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5 La volta celeste della sala del Mappamondo nel palazzo Farnese di Caprarola affreschi, nelle due fasi dell’arriccio e dell’applicazione della colla 4 . Prima del ritrovamento del docu- mento da parte dello studioso ameri- cano, si riteneva che gli affreschi della sala fossero stati ultimati entro il 1574, e ciò perché tale data compa- re scritta nei muri perimetrali della sala, ai lati della carta dell’Europa; agli studiosi era infatti passata inos- servata una lettera datata 21 luglio 1575, nella quale Fulvio Orsini porge al Cardinale le proprie scuse per non aver potuto inviare prima gli «gli elo- gii» da apporre sotto le figure dei navigatori 5 . I pareri divergenti degli storici d’arte non ci permettono di asserire con certezza quale sia stata la moda- lità di allestimento del cantiere, ovvero se si procedette prima con la pittura del soffitto e successivamente con la messa in opera degli affreschi delle pareti, oppure viceversa. Partridge, forse suffragato dalla lette- ra dell’estate 1575, sostiene che la decorazione della volta sia preceden- te alla realizzazione delle grandi carte geografiche, sottolineando che la prassi di cantiere prevedeva di dipingere prima i soffitti e poi le mura perimetrali, ma permangono studiosi che non condividono queste asserzioni 6 . Non vi è unanime parere nello 1. LA QUESTIONE ATTRIBUTIVA di M. Fioravanti La sala del Mappamondo nel palazzo Farnese di Caprarola, e in particolare la volta celeste raffigurata nel soffit- to, è stata oggetto di importanti studi di rilevanza internazionale, volti a interpretarne i reconditi caratteri ico- nologici e ad individuare le diverse maestranze che hanno contribuito a realizzare uno dei cicli pittorici più affascinanti dell’Italia centrale 1 . Ai tentativi di identificare le singo- le mani degli artisti, ha fatto da sup- porto il lavoro archivistico: fondamen- tali contributi sono giunti dalla pubbli- cazione, già nell’Ottocento, dell’epi- stolario Farnese, nella porzione che concerne le lettere di Fulvio Orsini, e l’analisi delle carte conservate a Parma e a Roma, che continuano a for- nire prezioso materiale 2 . La decorazione della sala del Mappamondo del palazzo Farnese di Caprarola si colloca tra il novembre del 1573 e il dicembre del 1575. Queste date sono registrate in un documento: il Libro delle misure della fabbrica di Caprarola, rinvenu- to a Roma da Loren Partridge nell’ar- chivio Camerale 3 . Le annotazioni si riferiscono al periodo in cui viene eseguita la pre- parazione dei muri per stendere gli stabilire l’ordine di successione degli affreschi, non vi è accordo sugli arti- sti che vi lavorarono. Riepiloghiamo prima i contributi della critica d’arte, poi la dibattuta documentazione d’ar- chivio. Le Vite del Vasari sono pubblica- te nel 1568, in data anteriore ai dipin- ti in oggetto, e non possono quindi fornirci aiuto nell’identificazione delle maestranze; ci soccorre il bio- grafo romano Giovanni Baglione: egli ricorda, quali artefici nel palazzo di Caprarola, Giovanni De’ Vecchi e Raffaello Motta, ma non specifica in quale porzione della fabbrica essi abbiano lavorato. Nelle pagine dedi- cate a Raffaellino da Reggio il critico annota «...fece alcune cose bellissi- me. E tra le altre imitò alcuni satiri in certi canti di una sala intorno ad alcu- ne cartelle»: questa informazione ha orientato gli studiosi ad escludere il pittore emiliano dalla decorazione della volta, ma la sicura paternità dei satiri ha aperto la possibilità di effet- tuare molteplici confronti stilistici. Già Hermann Voss, nel 1920, ampliando la portata del contributo di Raffaellino Motta nel complesso farnesiano, gli aveva attribuito le sto- rie mitologiche dei lati corti delle pareti 7 , ma non si era pronunciato riguardo l’autore del soffitto, analo- gamente agli studi successivi della PAOLO COLONA MARCELLA FIORAVANTI 6 Gérard Labrot, ad esempio, indicando come data di esecuzione l’anno 1574, scrive: «Décorations de la Salle de la Mappemonde. Sans doute commença- t-on par la mise en place des cartes géographiques». 7 VOSS 1920, p. 555. 1 Gli studi più recenti sulla sala della Cosmografia compaiono in riviste quali «Journal of Warburg and Courtauld Institutes», «Art Bulletin» e «Renaissance Quarterly», tutte in lin- gua inglese e consultabili in rete. Tra la bibliografia più recente è da citare anche l’ormai celebre volume di Claire Robertson, Il ‘gran cardinale’. Alessandro Farnese Patron of the Arts. 2 In particolare i documenti che hanno dato origine alla diatriba tra gli studio- si sono quattro lettere di Fulvio Orsini al Cardinale Farnese: la prima è datata 4 marzo 1573; la seconda è del 6 set- tembre 1573; la terza è di contenuto analogo alla precedente e porta la data del 7 settembre 1573 (alcune pubblica- zioni ritengono che la data della lettera sia 2 settembre); l’ultima è del 15 otto- bre 1573. Un recente e approfondito studio delle carte farnesiane è stato condotto da Loren Partridge. 3 Partridge riporta in una dettagliata appendice documentaria l’estratto dal Libro delle misure della fabbrica del palazzo del IlI.mo e R.mo Farnese a Caprarola conservato presso l’Archivio di Stato di Roma. Vedi Partridge 1995, appendix 2, n. 5. 4 Ibidem. Riguardo l’utilizzo della colla per la tecnica dell’affresco, un’utile puntualizzazione mi è stata fornita dalla professoressa Simona Rinaldi dell’Università della Tuscia di Viterbo: nei cantieri del secondo ‘500, diversa- mente da quelli del ‘400 e del primo ‘500, poiché si dovevano coprire superfici molto estese in poco tempo, la tecnica non era propriamente ad affresco ma, generalmente, alla calce. La colla serviva per bagnare il muro e renderlo al tempo stesso umido ma impermeabile, per poi applicarvi la calce per l'arriccio steso su tutta la por- zione di muro da dipingere. L'intonaco da applicare su tale arriccio poteva essere diviso in giornate, ma in genere si trattava di giornate di dimensioni molto estese, per arrivare in fretta a completare il lavoro, sfruttando anche l'umidità sottostante che veniva richia- mata in superficie comprimendo l’in- tonaco. Alla fine si otteneva un affre- sco o un mezzo fresco che oggi stentia- mo a definire esattamente. 5 Idem, appendix 1, n. 5.

La volta celeste della sala del Mappamondo nel palazzo Farnese di Caprarola

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La volta celeste della sala del Mappamondonel palazzo Farnese di Caprarola

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Page 1: La volta celeste della sala del Mappamondo  nel palazzo Farnese di Caprarola

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La volta celeste della sala del Mappamondo nel palazzo Farnese di Caprarola

affreschi, nelle due fasi dell’arriccioe dell’applicazione della colla4.

Prima del ritrovamento del docu-mento da parte dello studioso ameri-cano, si riteneva che gli affreschidella sala fossero stati ultimati entroil 1574, e ciò perché tale data compa-re scritta nei muri perimetrali dellasala, ai lati della carta dell’Europa;agli studiosi era infatti passata inos-servata una lettera datata 21 luglio1575, nella quale Fulvio Orsini porgeal Cardinale le proprie scuse per nonaver potuto inviare prima gli «gli elo-gii» da apporre sotto le figure deinavigatori5.

I pareri divergenti degli storicid’arte non ci permettono di asserirecon certezza quale sia stata la moda-lità di allestimento del cantiere,ovvero se si procedette prima con lapittura del soffitto e successivamentecon la messa in opera degli affreschidelle pareti, oppure viceversa.Partridge, forse suffragato dalla lette-ra dell’estate 1575, sostiene che ladecorazione della volta sia preceden-te alla realizzazione delle grandicarte geografiche, sottolineando chela prassi di cantiere prevedeva didipingere prima i soffitti e poi lemura perimetrali, ma permangonostudiosi che non condividono questeasserzioni6.

Non vi è unanime parere nello

1. LA QUESTIONE ATTRIBUTIVAdi M. Fioravanti

La sala del Mappamondo nel palazzoFarnese di Caprarola, e in particolarela volta celeste raffigurata nel soffit-to, è stata oggetto di importanti studidi rilevanza internazionale, volti ainterpretarne i reconditi caratteri ico-nologici e ad individuare le diversemaestranze che hanno contribuito arealizzare uno dei cicli pittorici piùaffascinanti dell’Italia centrale1.

Ai tentativi di identificare le singo-le mani degli artisti, ha fatto da sup-porto il lavoro archivistico: fondamen-tali contributi sono giunti dalla pubbli-cazione, già nell’Ottocento, dell’epi-stolario Farnese, nella porzione checoncerne le lettere di Fulvio Orsini, el’analisi delle carte conservate aParma e a Roma, che continuano a for-nire prezioso materiale2.

La decorazione della sala delMappamondo del palazzo Farnese diCaprarola si colloca tra il novembredel 1573 e il dicembre del 1575.Queste date sono registrate in undocumento: il Libro delle misuredella fabbrica di Caprarola, rinvenu-to a Roma da Loren Partridge nell’ar-chivio Camerale3.

Le annotazioni si riferiscono alperiodo in cui viene eseguita la pre-parazione dei muri per stendere gli

stabilire l’ordine di successione degliaffreschi, non vi è accordo sugli arti-sti che vi lavorarono. Riepiloghiamoprima i contributi della critica d’arte,poi la dibattuta documentazione d’ar-chivio.

Le Vite del Vasari sono pubblica-te nel 1568, in data anteriore ai dipin-ti in oggetto, e non possono quindifornirci aiuto nell’identificazionedelle maestranze; ci soccorre il bio-grafo romano Giovanni Baglione:egli ricorda, quali artefici nel palazzodi Caprarola, Giovanni De’ Vecchi eRaffaello Motta, ma non specifica inquale porzione della fabbrica essiabbiano lavorato. Nelle pagine dedi-cate a Raffaellino da Reggio il criticoannota «...fece alcune cose bellissi-me. E tra le altre imitò alcuni satiri incerti canti di una sala intorno ad alcu-ne cartelle»: questa informazione haorientato gli studiosi ad escludere ilpittore emiliano dalla decorazionedella volta, ma la sicura paternità deisatiri ha aperto la possibilità di effet-tuare molteplici confronti stilistici.

Già Hermann Voss, nel 1920,ampliando la portata del contributodi Raffaellino Motta nel complessofarnesiano, gli aveva attribuito le sto-rie mitologiche dei lati corti dellepareti7, ma non si era pronunciatoriguardo l’autore del soffitto, analo-gamente agli studi successivi della

PAOLO COLONAMARCELLA FIORAVANTI

6 Gérard Labrot, ad esempio, indicandocome data di esecuzione l’anno 1574,scrive: «Décorations de la Salle de laMappemonde. Sans doute commença-t-on par la mise en place des cartesgéographiques».

7 VOSS 1920, p. 555.

1 Gli studi più recenti sulla sala dellaCosmografia compaiono in rivistequali «Journal of Warburg andCourtauld Institutes», «Art Bulletin» e«Renaissance Quarterly», tutte in lin-gua inglese e consultabili in rete. Tra labibliografia più recente è da citareanche l’ormai celebre volume di ClaireRobertson, Il ‘gran cardinale’.Alessandro Farnese Patron of the Arts.

2 In particolare i documenti che hannodato origine alla diatriba tra gli studio-si sono quattro lettere di Fulvio Orsinial Cardinale Farnese: la prima è datata4 marzo 1573; la seconda è del 6 set-tembre 1573; la terza è di contenutoanalogo alla precedente e porta la datadel 7 settembre 1573 (alcune pubblica-zioni ritengono che la data della lettera

sia 2 settembre); l’ultima è del 15 otto-bre 1573. Un recente e approfonditostudio delle carte farnesiane è statocondotto da Loren Partridge.

3 Partridge riporta in una dettagliataappendice documentaria l’estratto dalLibro delle misure della fabbrica delpalazzo del IlI.mo e R.mo Farnese aCaprarola conservato pressol’Archivio di Stato di Roma. VediPartridge 1995, appendix 2, n. 5.

4 Ibidem. Riguardo l’utilizzo della collaper la tecnica dell’affresco, un’utilepuntualizzazione mi è stata fornitadalla professoressa Simona Rinaldidell’Università della Tuscia di Viterbo:nei cantieri del secondo ‘500, diversa-mente da quelli del ‘400 e del primo‘500, poiché si dovevano coprire

superfici molto estese in poco tempo,la tecnica non era propriamente adaffresco ma, generalmente, alla calce.La colla serviva per bagnare il muro erenderlo al tempo stesso umido maimpermeabile, per poi applicarvi lacalce per l'arriccio steso su tutta la por-zione di muro da dipingere. L'intonacoda applicare su tale arriccio potevaessere diviso in giornate, ma in generesi trattava di giornate di dimensionimolto estese, per arrivare in fretta acompletare il lavoro, sfruttando anchel'umidità sottostante che veniva richia-mata in superficie comprimendo l’in-tonaco. Alla fine si otteneva un affre-sco o un mezzo fresco che oggi stentia-mo a definire esattamente.

5 Idem, appendix 1, n. 5.

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Occorre, a questo punto, soffer-marsi, sull’altra personalità citatadal Baglione: Giovanni De’ Vecchi.

Il Baumgart, nel 1935, gli attri-buiva tutte le figure della sala,vedendo in Raffaellino da Reggioun semplice collaboratore senzarilievo.

Infatti è incontrovertibile che inun primo momento il Motta ebbe unruolo subalterno: dal Baglioneapprendiamo che fu De’ Vecchi acondurre Raffaellino al cardinaleAlessandro Farnese; ma dallo stes-so biografo romano veniamo asapere che ben presto il pittoretoscano, geloso degli elogi ricevutidal compagno nel cantiere diCaprarola, si adoperò perché il col-lega ritornasse sollecitamente aRoma.

Recentemente questa vecchiaattribuzione è ritornata in auge,sostenuta dall’autorità di LorenPartridge: tutte le figure, compresequelle della mappa celeste, sonostate eseguite dal De’ Vecchi o daun allievo sotto la sua direzione12.

L’attribuzione della volta celestea Giovanni De’ Vecchi è suffragatada un’altra importante fonte: il poe-metto encomiastico celebrativoCaprarola di Ameto Orti13.

È una raccolta di poesie latinecomposta intorno agli anni 1585-

1589, un documento quasi coevoalla decorazione del palazzo e quin-di di eccezionale rilevanza.

L’autore dell’opera, data allestampe da Fritz Baumgart nel 1935,è stato identificato da Jacob Hesscon il dotto umanista Aurelio Orsi14,segretario del Cardinale Farnese efratello di Prospero Orsi15. Il poe-metto cita solo quattro artisti comeartefici della fabbrica del palazzo diCaprarola: Taddeo Zuccari,Federico Zuccari, Bertoja,Giovanni De’ Vecchi16.

La tesi più accreditata è che que-ste personalità siano i responsabilidei cantieri, e siano da considerarsiquali aiutanti tutti gli altri artistimenzionati dalle fonti documenta-rie.

Ma la disputa attributiva è benlontana dal trovare soluzione: lostudio delle carte d’archivio ha resopiù complessa la ricostruzione, etende a far escludere proprio lapaternità di De’ Vecchi, che vacillaal vaglio di una acuta deduzione diItalo Faldi.

Il materiale su cui ancora oggi sidibatte, come già accennato, è pub-blicato da oltre un secolo: sono Lelettere di Fulvio Orsini ai Farnese,raccolte in un’edizione del 187917.

Dalla prima, datata 4 marzo1573, apprendiamo che Orazio

Collobi (1938) e di Brugnoli(1961)8; il Labrot ipotizza inveceche l’anonimo autore del plafondabbia realizzato anche le divinitàmarine e il ritratto di CristoforoColombo, nella medesima sala9.

Renato Roli, in un contributo del1965, esclude Giovanni De’ Vecchie analizza lo stile dell’ignoto arti-sta, ipotizzando che possegga carat-teristiche simili a Raffaellino: comeil Motta, anche questo pittore sem-brerebbe vicino a Lelio Orsi, ecome suo allievo avrebbe acquisitodimestichezza con le figurazioniaraldiche e simboliche; continuapoi il Roli: «l’idea felicissima chéforse la causa di tanto sconcertodella critica, è di aver campito lefigure dello Zodiaco sul fondale diblu oltremare, un’idea da pittoregotico, sciogliendole dai concatena-ti fregi continui di Lelio»10.

Come Raffaellino da Reggio,anche questo artista sembrerebbe diformazione parmense: ne costitui-scono una spia il modulo allungatodelle figure, quasi alla Bertoja,«l’eleganza delle forme sdutte -come nel centauro e nel biscione - eaddirittura qualche puntuale richia-mo ad altre parti della decorazione,come il tipo dei cani da confrontarecon quelli dello scomparto conOrione punto dallo scorpione»11.

La volta celeste della sala del Mappamondo nel palazzo Farnese di Caprarola

quindi il fratello Federico, impegnatocontemporaneamente nella fabbrica diVilla d’Este; la costante assenza diFederico nel cantiere di Caprarola deter-minerà, nel 1569, la rottura con ilCardinale e il successivo invito di un pit-tore parmense: Jacopo Zanguidi dettoBertoja, che lavorerà al palazzo fino al1572. Le ultime stanze, 1572-1575, testi-moniano invece la presenza di GiovanniDe’ Vecchi.

17 Non vengono qui riportate perché citatee parzialmente trascritte in ogni pubbli-cazione concernente Caprarola; inappendice all’articolo di Partridge sonopubblicate integralmente.

8 Cfr. FALDI 1981, p. 39, n. 79.9 LABROT 1970, p. 139.10 ROLI 1965, p. 50. 11 Idibem. L’idea di un pittore emiliano

della stretta cerchia di Lelio Orsi è ripre-sa in Portoghesi 1996, p. 78.

12 PARTRIDGE 1995: «The attributiongiven by Ameto Orti in his poem "LaCaprarola" of about 1585 - 89 and byGiovanni Baglione in his Lives of 1642,supported to my eye by style, indicatethat all of the figures, including those inthe sky map, were executed by, or underthe direction of Giovanni De’ Vecchi (ca.1537-1615)».

13 Vedi appendice n. 2.

14 Jacob Hess, nell’appendice 1 al suo arti-colo del 1966, p. 27, rileggendo leConsiderazioni sulla pittura di GiulioMancini («... [Prospero Orsi] ebbe un fra-tello segretario dell’illustrissimo Farnese... fu un gentilissimo poeta tanto latinoquanto volgare»), fu il primo ad azzarda-re l’ipotesi che Ameto Orti potesse essereAurelio Orsi. Questi avrebbe scelto il suopseudonimo secondo le regole della«consonanza e associazione di idee»:“Ameto” è un nome di ascendenza boc-caccesca, e gli “orti” sono da intendersicon Caprarola. Il dotto umanista AurelioOrsi compare anche nei ritratti de LaGaleria di Giovanni Battista Marino, con

un elogio alla scrittura, eternatrice e supe-riore alle arti plastiche perché altrettantopotente del metallo e del marmo.

15 Prospero Orsi, specializzato in grotte-sche, è chiamato dal Baglione“Prosperino delle grottesche”; poiché erastato collaboratore del Cesari, Baglione,malevolmente, lo definisce “turcimannodel Caravaggio”, in pratica, suo agentepubblicitario (cfr. Maurizio Marini,Michelangelo da Caravaggio in Sicilia,nel catalogo alla mostra “Sulle orme diCaravaggio”, palazzo Ziino, 4 marzo -20 maggio 2001).

16 Taddeo Zuccari lavora a Caprarola finoall’anno della morte, il 1566; subentra

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al compito affidatogli, è riuscito arintracciare solo tre o quattro pittoridisposti a recarsi nel borgo caprolat-to. L’Orsini non registra i nomi degliartisti: ne darà conto direttamente alCardinale in Caprarola, poiché«sabato o domenica» raggiungerà ilducato Farnese.

Quest’ultimo elemento comparenella lettera del 7 settembre 1573, dicontenuto analogo alla precedentema più ricca di particolari; in essa sifa nuovamente riferimento alVanosino: Fulvio Orsini chiede sedebba condurre a Caprarola «quelGiovanni Antonio che dipinse lacosmografia nella loggia di palazzo atempo di Pio IV, e col quale s’è giàconvenuto che si debbia fare quelladella sala nuova di Caprarola».

L’attenta lettura di questa corri-spondenza permette di dedurre che,se in marzo si faceva riferimento aduna sola personalità che avrebbedovuto eseguire sia la cosmografia,ovvero le carte geografiche comenella galleria di Pio IV20, sia i «segnicelesti», dal settembre si allude a piùmaestranze: Vanosino e altri pittori,di cui non si menzionano i nomi.

La successiva lettera dell’Orsini,datata 15 ottobre 1573, è ancora piùesplicita: sta per giungere aCaprarola «il pittore che Ella risolseultimamente» e che dovrà fare «quel-la parte che s’aspetta alle figure».

Quindi il Vanosino realizzerà lecarte geografiche, e un altro artista sioccuperà del resto: mappa celestecompresa. Gli storici dell’arte, pur

dibattendo animatamente, non hannotrovato accordo nell’individuazionedel pittore. Italo Faldi, già nel 1951,faceva notare che l’ignoto frescantenon poteva essere Giovanni De’Vecchi: questi, ben noto al GranCardinale, sarebbe stato esplicita-mente menzionato nell’ultima letteradi Fulvio Orsini, e non avrebbe rice-vuto il generico epiteto di «pittorech'ella risolse ultimamente inCaprarola»21.

Qualche altro indizio possiamoreperirlo nella stessa lettera, soloqualche riga dopo: il pittore era lega-to all’ambiente del cardinaleGiovanni Francesco Gambara, e l’ar-rivo presso i Farnese era stato ritar-dato proprio a causa della necessitàdi attendere l’ordine del mecenate diVilla Lante.

La cosa non deve stupire: noninfrequenti erano i passaggi di artistida un cantiere all’altro22, ed inoltrel’ecclesiastico bresciano era impa-rentato con il Gran Cardinale, e vi erain stretto contatto23.

Torniamo al punto: un ignoto arti-sta per le figure, il Vanosino per lacosmografia. Autorevoli storici del-l’arte condividono queste premesse,ma deducono conseguenze diverserispetto a quanto esposto sopra.

Se si volesse intendere il termineCosmografia nel suo significato eti-mologico, di ‘descrizione dell’uni-verso’, si potrebbe credere che contale vocabolo l’Orsini intendesse siale mappe terrestri delle pareti chequella celeste del soffitto24; le figure

Trigini de’ Marii18, amicodell’Orsini, perito conoscitore dellacosmografia e dotato della necessa-ria esperienza di cantiere, si fa pro-motore del programma iconograficodella sala; egli, oltre ad essere spe-cialista di antichità romana, possiedeun codice manoscritto dell’anticoastronomo Igino19, corredato di pre-ziose miniature che illustrano le raf-figurazioni mitologiche delle costel-lazioni, e che potrebbe essere utiliz-zato quale modello.

La lettera contiene anche ulterioriindicazioni: il de’ Marii offre i propriservizi per eseguire i cartoni dellefigure e suggerisce, quale esecutoremateriale, il nome di GiovanniAntonio Vanosino da Varese, coluiche, sotto papa Pio IV, aveva affre-scato la cosmografia nella terza log-gia vaticana.

Dalla lettera del 6 settembre1573, veniamo a sapere che non èstato ancora intrapreso alcun lavoro:vengono approntati alcuni disegni equalche tavola, ma i cartoni non sonostati ancora predisposti; Vanosino ede’ Marii, infatti, sono in attesa diessere condotti a Caprarola per esa-minare gli spazi in cui inserire le raf-figurazioni.

La parte seguente della preziosacorrispondenza si fa più interessante:l’Orsini riferisce di aver ricevuto dalCardinale l’incarico di reperire inRoma un altro artista per condurre atermine gli affreschi del palazzo diCaprarola, e manifesta al prelato che,pur essendosi prodigato per adempiere

Gambara nella citata lettera del 15ottobre 1573 («Con questa invio a V. S.Ill.ma il pittore ch'ella risolve ultima-mente in Caprarola che dovesse fare lasale della Cosmografia, cioè quellaparte che s'aspetta alle figure, nonhavendolo inviato prima, per aspettar-ne l'ordine, che mi porto poi hiersera ilGambara») Quinlan-McGrath lega ilnome del Gambara ai calcoli astrologi-ci che regolavano le occupazioni gior-naliere dei conoscitori del cielo: « Forthose who were the most devoted toastrology, even the making of astrolo-gical images had to be carefully timed.It is possible that the cardinal had pre-viously 'elected' the time to begin thepainting. Actions were astrologicallyselected for their initiation point accor-ding to the doctrine of 'elections'. Theastrologer counseled when to set outon a trip, when to start a building,when to put on new clothes, even whento have one's hair or nails cut. […] Itappears also that the message todispatch the artist was entrusted to animportant courier, il Gambara».

18 Oratio Trigini De’ Marii è citato neiCommentari di Egnazio Danti a Le dueregole della prospettiva pratica delVignola, principale responsabile dellafabbrica di palazzo Farnese.Matematico e astronomo, per realizza-re le prospettive aveva inventato unostrumento detto ‘sportello’, descritto eriprodotto in Zani, Enciclopedia meto-dica critico-ragionata delle Belle Arti,parte prima, XVIII, Parma 1824.

19 Gaius Iulius Hyginus, omonimo delcelebre grammatico dell’età augustea,è il mitografo autore di due raccolte:De astronomia o Astronomica, in 4libri, in cui sono raccolte le leggendemitologiche legate agli astri; leFabulae, in cui raccoglie le narrazionidel mito greco.

20 Sotto papa Pio IV (1559-1565) eranostati eseguiti gli affreschi della cosid-detta Loggia della Cosmografia, con lemappe del mondo allora conosciuto; èsituata al terzo piano, al di sopra dellaLoggia di Raffaello. Sotto GregorioXIII (1572-1585) viene eseguita ladecorazione della Galleria delle carte

geografiche, al secondo piano deipalazzi Vaticani, sul lato occidentaledel cortile del Belvedere.

21 Italo Faldi nel 1962 e ancora nel 1981scrive: «Non sappiamo chi possa esse-re il pittore della “parte che s’aspettaalle figure”, se Raffaellino da Reggio oaltro artista (...); non comunqueGiovanni De’ Vecchi del quale, peressere creatura di Casa Farnese e quin-di ben noto al Cardinale Alessandro, sisarebbe nella lettera fatto il nome».

22 La menzione del Gambara non permet-te di fare inequivocabile riferimento adalcuna personalità, poiché a tutt’oggi èmolto discussa la paternità delle deco-razioni della villa Lante di Bagnaia; ilBaglione cita solo Antonio Tempesta,che lavorerà a Caprarola non primadegli anni 1581-1582. Studi attribuzio-nistici sulla palazzina Gambara sonostati condotti da Maria VittoriaBrugnoli. Le carte dell’archivio comu-nale di Viterbo hanno permesso diindividuare un artista che passa daBagnaia a Viterbo: Baldassarre Croce.Cfr. CAROSI 1988, doc. XII. Sul

pittore bolognese vedi anche STEINE-MANN 1995.23 I rapporti tra il Gambara e il cardinale

Farnese sono anche trattati in QUIN-LAN-MCGRATH 1997, che scrive:«Cardinal Gambara was both a relativeand a close personal friend of CardinalAlessandro. He borrowed artists fromCardinal Farnese at the time of ourvault's decoration, and experts onGambara's villa believe CardinalAlessandro also shared iconographicideas with his neighbor. Both theCosmografia at Caprarola andBagnaia's entrance loggia have astro-logical themes in their frescoes.Gambara paid homage to his famousfriends in his own entrance loggia byhaving his friends' estates frescoed onthe walls, with frescoes above themreferring to the owner of each of thepictured lands. Bagnaia's two centralfrescoes display the estate ofCaprarola, and these are decoratedwith Alessandro's imprese and his car-dinal's hat above the Farnese shield».In riferimento alla menzione del

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complesse conoscenze scientificherichieste per l’ideazione di un talesoggetto. Il medesimo procedimentosarebbe stato seguito a Caprarola: igeografi gli avrebbero ancora fornitole carte, gli astronomi la mappa dellecostellazioni con l’oroscopo delCardinale, e tutto avrebbe avuto lasupervisione di Orazio de’ Marii.L’esecutore del soffitto della sala delMappamondo di Caprarola sarebbequindi Vanosino25.

In effetti nel catalogo di GiovanniAntonio da Varese è ascrivibile indu-bitabilmente una mappa celeste: èquella del palazzo Vaticano, nellasala Bologna26. La commissione èdel papa Boncompagni, eletto nelmaggio del 1572, che fece costruireil cosiddetto ‘palazzo di GregorioXIII’: al terzo piano, nella sala che èanche detta ‘dei Brevi’, volle rendereomaggio alla sua città natale conimmagini di Bologna.

Nella volta fece affrescare unacomplessa veduta architettonica inprospettiva, con i ritratti di dieciastronomi e nel mezzo una completamappa del cielo, straordinariamentesomigliante a quella di Caprarola.

La vicina datazione delle duecarte astrali, la simile decorazionecon carte geografiche nelle pareti e leevidenti analogie hanno indotto glistudiosi a stabilire interessanti

confronti. Si tramanda che il Pontefice, in

visita alla residenza Farnese nel1578, abbia tanto apprezzato lamappa astrale da chiedere a GiovanniAntonio da Varese, l’esecutore dellecarte geografiche della sala delMappamondo, di replicarla all’inter-no del palazzo Apostolico.

L’indicazione è tanto suggestivaquanto poco congruente con la data-zione solitamente accreditata per lasala Bologna: nel pavimento è visibi-le l’iscrizione ‘Gregorius XIII ... A°Iubilaei 1575’, e ciò fa supporre cheentro questa data i lavori dovesseroessere conclusi27.

È di nuovo Hess a fornire unaspiegazione divergente dal sentirecomune: poiché i lavori nella sala deiBrevi, conclusa nel 1575, incomin-ciarono un paio d’anni prima con lamessa in opera del soffitto, gli affre-schi del Vaticano precedono quelli diCaprarola, e si può dunque conclude-re che il cardinale Farnese chiamònel proprio palazzo il Vanosino perdipingere una mappa celeste comequella che lo stesso aveva affrescatonella sala Bologna28. La ricostruzio-ne è suggestiva e controversa, ma hail pregio di rispecchiare la modalitàdelle committenze pittoriche delperiodo: il centro dirama i modelli inperiferia, quindi Roma fornisce

a cui si allude sarebbero allora daidentificare con le storie mitologiche,le allegorie dei segni zodiacali, iritratti degli astronomi e dei naviga-tori. Jacob Hess, in un articolo del1967, pur non fornendo dettagliatemotivazioni e senza condurre unostudio attributivo, assegna la mappaceleste di Caprarola al Vanosino5.

Lo studioso tedesco, in nota, cital’Almagià, ma va ben oltre le sueosservazioni. Questi, in un articolodel 1956, gli aveva offerto un appi-glio, poiché aveva sostenuto cheOrazio Trigini de’ Marii («l’amicomio» di cui parla Fulvio Orsini nellalettera del marzo) avesse ideato ilprogramma generale della decorazio-ne della sala del Mappamondo, edavesse altresì curato la rappresenta-zione del cielo stellato nel soffitto.Roberto Almagià, tuttavia, non sispinge ad affermare che il Vanosino,guidato dal de’ Marii, possa aver rea-lizzato, oltre le carte geografiche,anche la mappa celeste.

Per Hess Giovanni da Varese è unsemplice esecutore: al tempo degliaffreschi della Loggia dellaCosmografia di Pio IV, si sarebbeservito di disegni elaborati da geo-grafi professionisti, limitandosi ariportare su muro quanto predispostoda altri; giovane pittore, non potevaproprio essere in possesso delle

La volta celeste della sala del Mappamondo nel palazzo Farnese di Caprarola

24 Contro questa interpretazione vi è undato: l’Orsini, alludendo al Vanosino, dice«quello che fece la cosmografia diPalazzo», e negli affreschi della loggia diPio IV compaiono solo le terre allora cono-sciute, non mappe astrali. Altra espressioneche occorrerebbe vagliare è nella lettera del7 settembre, dove si dice che Giovanni daVarese «porterebbe seco avvolta una telaalta 13 palmi, dove egli ha fatto un nuovouniversale, che molto piacerebbe a V. S.».25 HESS 1967, p. 406. Si rifanno a Hess:

WARNER 1971, p. 337; MORI 1987,p. 58; FIORANI 2004, p. 180.

26 Questo ambiente, situato all’internodel palazzo Apostolico, in un’area oggi

interdetta all’accesso dei visitatori,fino ai primi del Novecento è statafruibile al grande pubblico, perché uti-lizzata come pinacoteca. Eseguirono ladecorazione Lorenzo Sabbatini eOttaviano Mascherino; l’intervento diGiovanni e Cherubino Alberti è discus-so. Sulla sala Bologna vedi PASTORIX 1955, p. 836 e p. 917; REDIG DECAMPOS 1967, pp. 169-174; FIORA-NI 2004, pp. 179-187.

27 PASTOR IX 1955, p. 836.28 HESS 1967, p. 408. Come già detto in

precedenza a proposito della sala delMappamondo, la prassi di cantiere pre-vedeva che la decorazione murale

procedesse dall'alto verso il basso, per eco-nomia di cantiere: non si escludono peròcasi in cui questo non avviene. Tra l’altro,se gli affreschi del soffitto fossero stati ese-guiti dopo la visita del Papa a Caprarola,ovvero dopo il 1578, il Sabbatini non sareb-be potuto intervenire, perché muore nelluglio del 1576.

Federico Zuccari (attribuito), Disegno prepa-ratorio per la Sala del Mappamondo, Milano,Castello Sforzesco, aut. BiASA.

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raffigurati nelle costellazioni, ma,concordemente con il marcato carat-tere scientifico e tecnico delle altreopere presenti nella sala, ottemperaanche ad esigenze di rigore e reali-smo nella rappresentazione del cielo.Mentre alle pareti vengono riportatemagistralmente le più recenti cono-scenze del globo terrestre attraversoun'opera cartografica ammirevole, alsoffitto è naturalmente riservato ilcompito di svolgere la medesimafunzione nei riguardi della sfera cele-ste.

2.1. Gli occhi al Cielo

Alzando lo sguardo al soffittodella Sala del Mappamondo, siincontra un cielo blu punteggiato distelle e popolato da innumerevolifigure: le costellazioni. L’affrescorisale ai primi anni 70 del XVI seco-lo e riproduce tutto il cielo con 50costellazioni. Oggi le costellazioni,che sono un’invenzione umana e noncorpi fisici, ammontano a 88 in quan-to gli astronomi dei secoli successivine hanno create anche in quella partedi Emisfero Australe che era invisibi-le agli Antichi34.

Nell’affresco si notano anchealcune linee: sono la proiezione deicerchi fondamentali della sfera cele-ste: Equatore35, Eclittica36, Tropici37 eColuri38. Queste linee sono indicazio-ni fondamentali per orientarsi nelcielo dipinto, trovare la posizione

degli astri rappresentati e compren-dere il metodo utilizzato per riporta-re la sfera celeste sulla superficiepiana del soffitto.

2.2. La proiezione cartografica

Un grave problema con cui sideve misurare un cartografo è quellodella proiezione, ovvero della traspo-sizione della superficie sferica sulpiano minimizzando le inevitabilideformazioni. Tale problema, notofin dall’antichità, divenne ancor piùstringente nel Rinascimento in segui-to alle grandi scoperte geografiche.Infatti le deformazioni sono trascura-bili per piccole porzioni della sferama diventano sempre più importanticon l’aumentare dell’area geograficada rappresentare, effetto inevitabiledella scoperta di nuovi continenti.

Nella volta di Caprarola, al di làdell’affollamento delle figure miti-che di ciascuna costellazione, richia-ma l’attenzione il semplice ma effi-cace sistema di riferimento astrono-mico marcato con linee dorate.

Tre rette parallele solcano nelsenso della lunghezza il soffitto:sono l’Equatore (centrale) e iTropici. Sovrapposta a queste linee sinota facilmente la sinusoidedell’Eclittica. Taglia a metàl’Equatore (e l’intero affresco) un’al-tra linea retta, perpendicolare a tuttele precedenti, che rappresenta il

l’esempio replicato poi in provincia29. Sostenere l’ipotesi di Hess è però

azzardato30: le differenze stilistiche trai due cieli sono evidenti, e anche chinon si arrischia a contraddire l’autori-tà dello studioso tedesco, è costretto aconstatare che il Vanosino «gretly alte-red his style from one celestial pictureto another»31.

Restiamo dell’idea che i cieli delpalazzo Farnese e del Vaticano sianorealizzati da maestranze diverse: lostile è dissimile, indice di due persona-lità che hanno tradotto le figurazionicon un proprio linguaggio e, verosi-milmente, senza far riferimento almedesimo modello32.

La questione attributiva del soffittodella sala del Mappamondo rimaneaperta: confidiamo nelle carte farne-siane, affinché forniscano i nomi dialtre maestranze, e nel rinvenimento didocumenti grafici33; i restauri inoppor-tuni dei secoli passati potrebbero infat-ti rendere difficoltosa la corretta iden-tificazione delle mani.

2. IL CONTENUTO ASTRONOMICO NEL CIELODELLA SALA DEL MAPPAMONDO di P. Colona

La splendida volta della Sala delMappamondo di Palazzo Farnese aCaprarola non è una semplice passe-rella dei personaggi mitologici

37 Sono paralleli celesti tangentiall’Eclittica nei punti in cui si discostadi più dall’Equatore (solstizi): ilTropico boreale prende il nome dallacostellazione del Cancro, quelloaustrale dal Capricorno, costellazioniin cui fino a circa 2000 anni fa si trova-va il Sole rispettivamente al solstizioestivo (21 giugno) ed invernale (21 o22 dicembre).

38 Similmente al reticolo geografico,anche la sfera celeste ha i meridiani:cerchi massimi passanti per i poli eperpendicolari all’Equatore. I meridia-ni che attraversano le intersezioni traEquatore ed Eclittica (gli equinozi)formano il Coluro equinoziale. Il cer-chio massimo perpendicolare alColuro equinoziale è il Coluro solsti-ziale, formato dai meridiani passantiper i due solstizi. I Coluri dividono lasfera in quattro spicchi identici.

29 Ringrazio la professoressa SimonaRinaldi dell’Università della Tuscia diViterbo per avermi suggerito questaconsiderazione.

30 Tra l’altro andrebbero a sgretolarsitutta una serie di studi iconologici cheanalizzano le differenze tra i due soffit-ti, e che partono dal presupposto che ilprototipo sia Caprarola, modello perRoma; che la sala Bologna sia una rea-lizzazione successiva è anche la pre-messa necessaria per l’interessantearticolo di Francesca Fiorani, checapovolge l’idea diffusa della ‘man-canza di originalità’ del papaBoncompagni, e legge tutta l’ideazionedegli affreschi della sala Bolognacome ‘un’ironica risposta’ delPontefice al cardinale; l’attrazione deiPontefici della seconda metà del XVIsecolo per le carte geografiche è quimessa in rapporto con la rivalutazionedelle scienze applicate e con la fonda-mentale figura del vescovo di BolognaGabriele Paleotti.

31 WARNER 1971, p. 337. Qualsiasi stu-dio attributivo sulla sala Bolognadovrà tener conto dei restauri subiti:HESS 1967, p. 409, ricorda un «disa-strousus restoration directed by

Vincenzo Camuccini» potrebbe esserequello predisposto dopo la relazionesullo stato degli affreschi del 1811,riportata in appendice..

32 L’articolo di WARNER 1971, p. 337,compie un’attenta disamina nell’indi-viduare i modelli a cui si ispirò ilVanosino: né Dürer, né Mercatore, mail globo celeste di FranciscusDemongenet (la nota 4, p. 337, riman-da a un articolo di M.G. Marcel,François de Mongenet. GeographeFranc-Comtois, in «Bulletin deGeographie historique et descriptive»,1889, pp. 31-39). Se la xilografia diDürer raffigurava infatti le 48 costella-zioni di Tolomeo, e quella diMercatore ne riproduceva 50, alVaticano ne sono rappresentate 49 (le48 di Dürer con l’aggiunta di Antinoo),come in Demongenet. Hess 1967, p.406 e illustrazioni 52d-g-h, ritieneinvece che il precedente di Dürer siastato emulato dal Vanosino: ne trovaconferma ponendo un confronto tral’Erichthonius di Dürer (altro nome perla costellazione dell’Auriga) e quellodei cieli affrescati; egli tuttavia, erro-neamente, sia nella sala romana e chein quella di Caprarola, confronta

l’Ericthonius di Dürer non conl’Auriga, ma con un’altra la costella-zione, quella di Antinoo. Per un

approfondimento su questo argomento cfr.par. 2.5 del presente articolo. 33 Recentemente un importante disegno

rintracciato da Loren Partridge nelgabinetto dei disegni del CastelloSforzesco, e attribuito a FedericoZuccari, ha permesso allo studioso difare ipotesi sull’idea preliminare pergli affreschi del soffitto della sala delmappamondo: Federico Zuccari, intor-no agli anni 1568-1569, avrebbe rea-lizzato un primo abbozzo per la volta esuccessivamente un altro artista,Giovanni De’ Vecchi nell’ipotesi diPartridge, avrebbe ripreso tale intui-zione, ma ne avrebbe poi modificatogli esiti. Cfr. PARTRIDGE 1995.

34 Il numero è aumentato anche per losmembramento della enorme costella-zione della Nave di Argo, divisa inVela, Carena, Poppa e Bussola, e delSerpente, diviso in Serpente Testa eSerpente Coda.

35 Cerchio massimo della sfera celesteequidistante dai Poli

36 È il percorso del Sole tra le stelle nelsuo moto annuale

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conflitto ai poli: la proiezione cilin-drica li trasformerebbe nei lati lunghidel dipinto, mentre quella stereogra-fica li ridurrebbe a punti posti a metàdei lati lunghi. Nel primo caso siavrebbe, ad esempio, un’OrsaMinore gigantesca, grande quantol’intero lato lungo della sala, even-tualità sicuramente non proponibileper un’esecuzione artistica dellafigura; nel secondo caso, invece,l’Orsa Minore sarebbe risultata circala metà delle sue dimensioni attuali.

L’ambiguità viene risolta sul latoartistico realizzando le costellazionicircumpolari di dimensioni congruecon quelle delle altre costellazioni,ma distribuendole in maniera piùrarefatta. Non viene risolta però dalpunto di vista scientifico poiché sipossono comunque considerare PoliCelesti sia i punti in cui convergonocoluro e meridiano del solstizioinvernale (secondo la proiezione

stereografica) sia i lati lunghi dell’af-fresco (secondo la proiezione cilin-drica). Attribuendo questa indetermi-nazione all’impossibilità di porvirimedio piuttosto che ad una inten-zione, e concordemente con la distri-buzione delle costellazioni (in spe-cial modo dell’Orsa Minore, nellacui coda splende la Stella Polare),d’ora in poi ci riferiremo, con laparola Polo, a ciascuna delle interse-zioni del meridiano passante per ilsolstizio invernale con i lati lunghidell’affresco.

Nelle parti marginali della rappre-sentazione, dove qualsiasi proiezionesoffrirebbe le massime deformazioni,vige un ibrido che curva il coluroestivo in due semicerchi, che la pro-iezione cilindrica vorrebbe segmentidi retta. Con questo compromesso siriesce a minimizzare, sia pure inmaniera arbitraria, le deformazioni.

Del resto, come abbiamo già

meridiano celeste passante per il sol-stizio invernale. Questo meridianotermina nei poli, posti a metà dei latilunghi del soffitto.

Queste linee apparirebbero esat-tamente così nel caso in cui il carto-grafo avesse utilizzato una proiezio-ne cilindrica39.

Non si accordano invece con taleproiezione le altre due linee celestiriportate nell’affresco, ovvero ilColuro equinoziale e il meridianopassante per il solstizio estivo.

Il primo è rappresentato come uncerchio perfetto, tangente ai bordidell’affresco in corrispondenza deipoli e centrato sull’incrocio traEquatore e meridiano passante per ilsolstizio d’inverno; il secondo è rap-presentato due volte, nei bordi estre-mi dell’affresco, curvati a semicer-chio. Il coluro apparirebbe così sefosse stata adottata una proiezionestereografica40 centrata sull’interse-zione tra Equatore e meridiano delsolstizio invernale mentre non esisto-no proiezioni per far apparire in quelmodo l’altro meridiano rappresenta-to. L’uso simultaneo di due proiezio-ni differenti (quella stereograficaall’interno del cerchio del coluroequinoziale, e la cilindrica nell’areacompresa tra i tropici, per tutta lalunghezza dell’affresco) è utile amantenere un aspetto “naturale”delle costellazioni su tutta l’area del-l’affresco, ma non ottempera, almenoin alcune parti dell’opera, al rigorescientifico. Se questa scelta non creainfatti problemi al centro dell’affre-sco, dove le due versioni tendono adessere identiche, genera però un forte

La volta celeste della sala del Mappamondo nel palazzo Farnese di Caprarola

provenienti dall’infinito e ortogonali alpiano di proiezione, che si trova tangentealla sfera in un punto qualsiasi.

39 Nelle proiezioni cilindriche i puntidella superficie della sfera si proiettanosu un cilindro tangente all’Equatore, ela superficie laterale del cilindro viene

poi srotolata sul piano della rappresen-tazione. La proiezione può essereradiale dal centro della sfera (proiezio-ne cilindrica di Mercatore) o ortogonale

dall’asse del cilindro (proiezione cilin-drica di Lambert).

40 La proiezione stereografica è un tipodi proiezione con raggi paralleli

Schema complessivo dei riferimenti astrono-mici riportati nell’affresco, con i nomi delleparti più importanti. All’interno del cerchiodel Coluro equinoziale prevale la proiezionestereografica, mentre quella cilindrica è prefe-rita nella fascia compresa tra i Tropici.

La costellazione dei Gemelli è l’unica cheviene (parzialmente) raffigurata due volte nel-l’affresco.

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vassimo il cielo dall’esterno (adesempio su un mappamondo girevo-le) o su una stampa prodotta con un’in-cisione realizzata correttamente44.Molto interessante l’ampiasinusoide45 della Via Lattea, ritrattarealisticamente come un delicatofiume fumoso. Infatti vi si può nota-re un notevole tentativo di riprodu-zione fedele laddove, tra Cigno eSagittario, viene disegnata un’ansache ne allarga il corso rendendolobifido. In questo tratto della nostragalassia, il più appariscente per gliosservatori italiani, e visibile nellenotti estive, si nota effettivamenteuno sdoppiamento causato daimmense nubi di polveri oscure chesi dipanano lungo l’equatore galatti-co.

Sulla Via Lattea si trova la costel-lazione dell’Altare la cui originemitologica, secondo Eratostene eManilio, risale allo scontro cosmicotra Crono e Zeus. Col primo si schie-rarono i Titani suoi fratelli (con alcu-ne eccezioni), con Zeus i Ciclopi, gliEcatonchiri e gli altri dei olimpici.Per ingraziarsi la vittoria e saldare ilterribile patto di aiuto reciproco conle altre divinità, Zeus compì il primosacrificio della storia e, per questo,fece costruire un altare, che collocòall’estremità meridionale della ViaLattea (nelle stelle visibili sull’oriz-

zonte Sud nell’antichità dallaGrecia). Da questo altare sembra cosìdipanarsi la fumosa scia luminosadella Via Lattea. Tale dettagliodoveva essere ben noto agli autoridell’affresco dato che pongono lafiamma sul corso della Via Lattea ene disegnano intenzionalmente untratto (fino alla Nave di Argo) convolute di fumo che si fondano nuova-mente più a Sud con la Via Lattea.L’Altare, come si iniziò a fare nelRinascimento, è rivolto verso ilbasso (verso Sud) al contrario dicome lo immaginavano gli Antichi.

I riferimenti sono disegnati connotevole accuratezza. La differenzadelle due parti dell’Equatore ad Est ea Ovest del meridiano del solstizioinvernale è pari all’1,00%46. Dellastessa misura è spostata la posizionedei due Poli rispetto ai lati lunghidell’affresco. Per questo motivo ilmeridiano centrale non è ortogonaleall’Equatore ma è inclinato di 1,26°rispetto alla normale. La distanza trai Tropici, che dovrebbe esserecostante poiché sono paralleli, ha unavariazione massima del 3,3% rag-giunta nella parte a sinistra del meri-diano centrale. Le linee più difficilida collocare sono quelle curve,ciononostante l’Eclittica ricalca per-fettamente l’andamento di una

accennato, le costellazioni non ven-gono distorte nel loro disegno: gliadattamenti per compensare ledistorsioni della proiezione sonoprincipalmente a scapito del “cielovuoto” tra le costellazioni, le quali,per questo motivo, risultano talvoltain posizione reciproca leggermentealterata.

2.3. L’Astronomia

Il cielo di Caprarola è centrato sulsolstizio invernale. Questa scelta per-mette di visualizzare comodamenteentrambi gli equinozi (che sono puntidi grande interesse astronomico)mentre risulta a sfavore del meridia-no passante sul solstizio estivo, ilquale è però rappresentato due volte(si vedano i piedi dei Gemelli che,attraversando tale meridiano, compa-iono ad entrambi gli estremi dell’af-fresco). Il sistema di riferimento uti-lizzato è quello delle coordinateequatoriali e non, come per la mag-gior parte delle carte dell’epoca41,eclittiche. Se si fosse preso il riferi-mento dell’Eclittica, il segni zodiaca-li sarebbero risultati allineati laddoveora corre l’Equatore, ma sia questoche i coluri si sarebbero trasformatiin linee sinusoidali. Oltre alla mag-gior semplicità costruttiva, la sceltaadottata risulta più intuitiva perchécorrisponde a ciò che si osserva incielo (l’Eclittica è inclinata rispettoalla direzione N-S, così come apparenell’affresco), dando quindi unaspetto più naturale all’opera, edinoltre risulta identica a quella natu-ralmente adottata per ilMappamondo e le altre carte geogra-fiche allestite alle pareti.

Va notato che, come accadevaspesso42, vengono scambiati i punticardinali Est-Ovest43, come se osser-

proiezione ortogonale cilindrica (cosìavviene per l’Eclittica e per la Via Lattea).Questo non vale per l’equatore e i meridia-ni, che vengono trasformati in linee rette.46 Ove non altrimenti specificato l’errore

delle misure è di +/-1 sull’ultima cifra

41 Si vedano ad esempio le celebri cartecelesti realizzate nel 1515 da AlbrechtDürer, l’“Atlas coelestis seu armoniamacrocosmica” di Andrea Cellario del1661, o il “FirmamentumSobiescianum, sive Uranographia” diJohannes Hevelius del 1690, tutte cen-trate non sul polo nord celeste ma suquello dell’Eclittica.

42 La carta di Durer citata nella nota

precedente e gli affreschi di Palazzo Besta aTeglio (SO), precursori di quelli diCaprarola, mostrano tutti l’inversione E-Otipica dei globi celesti434 Guardando l’affresco con il Nord in

alto, se ci si sposta verso sinistra si vaad Ovest anziché ad Est. Il moto annuodel sole lungo l’Eclittica disegnata sulsoffitto è quindi da sinistra verso destra(simile a quello che si osserva nella

realtà durante il giorno, col Sole che,se siamo rivolti a Sud, sorge a sinistrae tramonta a destra).

44 La stampa è speculare rispetto al cli-ché. Una possibile spiegazione di que-sta scelta è che per la fonte si siano uti-lizzate carte e progetti pensati per larealizzazione di globi.

45 Qualunque cerchio massimo si trasfor-ma in una sinusoide se si usa una

Fetonte sbalzato dal Carro del sole, precipitanel fiume Eridano. Si vede, tra i piedi, il discoincandescente del Sole.

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Internazionale. La 50a costellazionedel nostro affresco è ben più miste-riosa. Si tratta dei Cani da Caccia.

Il mistero della sua presenza stanel fatto che tale asterismo non èriportato nella maggior parte dellealtre opere coeve48 e la sua introdu-zione si fa risalire usualmente al1687, quando l’astronomo polaccoJohannes Hevelius la creò con stelleche precedentemente appartenevanoall’Orsa Maggiore. In realtà il lavorodi Hevelius fu quello di associare dellestelle ben precise ad una presenza chesi era andata delineando nel MedioEvo e che l’astronomo tedesco PietroApiano, nel 1533, aveva già accostatoal Pastore pur senza tentare di asso-ciarvi alcuna stella. Un modello delcielo di Caprarola può essere la secon-

da carta di Apiano, del 1536, in cui ilguinzaglio dei cani è passato allamano sinistra del Pastore, ma nellaquale manca Antinoo. È notevolecome, mancando ancora il lavoro diHevelius, nell’affresco di Caprarolanon sia presente alcuna stella sul corpodei Cani: questo dettaglio è indicativodel fatto che le stelle dorate visibilinell’opera non siano state distribuitecasualmente a scopo decorativo, maattenendosi alle precise indicazioni diun catalogo astronomico.

2.5. Confronto con il cielo dellaSala Bologna in Vaticano

La volta della Sala Bologna neipalazzi vaticani è, come detto, affre-scata con un cielo molto simile a

sinusoide, anche se il punto di tan-genza con l’Equatore risulta legger-mente asimmetrico rispetto al meri-diano centrale. Si nota anche un“ripensamento” nella stesura delColuro equinoziale, con tracce di unacirconferenza precedente sia a sini-stra che a destra del meridiano cen-trale, nella porzione meridionale. Ilcerchio del Coluro è difficile daseguire nel breve tratto che si sovrap-pone al carro di Fetonte.

2.4. Le Costellazioni

48 delle 50 costellazioni riportatenella volta celeste appartengono alcatalogo dell’astronomo alessandri-no Claudio Tolomeo, il celebre auto-re dell’Almagesto, vissuto nel IIsecolo d.C. Tutte le 48 costellazionidel suo catalogo esistono attualmentenei nostri cieli, confermate dal con-gresso dell’Unione AstronomicaInternazionale del 1922. Una costel-lazione aggiunta nel cielo diCaprarola è Antinoo, il bellissimocompagno dell’imperatore Adriano,che, morto tragicamente, fu deificatoe oggetto di cospicui onori decretatidall’imperatore.

Lo possiamo oggi ammirare nelleinnumerevoli statue che lo ritraggo-no, ospitate nei più famosi musei delmondo, nonché, appunto, sul soffittodel Salone del Mappamondo diPalazzo Farnese accanto alla confi-nante costellazione dell’Aquila47.

Questa costellazione rimase invoga fino a quando fu rigettata, insie-me a molte altre, durante il citatocongresso dell’Unione Astronomica

La volta celeste della sala del Mappamondo nel palazzo Farnese di Caprarola

globo celeste di Demongenet, né nel-l’affresco della volta celeste nella SalaBologna del Palazzo ApostolicoVaticano, del 1575, molto simile aquello del palazzo di Caprarola.

47 In realtà la stessa figura può essereidentificata anche con Ganimede rapi-to dall'aquila di Zeus, in quanto lascena è formalmente indistinguibiledalla cosiddetta Apoteosi di Antinoo.

Propendiamo per Antinoo in quantol’Aquila non lo sta ghermendo, e per-ché non ha la coppa che identifica ico-nograficamente Ganimede. Questogiovane coppiere degli dei, inoltre,

risulta già raffigurato nell’affresco,nelle sembianze di un Acquario piutto-sto effeminato.

48 Non solo in tutte le opere citate allenote 8 e 9, ma neanche nel diffuso

1. Acquario 2. Altare 3. Andromeda 4. Antinoo5. Aquila 6. Ariete 7. Auriga 8. Balena 9. Bilancia 10. Cancro 11. Cane Maggiore 12. Cane Minore 13. Cani da Caccia14. Capricorno 15. Cassiopea 16. Cavallino 17. Cefeo 18. Centauro

19. Cigno 20. Corona Australe 21. Corona Boreale 22. Corvo 23. Cratere 24. Delfino 25. Drago 26. Ercole27. Eridano 28. Freccia 29. Gemelli 30. Idra 31. Leone 32. Lepre33. Lira 34. Lupo 35. Nave di Argo 36. Orione

37. Orsa Maggiore 38. Orsa Minore 39. Pastore o Bootes40. Pegaso 41. Perseo 42. Pesce Australe 43. Pesci44. Sagittario 45. Scorpione 46. Serpentario o

Ofiuco47. Serpente 48. Toro 49. Triangolo50. VergineA-B. Gruppo di Zeus e

Fetonte

Elenco delle 50 costellazioni rappresentate, con il numero di riferimento in figura.In corsivo le costellazioni zodiacali.

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Tra i possibili modelli per i duecieli vanno scartati Dürer in quantorappresenta solo le 48 costellazionidi Tolomeo, come pure Mercatoreperché rappresenta anche la Chiomadi Berenice, assente negli affreschi inesame. Il secondo globo celeste diDemongenet (posteriore al 1552),che rappresenta le 48 costellazioni

tolemaiche più Antinoo, può esserestato usato come modello per laSala Bologna (ma difficilmente perl’affresco di Caprarola in quanto nonriporta i Cani da Caccia).

In conclusione, nonostante lenotevoli somiglianze nell’imposta-zione e in alcuni dettagli, stentiamoad attribuire alla stessa mano e

quello di Palazzo Farnese diCaprarola: medesimo cielo blu constelle d’oro, popolato di costellazioni,e recante la raffigurazione delle piùimportanti linee astronomiche, con lastessa proiezione usata a Caprarola.Le somiglianze comprendono anchela soluzione di rappresentare iGemelli su un bordo, e i loro piedi,tagliati dalla cornice dell’affresco,che spuntano dal bordo opposto. Inquest’opera, lungo l’Eclittica, vieneriportata (sempre in oro), a differen-za di quanto accade nel cielo diCaprarola, la scansione dei mesi coni simboli astrologici dei segni zodia-cali (i simboli sono sfalsati rispettoalle relative costellazioni, a causadella precessione degli equinozi cheha allontanato le stelle dal sistema diriferimento astrologico risalenteall’inizio dell’era cristiana, fenome-no naturalmente noto nelRinascimento). Un’altra accortezzadi geografia astronomica che mancaa Caprarola è la rappresentazione deiCircoli Polari Celesti, ovvero i paral-leli che distano dal Polo NordCeleste quanto i Tropici distanodall’Equatore (circa 23,5°).

Esistono alcune discordanzedegne di nota relativamente allecostellazioni raffigurate.

Quelle presenti nel cielo vaticanosono 49 (considerando unica la Navedi Argo, che alcuni studiosi49 conteg-giano tre volte considerandolal’unione delle moderne costellazionidi Carena, Poppa e Vela): rispetto aCaprarola mancano i Cani da Caccia.

L’assenza dei Cani da Caccia nondesta alcuna sorpresa dato che, comeabbiamo visto, era una costellazioneappena inventata e non ancora bendefinita in cielo. La costellazione diAntinoo50 è presente in entrambiaffreschi, come pure la figura diFetonte che precipita nell’Eridanodal cocchio solare. Manca inveceZeus tonante che, a Caprarola, com-pleta la scena della caduta di Fetonte.

49 BEER A. in HESS, 1967, p. 409.L’elenco di costellazioni riportato inappendice è errato in quanto computaanche Hydrus (Idra maschio) e Pyxis(Bussola) che sono invece assenti tantonella Sala Bologna quanto nel PalazzoFarnese. Il conteggio sale ulteriormen-te, a 53 costellazioni, in quanto ilSerpente viene contato due volte comeSerpens Caput e Serpens Cauda in

accordo alla suddivisione dell’UnioneAstronomica Internazionale del 1922.Nello stesso articolo si dice inesplica-bilmente che nell’affresco del Vaticanomanca Antinoo, presente sia a Romasia a Caprarola.

50 WARNER D. J., 1971, P. 337.51 Dal confronto dei due affreschi emerge

una disposizione non analoga tra lemedesime costellazioni, e uno stile

molto differente nella raffigurazione.Inoltre, tranne che per la Vergine, cheindossa necessariamente una tunicabianca, nessuna costellazione è vestitacon gli stessi colori nei due affreschi.In effetti non c'è una sola costellazioneuguale alla corrispondente nell'altroaffresco.

Altare

Antinoo

Auriga

Cancro

Drago

Idra

Lira

Nave di Argo

Orione

Serpentarioo Ofiuco

Vergine

Il fumo “disegna” la Via Lattea

Seduto su una conchiglia erivolto a sinistra

Uomo inginocchiato con redininella mano destra, caprettasulla spalla sinistra, testa rivol-ta a sinistra

Granchio

Serpente

Serpente

Una lira sovrapposta a unagrande aquila

Grandioso vascello interamen-te visibile

Drappo nella mano sinistra,clava nella destra, elmo conpennacchio, rivolto a sinistra

Un anziano con testa rivolta adestra

Giovane alata

Senza fumo, il fuoco non siproietta sulla Via Lattea

Senza sgabello, rivolto adestra, sembra voler prenderela coppa offerta dall’Acquario

Uomo inginocchiato

Gambero

Serpente con ali di pipistrello

Serpente con piccole ali dipipistrello

strumento musicale con cassadi risonanza ricavato dal gusciodi una tartaruga come riportatonel mito di Orfeo

Vascello con la prua nascostada nubi

Scudo istoriato nella manosinistra, un’arma non identifi-cata, simile alla folgore diZeus, nella destra, elmo acalotta, rivolto a destra

Un uomo con testa rivolta asinistra

Donna alata con un fascio dispighe nella mano sinistra euna corona di fiori nella destra

Elenco delle costellazioni con le più importanti differenze di rappresentazione nei due affreschi

Costellazione Affresco di Caprarola Affresco del Vaticano

Page 10: La volta celeste della sala del Mappamondo  nel palazzo Farnese di Caprarola

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verso la mitologia, alla costellazionedi Eridano, il grande fiume celeste.Fetonte, secondo il mito, ottenne dalpadre Elio di attraversare il cielo por-tando il suo carro ma, inesperto, nonpoté frenare l’impeto della quadrigache, dapprima s’innalzò finoall’Artico54 bruciando addirittura ilDrago posto sul Polo, poi si precipitòcosì vicino alla terra da ardere icampi e far ritirare i mari. Fu allorache Zeus, per scongiurare l’immi-nente distruzione della Terra,

tuonò, e, librato un fulmine alto sulla destra,

lo lanciò contro l'auriga, sbalzandolo dal cocchio55

Questa scena viene riportata nelcielo di Caprarola in maniera estre-mamente fedele. Fetonte, secondo ilmito, cadde nel Po, e infatti il suocorpo è dipinto proprio nella copiosacorrente del fiume celeste Eridano.La scena della rovinosa caduta delcarro solare è molto ampia (superatasolo dalla enorme costellazione dellaNave di Argo) ed occupa precisa-mente la lacuna di stelle non osserva-te da Tolomeo. Zeus tonante, più pic-colo, è invece posto nell’ampia plagadi cielo allora vuota e che oggi ospi-ta la Lucertola, altra costellazioneintrodotta da Hevelius nel 1687.

2.7. Il Giglio Farnese

Una menzione merita anche il

giglio araldico, emblema della fami-glia Farnese. Con esso vengonoadornate le costellazioni inanimatedell’Altare, della nave di Argo e dellaCorona Boreale56, ma in particolareviene posto, di grandi dimensioni eornato di stelle, sul polo Sud, allabase del meridiano centrale dell’af-fresco. La posizione significativa, alcentro dell’affresco, e sul polo, sem-bra suggerire la collocazione chiave,quasi ordinatrice, del simbolo farne-se, che funge da origine dei riferi-menti astronomici.

La sua rappresentazione non haevidentemente motivi pratici edev’essere ricondotta all’intento dicelebrare la famiglia che ha commis-sionato la meravigliosa opera d’arte escienza.

progetto i due affreschi, che denota-no differenze significative non solonelle costellazioni ma anche nellamaniera di rappresentarle5.

2.6. La lacuna tolemaica e la caduta di Fetonte

I cataloghi antichi, nella fattispe-cie quello di Tolomeo, riportanonaturalmente solo le stelle visibili daparte dei loro redattori.

Poiché Tolomeo osservava daAlessandria d’Egitto, che ha una lati-tudine di 32°N, egli non potevaosservare stelle al di sotto dei 58° dideclinazione Sud (ovvero che si tro-vassero oltre 58° a Sud dell’EquatoreCeleste)52. Non essendo ancoradisponibili nel XVI secolo né catalo-ghi stellari che completasserol’Emisfero Sud, né tanto meno atlan-ti con nuove costellazioni australi, ilprogettista del cielo di Caprarola siritrovava con una lacuna di stelle ecostellazioni, ampia circa 32° centra-ta attorno al Polo Sud Celeste53.

La costellazione che, più prossi-ma a tale lacuna, sembra anche diri-gersi verso di essa, è quella delFiume Eridano, identificato già anti-camente con il Po.

La volta celeste riporta, negliangoli NE e SO, due raffigurazioniapparentemente non legate allecostellazioni: Zeus tonante e Fetonteche cade dal carro del Sole. In effettinon solo tali figure vanno inteseinsieme, ma sono anche legate, attra-

La volta celeste della sala del Mappamondo nel palazzo Farnese di Caprarola

raffigurata più volte nel Palazzo impe-gnata nel mitico attraversamento delleIsole Simplegadi, l’Altare e la Coronapossono rimandare al potere spiritualee temporale del papato.

52 In base alla raffigurazione delle solecostellazioni è possibile stabilire lalatitudine dell’osservatore e non la sualongitudine (da qualsiasi punto di unparallelo geografico è infatti accessibi-le la medesima porzione di cielo). Perquesto non si può affermare che “ilpunto d’osservazione è individuabilepressappoco nella zona del Giappone”

(PASSINI 2002), ma semmai che haall'incirca la latitudine del Giappone.Ricordiamo allora che il Giapponemeridionale ha appunto la stessa latitu-dine di Alessandria d’Egitto.

53 I poli celesti si spostano rispetto allestelle per la Precessione degliEquinozi, e pertanto il centro di questalacuna non coincide più con il Polo

Sud dell’epoca dell’affresco, ma risul-ta, rispetto a quest’ultimo, spostato adestra, verso la costellazione diEridano, di quasi 8°.

54 Dal greco Arktos, orso, indica la zonadi cielo dove si trovano le due Orse.

55 Ovidio, Metamorfosi, Libro II, vv 311,31256 Mentre la Nave di Argo era una degli

emblemi della famiglia del Cardinale,

La costellazione dei Cani da Caccia e delPastore. Si noti come sui Cani, a differenza diogni altra costellazione, non compaia nessunastella

Zeus che scaglia la folgore. Fa parte integran-te della rappresentazione di Fetonte (immagi-ne pagina 11).

Costellazione dell’Altare. Il fumo del fuocosacrificale acceso sull’Ara (costellazionedell’Altare) si trasforma nella Via Lattea.

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miraberis orbe,Quem siculus mira condidit

arte faber.Torquetur nulla vertigine stellifer axisNec fugat exoriens lucida signa dies:

Ipsa sed aeternis sphaeraemicat aurea flammis,

Et patitur nullas ingeniosa vices.

154. Iacobus Parmensis.Vivis Iacobe, et vives,

dum regia viventIngenii, atque artis tot

monumenta tuae.Pictor eras, sed et unus eras,

quem posset ApellesCollatum antiquis dicere iure parem.

Te tua Parma tulit, sed ne libi palma daretur,

Invida mors iuvenem substulit ante diem.

155. Ioannes Vecchius Burghensis.Fingit Ioannes,

non pingit: prominet oreNescio quo mira ductus ab arte color.

Haec si spectaret Pallas, simulacra putaret,

Atque Prometheae diceret esse manus.

Usus abest linguae, tactus, reliqua omnia vivunt,

Is quoque cernenti si tibi credis adest.

156. Thadaeus Zuccarus.Mille rosas pingit tibi mille

colorat amores,Thadaee, ac veneres deliciosa manus.

Qualem tu fingis, talis Cytherea videri

Vellet, et ingenio non minor esse tuo.Quod cupis assequeris, tamen id

minus arte magistri est,Quae si se pingat,

pars sibi finget opus.

157. Federicus Zuccarus.Te pingente tuae spirant,

Federice, figurae,Teque reor possent praecipiente

loqui.Sensus inest illis,

sed quem dedit arte magistraAemula naturae,

parque operata manus.Non fallit natura oculos,

ars lumina fallit,Hoc puto quod possit fallere praestat opus.

110. XII Signa caelestiaAries.

Flave Aries, puroque humeroscircumlitus auro,

Hellespontlaeae nobile pondusaquae:

Sic tibi luxuriet pretioso veliere tergus,

Semper et in lana divite crescat honos:

Farnesi vitam felici starnine nentiTondendum Parcae porrige

saepelatus.Non minus e tanto veniet

tibi Principe nomen,Quam tibi de Phryxo sospite lama venit.

111. Taurus.Dignus es, auratis reseres qui

cornibus annum,Et placidos revehas sydere,

Taure, dies.Te manibus permulsit

amans Europa, tuumqueDistinxit violis per mare vecta caput.

Artibus illa tuis vernantiflevit in herba.

Nunc face muneribus rideat herba tuis.

112. Gemini.Quos simul eduxit,

quos ovo exclusit ab unoLaeda parens Geminos

una alitura Iovi.In Geminis cor unum,

aut uno in corde Gemelli,Et geminus Geminis ingeminatur amor.

Ne quoque Mors Geminosdisiungeret,una Gemellos

Alterna redimit Mors geminata vice.

113. Cancer.Concidis obtritus Laevo

pede Cancer, at ultusFata: nec Alcidem

sit pupugisse parum.Non Aper hoc potuit, non Hydra

armata colubris,Non Nemeae terror, non Diomedis equi.

Mors tibi vita fuit; nam terris vivis, et astris,

Reddita proque uno est funere vita duplex.

114. Leo.Prostrarit qualem Alcides,

a cura di M. Fioravanti

1. Relazione del viaggiodi Gregorio XIII alla Madonnadella Quercia (1578)

Nel settembre del 1578 il papaGregorio XIII si reca in viaggio pres-so il santuario della Madonna dellaQuercia di Bagnaia. Dei luoghivisitati dal Pontefice, possediamol’accurata descrizione compilata daFabio Arditio. In relazione alla voltadella sala del Mappamondo il croni-sta annota:

Nel cielo et volta di detta salasono depinti tutti quarant’otto segnicelesti, et vicino a loro, nel muro, invaghissimi compartimenti d’oro, leloro favole con molte belle impresedel signor cardinal Farnese, usate indiversi tempi. Questa sala è ricchis-sima per molto oro, che non solonegli stucchi ma quasi in tutti i con-torni, linie et compartimenti delleprovintie mirabilmente risplende tral’azzurro del mare.

2. La Caprarola di Ameto Orti(1585-1589 ca)

Fritz Baumgart nel 1935, pressola tipografia Cuggiani di Roma, cura-va la stampa di un antico manoscrit-to «in possesso del Custode delpalazzo Farnese a Caprarola, signorErrani». Nella prefazione lo storicodell’arte descrive l’antico codice edespone un confronto con l’opera delprof Giuseppe Cugnani Cento-novantuno epigrammi latini d’autoreignoto che illustrano le opere d’artedel palazzo Farnese in Caprarola,stampato a Perugina nel 1908.

Il Baumgart desume che tali epi-grammi facevano parte del mano-scritto, ma erano stati pubblicati daun testo incompleto mal conservato,nel quale mancavano alcune strofe,fra cui le più importanti che ricorda-no gli artisti.

Si trascrivono di seguito le stroferelative agli artisti e alcune descrizio-ni della sala del Mappamondo.

101. In Sphaeram coelestemsyderibus distinctam.

Conclusum angusta coelum qui suspicis aula,

Et duodena suis astra notata locis,Par opus, aut maius vitreo

APPENDICE

ANTICHE DESCRIZIONI

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Fixit Orionem lethali Scorpius ictu,Et reliquas, inquit, tu tibi caede feras.

Quam parvo vieta est tam magnaaudacia dente!

......, nemorum qui prius horror erat.Sydere uterque micant simili,

servantque tenorem:Cum ferus exoritur Scorpius,

ille cadit.

118. Sagittarius.Doctus erat, Chiron, sanare

salubribus herbisVulnera, et in medicas solvere

gramen aquas:Doctus erat cytharam plectro

pulsare canoram,Et facili blandos flectere voce modos.

Nunc cacio emeritum te luppiter intulit; aureConcentum caeli quo

propiore probes.

119. CapricorniUt tua terrifico increpuit,

Pan, …bomboPectoraque incusso vita ciere metu;

Effugere omnes perculsa mente Gygantes,

Et trepida ultori terga dedere Iovi.Hoc prius emicuit

caelo victoria signo:Hinc quoque te dicam, Pan, meruisse polum.

120. AquariusLargifluos caelum totum

se solvit in imbres:Et redeunt veteris Deucalionis aquae.

Apparet nullum diffuso in gurgite littus:

Altaque tectorum culminapontus

habet.Parce puer pluviis:

iam terra laborat, et ipsaIn priscum redeunt

pene elementa cahos.

121. Pisces.Ut Cytherea et Amor videre

Typhona, pavoreIn pisces versi debituere duos;Et mediam Euphratis saliere in

fluminis undam,Seque Gygantea praeripuere manu.

Miraris timuisse Deos? frons ipsa Typhonis

Innixum aetherea terruit arce Iovem.

3. La descrizione del palazzo diCaprarola di Leopoldo Sebastiani(1741)

Descrizzione e relazione istoricadel nobilissimo e real palazzo diCaprarola. Suo principio, situazione,architettura e pitture. Dedicato allaSacra Maestà di D. Carlo diBorbone, Re delle due Sicilie ecc. daLeopoldo Sebastiani cittadino roma-no e per la M. S. di detto palazzo esuoi annessi soprintendente. InRoma per gli eredi del Ferri 1741.

Tra le celebri descrizioni dellaSala del Mappamondo nel palazzo diCaprarola, questa di LeopoldoSebastiani si segnala per completez-za ed erudizione. La descrizione èdedicata al re Carlo di Borbone,figlio di Elisabetta Farnese (1692-1766), ultima erede della famiglia,che aveva sposato nel 1714 Filippo Vdi Borbone re di Spagna. Carlo, cheper parte di madre aveva ereditato ipossedimenti Farnese, nel 1759

quantumve Leonem,Sit satis hoc, Nemeae, dicere,

terror erat.Nil vidit tellus immanius:

additus astrisNunc quoque inexcussa

rugit ut Aetna face.Quid generi humano prodest labor

Herculis? IdemExitium est homini qui fuit ante gregi.

115. Virgo.Quae, quibus illuxit quondam

virtutibus aetas,Incoluit nostros cum bona

Virgo Lares!Quae, quibus aucta malis, vitiisque

expalluit aetas,Deservit nostros cum pia Virgo Lares!

Expulit hanc hominum scelusinsidiisque, dolisque:

Fulsit et ex illo tempore nullus honos.Huc bona Virgo redi: duce te

tua saecla redibunt:Iam venit et virtus:

qui pepulere, rogant.

116. Libra.Libra pari librans examine

tempera pendet,Hortibus aequales cum

facit aequa dies.Non lux hac plus parte cadit,

non surgit ab illaNox, nec inaequato pondere

tempus abit.Hinc divisa quies, iustoque

addicta labori:Luce colit taurus iugera, nocte cubat.

117. Scorpius.

La volta celeste della sala del Mappamondo nel palazzo Farnese di Caprarola

57 Nell’Atlante storico delle città italianedel 1986, nel fascicolo di Caprarola, silegge trascritto un documento datato10 ottobre 1791 che descrive alcuni

edifici concessi dalla camera apostoli-ca in enfiteusi a Giuseppe TraianoSebastiani.

Costellazione di Antinoo (sinistra) edell’Acquario (destra).

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due per il mare su detto montone, chenuotava, cadde Elle, come vedesidipinto, e da allora fu detto quelmare Ellesponto. Frisso però passò asalvamento, e giunto in Colco fu ilmontone collocato tra’ segni celesti.Plin. Lib. 9. cap. 44.

Per il Toro si vede dipinto il fattodi Giove che, trasmutatosi in dettaspecie d'animale portò sopra il suodorso per gran tratto di mare Europanell’isola di Creta, come vedesidipinto e si è riferito altrove. Diconoi poeti che in memoria di ciò fossetra i segni del zodiaco collocato unToro, Plin. lib. 17. cap. 22., e meglioHigin. fu questa favola.

I segni dell’estate si vedonoaccennati nelle loro favole nellaparete in faccia, e sono Gemini,Granchio e Leone. Per il primo visono dipinti due Gemelli, i qualiprendono due Cavalli, che dà loroNettuno. Sono essi i due Fratelli,Castore e Polluce, che nacquero daLeda e Giove in un istesso parto, edebbero in dono da detto Nettuno idue famosi Cavalli Xanto e Cillaro.Furono essi Gemelli sì amorevoli fradi loro, ed essendo uno mortale el'altro immortale, si partirono lamortalità e l’immortalità e vivevanoe morivano a vicenda, e però merita-rono d’esser posti in cielo tra i dodi-ci segni, dove le due loro principalistelle, Espero e Fosforo, a vicenda sivedono. Cartar. sopra l’Immag. diessi Castor. e Poll.

Per il Granchio, che appunto sie-gue nell’eclittica, vi è dipinto Ercoleche combatte con l'Idra, ed unGranchio a’ piedi. L’inimicaGiunone, che gli ordinò l'uccisionedi detto mostro, fu quella che glibuttò alla vita, detto Granchio, per-ché lo mordesse ed in tal guisa lofacesse restar vinto in quel pericolo-so cimento; ma rimasto infranto ilGranchio dal piede d’Ercole, fu risu-scitato da detta Giunone e posto incielo tra i dodici segni del zodiaconel luogo per dove scorrendo il Solecomincia a retrocedere, e allontanar-si da noi con corso retrogrado inmodo di Granchio, come raccontaHigin., Cicer in Orat.

Per il Leone che siegue, vi è nelquadrato ultimo di detta facciataErcole ancor Giovane, che lotta colLeone nel Monte Teumesso nellaBeozia, ed ucciso detto Leone si vestìcolla sua pelle, la quale sempre usò,e questo fu il Leone, che da Giove fu

trasferito in cielo per gloriosamemoria di Ercole. Plin. Lib. 17 cap.24.

I tre segni del zodiaco per l’au-tunno si vedono dipinti al solitosopra il cornicione nella facciatadelle finestre, e sono Vergine, Libra eScorpione. Per la Vergine vi è dipin-ta Erigone, figlia d’Icaro in aria, inatto di essere trasferita in cielo conuna palma in mano, e vedesi a terrain mezzo a un popolo tumultuanteesse Icaro ucciso. Dicono i poeti chedetta Vergine al veder morto suopadre, si uccidesse da se stessa perl’eccessivo dolore, onde compassio-nandola i Dei la trasferissero incielo. Virg. 3 Georg.

La Libra è geroglifico dellaGiustizia detta Astrea, che si dicevenuta dal cielo nel secolo d’oro perle preghiere, e i sacrifici degliuomini, come si vede dipinto: mascandalizzata poi dalle umane scelle-raggini, se ne ritornò in cielo, e fuposto il di lei simbolo e geroglificotra i dodici segni del zodiaco nelluogo per dove scorrendo il Sole fauguali i giorni colle notti: Libra diesomnique pares fecerit horas. Virg. I.Georg.

Appresso si vede lo Scorpione inatto di accostarsi e mordere Orionebellissimo giovane cacciatore, pre-sente Diana cacciatrice ed altre bel-lissime ninfe. Figurano i poeti chedetto Orione, nato dall’orina diGiove, di Mercurio e di Saturno, edal cuoio di bue, fatto poi adulto,fosse bravissimo cacciatore, di chetroppo gloriatosi fu castigato dai deicolla morte causatagli dalla punturafattagli dallo scorpione; a prieghipoi di Diana furono trasportati incielo Orione e lo scorpione, e postoquesto tra i dodici segni. Virg.Eneide 2.

Nella facciata incontro sonoSagittario, Capricorno ed Acquario,segni del Sole nell’inverno. Perdimostrare l’origine del primo, sivedono dipinti alcuni centauri conarchi e frezze in atto di ferirsi; e traessi il centauro Chirone, figlio diSaturno, di cui si figura che, ferito inun piede con frezza intinta ed imbe-vuta nel sangue dell’Idra lernea,moriffe, e fosse poi trasportato tra idetti dodici segni. Bruson. Elucid.Poet.

Per il Capricorno è dipinta lacapra Amaltea, Giove piccolo lattan-te e, poco distante, il caprone nato da

otterrà la corona di Spagna e asse-gnerà i beni dell’antico casato, insie-me al regno di Napoli, al figlioFerdinando IV.

Nel 1791 la stamperia Pagliarinidi Roma curava una ristampa del-l’opera, per ordine del conteGiuseppe57 e di don Carlo Sebastiani,ufficiale delle truppe di don Carlo diBorbone. La copia è analoga all’ori-ginale ma mancante della prefazione.

Sala del Mappamondo. Sieguefinalmente la gran Sala detta delMappamondo la più vaga, e studiosadi quante altre fino ad ora si sonodescritte. È tal vano lungo palmi 81,larga 40 e alta fino al cornicionepalmi 28. La volta è a schifo, quasi inpiano, con circonferenza ovale. Inquesto vano e sito di mezzo è dipintoil cielo azzurro, con tutte le costella-zioni celesti nelle loro situazioni, edil giusto numero delle stelle sopra icorpi delle medesime, come vuole laperfetta astronomia, colla linea eclit-tica per lungo dello sfondato, e coidodici segni del zodiaco, secondo illoro successivo ordine e dovuta posi-tura. Segano l’eclittica i circoli dilatitudine e l’equatore altresì deli-neato per determinare l’ascensioneretta e vestito dei circoli di delinea-zione.

Nell’imposta volta, e sopra il cor-nicione vedonsi in dodici vani distin-ti da bellissimi stucchi, in partedorati, le favole inventate da i poetisopra li segni del zodiaco, ripartiti intre per ogni facciata; quei dellaPrimavera stanno nella parete versola già descritta stanza degli Angioli,e sono Pesci, Ariete e Toro.

Per il segno dei Pesci si vededipinta tra l’acque dell’Eufrate unabellissima Venere con Cupido accan-to, che per liberarsi dalle smaniedell’amante Tideo alla riva, si con-verte con detto picciol Dio in duePesci, e volle poi che questi fosseroposti in Cielo tra i dodici segni delZodiaco in memoria di tal trasfigura-zione, con cui procurò Venere ed ilsuo Amorino la propria salvezza,come narra il Piccolomin.all’Immag. 33.

Per l'Ariete, denominato cosìdall’Are sopra le quali soleva sacri-ficarsi, Virg. 3. Eclog., si figura ilMontone con la lana d'oro, di cui siservirono Frisso ed Elle figli del Redi Tebe, e sopra del quale nel fuggirel'ira d’Ino loro Madrigna, unitamen-te cavalcarono; passando poi ambe-

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Reale, bensì al Ministerodell’Interno, che, costituito nelmarzo 1806 da Giuseppe Bonaparte,esautorava la Segreteria di CasaReale dai compiti concernenti l’am-ministrazione dello Stato. La caricadi ministro dell’Interno era ricoperta,dal novembre 1809, da GiuseppeZurlo.

Gran salone del mappamondo.Questo salone è il più vago e meravi-glioso di quante altre sale o stanzeabbiamo fin qui descritte: esso èlungo palmi 81, largo palmi 401/2,alto fino al cornicione palmi 28.Nella volta vi sono dipinte in cieloazzurro tutte le costellazioni con lapiù rigorosa erudizione e con il giu-sto numero di stelle in oro sopra licorpi delle medesime; ed oltre a ciòvi sono tutte le altre parti alludentialla scienza astronomica, che taccioper brevità.

Nell'imposta della volta, e soprail cornicione in dodici quadri vi sonoegregiamente espresse tutte le favoleanaloghe ai segni dello Zodiaco,trattate dai poeti. Queste vengonointerrotte elegantemente da quattroritratti dei principali astronomi, edai cinque grandi uomini di geogra-fia, e scopritori del nuovo mondo,cioè Amerigo Vespucci, FerdinandoMagellano, Marco Polo, CristoforoColombo, e Ferdinando Cortes.

Questo fregio, ch'è una verameraviglia, viene anche arricchito adestra da quattro donne di misuragigantesca, che hanno relazione conciò che sì dirà in appresso: due diqueste rappresentano la Giudea, eGerusalemme capo e metropoli del-l'antica religione con i loro respettiviattributi. A sinistra le due altre grandonne ivi delineate sono Roma, e

l'Italia, la prima come capo delmondo, e dell'intiera cristianità, l'al-tra come patria di tanti uomini illu-stri nelle arti, nelle lettere, e nellearmi.

Nelle pareti poi dal celebre pen-nello di Pietro Orbista58 insigne let-terato di quei tempi, sono dipintel'Italia, la Giudea, ed il mappamon-do, ed essendo tutte colorite in oro,brillano ad un segno, che superanol'immaginazione.

Detto mappamondo viene corteg-giato da altre quattro gran donne,denotanti le quattro parti del mondo.

Si legge che la regina M. Costinadì Svezia portatasi a vedere l'anno1655 questo sì rinomato edificio,nell' osservare la sala del Map-pamondo dicesse « che meritava diesser coperta di cristalli».

Sarei ben contento se con la rozzamia penna potessi esprimere a v. e. ilfasto, e la bellezza, l'erudizione el'arte perfetta, che spicca in tutti idipinti di questa sorprendente galle-ria; ma mi spiace ancor qui di dover-le significare, che minaccia una tota-le rovina, giacché le tonache in molteparti delle più interessanti si sononon solo crepacciate, ma anche sol-levate ad un segno, che ogni piccolourto, che mai ricevessero si trovereb-bero per terra. Il riparo a tanto malelo soggiungerò nella lettera, cheaccompagna questa mia relazioneall'e.v., imitando ciò, che fece CarloMaratta nella galleria Farnese, enella Farnesina, descrittoci accura-tamente dal Bellori.

Vi sono in questo salone dei pezzicaduti ma a questi può supplirsi conmolta facilità.

detta Capra, collattaneo di essoGiove, coi popoli di Candia, dettiCoricanti, che attorno fanno strepitoe festa; e secondo si legge, dettoCaprone fu trasferito in cielo unita-mente con detta capra per opera diGiove. Cic. De Nat. Deor.

Per ultimo vi è l’Aquario, per ilquale si vede dipinto Ganimede, bel-lissimo giovine figlio di Troe, che conun cofano alle braccia getta acqua inun gran ristagno, dove sono vaghis-sime dee e dei a diporto. Raccontanoi poeti che detto giovane servisse dacoppiere ad Ebe, detta da’ Grecifiore dell’età, e creduta dea dellagioventù, dalla quale, discacciato elevato dall’offizio di coppiere, comelo accenna anche la pittura, che hafigurato la dea in positura di disprez-zo, e con spalle rivolte a Ganimede,compassionandolo poi Giove lo feceda un aquila rapire nel monte Ida,collocandolo in cielo col suo cofano,lo dichiarò suo coppiere e lo pose trai dodici segni del zodiaco, col nomedi Acquario. Virg. I dell’Eneid. emeglio Cartar. circa d. Dea Ebe.

4. Relazione sullo stato dei dipintidel palazzo di Caprarola (1811)

L’originale della relazione è con-servato presso l’Archivio di Stato diNapoli, fondo Antichità e Belle Arti,Segreteria di Casa Reale. È statapubblicata del 1966 nella Rassegnadegli Archivi di Stato.

La relazione è compilata daDomenico Venuti, già direttore inte-rino e intendente presso FerdinandoIV di Borbone. Il documento, cheporta la data del 20 gennaio 1811,non fu inviato alla Segreteria di Casa

La volta celeste della sala del Mappamondo nel palazzo Farnese di Caprarola

58 Le antiche fonti (in particolareLeopoldo Sebastiani, a cui attingeDomenico Venuti) menzionano talePietro Orbista, «virtuoso celebre di

quel tempo», quale autore delle cartedei continenti.

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