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Giu - Lug '19 BIMESTRALE DI CULTURA, AMBIENTE, SPORT E ATTUALITÀ 1949-2019 LAMBERTINI: DI FOTOTTICA 70 anni CONCORSO 2019 CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI SAN GIOVANNI IN PERSICETO

LAMBERTINI: 70 anni · 2019. 6. 26. · FORZA POLIZIA, METTICI LA FACCIA. 5 Giugno - Luglio '19 goRotondo to per qualche tempo a Sammartini, poi, per non fare i pen-dolari, si stabiliscono

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Giu - Lug '19BIMESTRALE DI CULTURA, AMBIENTE, SPORT E ATTUALITÀ

1949-2019 LAMBERTINI:

DI FOTOTTICA70 anni

CONCORSO

2019

CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI SAN GIOVANNI IN PERSICETO

3 1949-2019 LAMBERTINI: 70 ANNI DI FOTOTTICA

Giorgina Neri

7 1928: IL CARNEVALE RITROVATO Paolo Balbarini

13 STUDIARE PER CONTRASTARE LE MAFIE Sara Accorsi

14 50 ANNI DI STRADA MAESTRA Gianluca Stanzani

16 Svicolando

18 7° Concorso Svicolando

19 Hollywood Party QUASI AMICI - INTOUCHABLES

di Mattia Bergonzoni ROMA di Gianluca Stanzani

20 La Tana dei libri FASCISMO MALERBA

DELLA DEMOCRAZIA Maurizia Cotti

21 Fotogrammi CERVO NEL BOSCO DELLA MESOLA a cura di Denis Zeppieri

e Piergiorgio Serra

22 PERSICETO YANKEES Mirco Monda

23 ANDREA COTTI E LUCA WU… Maurizia Cotti

27 TRA PARENTESI: ENRICO PAPA, FRA NONVIOLENZA E (ANTI)FASCISMO Sara Accorsi

31 BorgOvale CARO DIARIO…

LA SCUOLA È FINITA Irene Tommasini

Numero chiuso in redazione il

19 giugno 2019 Variazioni di date, orari e appuntamenti successivi a tale termine esonerano

i redattori da ogni responsabilità

www.borgorotondo.it

il BorgoRotondo

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L’undici maggio di questa primave-ra bizzarra era di sabato e la famiglia Lambertini ha voluto celebrare i suoi,

sempre verdi, 70 anni d’attività.Al gioioso evento hanno presenziato il sindaco Lorenzo Pellegatti, il presidente dell’Ascom, altre autorità istituzionali, era pure partecipe una rappresentanza dei lo-cali carabinieri, nonché un folto pubblico di clienti vecchi e nuovi. I fratelli Lambertini, Gilberto e Marco, han-no dichiarato che aver organizzato l’anni-versario non è stato un atto di autocelebra-zione, ma un ufficiale ringraziamento a tutta la clientela affezionata che di generazione in generazione si è avvicendata nell’avvalersi del loro lavoro. Com’è nata questa pluridecennale attività, la sua storia la raccontano, alternan-dosi, Gilberto e Marco un pomerig-gio prima dell’apertura, nello studio-laboratorio.Fulvio Lambertini in un periodo di rinascita, di voglia di fare, nel prosie-guo degli anni del dopoguerra, stanco di lavori che non gli si confacevano in campagna, con una macchina foto-grafica, comprata con il ricavato della vendita di un coniglio, e una grande passione, è in cerca di un ambiente dove svolgere l’attività di fotografo.Lui è di Canaletto, una borgata vicino alla Ca’ Rossa, a Crevalcore; là, però, c’è già un fotografo amico suo con

1949-2019 LAMBERTINI: 70 anni di fotottica

Giorgina Neriil quale non vuole entrare in concorrenza, perciò vaga in bicicletta nei dintorni e capita quasi per caso a Persiceto.Si ferma in Piazza del Popolo e chiede in giro se qualcuno ha una bottega o un laborato-rio d’affittare. Consulta diverse persone, poi fortuna vuole d’imbattersi in Sante Bongio-vanni, detto “al Réz”, salumiere, davanti al suo esercizio, il quale gli dice che appresso al numero 9 ha un ambiente in fondo al corri-doio in disuso; se gli va bene l’affitto lo stabi-lirà quando l’attività di fotografo avrà preso piede e reso il necessario.Il posto suddetto era una stanza che avreb-be fatto da set, a pieno titolo, per il tipo di film neorealisti che si giravano in quegli anni: molti lettori un po’ agé ricorderanno “Ladri di biciclette”, “Poveri ma belli”... un ambien-

te spoglio, illuminato lo stretto neces-sario per fotografare, un banco, una scrivania, gli attrezzi per lo sviluppo e la stampa e, in un cantone, una vecchia stufetta di ghisa, non ancora antica, a legna.Con l’ottimismo dettato dalla grande voglia di sfondare in un grosso centro come Persiceto e con una storica con-correnza, se Santino Salardi rappre-senta la tradizione, Fulvio Lambertini si propone come la novità, il moderno che avanza.Il nostro fotografo, che nel frattempo ha sposato Iolanda, una bella ragazza di Sant’Agata Bolognese, hanno vissu-

Amnesty InternationalGruppo Italia 260email: [email protected]

Gianluca StanzaniA ormai diciotto anni dal G8 di Genova, molti dei respon-sabili che hanno commesso gravi reati in quell’occasione “la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale”, sono rima-sti sostanzialmente impuniti. Uno dei motivi che hanno for-temente contribuito ad avvallare questa mancata giustizia, è stata l’impossibilità di identificare gli esecutori materiali da parte dell’autorità giudiziaria.Già nel 2011, in occasione del 10º anniversario, Amnesty In-ternational aveva promosso la campagna “Operazione traspa-renza. Diritti umani e polizia in Italia”, allo scopo di chiedere al Governo di esprimersi in una pubblica condanna e nelle scuse verso le vittime. E allora come oggi, Amnesty Interna-tional chiede l’introduzione di misure di identificazione per gli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico. Nel frattempo, da quel 2011, in Europa sono diventati 21 i pae-si (su 28) che hanno adottato i codici identificativi. La Ger-mania prevede norme di identificazione in 9 regioni su 16, mentre in Ungheria e in Svezia, nonostante non sia in vigore l’obbligo, gli agenti espongono nome, carta d’identità e grado sull’uniforme, ma soprattutto un codice quando indossano un equipaggiamento speciale.“È vero, le persone sono tutte uguali, ma da alcune preten-

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FORZA POLIZIA, METTICI LA FACCIA

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to per qualche tempo a Sammartini, poi, per non fare i pen-dolari, si stabiliscono a Persiceto dove vanno ad abitare in Via Pellegrini in un appartamento sopra la bottega della Varistona, oggi Anita Più.Gilberto racconta della sua infanzia divisa fra la scuola al mat-tino e il laboratorio dei genitori al pomeriggio, qui ha visto da vicino il loro lavoro, quanto fosse lungo e faticoso: stavano anche di notte a completare la loro opera per consegnarla nel tempo stabilito ai clienti.Fulvio Lambertini, in occasione di un altro anniversario cele-brato insieme alla moglie, dichiarò che per i primi trent’anni d’attività non andò mai in ferie. Fulvio era molto richiesto per i suoi servizi fotografici, mentre la moglie Iolanda oltre a smi-stare le consegne al banco si era specializzata nella coloritura delle foto in bianco e nero ed era molto brava anche nel ritoc-care ed abbellire i ritratti... allora non c’era ancora la pellicola a colori.Quegli anni furono d’oro per la fotografia, la gente amava far-si fotografare; usciti da lunghi tempi di ristrettezze economi-che, le famiglie con un po’ più di soldi, non destinati al cibo, si compravano stoffe per abiti nuovi; sarti e cucitrici artigianali erano pieni di lavoro e la gente aveva voglia di farsi ritrarre con gli abiti migliori “i vestiti della festa”.Fulvio Lambertini ha fatto del suo lavoro un’arte. Ha foto-grafato gente di Persiceto, di Sant’Agata, di Sala e Castel-franco, ha riempito un archivio di migliaia di testimonianze in bianco e nero. Ha raccolto in album tutti gli aspetti della vita: bambini di pochi mesi, poi alla Prima Comunione, alla Cresima, ha fotografato ragazzi e ragazze (bellezze locali come divi del cinema), ha immortalato sposi nel loro giorno più bello; immagini che al confronto delle quali le foto odierne dei telefonini paiono figurine “Panini”. Gilberto, cresciuto, lascia la scuola di ragioneria e in un Istituto di Vinci (luogo di nascita di Leonardo) studia e consegue nel 1971 il diploma di ottico, e sempre a Vinci, nell’istituto di Op-tometria, nel 1976 ottiene il titolo di optometrista. Già a 16 anni ha collaborato con il padre nella fotografia facen-do servizi per matrimoni e per tutti gli eventi locali e fuori sede che meritassero una documentazione, poi c’erano le fototesse-re per qualsivoglia documento, le foto scolastiche declinate in tutte le scuole persicetane e dintorni, dalle elementari fino alle superiori e ai licei.Per correttezza bisogna aggiornare i lettori: il laboratorio/bot-tega-fotografica, inaugurato nel 1949, ha cessato di essere nel 1965, ed in veste nuova, moderna, è locato dove attualmente

fa mostra di sé.La Fotottica Lambertini, sotto il portico di fianco alla chiesa Collegiata, da parecchio è luogo d’incontro; come una pietra miliare è il posto dove la gente ha un riferimento logistico: “…davanti a Lambertini”. Ambedue i fratelli hanno seguito le orme dei genitori, anche Marco, il più giovane dei due, finite le scuole ha preso ad oc-cuparsi della parte fotografica, del resto con Fulvio come ma-estro non poteva riuscire diversamente. Con Marco l’attività si è arricchita di tutto ciò che il settore ha prodotto in campo tecnologico ed è al passo coi tempi.C’è da dire che la fortuna di questa famiglia, per ciò che riguar-da l’attività che in settant’anni è sempre andata in crescendo, la si deve anche alla partecipazione attiva delle mogli dei due fra-telli: Lucia Melò, ragioniera, collabora con Gilberto nell’ottica, mentre Maura Cremonini aiuta Marco nel settore foto.

A tutt’oggi nessuno dei figli segue l’attività di famiglia; dei due maschi di Gilberto uno si chiama Fabio, è laureato in archeolo-gia, tiene lezioni, organizza e guida studi sul territorio, fa scavi per la ricerca di reperti, mentre l’altro, Luca, ha la passione del giardinaggio, un interesse che lo appaga. Delle figlie di Marco la più grande è laureata e lavora presso uno studio commerciale, ed è stata un’ottima pattinatrice fino agli anni del liceo con risultati importanti a livello nazionale, la sorella, Chiara, non è da meno, frequenta l’Archimede ed è al terzo anno. Sportivissima, il 4 maggio scorso, a Reggio Emi-lia, ha conseguito il primo posto nel Campionato Europeo di pattinaggio categoria “Quartetto” insieme ad altre due atlete e un atleta maschio.Se l’unione fa la forza, l’unione famigliare e l’unità d’intenti è il collante che ha fatto funzionare la Fotottica Lambertini per settant’anni e per tanto tempo ancora, tutto ciò è l’auspicio che la clientela e la cittadinanza ha espresso in questa felice ricorrenza.

1949-2019 LAMBERTINI

diamo qualcosa in più. Sono quelle che hanno in mano la nostra vita, la vita della nostra comunità o quelle che la vita la insegnano ai nostri figli… e allora perché affidiamo la sicurezza di tutti noi a chi non possiamo riconoscere? Forza polizia, mettici la faccia. Introduciamo subito i co-dici identificativi per le forze di polizia. Insieme abbiamo i numeri per cambiare le cose. Firma ora la petizione: www.forzapolizia.it” (dalla campagna di Amnesty Italia).Negli anni, successivi a quel luglio del 2001, non sono man-cati, in Italia, episodi di persone che hanno subito un uso sproporzionato della forza da parte delle forze dell’ordine, tra i casi meno conosciuti vorremmo ricordare quello di Paolo Scaroni. Paolo è un tifoso del Brescia e domenica 24 settembre 2005, in occasione della trasferta della squadra di calcio delle rondinelle nella città di Verona, Paolo rimane vittima di una violenta aggressione da parte delle forze di polizia. “Scesi dal treno per andare a prendere un panino e all’im-provviso una violenta scarica di botte mi colpì. Venni tra-volto dai colpi dei manganelli. Ricordo i manganelli girati al contrario che mi colpivano alla testa e affondavano nel cranio. Poi il buio”.Paolo rimase in coma per i due mesi successivi e ora ha un’invalidità del 100% da portare per tutta la vita. Paolo ha

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Poche settimane fa, grazie al circolo fotografico Il Palazzaccio, in particolare al socio Loris Fontana, è tornato alla luce, dopo anni di oblio, uno straordinario documento di

cui si era persa ogni traccia: il filmato originale del Carne-vale persicetano del 1928. Il filmato si trova ora alla Cine-teca di Bologna per essere restaurato e reso nuovamente disponibile alla cittadinanza. Di seguito il racconto del ritrovamento di questa straordinaria testimonianza di un lontano passato carnevalesco.(L’articolo è uscito anche sulla rivista dell’As-sociazione Carnevale Persiceto Re Bertoldo”)

Scrivo questo racconto esattamente dopo quattro anni dal giorno in cui ho saputo dell’esistenza di alcuni filmati del Carnevale persicetano degli anni Venti del secolo scorso. Quel giorno Marco Cocchi, un amico con la pas-sione della storia locale, mi scrisse un messaggio in cui diceva: “Paolo, ho trova-to notizia di una pellicola girata per il nostro Carnevale del 1927. Tu che sei nel giro dei carnevalai, ne hai mai sentito parlare? Ci sa-rebbe pure una pellicola sulla visita del Prin-cipe Umberto del 1926…”. Io ovviamente non ne sapevo nulla, non avevo mai sentito parlare di filmati carnevaleschi di quasi un secolo fa, così pure nell’attuale Associazione Carnevale Persiceto non c’erano tracce né testimonianze dell’esistenza di un documento così prezioso. La passione di Marco per la storia locale lo portò a fare alcune ricerche nel prezioso Archivio Storico conservato nella Biblioteca Giulio Cesare Croce, dove riemersero dal passato alcuni documenti dell’amministrazione comunale dell’epoca, tra cui il seguente verbale della giunta del mag-gio 1927:

Oggetto: Carnevale 1927: Acquisto di pellicola cinematograficaIl Podestà:ritenuto che il comune di Persiceto da gran tempo raccoglie documenti, fotografie, ecc. che ricordano avvenimenti cittadini meritevoli di non essere dimenticati;ritenuto che dalla passata amministrazione vennero acquistate per il cinematografo della locale scuola complementare le cinematografie che

1928: IL CARNEVALE RITROVATOPaolo Balbarini

ricordano la visita di sua A. R. il Principe di Piemonte ed il corso mascherato 1926;ritenuto che i corsi mascherati costituiscono una caratteristica propria del comune di Persiceto;ritenuto che la ditta cinematografica Degli Esposti del Modernissimo di Bologna ha offerto la pellicola cinematografica dei corsi mascherati

1927 per il prezzo di L.500;ritenuto che la pellicola è molto ben riuscita e riproduce i momenti più salienti dei corsi mascherati e del carnevale persicetano 1927;ritenuto che alla spesa si può provvedere col fondo di cui all’art. 124 B. della parte seconda del bilancio dell’esercizio in corso che offre sufficiente disponibilità; Delibera:di acquistare dalla ditta cinematografica degli Esposti e Compagni del Modernissimo di Bologna la pellicola relativa al carnevale 1927;di dare in deposito la pellicola suddetta alla locale scuola Comple-mentare per il Cinematografo nella scuola stessa e per quelle altre eventuali produzioni da ordinarsi da questa autorità comunale;di approvare la spesa in L.500 provvedendosi ad essa sul fondo di cui all’art. 124 B- della parte seconda del bilancio dell’esercizio in corso che offre sufficiente disponibilità.

Dalla lettura del documento consultato da Marco si dedu-cono alcune notizie importanti: l’amministrazione comu-

Screenshot del Filmato del 1928

oggi 41 anni.In 13 anni Paolo non è riuscito ad avere giustizia, perché i suoi aggressori non sono mai stati identificati. “Quel gior-no mi ricordo erano tutti in divisa però tutti avevano il vol-to coperto da un foulard, oltre ad avere il casco e lo scudo davanti, quindi nessuno di loro era riconoscibile”.Ciò che è accaduto a Paolo rende palese la necessità di in-tervenire sui tutori della nostra sicurezza; grazie a codici o numeri identificativi individuali oggi Paolo conoscerebbe i nomi dei suoi aggressori e avrebbe giustizia, ma non solo, le forze di polizia lancerebbero un importante messaggio di trasparenza e acquisterebbero una maggiore fiducia, agli occhi dei cittadini.“Ogni giorno le forze di polizia sono chiamate a proteggere e tutelare tutti. Spesso operano in contesti difficili e devo-no agire in pochi secondi. Un errore, in simili situazioni, è possibile. Ma non può compromettere la credibilità di tutti. Per questo chiediamo l’introduzione su divise e caschi dei codici identificativi: per proteggere chi fa bene il proprio lavoro e isolare i comportamenti scorretti. Forza polizia, mettici la faccia!”.

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nale ha acquistato almeno due pellicole della ditta Degli Esposti, che faceva capo al cinema Modernissimo di Bo-logna, relativi ai Carnevali del 1926 e 1927, oltre al filma-to della visita a Persiceto del Principe di Piemonte, poi le ha consegnate all’allora scuola professionale G. C. Croce che conservava già altri filmati e, cosa molto importante, possedeva un proiettore. Il materiale della scuola, tra cui le pellicole, è poi diventato proprietà delle scuole medie omonime ma, da questo momento, dei filmati carnevale-

schi del 1926 e 1927 si è persa ogni traccia.Negli stessi archivi non ci sono testimonianze di filmati del Carnevale realizzati e comperati nell’anno successivo, il 1928, mentre dai documenti risulta che, nel 1929, per filmare il Carnevale venne interpellato l’istituto L.U.C.E., strumento di propaganda del regime fascista che, secondo una legge promulgata dal regime stesso, aveva il monopo-lio delle riprese cinematografiche; in sostanza non si inter-pellò più la ditta Degli Esposti perché non avrebbe avuto la possibilità di realizzare le riprese. L’istituto L.U.C.E. in-viò tuttavia una lettera di rifiuto, motivandola con gli im-pegni degli operatori già inviati in altre località; quindi nel 1929 non fu realizzato nessun filmato.Fino a poche settimane fa questo era tutto quel che sape-vamo, cioè che sono state girate e montate due pellico-le del Carnevale persicetano negli anni Venti del secolo

scorso, una nel 1926 e una nel 1927; si era tentato di farla anche nel 1929 e non si aveva nessuna notizia del 1928. Se le due pellicole girate esistano ancora e dove siano, questo è ancora un mistero irrisolto.Il 20 febbraio 2019, al pomeriggio, telefonai a Loris Fon-tana, un amico, socio molto attivo del circolo fotografico Il Palazzaccio, per chiedergli notizie su una foto scattata da lui stesso una trentina di anni fa. Al termine della conver-sazione mi disse: “Ti devo dire una cosa, lo dico a te perché fai

parte dell’Associazione Carnevale e so che a queste cose ci tieni.” – “Dimmi, Loris” – “Ho trovato una cosa straordinaria, un antico filmato del Carnevale, risale al 1928!”.La notizia, confesso, mi ha tolto il fiato: un filmato originale del Carnevale persicetano che rispunta dal lontano passato è un qualco-sa di straordinario; al termine della telefonata andai subito a ripescare i messaggi di Mar-co Cocchi di qualche anno prima, che ormai avevo dimenticato. Del 1928 non si era mai parlato, in archivio comunale non erano pre-senti notizie. Quello trovato da Loris era un qualcosa di nuovo, di cui si erano perse le tracce, una straordinaria testimonianza della Persiceto di un secolo fa. Loris, in qualità di fotografo del circolo “Il Palazzaccio”, era stato invitato a visionare del materiale appartenuto ad una persona dece-duta e, tra le tante cose, notò questa antica bobina che, sopra ad una etichetta, riportava ancora la scritta: “Grandi Corsi Mascherati Per-sicetani Anno 1928.” Non ci sono stati dubbi sull’importanza del ritrovamento che è stato prontamente recuperato a nome del circolo fotografico. Ci si è anche resi immediatamen-te conto di quanto possa essere delicata una

pellicola rimasta nell’oblio per oltre novant’anni. Il circolo fotografico, sempre tramite Loris Fontana, ha così con-tattato un ente in grado di recuperare il filmato, la Cinete-ca di Bologna. La Cineteca ha confermato l’eccezionalità e la rarità del ritrovamento e ha proposto di intervenire essa stessa nel restauro, accollandosi un costo di diverse migliaia di euro, in cambio della possibilità di proiettarlo nella rassegna nazionale del Cinema Ritrovato. Il filmato è una ricchezza per tutta la cittadinanza e così, in accordo con l’Associazione Carnevale, il circolo fotografico ha de-ciso di donare la pellicola al Comune di Persiceto, che ne è diventato il proprietario e che si occuperà, assieme alle associazioni coinvolte, di seguire il percorso di restauro e di successiva divulgazione. Tra gli accordi con la Cineteca di Bologna c’è anche quello relativo alla prima proiezione, che dovrà essere un evento pubblico da tenersi proprio

1928: IL CARNEVALE RITROVATO

Il contenitore della pellicola

Giovedì 27 giugno, ore 21, Chiostro San Francesco, concerto dei Pacific Baritone Jazz Quartet.

Venerdì 28 giugno, ore 21, all’Osservatorio e al Planetario di Persiceto tornerà l’occasione di osservare le meraviglie del cielo accompagnati dalla musica dei Belthane, con “Musica e mitologia, con l’arpa alla scoperta del cielo”.

Fino a sabato 29 giugno, al primo piano del Municipio, è pos-sibile visitare la mostra “Luna, satellite della Terra”, con fotogra-fie, documenti, modellini e reperti. Ingresso libero.

Sabato 29 giugno, dalle ore 19, Piazza del Popolo, “Silent Party”, a cura della società Ocagiuliva.

Mercoledì 3, venerdì 5 e domenica 7 luglio, ore 21, Chiostro San Francesco, tre giorni dedicati a Buster Keaton con proiezio-ni di alcuni suoi film con accompagnamento musicale dal vivo, a cura dell’associazione Echoes.

Venerdì 5 luglio, ore 21, Osservatorio e Planetario di Persice-to, “Giove e Saturno: i giganti del sistema solare” a cura di Marco Cattelan.

SUCCEDE A PERSICETO

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a San Giovanni in Persiceto. La pellicola è molto delica-ta, il rischio che, se inserita in un proiettore tradizionale, si incendi è elevatissimo; è talmente delicata che, non ap-pena è stata estratta dal contenitore, un fotogramma si è staccato. Ma attualmente si trova nelle mani migliori in cui potesse finire, quelle dei tecnici della Ci-neteca di Bologna che, utilizzan-do una speciale apparecchiatura, sono riusciti a mostrarci, in ante-prima, l’intero filmato.Non ho potuto fare a meno di informare chi aveva per primo lanciato la ricerca dei filmati, l’a-mico Marco Cocchi, il quale, co-adiuvato dallo storico Pierange-lo Pancaldi, si è messo subito al lavoro. Pancaldi, con la pazienza che lo contraddistingue, ha letto numerosi giornali d’epoca e ha fatto riemergere dagli archivi due articoli de Il Resto del Carlino, datati 19 e 21 febbraio 1928. Nel primo di questi due lunghi pezzi, dedicati al Carnevale persicetano, si legge: “Durante il corso sarà gira-to un film da proiettarsi poi in tutte le tele d’Italia. La pellicola sarà completata al Veglione mascherato che avrà luogo nella serata al Teatro Comunale, illuminato da ben 80000 candele elettriche. Il veglione avrà inizio alle ore 21 e fine alle ore sei del mattino”; nel secondo si legge invece: “Ore 22: veglione di gala. Ottantamila candele elettriche inondano il teatro di magnifica luce. Una festa di bellezza, di colori e di eleganza. Quante belle fanciulle dovunque! Mascherine gaie e chiacchierone… Musica Maestro! Lasciamoli lì, questi gaudenti, a ballare fino all’alba. Ci rivedremo, e non nel senso solo metaforico della parola, perché i cine-matografisti Zaccherini e Monari della 69.a Legione Fossalta hanno girato il film dell’avvenimento. Per concludere: un bravo di cuore agli amici ing. Bastia e Bonora, anima e… corpo della Società Bertoldo e Bertoldino i quali hanno rinnovato anche quest’anno il miracolo d’organizzazione, che rende possibile il carnevale persicetano”.Le notizie dedotte da questi due articoli combaciano per-fettamente con il ritrovamento effettuato. Negli ultimi fo-togrammi si legge, infatti, che il filmato è stato realizzato da Monari, così come scritto sul Carlino, e trova riscontro anche il fatto che nel filmato ci siano, oltre ai carri, anche i balli al teatro comunale. Ma cosa si vede allora nel filmato?Il filmato dura circa 18 minuti, è un film muto, ovviamen-te, il sonoro nei film stava arrivando proprio in quegli anni, ed è diviso in due parti principali. La prima parte è completamente dedicata al corso mascherato di domenica

19 febbraio 1928, la seconda parte al veglione in teatro comunale di martedì grasso, il 21 febbraio 1928. Per quan-to riguarda i corsi mascherati, la telecamera si pone fissa prima in un punto della Circonvallazione, poi in un punto

della Piazza e, da entrambe le postazioni, osserva il passag-gio dei carri. C’era tanta folla per Persiceto quella dome-nica, lo si può vedere lungo i viali e soprattutto in Piazza Vittorio Emanuele II, gremita di persone che attorniano i carri, sopra ai quali ballano festosi i tanti figuranti. Nelle inquadrature c’è spazio anche per Re Bertoldo, impersona-to da Gaetano Vignoli, e per il Principe Bertoldino, Luigi Parmeggiani, che si vedono sfilare con una carrozza trai-nata da cavalli e guidata da due paggetti. Poi c’è la parte dedicata al veglione, con i balli sfrenati, gli abiti sfarzosi, le maschere, l’illuminazione potente di cui parlava “Il Resto del Carlino”, i coriandoli e le stelle filanti, in un contesto di grande allegria, nonostante la società persicetana fosse già, come il resto d’Italia, in cammino verso il periodo buio del fascismo, come non si può fare a meno di notare in alcune inquadrature. Ma nessuna parola può rendere la magia delle immagini che scorrono mostrando la Persiceto di novant’anni fa; a questo punto si tratta solo di aspettare qualche mese, forse un anno, questo è la durata del restauro prospettata dalla Cineteca, e poi il compito dell’amministrazione comunale, del circolo fotografico “Il Palazzaccio” e dell’Associazione Carnevale Persiceto sarà quello di organizzare un evento che renda partecipe tutta la cittadinanza di questo straor-dinario ritrovamento.

1928 Bellezza e vanita - Società Somarini

1928: IL CARNEVALE RITROVATO

La supernova è un evento abbastanza raro e molto spettacolare, si tratta di una esplosione stellare. Si sta parlando della morte di una stella, l’evento è incredibile e sprigiona una potenza difficilmente immaginabile.Altrettanto difficile è riuscire a prevedere questo fenomeno astrofisico e riuscirlo a riprendere od osservare con strumenti in grado di compiere questa azione, anche se a volte si ha la “fortuna” di catturare uno di questi eventi.A questo proposito è possibile osservare con i telescopi un resto di supernova molto famoso, si tratta della Nebulosa Granchio, con la sigla “M 1” è visibile nella costellazione del Toro e fu scoperta nel 1731, è il primo posto nel catalogo di oggetti astronomici pubblicato da Charles Messier nel 1774.La nebulosa, oggi vasta più di sei anni luce, è formata dai gas in espansione espulsi durante l’esplosione. La supernova che la produsse fu osservata per la prima volta il 4 luglio 1054 e venne registrata dagli astronomi cinesi e arabi dell’epoca; la sua luminosità era tale da renderla visibile ad occhio nudo durante il giorno, sorpassando la luminosità apparente di Venere. La Nebulosa Granchio si trova a circa 6500 anni luce dal sistema solare; perciò l’evento che l’ha prodotta è in realtà avvenuto 6500 anni prima del 1054, cioè circa nel 5400 a.C.Tuttavia, nonostante affascini, la supernova può essere considerata un cataclisma, infatti l’energia che sprigiona può essere paragonata a quella di moltissime bombe atomiche! Quando una stella esplode, espelle la maggior parte o tutto il materiale che la costituisce ad una velocità prossima alla velocità della luce. Le cause e le conseguenze dell’esplosione di una stella dipendono dalla tipologia: si distinguono infatti due tipi di esplosioni, le prime date dal trasferimento di materia tra una stella supergigante rossa ad una stella nana bianca, le seconde causate dalla materia di cui sono composte le stelle stesse. In questo ultimo caso dopo l’esplosione rimane poco o niente, un piccolo residuo e delle nubi di polveri e gas che poco a poco tendono ad espandersi.Ogni esplosione, o morte, di una stella, non equivale sempre ad una supernova. La supernova è l’esplosione di stelle molto grandi, così grandi da avere una massa molto superiore a quella della nostra stella Sole, ed è per questo fatto che quando esplodono emettono anche una luminosità ben maggiore a quella solare.

Dal gruppo astrofili persicetani

SUPERNOVE Valentino Luppi

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Pensiero critico e at-tenzione alle parole. Sono questi i due te-

stimoni passati ai ragazzi degli enti di formazione professionale “Fomal” e “Futura” martedì 16 apri-le nel Teatro Comunale di Persiceto da Sandro Ruo-tolo, giornalista sotto scor-ta da anni impegnato in inchieste su mafia e camorra, e Simma-co Perillo, presidente della cooperativa “Al di là dei sogni” onlus che coltiva terreni confiscati alla Camorra e nuovo presidente della rete Nco - Nuova Cooperazione Organizzata. L’incontro è stato un momento centrale nell’ambito del proget-to didattico sulla giustizia sociale svolto in entrambi gli enti dal titolo “Affare comune. Dal fare mafioso al mare antimafioso”, coordinato dalla docente Federica Govoni, che in apertura dei lavori ha ricordato ai ragazzi che le parole “legalità” e “giusti-zia” hanno peso, valore e conseguenze a partire dalle dinami-che relazionali che ci sono in classe. Alcuni dei ragazzi presenti (tre classi di Fomal San Giovanni in Persiceto: secondo anno Operatore del punto vendita e due terzi anni di Operatore della ristorazione) erano da poco rientrati dal viaggio di istruzione svolto a Maiano di Sessa Aurunca in provincia di Caserta pres-so la fattoria didattica nata all’interno del bene confiscato “A. Varone”, gestita dalla cooperativa “Al di là dei sogni”, mentre i ragazzi di Futura di San Pietro in Casale erano in procinto di partire per la stessa destinazione.Questa esperienza, come indicato dagli stessi protagonisti in-tervenuti a riflettere sul viaggio, se ha permesso di conoscere una realtà altra, ha con la stessa forza dato ossigeno nuovo alle relazioni in classe, facendo emergere potenzialità spesso in clas-se blindate dietro corazze di menefreghismo e maleducazione.L’esperienza ha fatto fare ai ragazzi quel passo in più che San-dro Ruotolo ha definito fondamentale nella lotta alle mafie, un passo in più che parte dalla conoscenza, o meglio dal desiderio di sapere. Ruotolo ha evidenziato che oggi in Italia il 66% delle persone non è in grado di distinguere una notizia vera da una notizia falsa e se 3 persone su 5 non hanno questa capacità, il vero rischio è la manipolazione, la sudditanza al pensiero veloce imposto da Internet. Il primo punto dell’impegno antimafia è l’impegno alla riflessione, ad usare la rete e la tecnologia per documentarsi. Ruotolo ha denunciato che nel Nord Italia il pro-blema mafioso è sottovalutato in maniera preoccupante, che mancano gli anticorpi alle mafie, che manca quella rete antima-fia che al Sud si è costruita nel tempo con l’operato di magi-

STUDIARE PER CONTRASTARE LE MAFIE Fomal e Futura incontrano

Sandro Ruotolo e Simmaco PerilloSara Accorsi

strati, carabinieri, poliziotti e imprenditori come Libero Grassi. Ciò che è preoccupante è la presenza della mafia inserita nel potere, nelle società quotate in borsa e nella classe dirigente e Ruotolo ha ricordato i due volti dell’amministrazione pubblica, quello che ha visto nei primi mesi del 2019 sei consigli comunali sciolti per mafia e quello degli amministratori sotto tiro, quello che attesta che ogni 15 ore in Italia un amministratore pubblico subisce una pressione mafiosa (Dati ANCI e avvisopubblico.it). Ruotolo ha sollecitato i ragazzi a prestare attenzione non solo all'ignoranza, ma anche all’elogio dell’ignoranza e per non cadere in uno di questi contemporanei pericoli è fondamentale la formazione. Per essere cittadini attivi, ha proseguito il gior-nalista, l’antidoto è la cultura, lo sviluppo di un pensiero critico, ogni lotta contro la dispersione scolastica. È proprio questa, infatti, la vera forza delle mafie: questo esercito di ragazzi in riserva, ha detto Ruotolo, che non si forma e che è pronto a fare guerra contro l’Italia che studia, contro chi opera onestamente per il diritto alla libertà di tutti, per il diritto al pensiero critico libero di tutti.Su questo “esercito di riserva”, costituito da giovani, è poi in-tervenuto Simmaco Perillo, che ha aperto il suo intervento rin-graziando lo staff dei due enti di formazione per aver accolto la sfida dell’incontro ravvicinato con la provincia casertana, nota alle cronache per la massiccia presenza dei clan camorristici. Evidenziando la pluralità di provenienze dei ragazzi delle classi presenti, i loro percorsi di formazione non solo intellettuali ma anche identitari, Simmaco ha raccontato come la forza della ca-morra stia nel promettere la realizzazione sociale a chi si sente ai margini della società e ha fortemente denunciato come ogni azione volta a creare differenze, a creare tensioni sociali, non faccia altro che creare sacche di povertà che diventano manna per la camorra. Simmaco ha spiegato che la cultura camorristica divide e semplifica la realtà illudendo che nulla può cambiare, che lo Stato e la politica sono sordi ai bisogni dei cittadini. Se la camorra opera per immobilizzare la buona volontà di tanti, occorre impegnarsi nello studio e nella creazione di relazioni per mantenere vivo il desiderio di migliorare la società, senza lasciarsi ingannare da chi usa le parole per rubare l’avvenire.

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Si è conclusa lo scorso 11 maggio, nella loggia del

primo piano del Palazzo Comunale, la mostra bi-bliografica in occasione del 50° anniversario di pubblicazione della rivi-sta di studi locali “Strada Maestra. Quaderni della Biblioteca comunale G.C. Croce”. L’esposi-zione, curata da Anna Bastoni e dal Comitato di redazione di “Strada Maestra”, promossa dal Comune di San Giovan-ni in Persiceto e dalla casa editrice Maglio Editore, aveva visto la sua inaugurazione lo scorso 12 gennaio con una giornata-evento a cui, al con-sueto taglio del nastro, aveva poi fatto seguito la presentazio-ne del nuovo numero della rivista. Occasione che aveva visto un parterre di eccellenza tra i relatori, dai saluti del sindaco Lorenzo Pellegatti, all’intervento di Maura Pagnoni, Asses-sore a Scuola, Cultura e Politiche giovanili, nonché di Mario Gandini, Direttore di “Strada Maestra”, visibilmente emo-zionato. Per proseguire con i docenti universitari Gian Pietro Basello e Paolo Ognibene, a seguire Andrea Risi, Roberto Serra e per ultimo, ma non meno importante, la moderazione dell’incontro da parte del noto scrittore Maurizio Garuti.“Strada Maestra” è una delle riviste culturali più longeve e prestigiose della pianura bolognese, nata nel 1968 e stampata allora dall’editore Forni di Bologna. Negli anni si è occupa-ta prevalentemente di storia locale e ha pubblicato studi e ricerche approfondite, dossier di documenti e foto su fatti, personaggi e opere d’arte e ha seguito inoltre le vicende dei persicetani emigrati. Negli ultimi numeri molto spazio è sta-to dedicato alla pubblicazione dei tanti materiali raccolti e trascritti da Mario Gandini sulla vita e le opere di Raffaele

50 ANNI DI STRADA MAESTRA

Gianluca Stanzani

Pettazzoni, lo storico delle religioni e antropologo di fama internazionale nato a Persiceto nel 1883 e morto a Roma nel 1959. La rivista, dal 2014 pubblicata dalla casa editrice persicetana “Maglio Editore”, negli ultimi dieci anni non è più uscita con la regolare cadenza, vivendo anche anni trava-gliati1, ma prendendo proprio spunto dal titolo della mostra “Una strada lunga 50 anni”, è ferma volontà del Comitato di redazione di proseguire lungo la strada tracciata dal professor Mario Gandini, anzi, di portare un nuovo slancio alla pub-blicazione, per far sì che questi primi 50 anni non siano un punto di arrivo, ma rappresentino un momento di ripartenza.Una strada lunga 50 anni.“Può esserci un paese se non c’è una strada maestra? Se non c’è una via che metta in comunicazione tra loro le strade minori, che rappresenti un naturale punto di incontro per parlare e di raccolta in caso di pericolo? Ecco perché cin-quant’anni fa Mario Gandini, insieme al primo Comitato di Direzione (Pio Barbieri, Agostino Bignardi, Vincenzo Bu-sacchi, Giuseppe Vecchi, Massimo Zambonelli), ha fonda-to Strada Maestra come quaderni della Biblioteca Comunale “G.C. Croce”: perché la comunità civica di San Giovanni in

1 “Lunga e tormentata fu talvolta la vita della rivista, come quando, per esempio, un assessore comunale volle lasciare l’editore e farla pubblicare direttamente dal Comune: seguirono complicazioni giuridiche ed economiche a non finire (tasse, ecc.). Si dovette ritornare a un editore e si ebbero problemi vari (l’editore Forni si rifiutò di riprenderne la cura)”. M.Gandini

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Persiceto avesse una sede permanente e duratura in cui poter incontrare e rileggere la propria storia, i luoghi e i personaggi in modo meditato, serio e rigoroso. Perché gli articoli pubbli-cati su Strada Maestra sono frutto di studio, riportano le loro fonti (spesso le pubblicano per la prima volta) e forniscono dati verificabili. In cinquant’anni Strada Maestra ha stimolato la produzione di nuovi studi e ne ha resi fruibili tanti che altrimenti sarebbero rimasti inediti. Ha raggiunto un pubbli-co internazionale, facendo conoscere le eccellenze del territorio. Ogni pa-gina è un’occasione di conoscenza e memoria, che aspettano solo persone curiose e attente per essere trasfor-mate in risorse per il presente. Se non ci fosse Strada Maestra, che ne sarebbe stato di questo patrimonio? (dal testo introduttivo alla mostra)”.Le dieci teche espositive hanno con-densato, in macro argomenti, la storia dei 50 anni della testata, nonché gli articoli da questa pubblicati: il primo Comitato di Direzione, il Giornale d’Italia, il “San Giovanni Battista” tra-fugato, la Coppa Florio, l’archeologia persicetana, il Palazzaccio, la chiesa di Sant’Apollinare, il Teatro Comunale, il Carnevale Storico e la figura di Re Bertoldo, il canale di San Giovanni, i mulini e il porto, il bagno pubblico della Braglia, la linea ferrovia-ria Bologna-Persiceto e la Persiceto-Decima (la Mariannina), Raffaele Pettazzoni, Mario Gandini, per concludere con gli argomenti editi nell’ultimo numero, il 72-76 (2014-2018).Una vera “chicca”, passatemi il termine, è stata l’esposizione di tre carte toponomastiche, proposte in formato più piccolo all’interno del nuovo numero, con “I toponimi e gli odoni-mi del territorio di San Giovanni in Persiceto, dividendo il capoluogo dalle frazioni e dalla sua frazione più popolosa e importante, San Matteo della Decima.“L’importanza della toponomastica per la storia – special-mente locale – è evidente. L’uso dei toponimi si prolunga ge-neralmente per secoli e quindi il nome di una località, di una strada, di un corso d’acqua tramanda molte volte ai posteri un documento incancellabile. Anche se nel corso degli anni il toponimo si modifica o scompare ne rimane sempre qualche traccia nei documenti scritti”2.Ma veniamo ai contenuti dell’ultimo numero. Oltre ai to-ponimi e agli odonimi precedentemente accennati, un inte-ressantissimo strumento di lavoro, adatto per gli studiosi e ricercatori, ma anche per i semplici appassionati della storia del proprio territorio, è rappresentato dal rigoroso elenco de-gli indici di “Strada Maestra” (dal 1968 al 2018), redatto da Anna Bastoni. Gli indici, suddivisi per autori, e per soggetti,

sono un dettagliato elenco degli argomenti affrontati e pub-blicati, in 50 anni, dalla rivista persicetana. “Un patrimonio di incommensurabile valore a disposizione di chiunque voglia approfondire le sue conoscenze”3.A seguire, un ricordo di Gian Pietro Basello sulla figura di Eda Bussolari, scomparsa nel 2017, raccogliendo in poche pagine alcuni cenni biografici oltre che un ricco elenco di pubblicazioni di Eda e una bibliografia scelta su Armando

Marzocchi, suo marito e, appunto, Eda Bussolari Marzocchi. La sezione degli articoli si compone: La scuola elementare urbana del Comune di Persiceto dal 1915 al 1919 (Anna Ba-stoni); Il giornale «Dovunque. Soldati italiani in Russia» Dalla steppa russa alla Biblioteca “G.C. Croce” (Mario Gandini); Nota sull’uso dell’alfabeto cirillico per scrivere la lingua ita-liana sul fronte russo (Paolo Ognibene); Lodovico Pasquali (1919-2013). Una vita tra il cielo e la terra (Mario Gandini); Dialetto bolognese dei secoli XVII e XVIII nella Biblioteca Capitolare della Collegiata di San Giovanni in Persiceto (An-drea Risi).La sezione dedicata ai toponimi dialettali (Roberto Serra per Persiceto e Ezio Scagliarini per Decima), corredata da imma-gini a colori per meglio identificare i luoghi in questione e, in conclusione, uno spazio dedicato alle recensioni, Letture dentro e fuori strada maestra (Gian Pietro Basello), racco-gliendo, in una breve rassegna, le varie pubblicazioni locali strettamente legate al territorio persicetano.“A tutti coloro che hanno a cuore e vogliono conoscere me-glio Persiceto, cittadini, vecchi e nuovi residenti, visitatori, studiosi e curiosi, questi volumi offrono infiniti spunti e oc-casioni di conoscenza che ci permettono di dirigere meglio i nostri sforzi del presente verso un mondo più ricco, ricor-dando che è grazie ai loro editori che viene garantita una plu-ralità di voci e uno spazio di espressione che è prima di tutto un servizio alla comunità”4.

50 ANNI DI STRADA MAESTRA

2 Guido Forni (1904-1979), Appunti di toponomastica riguardanti San Giovanni in Persiceto ed il suo territorio, in Strada maestra. Quaderni della Biblioteca Comunale “G.C. Croce”, n. 12 (1979), San Giovanni in Persiceto.3 Anna Bastoni, pagina 1 del nuovo numero.4 Gian Pietro Basello, pagina 198 del nuovo numero.

Questa è una storia tenera e vera, una vicissitudine che inumidisce gli occhi, parla di due sorelline: Adelina e Ma-riolina.Erano bambine piccole, di quattro e sei anni, le quali avevano due sorelline mag-giori.In un triste mattino, agli al-bori del millenovecento, pro-varono un dolore così inten-so che le dilaniò per tutta la vita.Adelina era nata in una fred-da giornata di dicembre, la bambina doveva essere bat-tezzata nell’arco di otto gior-ni, così il padre la prese in braccio ben infagottata e ri-parandola sotto il mantello, si avviò verso la chiesa, che distava dalla sua dimora cir-ca due chilometri.Solo quando arrivò si accor-se di aver perso la neonata.Corse a perdifiato per la stra-da appena percorsa e circa a metà tragitto ritrovò quel fagottino bocconi sulla neve, per fortuna ancora viva.La famiglia era numerosa, la vita dura e grama, così il pa-dre decise di andare a lavo-rare in Francia.Dopo alcuni anni ritornò a

casa con l’idea di portare con sé la famiglia. Stabiliro-no che per primi sarebbero partiti lui, la moglie e le due figlie maggiori. Adelina e Ma-riolina li avrebbero raggiunti più avanti, nel frattempo fu-rono affidate a dei parenti.Un mattino di maggio, nel-la casa delle due bambine sembrava una giornata di festa, i genitori diedero un pezzetto di pane a ciascuna e le invitarono a farsi un bel giretto al paese, senza fretta, avevano il permesso di gio-care senza premura di fare ritorno.Mariolina aveva sei anni, Adelina quattro anni, insie-me s’incamminarono feli-ci, mano nella mano, per le stradine di campagna, racco-gliendo un mazzolino di fiori da portare alla statua della Madonna.Quando tornarono trovaro-no la casa completamente vuota, così, sole e abbando-nate, piansero sconsolate lacrime, rannicchiate vicino al caminetto; in balia di loro stesse, si tenevano strette.Piccole anime svuotate d’im-provviso della loro innocenza, strappate dal diritto primario

della famiglia!A rendere più amara e triste la situazione fu che la stes-sa sera furono separate l’u-na dall’altra. Adelina andò a casa di zia Lucia e Mariolina a casa di zio Giuseppe.Quella notte Iddio fece in modo che i loro cuori s’in-contrassero nel mondo dei sogni, che si sentissero co-munque vicine, ma dai loro occhietti sgorgavano lacri-me grandi come l’infinito, le loro anime invocavano la mamma che le aveva lascia-te sole, sole come non mai.Quel dolore le segnò per tut-ta la vita.A complicare la situazione fu l’avvento della Prima guerra mondiale. Adelina si trasferì in un’altra città con la sua famiglia adottiva. A dodici anni già lavorava da un for-naio. Più tardi s’innamorò e si sposò. Mariolina rimase al paese, perse gli zii e andò a servizio a casa del medico. Si sposò anche lei con un bravo ragazzo, ed ebbe finalmente una famiglia tutta sua.

Nessuna delle due vide più la sua mamma, solo il padre quando si sposarono.

SOLE COME NON MAIGloria Venturini (Lendinara - Rovigo)

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Quando Mariolina all’età di novant’anni raccontava la sua storia, piangeva ancora per il dolore.Adelina, la più piccola, si spense alle soglie del ter-zo millennio; dopo un anno morì anche Mariolina.

Le sorelle, che si erano tenu-te strette strette in un tragico abbandono quasi un secolo fa, finalmente ora staranno insieme per sempre.Le immagino camminare per le vie del cielo, con un pez-zettino di pane nella mano,

alla ricerca della carezza del-la mamma, per riscaldarsi fi-nalmente il cuore.

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CONCORSO NAZIONALE DI SCRITTURA (cadenza biennale)

IN MEMORIA DI PIO BARBIERI, GIAN CARLO BORGHESANI E FLAVIO FORNIPio, per tanti anni direttore della nostra rivista, è stato un uomo d’innata simpatia, colto e attento alle sfumature del reale che ha saputo vivere attivamente anche praticando la politica con passione e onestà. Con le stesse doti è stato II Direttore con la D maiuscola di “Borgo Rotondo”, la persona che, fino a quando la malattia glielo ha permesso, ha consentito al mensile (ora bimestrale) di diventare una casa accogliente per tutti i redattori, dando forma a quello spirito giocoso, ironico e pieno di passione, che contraddistingue ancora, dopo 23 anni, la nostra Redazione.Gian Carlo è stato per tutta la vita un esploratore divertito dei sentieri della parola.

Ha saputo tracciare, con eleganza, sobrietà e ironia, ritratti preziosi di Persiceto e dei persicetani. Nella redazione di “Borgo Rotondo” – e prima de “Il Persicetano” – è stato un generoso punto di riferimento, redattore preciso e prodigo di consigli, uomo sempre attento alle esigenze degli altri, in particolare dei più giovani.Flavio, vero artista dell’illustrazione, ha avuto un ruolo centrale per dare vita all’identità di “Borgo Rotondo”. La mancanza delle sue bellissime quanto sagaci vignette, l’acutezza del suo sguardo, è ancora oggi una lacuna incolmabile sulle pagine del nostro bimestrale. Genialità e ironia ne hanno contraddistinto lo stile, non solo sul nostro giornale ma anche in molti lavori che, per fortuna, campeggiano ancora sulle pareti di tante case e di tanti negozi della nostra città.

La Redazione di “Borgo Rotondo”

L’Associazione culturale “APS Borgo Rotondo” (che gestisce la redazione dell’omonimo bimestrale persicetano di cultura, ambiente, sport e attualità), in collaborazione e con il supporto dell’Associazione culturale “Insieme per Conoscere”, di “Maglio Editore/Libreria degli Orsi” – e con il patrocinio del Comune di San Giovanni in Persiceto – organizza la settima edizione del Premio Svicolando – Concorso Nazionale di Scrittura:

Il Concorso è rivolto a tutti i maggiori di anni 14 (compiuti entro lunedì 1° luglio 2019 compreso) e si compone di un’unica sezione:

- Racconto breveOgni concorrente dovrà presentare un unico elaborato inedito, seguendo i seguenti criteri:1) Un racconto breve di lunghezza massima di 3 cartelle (una cartella 30 righe, una riga 60 battute = 3 cartelle 5400 battute);2) Essere scritto in italiano, in dialetto, o in altre lingue, ma corredato dalla traduzione in italiano;3) Essere presentato sia su supporto digitale (CD o chiavetta USB) che su supporto cartaceo (non manoscritto) in 3 copie anonime. In busta chiusa a parte, l’autore provvederà ad inserire i propri dati personali: luogo e data di nascita, indirizzo e recapito telefonico, e-mail e una breve biografia. I dati verranno trattati secondo le vigenti norme sulla privacy.

- I testi dovranno pervenire entro lunedì 1° luglio 2019 (farà fede il timbro postale) in busta chiusa recante all’esterno la dicitura: 7° Premio Svicolando. Concorso Nazionale di Scrittura “Straniero in terra straniera”.

- a “Libreria degli Orsi”, Piazza del Popolo 3, 40017 San Giovanni in Persiceto (Bologna).- Non è previsto alcun contributo economico per la partecipazione.- La Giuria, composta dalla Redazione di “Borgo Rotondo” e da alcuni soci dell’Associazione culturale “Insieme per Conoscere”, premierà i primi tre classificati

con la pubblicazione sul bimestrale “Borgo Rotondo”, con libri offerti dalla “Maglio Editore/Libreria degli Orsi”, una pergamena ricordo e con una cena offerta dall’Associazione culturale “APS Borgo Rotondo”.

- I testi vincitori verranno premiati a San Giovanni in Persiceto entro l’autunno 2019 in data da stabilirsi successivamente.- Tra tutti i partecipanti di età compresa tra i 14 e i 18 anni (con riferimento alla data del 1° luglio 2019) sarà prevista una “menzione speciale opera prima”.- Gli autori dei racconti premiati verranno avvertiti telefonicamente dalla Redazione di “Borgo Rotondo”; gli stessi verranno invitati ufficialmente a partecipare

alla premiazione (l’invito verrà esteso, solo tramite mail, anche a tutti gli altri partecipanti).- I testi inviati non saranno restituiti ma rimarranno a disposizione della Redazione di “Borgo Rotondo”. I concorrenti autorizzano sin d’ora gli Enti

organizzatori all’eventuale pubblicazione e alla diffusione delle composizioni in edizioni celebrative del Concorso, con la citazione della fonte senza pretesa di compenso alcuno per diritti d’autore.

- A questa edizione del Premio non potrà partecipare il/la primo/a classificato/a della precedente edizione del concorso (2017).- La partecipazione al Concorso implica l’accettazione delle norme contenute nel presente bando, pena l’automatica esclusione dallo stesso, nonché del

giudizio insindacabile della Giuria.- Aggiornamenti e informazioni verranno pubblicate sul sito internet della rivista www.borgorotondo.it e sulla pagina Facebook “Borgo Rotondo”.

STRANIERO IN TERRA STRANIERA Storie di scambi, racconti di percorsi e rotte migratorie. Vite in transito in cerca di identità.Fin dall’antichità la storia umana è stata caratterizzata da picchi di grande migrazione di massa; da quando gli uomini erano nomadi e si spostavano per cercare migliori condizioni di vita, per affrancarsi da dinamiche oppressive per la propria sussistenza. Grazie alle migrazioni molte specie animali si assicurano alimento e condizioni di esistenza favorevoli alla conservazione propria e della discendenza.

7° PREMIO

EDIZIONE

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Regia, soggetto e sceneggiatura: Olivier Nakache, Éric Toledano; fotogra-fia: Mathieu Vadepied; scenografia: Olivia Bloch-Lainé; musica: Ludo-vico Einaudi; montaggio: Dorian Rigal-Ansous; produzione: Gaumont; distribuzione: Medusa Film. Francia, 2011. Commedia/drammatico 112’. Interpreti principali: Omar Sy, François Cluzet, Anne Le Ny.

Co-diretto nel 2011, “Quasi Amici” è una commedia francese, con alcuni toni drammatici, che racconta l’improba-bile amicizia tra Philippe e Driss. Il primo è un uomo più che benestan-te, purtroppo afflitto da tetraplegia, impossibili-tato a vivere anche i più banali piaceri della vita. Driss, al contrario, è un immigrato di seconda generazione residente nelle banlieue parigine; un ladro fallito che pun-ta a campare come può. Ironia della sorte, Driss si ritroverà a essere il badante di Philippe e, tra momenti im-barazzanti e altri di grande valore, i due diventeranno grandi amici. Un film di una semplicità piacevolmente ingannevole: la trama è uno degli aspetti a cui è stata prestata particolare attenzione, con elementi paralleli alla narrazione principale (come il “caso” del dipinto astratto) che si sviluppano in au-tonomia. Non solo. I membri del cast sono d’eccezione, non tanto per la fama quanto per le loro capacità. In particolare Omar Sy e François Cluzet, sono un duo dinamico ed esplo-sivo: il ritmo di Sy è imprevedibile, ma ciò che lo distingue veramente è la sua capacità di mostrarsi vulnerabile e onesto in più occasioni. Cluzet invece riesce a dare una svolta meno drammatica al suo personaggio, rendendolo divertente, alle volte autoironico, senza mai dimenticare la sua vera condi-zione. Una commedia piacevole, serena e profonda che emo-ziona ad ogni occasione, trasmettendo più di un messaggio positivo al proprio pubblico. Ad ogni modo, ciò che rende questo film un buon lavoro, è il tentativo di assomigliare ad un film hollywoodiano, pur uscendo dagli schemi che tipica-mente definiscono i film americani.

VOTO:5/5

di Mattia Bergonzoni

hollywood party

di Gianluca Stanzani (SNCCI)

Regia, soggetto e sceneggiatura: Alfonso Cuarón; fotografia: A.Cuarón; scenografia: Eugenio Caballero; musica: Alejandro Avila Leyva; mon-taggio: A.Cuarón, Adam Gough; produzione: Esperanto Filmoj, Par-ticipant Media; distribuzione: Netflix, Cineteca di Bologna. Messico, 2018. Drammatico/sentimentale 135’. Interpreti principali: Yalitza Aparicio, Nancy Garcia, Marina de Tavira.

Messico, 1970. In un quartiere medioborghe-se di Città del Messico, Roma per l’appunto, Cleo lavora come domestica nella casa di una famiglia benestante, formata dai coniugi Antonio e Sofia, la nonna (madre di Sofia), quattro figli e un cane; con lei l’altra domestica Adela. Attraverso scene di quotidianità familiare, dichiaratamente ispirate al neorealismo italiano (anche nel b/n del girato), scorrono dinamiche di travaglio interno (Antonio abbando-na la moglie) ed esterno alla casa (le rivolte lungo le strade). Cinque anni dopo il successo di “Gravity” (2013), Alfonso Cuarón torna sul set per realizzare un film totalmente diverso, un film strettamente personale che racconta il Messico della sua infanzia. Opera che non risparmia la forte critica nei con-fronti della terra natìa, dove degrado e violenza sembrano do-minare e dai quali sembra impossibile sfuggire. In mezzo c’è la vita di Cleo, che nonostante la condizione di india povera, mostra tutta quanta la propria dignità umana, dignità di donna costretta a vivere tra figure maschili predatrici e distruttrici. A contraltare di donne impegnate ad accudire i figli e a con-frontarsi con la realtà del quotidiano, vi è il disimpegno degli uomini pronti a fuggire davanti alle proprie responsabilità. Nonostante i lunghi piani sequenza in grado di avvolgere lo sguardo dello spettatore (estremamente teatrali) e uno studio della fotografia particolarmente accurato, qualcosa non va; lo spettatore rimane “spettatore” di fronte a un film che non “abbraccia” e non scalda. Se l’emozione non scaturisce dai protagonisti, Cleo davanti al proprio destino pare rassegnata, se non addirittura apatica, come può scaturire nello spettato-re? Il critico Federico Pontiggia: «Cuarón non è un campione di empatia». Leone d’oro a Venezia 2018. Miglior regista, mi-glior film straniero e miglior fotografia agli Oscar 2019.

ROMA

VOTO: 2,5/5

QUASI AMICI - INTOUCHABLES

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. . .MI SONO SCAVATA

UNA TANA NELLE COSE

CHE HO LETTO,

E NESSUNO POTRÀ

MAI T IRARMI FUORI ,

NEMMENO CON LA FORZA. . .

(NUALA O’FAOLAIN)

la tana dei libri

Maurizia Cotti

FASCISMO MALERBA DELLA DEMOCRAZIA

al disconoscimento dei diritti civili, attraver-so lo sdoganamento della violenza verbale e dell’insulto. La violenza verbale, l’insulto, la costruzione di falsi miti, di fake news, di panzane, di menzogne hanno obiettivi ben precisi:• la cancellazione dell’emancipazione delle donne;• l’annientamento delle diversità;• l’adesione strumentale alla religione;• l’irrisione della cultura e del valore degli stu-di;• l’ostentazione dell’ignoranza (vera, ma an-che recitata);• le premesse ingannevoli;• l’arretramento su dibattiti abbandonati da tempo tramite (paradosso) la parola chiave del cambiamento.Secondo Murgia la democrazia spesso viene messa in difficoltà in quanto aperta a tutti, perché chiede il contributo di tutti. Ogni

passaggio richiede tempo e, in ogni passaggio, qualsiasi atto semplificatorio portato con malizia è in grado di bloccare l’ingranaggio. Ciascuno è portato a sottovalutare il processo democratico e gli esiti di un processo democratico perché costruire è più difficile che distruggere e criticare, anche senza competenze argomentative. La gente che si lamenta fa massa critica di-struttiva rispetto alla consapevolezza, che invece è mal distri-buita nella massa. Operazioni fasciste contro la democrazia, proprio per questa mancanza di consapevolezza sulla necessità di costruire, re-sistere, argomentare, difendere i processi democratici, è ciò che rende molto facile il fascismo, l’acquiescenza al fascismo e l’infiltrarsi di concetti fascisti in ciascuno di noi.Murgia costruisce anche un questionario di coerenza con cui ciascuno può interrogare se stesso. Magari ci si prende le mi-sure, con anche qualche sorpresa.Forse ognuno di noi dovrebbe guardare quella meraviglia del quotidiano, quando ciascuno fa il proprio dovere e, entrando nelle istituzioni, si assume la responsabilità di quello che fa per sé e per gli altri. I treni non arrivano in orario perché c’è un capo, ma perché ognuno sa che cosa deve fare e collabora così alla qualità di vita di tutti.

Il 25 Aprile 1995 Umberto Eco tenne una conferenza in inglese alla Columbia Uni-versity dal titolo “Il fascismo eterno”,

pubblicato nei “Cinque scritti morali” (Bom-piani 1997).Umberto Eco afferma che il fascismo non fu tollerante ma semplicemente prepotente, retorico, impreciso e violento, disordinato e impositivo, contradditorio e sgarrupato. Di volta in volta il fascismo cercò di sollecitare un referente utile: talora la folla/popolo, talo-ra l’élite. Cercò di sfondare stabilendo intrecci malvagi con il capitale, illudendo i seguaci con invettive anticapitalistiche verso i potentati stranieri. La dittatura fascista era solo arcai-ca, forse, ma non è andata tanto per il sottile contro gli oppositori: l’omicidio di Giacomo Matteotti, l’omicidio dei fratelli Rosselli, l’in-carcerazione di Antonio Gramsci, l’olio di ri-cino, le manganellate, il confine o l’induzione all’espatrio di tanti oppositori…Il fascismo non aveva una dialettica nei confronti dell’oppo-sizione e degli oppositori, aveva solamente delle affermazioni scoordinate, utili solo di volta in volta a solleticare la pancia del popolo e a deviare l’attenzione, ora da uno, ora dall’altro tema, per provocare la memoria corta di quanti non avevano capacità di analisi approfondita.Sono note le caratteristiche che Eco attribuisce allo stato d’a-nimo e all’atteggiamento del “fascista eterno”.Caratteristiche che egli deduce dalla storia del ventennio e che proietta in una dimensione caratteriale di personalità ri-gide, autoritarie, arroganti, dittatoriali che superano il tem-po storico e si trasformano in una dimensione esistenziale dell’individuo. Molta letteratura a riguardo porta argomenti quali la cattiveria del mondo, la banalità del male, l’interes-se personale, la dimensione volta al male del libero arbitrio, l’atteggiamento da lupo dell’uomo nei confronti degli altri uomini, il valore del disvalore (Me ne frego), la supremazia ad ogni costo, il gioco sporco per vincere sugli altri. Michela Murgia affronta, invece, il problema del fascismo da un altro punto di vista. Lo ritiene, innanzitutto, una piaga purulenta, una malattia della democrazia essenzialmente perché la democrazia è com-plessa, è delicata e fragile. Il comportamento del fascista è un metodo teso alla distruzione del sistema democratico e porta

Michela Murgia, Istruzioni per diventare fascisti. Fascista è chi il fascista fa, Torino, Einaudi, 2018.

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fotogrammi

Denis Zeppieri

CERVO NEL BOSCO DELLA MESOLA

Questa rubrica è uno spazio riservato ad immagini del nostro territorio: passando dalla natura a momenti di vita cittadina gli obiettivi di Denis e Piergiorgio ci restituiscono minuti quadri, spesso inaspettatamente poetici, della nostra quotidianità… piccoli “fotogrammi” che, mese dopo mese, hanno lo scopo di regalarci un breve quanto intenso film del nostro territorio.

Denis Zeppieri e Piergiorgio Serra li potete trovare anche su: Facebook - YouTube

Denis ZeppieriS. Giovanni in Persiceto (BO)

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Piergiorgio SerraS. Giovanni in Persiceto (BO)

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Giugno - Luglio '19

il BorgoRotondo

Dopo un inizio positivo, con 3 vittorie nelle prime 4 partite di campionato, gli Yankees hanno avuto qualche difficoltà contro squadre ben più navigate

nel campionato di A2. Al momento hanno un record di 6 vittorie ed 8 sconfitte e sono impegnati nel difficile inter-girone con le squadre del gruppo A. Visti i numerosi rin-vii, dovuti al maltempo di aprile e maggio, il record odier-no è carente di ben 6 match, con Verona per chiudere il gi-rone di andata e le sfide con Brescia e Set-timo Torinese per l’intergiro-ne. Il recupero con la forma-zione veneta del girone B è stato fissato per il 23/06/2019, weekend lasciato libero da incontri dalla federazione proprio per permettere eventuali recuperi; per le altre sfide, al momento, non si ha ancora una data. La corsa alla salvezza continua ed è sempre più bagarre tra gli Yankees, il Longbridge 2000 ed il Cervignano, tutte e tre a distanza di poche partite e con l’importantissimo recupero, ancora senza data, tra la compagine friulana ed il team bolognese che sarà fondamentale per la lotta salvezza. Ecco, quindi, gli appuntamenti casalinghi del girone di ritorno degli Yankees:

23 giugno 2019: Yankees vs Verona (gara 1 ore 11 / gara 2 ore 15:30)

30 giugno 2019: Yankees vs Cervignano (gara 1 ore 11 / gara 2 ore 15:30)

21 luglio 2019: Yankees vs New Black Panther (gara 1 ore 11 / gara 2 ore 15:30)

Per le date delle due sfide di intergirone da recuperare, seguite gli aggiornamenti tramite le nostre pagine social.

Campionato difficile quello della nosrta U18, avido di soddisfazioni personali, ancora a secco di vittorie ma

PERSICETO YANKEESMirco Monda

con ottimi miglioramenti da parte dei singoli giocatori che, allenamento dopo allenamento, partita dopo partita, stanno mostrando una crescita sia dal punto offensivo, che dal punto difensivo. Peccato per il monte di lancio, ancora molto acerbo e deficitario rispetto alle squadre del proprio girone, che fatica a trovare continuità di pre-stazione, anche se, va detto, è cresciuto molto da inizio

stagione ad oggi. Ecco i prossimi match casalinghi dei nostri ragazzi:

29 giugno 2019: Yankees vs Pianoro ore 16:30

Dopo un girone di andata in salita, per la nostra U12 sono arrivate le prime soddisfazioni nel girone di ritorno, con una bella vittoria in quel di Modena, ed una bella prestazione con gli Athletics con la vittoria sfumata di un solo punto all’ultimo inning possibile. Ottimi segna-li dall’attacco, molto produttivo nelle ultime uscite ma, come per l’U18, qualche problema di controllo del mon-te, spesso troppo falloso. Ecco i prossimi impegni casa-linghi dei ragazzi di Perez:

29 giugno 2019: Yankees vs Dustbins ore 16:30

Seguiteci anche sui social e sul nostro sito internet nuo-vamente funzionante ed aggiornato.Facebook: ASD YANKEES BSCInstagram: yankees.bsc1954Sito: www.yankeesbsc1954.wordpress.com

Forza Yankees!

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il BorgoRotondo

Andrea Cotti è nato a San Giovanni in Persiceto, in pro-vincia di Bologna, nel 1971. Per diversi anni è stato il gestore di una libreria, nel cen-

tro del paese, specializzata in poesia e narrativa italiana. Ha pubblicato poesie, romanzi di narrativa, romanzi per ragazzi e polizieschi.È autore per la radio, il cinema, la televisione e, inoltre, tie-ni corsi di scrittura creativa e di sceneggiatura. Dai suoi libri sono stati realizzati film, come ad esempio Marpiccolo tratto dal ro-manzo Stupido.È editor di diverse case editrici tra cui Mondadori ed Emme. Ha pubblicato alcune raccolte di po-esia: Per interposta persona, Da quale fuoco e La fede del poco e del meno. Il suo recente successo editoriale è un romanzo poliziesco, “Il cine-se”, pubblicato con Rizzoli.Di seguito l’intervista rilasciata il 16 febbraio 2019 a San Giovanni in Persiceto.

Ciao Andrea, eccoci qua!Ho recensito il tuo libro “Il ci-nese” e la parte descrittiva mi ha interessata molto, come an-che i dialoghi. Come ti sei pre-parato per questo romanzo?Innanzitutto stando in Torpignat-tara, stando a Roma, lungo le vie di Roma e lungo le vie della seta di Roma.Come faccio spesso quando fac-cio ricerca non è che faccio tante domande… mi sono messo seduto ad osservare. Poi ho fatto anche domande ai residenti cinesi, ai negozianti i quali negano che esista la mafia cinese in Italia. Qualcosa di più ce lo dicono quelli che sono nati in Italia.Però poi ce lo dicono i dati. Quelli che sono venuti in Italia legalmente son X poi diventano X alla terza.Questo numero arriva in Italia tramite i canali della mafia.Ho letto tantissime robe che ho trovato tra informative e do-cumenti di polizia. A Milano e a Prato sono state fatte inda-gini. In realtà di materiale sulle comunità cinesi in Italia ce n’è tantissimo. Non ho inventato nulla. Come succede spesso si trovano dati contrastanti. Ad esempio… il fatto che ad un certo punto dico che tutti i membri della triade avevano un

numero che cominciava per quattro perché in Cina è un nu-mero che porta fortuna. Per caso incontro una mia compagna di liceo e le dico questa cosa. Mi dice che non è assolutamen-te così perché il numero quattro è sfortunatissimo, perché la pronuncia è molto simile a morte e quindi la gente non vuole il quattro nel numero di targa e nel numero civico. Ma allora perché ho detto questa cosa? Perché si rifà alla mitologia taoi-stica. Il quattro è come il nostro numero diciassette, solo che

per le triadi è un numero fortuna-to, perché si rifanno alla mitologia. Le triadi nascono nel monastero Shaoling come gruppo di monaci che lotta a favore del popolo. Nel fare ricerca hai informazioni che devi verificare, anche per la parte poliziesca. A volte alcuni poliziotti mi dicevano una cosa altri me ne dicevano altre.Un sacco di giri a piedi e un sacco di ore passate sui libri a studiare. Il Carmelo Pecora che cito nel romanzo è il mio amico Carmelo Pecora che per anni è stato ispet-tore capo di polizia scientifica. Più volte è stato chiamato dalla gente che diceva: “Dovete fare il lumi-no!” Solo che lo puoi fare in una stanza buia su tracce di materiale organico e lo puoi fare una volta e basta. Quando sei passato con il luminol non lo puoi più ripetere. Invece chiamava la gente per un furto in casa e volevano fare il lu-minol… è capitato che un magi-strato volesse fare il luminol su un

cadavere in un campo. La televisione è fuorviante.Ti sono serviti i viaggi in Cina per avere più materiale e per documentarti? Io in Cina ci sono stato la prima volta nel 1990 in una Cina post piazza Tienanmen, poi ancora lo scorso novembre e ho trovato una Cina completamente diversa. Pechino nel 1990 era buia, con pochissime auto, fiumi di biciclette. La Pechino attuale è una megalopoli iperilluminata con un inquinamento dovuto al traffico e al fatto che scaldano le case ancora con il carbone. Mi ricordo che andammo al ristorante e mangiammo ai piedi della grande muraglia e ci portarono in tavola zup-pe fatte di nulla. La gente in campagna diceva che moriva di fame. La Cina di oggi è il secondo paese più ricco del mondo

ANDREA COTTI E LUCA WU… dalla Cina con Amore

Maurizia Cotti

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e fra poco sarà il primo paese. Sono educati e i ragazzini a scuola non esiste che diano fastidio, c’è un rapporto di timo-re, sono molto pochi quelli che contestano l’autorità e anco-ra meno quelli che esprimono ad alta voce questo dissenso. Ho delle immagini di una scuola a Shangai. I ragazzi sono in ordine a fare ginnastica di prima mattina, anche se non ne hanno nessuna voglia stanno lì e la fanno. Sono tutti in divisa e stanno lì fermi. Gli impiegati e commessi fanno ginnastica motivazionale, c’è ancora una forma di messa in reggimento. In Italia è normale che i bambini si oppongano all’autorità.C’è ancora una forma di messa in reggimento notevole in tutti i settori. In Italia un bambino cinese è silenzioso e non dà fastidio.Si vede che ami molto la Cina, ma tu un po’ di cinese lo conosci?Diciamo che ho imparato una serie di frasi utili alla soprav-vivenza.Com’è la lingua cinese?È difficilissima. Sto imparando da solo ma mi prenderò una maestra cinese. Il cinese ha tre toni ed è difficilissimo. Io lo faccio per piacere e per passione. L’idea da dove è partita?L’idea viene dall’unione di cose diverse e da lontano. Dopo anni che scrivevo per serie televisive volevo tornare a scri-vere romanzi. In modo casuale è successo che a pochissima distanza di tempo prima Giancarlo De Cataldo e poi Sandro Dazieri mi hanno detto di scrivere un romanzo e di farla fini-ta. Sono due che quando devono dire le cose, le dicono. Con Dazieri abbiamo scritto un sacco di serie insieme: Squadra an-timafia, Ris Roma, Intelligence con Raul Bova. Dopo tanto volevo scrivere per me e raccontare una storia in cui il protagonista fosse un eroe, perché nel nostro panorama televisivo e cine-letterario c’eravamo riempiti a dismisura di antieroi, cosa che per un certo periodo è stata fondamentale. La figura dell’an-tieroe ha ribaltato i canoni, ha aperto strade, ha rinnovato non solo la narrativa di genere, ma la narrativa in generale. Però, ormai mi sentivo circondato da protagonisti debolucci, introversi che risolvevano i casi andando al ristorante senza fisicità, senza etica. Invece, io con gli amici insistevo sul fatto che mancasse nella narrativa una figura di eroe. Ho la passio-ne della Cina da quando avevo 18 anni. Un eroe, un poliziotto che avesse vissuto in Cina diversi anni e che avesse nel suo passato una stratificazione cinese. La svolta c’è stata quando Giancarlo De Cataldo mi ha mandato da Francesco Sisci che è uno dei massimi sinologi italiani e tiene relazioni diploma-tiche. L’ultima volta che l’ho sentito era a pranzo con il re di Thailandia. Mi ha detto che anche se avessi immaginato un personaggio che avesse vissuto in Cina e che parlasse cinese, sarebbe rimasto un “guailo”, che in cinese significa barba-ro. Mi dice… Perché non immagini un protagonista italiano, nato in Italia ma cinese? E lì, tac… l’illuminazione. Lui mi ha detto che c’erano carabinieri italiani di origine cinese adesso, negli ultimi due/tre anni, anche poliziotti italiani di origine ci-nese. Ho incontrato un carabiniere, il tenente Dino Chen e lì l’idea di chi nasce diviso in due culture. Avevo trovato la storia perché il mio personaggio poteva essere un eroe, uno che fa arti marziali, un duro, ma aveva anche le contraddizioni delle

due culture. Avevo un eroe non classico ma complicato. Un personaggio complicato, ma non introverso e rachitico: avevo un duro che picchiava, menava. Di fronte al pericolo non si tirava indietro. Il romanzo è Luca Wu. La sua figura catalizza tutto. Senza di lui non esiste il libro, che nasce dalla voglia di

scrivere, di scrivere di cose che mi piacciono, quindi anche della Cina e di un eroe. Sta vendendo il libro?Non ho idea di quanto perché i rendiconti ci saranno a marzo, ma sta andando bene. C’è stata un’opzione da parte di Indigo film per la televisione. Sto scrivendo il seguito ma con un po’ di pressione, perché quando ho scritto il primo non avevo nulla da perdere. Mio padre ogni giorno mi dice che il secon-do deve essere più bello del primo, ma è statisticamente chiaro che di solito il secondo non ha lo stesso successo del primo. Ci ho messo quattro anni per scriverlo. Ad un certo punto ho smesso di scrivere serie, per terminare il libro.C’è questa cosa delle arti marziali, della lotta marziale fatta in casa che è molto curiosa.L’arte marziale che fa Luca Wu nel romanzo è la prima arte marziale che praticava Bruce Lee, il Wing Chun, dopo si è inventato una sua arte marziale. Questa prima è la stessa che faccio. Ha un maestro tedesco come riferimento che ha vis-suto in Cina per 20 anni e si è allenato con il fratello di arti marziali di Bruce Lee. Non ci sono cinture o altro, ma diventi bravo quando meni più degli altri.Ci si allena in casa. Io mi allenavo sul tetto del palazzo di fronte. Nel Wing Chun non ci sono divise o altro, quello che conta è allenarsi. Non ci sono esami. Nel romanzo faccio es-sere Luca Wu un grande maestro di arti marziali.Questa storia della doppia identità di Luca Wu, che non collima, che potrebbe dargli dei vantaggi, ma si trasfor-ma in una crisi perenne…Perché di fatto lui non sa chi è… ad un certo punto dice a Carmelo Pecora: “Tu sei siciliano, nato e vissuto in Sicilia, poi trasferito al nord, ami tua moglie, i tuoi figli e hai una bolla che riesci a stringere mentre io no, non riesco a mettere insieme le due metà”.Essere nato qui gli ha dato un imprinting però poi… È la realtà dei sino-italiani. L’imprinting della famiglia cinese dei

ANDREA COTTI E LUCA WU… DALLA CINA CON AMORE

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il BorgoRotondoANDREA COTTI E LUCA WU… DALLA CINA CON AMORE

ragazzi nati in Italia è molto forte, forse solo come nelle co-munità arabe. Ci mollerà con seconde e terze generazioni cioè da genitori nati e vissuti in Italia. Le famiglie cinesi reputano la scuola italiana scadente e sempre di più stanno rimandando i figli a studiare in Cina. Prima lo facevano per l’università dove

li mandavano in Cina o altrove. Adesso lo fanno già dalle superiori. In Cina c’è una iper competitività e devi essere all’altezza. Lo studio qui in Italia non ti qualifica ab-bastanza e non ti crei relazioni interper-sonali abbastanza forti. È un po’ come il sistema americano, quando vai a Yale non solo perché ti qualifica, ma perché entri nel sistema di ex studenti di Yale che di favoriscono e tutelano. Luca ha il problema di un padre radicato nella cultura cinese e una mamma che non c’è più ed è uno dei motivi di contrasto. Il padre l’ha fatta curare con la medicina cinese in un ospedale clandestino quando, invece, forse, se fosse stata curata in uno ospedale italiano, poteva salvarsi. Quindi, Luca Wu dice che per gli italiani è troppo

cinese, per i cinesi è troppo italiano e per tutti è uno sbirro di merda. Quando l’avvocatessa cinese va sotto a questa cosa, lui si rifugia e dice che è un poliziotto. Lei sa cos’è, ma lui no.Infatti, rifiuta tante cose, ha sposato un’italiana e ha un figlio e rinuncia anche a questo.Mi hanno chiesto spesso del rapporto con la moglie e il figlio. Lui allenta i rapporti perché la moglie lo caccia all’ennesimo tradimento, ma non cerca il figlio e accetta il rapporto con la moglie così com’è. Deve fare pace con se stesso per non esse-re tossico per il figlio. Lui è un traditore seriale.In questa situazione non è un po’ un antieroe?Certo. Lui non mette in discussione la scelta della moglie. Dice, se non risolvo i miei problemi non posso essere un ma-rito e un padre.Però il tempo scorre…Infatti, non è un eroe perfetto. Prova a stare… ha il pregio di non cercare scuse, non si giustifica, sa che si è comportato male. Vuole fare pace con il cervello. Alla fine c’è un barlu-me… parte per la Cina per accompagnare i nonni. Nel secon-do romanzo vediamo... Ci sarà una donna che lo tenta? Credo di sì. Non penso che tornerà con la moglie, ma riprenderà il rapporto con il figlio. Ci saranno dei momenti in cui starà con il figlio.Lui, quando va in Cina, è uno straniero. La cosa più difficile di questo secondo romanzo, già è stato difficile nel primo, perché mi devo fermare e pensare: “Così è come reagirei io, Andrea Cotti, o è come reagirebbe Luca Wu? Per lui, appena arriva in Cina, è tutto un po’ nuovo e un po’ no. Se io vado in Cina e per colazione mi offrono gli spaghetti e cose del genere, solo gli odori mi fanno star male. Ma a lui no! Per-ché a casa ha sempre fatto colazione così. Quando, però, va a pagare con i contanti, scopre che nessuno usa i contanti, ma solo carte. Anche i nonni non sono pronti. Il suo stupore in confronto al mio è più moderato perché alcune cose le aveva in casa. Quando scrivo devo differenziare il mio punto di vista

da quello di Luca. Importante è il collega Missiroli. Lui è il riassunto di tanti amici poliziotti che ho conosciuto. Sanno cosa non funziona e cosa non funzionerà mai, sanno cosa va stroncato perché proprio di associazioni criminali e cosa va in divenire in senso buono. È in polizia da anni e per lui la differenza è tra buoni e cattivi e non tra bianchi, gialli, rossi… Dal punto di vista di un poliziotto, chi delinque è una rottura di coglioni. Se ti trovo con due grammi non faccio neanche il verbale, ma se ti trovo otto volte e i grammi aumen-tano allora vado avanti.Io sono stato tanto con i poliziotti, molto a Livorno. Per ve-dere certe cose bisogna chiedere il permesso e io l’ho fatto.Poi sono tornato e ho presentato il libro in questura a Li-vorno. Qui la polizia ci fa una gran figura… questo era da sottolineare.La scrittura come la organizzi e quando fai i corsi che obiettivi hai?Io lavoro soprattutto alla mattina alle cinque. Porto fuori il cane, che non è proprio contento. Sul romanzo preferisco la-vorare così. Sulle scenografie lavoro al pomeriggio. Se lavoro solo sul romanzo al pomeriggio un po’ mi riposo e poi faccio tutto il lavoro di cornice sui social e rispondo alle mail, perché fanno domande e richieste.Faccio decine di scalette. Per un romanzo giallo non puoi non farlo. C’è chi usa i post-it, i cartelloni: io faccio decine di sca-lette. Per il cinese ho fatto migliaia di pagine di scalette. Le ingenuità le risolvi in scaletta. Per il secondo romanzo sto facendo scalette… sono due anni che faccio scalette. Se le voragini le risolvi in scaletta va bene, dopo è un casino. Per il cinese avevo quasi finito, mancavano venti pagine, quando ho scoperto un gran buco. C’era un filone sul denaro che ad un certo punto si bloccava. Ho dovuto smontare il romanzo e creare un filone sul denaro. Adesso mi faccio delle domande perché trovano un blogger morto. Il libro deve essere per ca-pitoli e per pagine. Devo consegnare il secondo per dicembre 2019.Il discorso dei corsi?Dipende da chi hai di fronte. Negli ultimi anni ne ho fatti mol-to pochi per scelta. Anche perché a Bologna e a Roma c’è già un ampio panorama. A Bologna c’è Carlo Lucarelli.Per anni ne ho fatti tantissimi e dipende da chi hai di fron-te. Gli strumenti li dai a tutti, per insegnare delle tecniche. L’Italia è un paese strano dove i corsi di scrittura si pensa siano cialtronerie. La scrittura è vista come quella cosa che fai da solo nella tua cameretta, con la nuvoletta dell’ispirazione. Di drammaturgia parlavano i Greci. Quindi tu fornisci degli strumenti, aiuti a riflettere. Questo è l’obiettivo. Dai miei corsi sono usciti scrittori e sceneggiatori. Marilù Oliva è stata mia allieva… le serviva solo uno stimolo ma aveva talento.Cosa ne pensi degli agenti letterari?Io ne ho due. L’agente è la persona che ti sceglie e ritiene che tu abbia in mano qualcosa che ha valore. Contratta per anticipi, soldi e altro. Vende i tuoi diritti all’estero. Guadagna se tu guadagni.

Bene, questo incontro merita una seconda puntata... per le prossime avventure di Luca Wu!

Spesso gli insegnanti della scuola pubblica vengono sotto-valutati, noi con questa lettera aperta vorremmo elogiare chi con responsabilità, pazienza, vocazione e amore svolge questa professione. Può sembrare banale ma per noi è do-veroso fare in modo che voi sappiate la gratitudine che cia-scuna delle ventiquattro famiglie di questa splendida classe prova nei vostri confronti.Cinque anni fa Valeria ti abbiamo consegnato un pezzo del nostro cuore e tu hai saputo oltre che ad istruirlo nei mi-gliore dei modi, a farlo crescere, ad essere sempre presente, uno sguardo, un’occhiata e loro capivano! Ci hai accompa-gnato in questo lungo percorso dove di ostacoli ce ne sono stati e non pochi, ma ce l’abbiamo fatta insieme!E poi due anni fa Danila ti abbiamo incontrato e tu hai saputo raccogliere una classe dove l’italiano, la nostra me-ravigliosa lingua, purtroppo non aveva piantato radici. Gli occhi azzurri uniti ad orecchini e sciarpe colorate sono state un punto di riferimento. È rassicurante sapere che ci sono insegnanti come voi che svolgono il proprio lavoro con passione e che hanno un occhio vigile su ciascun sin-golo bambino, sulle sue particolarità, fragilità, insicurezze o troppe sicurezze. Avete insegnato loro a leggere e a scri-vere. Avete insegnato loro cos’è giusto e cos’è sbagliato. Avete insegnato loro a portare avanti un progetto che po-trà essere utile per gli alunni che verranno dopo.Non tutti i super eroi hanno mantelli, alcuni si vestono in modo normale e si chiamano maestre. I nostri ragazzi nelle vostre mani sono sbocciati e adesso sono pronti per una grande nuova esperienza. Grazie per tutto quello che avete fatto in questi anni.

Classe 5a E “Quaquarelli”

CARE MAESTRE

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San Michele di Guido Reni. Forte e possente, ma nel viso dolce; deciso nel trattenere le catene, saldo nel piede sulla te-sta di quell’uomo dal volto bar-buto, personificazione del de-monio. La mano destra sguaina la spada, ma il viso, rasserenato dalla pacatezza di chi agisce con consapevolezza, non ren-de la spada foriera di sangue, ma decisa ammonitrice, de-cisa condanna per chi agisce contro l’Uomo. Ci si imbatte in quest’opera, nel silenzio di una Chiesa romana, a pochi giorni dall’intervista fatta a En-rico Papa, classe 1990, socio-logo e counselor persicetano. In quella tranquilla pacatezza, che Guido Reni attribuì a San Michele, ritornano le parole con cui Enrico, citando Karl Popper, ha chiuso l’intervista, attestando che «occorre essere intolleranti con gli intolleranti». Nessuna indecisione.Enrico presenta questa frase come un assioma, non frutto di una arbitrale convinzione, ma risultato di una indagine condotta con metodo. Nel tempo veloce della comunica-zione istintiva e tonante, Enrico dosa ogni parola. Non è registrato, ma fa avvertire chiaramente all’interlocutore che la trasformazione del pensiero in parola richiede impegno e tempo. A riprova di questo, proprio sugli accorgimenti lessi-cali Enrico ha lavorato nella sua tesi di laurea magistrale dal titolo L’Altro fascista. Deumanizzazione e violenza nelle rappresen-tazioni iconografiche (anti)fasciste di Prenzy, rendendo la parola (anti)fascista il nucleo principale della sua indagine. Quelle parentesi che paiono un vezzoso gioco di tastiera intendono mostrare la precarietà delle categorie con cui siamo soliti analizzare la realtà.Che schemi e categorie siano una consuetudine in cui sen-tirsi a proprio agio, un pensiero rasserenante attraverso

cui guardare il mondo comoda-mente seduti, senza rischiare di doversi impegnare, Enrico lo ha capito attraverso un’esperienza fuori dal suo percorso universita-rio. Nel 2018, infatti, è uscito per le Edizioni Erickson Da geranio a educatore. Frammenti di un percorso possibile, ultimo lavoro di Claudio Imprudente, formatore, giornali-sta e scrittore, presidente onora-rio del Centro Documentazione Handicap di Bologna, affetto da tetraparesi spastica. Enrico è stato l’assistente di redazione di Impru-dente, il quale comunica attraverso una tavoletta in plexiglass, un alfa-betiere: seguendo i movimenti dei suoi occhi, che indicano le lettere impresse sulla tavoletta, è possibile conversare con lui. Nella nota con-clusiva al libro, Enrico racconta la sua esperienza di «ausilio-vivente alla scrittura» incaricato talvolta di riportare fedelmente la narrazione,

talvolta di interpretarla e rielaborarla, ruolo, questo, che ha generato un ribaltamento di prospettiva: il senso unico obbligato insito nell’iniziale certezza di essere una persona normodotata incaricata di aiutare una persona con disabi-lità si muta in un comune e generico doppio senso di cir-colazione. Il rapporto professionale, infatti, si è reso pos-sibile solo attraverso una sospensione, una messa fra pa-rentesi delle categorie “disabile” e “normodotato”, dove ciò che resta è semplicemente una relazione tra persone, ciascuna chiamata a essere inclusiva verso l’altra, pena la buona riuscita dell’obiettivo condiviso.«Il tempo mi ha suggerito quanto sfumati possano essere i confini» scrive Enrico in chiusura del volume, e questa consapevolezza di labilità dei confini la si rintraccia anche nella prospettiva con cui presenta il suo lavoro di tesi. Fin dal titolo, infatti, Enrico evidenzia di non accontentarsi delle categorie di fascismo e antifascismo, di fascista e an-

TRA PARENTESI: Enrico Papa, fra nonviolenza e (anti)fascismo

Sara Accorsi

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Venerdì 12 luglio, ore 21, Osservatorio e Planetario di Persiceto, si potrà passeggiare “Nel prato e tra gli alberi... osservando le stelle”, guidati da Marco Cattelan tra le piante dell’orto botanico.

Venerdì 19 luglio, ore 21, Osservatorio e Planetario di Persiceto, conferenza “La Luna, un satellite vitale per il pianeta Terra” a cura di Romano Serra.

Sabato 20 luglio, dalle ore 19 a mezzanotte, centro storico, “Funky-land”, festa in costume anni ’70.

Dal 17 al 21 luglio, parco del centro sportivo, via Castelfranco 16, “Birra inside”, festa della birra con street food e musica live; parte del ricavato sarà devoluto ad Ageop per la ricerca sulle malattie pediatriche e il sostegno delle famiglie.

Venerdì 26 luglio, ore 21, Osservatorio e Planetario di Persiceto, conferenza “La conquista della Luna” a cura di Efisio Santi.

Da sabato 10 a lunedì 12 agosto, dalle ore 21, il Gruppo Astrofili Persicetani sarà presente all’Osservatorio e al Planetario di Persiceto per le “Persiceteidi”, tradizionali serate ad ingresso gratuito per l’os-servazione del fenomeno della pioggia di meteore conosciuto come “stelle cadenti” o “lacrime di San Lorenzo”.

Dal 30 agosto al 1° settembre, centro storico, “San GiovAnni ‘50”, festa con musica, balli e mercato a tema.

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il BorgoRotondoTRA PARENTESI: ENRICO PAPA, FRA NONVIOLENZA E (ANTI)FASCISMO

tifascista: questi, infatti, per lui sarebbero solo gli estremi di un continuum lungo il quale più ci si sposta dall’antifasci-smo verso il fascismo, più si assiste a una trasformazione della categoria stessa di antifascismo, che Enrico descrive nella formula visiva di (anti)fascismo.Per esplicitare questa nuova categoria, Enrico indaga il mondo iconografico di Prenzy, fumettista palermitano, che considera alcune sue opere come una forma di mi-litanza antifascista. I sui fumetti si presentano come lam-pante denuncia del mondo dell’estrema destra: i militanti fascisti sono rappresentati come animali, soprattutto ratti e maiali, sono accostati a escrementi, ad agenti patogeni, o prendono le sembianze di dickheads, hanno cioè teste sosti-tuite da peni. Nei titoli delle tavole, nei simboli presentati, nelle caricature tratteggiate, la presa di posizione è chiara e le allusioni del tutto esplicite.L’indagine di Enrico, a carattere interdisciplinare, si con-centra sull’azione di deumanizzazione condotta dal fu-mettista nei confronti di quanti si riconoscono nelle idee di estrema destra e ne individua cinque differenti registri: animalizzazione, demonizzazione, biologizzazione, og-gettivazione e meccanizzazione. Senza entrare nei dettagli scientifici del lavoro, attraverso l’analisi iconografica Enri-co apre la riflessione sul linguaggio utilizzato da questo ar-tista che si dichiara antifascista. Partendo dalla proporzio-ne diretta “il fascismo sta all’antifascismo come la violenza sta alla nonviolenza”, Enrico si domanda: può dirsi piena-mente antifascista chi, anche solo a livello comunicativo, è violento nei confronti dell’altro fascista, non ne riconosce l’umanità, il suo essere umano, il suo essere persona? Se colui che si dichiara antifascista adotta lo stesso linguaggio di chi si dichiara fascista, sussistono ancora due diversi e opposti fronti?Enrico, supportato da un framework teorico di filosofia morale e da alcuni dei concetti più indagati dalle scienze sociali (gruppo sociale, conformismo, dinamiche inter-gruppo, conflitto, costruzione dell’immagine di nemico, fenomenologia del male e della violenza, stereotipi, pre-giudizi, etnocentrismo) suggerisce che mentre è perfet-tamente coerente che il fascismo operi per mezzo della violenza, lo stesso non può dirsi dell’antifascismo: «se è l’antifascismo, prima di ogni altra cosa, un intimo, emer-gente, urgente e imperativo ripudio della violenza fascista, se è quindi l’antifascismo un’esigenza morale prima ancora di una prassi politica, allora di vero antifascismo possiamo parlare soltanto quando i suoi mezzi non contraddicono i suoi fini. O meglio ancora: soltanto quando intendiamo l’antifascismo come un fine in sé, e non come un mezzo».Da qui, allora, la necessità di coniare un altro termine per indicare chi, contrario alle idee delle destre estreme, ne utilizza lo stesso linguaggio: l’(anti)fascista, dove il valore della parentesi emerge nella denuncia che Enrico fa dell’i-

deale tradito.Nella piena consapevolezza che la sua tesi sia una posizio-ne personale, supportata dagli studi ma pur sempre tale, e per questo opinabile, Enrico sostiene la necessità di rise-mantizzare, oggi, l’antifascismo in chiave riflessiva, critica e nonviolenta: «dobbiamo riconoscere che la violenza fu una tragica necessità là dove una violenza maggiore, una violenza fascista, si istituzionalizzò in regimi totalitari. Ma non possiamo permettere che le drammatiche soluzioni di un tempo informino la lotta al fascismo di oggi. Sareb-be anacronistico. Dobbiamo tener conto dei cambiamenti sociali e culturali avvenuti, adeguando l’antifascismo alle sensibilità correnti».A questo punto, come si lega la decisa posizione detta in apertura dell’«essere intolleranti con gli intolleranti»? Per Enrico, l’incontro dell’antifascista con il sostenitore di estrema destra, con il fascista, non può prescindere dalla certezza di una opposizione di idee e di una condanna di quelle stesse idee, ma nulla deve inficiare la riconoscibilità dell’altro come persona, come essere umano, per quanto le sue idee siano lontane dalle nostre. E ancora: «l’intolleran-za di per sé non è violenza, non è repressione, l’intolleran-za è presa di posizione, significa non rimanere indifferenti. Ma tutto questo non ha niente a che vedere con le azioni e i comportamenti che deciderò di assumere per contrastare il fascismo a seguito della mia intolleranza».È chiaro come per Enrico la nonviolenza antifascista do-vrebbe esplicitarsi in una novità di copione. Colpire l’altro con la stessa dose di violenza che lui già professa verso chi considera suo nemico non farà che compattare il gruppo di chi la pensa come lui, e non farà che nutrire ulterior-mente non solo la sua parte più nera, ma anche la no-stra. L’antifascismo, secondo Enrico, deve farsi proposta nuova, deve saper spiazzare l’antagonista, deve trovare una strategia creativa per farsi lampante esempio di accoglien-za e accettazione dell’altro, della sua persona, nonostante l’inconciliabilità degli orizzonti e delle visioni del mondo: «soltanto includendo il fascista nei nostri mondi vitali – ma nel rispetto dei principi della Costituzione – senza stigma-tizzarlo, senza ostracizzarlo, può avvenire una riduzione del fascismo. Mi rendo conto che tutto ciò può sembrare paradossale, ma se il fascismo si nutre di violenza, allora è soltanto riducendo la violenza nelle interazioni coi fascisti che può ridursi anche il fascismo».Utopia? La scrittura del libro insieme ad Imprudente, ori-ginata dal guardarsi negli occhi attraverso una tavoletta di plexiglass, chiede inequivocabilmente di accogliere l’invi-to di Enrico a rifletterci sopra e ad interrogarsi sulla pro-posta. Perché il fascismo esiste e occorre tenerlo a bada. Come il San Michele di Guido Reni fa con il male.

Sei lì che rassetti casa prima di uscire, approfittando del fresco che ancora concede il mattino di queste giornate di giugno, e senti alla radio la notizia di un’attrice condannata per aver annullato uno spettacolo dandosi malata. Il teatro che l’aspettava aveva ricevuto un regolare certificato medico per laringite acuta tale da compromettere l'uso della voce. Peccato che lo stesso teatro abbia poi ricevuto le fotografie dell’attrice a una cena di gala con politici e altri attori. Poco importano nomi di persone e luoghi coinvolti, quello che incuriosisce è provare a mettersi nei panni di questa signora. Fossimo in un passato in cui le notizie internazionali giungessero con ragguardevole ritardo e i costi della carta stampata facessero ancora selezionare i fatti a cui dare risalto, ci potremmo mettere alle spalle la notizia, lodando questo episodio di giustizia che punisce i furbetti. Ma qui la questione si fa più intrigante. In un tempo in cui tutti fotografano tutto e la notizia viaggia in rete con uno scarto irrisorio rispetto al reale, mentre

SFOGO DI RABBIADa scrivere per non urlare, da scrivere per non aver urlato, scrivere perché, comunque, quell’urlo non è passato

Sara Accorsi

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Giugno che sei maturità dell’annoDi te ringrazio Dio

In un tuo giorno, sotto al sole caldoCi sono nato io

Ci sono nato io…

Francesco Guccini, La Canzone dei dodici mesi

Quando finiscono le scuole, anche a me sembra già di andare in vacanza. Saranno le giornate di giugno, final-mente limpide e calde, sarà la complicità del profumo

dei tigli, che annuncia festoso l’arrivo dell’estate. Sarà che le feste di fine anno scolastico, che lo si voglia o no, ti riportano ad un tempo in cui estate e vacanze erano la stessa cosa. Per-ché la scuola è un periodo della nostra vita che rimane dentro di noi, nel bene e nel male.Forse sarà perché quest’anno Danilo finisce la quinta ele-mentare, ma mi ritrovo a pensare al ciclo che si chiude e a quello che sta per cominciare.Quando si incontrano gli alunni delle classi si creano sempre dinamiche particolari, che non saranno mai le stesse: ciascu-no porta un’impronta, un contributo, una sfumatura che è unica e speciale. Alcuni giorni fa, gli alunni della 5C di Decima sono venuti in Biblioteca per la consueta visita, a prendere e restituire libri. Come al solito, abbiamo letto insieme alcune storie: Lola e io, di Chiara Valentina Segré, che parla di un’amicizia speciale e del valore dei piccoli dettagli; i ragazzi sono rimasti colpiti dal cambio di prospettiva, man mano che ascoltavano la storia; poi è stata la volta de Il giardiniere notturno dei fratelli Fan, dove un incontro prezioso, fra un bambino e un giardiniere, arri-

CARO DIARIO… LA SCUOLA È FINITA!Irene Tommasini

va a cambiare gradualmente un’intera comunità. Venendo in Biblioteca, i ragazzi ci hanno portato in dono delle piantine di girasoli, che hanno coltivato a scuola. Sorridiamo emozio-nati: ci sono semi che germogliano in molti modi…Come ogni anno, abbiamo ricevuto l’invito a partecipare alla festa di fine anno scolastico presso la Scuola Primaria “Gan-

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facevano le foto durante la cena, la signora avrà pensato che quelle immagini non sarebbero arrivate in Italia o che, anche fossero arrivate, tutti avrebbero compreso la sua scelta, vista la visibilità che quella partecipazione le avrebbe garantito? Perché qui il dubbio scatta tra due opzioni: pensava di passarla liscia oppure si è banalmente fregata dell'impegno preso? Poniamo che si sia per un attimo sentita l'adolescente che fu un tempo e, come facesse fughino da scuola, abbia pensato che questa piccola bugia, questa piccola connivenza tra i certificati medici e il farsi i propri comodi, così di moda tra gli italiani, si sarebbe chiusa in cavalleria con una lavata di capo da parte del Teatro, ma nulla di più, alla peggio non si sarebbe più proposta in quel teatro. Poniamo invece che si sia fregata dell’impegno preso non tanto col teatro, quanto con chi aveva già acquistato il biglietto. Avrà pensato di non esser la sola ad aver annullato uno spettacolo. Lo ha fatto anche di recente Elton John all'Arena di Verona peraltro… Si sarà data una giustificazione per quella stessa gente che aveva per lei investito soldi e per lei avrebbe investito la serata? Non è forse assodato che se non avesse avuto pubblico in questi anni, difficilmente avrebbe avuto una serata a teatro e ancora più difficilmente sarebbe stata tanto nota alle cronache da essere invitata Oltralpe? Perché se per vivere hai bisogno del pubblico, si presuma ti interessi cosa pensa di te. Chissà come si sarà immaginata i commenti del pubblico che

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dolfi”: ormai, per noi, essere presenti con il nostro angolo dedicato ai libri è quasi una tradizione, un’opportunità irri-nunciabile e stimolante. Incontrare bambini, ragazzi e genito-ri che vengono a cercarci per i laboratori creativi che propo-niamo, o anche solo per un saluto o quattro chiacchiere, ci fa percepire come la Biblioteca sia parte integrante della comu-nità. Io e Manuela, la mia collega, condividiamo queste gior-nate con Alessia, una studentessa del liceo, che sta svolgendo in Biblioteca il suo periodo di Alternanza Scuola Lavoro.Il giorno dopo la festa, anche la classe di Danilo - la 5C, que-sta volta, di San Felice sul Panaro - è venuta in visita in Biblio-teca. Negli ultimi due anni, insieme e grazie alle maestre, abbiamo condiviso un percorso di promozione della lettura. Un progetto che mi ha insegnato tanto e mi ha dato la possibilità di esplorare assieme ai ragazzi rac-conti, storie, fumetti, personaggi veri o in-ventati. Di conoscerli meglio, amarli e anche di criticarli. C’è stato chi ha letto e chi ha aspettato, chi avrebbe scelto di tutto e anche chi ha preferito pochi romanzi, ma buoni. Insieme abbiamo scoperto che ogni libro può essere uni-co, ma anche legarsi indissolubilmente a tutte le altre storie, mentre talvolta le pagine ci bisbigliano le loro stesse vicende (e ancora di più se si tratta dei volumi della Biblioteca, vissuti, magari sciupati o addirittura annaffiati, ma anche letti, amati, apprezzati e persino autografati). Che si tratti di coccinelle, ragazzine con l’apparecchio, draghi della fortuna, lupi blu o seminatori di alberi, ciascuno di essi resta nel cuore e negli occhi, lasciando la voglia di perdersi fra le pagine ed esplorare nuovi mondi, perché le storie condivise diventano parte di noi e non se ne vanno più...

Martina, una delle ragazze, mi ha regalato un disegno che aveva appena finito (aveva portato con sé gli acquerelli per terminarlo), dove le sue parole di ringraziamento sono nu-vole azzurre fra le quali sta volando una donna, sollevata da un gruppo di libri come ne I fantastici libri volanti di Mr Morris Lessmore. Sono emozionata e onorata al tempo stesso. La fine dell’anno scolastico si avvicina: partecipiamo ad un’altra festa di fine anno, questa volta alle scuole medie di Decima dove, negli ultimi mesi, abbiamo collaborato ad un progetto di inglese con le insegnanti e ad un laboratorio su libri e cinema, con il doposcuola. Come di consueto, le classi

si esibiscono, suonano, ricevono premi. Ad un certo punto, l’inse-gnante di musica cita una parte del discorso all’umanità, che chiu-de Il grande dittatore di Charlie Chaplin: lo hanno visto in classe e hanno discusso sul significato di quelle parole. Parole che amo molto e che trovo di grande attualità, no-nostante siano state pronunciate più di set-tant’anni fa: esprimo-no speranza, dignità, fantasia e forza di vo-lontà. Penso che, oggi

più che mai, ce ne sia un enorme bisogno. Mi torna in mente ancora una volta una frase di Gianni Rodari: Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati e poeti, ma perché nessuno sia più schiavo.La fine della scuola chiude un periodo di bilanci, desideri, doni inattesi. Al termine di un mese di maggio piovoso, ma ricco di fiori e colori. Dove sentirsi forse un po’ giardinieri e vedere, a poco a poco, che nascono i primi semi. E che, con i raggi del sole e le storie condivise, crescono anche i cittadini di domani.

aveva pagato il biglietto, una volta viste le foto della cena di gala? Si sarà detta che avrebbero tutti compreso la sua scelta per l’irrinunciabile invito che le era stato recapitato? Si sarà detta che magari qualcuno avrebbe anche commentato acidamente il suo comportamento, ma sarebbe bastato un comunicato ben fatto per far dimenticare la sua bugia e ricoinvolgere tutti nelle trame del proprio fascino? Tu forse ti stai anche domandando se questa attrice abbia tutto questo arzigogolo di pensieri in testa. Se non lo avesse, forse non sarebbe riuscita a mettere a servizio delle proprie tasche la propria bellezza per così a lungo. Intanto questa serie di curiosi ragionamenti racconta anche chi siamo noi. Qualcuno inizierà a commentare “Sei mesi di carcere per un finto certificato medico? Sarebbe meglio che mettessero in carcere quelli che...”, “Sei mesi di carcere perché è andata alla cena di gala di Tizio? Vedrai che se fosse stato Caio quel magistrato avrebbe…”. Insomma, alla fine succede che quando chi sbaglia paga, abbiamo sempre di che giustificare la pena inflitta, se chi commette reato rientra in quelle categorie che abbiamo deciso vadano protette. Continuiamo a convincerci con rabbiosi commenti che chi snatura il paese Italia sono gli altri, quelli di fuori o quelli fuori dalle consuetudini, dimenticandoci che lo Stato sta investendo fior fior di soldi per il controllo biometrico antifurbetti del cartellino...

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Hanno collaborato a questo numero MIRCO MONDA VALENTINO LUPPI

Delle opinioni manifestate negli scritti sono responsabili gli autori dei quali la direzione intende rispettare la piena libertà di giudizio.Anno XVII-XVIII, n. 06-07, GIUGNO-LUGLIO - Diffuso gratuitamente

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