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156 3 a sintesi a cura del prof. François Audigier* Traduzione di Rosanna Ducati e Eleonora Salvadori** Questo studio ha per oggetto i concetti di base e le competen- ze chiave dell’Educazione alla Cittadinanza Democratica (ECD). Esso riprende e completa una prima sintesi diffusa con il codi- ce di riferimento DECS/CIT (98) 35. Si basa principalmente sui la- vori recenti condotti sotto l’egida della Direction de l’Enseigne- ment, de la Culture et des Sports nel quadro del progetto “Edu- cation à la citoyenneté démocratique” (ECD) 1 . È completato da lavori anteriori ed attuali realizzati dalla stessa Direzione e da altre Direzioni. I risultati di tali lavori sono contenuti in diversi rapporti reperibili nel sito del Consiglio d’Europa citato in nota 1. INTRODUZIONE Il termine «cittadinanza» è diventato in pochi decenni uno dei più usati per trattare il tema della vita associata. Serve a tracciare un Concetti di base e competenze chiave per l’Educazione alla Cittadinanza Democratica Il documento * François Audigier è professore associato in Didattica delle Scienze Sociali, Fa- coltà di Psicologia e Scienze dell’Educazione, Università di Ginevra. ** Rosanna Ducati collabora come esperta al progetto “Educare alla cittadinanza in Europa” promosso dall’Ufficio Scolastico della Regione Lombardia. Eleonora Salvadori è coordinatrice presso l’Ufficio Scolastico regionale per la Lombardia del progetto “Educare alla cittadinanza in Europa”. 1 L’insieme del progetto è presente in Internet: http://www.culture.coe.fr.citizen- ship.

Concetti di base e competenze chiave per l’Educazione alla Cittadinanza Democratica

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Questi documenti sono stati utlilizzati come materiali preparatori del seminario di formazione di Reggio Emilia, 6-8 marzo 2006, intitolato Dalla storia alla cittadinanza. Saperi e pratiche per un ethos civile, che si è svolto presso la sede dell'Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Reggio Emilia.Il seminario è stato promosso e progettato dal Landis.

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3a sintesi a cura del prof.François Audigier*

Traduzione diRosanna Ducati e

Eleonora Salvadori**

Questo studio ha per oggetto i concetti di base e le competen-ze chiave dell’Educazione alla Cittadinanza Democratica (ECD).Esso riprende e completa una prima sintesi diffusa con il codi-ce di riferimento DECS/CIT (98) 35. Si basa principalmente sui la-vori recenti condotti sotto l’egida della Direction de l’Enseigne-ment, de la Culture et des Sports nel quadro del progetto “Edu-cation à la citoyenneté démocratique” (ECD)1. È completato dalavori anteriori ed attuali realizzati dalla stessa Direzione e daaltre Direzioni. I risultati di tali lavori sono contenuti in diversirapporti reperibili nel sito del Consiglio d’Europa citato in nota 1.

INTRODUZIONE

Il termine «cittadinanza» è diventato in pochi decenni uno dei più usati per trattare il tema della vita associata. Serve a tracciare un

Concetti di base ecompetenze chiaveper l’Educazionealla CittadinanzaDemocratica

Il do

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ento

* François Audigier è professore associato in Didattica delle Scienze Sociali, Fa-coltà di Psicologia e Scienze dell’Educazione, Università di Ginevra.** Rosanna Ducati collabora come esperta al progetto “Educare alla cittadinanzain Europa” promosso dall’Ufficio Scolastico della Regione Lombardia.Eleonora Salvadori è coordinatrice presso l’Ufficio Scolastico regionale per laLombardia del progetto “Educare alla cittadinanza in Europa”.1 L’insieme del progetto è presente in Internet: http://www.culture.coe.fr.citizen-ship.

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orizzonte, in risposta al fenomeno che alcunidefiniscono crisi del vincolo e della coesionesociale; nella stessa prospettiva e in modo piùspecifico, è utilizzato per tentare di stabilizzaree riorientare alcune pratiche riguardanti laScuola e più estesamente l’educazione e la for-mazione. Ma, al di là di un consenso vago erassicurante manifestato dal ricorso costante aformule generiche quanto generose, ciò cheimporta è avere in mente più chiaramente pos-sibile i dibattiti e sfide che hanno la cittadinan-za come oggetto. Fare un uso così frequentedi un termine così ricco storicamente e social-mente è impegnativo; è essenziale non ridurloa qualche vaga petizione per riportare la calmain quartieri difficili o un po’ di ordine in istitu-zioni scolastiche problematiche. Il rispetto del-la legge e il senso di responsabilità, che si esi-gono in una società democratica, non si ridu-cono all’obbedienza passiva ad un ordine so-ciale che sarebbe intrinsecamente giusto e sta-bile. La fine dei regimi comunisti in Europa el’apparente consenso attorno alla cittadinanzademocratica non eliminano con un colpo dibacchetta magica i dibattiti, le divergenze, an-zi i conflitti, né tra gli Stati, né tra i gruppi, nétra gli individui, né tra gli uni e gli altri.

Queste differenze non sono solo il portatodi tradizioni culturali e sociali differenti che sa-rebbero chiamate a dissolversi e fondersi in unprossimo futuro entro un’oscura configurazio-ne di cittadinanza che dovrebbe regnare sullasuperficie del globo; esse rappresentano ma-niere diverse di interpretare il nostro presente,di rifarci costantemente al nostro passato, ditracciare le nostre aspettative, i nostri futuri.C’è un paradosso, da un lato nell’affermarecon forza i concetti di libertà e di responsabi-lità, nel fare appello all’iniziativa degli individui,nell’elogiare la differenza come ricchezza del-le nostre società, e dall’altro nel tentare di co-stringere tutto ciò entro i limiti e i vincolidell’evoluzione del mondo, oltre i quali non è

possibile discutere o manifestare una volontàdiversa. La libertà del cittadino, per lo menoquella costruita da una certa tradizione, è unalibertà di associazione e una libertà di decisio-ne in uno spazio pubblico dove regna, perprincipio, l’uguaglianza delle persone.

Certamente oggi la maggior parte deglistudi concordano nel sottolineare i cambia-menti molto profondi che interessano le nostresocietà e quindi le concezioni teoriche e lerealizzazioni della cittadinanza. I contenuti del-la cittadinanza si allargano, si estendono, manmano che si diversificano i modi di organizza-re la presenza dell’uomo nel mondo. I legamiidentitari e le appartenenze si fanno plurimi emobili. Il riferimento allo Stato, specificamen-te allo Stato nazionale, non appare più come ildepositario ultimo e più legittimo del potere,ultimo perché sarebbe la figura privilegiata delvivere insieme in un mondo spezzettato in ter-ritori chiaramente delimitati, legittimo perchécostituirebbe il bene comune di tutti i cittadini.

La riflessione sui concetti dell’educazionealla cittadinanza democratica è una dimensio-ne stessa dell’azione; l’una e l’altra si dannosenso reciprocamente. Riflessione e azionenon sono né in un rapporto gerarchico, né inun rapporto di esecuzione, né in due sfere in-dipendenti. Ogni azione è sostenuta da unaconcezione che è propria degli attori coinvol-ti; ogni riflessione si nutre di quelle azioni e ac-quista senso in relazione alle esperienze. L’e-sperienza non acquista senso se non attra-verso il pensiero e le parole che servono a dir-la, a orientarla, a nutrirla. Il pensiero è dialetti-co, anche se, per ragioni di comodità di scrit-tura, alcuni testi si avvicinano di più a espe-rienze e per ciò stesso sono più vicini alla di-versità delle forme dell’organizzazione sociale,e altri, tra cui questo, si collocano in posizionedi maggiore distanza dalle esperienze stesse.La sfida consiste nel mettere insieme in modo

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strutturato una messe di esperienze, di puntidi vista, di immaginari che sono vissuti edespressi in universi culturali e sociali diversi.Questo studio sui concetti deve dunque esse-re messo in relazione da un lato con i rappor-ti ed altre pubblicazioni del Consiglio d’Euro-pa, e dall’altro con gli altri testi conclusivi delprogetto “Educazione alla cittadinanza demo-cratica”. Tutti questi scritti hanno nutrito edispirato il presente studio. Al di là di questa di-versità, è opportuno ricordare i riferimenticondivisi, lo “zoccolo ineliminabile” costituitodai diritti dell’uomo e dalle istituzioni politichedemocratiche.

Lo studio comincia con una breve descri-zione del contesto sociale in cui è stato redat-to. In un primo momento, l’autore affronta al-cuni aspetti del crescente interesse per la cit-tadinanza prima di enunciare i limiti del pro-prio studio, limiti che acquistano senso in re-lazione alle diverse concezioni di persona e dicittadino; successivamente, fa riferimento adiversi studi del Consiglio d’Europa per espor-re alcuni dibattiti sulla cittadinanza, rispetto aigiovani, in quanto l’educazione li riguarda inmodo prioritario, rispetto alle autorità pubbli-che, prendendo ad esempio la polizia, ed infi-ne, allargando la prospettiva, interrogando larelazione, oggi così frequente, tra Stato, so-cietà civile e mercato. A questa esposizione,riguardante i diversi elementi del contesto, se-gue un approccio al concetto di cittadinanzasecondo un modello che definisce un noccio-lo duro, senza il quale l’idea stessa di cittadi-nanza si dissolve in considerazioni fumose, ealcune estensioni, tutte in evoluzione e in di-scussione; questo processo conduce adenunciare alcune “sfide concettuali”. Parten-do da questo approccio, l’autore presenta poidue possibili classificazioni di competenzechiave. Simili classificazioni hanno l’obiettivodi ispirare le azioni, di collocarle in un quadrostrutturato, di dare loro un significato più am-

pio, di favorire la loro armonizzazione; così,ciascuno, a proposito di un’azione specifica,può evidenziare ciò che è preso in considera-zione, e ciò che non lo è, favorendo in questomodo lo sviluppo di azioni complementari. Unultimo punto descrive diverse modalità prati-che dell’introduzione dell’educazione alla cit-tadinanza democratica, prima di giungere allaconclusione, che riafferma il carattere proble-matico e dinamico della cittadinanza. Prose-guire una riflessione teorica e pratica in uncampo in costante mutamento è una neces-sità. Speriamo che con l’educazione alla cit-tadinanza democratica questo non accada.

1. CRESCENTI PREOCCUPAZIONI PER I TEMI

DELLA CITTADINANZA

1.1. ALCUNE IPOTESI E ALCUNE INTERPRE-TAZIONI

Questo studio, basato su lavori condotti negliultimi anni, non comprende tutto ciò che si èfatto sull’educazione alla cittadinanza daquando è nato il Consiglio d’Europa. Ciò ri-chiederebbe studi complementari, assai inte-ressanti. Uno studio di carattere storico mo-strerebbe senza dubbio che l’affermazione el’estensione del termine “cittadinanza” sonorecenti. La Convenzione Europea dei Dirittidell’Uomo ad esempio, testo fondante delConsiglio d’Europa, non comprende i termini“cittadino” e “cittadinanza”. La sola espres-sione che vi fa riferimento è contenuta nell’Ar-ticolo 4 che tratta del “lavoro forzato o obbli-gatorio” per escludere da questa categoria“qualunque lavoro o servizio che faccia partedei normali obblighi civici”. La DichiarazioneUniversale dei Diritti dell’Uomo non è piùesplicita: il termine “cittadinanza” non è usatonemmeno in questo testo, benché vi si trovi iltermine “nazionalità” per affermare che si trat-ta di un diritto. Appartenere ad una collettività

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politica è innanzi tutto appartenere a uno Sta-to e riconoscerne l’autorità, il quadro legaleche definisce le condizioni di tale appartenen-za che si qualifica come nazionalità. La citta-dinanza è legata alla nazionalità, in quantoquest’ultima conferisce alla prima i diritti chele sono propri. Il termine “nazionalità” ha an-ch’esso diversi significati ed inoltre si applicaa situazioni molto diverse. I testi internaziona-li utilizzano i termini “persona”, qualche volta“individuo”, “uomo”, nel senso di “umano” enon nel senso di “maschio”, ma non il termine“cittadino”.

Un altro studio, altrettanto interessante,potrebbe occuparsi dell’evoluzione dei termi-ni come segno dell’evoluzione delle proble-matiche e dei concetti. Ad esempio, al di làdelle differenze di vocabolario e di approccinei diversi sistemi educativi, siamo passati daun orientamento di “istruzione civica” ad unorientamento di “educazione civica”, ed oraad una “educazione alla cittadinanza”, anzi inalcuni Stati ad una “educazione alle cittadi-nanze”. Questi spostamenti riflettono duecambiamenti: il primo è il passaggio da unaconcezione per la quale le conoscenze, in par-ticolare la conoscenza delle istituzioni politi-che, fossero esse locali, regionali o nazionali,erano la priorità di una disciplina, ad una con-cezione che porta in primo piano l’esperienzadi ciascuno e la ricerca di pratiche adatte asviluppare atteggiamenti e comportamenti ri-spettosi dei diritti dell’uomo e della cittadi-nanza democratica; il secondo cambiamentoè rappresentato da una notevole estensionedel suo ambito, una estensione dei contenuti,giacché appare che nessun aspetto della vitasociale possa essere estraneo alla cittadinan-za e ad un allargamento delle istituzioni e deiluoghi interessati, giacché il richiamo all’edu-cazione alla cittadinanza va ben al di là delquadro scolastico a cui era tradizionalmentelimitata. Il cittadino definito in rapporto alla sua

collettività politica di appartenenza sembracosì lasciare il posto al cittadino visto comeuna persona che vive in società con altre per-sone, in una molteplicità di situazioni e di con-testi.

Arrischiamo un’ipotesi per interpretarequesti sviluppi. Termini come “persona”, “in-dividuo”, “uomo” di cui abbiamo sottolineatola presenza nei testi internazionali, afferme-rebbero la preminenza dei diritti individualicontro la preminenza dei diritti collettivi, parti-colarmente quelli degli Stati; i diritti della per-sona la proteggono contro i rischi di abuso dipotere, qualunque ne sia l’origine; in confor-mità con la concezione attuale dei diritti del-l’uomo in Europa, essi collocano la personaumana all’apice della società e implicano chei diritti particolari stabiliti in ciascuno Stato sia-no sottomessi ai principi dei diritti dell’uomodefiniti internazionalmente. La società è fattaper e dagli uomini. Il riemergere relativamenterecente del termine “cittadino” sarebbe inquest’ottica un modo di riprendere la questio-ne del “vivere associato”, questione che, piùo meno stabilizzata negli Stati democratici ne-gli ultimi decenni, riemerge oggi con forza sot-to la spinta di diversi fattori: l’esclusione di unaparte crescente della popolazione, la globaliz-zazione delle economie dominate da impresesempre più potenti e la mondializzazione del-le culture diffuse dai grandi mezzi di informa-zione internazionali, la messa in discussionedei riferimenti politici privilegiati di questi ulti-mi due secoli in Europa, quali gli Stati nazio-nali e la loro dimensione sociale più recente,lo stato sociale, i rischi di frammentazione et-nica e di moltiplicazione dei particolarismi cheescludono, la crisi dei valori di base delle no-stre società, fenomeni di razzismo e di xe-nofobia, ecc. Secondo alcuni autori, un nessoindissolubile legava da tempo le nozioni di la-voro e di coesione sociale; in tale prospettiva,l’esclusione dal mondo del lavoro diventava

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una delle cause principali della crisi della coe-sione sociale. I cambiamenti del mercato dellavoro e delle politiche degli Stati tendono og-gi a dimostrare che né il mercato né gli inter-venti pubblici sono sufficienti per ristabilire ta-le coesione ad un livello soddisfacente. È ne-cessario l’intervento attivo di tutti i cittadini, inparticolare attraverso la vita associativa. Ciònon porta alla marginalizzazione delle istitu-zioni pubbliche; così, le reti di protezione in-trodotte in numerosi Stati sotto forma di sala-rio minimo, superano largamente le capacitàd’azione e di intervento degli altri attori socia-li. Si tratta di una collaborazione e non di unasostituzione degli uni con gli altri. L’afferma-zione della cittadinanza democratica “intendeessere una risposta ai cambiamenti profondiche stanno avvenendo nelle nostre società ealla crisi delle nostre strutture politiche, eco-nomiche, sociali e culturali” (Raymond Weber).

Siamo così passati da una concezione dicittadinanza che poneva l’accento sui senti-menti di appartenenza e in cui l’educazione sifaceva carico della trasmissione di questi sen-timenti attraverso una forte enfasi sull’obbe-dienza alle regole collettive, ad una concezio-ne più individualista e strumentale della citta-dinanza, una cittadinanza che privilegia la per-sona e i suoi diritti e pone in secondo pianol’affermazione delle identità collettive parziali,in senso geografico e culturale, rappresentatedagli Stati. Identità e appartenenze si modifi-cano e si esprimono in contesti nuovi e con al-tri significati che dobbiamo comprendere. Lavita riflette sempre più la forza degli immagi-nari, delle emozioni, dell’affettività nella co-struzione e nell’espressione di tali identità col-lettive ed individuali.

1.2. LIMITI, PARADOSSI E CAUTELE

Prima di riprendere alcuni aspetti di questocontesto, conviene precisare i limiti, i para-

dossi e le cautele di questo studio. La cittadi-nanza e l’educazione alla cittadinanza sonoambiti in profondo mutamento e che attengo-no a tutte le dimensioni della vita in società.Ambiti impossibili da definire in modo assolu-to: al di là della propria soggettività, l’autorepuò essere sempre sospettato di dimentican-za o tradimento. Le fonti utilizzate per questostudio, anche se materialmente provengonosolo dal Consiglio, riproducono a modo loro ladiversità degli approcci, delle definizioni, deipunti di vista che vengono espressi e agisco-no sul continente europeo. Se nella lettura ap-paiono alcune convergenze, ci sono numero-se differenze, se non addirittura contrasti. Ciòè normale e desiderabile in qualunque spaziodemocratico. L’autore si sforza dunque di evi-denziare i punti forti condivisi, ma anche le di-vergenze, i contrasti, intendendoli come invitoad approfondire le discussioni e gli studi.

Un altro limite riguarda le aspettative di cuisi carica l’educazione alla cittadinanza e i ter-mini usati per parlarne. Il rischio qui è di stem-perare il concetto di cittadinanza in una visio-ne idilliaca quanto normativa, brandendo “pa-role feticcio” quali “partecipazione”, “respon-sabilità”, “cittadinanza multipla”, “identità plu-rima”, “ricco della propria diversità”, “educa-zione informale” ecc. senza dimenticare le ge-neralizzazioni contenute nelle categorie cheutilizziamo per parlare del mondo e delle per-sone, “i” giovani, “le” culture, “la” società civi-le, “la” crisi dello stato nazionale e quella del-lo stato sociale, ecc. L’autore ovviamente nonè né immune da tali usi, né al di fuori del di-battito attuale. È perciò necessario tenere amente che le parole non sono le cose, chequesto studio, esattamente come tutti i testisu cui è basato, è una costruzione intellettua-le che si sforza di rendere intelligibile, a suomodo, una realtà in movimento e diversifica-ta, costantemente inventata da attori, perso-ne singole, in contesti infinitamente vari. Nelle

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situazioni specifiche in cui ciascuno si trova,nelle scuole e negli altri luoghi in cui è presen-te l’educazione alla cittadinanza, sia sotto for-ma di progetto esplicito che di intenzione piùvelata, si possono realizzare solo azioni limi-tate e di modesta portata. La dimensione pra-tica, l’attenzione alla realtà e alle persone so-no condizioni indispensabili per la riuscita. Lamodestia stessa delle azioni è la garanzia del-la loro riuscita e del loro contributo all’affer-mazione, allo sviluppo e all’approfondimentodella cittadinanza democratica.

Infine, questo testo è una sintesi concet-tuale che tenta di collegare ciò che riguarda lacittadinanza democratica così come viene og-gi concepita e ciò che concerne le praticheeducative nella loro ricchezza e molteplicità,pratiche che anch’esse danno luogo ad unariflessione concettuale. Le diverse concezio-ni, la cui presenza ed importanza sono sotto-lineate in queste pagine, non funzionano inmodo isolato, ma in rete, in un continuo rinvio,dandosi senso reciprocamente, costituendo,secondo le relazioni che si stabiliscono, deimodelli per pensare la realtà e l’azione. È evi-dente che, tenuto conto della polisemia deiconcetti affrontati in questo studio, i modellisono molteplici. Quando è possibile, cerchia-mo di esplicitare alcuni aspetti di questi mo-delli. Ma è evidente che questi tentativi resta-no come sospesi, in margine a questioni mol-to più complesse, concernenti la concezioneche ciascuno ha della persona e della vita insocietà, di ciò che fa agire gli uni e gli altri, del-l’importanza da riservare alla tradizione, al pa-trimonio culturale o alle novità, del modo in cuisi pensa il destino collettivo e l’avvenire dellenostre società.

Così, ad esempio, il rapporto cittadino-isti-tuzioni pubbliche è pensato, entro lo spaziodemocratico europeo, tra due poli. L’uno vedeil cittadino come sovrano assoluto, membro diuna comunità locale che delega alle istanze

superiori solo le questioni che non può tratta-re o risolvere da sola; l’altro lo concepisce in-nanzi tutto come membro di una comunità po-litica nazionale, in cui le istituzioni sono garantidei diritti e delle libertà di cui gode ciascuno.Nel primo caso, il potere rappresenta semprepotenzialmente una minaccia per le libertà; nelsecondo caso, il potere costituisce la condi-zione stessa delle libertà, dandosi per sconta-to che il potere, a qualunque livello delle no-stre società democratiche, è, in entrambi i ca-si, l’emanazione di cittadini liberi e uguali.Questa differenza di concezione non è mai as-soluta e si trovano nei diversi Stati equilibri di-versi tutti compresi tra questi due poli.

2. CONTESTO, CONTESTI

Tutti i lavori del Consiglio, che riguardano di-rettamente o indirettamente la ECD, insistonosull’importanza del contesto. Il contesto puòessere considerato come l’ambiente in cui cia-scuno vive, come un insieme di condizioni lacui trasformazione è necessaria per l’afferma-zione dei principi legati ai diritti dell’uomo. Inquesto secondo senso, si tratta allora di mo-dificare il contesto o, più precisamente, i con-testi per meglio consentire a ciascuno di eser-citare i propri diritti. È il caso, ad esempio, del-la libera circolazione delle persone e dei beni,ivi compresi i beni culturali e le idee, dell’aper-tura dei mezzi di comunicazione alla diversitàculturale, non già un mezzo per ciascuna per-sona o per ciascun gruppo, ma mezzi apertiagli altri, alle produzioni culturali di altri; questaapertura introduce anche la questione dell’ac-cesso di ciascuno ai mezzi di comunicazione,che sono per la maggior parte molto control-lati, ecc. È il caso di tutto ciò che richiede cam-biamenti nel contesto, come l’aumento dell’e-marginazione e dell’esclusione economica esociale. La preoccupazione per la coesione so-ciale è al centro di tutte le analisi che riguarda-

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no il contesto. I termini che giustificano talepreoccupazione rivelano una visione soventenegativa e pessimistica delle nostre società:frammentazione, insicurezza, corruzione, in-stabilità, derive mafiose, discriminazione, au-mento delle disuguaglianze, individualismo eripiegamento sugli interessi personali, compe-tizione violenta, ecc. Queste parole, prese quia titolo esemplificativo, indicano realtà moltovarie e sono fortemente polisemiche. Di nuovotroviamo qui alcuni termini ambigui che per al-cuni servono a designare situazioni difficili, peraltri indicano pensieri con connotazione positi-va; così frammentazione è anche diversità,competizione è iniziativa, o instabilità è movi-mento. Senza negare le difficoltà e le sofferen-ze che sovente accompagnano per le personei processi così indicati, una simile accumula-zione produce un effetto allarmante nei con-fronti del quale conviene essere prudenti. Il ri-schio è di vedere il mondo diviso in due, i vin-centi ed i perdenti, quelli che stanno dentro equelli che stanno fuori (gli inclusi e gli esclusi);in questa prospettiva, i perdenti-esclusi lo sa-rebbero per colpa loro, per la loro incapacità diaccettare i vincoli di questo mondo in evolu-zione e di dimostrare il necessario spirito d’ini-ziativa. È più che mai necessario analizzare lecause e le configurazioni precise che assumo-no questi processi a seconda dei luoghi, dellesocietà e delle culture in cui vivono le personeinteressate.

L’idea stessa di contesto copre realtà ana-lizzabili in modi diversi. Ad esempio, in base al-le dimensioni territoriali si possono distinguere:

• I contesti degli Stati, con le loro tradizio-ni, le loro culture, le loro istituzioni, le loro leg-gi… Gli Stati sono spazi e ambiti nel cui qua-dro i cittadini dibattono, si scontrano, con-frontano le loro concezioni della cittadinanza,del potere, dell’educazione, della vita asso-ciata, ecc. Studiare e promuovere la ECD in Eu-ropa e altrove significa anche essere aperti al-le differenze di contesti tra gli Stati e alle diffe-

renze all’interno di ciascuno Stato, liberando-si dalle rappresentazioni stereotipate che fan-no attribuire certe caratteristiche e certe con-cezioni all’insieme dei cittadini di uno Stato,quando al contrario nei nostri spazi democra-tici condividiamo molti punti di riferimento, in-quietudini e dibattiti;

• I contesti locali, considerando che il ter-mine “locale” può indicare spazi di dimensio-ni e configurazioni assai varie, dal quartiere, alComune, alla Regione, contesti delimitati daconfini amministrativi o, secondo altri criteri,contesti locali in cui i cittadini agiscono in si-tuazione di maggiore vicinanza alle proprie ap-partenenze sociali e territoriali;

• I contesti più generali legati ai fenomenidella globalizzazione e che riguardano pro-cessi e cambiamenti che interessano le realtàlocali e statuali.

Tale distinzione tra contesti diversi a se-conda delle dimensioni territoriali deve esse-re integrata pensandola in termini di rete. Ineffetti, nel mondo attuale, numerose realtàeconomiche, sociali e culturali funzionano epossono essere comprese sempre di più intermini di rete, vale a dire secondo sistemi direlazioni che ignorano le frontiere, in partico-lare quelle politiche e amministrative.

Nei limiti di questo studio, non possiamoriprendere l’insieme dei lavori del Consiglioche si occupano di tali contesti e tentano con-temporaneamente di metterli in relazione, difarne emergere le specificità, di identificarnele dinamiche e prevederne gli sviluppi futuri.Ci limitiamo qui a citare tre fra i temi studiati,come particolarmente esemplificativi dell’im-portanza del contesto sia per la riflessione cheper la pratica dell’ECD.

Le culture e gli stili di vita dei giovani sonostati oggetto di lavori approfonditi. Le formetradizionali di partecipazione politica e socia-

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le, in quanto modi di inserirsi nella società e diallacciare relazioni con gli altri, sono abban-donate a vantaggio di raggruppamenti intornoa “sub-culture”, in cui il termine “sub” indicauna categoria specifica all’interno di un insie-me che si chiama “cultura dei giovani” e nonun giudizio di valore. Alcuni osservatori inter-pretano tali sub-culture come modi di oppor-si alla cultura dominante e di creare, attraver-so stili in cui l’abbigliamento, la musica e l’at-tività del tempo libero giocano il ruolo princi-pale, se non addirittura unico, modalità di co-struzione identitaria, simili a processi di socia-lizzazione. Queste modalità funzionano al difuori delle istituzioni tradizionali che sono la fa-miglia e la scuola. Parecchi ricercatori analiz-zano queste sub-culture come strumenti diadattamento al cambiamento sociale. La sen-sazione di vivere in un mondo in continua tra-sformazione accentua una sorta di “zapping”permanente. In numerose manifestazioni, l’im-portante è anzitutto partecipare all’evento chesi svolge al momento, evento che non esistese non attraverso e con tale partecipazione.Se alcuni insistono sulla capacità di questesub-culture giovanili di mettere in discussioneil controllo delle industrie culturali commercia-li, altri mettono l’accento sul peso determi-nante e sul potere di recupero di tali industrie.L’interpretazione di questi movimenti in rela-zione alla cittadinanza è particolarmente deli-cata. Se l’aspetto creativo delle identità mobi-li e flessibili è innegabile, il peso primordiale,anzi unico, attribuito al presente, alla soddi-sfazione che si prova nel presente, non per-mette che venga dato spazio agli interrogativiche emergono nelle nostre società e che ri-chiedono il coinvolgimento durevole di tutti icittadini. Quando emerge una questione piùesplicitamente politica, essa è centrata su untema specifico e affronta i problemi in modosettoriale. L’ordine sociale e la sua eventualecrisi non rappresentano l’interesse principaledi queste sotto-culture.

Gli studi sulla polizia e i diritti dell’uomosono emblematici per quanto riguarda le azio-ni necessarie nei confronti dei rappresentantidi una autorità pubblica, di qualunque natura.Tutti i lavori sottolineano in primo luogo l’im-portanza, in ogni società democratica, di unapolizia di qualità, formata da persone consa-pevoli dei diritti dell’uomo, garanzia controqualunque rischio di corruzione. La polizia èun servizio pubblico, un servizio per i cittadinie per tutte le persone; il suo compito è pro-teggere. Non spetta alla polizia punire un de-linquente, ma al sistema giudiziario. Proteg-gere significa anche garantire le libertà di cia-scuno, affinché la società civile possa essere illuogo di iniziative e di assunzione di respon-sabilità da parte di tutti. Questa esigenza èparticolarmente attuale nei paesi che hanno direcente costruito istituzioni democratiche. Ilcomportamento della polizia è estremamenteimportante in quanto è la manifestazione piùvisibile del potere pubblico. Così come per glialtri interrogativi che ha posto, il Consigliopropone questo tema come luogo di scambie di dialogo, dove diversi responsabili del set-tore, attori sociali e ricercatori mettono in co-mune le loro esperienze riguardanti lo sviluppodi una polizia democratica. Tutti concordanonell’affermare il ruolo cruciale della formazio-ne, sia che si tratti di formazione iniziale chedi formazione continua. Ciò implica un lavorosia sugli atteggiamenti e i comportamenti deipoliziotti nei confronti delle persone, sia sui di-ritti dei poliziotti all’interno delle stesse istitu-zioni della polizia. Le violazioni dei diritti del-l’uomo riguardano sia atti di poliziotti rivolticontro persone esterne, sia azioni compiutetra gli stessi poliziotti. Si devono stabilire rela-zioni costruttive con le ONG che difendono i di-ritti dell’uomo come anche con la stampa,dando per scontato che la polizia ha tutto daguadagnare, in termini di immagine e in termi-ni di efficacia, dall’essere più trasparente edall’essere percepita dai cittadini come un’i-

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stituzione che protegge e non solo reprime.Tra i metodi formativi quelli maggiormente rac-comandabili sono gli studi di caso, che con-sentono di stabilire un legame tra situazioniche vengono più frequentemente vissute daipoliziotti e i principi e i valori dei diritti dell’uo-mo, attraverso atteggiamenti e comportamen-ti adeguati.

Il terzo tema di cui parlavamo è molto piùampio. Riguarda la relazione, spesso oggettodi discussione, tra Stato, società civile e mer-cato, che si ritrova anche nei termini di eco-nomia di mercato, democrazia, cittadinanza esolidarietà. È possibile un accordo tra questitermini? La risposta evidentemente è moltocomplessa e va ben oltre gli scopi di questasintesi. I punti di vista espressi a riguardo nonsono semplicemente differenti, ma talvolta an-che assai contrastanti. Per alcuni la società ci-vile è il luogo privilegiato dell’iniziativa e dellalibertà, e lo Stato una forma sicuramente ne-cessaria, ma di cui bisogna limitare al massi-mo l’intervento; giustizia, polizia, esercito e di-plomazia sarebbero le quattro competenzenecessarie ma non sufficienti; non converreb-be andare oltre. Il bene comune, ammessoche tale idea abbia un senso, sarebbe il risul-tato naturale dell’espressione degli interessiparticolari degli attori, liberati da ogni vincolo.Al lato opposto, una concezione che pone inprimo piano l’importanza di un potere pubbli-co garante di un bene comune, esso stessocostruito e dibattuto entro lo spazio di deci-sione e di uguaglianza definito dalla cittadi-nanza democratica. Tali posizioni estreme nonsi trovano sempre espresse in maniera cosìnetta e le nostre società democratiche si col-locano in modi e a livelli diversi in questo spa-zio intermedio così definito. Tuttavia, le diffi-coltà incontrate dagli Stati, particolarmentenella loro forma di Stato sociale, e i mutamen-ti attuali spingono a privilegiare il primo orien-tamento. La crisi della coesione sociale è in-

terpretata dai primi come un fallimento delloStato sociale con la relativa necessità di la-sciare che una società civile funzioni comeuna società di mercato, mentre è interpretatadai secondi come il risultato di mutamenti, fi-no ad oggi mal controllati, che portano già alproprio interno i conflitti e l’esclusione sociale.Il dibattito deve rimanere aperto, poiché essomette in discussione i nostri modi di capire eanalizzare le difficoltà attuali e dunque anchedi definire i modi di agire, tra cui l’educazionealla cittadinanza democratica.

Quale che sia il futuro di queste discussio-ni e dopo che per un certo tempo è parso chei termini sopra citati fossero correlati in manie-ra quasi naturale, oggi tali espressioni, o piùesattamente le realtà a cui si riferiscono, nonsembrano più così solidamente ancorate estabili. I divari tra i redditi aumentano ed i piùricchi, persone o Stati, diventano più ricchi e ipoveri diventano più poveri. Le grandi impresee le istituzioni economiche multinazionali etransnazionali sono considerevolmente più po-tenti della maggior parte degli Stati; l’ultimorapporto del PNUD indica che il patrimonio del-le 200 persone più ricche del mondo supera lasomma dei redditi di un gruppo di Stati aventiil 41% della popolazione mondiale (2,3 miliar-di di persone). Alcuni autori sottolineano chel’azione degli Stati, soprattutto in Europa, èstata rivolta da alcuni lustri a favorire una inte-grazione delle economie nazionali con gliscambi mondiali, processo che ha portato aduna perdita di sovranità, non a vantaggio del-le istituzioni democratiche infra o sovra-nazio-nali, ma a vantaggio di quelle imprese e istitu-zioni che non hanno nulla di democratico. C’èuna forte tendenza a prendere atto della crisidella politica e della messa in discussione deipoteri degli Stati, in particolare – l’abbiamo giàdetto – della loro dimensione di Stato-sociale,e dunque ad aspettarsi dalla società civile leiniziative necessarie al mantenimento e allo

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sviluppo dei legami sociali. È abbastanza pa-radossale che ci si preoccupi del deficit de-mocratico e, allo stesso tempo, si accetti losmantellamento e la delegittimazione delle isti-tuzioni politiche democratiche a vantaggio diun movimento browniano di iniziative sociali lacui legittimità è confermata dal mero fatto diesistere. Le forme politiche democratiche de-vono evolvere e trasformarsi, ma è necessarioevitare di confondere il “ritorno” del cittadino,il necessario richiamo ad una cittadinanza diiniziativa, di prossimità e di responsabilità, conla crisi dello Stato. Non esiste alcuna ragioneper la quale il mercato, vale a dire le persone ele istituzioni che lo dominano, decida a favoredel bene comune. La questione del bene co-mune è una questione di natura politica che ri-chiede un dibattito tra tutti i cittadini e le isti-tuzioni che devono garantire il rispetto deiprincipi della democrazia e dei diritti dell’uo-mo, in particolare l’uguaglianza e la libertà.Così la società civile non può esistere in mododemocratico senza istituzioni pubbliche de-mocratiche, vale a dire controllate da tutti i cit-tadini, istituzioni che garantiscano le libertà el’uguale accesso di tutti ai beni pubblici, qualil’educazione o la salute o la giustizia. D’altrolato, è anche compito della società civile pro-muovere e organizzare il dibattito democrati-co, mettere in luce le grandi e piccole questio-ni della società di cui i cittadini devono farsicarico. Infine, per aggiungere un altro argo-mento alla discussione, introduciamo il pro-blema della giustizia, non più nel suo signifi-cato istituzionale, ma in senso etico. Si trattadi una questione che viene dibattuta da nu-merosi ricercatori di filosofia e di scienze poli-tiche. Essa si fa carico, a suo modo, di ap-profondire il problema del senso della vita co-mune, del vivere associato, dei fini di ogni so-

cietà. La ritroviamo ancora nel nostro studio inrelazione al tema della responsabilità.

3. CITTADINO, CITTADINANZA: NOCCIOLO

DURO, VARIAZIONI E SFIDE CONCETTUALI

In questo paragrafo mettiamo in evidenza ilnocciolo duro dei concetti di cittadino e di cit-tadinanza, così come i cambiamenti e gli inter-rogativi di cui è oggetto tale nocciolo duro. Te-nuto conto delle rapide trasformazioni dellenostre società e quindi dei modi in cui la citta-dinanza è concepita e vissuta, è essenzialeriaffermare ciò che costituisce l’essenza delconcetto di cittadinanza in una società demo-cratica. Ciò ci consente di evitare di chiamare“citoyen(ne)” qualunque azione, qualunquecomportamento, qualunque atteggiamento, al-la sola condizione che prenda in considerazio-ne l’altro. Tutte le società hanno prodotto emesso in atto regole di vita collettiva, modalitàdi risoluzione dei conflitti, modi di stare con glialtri: gli altri in seno alla società in cui si vive, egli altri al di fuori di questa, quelli che non ap-partengono ad essa. Che cosa porta di speci-fico il riferimento alla cittadinanza democrati-ca? Che cosa implica tale riferimento per lepersone e le istituzioni collettive, quali che sia-no? Una parola o un riferimento che si perdenel vago, dai contorni sfumati, che non servepiù a pensare o a orientare l’azione, ma sem-plicemente a disegnare una sorta di consenso“molle” in cui ciascuno crede di ritrovarsi per-ché nessuno vi ha messo nulla di sostanziale.

Come tutti i termini usati per parlare dellavita sociale e della politica, il termine “cittadi-nanza” è ben lontano dall’avere un significatostabile e condiviso. Sempre più si riconosceche si tratta di un concetto multiforme2. Ciò ha

2 Ernst Jouthe, viceministro alle relazioni civiche del Québec, parla di “concetto polisemico e contestato”. Séminaire “con-cept de base et compétences-clés”, 1997 document DECS/CIT (98) 7 addendum. Resterebbe da interrogarsi per sapere: chiha interesse a contestare la cittadinanza, chi ha interesse a stemperarne l’essenziale?

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chiaramente delle conseguenze importantisulle competenze-chiave dell’ECD. Questa si-tuazione è perfettamente normale e legittima.Anche se si sforzano di non essere in con-traddizione con i principi comunemente ac-cettati per definire una società democratica, lenostre istituzioni politiche e sociali si iscrivo-no entro tradizioni diverse e prendono formemultiple. Inoltre, i significati di “citoyenneté”sono aperti alle nuove esperienze che la vitaci conduce costantemente ad inventare, allenuove forme che la cittadinanza e la vita poli-tica democratica prenderanno nel futuro; dun-que è normale, anzi positivo, che tutto ciòcambi. Le parole in uso in ciascuna lingua te-stimoniano tale diversità. Sono gli strumenticon cui ciascuna persona, ciascuna cultura,nel momento in cui le usa, costruisce ed espri-me la propria concezione della vita politica esociale, della sua libertà, del suo rapporto conle altre. Ciò rende particolarmente delicatoqualunque tentativo di costruzione sintetica,tentativo che sarà sempre sospettato di volerridurre la diversità delle esperienze e dei modidi pensare, e per ciò stesso di rischiare unauniformizzazione, una normalizzazione, timo-re fondato o proiezione, molto presenti oggi innumerosi discorsi e immaginari individuali ecollettivi.

A questo proposito, ci troviamo costante-mente in bilico tra l’affermazione di identitàcollettive ancorate alle diverse concezioni po-litiche che si sono sviluppate nel quadro degliStati oggi riconosciuti sul piano internaziona-le e la ricerca di elementi comuni per costrui-re una Europa democratica, uno spazio euro-peo di libertà, uguaglianza e solidarietà. Talespazio europeo ha dimensioni plurime e

aspetti complessi che chiaramente non sonolimitati al solo universo della politica, anche sel’esame delle condizioni legali e politiche del-l’esercizio delle libertà e della protezione deidiritti è sempre un requisito necessario.

Un breve sguardo a cinque dizionari di lin-gue diverse3 è qui assai pertinente. Esso infat-ti chiarisce le sfumature, se non addirittura ledifferenze, che sono presenti nei testi su cui sibasa questo studio, testi redatti da autori cheprovengono da più Stati, e dunque da più cul-ture politiche e giuridiche. Ciascun autore siesprime entro il quadro culturale che gli ap-partiene, anche se tiene conto il più possibiledella molteplicità dei punti di vista espressinelle riunioni di lavoro del Consiglio d’Europa4.

Inglese: citizen… 1. person who lives in atown, not in the country: the –s of Paris. 2.person who has full rights in a State, either bybirth or by gaining such rights: immigrantswho have become –s of the United States. CfBritish subject; – of the world, cosmopolitanperson. –.ship … being a –; rights and dutiesof a –.

Tedesco: bürger (…) Bewohner einer Stadtod. eines Staates (Staats–); Angehöriger des3. Standes, des besitzenden Bürgertums, derBourgeoisie; Zivilist; ein – des VereinigtenStaaten; akademishcer – Angehöriger einerHochschule; ein angesehener – unserer Stadt[zu Burg] Bürgerlichkeit (…) Angehöriger desBürgertums, Nichtadliger.

Spagnolo: ciudadania. Cualidad de ciuda-dano de cierto sitio. Derechos de ciudadano

3 La scelta delle 5 lingue è stata determinata dalle capacità dell’autore di questo studio di capire il significato delle definizionicontenute nei dizionari corrispondenti. 4 Anche questo è un punto delicato. Se ogni soggetto si esprime nel quadro della cultura a cui appartiene, questa cultura nonha nulla di omogeneo o di chiuso. In ogni Stato europeo, ci sono dibattiti, spesso vivi, che mettono in discussione le con-cezioni della vita sociale e politica. Nessuno individuo infine “rappresenta” una cultura, nessuna cultura è rappresentata daun solo individuo.

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de cierto pais. (V. “nacionalidad, naturaleza”)‚“Civismo”. Comportamiento proprio de unbuen ciudadano: “Hay que votar por ciudada-nia”. ciudadano, -a (adj. y n.). Natural o vecinode cierta ciudad. Se aplica a las personas deuna ciudad antigua o de un estado modernocon los derechos y deberes que ello implica; acausa de esos deberes y derechos, la palabralleva en si o recibe mediante adjetivos una va-loracion moral y un contenido afectivo: “No esbuen ciudadano el que no respeta las leyes.Se siente ciudadano del mundo”. (V.: “Natu-ral, súbdito. ©Patricio, quirite, republicano. ©Civismo, valor civico. © Nacionalizarse, natu-ralizarse. © Libre. © Conciudadano”.) ƒ Anti-guamente, habitante de la ciudad, de clase in-termedia entre la de “caballero” y la de “arte-sano”. “Hombre bueno”. Hombre pertene-ciente al estado llano.

Italiano: Cittadinanza, s.f. 1. l’insieme degliabitanti di una città; la cittadinanza è invitata al-le celebrazioni dantesche. 2. appartenenza delsingolo a una società organizzata a Stato; cit-tadinanza originaria; cittadinanza acquisita /Piccola cittadinanza, priva del godimento deidiritti politici e dell’obbligo del servizio militare/ Doppia cittadinanza, appartenenza di un sin-golo, in qualità di cittadino a due Stati.

Francese: Citoyen, enne …. (XVI°, “conci-toyen”; …de cité). t 1° Vx ou plaisant. Habitantd’une ville … t 2° (Fin XVII°). Antiq. Celui qui ap-partient à une cité (2°), est habilité à jouir, surson territoire, du droit de cité … t 3° (XVIII°).Mod. Individu considéré comme personne ci-vique, particulièrement National d’un pays quivit en république … t 4° (XVII°; de 1°). Citoyen

du monde, qui met l’intérêt de l’humanité au-dessus du nationalisme…

Citoyenneté: … Qualité de citoyen. La ci-toyenneté française.

3.1. NOCCIOLO DURO

Al di là delle differenze proprie di ogni lingua etra le lingue, alcuni punti fermi sono comuni eforniscono una solida base per proseguire nel-la nostra esplorazione della cittadinanza. Èsempre una questione di appartenenza ad unacomunità, e di un richiamo a ciò che attienealla politica e ai diritti, segnatamente i dirittipolitici. In questo senso, il cittadino è sempreun co-cittadino, una persona che vive con al-tri. Questa collettività si definisce principal-mente a due livelli: da un lato il livello locale,la città, spesso in senso urbano, in cui la per-sona vive e alla quale appartiene, dall’altro loStato, che fonda un’appartenenza nazionale5

la quale conferisce la pienezza dei diritti ac-cordati ai membri di quello Stato. L’apparte-nenza fa sempre riferimento ad un livello di or-ganizzazione politica, un livello di potere, e adei diritti; in altre parole, cittadino e cittadi-nanza implicano sempre la delimitazione di unterritorio e di un gruppo, territorio in cui si ap-plicano i diritti, gruppo come insieme di per-sone titolari di tali diritti; dunque in primaistanza si ancorano alla politica e alla legge.Infine, a seconda delle tradizioni, l’accento èposto più sul locale come primo livello di ap-partenenza e come ambito sufficientemente li-mitato perché la persona possa più facilmen-te essere attiva e partecipare, oppure più sulnazionale-statale come livello principale a cuisi definisce la legge comune e si costruisce l’i-

5 Stato, Nazione, Stato-Nazione... parole che richiamano sviluppi che superano il quadro di questi studi. Così, Nazione rin-via a concezioni diverse non solo del contratto sociale o del contratto politico, ma anche della relazione con la cultura, le cul-ture, la lingua e le lingue, la possibilità di appartenere, ecc. Inoltre sarebbe opportuno storicizzare l’idea di Stato Nazione ele forme specifiche che esso ha preso in diversi Stati europei, al fine, in particolare, di esaminarlo come una costruzionestorica, realizzata in un dato momento in un dato contesto, e che non pregiudica altre forme politiche che nasceranno in fu-turo.

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dentità collettiva pubblica. In nessuno Statotroviamo l’uno o l’altro livello in modo esclusi-vo; si tratta piuttosto di una questione di prio-rità accordata all’uno o all’altro, di un modo dicollocarsi che ha delle conseguenze sulle con-cezioni dell’ECD.

Il richiamo a questi concetti può apparireparadossale in un momento in cui il potere po-litico, in particolare quello degli Stati, è mes-so in discussione dallo sviluppo di grandi en-tità plurinazionali, di carattere prevalentemen-te economico, e più ancora, da grandi aziendemulti-, trans- e sovra-nazionali. Ugualmenteparadossale, nel momento in cui si moltiplica-no le rivendicazioni di diritti particolari, in cuisi discutono le possibilità di estendere misuretese a riconoscere e a proteggere diritti parti-colari di persone e gruppi.

Questo riferimento, essenziale per i nostriscopi, è ancora incompleto. Si dovrebbe ag-giungere che cittadino e cittadinanza esistonoin spazi democratici, vale a dire in spazi dovele persone sono uguali per diritti e dignità, do-ve la legge è fatta dalle persone per le perso-ne. L’uguaglianza giuridica e politica, associa-ta al principio della non-discriminazione, sicombina con la ricerca della massima esten-sione delle libertà. In una società democraticail cittadino è una persona titolare di diritti e didoveri. Il primo diritto è quello di stabilire lalegge; il primo dovere è quello di rispettare lalegge, vale a dire di esercitare la propria li-bertà, di sviluppare le proprie iniziative, di or-ganizzare i propri rapporti con gli altri entro ilquadro definito dalla legge. La cittadinanzademocratica implica quindi l’autonomia dellapersona come valore primario, con i rischi checiò comporta per i poteri esistenti; inoltre, nu-merosi discorsi e azioni tentano di stabilireuna sorta di equilibrio di questa libertà-auto-nomia, facendo appello alla responsabilità ealla conoscenza dei doveri giuridici e persino

morali implicati dal vivere insieme e dal rispet-tare gli altri.

Così, le competenze-chiave legate alla cit-tadinanza democratica sono quelle necessarieper la costruzione di una persona libera e au-tonoma, consapevole dei suoi diritti e doveriin una società in cui il potere di stabilire la leg-ge, vale a dire le regole della vita comune chedefiniscono il quadro entro il quale si esercitala libertà di ciascuno, e in cui la designazione eil controllo delle persone che esercitano il po-tere sono sotto la responsabilità di tutti i citta-dini.

In questo tutti riconosceranno il primo ar-ticolo dei diritti dell’uomo: “Tutti gli uomini na-scono liberi e uguali per dignità e diritti”, e lesue conseguenze in una società democraticache ad esso è intrinsecamente connessa. Atutti i livelli, l’autorità pubblica è l’emanazionedei cittadini, al servizio dei cittadini, controlla-ta dai cittadini. L’accesso a beni collettivi co-me la scuola, la sanità, addirittura il lavoro, av-viene, per principio, nel rispetto del principiodi uguaglianza. La crisi della politica nelle no-stre democrazie è, sotto questo profilo, unacrisi del progetto di uguaglianza a fronte delletendenze alla frammentazione e alla crescitadi potere delle grandi forze economiche. Ri-cordiamo infine che i diritti sono innanzi tuttodelle libertà, delle capacità d’agire e non deivincoli imposti e subiti passivamente.

L’insistenza posta sul “nocciolo duro” del-la cittadinanza non ci fa dimenticare le altre di-mensioni della cittadinanza: economiche, so-ciali e culturali. È da molto tempo che la citta-dinanza non si riduce più all’universo politico,e ancora meno al solo atto del voto, e che l’e-nunciazione e la presenza di diritti economici esociali vengono concepite nel quadro dei di-ritti dell’uomo. Senza riprendere in questa se-de la sistematizzazione proposta da Marshall,

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è opportuno affermare la complementarietàdei diritti civili e politici e dei diritti economici esociali. Un livello minimo di condizioni mate-riali di esistenza e di accesso ad un certo nu-mero di beni giudicati essenziali è indispensa-bile perché i diritti politici e le libertà garantitea ciascuno non restino lettera morta; d’altrolato, la definizione dei diritti economici e so-ciali e delle condizioni di accesso a questi di-ritti non può che risultare da un dibattito de-mocratico garantito dai diritti civili e politici.Lungi dal contrapporsi, queste due categoriedi diritti sono solidali. I diritti economici e so-ciali hanno infatti una dimensione giuridica.Affronteremo in altra sede la questione dei di-ritti culturali, in ragione del fatto che questinon sono ancora stabilizzati e nemmeno ac-quisiti e sono tuttora oggetto di controversie.

In questa prospettiva, l’ECD è il progetto dieducazione e di formazione più percorso datensioni, ambivalenze, addirittura conflitti. Lasua finalità non è né tecnica, né professionale.Riguarda la persona e i suoi rapporti con glialtri, la costruzione di identità personali e col-lettive, le condizioni del vivere insieme. Ha ache fare con l’individuo e il sociale, il partico-lare e l’universale, ciò che c’è già, l’inserimen-to in una continuità storica e culturale e l’in-venzione del futuro, la costruzione di un mon-do futuro, l’accettazione di una realtà pre-esi-stente e lo sviluppo dello spirito critico.

Tutti i cittadini degli Stati democratici sonosia destinatari sia responsabili dell’educazionealla cittadinanza democratica.

Questo approccio definisce la principale fi-nalità dell’ECD. A questo punto distinguiamo tra– la definizione politica e giuridica della cit-

tadinanza democratica legata allo statutoaccordato a tutti coloro che appartengonoa pieno titolo ad una comunità pubblica;se la cittadinanza è legata a tale apparte-

nenza, non dimentichiamo che anche glistranieri sono titolari di numerosi diritti, inparticolare della maggior parte dei dirittieconomici e sociali;

– le competenze desiderate o attese, richie-ste o sognate, affinché il modo di conside-rare tale statuto e di vivere i diritti e gli ob-blighi relativi ne garantisca la permanenzae l’ampliamento per una sempre maggiorelibertà, uguaglianza e democrazia.

3.2. VARIAZIONI E SFIDE CONCETTUALI

Accanto ai concetti-chiave legati principal-mente alla dimensione politica e giuridica del-la cittadinanza democratica e ai diritti dell’uo-mo – uguaglianza, libertà, dignità, diritto, leg-ge, potere e qualche altro – è opportuno tro-vare uno spazio specifico per alcuni approccie campi relativamente nuovi, al tempo stessoricchi e controversi.a) In primo luogo, dobbiamo considerare tut-

ti gli aggettivi di cui viene corredato il ter-mine “cittadinanza”. Ben lungi dall’essereun preziosismo linguistico, questi aggetti-vi indicano dei significati più o meno pre-cisi e condivisi. Il primo tra loro è chiara-mente “democratica”, ed è inutile tornaresu ciò che implica. Altri aggettivi come“plurale”, “aperta”, “vissuta”, ecc., espri-mono il rifiuto di rinchiudersi in una conce-zione unica e stereotipata, e suonano co-me un appello a moltiplicare le esperienzeconsapevoli per costruire il senso di unacittadinanza democratica e inventare con-tinuamente le forme nuove che questaprende. Così, i concetti di partecipazione,di democrazia o di cittadinanza partecipa-tiva sembrano ottenere un crescente rico-noscimento in quanto vitali per la nostravita associata. Si tratta di far sì che cia-scuno prenda il proprio posto nella societàe contribuisca al suo sviluppo, qualunquesia il livello, al di là dell’atto politico di vo-

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tare. Si tratta di garantire a ciascuno il con-trollo sul proprio quadro di vita. La rimo-zione degli ostacoli alla partecipazione,particolarmente socio-economica, è parteintegrante di qualunque strategia tesa alrafforzamento della cittadinanza democra-tica.

b) In secondo luogo, per quanto concernel’ECD, v’è tutto ciò che è collegato alle isti-tuzioni relative all’istruzione e alla forma-zione. Farne un inventario, anche se moltoparziale, sarebbe qui troppo lungo. Tutta-via, se l’ECD deve essere una preoccupa-zione costante di tutti i cittadini e di tuttele istituzioni in una società democratica,ciò non può significare che essa non deb-ba mantenere una presenza esplicita eprioritaria nelle istituzioni educative e for-mative, in prima istanza nella scuola. Coo-perazione, partecipazione, dialogo, rispet-to sono tutte parole che indicano atteggia-menti che ci si aspetta da tutte le personein una scuola, in particolare dagli adulti, at-teggiamenti che dovrebbero ispirare spe-cifici modelli di funzionamento dell’istitu-zione scolastica da introdurre e da pro-muovere.

c) In terzo luogo, un campo nuovo si è affer-mato da alcuni anni attorno alla questionedei diritti culturali che associamo qui aquella delle identità. Oggi numerosi autoriinsistono sull’importanza di considerare leidentità di ciascuno come mobili e plurali,di garantire sia la libertà di appartenere aquesto o a quel gruppo o a più gruppi, siala libertà di non appartenere e la libertà dicambiare. Una componente essenzialedell’identità di ciascuno è evidentementeuna componente culturale, con la lingua etutto ciò che comporta al primo posto; ciò

solleva immediatamente la questione del-le appartenenze a gruppi, collettività, co-munità (le parole hanno qui una forte cari-ca emotiva), che costruiscono l’identità diciascuna persona, in particolare quelli incui una persona è cresciuta, che appar-tengono al presente, ma sono anche unelemento del patrimonio culturale. I diritticulturali sono così pensati come una nuo-va generazione di diritti dell’uomo, dopo idiritti civili, i diritti politici e i diritti econo-mici e sociali. Se si è raggiunto un accordopiuttosto ampio sull’importanza di questidiritti culturali, e su ciò che li legittima, co-me il rispetto della diversità delle culture el’affermazione della ricchezza derivantedagli scambi e dai meticciati, più delicatarimane la questione di farsene concreta-mente carico nella definizione delle diverseistituzioni politiche. Il pensiero e le deci-sioni oscillano tra la costruzione necessa-ria di uno spazio pubblico comune in cui icittadini condividano punti di riferimentosufficienti per poter dibattere, vivere insie-me e costruire il proprio futuro, e tutto uninsieme di conseguenze sperate o temuteconnesse ad un’affermazione molto fortedelle differenze e delle peculiarità. Se larealtà multiculturale delle nostre società èampiamente accettata, la traduzione intermini politici e giuridici di tale realtà, va-le a dire la definizione dei diritti, delle per-sone che ne sono titolari e ancor più deigruppi che ne sono responsabili, senza di-menticare la dimensione territoriale delladefinizione di questi ultimi, continua e de-ve continuare ad essere oggetto di dibatti-to e di costruzione6. L’apertura agli altri sicollega ad esigenze legate a valori comela tolleranza; noi vi aggiungiamo, dopomolti altri, la realtà e la positività dei me-ticciati, la necessità di lasciare spazio alla

6 Si veda: “Les droits culturels au Conseil de l’Europe, 1949-1997”, documento DECS/SE/DHRM (97) 5.

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dimensione storica e critica, dimensioneche consente di storicizzare le culture, va-le a dire di mettere in evidenza la loro in-stabilità, le loro linee di forza, la perma-nenza degli scambi e delle evoluzioni, l’in-venzione assai frequente delle tradizioni.Noi non sappiamo quali saranno le culturedi domani, ma certamente non sarannoquelle che sono oggi né quelle che sonostate ieri.

La questione della dimensione culturaledella cittadinanza si pone in modo più ge-nerale. Un obiettivo fondamentale dell’e-ducazione alla cittadinanza democratica èil rafforzamento della cultura della demo-crazia. Rileviamo che, se il sentimento diappartenenza si declina in termini di valo-ri condivisi, di identità, di storia, di patri-monio e di memoria, è anche indissolubil-mente legato ad una proiezione verso l’av-venire, ad una capacità di costruire un pro-getto collettivo.

d) In collegamento con l’idea di progetto col-lettivo che implica una relazione con gli al-tri, una capacità di iniziativa e di riconosci-mento dell’altro, la nozione di responsabi-lità viene oggi molto enfatizzata. Una ri-sposta all’individualismo e alla frammen-tazione delle nostre società, una ricerca dicoesione sociale e di nuovi fondamentimorali per vivere insieme? Questa nozionedeve sicuramente essere ancora ap-profondita, senza rimettere in discussionei principi dei diritti dell’uomo e senza farnelo strumento di un nuovo conformismosociale. Ad esempio, l’accento posto sullaresponsabilità a livello locale non deveportare a dimenticare gli altri più lontani,né le conseguenze di decisioni locali su al-

tri luoghi, e neppure le decisioni prese inaltri luoghi sul locale. La riflessione sullaresponsabilità trarrà vantaggio dal fondar-si sulle pratiche dell’educazione alla citta-dinanza democratica. Il termine “respon-sabilità” richiama almeno due ordini di ri-flessioni: il primo è relativo al diritto e all’i-dea di responsabilità giuridica, il secondoè più ampio e concerne la capacità di ri-conoscere l’altro, di dover rispondere del-la libertà dell’altro come soggetto. Questosecondo approccio è al tempo stesso dif-ferente e complementare al primo: è diffe-rente in quanto invita a considerare perciascuno l’idea di un percorso fondato sul-la responsabilità individuale7; è comple-mentare in quanto non nega l’importanzadella società e dei rapporti che le personeintrecciano tra loro al suo interno. Così,non esistono da un lato le istituzioni, inparticolare quelle pubbliche, dove la rela-zione si collocherebbe sul piano dell’ob-bedienza, con una valenza vagamente ne-gativa assunta oggi da questo termine, edall’altro una società civile, al di fuori diqualunque istituzione e che sarà oggettodi giudizio positivo, in quanto consideratacome lo spazio tipico della libertà. Questanon sarebbe il puro potere di un soggettoal di fuori di una qualsiasi società, sogget-to che troverebbe solo in essa il limite aquesto stesso potere. La libertà è una co-struzione permanente che si stabilisce nel-la relazione del soggetto con gli altri, con ilmondo e con se stesso. Le istituzioni nonsono ostacoli, ma costruzioni umane, nor-mative e assiologiche, necessarie per qua-lunque azione. Così, la responsabilità è le-gata alle idee di libertà e potere e l’idea dipercorso trova qui tutto il suo senso.

7 Si veda il Seminario: “La responsabilisation/Empowerment: la responsabilité: du principe aux pratiques”, Delphes (Grèce)15-17 ottobre 1999, documento CDCC/Delphes (99) 4.

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4. COMPETENZE-CHIAVE

Si apre qui un campo quasi illimitato di cono-scenze e di atteggiamenti, di saperi e di com-portamenti. Diversi autori esprimono riservecirca la possibilità o meglio l’utilità di compi-lare una lista, sottolineando la natura formale eirrealistica di una tale operazione. La lista chene risulterebbe sarebbe sempre provvisoria –cosa di per sé non tanto grave – ma soprat-tutto non sarebbe che una raccolta di genera-lizzazioni e di luoghi comuni noti a tutti, dandol’impressione che sia necessario acquisire l’in-sieme delle competenze citate attraverso l’e-ducazione. Questo infinito ampliamento sorti-rebbe il risultato perverso di gettare discreditosu tale lista e sui valori, principi e obiettivi inessa contenuti. Come evitare una lunga litaniadi competenze la cui somma definirebbe laperfezione umana sotto il profilo personale esociale, e che la vita quotidiana si incariche-rebbe di invalidare (pressoché) costantemen-te? Questi autori preferiscono dedicare i lorosforzi allo studio delle condizioni di una simileeducazione. Altri autori, invece, pensano sianecessario tentare di mettere un po’ di ordinein un campo così vasto; per loro infatti, è pro-prio il loro carattere ampliabile all’infinito e co-stantemente in movimento che richiede unosforzo di chiarificazione e di classificazionedelle competenze della cittadinanza.

Questi due approcci non sono in opposi-zione tra di loro. Le sistematizzazioni che elen-cano e classificano le competenze non pos-sono sostituire l’azione e l’intervento, ma sonoutili in quanto portano un po’ di chiarezza inun universo sempre aperto. Offrono un qua-dro teorico, che serve al tempo stesso a defi-nire, orientare, stimolare e analizzare le azioni.Varie classificazioni sono state proposte in di-verse occasioni da diversi autori e rappresen-tano altrettanti modi di concepire l’ECD. Si trat-ta, lo ricordiamo, di costruzioni che hanno co-

me unica funzione quella di aiutarci; prendia-mole come tali e miglioriamole tramite un con-fronto continuo con la realtà.

4.1. UNA PRIMA CLASSIFICAZIONE

La prima classificazione comporta tre grandicategorie di competenze: cognitive, etiche elegate alle scelte di valori, legate all’azione.Tentiamo una prima definizione del contenutodi queste categorie:

COMPETENZE COGNITIVE. Possiamo distin-guerle in quattro famiglie:

– competenze di ordine giuridico e politico,vale a dire conoscenze relative alle regoledella vita collettiva e alle condizioni demo-cratiche della loro origine, conoscenze suipoteri in una società democratica, a tutti ilivelli della vita politica; in altre parole, co-noscenze sulle istituzioni pubbliche demo-cratiche e sulle regole di libertà e di azione,che implicano la presa di coscienza chetali istituzioni e libertà sono sotto la re-sponsabilità di tutti i cittadini. Sotto que-sto profilo, le competenze giuridiche sono“armi” in mano ai cittadini per difendere leloro libertà, proteggere le persone, conte-stare gli abusi di potere da parte di coloroche detengono l’autorità;

– conoscenze del mondo attuale, che impli-cano, come le precedenti, una dimensio-ne storica e una dimensione culturale. Ineffetti, per poter intervenire nel dibattitopubblico e pronunciarsi in modo significa-tivo sulle scelte offerte nell’ambito di unasocietà democratica, è necessario saperedi che cosa si parla, avere alcune cono-scenze sugli oggetti che sono in discus-sione. Tenendo conto della moltiplicazionedei campi delle conoscenze teoriche epratiche, non c’è persona che posseggauna competenza totale: ciò solleva doloro-

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si problemi di scelta in materia di educa-zione. Queste difficoltà sono aggravate dalcarattere provvisorio di un gran numero ditali conoscenze e dalla necessità di for-mare le persone ad accettare la loro prov-visorietà e ad adattarsi ad accoglierne dinuove. Le capacità di analisi critica dellasocietà sono a questo proposito indispen-sabili. Le conoscenze sul mondo attualesono anche capacità di anticipazione, ca-pacità di collocare i problemi e la loro so-luzione nel tempo, di non limitarsi ad unesame superficiale e immediato. Sappia-mo, ma troppo spesso sembra che ce nedimentichiamo, che molte decisioni di og-gi avranno conseguenze domani, sia checonsideriamo gli equilibri tra diversi ele-menti di un contesto naturale oggi com-pletamente antropologizzato, la conserva-zione per le generazioni future di risorsesufficienti, siano esse energetiche o ali-mentari, o ancora gli effetti a lungo terminedi investimenti nel nucleare o infine le ma-nipolazioni genetiche per limitarci ad alcu-ni rapidi esempi;

– competenze di tipo procedurale, che sispera siano trasferibili e quindi utilizzabiliin una molteplicità di situazioni. In aggiun-ta a varie capacità intellettuali generali, adesempio di analisi e di sintesi, insistiamosu due capacità particolarmente pertinen-ti per la cittadinanza democratica: la ca-pacità di argomentare, legata al dibattito,e la capacità riflessiva, vale a dire la capa-cità di riesaminare le azioni e le argomen-tazione alla luce dei principi e dei valori deidiritti dell’uomo, di riflettere sul senso e suilimiti dell’azione possibile, sui conflitti divalori e di interessi, ecc.;

– la conoscenza dei principi e dei valori deidiritti dell’uomo e della cittadinanza demo-cratica. Questi principi e valori sono in pri-mo luogo il risultato di una costruzione ra-zionale, ma si richiamano più profonda-

mente ad una concezione della personaumana fondata sulla libertà e l’uguale di-gnità di ciascuno.

Quest’ultima famiglia ci porta direttamenteal secondo campo di competenze:

COMPETENZE ETICHE E SCELTE DI VALORI. Lapersona costruisce se stessa e le sue relazio-ni con gli altri secondo un certo numero di va-lori. Questa dimensione etica, che viene co-stantemente richiamata, ha un aspetto affetti-vo ed emotivo. Il dibattito a questo propositoè permanente. Per alcuni, l’adesione ai valoridei diritti dell’uomo e della democrazia do-vrebbe essere semplicemente il risultato diuna procedimento razionale; per altri invecenon è sufficiente decidere l’adesione per otte-nerla. Aspetti affettivi ed emotivi sono semprepresenti non appena si tratta di pensarsi co-me persona in rapporto agli altri e al mondo.L’ECD richiede che si lavori anche su questiaspetti. La cittadinanza non si riduce ad uncatalogo di diritti e di doveri, implica ancheappartenenza ad un gruppo, a gruppi, mettein gioco molto profondamente le identità. Diconseguenza richiede una dimensione etica,anch’essa carica di una dimensione affettiva,personale e collettiva.

Per quanto numerosi essi siano, i valori ingioco, per i quali è necessario un lavoro di co-struzione e di riflessione, si incentrano sulla li-bertà, l’uguaglianza e la solidarietà. Essi impli-cano il riconoscimento e il rispetto di sé e de-gli altri, capacità di ascolto, una riflessione sulposto della violenza nella società e il suo con-trollo nella risoluzione dei conflitti. Richiedonol’accettazione positiva delle differenze e delladiversità, e di accordare fiducia all’altro.

A questo proposito, conviene andare oltreun concetto ristretto di tolleranza, la cui ne-cessità viene spesso proclamata. In effetti, latolleranza non si riduce all’accettazione della

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differenza, accettazione che è talvolta indiffe-renza; essa richiede che si riconoscano i pro-pri limiti e si consideri l’altro come deposita-rio, proprio come lo siamo noi, di una parte diumanità; ciascun individuo ha bisogno deglialtri per costruirsi come soggetto umano. Il ri-ferimento ai valori è particolarmente impor-tante per evitare qualunque strumentalizza-zione del diritto;

CAPACITÀ DI AZIONE, talvolta chiamate COM-PETENZE SOCIALI. Conoscenze, atteggiamenti,valori, acquistano senso nel quotidiano dellavita personale e sociale; esse si traducono incapacità di azione, in competenze sociali, econtribuiscono a dare senso alla presenza diciascuno nei suoi rapporti con gli altri e con ilmondo. Si tratta di rafforzare la capacità degliattori sociali di prendere iniziative e di assu-mere responsabilità nella società. Anche quiuna lista completa è impossibile; riprendiamotuttavia alcune di queste capacità frequente-mente menzionate:– la capacità di vivere con gli altri, di coope-

rare, di costruire e realizzare progetti co-muni, di assumere responsabilità. Più ingenerale, questa capacità apre alla dimen-sione dell’interculturalità, in particolare al-la necessità di apprendere più lingue. Lelingue sono qui concepite non solamentecome strumenti per comunicare con altrepersone, ma anche, anzi soprattutto, co-me chiavi di accesso ad altri modi di pen-sare e di comprendere, ad altre culture.L’interculturale non si limita in questa pro-spettiva alla sola dimensione della lingua,ma fa riferimento a tutto ciò che è legatoalle culture, come ad esempio la storia;

– la capacità di risolvere i conflitti secondo iprincipi del diritto democratico, e in parti-colare secondo i due principi fondamenta-li, che sono il ricorso ad una terza personanon coinvolta nel conflitto, e la discussio-ne, con l’obiettivo di ascoltare le parti in

conflitto e di cercare di stabilire la verità.La risoluzione dei conflitti si può ottenerein una prospettiva di mediazione che sisforza di costruire un accordo tra le parti, osecondo principi di giustizia ove la deci-sione appartiene a un terzo secondo leggie principi definiti a monte della soluzionedei conflitti;

– la capacità di intervenire in un dibattitopubblico, di argomentare e scegliere in si-tuazione.

Avremmo potuto presentare queste com-petenze a forma di triangolo, con “cognitive”,“etiche e valoriali” e “sociali” ai tre vertici, inmodo da sottolinearne visivamente i legami.Nessuna categoria esclude l’altra e in ciascu-na situazione le tre categorie sono interdipen-denti; esse sono tre dimensioni della presenzadi ciascuno nel mondo e della sua relazionecon gli altri. Così, ad esempio, la risoluzionepacifica dei conflitti implica conoscenze suiprincipi democratici che stanno alla base ditale risoluzione, l’adozione di un atteggiamen-to che permette al singolo di controllare lapropria violenza e di accettare di non farsi giu-stizia da solo, il possesso di capacità di azio-ne in relazione al dibattito. La maggior partedelle competenze così classificate si riferisco-no ugualmente agli altri due campi. Ad esem-pio, l’argomentazione e il dibattito richiedonoconoscenze sull’oggetto di cui si parla, capa-cità d’ascolto dell’altro, il riconoscimento delsuo punto di vista, oltre che l’applicazione diqueste capacità alla situazione particolare.Non esiste vera cittadinanza al di fuori di quel-la che si esercita entro e attraverso le azionidella persona; e per altro verso, la conoscen-za e la riflessione sui propri atti e sul loro si-gnificato sociale e personale, pratico ed etico,sono ugualmente importanti. A seconda deivari dispositivi di formazione e di educazione,è meglio mettere l’accento sulla dimensionemeno presente. L’interesse di questo tipo di

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costruzione è anche di offrire uno strumentoche favorisce la valutazione delle pratiche e in-vita a riorientarle.

4.2. UNA SECONDA CLASSIFICAZIONE

Una seconda classificazione è stata propostaspecificatamente da Ruud Veldhuis, che di-stingue quattro dimensioni della cittadinanza,dimensioni che si basano sull’analisi della vitasociale: politica e giuridica, sociale, culturale,economica. Come per la classificazione pre-cedente, non si tratta di dimensioni rigida-mente separate, ma piuttosto di principi ge-nerali per la classificazione e la chiarificazionedi competenze per una ECD. Per alcuni, si trat-ta di quattro dimensioni di egual peso e natu-ra; per altri, la dimensione politica e giuridicacostituisce una dimensione trasversale, inquanto le questioni del potere e del diritto at-traversano le altre tre dimensioni, l’economi-ca, la sociale e la culturale.

A rischio di introdurre alcune ripetizioni ri-spetto alla prima classificazione, tracciamo lefinalità e il contenuto di ciascuna di queste di-mensioni:

la DIMENSIONE POLITICA E GIURIDICA attiene aidiritti e ai doveri nei confronti del sistema po-litico e della legge. Essa richiede conoscenzeche riguardano il diritto e il sistema politico, at-teggiamenti democratici e capacità di parteci-pare e di esercitare responsabilità a tutti i livellidella vita pubblica;

la DIMENSIONE SOCIALE riguarda le relazionitra le persone e richiede la conoscenza di ciòche fonda tali relazioni e del modo in cui fun-zionano nella società. Prioritarie sono qui lecompetenze sociali. Questa dimensione è le-gata alle altre, in particolare alla seguente peril peso di valori come la solidarietà;

la DIMENSIONE ECONOMICA riguarda i mondidella produzione e del consumo di beni e di

servizi. Riguarda direttamente il lavoro e le suemodalità organizzative, i risultati del lavoro e ladistribuzione dei suoi frutti. Essa richiede com-petenze economiche, vale a dire conoscenzesul funzionamento della realtà economica,realtà che comprende il mondo del lavoro;

la DIMENSIONE CULTURALE rimanda alle rap-presentazioni collettive, agli immaginari e aivalori condivisi. Essa implica, come le altre etalvolta più di quelle, una competenza storica,il riconoscimento di un patrimonio culturalecomune, con le sue diverse componenti, unpatrimonio mobile, un patrimonio da scam-biare con altri. La cultura è anche legata a ca-pacità che sono alla base dei sistemi scolasti-ci in Europa, capacità di leggere e scrivere,capacità di spostarsi in un universo linguisti-co e di acquisirne altri. Queste ultime capacitàsono condizioni necessarie a qualsiasi ECD.

Benché diverse nelle forme della loro pre-sentazione, queste due classificazioni concor-dano nel sottolineare l’importanza della co-struzione di una coscienza sociale critica, valea dire di una consapevolezza di appartenere almondo, una co-cittadinanza che si esprime at-traverso l’esplicazione delle proprie responsa-bilità al quotidiano e richiama anche una di-mensione più ampia, capace di andare al di làdelle preoccupazioni immediate e locali. Que-sta coscienza sociale, che è nel contempo co-scienza storica e coscienza territoriale, richie-de la costruzione di una capacità del soggettodi prendere le distanze da sé e l’esistenza diuno spazio pubblico di deliberazione.

5. LE PRATICHE

L’ECD non è solo una costruzione teorica, main primo luogo un invito per la pratica quoti-diana, vale a dire un invito ad esercitare le pro-prie libertà all’interno di un quadro disegnatodalle leggi democratiche, entro lo spazio trac-

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ciato dai diritti dell’uomo, e un invito ad agirenel senso di un rafforzamento di questi dirittie di queste libertà per tutti gli esseri umani.Tuttavia, ricordiamo di nuovo che non vi sa-rebbe nulla di più assurdo che mettere in con-trapposizione teoria e pratica, riflessione eazione. Vivere significa pensare e agire, pen-sare e agire significa vivere; l’esperienza èconcettuale, l’agire si inquadra sempre neicontesti e nelle circostanze in cui si svolge l’a-zione, e si collega alle concezioni del mondo edei rapporti umani di chi agisce. È per questoche il Consiglio d’Europa, in particolare nelquadro del progetto ECD, si sforza di tenere in-sieme le due facce di tale educazione.

La questione dei rapporti tra teoria e prati-ca non ha nulla di retorico. Abbiamo ereditatomodi di pensare queste relazioni nel campodell’educazione, modi che oscillano tra duepoli, nessuno dei quali, preso singolarmente,soddisfa pienamente: il primo, che privilegiaun insegnamento di contenuti, di saperi sui di-ritti dell’uomo e sulla cittadinanza democrati-ca, si richiama alla ragione che viene ritenutala fonte, l’origine di comportamenti conformicon questi saperi; il secondo ritiene che solol’esperienza può far nascere una consapevo-lezza profonda dell’esigenza di agire in accor-do con i diritti dell’uomo e la cittadinanza de-mocratica: alla base di comportamenti appro-priati ci sarebbe quindi la forza di tale neces-sità.

5.1. DESTINATARI E AMBITI DI INTERVENTO:TUTTE LE PERSONE, TUTTE LE ISTITUZIONI

L’ECD si rivolge a tutti i soggetti, quale che siail loro status e il loro ruolo nella società. Essanon può in nessun caso essere riservata a co-loro che sono ai margini della società o sullastrada dell’esclusione. Certamente, per que-

ste persone la conoscenza dei loro diritti è in-dispensabile, affinché possano sfuggire aiprocessi di esclusione. Ma la conoscenza deidiritti e dei doveri è altrettanto necessaria percoloro che sono chiamati ad esercitare il po-tere a tutti i livelli della società, in particolareper coloro che partecipano dell’autorità pub-blica. L’ECD non può essere il mezzo utilizzatodalle persone che detengono una autorità perimporre una sorta di accettazione sociale aglialtri. La prima responsabilità “citoyenne”, perquanto sia pertinente qui una tale classifica-zione, è quella delle persone che hanno piùpotere e responsabilità nella società.

L’ECD va ben oltre quindi l’universo scola-stico dove era inizialmente praticata. Essa siafferma come un’esigenza che accompagnala persona lungo tutto l’arco della vita e nei di-versi ambiti della sua esistenza. I “siti della cit-tadinanza”, orientamento prioritario del pro-getto ECD, illustrano l’importanza di questonuovo approccio. La loro presentazione pre-cede qui ciò che viene detto sulla scuola e su-gli altri luoghi di possibile intervento per la cit-tadinanza democratica.

5.2. I “SITI DELLA CITTADINANZA”

“I siti della cittadinanza sono forme nuove, oinnovative, di gestione della vita democratica.Si tratta di iniziative prese a diversi livelli (cen-tro, istituzione, collettività, quartiere, città, Re-gione, ecc.) grazie alle quali i partecipanti sisforzano di definire e mettere in pratica i prin-cipi della cittadinanza democratica moderna.Il sito è una pratica, o un insieme di pratiche,che illustrano il significato attuale della nozio-ne di cittadinanza e le strutture che la sotten-dono”: così viene definito questo concetto pe-culiare del progetto “Educazione alla cittadi-nanza democratica” nel rapporto delle attività19988. I siti rappresentano così un altro modo

8 (DECS/CIT (98) 38 rév.)

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di mettere in pratica l’educazione alla cittadi-nanza democratica rispetto agli approcci tra-dizionali che privilegiano il radicamento nelleistituzioni esistenti, in particolare le istituzioniscolastiche. Essi si rivelano così adatti a lavo-rare con quei giovani che vivono male nellascuola o che ne sono a margine per lavorarenella prospettiva di un’educazione lungo tuttol’arco della vita.

I siti e il modo di definirli, di studiarli, di va-lorizzarli mettono in luce con chiarezza i nuo-vi orientamenti dell’ECD. Così, ad esempio, i si-ti riguardano iniziative assai varie, incoraggia-no i partenariati e fanno quindi intervenire unapluralità di attori sociali, esplorano diverse for-me di partecipazione e combattono l’esclu-sione, ecc; si basano su valori e processi de-mocratici, mirano a promuoverli e ad ap-profondirli. I siti sono luoghi in cui al tempostesso prendono corpo le competenze del-l’ECD e in cui le azioni compiute mirano alla co-struzione e al rafforzamento di tali competen-ze. I siti sono quindi in grado di comprendereiniziative varie: il coordinamento con progettilocali, l’istituzione di commissioni per la co-municazione interculturale tra diverse comu-nità come strutture di mediazione, l’apprendi-mento da parte di giovani nati in quartieri dif-ficili dei loro diritti e responsabilità, progetti diriconciliazione tra comunità separate da unaguerra, l’introduzione di un clima democraticoa scuola, ecc.9. Dovunque si svolgano, questeiniziative creano spazi di espressione e di ne-goziazione, identificano bisogni di formazione,sottolineano l’esigenza che le autorità adottinoun atteggiamento di apertura e di ascolto. Unaprospettiva importante per la costruzione diuno spazio democratico europeo è costituitadalla possibilità di far interagire tra loro questisiti, utilizzando in particolare le risorse dellenuove tecnologie. Tale dialogo è un modo per

fare uscire le persone interessate da un am-biente spesso troppo ristretto e chiuso, discambiare esperienze, di stimolare nuove ini-ziative.

5.3. LE PRATICHE IN AMBITO SCOLASTICO

La scuola è oggi al centro di numerose di-scussioni. Non è questa la sede per analizza-re gli argomenti molto contradditori che ven-gono utilizzati e gli imperativi, anch’essi con-tradditori, che pesano sempre più fortementesull’istituzione educativa. Così, ad esempio,come assicurare un minimo di uguaglianzanell’accesso al sapere e nella costruzione del-le competenze dal momento che anch’essa èun’istituzione che, rispondendo alle aspettati-ve della società, classifica, gerarchizza, esclu-de? Come fare in modo che il riconoscimentodella diversità, diversità culturale, ma anchediversità di intelligenze e di modi di apprende-re, non significhi rinchiudersi nei particolarismie non conduca ad un allargamento delle disu-guaglianze? Ricordiamo semplicemente, perl’educazione alla cittadinanza democratica,che la scuola fallisce laddove fallisce la so-cietà e che essa resta, assai spesso, la solaistituzione stabile che accoglie un’intera fasciad’età e tenta di combattere ciò che minacciala coesione sociale. Ma, anche qui, la scuolanon può da sola ristabilire una coesione so-ciale e trasmettere valori quando è inserita inun mondo in cui questa stessa coesione sisfalda o cambia forma molto rapidamente, unmondo in cui questi valori sono quotidiana-mente attaccati dalla violenza fisica e morale,o dall’importanza crescente di una competi-zione finanziaria che ignora la stessa idea disolidarietà, violenze e competizione che ven-gono trasmesse quotidianamente dai media.

Al di là dei giudizi di cui è oggetto e dei

9 Si veda il documento: DECS/EDU/CIT (99) 40.

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cambiamenti che essa conoscerà, la scuola re-sta un’istituzione essenziale per l’educazionealla cittadinanza democratica. È a scuola cheè possibile verificare i tre ambiti di competenzeidentificati nella prima classificazione: compe-tenze cognitive, competenze etiche e compe-tenze legate all’azione. Ci sono tre diversi mo-di in cui essa può farsene carico: – la vita scolastica, vale a dire tutto ciò che

riguarda la scuola come luogo di vita, direlazioni sociali, con le sue regole colletti-ve, i conflitti tra le persone, i momenti e leoccasioni di collaborazione, ecc.;

– gli stessi insegnamenti disciplinari, che so-no la ragion d’essere della scuola;

– i momenti, i luoghi e le possibilità di inizia-tiva lasciati agli studenti al di fuori delle at-tività didattiche vere e proprie. Quali che siano le modalità scelte per in-

serirla, ricordiamo che l’ECD deve intrecciarestrettamente la costruzione delle conoscenze,la pratica e le azioni con la riflessione criticasu entrambe, al fine di lavorare sui principi esui valori che sottendono tale educazione erenderli espliciti. Se la scuola vuole educarealla cittadinanza democratica, essa deve co-stantemente assicurarsi che i modi in cui ope-ra non siano in contrasto con i diritti dell’uo-mo. Non si tratta di trasformare la scuola in unforum permanente, ma piuttosto di istituire,come avviene in parecchi contesti, strutture didialogo, di scambio, di regolazione, di parte-cipazione. Insistiamo da un lato sulla neces-sità di introdurre momenti in cui gli allievi sia-no in grado di prendere iniziative e di eserci-tarsi alle responsabilità, dall’altro sull’impor-tanza di sviluppare modalità di funzionamentodella scuola che consentano ad ogni sogget-to, giovane e adulto, di vedere rispettati i pro-pri diritti. Sono gli stessi principi fondamenta-li su cui si fondano i siti della cittadinanza.

L’educazione scolastica si basa su conte-nuti di insegnamento e di formazione rag-

gruppati in insiemi normalmente chiamati di-scipline o materie. Dal punto di vista dei com-portamenti e delle relazioni tra le persone, tut-te le materie sono interessate, poiché le situa-zioni di insegnamento e di formazione vedo-no la presenza di individui le cui azioni devonorispettare i principi dei diritti dell’uomo. Unavolta di più, non insisteremo mai abbastanzasulle competenze di ascolto, di dialogo, dipartecipazione, di responsabilità.

Sul piano dei contenuti, le quattro dimen-sioni – politica e giuridica, sociale, economicae culturale – si collocano evidentemente in pri-mo piano. Ciò conferisce una posizione privi-legiata a tutte le discipline che appartengonoalle scienze sociali, discipline che, studiandole società presenti e passate, costruisconostrumenti e modalità per facilitare la compren-sione della vita sociale, economica, politica eculturale. Tali modalità comprendono una di-mensione storica e una dimensione territoria-le e sono in relazione con valori e specificheconcezioni dell’uomo.

Se le scienze sociali svolgono un ruoloevidente, altre materie rappresentano solidipunti d’appoggio per l’ECD. Diversi studi nedanno testimonianza. È il caso delle linguemoderne e dell’educazione artistica, di tuttociò che riguarda la creazione e gli scambi cul-turali. Apprendere una lingua vuol dire ancheapprendere una cultura, un’altra maniera dicategorizzare e di identificare il mondo, diesprimere e quindi di costruire il proprio pen-siero e le proprie emozioni. Sviluppare l’edu-cazione artistica vuol dire apprendere altri lin-guaggi, oltre a quelli verbali, per dire il mondoe la propria personale relazione con esso, si-gnifica anche incontrare le opere degli altri.

Tutto ciò allarga notevolmente il numerodelle iniziative e delle azioni necessarie per co-struire le competenze che sono alla base del-la cittadinanza democratica. Anche le scienze

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179L’EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA DEMOCRATICA

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offrono un contributo essenziale, da un latosotto il profilo dei contenuti, in quanto viviamoin un mondo sempre più segnato dalla scien-za e dalla tecnologia, dall’altro sotto il profilodei metodi e della formazione intellettuale, cri-tica in particolare, attraverso lo sviluppo delgusto per la verità, la ricerca della precisionenel ragionamento e nell’espressione linguisti-ca, il richiamo all’immaginazione.

A questa breve lista di materie di insegna-mento tradizionalmente presenti nelle scuolesecondarie, e, in parte, nelle scuole elementa-ri, aggiungiamo le nuove tecnologie che, nelladiversità dei loro supporti materiali, delle loropotenzialità e dei loro utilizzi, hanno un ruolonell’ECD. La loro comprensione e il loro con-trollo favoriscono anche l’introduzione di altrecompetenze, la cui acquisizione è compitodell’educazione e della formazione.

Quali che siano le materie e i contenuti ingioco, tutti gli studi recenti insistono sull’auto-nomia dell’allievo, dell’apprendente, sui meto-di attivi basati sull’iniziativa, sulla scoperta,sullo spirito di ricerca, sulla responsabilità, sul-l’esperienza costruita in modo rigoroso e con-sapevole.

Infine, la scuola è investita con forza da fe-nomeni che, fino ad una data recente, erano ingran parte esterni alla sua vita quotidiana, fe-nomeni oggi raggruppati sotto il termine gene-rale di “violenza”. Gli studi sulla violenza nellascuola degli ultimi dieci anni invitano ad evita-re qualunque generalizzazione frettolosa. È ne-cessario una volta di più tener presente la di-versità delle situazioni e la diversità degli attiche vengono tutti raggruppati sotto il termine“violenza”. Questo riconoscimento della diver-sità è assolutamente necessario per non adot-tare schemi erronei di interpretazione e per evi-tare di produrre iniziative e decisioni che nonfarebbero che aggravare il male. Se la scuola

non può tutto, se non può da sola riparare imali della società e se essa stessa è attraver-sata dai conflitti e dalle contraddizioni delle no-stre società, il suo contributo al riconoscimen-to e alla risoluzione dei problemi posti dalla vio-lenza è essenziale. Come per altre realtà e qua-si in modo archetipo, tutti gli studi su questofenomeno concordano nel dire che questo ri-conoscimento deve realizzarsi nel vivo delle si-tuazioni specifiche, che esso richiede un impe-gno deciso degli adulti, una cooperazione tradi loro, un lavoro regolare e paziente di dialogocon gli allievi e i giovani, l’istituzione di luoghidi parola, di modalità di soluzione dei conflittiche richiamino gli uni le idee di mediazione, lealtre, nei casi più gravi, gli strumenti della giu-stizia. Tali azioni si compiono sempre in riferi-mento ai principi e ai valori dei diritti dell’uomo.Ad esempio, la soluzione dei conflitti implica ilricorso ad un terzo e al dibattito. Ne deriva l’im-portanza dell’atteggiamento degli adulti e del-la loro responsabilità: non si può, infatti, esige-re maggior senso di responsabilità da parte deigiovani e comportarsi poi come se queste si-tuazioni fossero di scarso rilievo.

Infine, un’attenzione particolare deve es-sere rivolta alle vittime. La legge punisce, lalegge protegge, la legge ripara o, più esatta-mente, la legge chiede a coloro che detengo-no il potere e la responsabilità di fare in modoche le trasgressioni e i delitti siano puniti, chele vittime siano risarcite e compensate e chele persone siano protette contro qualunque at-tentato ai loro diritti.

Un ultimo aspetto importante della scuolariguarda una educazione ai diritti. Se nellamaggior parte degli Stati i giovani raggiungonola pienezza dei loro diritti con la maggiore età,per lo più all’età di 18 anni, essi non sono perquesto sprovvisti di diritti fino a questa età.Conviene allora iniziarli all’esercizio di questi di-ritti e al loro significato.

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5.4. L’EDUCAZIONE LUNGO TUTTO L’ARCO

DELLA VITA E ALTRI AMBITI

Un altro ambito dell’ECD è l’educazione o laformazione lungo tutto l’arco della vita. Suquesto punto l’accordo è unanime. Oggi è im-pensabile considerare che la formazione diuna persona sia completata una volta che ab-bia lasciato la scuola o l’università. Inoltre, l’i-struzione scolastica è un diritto riconosciutoin tutti gli Stati democratici e la traduzioneoperativa di questo diritto è rappresentata dal-lo sviluppo di istituzioni ad hoc; lo stesso de-ve avvenire per la formazione lungo tutto l’ar-co della vita. Ciò richiede politiche economi-che ed educative generali. Questo tipo di for-mazione non è riducibile solo alla dimensionetecnica e professionale; essa deve coinvolge-re la persona, il lavoratore e il cittadino. Siache essa sia volta a mantenere alto il livello diqualificazione di alcuni o a facilitare il reinseri-mento degli esclusi, la dimensione della citta-dinanza è sempre presente.

Tra i destinatari della formazione lungo tut-to l’arco della vita, dedicheremo uno spazioparticolare ai responsabili dell’educazione edella formazione, sia che queste vengano di-spensate nella scuola o in altri contesti istitu-zionali. Troppo spesso i poteri pubblici evitanodi trarre tutte le conseguenze utili dalle affer-mazioni riguardanti l’educazione e la forma-zione alla cittadinanza democratica, per quan-to concerne la formazione dei formatori. L’im-portanza attribuita ai formatori si lega allapreoccupazione di raggiungere quante piùpersone e gruppi possibile, e alla necessitàper fare ciò di appoggiarsi ad “intermediari”formati esplicitamente per questo compito.

I contesti in cui l’ECD diventa operativa lun-go tutto l’arco della vita sono assai numerosi.Ce ne sono di particolarmente importanti co-me i luoghi di lavoro e, tra essi, l’impresa. An-

che se è vero che quest’ultima non ha comefinalità la formazione dei cittadini, come ognialtra istituzione sociale, deve funzionare nel ri-spetto dei diritti della persona, sia che si trat-ti di diritti individuali o di diritti la cui espres-sione è collettiva. Sotto questo profilo l’im-presa è anch’essa un luogo di formazione al-la cittadinanza.

Infine, torniamo una volta ancora sull’at-tenzione particolare che è necessario presta-re alle persone e alle istituzioni che, in un mo-do o nell’altro, sono, o saranno depositarie diuna autorità su altri soggetti. A questo titolo,tutti gli sforzi per introdurre una formazione al-la cittadinanza democratica nelle istituzioni diinsegnamento superiore, nei media o nelle isti-tuzioni pubbliche come la polizia o la giustizianon sono solo auspicabili ma indispensabili.Ancora una volta è importante ascoltare, rico-noscere le iniziative della società civile, con-cepire l’autorità pubblica come servizio ai cit-tadini.

5.5. APPROCCI CONVERGENTI, DIFFICOLTÀ

SIMILI

Tutte queste pratiche ed esperienze, tutti que-sti luoghi e siti fanno emergere esigenze con-vergenti. Dovunque si sottolinea l’importanzadel dialogo, dell’ascolto, del riconoscimentodel valore della parola altrui, riconoscimentoche richiede di attribuire potere a questa pa-rola e quindi alle persone che la enunciano.Dovunque lo spirito di iniziativa, di partecipa-zione, di responsabilità è valorizzato, questorichiama atti, realizzazioni che richiedono unimpegno di persone e di tempo. È là che pos-siamo meglio osservare l’ECD come processo.I partenariati e le collaborazioni sono sempredi rigore tra persone, tra associazioni, ONG ealtre, tra associazioni e autorità, in specie lo-cali. È all’interno di questo dialogo, di questeiniziative, di questi partenariati che si vive e si

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181L’EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA DEMOCRATICA

Il documento

costruisce il rapporto con l’altro, con gli altri.Infine, nelle situazioni più esplicitamente dedi-cate alla formazione, l’accento è posto suglistudi di caso, come esempi da risolvere e co-me mezzi per dare sostanza ai principi ed aivalori della cittadinanza democratica.

Tuttavia la situazione è ben lungi dall’es-sere idilliaca. L’ECD incontra molte difficoltà:tali difficoltà rinviano per lo più a differenti fat-tori e differenti realtà che abbiamo presentatobrevemente con il contesto. In alcuni casi so-no le condizioni socio-economiche ad essereproblematiche; l’esclusione dalle forme privi-legiate d’inserimento nella società, special-mente il lavoro, rende difficile qualunque ap-prendimento di diritti e responsabilità. In altricasi sono le credenze e il senso comune cheostacolano la cittadinanza democratica: lepersone non hanno fiducia in una modalità disoluzione dei conflitti che rispetti i principi de-mocratici, e la forza, o addirittura la vendettaprivata, rimane la tecnica di regolazione piùdiffusa. Altri non vedono perché si dovrebbe-ro rispettare i principi democratici quando lacompetizione fa vincere i più forti, e di conse-guenza perdere i più deboli, quando troppospesso l’imbroglione ha la meglio e, per colo-ro che non hanno accesso ai paradisi fiscali,non restano che i paradisi artificiali. Altri an-cora sottolineano i limiti delle pratiche di par-tecipazione e di apertura dentro le scuole: an-che se questo orientamento non è messo indiscussione, esso si scontra con numerose re-sistenze, sia da parte degli adulti che dei gio-vani. Tra i primi, gli insegnanti spesso non so-no stati formati in questo senso e si rifugianonei vincoli dei programmi e dei curricoli, le au-torità scolastiche sono riluttanti a rinunciare aduna parte del loro potere, la presenza dei ge-nitori è sentita come problematica e a voltepersino in contrasto con gli orientamenti pro-grammati. Quanto agli studenti, essi manca-no della fiducia necessaria per impegnarsi,

trovano noiose le riunioni dei consigli in cui èprevista la loro presenza, hanno spesso lasensazione che la loro voce non venga pernulla ascoltata, ecc. Se consideriamo le diffi-coltà, è importante tener conto anche delladifferenza delle situazioni secondo gli Stati ela loro storia. Numerosi studi distinguono traStati ex-comunisti e gli altri, visto che i primihanno conosciuto un lungo periodo totalitarioche li ha tenuti lontani dalle istituzioni demo-cratiche. Questa distinzione è da usare concautela. Innanzi tutto questi Stati non hannola stessa storia, in quanto alcuni di loro hannoconosciuto un’esperienza democratica primadella Seconda Guerra Mondiale, mentre altrine hanno avuto un’esperienza limitata o nulla.In secondo luogo, tra gli altri paesi, alcuni so-no stati assoggettati a lunghi periodi di ditta-tura. Infine gli Stati di antica democrazia sonocolpiti dalla crisi dei legami sociali e politici,che pone sfide e problemi che dobbiamo tut-ti affrontare e risolvere, appoggiandoci suiprincipi e sui valori della cittadinanza demo-cratica e dei diritti dell’uomo.

6. ALCUNI RISCHI E PERICOLI

Dopo aver proposto le loro riflessioni sui con-cetti e le loro classificazioni delle competen-ze, diversi autori mettono in guardia contro uncerto numero di rischi e pericoli. Riprendiamoqui quelli che sono citati più frequentemente,ivi compresi alcuni già menzionati:• l’allargamento all’infinito delle competen-

ze perseguite dall’ECD e degli ambiti inte-ressati. Al limite, dato che il cittadino èpersona informata e responsabile, capacedi intervenire nel pubblico dibattito e di ef-fettuare scelte, niente di quello che è uma-no gli dovrebbe essere estraneo, niente diquello che si vive nella società dovrebbeessere estraneo alla cittadinanza demo-cratica. Il rischio è reale e possiamo os-

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servare molte situazioni in cui, in nome ditale allargamento, l’ECD si riduce parados-salmente ad insegnare comportamenticollettivi conformi alle nostre abitudini cul-turali. Questo aspetto dell’educazione èsovente molto importante, ma l’ECD deveoccuparsi in un modo o nell’altro dellequestioni del potere e del diritto, altrimen-ti non è né “citoyenne”, né democratica;

• la burocratizzazione delle istituzioni per laformazione e l’educazione e la mancatacondivisione del potere da parte di inse-gnanti e formatori. La questione si ponegià nelle istituzioni scolastiche, ed è anco-ra più presente nella formazione degliadulti: bisogna ascoltare con attenzione laparola degli allievi o delle persone in for-mazione. Il loro punto di vista è, a priori,autentico e conviene ascoltarlo e conside-rarlo come tale, anche se esso è, al tem-po stesso, l’oggetto, l’obiettivo o il sup-porto dell’azione di formazione e di edu-cazione;

• la limitazione dell’ECD alle situazioni diffici-li. Abbiamo già denunciato la tendenza fre-quente ad interessarsi dell’ECD solamentenei confronti di persone a rischio di esclu-sione o in contesti sociali ed economicidifficili. Se si dimentica il nocciolo durodella cittadinanza e delle competenze chequesta richiede, il rischio è quello di ridur-la ad una generica serie di norme di com-portamento che, quale che sia la qualitàdegli insegnanti o dei formatori, diventaun’impresa di normalizzazione dei corpi edegli spiriti. Lo stesso nocciolo duro invitaa prestare altrettanta attenzione all’educa-zione e alla formazione di coloro che sononella posizione di esercitare delle respon-sabilità sociali o di essere depositari di unaparte dell’autorità pubblica. Enfatizzare leidee di responsabilità e di partecipazione,implica che si accetti un rischio importan-te, quello di una condivisione del potere.

Si sente troppo spesso suggerire che la re-sponsabilizzazione di persone più o menoai margini finirebbe con il dare loro dei di-ritti e li condurrebbe a dimenticare i lorodoveri, come se si avesse paura che que-sti “esclusi” reclamassero i loro diritti, di-ritti che coloro che hanno il potere preferi-scono continuare a controllare;

• la riduzione dell’ECD al locale, ai gruppi chesi incontrano nella vita quotidiana. Un la-voro in questa direzione è assai utile e l’in-tegrazione locale è una condizione spes-so necessaria per la costruzione della pro-pria identità. Tuttavia, in un mondo semprepiù aperto, specialmente grazie alla circo-lazione dei beni, in particolare dei beni cul-turali e dell’informazione, sono presenti al-tri punti di riferimento ed è necessario cheessi vengano tenuti presenti, in collega-mento o non con il locale. Infine non biso-gna dimenticare che se alcune personesono in difficoltà a livello locale e se la lot-ta contro la loro esclusione passa attra-verso il loro reinserimento a questo livello,altri pensano invece su scala continentalee globale. Pensare in questa dimensione èuna competenza anch’essa necessaria percomprendere ed esercitare i propri diritti dicittadinanza;

• l’ambiguità delle parole e la loro riduzionea ciò che ci è più utile in un dato momen-to. Ci siamo sforzati di analizzare il piùspesso possibile i concetti e le competen-ze dell’ECD, mettendoli in discussione e an-che in tensione dialettica. Nessuno di que-sti concetti e nessuna di queste compe-tenze possono essere considerati entro li-miti rigidi e con significati chiusi, stabili eunivoci. Così, ciascuno di essi deve esse-re costantemente rivisto sia da un punto divista teorico che in riferimento al contestoin cui viene utilizzato e alla situazione spe-cifica. La parola “tolleranza” è un ottimoesempio al riguardo;

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183L’EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA DEMOCRATICA

Il documento

• lo slittamento del politico verso il culturale.I fenomeni attuali di mondializzazione e lacrisi delle nostre istituzioni politiche demo-cratiche inducono alcuni a ricercare nel-l’ambito culturale l’affermazione di nuovidiritti in grado di riconoscere entità collet-tive diverse da quelle che hanno finora do-minato l’universo politico democratico.Economia di mercato, democrazia e statidemocratici, diversità culturale, identitàcollettiva e libera circolazione delle perso-ne (fino a un certo punto), delle idee (sottoil controllo di alcune potenti società), deibeni (sempre di più), altrettanti concetti erealtà che continuiamo ad interrogare siaper se stessi che per i rapporti che intrat-tengono tra loro.

PUNTI IN SOSPESO

La cultura dei diritti dell’uomo e la cultura de-mocratica non arrivano come l’influenza! Nonè naturale, innato, considerare gli esseri uma-ni come uguali o affermare che tutti parteci-pano alla formulazione della legge, che la li-bertà è il primo bene dell’umanità e l’apertura

agli altri una condizione privilegiata della suaesistenza. Tutto ciò deve essere insegnato edi conseguenza richiede l’impegno di perso-ne, di educatori e di formatori. Quali che sianole loro convinzioni, le loro azioni non avrannoun grande impatto se la società e i poteri, sia-no essi pubblici o privati, li sostengono solocon dei discorsi e, più ancora, se i loro attivengono a negare i diritti dell’uomo e della de-mocrazia. L’ECD non ha senso se non trovauna reale corrispondenza con il resto della so-cietà. Niente può essere dato per scontato e ibisogni sono forti. È importante tenere sem-pre a mente il contributo teorico e pratico of-ferto dal concetto di cittadinanza democrati-ca. Alcune parole chiave, ricorrenti in questostudio, ricorrono anche nei documenti delConsiglio utilizzati per la sua elaborazione: li-bertà, uguaglianza, partecipazione, responsa-bilità, solidarietà. Libertà come capacità diazione, uguaglianza come accesso a tutti i be-ni e ai servizi fondamentali per la salvaguardiadella dignità umana, responsabilità nei con-fronti di sé, degli altri, e del futuro del mondo.Essi sono e restano il nocciolo duro dell’Edu-cazione alla Cittadinanza Democratica.

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