5
RECENSIONI 393 ROBERTO NICOLAI, La storiografia nell'educazione antica (Biblioteca di «Mate- riali e discussioni per l'analisi dei testi classici», 10), Pisa (Giardini) 1992, 407 pp. Questo dotto e documentatissimo lavoro, nato come dissertazione di dottorato di ricerca (1990), vede ora la luce sotto i migliori auspici in linda veste a stampa, nell'ambito dell'affermata collana diretta da Maurizio Bettini e Gian Biagio Conte. Oggetto principe dell'indagine è l'inquadramento della storiografia - e delle re- lative speculazioni teoriche - all'interno del sistema educativo degli antichi, in Grecia come a Roma: argomento tanto più stimolante in quanto situato al crocevia fra diverse discipline, suscettibile quindi di essere affrontato sotto svariate e complementari angolature. Il N. si dimostra adeguatamente attrezzato alla biso- gna: muovendosi a proprio agio di fronte a complesse questioni di storia della storiografia, della grammatica, della retorica, della critica letteraria, nonché della pedagogia nel mondo antico, egli si attiene solidamente alle testimonianze, discu- tendole di volta in volta con competenza ed equilibrio, sorretto da idonea institutio filologica e da sempre vigile senso storico. L'«Introduzione» (pp. 11-29) rappresenta quasi una guida alla lettura, for- nendo coordinate essenziali per la focalizzazione delle questioni precipue, e non meno per gli opportuni referenti metodologici. La storiografia antica - in concre- to, la vicenda della formazione e dell'evoluzione di tutto un complesso di idee sul modo di fare storia elaborato nell'antichità - viene programmaticamente analiz- zata, si precisa, non tanto attraverso il diaframma rappresentato dagli stessi autori di storie, bensì piuttosto tramite il filtro imprescindibile delle diverse teorie gram- maticali e retoriche culturalmente operanti nelle varie epoche considerate. Circa i rapporti fra storiografia e letteratura, FA. ha ben chiaro che «l'elemento unifican- te di tutta la storiografia antica, che consente di considerare esponenti di un unico genere letterario Tucidide e Clitarco, Polibio e Livio, non è il metodo di indagine e di ricostruzione, ma la forma letteraria». Diversamente, infatti, da quel che si può osservare per la storiografia moderna, «la storia della storiografia antica è molto più la storia di un genere letterario che non la storia di una disciplina scientifica» (p. 13). E, circa i rapporti tra storiografia e retorica, viene opportunamente puntualizzata la sostanziale differenza di prospettiva che intercorre tra antichi e moderni: «mentre per noi è essenziale accertare l'attendibilità di una notizia, per gli antichi erano molto più importanti la coerenza narrativa e l'efficacia didattica (prima in chiave politica, poi in chiave etica)» (p. 15).

La storiografia nell'educazione antica

  • Upload
    others

  • View
    20

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: La storiografia nell'educazione antica

RECENSIONI 393

ROBERTO NICOLAI, La storiografia nell'educazione antica (Biblioteca di «Mate­riali e discussioni per l'analisi dei testi classici», 10), Pisa (Giardini) 1992, 407 pp.

Questo dotto e documentatissimo lavoro, nato come dissertazione di dottorato di ricerca (1990), vede ora la luce sotto i migliori auspici in linda veste a stampa, nell'ambito dell'affermata collana diretta da Maurizio Bettini e Gian Biagio Conte. Oggetto principe dell'indagine è l'inquadramento della storiografia - e delle re­lative speculazioni teoriche - all'interno del sistema educativo degli antichi, in Grecia come a Roma: argomento tanto più stimolante in quanto situato al crocevia fra diverse discipline, suscettibile quindi di essere affrontato sotto svariate e complementari angolature. Il N. si dimostra adeguatamente attrezzato alla biso­gna: muovendosi a proprio agio di fronte a complesse questioni di storia della storiografia, della grammatica, della retorica, della critica letteraria, nonché della pedagogia nel mondo antico, egli si attiene solidamente alle testimonianze, discu­tendole di volta in volta con competenza ed equilibrio, sorretto da idonea institutio filologica e da sempre vigile senso storico.

L'«Introduzione» (pp. 11-29) rappresenta quasi una guida alla lettura, for­nendo coordinate essenziali per la focalizzazione delle questioni precipue, e non meno per gli opportuni referenti metodologici. La storiografia antica - in concre­to, la vicenda della formazione e dell'evoluzione di tutto un complesso di idee sul modo di fare storia elaborato nell'antichità - viene programmaticamente analiz­zata, si precisa, non tanto attraverso il diaframma rappresentato dagli stessi autori di storie, bensì piuttosto tramite il filtro imprescindibile delle diverse teorie gram­maticali e retoriche culturalmente operanti nelle varie epoche considerate.

Circa i rapporti fra storiografia e letteratura, FA. ha ben chiaro che «l'elemento unifican­te di tutta la storiografia antica, che consente di considerare esponenti di un unico genere letterario Tucidide e Clitarco, Polibio e Livio, non è il metodo di indagine e di ricostruzione, ma la forma letteraria». Diversamente, infatti, da quel che si può osservare per la storiografia moderna, «la storia della storiografia antica è molto più la storia di un genere letterario che non la storia di una disciplina scientifica» (p. 13). E, circa i rapporti tra storiografia e retorica, viene opportunamente puntualizzata la sostanziale differenza di prospettiva che intercorre tra antichi e moderni: «mentre per noi è essenziale accertare l'attendibilità di una notizia, per gli antichi erano molto più importanti la coerenza narrativa e l'efficacia didattica (prima in chiave politica, poi in chiave etica)» (p. 15).

Page 2: La storiografia nell'educazione antica

394 RECENSIONI

Sulla base di queste premesse, FA. può quindi correttamente affrontare la questione della funzionalità della storiografia nella paideia antica, e dunque nel­l'effettiva prassi didattica della 'scuola' greca e romana. Si comprende allora assai bene come, a dispetto della mancanza di una propria autonomia epistemologica, lo studio della storia abbia assolto dapprima - nella grecità classica - un ruolo di fondamentale importanza per la formazione politico-militare, nonché per il tiro­cinio oratorio; per poi gradualmente ridursi a rivestire, dal IV secolo a.C. in avanti, un'utilità di carattere più genericamente morale, come possibilità di acces­so ad un ineguagliabile repertorio di exempla e di praecepta autorevoli, da pro­porre come modello ai discenti nelle usuali esercitazioni scolastiche.

A lato degli argomenti privilegiati trovano pure posto, nell'economia dell'intero volume, molte altre questioni di rilevanza tutt'altro che secondaria: emerge ripetutamente, ad esempio, il problema della strutturazione dei sistemi educativi nell'antichità; né viene sottaciuta la questione del rapporto fra produzione storiografica e pubblico fruitore, con relative implica­zioni riguardanti le forme della comunicazione, gli orizzonti d'attesa dei destinatari, la rispon­denza al 'vero' dei contenuti messi in campo.

La pr ima del le tre parti in cui il l ibro si suddivide anal izza in maniera orga­

nica il rappor to fra «Retor ica e s toriografia» (pp. 31-176) , e si ar t icola a sua volta

in tre sezioni : 1. L'uso della storia e della storiografia nella scuola del retore; 2.

Teorie retoriche della storiografia; 3. La formazione dello storico.

Impossibile rendere conto in dettaglio della ricchezza dei contenuti e della vasta gamma delle posizioni critiche considerate. Mi limito a segnalare, fra le pagine più interessanti, quelle dedicate, nella prima sezione, alle suggestive tesi di Thomas Cole sulle origini della retorica (63ss.: il N. si rammarica di aver potuto utilizzare, del Cole, solo l'articolo apparso su «QUCC» XXIII [1986] 7-21, non il recentissimo The Origins of Rhetoric in Ancient Greece, Baltimore-London 1991). Accade più d'una volta che l'analisi offra all'A. il destro per approfondire Vusus della terminologia: si veda, a mo' di esempio, l'opportuna nota dedicata agli impieghi di èvaycóvioq (pp. 149s. n. 221 ) nel capitolo "EKQpaoig. èvdpyeia e la cosiddetta storiografia tragica (pp. 139-155), all'interno della seconda sezione. Nella terza sezione figura, tra l'altro, un ponderato riesame della lettera ciceroniana a Lucceio (Pam. V 12), nella quale «troviamo applicati alla trattazione encomiastica della porzione di storia continua che interessava a Cicerone (e che era collegata - come appendice o come sezione conclusiva - alle perpetuae historiae di Lucceio) dei precetti normalmente riferibili al genere storiografico. Cicerone dunque», osserva il N., «vuole mostrare che l'argomento da lui proposto è perfettamente degno di un grande storico e che la stessa violazione della veritas è in qualche modo marginale rispetto alle grandi possibilità di efficace resa letteraria che l'argomento stesso presenta. Egli sta commissionando un'opera storica - o meglio: una sezione monografica di un'opera storica con l'accentuazione degli elementi encomiastici - e fornisce all'amico Lucceio le coordinate culturali che rendono ammissibile questa operazione (il riferimento a Callistene, Timeo e Polibio; la menzione dell Agesilao di Senofonte e degli elogi nelle opere di Timeo ed Erodoto). Le motivazioni con cui cerca di stimolare Lucceio, presentandogli i pregi letterari del tema da lui proposto, rientrano in una teoria storiografica vulgata, che forse ha trovato delle specifiche trattazioni teoriche in età ellenistica, ma che potrebbe risalire anche a occasionali dichiarazio-

Page 3: La storiografia nell'educazione antica

RECENSIONI 395

ni programmatiche o alla prassi corrente di alcuni storiografi» (pp. 172s.). Alla luce poi di Att. IV 6, 4, aggiunge il N., «la lettera a Lucceio appare come un documento a più dimensioni»; essa «è infatti un raffinato prodotto letterario, ma è anche una testimonianza della campagna propagandistica avviata da Cicerone dopo il ritorno dall'esilio, come dimostra l'insistenza di Cicerone sul tema delVauctoritas della testimonianza di Lucceio [...]. Accanto alla componen­te di teoria storiografica la lettera rivela dunque una dimensione letteraria e una politica» (pp. 173s.).

La seconda parte dello studio affronta il tema «Grammatica e storiografia» (pp. 177-247), raccogliendo la sfida posta da confini disciplinari spesso incerti e da un territorio lessicale complesso e talvolta insidioso.

Necessariamente essenziale', ma egualmente istruttiva, la disamina concernente Storiografia e poesia (pp. 233ss.): last but not least fra i capitoli qui sviluppati. Premesso che «la storiografia poteva essere avvicinata alla poesia in virtù di una concezione della letteratura - ben diversa dalla moderna - che da un lato tendeva a distinguere in maniera sottilissima i differenti generi letterari e le relative caratteristiche, dall'altro li comprendeva tutti nel campo dell' eloquentia, rendendo possibili accostamenti per noi audacissimi» (p. 234), FA. passa in rassegna e discute una serie di testimonianze fondamentali sull'argomento. Convincenti le conclusioni circa il valore di JtoiqxtKÓc; in Dionigi d'Alicarnasso (pp. 242-246). «La posizione della storiografia nell'ambito delle teorie letterarie antiche», conclude il N., «non è stabile. Essa viene o inserita nel quadro dell'oratoria (attraverso la narratio e il genere epidittico) o collocata in una sorta di limbo, a cavallo tra oratoria vera e propria (quella giudiziaria e deliberativa, che il genere epidittico ha uno statuto a parte) e poesia. A seconda degli interessi contingenti dei trattatisti la storiografia può dunque avvicinarsi più o meno a uno dei due poli di attrazione [...]. È necessario notare infine che la posizione intermedia della storiografia tra poesia e oratoria è in genere implicita e sottintesa, giacché l'unico ad affermarla esplicitamente è Elio Aristide (or. 49, Dindorf II, pp. 513sg.)» (p. 247).

La terza ed ultima parte, organicamente argomentata, riguarda «Il canone degli storici greci» (pp. 249-339). Sono degne di nota le conclusioni cui FA. approda: a differenza di altri 'canoni ' , quello degli storici si configura come una selezione aperta, una struttura elastica ed in movimento, funzionale agli scopi ed alle esigenze dei fruitori.

L'interesse per i 'canoni' non è nuovo nel N., che già si era occupato de // cosiddetto canone dei geografi («MD» XVII [1986] 9-24). Essi «meritano di essere studiati», asserisce preliminarmente FA., «non per emulare la morbosa erudizione classificatoria dei critici greci e romani, ma per entrare nella viva prassi della scuola antica e per comprendere quali autori erano abitualmente studiati ed imitati. Infatti un'attenta comparazione dei canoni in nostro possesso o ricostruibili con i dati che ci provengono dalla letteratura retorica permette di capire quali autori erano tanto familiari da divenire miniere di metafore e di luoghi comuni e

Per la questione delle origini epiche della storiografia - argomento deliberatamente accantonato - FA. rinvia all'utile A.J. Woodman, Rhetoric in Classical Hìstoriography, London-Sydney 1988, 1 ss., 98ss. e passim (con indicazioni bibliografiche).

Page 4: La storiografia nell'educazione antica

396 RECENSIONI

consente di accostarci al sostrato che accomunava uno scrittore e il suo pubblico [...]. Rico­struire i canoni elaborati nei vari periodi, comprendere la loro funzione all'interno del sistema educativo, valutarne il successo e l'efficacia sulla conservazione e la diffusione dei testi vuol dire anche entrare nell'officina degli autori antichi, che - come è avvenuto in ogni epoca -prima di diventare maestri di saggezza, sono stati allievi di insegnanti variamente preparati e da loro hanno attinto regole, modelli e luoghi comuni» (p. 250). Seguono una limpida messa a punto dello status quaestionis dei canoni in generale (pp. 251 ss.) ed un'approfondita discus­sione dei fenomeni relativi alla loro genesi ed alle loro vicende (pp. 265ss.). E lodevole il fatto che il N. prenda in considerazione anche talune testimonianze in precedenza trascurate o ignorate (notevole, fra gli altri, il caso di Cic. Or. l,4s.: pp. 276s.).

Merita menzione un problema di natura critico-testuale, discusso dal N., relativo ad un elenco di autori canonici conservato in alcuni manoscritti bizantini. La prima delle liste for­nite dai codici del gruppo C e l'elenco attestato in M (sigle del Kroehnert) concordano nel dare i seguenti nomi: Tucidide, Erodoto, Senofonte, Filisto, Teopompo, Eforo, Anassimene, Callistene, 'EXXdviKoq (M) vel 'EXÀqvtKÓc, (C), Polibio. Contro l'Usener, che nel penultimo nome si rassegnava ad individuare, fuori ordine cronologico, Ellanico di Mitilene, già il Kroehnert aveva pensato di emendare in 'EÀÀqvtKd, titolo dell'opera di Callistene, ipotizzando natural­mente la dipendenza da un archetipo che contenesse, oltre ai nomi degli autori, anche i titoli delle loro opere. Prendendo le mosse da tale congettura, il N. suggerisce ora di integrare la lista inserendo, accanto a Callistene coi suoi 'EAAqviKd, il nome di Timeo, autore di ZtKEÀtKd: la proposta - certo un po' audace, ma correttamente avanzata con tutte le cautele del caso -consentirebbe di mantenere il numero di dieci storici (parallelo a quello dei dieci oratori attestato negli stessi manoscritti) e di preservare nel contempo la congruità cronologica della serie. La caduta del nome Tipatoc, e del titolo della sua opera sarebbe ovviamente da imputare ad un saut du mime au méme provocato dall'omoteleuto 'EAAqviicd ... ZtKeA.tKd (cf. pp. 306ss.).

Per quanto riguarda l'evoluzione del 'canone' degli storici, essa - secondo l'A. - si lascia ricostruire in tre fasi: 1) «origine probabilmente alessandrina» di un canone vulgato di sei storici (triadi Erodoto-Tucidide-Senofonte + Filisto-Teopompo-Eforo); 2) «fase d'uso», in cui il canone viene sussunto da retori e grammatici, e da questi modificato a seconda di loro proprie istanze o dei gusti del pubblico (in questa fase il N. distingue «un primo momento 'creativo', testimoniato da Cicerone. Dionigi, Quintiliano, Dione (e, per alcuni versi, Ermogene), in cui le scelte sono legate all'evolversi delle mode letterarie, e un secondo puramente ricettivo, in cui è soltanto la progressiva contrazione del numero degli autori letti a determinare la selezione (Yars anonima. Romano Sofista)»; 3) «fase enciclopedico-erudita», attestata da codici bizantini le cui fonti risalgono ad epoca tardo-antica (forse all'entourage di Proclo o di Esichio di Mileto): «i manoscritti testimoniano un canone di dieci storici, adeguato quindi nel numero degli autori al canone degli oratori; nella tarda antichità non importa più sapere quali autori è conveniente leggere e imitare: gli eruditi si accontentano di avere degli elenchi dei rappresentanti dei vari generi; il canone è uscito dalla prassi scolastica (molti autori sono perduti o irreperibili), per entrare a far parte dell'enciclopedismo erudito» (pp. 330s.).

Tra i pregi più considerevoli del volume occorre annoverare la ricchezza senza precedenti dei materiali raccolti e vagliati, che vengono a costituire una sorta di simima delle testimonianze antiche sulla storiografia. Il N. dimostra inol­tre una vasta conoscenza della copiosissima letteratura critica, il che gli consente tra l'altro di fare lucidamente il punto, all'occorrenza, sullo stato degli studi a proposito di non poche questioni.

Page 5: La storiografia nell'educazione antica

RECENSIONI 397

Inesattezze, sviste, refusi - aliter non fit Iiber, direbbe Marziale - non sono numerosi2; in ogni caso, non tolgono pregio alla meritoria fatica dell'A.

G A B R I E L E B U R Z A C C H I N I

Nella «Nota bibliografica»: i titoli di Lucia Calboli Montefusco (p. 346) erano da registrare suo loco sotto Montefusco; l'articolo di E. Mattioli (p. 364) viene segnalato «in Pennacini 1985», ma è omessa l'indicazione di quest'ultimo (si tratta di AA.VV., Retorica e storia nella cultura classica, a e. di A. Pennacini, Bologna 1985); gli articoli di Shackleton Bailey compaiono extra ordinati sotto Schackleton B. (p. 373; stessa grafia errata alle pp. 174 n. 267; 225 n. 122; 393). Inoltre: meglio sarebbe «la Suda» anziché «Suida» (passim): alle pp. 186 r. 5 e 242 r. 13 si legga «po'» in luogo di «pò»; p. 239 r. 17 «Graecis»; p. 264 r. 1 «alessandrini»; p. 331 r. 5 «eópexat».