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www.universauser.it/utopia21 Utopia21 Novembre 2016 Fulvio Fagiani Leducazione alla sostenibilità 1 ARTICOLO - NOVEMBRE 2016 L’EDUCAZIONE ALLA SOSTENIBILITA’ di Fulvio Fagiani Per poter esercitare pienamente i diritti di cittadinanza gli adolescenti di oggi dovranno avere gli strumenti conoscitivi per la comprensione dei fenomeni naturali e sociali. Di qui la necessità di una costante e sistematica elaborazione su obiettivi, metodi e strumenti dell’educazione alla sostenibilità. Riassunto L’obiettivo della sostenibilità pone sfide difficili agli educatori. Si tratta d’insegnare una scienza giovane ed in rapidissimo sviluppo, in cui s’intrecciano competenze delle più disparate discipline, e che deve mantenere vivo il legame tra conoscenza ed azione. Non può essere una semplice trasmissione di informazioni, ma deve muoversi su piani che tengano conto di cosa significa apprendere e di quali sono le determinanti, non solo cognitive, dell’agire. E’ principalmente un’opera di costruzione di capacità che si deve avvalere di approcci metodologici e pedagogici attivi, come comprovano alcune esperienze concrete. Premessa Le esperienze di educazione alla sostenibilità sono, anche in Italia, ormai molto numerose, nate e sviluppate per lo più per iniziativa di singoli docenti appassionati e di associazioni no-profit, prevalentemente del mondo ambientalista o del mondo cooperativo, prive però di un coordinamento e di una comune base di riflessione teorica. Mancano luoghi riconosciuti di rielaborazione e confronto, di consolidamento nelle prassi istituzionali e di collegamento con le reti internazionali. Secondo l’impostazione editoriale di Utopia21, il presente articolo propone una rassegna di riflessioni tratte da documenti prodotti da Organizzazioni internazionali, tra cui UNESCO e European Science Foundation, e da gruppi di ricercatori di Istituti universitari e di ricerca di paesi europei ed extraeuropei, con l’obiettivo di rendere espliciti gli orientamenti di ricerca e studio, per costituire una base di riflessione per gli operatori impegnati a vario titolo in questo campo, fornendo spunti per la razionalizzazione e maggiore strutturazione dell’educazione alla sostenibilità nella scuola italiana. La domanda che pervade molti degli scritti presi in considerazione, e spesso ricorrente anche nelle discussioni in materia, è se l’educazione alla sostenibilità sia compatibile con l’organizzazione didattica della scuola attuale, dal momento che l’impostazione qui delineata

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Utopia21 – Novembre 2016 Fulvio Fagiani – L’educazione alla sostenibilità 1

ARTICOLO - NOVEMBRE 2016

L’EDUCAZIONE ALLA SOSTENIBILITA’

di Fulvio Fagiani

Per poter esercitare pienamente i diritti di cittadinanza gli

adolescenti di oggi dovranno avere gli strumenti conoscitivi per la

comprensione dei fenomeni naturali e sociali. Di qui la necessità di

una costante e sistematica elaborazione su obiettivi, metodi e

strumenti dell’educazione alla sostenibilità.

Riassunto – L’obiettivo della sostenibilità pone sfide difficili agli educatori. Si tratta

d’insegnare una scienza giovane ed in rapidissimo sviluppo, in cui s’intrecciano

competenze delle più disparate discipline, e che deve mantenere vivo il legame tra

conoscenza ed azione. Non può essere una semplice trasmissione di informazioni,

ma deve muoversi su piani che tengano conto di cosa significa apprendere e di quali

sono le determinanti, non solo cognitive, dell’agire. E’ principalmente un’opera di

costruzione di capacità che si deve avvalere di approcci metodologici e pedagogici

attivi, come comprovano alcune esperienze concrete.

Premessa – Le esperienze di educazione alla sostenibilità sono, anche in Italia, ormai molto

numerose, nate e sviluppate per lo più per iniziativa di singoli docenti appassionati e di

associazioni no-profit, prevalentemente del mondo ambientalista o del mondo cooperativo,

prive però di un coordinamento e di una comune base di riflessione teorica. Mancano luoghi

riconosciuti di rielaborazione e confronto, di consolidamento nelle prassi istituzionali e di

collegamento con le reti internazionali.

Secondo l’impostazione editoriale di Utopia21, il presente articolo propone una rassegna di

riflessioni tratte da documenti prodotti da Organizzazioni internazionali, tra cui UNESCO e

European Science Foundation, e da gruppi di ricercatori di Istituti universitari e di ricerca di

paesi europei ed extraeuropei, con l’obiettivo di rendere espliciti gli orientamenti di ricerca e

studio, per costituire una base di riflessione per gli operatori impegnati a vario titolo in questo

campo, fornendo spunti per la razionalizzazione e maggiore strutturazione dell’educazione

alla sostenibilità nella scuola italiana.

La domanda che pervade molti degli scritti presi in considerazione, e spesso ricorrente

anche nelle discussioni in materia, è se l’educazione alla sostenibilità sia compatibile con

l’organizzazione didattica della scuola attuale, dal momento che l’impostazione qui delineata

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Utopia21 – Novembre 2016 Fulvio Fagiani – L’educazione alla sostenibilità 2

è in evidente antitesi, sia per l’impostazione metodologica che per l’impronta fortemente

transdisciplinare.

Dalla lettura emergerà che non esiste ancora né un’architettura condivisa e completa

dell’educazione alla sostenibilità, né un corpo di acquisizioni teoriche sufficientemente

coprente, immediatamente traducibili in programmi didattici. Probabilmente a questi si

arriverà attraverso l’interazione tra esperienze concrete e loro rielaborazione scientifica, in

un processo aperto.

Lo sfondo – La necessità di approntare percorsi di educazione alla sostenibilità nasce dalla

crisi ambientale1, come si sta manifestando oggi nelle sue molteplici forme. Gli studenti che

frequentano oggi le scuole subiranno, ben più delle generazioni che li hanno preceduti, le

conseguenze dei cambiamenti climatici, della perdita di biodiversità, della scarsità di suoli

fertili, acqua dolce, materiali, dell’inquinamento. La loro vita adulta li metterà costantemente

a confronto con conflitti per le risorse critiche, probabili turbolenze sociali, ondate migratorie,

pressioni sulle strutture politiche e democratiche, causati dalla crisi ambientale.

E’ dunque loro diritto fondamentale disporre degli strumenti culturali adeguati per

comprendere, ora e nel futuro, i complessi intrecci causali di questi fenomeni e come si

potrebbero costruire soluzioni, anche parziali, nelle condizioni del mondo in cui vivono e

vivranno. L’educazione alla sostenibilità non è perciò una nuova disciplina che arricchisce il

curriculum scolastico, una tra le tante, ma il fondamento stesso della democrazia di domani.

“Knowledge democracy”2 è il termine che molti studiosi usano per designare la forma

incipiente della democrazia, in un mondo caratterizzato dalla “scientizzazione della politica

e politicizzazione della scienza”, un modello di democrazia partecipata dove la presa di

decisioni deve necessariamente fare ricorso alla conoscenza scientifica, non rinchiusa nel

parere indiscutibile degli esperti, ma sottoposta al vaglio competente di cittadini informati.

Il diritto a conoscere non è però sufficiente. In questi anni abbiamo dovuto constatare che

c’è un grande divario tra ciò che conosciamo e ciò che stiamo facendo3 ed il diritto si

configura dunque come diritto a conoscere per decidere perché si faccia e perché il

cambiamento sociale abbia davvero luogo. L’educazione s’impernierà sul nesso tra

conoscenza, apprendimento e cambiamento: per quali ragioni il cambiamento

comportamentale attraverso la conoscenza e l’apprendimento avviene o non avviene e

come può investire tutte le scale, individuale, sociale e globale.

Se al centro dell’attenzione si pone la relazione tra conoscenza ed azione, la ricerca e la

formazione devono guardare all’interfaccia tra scienza e politica e tra scienza e società4.

La cittadinanza si arricchisce così di nuove qualificazioni, attiva, ambientale, etica e globale,

nella prospettiva di una ventilata costituzionalizzazione del principio “un uomo, un voto,

un’impronta carbonica”2 che inscrive la responsabilità verso il pianeta nel repertorio dei diritti

e doveri fondamentali.

Questa è la ragione, che riprenderemo più avanti, per cui usiamo il termine di “educazione

alla sostenibilità”, intendendola nella sua accezione più ampia e comprendente la

sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Ha come oggetto di studio sistemi complessi, cioè sistemi che “comprendono un gran

numero di componenti interagenti (agenti, processi, ecc.), la cui attività aggregata è non

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lineare (non derivabile dalla somma delle attività delle componenti individuali) e che sono

caratterizzati da auto-organizzazione”5. La dinamica non lineare dei sistemi complessi è

studiata attraverso concetti come “punti critici”, irreversibilità, retroazione, multiscalarità, che

non fanno parte del patrimonio conoscitivo usuale, neanche nelle persone più colte.

E’ una grammatica che deve essere conosciuta, anche per comprendere che la conoscenza

dei sistemi complessi ha sempre ampi margini d’incertezza e d’imprevedibilità,

diversamente dal determinismo che si insegna prevalentemente nelle discipline scientifiche

dei curricula scolastici (la fisica, la chimica, la biologia) e che vediamo confermato nella vita

di ogni giorno dalla certezza che ci viene trasmessa dalla tecnologia.

Siamo dinnanzi ad una nuova scienza che usa gli strumenti concettuali della complessità

ed indaga sistemi di larga scala e su ampi svolgimenti temporali. Questa scienza si è

sviluppata negli ultimi decenni con straordinaria progressione e promette negli anni a venire

la produzione di nuove conoscenze.

L’educazione alla sostenibilità, di conseguenza, non può essere limitata alla sola età

giovanile, ma deve prolungarsi nel corso di tutta la vita secondo il principio dell’educazione

permanente, inventando modalità e strumenti per aggiornare anche la popolazione adulta.

Alcuni ipotizzano la formazione di “open knowledge systems”4 costituiti da “agenti, pratiche

ed istituzioni che organizzano la produzione, il trasferimento e l’uso della conoscenza” 4,

intensificando le relazioni tra la comunità scientifica e gli altri attori che diventeranno parte

attiva nella formulazione della stessa agenda della ricerca e nell’inquadramento dei

problemi, agendo in “knowledge arenas”, le agorà della “knowledge democracy”,

contribuendo alla co-produzione della conoscenza, così che si tenga conto delle molteplici

sfide sociali, economiche ed ambientali, in un processo continuo di apprendimento sociale.

La scena su cui oggi ci muoviamo è ”un singolo ecosistema planetario costituito da un vasto

insieme di sottosistemi socio-ecologici”6 in cui l’interdipendenza si mostra “orizzontalmente,

attraverso l’impatto di ogni area dell’attività umana – economica, sociale, ambientale – su

tutte le altre, ed anche verticalmente attraverso l’interazione tra i diversi livelli scalari, dal

locale al globale. L’interdipendenza è la funzione chiave del paradigma olistico emergente

delle dinamiche umane sulla Terra”6.

Si tratta di una “più forte fondazione comune delle discipline naturali, sociali ed umane e del

legame più forte tra la ricerca sul cambiamento ambientale globale e la politica e la società”7,

che ridefinisca “le questione del cambiamento ambientale globale fondamentalmente come

sfide sociali ed umane piuttosto che solo questioni ambientali”7.

Se l’impatto delle attività umane è ora dello stesso ordine di grandezza delle forze biofisiche,

ci troviamo in una “situazione del tutto nuova che pone fondamentalmente nuovi problemi,

comprese questioni di natura etica, culturale, religiosa e relativa ai diritti umani e che

richiede nuovi approcci e modi di pensare, capire ed agire”7, una vera e propria

“riconcettualizzazione della condizione umana nell’epoca dell’Antropocene”7.

Una riconcettualizzazione che mette in discussione credenze e comportamenti consolidati.

Sul piano etico, perché i nostri comportamenti ricadono attraverso la catena delle

interdipendenze su persone lontane nello spazio e nel tempo, “there, then and them”7

(laggiù, poi e loro), in particolare sulle generazioni future.

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Sul piano sociale, perché l’dea del benessere costruito attorno alla crescita costante dei

beni materiali non soddisfa i requisiti della sostenibilità ambientale, ma forse nemmeno quelli

della sostenibilità sociale.

Sul piano economico, perché la cittadinanza planetaria, il condividere insieme con gli altri

abitanti della Terra il destino del nostro unico pianeta, ci mette di fronte all’inaccettabilità

delle profonde diseguaglianze esistenti.

Sul piano culturale, perché il fondamento della nostra civilizzazione è il dominio assoluto

della tecnica sulla natura e la natura ci svela che non è infinitamente manipolabile.

La conoscenza e l’apprendimento – “I comportamenti individuali che possono essere

considerati isolatamente ragionevoli e inoffensivi, pongono rischi significativi quando gli

individui interagiscono e si amplifica l’azione collettiva. E’ essenziale una comprensione più

profonda dell’interazione tra conoscenza, apprendimento e cambiamento sociale”3.

E’ questo lo snodo chiave dell’educazione alla sostenibilità, la consapevolezza che nel

mondo globalizzato la somma di tanti comportamenti singolarmente innocenti diventa una

sostanziale alterazione degli equilibri del pianeta e che la semplice conoscenza di questo

nesso non è sufficiente ad indurre le correzioni a livello individuale e collettivo.

I legami tra apprendimento e comportamento e la relazione tra decisioni individuali e

processi di cambiamento collettivo sono il vero nodo problematico da sciogliere.

“L’apprendimento avviene in una varietà di modi e ambientazioni, formali ed informali, come

individui e come gruppi, consapevolmente ed inconsapevolmente…L’apprendimento

include anche l’attiva riflessione sulle esperienze per integrarle nel patrimonio di

conoscenze esistente”3.

Non è quindi una semplice trasmissione di dati dal trasmettitore al ricevitore, che viene

automaticamente incorporata dal secondo, ma una complessa interazione tra il contesto del

trasmettitore, le sue informazioni, la sua credibilità, i valori emotivi, ed il sistema

interpretativo del ricevitore, formato dalla conoscenza preesistente, i valori, le intenzionalità.

La traduzione di informazioni in conoscenza avviene perciò per un atto di selezione del

ricevitore, secondo criteri di accettazione che chiamano in causa non la sola “verità” del

messaggio ricevuto, ma la ragionevole concordanza o compatibilità con le credenze già

acquisite. “Senza stabilire un legame tra la conoscenza precedente e la percezione, è molto

improbabile che nuova conoscenza venga integrata utilmente nella cassetta degli attrezzi

cognitiva di una persona”3.

“L’apprendimento ha luogo su livelli differenti, non solo negli individui, ma anche nelle

organizzazioni, nelle comunità, nelle intere società”3. Quello stesso processo di integrazione

tra messaggio in entrata, selezione del ricevente ed incorporazione è attuato dal corpo

sociale nell’accettazione o rifiuto di nuove conoscenze e nella formazione-variazione della

conoscenza sociale, che a sua volta influenza la conoscenza individuale.

In questa complessa interazione intervengono non solo saperi formali, come la conoscenza

scientifica, ma anche saperi informali e di contesto.

La nuova conoscenza, se acquisita, non si trasforma però meccanicamente in nuovi

comportamenti, ma richiede la contemporanea attivazione di motivazioni ed

incoraggiamenti, di sorgente individuale, ma soprattutto sociale.

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Utopia21 – Novembre 2016 Fulvio Fagiani – L’educazione alla sostenibilità 5

In realtà “la conoscenza cognitiva gioca una parte minore nello spiegare il comportamento

umano, mentre sono in molti casi più rilevanti altri fattori come le abitudini, le norme sociali,

le attitudini, le condizioni infrastrutturali e di contesto in cui nasce la conoscenza”3.

A livello sociale i fattori che influenzano i comportamenti oltre alla conoscenza, sono “le

strutture del potere politico, le pressioni economiche e gli sviluppi tecnologici”3.

Perché vi sia cambiamento individuale e sociale è dunque necessario superare due barriere;

quella rappresentata dal filtro selettivo cognitivo, perché vi sia apprendimento, e quella degli

altri fattori perché l’apprendimento dia origine a cambiamenti nelle azioni.

Se l’educazione alla sostenibilità vuole tradursi in una “conoscenza trasformativa” deve

agire in profondità persuadendo il ricevitore, sia esso un singolo individuo o un gruppo

sociale, a mettere in discussione criticamente le sue convinzioni e motivazioni all’azione, le

assunzioni e le abitudini di pensiero.

Aiuta a comprendere meglio questo passaggio critico la schematizzazione dei livelli di

conoscenza e di apprendimento proposti da Stephen Sterling9:

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Il soggetto che apprende è chiamato ad “imparare ad imparare” o “imparare su come si

impara”, mettendosi nella condizione di “creare nuove possibilità” e “trasformare il modo di

pensare e di agire”9, con un riesame delle assunzioni e delle abitudini grazie ad una

particolare esperienza di apprendimento poggiata sullo spirito critico e sulla creatività, una

capacità che è spesso chiamata “riflessività” per mettere in luce come il soggetto debba

mettere in discussione quadri cognitivi dati per certi, agendo sui livelli più profondi della

conoscenza e dell’apprendimento.

Sterling riprende una classificazione di Bateson in tre ordini di apprendimento e

cambiamento9, in cui

Il cambiamento di primo ordine si riferisce a ‘fare lo stesso di più’, cioè “senza

esaminare e cambiare le assunzioni ed i valori che ispirano l’azione ed il pensiero”9;

Il cambiamento di secondo ordine si riferisce ad un “cambiamento significativo nel

pensiero o in ciò che si fa come risultato dell’esame delle assunzioni e dei valori, e

corrisponde alla comprensione del mondo profondo o soggettivo”9;

Il terzo livello, detto anche apprendimento epistemico, implica “uno spostamento

epistemologico o del modo operativo di conoscere e pensare”9 e “vedere la propria

visione del mondo piuttosto che vedere con la propria visione del mondo”9.

La crisi della sostenibilità suggerisce che per cambiare la visione del mondo è necessario il

livello di apprendimento più alto, che è il modo più difficile perché incontra la resistenza di

chi apprende, conscio dell’incoerenza della nuova conoscenza con le assunzioni.

Nella tabella seguente Sterling riassume i tre ordini del cambiamento/apprendimento:

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Citando un altro ricercatore, Sterling suggerisce che l’apprendimento ha numerose

dimensioni: cognitiva, affettiva, esistenziale – in cui “gli studenti si confrontano con la messa

in discussione dei valori e degli stili di vita e con la sfida di ricostruire il proprio senso del

sé”9 – una dimensione di responsabilizzazione.

La costruzione delle capacità – Il cambiamento globale ambientale è costituito oggi da

un’enorme estensione di temi, dai cambiamenti climatici alla perdita di biodiversità, dalla

crisi degli ecosistemi e dei servizi ecosistemici ai grandi cicli biogeochimici,

dall’inquinamento al sovrasfruttamento di suoli e fonti d’acqua dolce, dal consumo dei

materiali all’acidificazione degli oceani, solo per citarne alcuni. L’approfondimento di questi

temi richiede conoscenze di fisica, chimica, biologia, ecologia, scienza della complessità.

A loro volta questi fenomeni, anche considerati isolatamente, sono causati da specifiche

pressioni umane e producono effetti sulla vivibilità e la disponibilità di risorse essenziali alla

vita, che richiederebbero l’approfondimento con l’apporto di discipline umanistiche, come la

geografia, la sociologia, l’economia, la filosofia.

Non è immaginabile fornire a studenti del ciclo primario o secondario un quadro

sufficientemente esauriente di materie così vaste ed in cui la ricerca produce continuamente

nuove conoscenze che talvolta sono tanto innovative da rendere obsoleto l’apprendimento

passato.

Più che il dettaglio, destinato ad essere patrimonio degli specialismi, è essenziale maturare

la comprensione del sistema nel suo insieme, acquisendo la capacità di vedere la Terra

come un numero di sistemi interrelati, in cui atmosfera, idrosfera, biosfera e criosfera sono

connessi ed interagenti10 tra loro e con il sistema umano, analizzabili con il concorso di una

molteplicità di apporti disciplinari sia delle scienze fisiche e naturali che dalle scienze sociali

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e dalle discipline umanistiche, uscendo dal tradizionale modo di pensare a compartimenti

per avvicinarsi al pensiero sistemico.

La competenza centrale è l’imparare ad imparare, cioè l’insieme di capacità che permetterà

allo studente di muoversi dai campi già studiati a nuovi campi di studio e durante tutto l’arco

della propria vita, applicando ed aggiornando le capacità acquisite, integrando conoscenze,

la conoscenza e la pratica, ed imparare facendo.

Traiamo da due studi due elenchi di competenze/capacità, con evidenti sovrapposizioni.

Dal rapporto sul decennio della formazione, redatto da UNESCO per conto delle Nazioni

Unite, le competenze di sostenibilità11:

Competenza a pensare in modo proiettato al futuro, per trattare l’incertezza e con

predizioni, aspettative e piani per il futuro;

Competenza a lavorare in modo transdisciplinare;

Competenza a vedere interconnessioni, interdipendenze e relazioni;

Competenza a conseguire percezioni a mente aperta, comprensioni trans-culturali e

cooperazione;

Competenze partecipative;

Competenze di pianificazione e realizzazione;

Abilità a sentire empatia, simpatia e solidarietà;

Competenza a motivare se stessi e gli altri;

Competenza a riflettere in modo distaccato su concetti individuali e culturali.

Dal secondo testo4, scritto da un nutrito di ricercatori prevalentemente europei e orientato a

ricercatori, ricaviamo in aggiunta:

Capacità di negoziazione, facilitazione, gestione e comunicazione;

Umilità a riconoscere i limiti della propria conoscenza.

Approcci metodologici e pedagogici – Il modello per la formazione e la costruzione di

capacità dell’era industriale ne rifletteva le esigenze, fondandosi sulle conoscenze

disciplinari e sulla fiducia meccanicistica nella prevedibilità e nel determinismo12.

L‘educazione sui temi dell’ambiente e della sostenibilità ha avuto diversi approcci secondo

il testo di O’Brien ed altri12:

L’educazione ambientale, che ha largamente trascurato gli aspetti sociali, economici

e politici e considerato gli studenti recipienti passivi;

L’educazione ecologica, che include le scienze sociali ed umane, considera le

relazioni con i valori e le visioni del mondo, incoraggiando gli studenti a sviluppare la

propria comprensione e linea di ragionamento;

L’educazione allo sviluppo sostenibile in cui gli studenti sono impegnati in un

processo di apprendimento attivo ed aiutati a sviluppare l’abilità a valutare

criticamente alternative;

L’educazione per un futuro sostenibile impostata sull’apprendimento continuo e lungo

l’intera vita e con paradigmi educativi radicalmente trasformati.

Anche le forme dell’apprendimento sono state classificate dal report UNESCO11 in vari modi:

L’apprendimento attraverso la scoperta, in cui gli studenti sono sollecitati da elementi

misteriosi che devono esplorare;

L’apprendimento trasmissivo, da docente a discente;

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Utopia21 – Novembre 2016 Fulvio Fagiani – L’educazione alla sostenibilità 9

L’apprendimento su problemi, focalizzato sulla risoluzione di problemi reali o simulati;

L’apprendimento disciplinare, che parte da domande di natura disciplinare;

L’apprendimento interdisciplinare, in cui si esplorano problemi da differenti angoli

disciplinari;

L’apprendimento sociale multiattoriale, in cui il processo di apprendimento è svolto in

collaborazione con attori eterogenei;

L’apprendimento basato sul pensiero critico, che incoraggia la riflessione, la

discussione e la messa in discussione del pensiero;

L’apprendimento basato sul pensiero sistemico, dove si cercano le connessioni, le

relazioni e le interdipendenze.

Si è riconosciuto però che i diversi approcci hanno diverse aree di sovrapposizione e

ricadono in due principali strategie didattiche11:

Una centrata sul contenuto educativo, di natura tradizionalmente disciplinare,

concettualmente astratta e separata dal mondo reale, in via di trasformazione verso

l’interdisciplinarità;

Una centrata sui processi di apprendimento, che si muove verso l’apprendimento

partecipativo.

In generale si preferisce una pedagogia attiva, orientata a combinare conoscenza e azione,

all’esplorazione di valori e stili di vita, ad utilizzare le più diverse forme espressive e modalità

didattiche, a creare una comunità che apprende.

I modi di apprendimento possono essere:

laboratori su esperienze concrete,

teoria, letture, discussioni, dialogo ragionato,

danza, musica, creatività, gioco, e spettacoli,

riflessione, meditazione, rapporto con la natura,

incontri, simposi, seminari,

lavoro di gruppo interattivo, decisioni partecipate.

Conclusioni – Siamo partiti dall’argomentare che l’educazione alla sostenibilità debba

avere come suo obiettivo l’apprendimento di strumenti cognitivi e capacità, più che di

conoscenze in campi settoriali destinate a diventare obsolete in breve tempo, e come suo

oggetto lo studio delle relazioni tra i sistemi naturali ed i sistemi sociali, in una prospettiva di

conoscenza trasformativa ed orientata all’azione.

In situazioni di crisi dei paradigmi vigenti, la nuova conoscenza, si è visto, urta contro

barriere sia nella cognizione che nella trasformazione della conoscenza in azione.

Serve perciò una didattica capace di agire in profondità, per mettere in discussione

assunzioni profonde espresse dal sistema di pensiero che ha causato quella stessa crisi.

L’educazione alla sostenibilità deve essere finalizzata alla costruzione di capacità, operando

con metodi attivi e partecipati.

In conclusione desideriamo segnalare alcune esperienze reali che si muovono nella

direzione indicata.

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Utopia21 – Novembre 2016 Fulvio Fagiani – L’educazione alla sostenibilità 10

In primo luogo il progetto delle “Green school”, avviate da Agenda21Laghi ed in seguito fatte

proprie dalla Provincia di Varese, che s’ispira al principio dell’educare agendo sui

comportamenti, in cui è chiesto agli studenti di ridurre l’impronta carbonica della loro scuola.

Rimandiamo i dettagli al portale delle Green school

https://greenschoolsforum.wordpress.com, dove si possono leggere le linee guida del

progetto, i prodotti realizzati dalle scuole partecipanti ed i materiali didattici utilizzati.

Ci preme qui sottolineare quanto, sia nell’impostazione che nella pratica effettiva, il progetto

si appoggi all’interdisciplinarità e a prassi didattiche di laboratorio, con un coinvolgimento

attivo degli studenti.

L’interdisciplinarità integra molti insegnamenti, variabili a seconda del grado e

dell’orientamento della scuola, dalle materie scientifiche alle lingue, dalle discipline

umanistiche e letterarie a quelle artistiche.

Il progetto si apre alla comunità di appartenenza, sia coinvolgendo attori esperti, come

l’Amministrazione comunale, le società di servizi ambientali, singoli specialisti, che

comunicando esiti e conoscenze acquisite con modalità comunicative che mettono alla

prova gli studenti nell’interagire con soggetti esterni, come le famiglie, i concittadini, le

associazioni, gli esercizi commerciali, confrontandosi talvolta con le barriere di sensibilità ed

attenzione.

Questa esperienza è probabilmente ancora carente nel connettere fenomeni e

comportamenti individuali e di scala locale, come la gestione dei rifiuti o i consumi energetici,

alla scala globale dei problemi, come i cambiamenti climatici o il consumo dei materiali,

rimanendo limitata nell’analisi della dimensione sociale, per esempio le determinanti socio-

economiche causa della produzione dei rifiuti, e gli effetti globali, come il consumo

irreversibile di risorse non rinnovabili e gli impatti dello smaltimento finale.

Degno di attenzione è il sistema di certificazione delle “Green school”, che impone rigorosi

processi di misurazione dell’efficacia delle azioni intraprese e di autovalutazione della bontà

delle scelte operate.

Gli schemi di certificazione sono un modello operativo consigliato anche dalla

documentazione internazionale consultata11.

Altri modelli di esperienza meritevoli di menzione sono anche il “place based course

design”13 (la progettazione di corsi basati sul luogo) attuato in California all’Università di

Stanford ed il “Transdisciplinary case stusies”14 (studi di casi transdisciplinari) praticato

dall’Istituto federale di tecnologia di Zurigo.

Nel primo caso gli studenti sono invitati a comprendere il cambiamento globale attraverso

le lenti di un luogo specifico (la California), con metodi di apprendimento attivo e di inclusione

di attori non-scienziati nella ricerca, per ricostruire le dimensioni umane del cambiamento

globale.

Nel secondo caso si tratta di un approccio più strutturato, con una sua impostazione

ontologica, il fenomeno oggetto di studio, epistemologica, gli approcci cognitivi usati,

metodologica, i metodi di studio, ed una di project management.

Il rapporto della European Science Foundation7 segnala anche un altro modello di grande

interesse e di potenziale applicazione diffusa, il “backcasting”. Consiste nel definire lo

scenario di un futuro desiderabile a lungo termine, per esempio un mondo sostenibile, e

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Utopia21 – Novembre 2016 Fulvio Fagiani – L’educazione alla sostenibilità 11

procedere a ritroso per identificare politiche, programmi che lo potrebbero realizzare ed

eventuali barriere ed ostacoli, al fine di esplorarne la fattibilità e le implicazioni.

Altri11 fanno notare che la maggior parte dei progetti di educazione alla sostenibilità, anche

a livello internazionale, sono intrapresi al di fuori del quadro dei curricula formali,

sottintendendo l’estraneità di contenuti e metodi alle forme tradizionali dell’educazione e la

provenienza delle buone pratiche ispirate soprattutto da soggetti esterni al mondo

scolastico.

Alla luce delle riflessioni e delle esperienze qui descritte, solo una intensa e strutturata

interazione tra esperienze locali e luoghi di elaborazione potrà far avanzare l’educazione

alla sostenibilità, favorendone l’istituzionalizzazione all’interno dei percorsi curricolari come

pratica educativa irrinunciabile nel nostro secolo.

Fulvio Fagiani

Fonti:

1. UTOPIA21 Ottobre 2016 – Editoriale “L’utopia di UTOPIA21”

www.universauser.it/images/Ottobre_2016._Editoriale.pdf

2. Roeland Jaap in’t Veld – The harvest of the “Towards democracy conference” –

2010 - pdf disponibile in rete

3. IHDP (International Human Dimensions Program on Global Environmental Change)

– Knowledge, learning and societal change: finding paths to a sustainable future –

2011 - www.naturwissenschaften.ch/uuid/63eaf5d8-5ccc-5871-a5cc-c216277cce10

4. Sarah Cornell e altri – Opening up knowledge systems for better responses to

global environmental change – 2013 -

www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1462901112002110

5. T.Jorg, B.Davis, G.Nickmans – Towards a new, complexity science of learning ed

education – 2007 - pdf disponibile in rete

6. Cristina Escrigas – A higher calling for higher education” – 2016 -

www.greattransition.org/publication/a-higher-calling-for-higher-education

7. European Science Foundation – Responses to Environmental and Societal

Challenges for an Unstable Earth” – 2012 -

www.esf.org/fileadmin/Public_documents/Publications/rescue.pdf

8. George Marshall – Don’t even think about it - 2015

9. Stephen Sterling – Transformative learning and sustainability: sketching the

conceptual ground - 2010

www2.glos.ac.uk/offload/tli/lets/lathe/issue5/Lathe_5_S%20Sterling.pdf

10. Frank Ireton, David W. Mogk and Cathryn A Manduca – Shaping the future on

undergraduate earth science education – 1997 -

http://serc.carleton.edu/shapingfuture/index.html

Page 12: L’EDUCAZIONE ALLA SOSTENIBILITA’universauser.it/images/Educazione alla sostenibilità.pdfl’organizzazione didattica della scuola attuale, dal momento che l’impostazione qui

www.universauser.it/utopia21

Utopia21 – Novembre 2016 Fulvio Fagiani – L’educazione alla sostenibilità 12

11. UNESCO – Shaping the education of tomorrow – 2012 -

http://unesdoc.unesco.org/images/0021/002166/216606e.pdf

12. O’Brien e altri – You say you want a revolution? Transforming education and

capacity building in response to global change – 2013 -

www.researchgate.net/publication/257588119_You_say_you_want_a_revolution_Tr

ansforming_education_and_capacity_building_in_response_to_global_change

13. Mychajiw e altri – Using the Anthropocene as a teaching, communication and

community engagement opportunity” – 2015

http://anr.sagepub.com/content/2/3/267

14. Sholz e altri – Transdisciplinary case studies as a means of sustainability learning –

2006 -

https://www1.ethz.ch/uns/people/formerhead/scholzr/publ/prj/UNS_A144.pdf-.