quanto dietro al sipario delle dolci parole d’amore e degli sguardi languidi, le maschili rotelle ormonali non smettono mai di calcolare le probabilità copulatorie con tutte le altre femmine in età riproduttiva (e dall’insieme desiderabile) disponibili che capitano a tiro di sguardo (tale calcolo - ovviamente - è in molti casi sfavore-vole nel computo costi/benefi ci - soprattutto in questi tempi di agguerriti avvo-cati divorzisti - e il maschio della specie umana può rimanere fedele in maniera esemplare!).

Tale repertorio ha una valenza assolutamente bidirezionale perché quando le alchimie della chimica cerebrale lo impongono e le donne si convincono (gene-ralmente in maniera impropria) di aver trovato la persona assolutamente giusta sono assolutamente capaci di sviluppare in maniera egregia tutto lo scibile del corteggiamento romantico, soprattutto in questi tempi di raggiunta emancipa-zione culturale, affettiva ed economica. Così come sono assolutamente capaci di discernere piani semantici differenti in ordine all’investimento riproduttivo, attribuendo gradienti di interesse diversifi cati, oculatamente distribuiti, in base alle qualità ricercate nel partner: infatti recenti ricerche dimostrerebbero che una percentuale tra il 5 e il 10% dei fi gli nati all’interno di coppie monogamiche

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(il dato vale per l’Italia, ma è confermato da analoghi studi in altre regioni del pianeta) non appartiene geneticamente al genitore maschio24, segno che la donna quando ravvede carenze qualitative nel proprio partner (magari accettabile come status, equilibrato e affi dabile caratterialmente, ma carente come fi tness...) sur-roga la cosa reperendo materiale genetico altrove, trovando una evidente disponi-bilità di materiale genetico a buon mercato anche al di fuori del vincolo di coppia (con buona pace del legislatore che si arroga il diritto di vietare l’inseminazione eterologa per decreto!). Una strategia che sembrano usare le donne per valutare l’affi dabilità di possibili partner è quella identifi cata da Melissa Burkley e Jessica Parker, psicologhe dell’università dell’ Oklahoma: nel loro studio25 hanno chiesto a 184 studenti eterosessuali single, metà maschi e metà femmine, di indicare la loro disponibilità ad avere una relazione con una persona ritenuta, grazie a pre-cedenti test, il loro partner ideale. In realtà a tutti gli studenti veniva mostrata sempre la stessa foto di un uomo o di una donna molto attraente, quello che cam-biava era solo l’indicazione che la persona fosse single o già impegnata. Mentre i maschi mostravano sempre un’alta propensione a tentare l’avventura sessuale indipendentemente dallo stato della nuova potenziale partner, per le donne le cose erano molto diverse. Se all’uomo nella foto veniva attribuita la qualifi ca di single la disponibilità ad avere un’avventura sessuale era del 59%; se l’uomo veniva invece indicato come già impegnato l’interesse saliva addirittura al 90%! Secondo le autrici dello studio il risultato potrebbe dipendere dal fatto che un uomo già “testato” da un’altra partner è probabilmente più affi dabile e quindi più attraente di uno che nessuna - chissà perché - ha voluto scegliere Donne, dunque, “naturalmente” predatrici di partner? Forse in uno scenario pleistocenico poteva essere una strategia conveniente…

Le donne e gli uomini giocano così la loro partita inseguendosi all’interno del circolo vizioso dell’inganno, tenendosi per mano ma con lo sguardo rivolto altrove, l’uno cercando di convincere l’altra di cose che forse possono essere verosimili, ma certamente non sono vere, se non per brevi unità spazio tempo-rali.

Che l’inganno sia tendenzialmente cosa nota alla specie, indirettamente lo dimostra la necessità, presente in ogni tempo storico e ad ogni latitudine, di normare il rapporto fi nalizzato alla riproduzione tra uomini e donne mediante un

24 Cfr. Bruno Dallapiccola, Genetica Medica essenziale, Minotauro, Roma; questo il dato generale; altre ricerche (cfr. Kermyt Anderson, University of Oklahoma - Center for Applied Social Research in Current Anthropology) svolte tra quanti invece autonomamente di propria iniziativa richie-dono il test, indicano addirittura nel 30% questa percentuale (ma è ovvio che chi chiede il test vuol dire che qualche dubbio già ce l’ha).

25 Who’s chasing whom? The impact of gender and relationship statu on mate poaching, Jes-sica Parker, Melissa Burkley - Oklahoma State University, Department of Psychology, Stillwater, OK 74078, United States

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contratto di diritto pubblico/privato che pur tra molte varianti, va sotto il nome di matrimonio (addirittura caratterizzato, in determinate frame culturali, dal vin-colo dell’indissolubilità). La ratio alla base di questa necessità è probabilmente quella che vede il bisogno di garantire una continuità riproduttiva alla specie come un interesse del gruppo, della comunità, che va quindi sottratto al libero arbitrio e alla libera iniziativa dei singoli individui in quanto il rischio del preva-lere delle tendenze ingannatrici di una parte o della corrispondente controparte sarebbero troppo elevati. Fino a pochi anni fa, i fi gli nati al di fuori del matri-monio – le tendenze ingannatrici possono essere tenute sotto controllo solo fi no ad un certo punto – non avevano alcun diritto in ordine a prerogative dinastiche ed ereditarie (nemmeno potevano ereditare il cognome paterno!): l’investimento della donna andava evidentemente tutelato molto bene.

Anche se una disamina dell’istituto matrimoniale sarebbe estremamente interessante ed istruttiva, non è questa la sede per affrontarla; vale però la pena notare come il contratto matrimoniale ha subito una interessante evoluzione in particolare nelle nostre società occidentali ad elevato dispendio energetico dove da un carattere centrato sulla tutela della proprietà dell’uomo sulla donna e sui fi gli si è giunti ad una tutela dei reciproci diritti e prerogative in funzione dell’interesse dei fi gli. Cambiando l’ordine degli addendi i risultato non cambia: quando il gioco si fa duro è il momento che i duri scendano in campo; il gioco è talmente duro che senza un arbitro, chiamato matrimonio, c’è il rischio di non giocare affatto perché i giocatori delle opposte squadre se ne partirebbero per la tangente dei loro desideri centrifughi.

I due giochi, come è evidente, collidono più di quanto non collimino. Ma la partita va giocata lo stesso, anche se spesso dura poco. In genere funziona così: esiste un’età sensibile in cui il gioco raggiunge l’acme. Ed è l’età in cui il corpo si affaccia all’età riproduttiva. Quell’età che con un termine inventato recente-mente e che probabilmente ha un corrispettivo biologico molto diverso dall’attri-buzione semantica corrente, chiamiamo adolescenza26. In quest’età tutto il reper-torio, complice l’irruenza degli ormoni, che abbiamo fi nora visto si esprime al meglio. A cominciare dai corpi, sia maschili sia femminili, che danno il meglio di sé in termini di esibizione di segnali di fi tness, per fi nire all’intensità dei sen-timenti e della capacità di sviluppare legami di attaccamento, quasi una fase di imprinting sentimentale.

La cosa è probabilmente dovuta al fatto che la specie umana è fondamental-mente fatta per cominciare a riprodursi quando gli individui sono ancora gio-vani. La curva della fertilità femminile, infatti, raggiunge il sua acme a circa ventiquattro anni, per poi inesorabilmente ridiscendere; una primipara trentenne

26 Per una affascinante disamina della dimensione adolescenziale in una prospettiva evolu-zionistica, vedi: Bainbridge D., Adolescenti, Einaudi, Torino, 2010.

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è defi nita in ostetricia puerpera anziana; non che gli uomini stiano messi meglio, anche in quel caso il declino è inesorabile ed inarrestabile con l’avanzare degli anni, anche se, più che il venir meno della possibilità procreativa, quel che ne fa le spese sembra essere la qualità dell’eiaculato, diminuendo drasticamente il numero di spermatozoi e soprattutto aumentando signifi cativamente il rischio di sindromi genetiche e problematiche di vario tipo – degenerative innanzitutto – all’aumentare dell’età riproduttiva maschile27 (di tutto questo non sembrano al corrente gli aitanti 50-60-70enni, capelli bianchi al vento, impianti dentari sapientemente ancorati, pelle accuratamente stirata, mentre - complice la magica pilloletta azzurra ingannatrice – credono, tra le braccia della Jeune-Fille di turno, di scorticare qualche scampolo d’immortalità pagando il dazio di una [ri]nascita tradiva, mentre la Signora con una falce e cento denti, se la ride…). Il prolungato tempo di gravidanza e svezzamento della prole suggerisce, quindi, l’opportunità di cominciare appena possibile a diffondere i propri gameti per raggiungere la miglior effi cacia possibile in termini di discendenza diretta, in uno scenario, ricordiamolo, dove la mortalità infantile era altissima e la possibilità di raggiun-gere l’età riproduttiva assolutamente limitata.

Crescete e moltiplicatevi, dunque. Ma con cura e attenzione. Le risorse (morali e materiali) non sono illimitate. Conviene trovare partner che ne siano (molto) ben forniti.

27 Vedi: Jin Liang Zhu, Kreesten M. Madsen, Mogens Vestergaard, Anne V. Olesen, Olga Basso, and Jørn Olsen: Paternal age and congenital malformations, Hum. Reprod., Nov 2005; 20: 3173 - 3177.

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