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La storia di Pinu - Il viaggio

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Emozioni e rimpianti del migrante Pinu durante il viaggio di oltre 24 ore con la “Freccia del Sud”, uno dei primi collegamenti ferroviari che dal nord Italia arrivavano a sud di Napoli senza alcun trasbordo. Era il treno con la percorrenza interna più lunga circolante in Italia (1600 km in circa 22 ore).Mercoledì 12 novembre 1958 il giovane Pinu lascia la natia Polizzi Generosa in provincia di Palermo, Sicilia, per realizzare un sogno professionale in Valle d’Aosta: dal profondo sud al profondo nord. Quando sale sull’ultimo treno, che da Torino lo porta in Valle d’Aosta, scopre da alcuni passeggeri che la lingua della Valle è lo patoué francoprovenzale o il francese, che il siculo non capisce. Altra sorpresa per Pinu è il cibo e soprattutto la pasticceria del nord, molto diversi da quelli siciliani.

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La storia di Pinu – Il Viaggio

Emozioni e rimpianti del migrante Pinu durante il viaggio di oltre 24 ore con la “Freccia del Sud”, uno dei primi collegamenti ferroviari che dal nord Italia arrivavano a sud di Napoli senza alcun trasbordo. Era il treno con la percorrenza interna più lunga circolante in Italia (1600 km in circa 22 ore).

Mercoledì 12 novembre 1958 il giovane Pinu lascia la natia Polizzi Generosa in provincia di Palermo, Sicilia, per realizzare un sogno professionale in Valle d’Aosta: dal profondo sud al profondo nord.

Quando sale sull’ultimo treno, che da Torino lo porta in Valle d’Aosta, scopre da alcuni passeggeri che la lingua della Valle è lo patoué francoprovenzale o il francese, che il siculo non capisce. Altra sorpresa per Pinu è il cibo e soprattutto la pasticceria del nord, molto diversi da quelli siciliani.

Foto di copertina: Treno Freccia del Sud Partenza per la Sicilia 12_prima_Freccia Sud.jpg, sito: tempi.it

Tag: saint vincent, polizzi generosa, pinu, valigia di cartone, sicilia bedda, storia di pinu, cruccio del meridione, addio sicilia,

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Polizzi Generosa 1958 1

Il ragazzo Pinu, allievo pasticcere 1

Il corso di chitarra e la band 2

La mente non inquinata di Pinu 4

Arriva la Televisione in Sicilia 6

Il primo concerto e la proposta 7

La decisione e la valigia di cartone 9

Il viaggio a Palermo e la partenza verso il nord 10

L’ultimo sguardo e la tentazione di non partire 13

Palermo e l’ultimo regalo all’apprendista pasticcere 15

Partenza del treno da Palermo, addio Sicilia bedda 18

Napoli e il golfo 19

La vita bisogna affrontarla come si presenta 22

I colli romani e Roma 22

Firenze dell’Arte “tutta” 25

La pianura piemontese e Torino 26

Il cruccio del meridione 28

Finalmenti arrivammu! 29

Il treno per Saint Vincent 29

Il fazzolettino ricamato 30

Lo francoprovensal 32

Il restaurant Halj Babà 33

La scelta dal menu 36

Il dessert e u pastizzuattu 37

Note sull’Autore 40

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Polizzi Generosa 1958

Polizzi Generosa provincia di Palermo. Mercoledì 12 novembre 1958, era una giornata splendida e soleggiata, umida e con l’aria frizzante, come del resto ci si aspetta nella stagione autunnale. Pinu, si apprestò a lasciare il paese natìo dove ha trascorso i suoi diciotto anni: dalla tenera età , alla adolescenza e fino al raggiungimento dell’età adulta Si lasciò alle spalle l’edificio delle Suore Carmelitane e le scuole elementari nel Palazzo Comunale fino alla classe quinta. Le maestre furono le Suore del Convento, la signorina Rosa Carini, il Maestro Giovanni Borgese e il Maestro Giuseppe Gasparri di Petraia Sottana. L’interessamento per la scuola e la simpatia per gli Insegnanti “tutti molto bravi” fu tale, che alla fine dei corsi annuali, rimaneva nell’anima degli scolari, quel senso di amicizia e reciproca affettuosità.

Trascorsi gli anni dell’obbligo scolastico, i ragazzi venivano indirizzati dai genitori, “secondo la casta?”

Nei vari laboratori di Artigianato locale o; i più agiati, a continuare le altre scuole fino all’Università.

La maggioranza dei giovani però? Venivano quasi obbligatoriamente mandati all’apprendimento dei mestieri artigianali come il falegname, calzolaio, sarto, barbiere e apprendista muratore.

Il ragazzo Pinu, allievo pasticcere

Al ragazzo Pinu, le consigliarono di imparare un mestiere dove avesse potuto lavorare all’interno di qualche laboratorio e non dovere lavorare all’esterno a contatto con polvere vento e brutto tempo. Venne assunto nella pasticceria e bar del Signor Nunzio Lima come aiuto barista e pasticcere. Nella piccola azienda familiare imparò tante cose. Nel luogo di lavoro trascorse circa due anni frequentando anche, alcuni corsi di Arte Bianca

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Merceologìa e alimentazione dolciaria, patrocinata dalla Regione Sicilia e dal Comune di Polizzi.

Dolci Siciliani (dolci-siciliani.com)

Nella pasticceria del Signor Lima, si producevano dei dolci tradizionali e gelati. Mentre il pomeriggio e sera si dedicava a servire nel bar attiguo. A Pinu la curiosità e il sapere sempre di più non lo spaventavano affatto: anzi!! Lo affascinavano e lo facevano sentire un po’ più diverso dai suoi amici.

Il corso di chitarra e la band

Un bel giorno si iscrisse ad un corso di chitarra che; sfruttando le pause di lavoro pomeridiane, si recava alle lezioni di musica tenute dal Maestro Francesco Maria Rodolfi, in un salone da barbiere. Il Maestro per l’occasione suonava il violino e il mandolino.

Dopo alcuni mesi di studio e forza di volontà, si impadronì delle tecniche dello strumento e la conoscenza della musica

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leggera con le sue canzoni melodiche e belle sotto ogni punto di vista. Le stesse, allora; venivano divulgate solamente dai dischi a 68 giri e, per via Radio.

Non occorreva molto tempo per farle rimanere impresse nella memoria canora di ognuno di noi e per lungo tempo. Successivamente, Pinu chiese ai suoi amici che già suonavano nella banda musicale del paese, ed erano un poco più esperti nella musica, di formare un complessino musicale cimentandosi a ricreare quei motivi tanto orecchiabili, e suonarle con tanta voglia e felicità sia per se stessi, che per le varie occasioni che si potevano presentare nelle festività del paese che in quelle familiari. L’idea è piaciuta a tutti che non tardarono ad iniziare le prove.

I strumenti musicale erano: la fisarmonica, il sassofono soprano e contralto, la tromba, il violino e la chitarra di Pinu. Un bel giorno e tutti d’accordo; fecero nascere un complesso di musica leggera, con il nome di: Quintetto Polizzi. Per Pinu e gli amici musicisti fu una grande soddisfazione nel avere creato il gruppo e potersi esibire successivamente nelle varie occasioni di feste paesane e di famiglie; (le più agiate si intende?).

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Andare a suonare nei matrimoni, battesimi, ricorrenze varie e serate di ballo, fu una soddisfazione impagabile. La neo attività oltre ad essere un impegno abbastanza serio, fu anche il passatempo e il divertimento dei giovani di allora. Loro i giovani; per la prima volta si sentirono elementi che servivano a qualcosa, in particolar modo operare musicalmente e pubblicamente in quei paesi sconsolati delle Madonne. (Seconda catena di monti dopo il Monte Etna).

E’ stata una cosa importante e soddisfacente. In particolar modo, la nuova attività fu fonte di gioia e orgoglio nel sapere ricreare fedelmente i motivi delle celebri canzoni, che il festival di Sanremo, proponeva ogni Anno nel periodo del Carnevale, mettendo in gara, sia i cantanti; (veri cantanti) e, le vere canzoni, con parole e musica di un certo significato e forte senso alle cose belle della terra e della vita dell’uomo.

La mente non inquinata di Pinu

Nell’età dell’adolescenza la mente di Pinu era limpida e non inquinata dalla modernità degli anni duemila. Egli viveva soltanto per il lavoro e il sapere sempre di più; in particolar modo le novità e le cose belle della vita. La sua materia grigia era assetata e affamata di ogni cosa nuova potesse sentire o vedere. Egli, si sentiva coinvolto nelle curiosità e novità che la scienza e la tecnica scopriva nuove fonti di aiuti che potessero servire al bene dell’uomo e nella sua Terra.

Il suo desiderio però; era quello di attingere nelle molteplici notizie di quel Mondo artistico e affascinante che sognava sovente e, che vedeva in lontananza, la incapacità di raggiungerlo.

Consapevole però; che un giorno “chissà quando!” Poterlo avvicinare ed esplorarlo nella difficile sua qualità e vastità. (Forse ho chiesto troppo?)

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Speranzoso lui; che un giorno non molto lontano, i suoi occhi avrebbero potuto vedere dal vero, quelle immagini a lungo fantasticate nel suo cervello. A Pinu non era più sufficienti; ammirare e vivere giorno dopo giorno, la solita visione del suo territorio: territorio per altro bello e variegato perennemente presente e da ogni prospettiva.

Dal lato nord egli contemplava quasi sempre i suoi vicini monti Madoniti, innevati nel periodo invernale e soleggiati nel periodo estivo, con alle sue pendici, la verde valle coltivata a nocciole, frutteti e ortaggi vari.

Ai margini inferiori di quei monti, sono nate e nascono ancora oggi, numerose sorgenti d’acqua potabile che, convogliata in diversi ruscelli alimentò i numerosi mulini per macinare il grano prodotto nel territorio di Polizzi.

L’acqua servivì anche ai contadini che incanalata e intubata alimentava le svariate fontanelle della valle. Anche e soprattutto traevano vitalità le numerose piante floreali di origine mediterranea dai colori intensi e profumati.

Monti Madoniti

Fonte: nicobastone.com

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Arriva la Televisione in Sicilia

Fu il 1954 quando arrivò la televisione in Sicilia ovvèro, il momento in cui la scatola magica entrò di casa in casa e nei locali pubblici del paese facendo vedere e sentire le immagini e le voci delle persone che apparivano “virtualmente” in essa.

Pinu faceva sempre in modo di trovare il tempo e andare da qualche parte dove c’era la scatola parlante della TV e guardare i programmi in corso. Qualunque essi fossero; pur che, sentisse parlare, e vedere le varie immagini trasmesse a lui sconosciuti.

Egli, si immedesimava agli avvenimenti del programma in corso, i suoi occhi e le orecchie scrutavano ogni cosa. Voleva vedere cose nuove; (sempre). Immaginava di vedere il grande Mondo Terrestre, bello, somigliante al Paradiso e senza cattiveria. (Magari!!).

La Dolce Vita, 1960 - Fonte: claudiocaprara.it

Pinu sempre più incuriosito e attratto dal nuovo; sognava ad occhi aperti; fantasticava e si diceva speranzoso di toccare un giorno con mano, quante più cose nuove e vere che appartengono ad

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Esso. A sua insaputa quel giorno inaspettato, cominciò ad avvicinarsi al suo corpo in carne ed ossa veramente! Un bel giorno e grazie al neo complesso musicale i cinque ragazzi musicisti furono chiamati dai dirigenti scolastici, per suonare insieme ai canti dei bambini delle colonie al saggio ginnico ed al termine della colonia estiva in Polizzi.

Il primo concerto e la proposta

Accettato l’incarico; ebbero inizio le prove settimanali assieme i bambini che cantavano. Un giorno ed al termine delle prove, la Direttrice scolastica mise una pulce all’orecchio di Pinu, dicendole che forse, c’era la possibilità di andare a lavorare per chi fosse interessato, nella lontana Valle d’Aosta.

Fu in quel periodo di prove musicali e dialogo con le maestre, che Pinu si avvicinò sia pure virtualmente, a quel poco di mondo nuovo da scoprire e da gustare.

Le prove consistevano, nel dare colore musicale e melodia in più ai canti dei ragazzi quando si sarebbero esibiti pubblicamente nella grande piazza (27 Maggio) dove sorge da molti anni il Monumento ai Caduti in guerra; piazza; ubicata ai margini di un promontorio che sovrasta la valle dei mulini e giardini sottostante.

Qualche settimana dopo, giunse il giorno dell’esibizione e del saggio ginnico che si svolse nella grande piazza.

Dal palco rialzato i musicisti ammiravano il numeroso pubblico di fronte, e mentre suonavano vedevano la lunga e larga valle con il fiume Grande o, Ymera Settentrionale al centro, che si snodava fino al mare di Termini Imerese. Quella Domenica di settembre e delle esibizioni con la piazza gremita di persone che assistevano alla manifestazione e mentre era in corso lo spettacolo canoro e musicale de: Il NABUCCO di Giuseppe Verdi e il famoso pezzo del “Coro a Bocche Chiuse”.

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Il Concerto

Pinu vide arrivare la direttrice e sedersi vicino: e, a bruciapelo gli chiese. --- Senti ragazzo con la chitarra, vuoi andare a lavorare nell’albergo e ristorante di mio zio in alta Italia e precisamente a Saint Vincent (Valle d’Aosta?)

Saint Vincent - Fonte: italiapokerclub.com

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Pinu in quell’attimo fu assalito da una grande emozione e molta perplessità: non potendole dare una risposta subito le disse. --- Signorina direttrice, le farò sapere al più presto la mia decisione.

La giornata festaiola terminò con un nulla di “fatto!” Non fu facile per Pinu prendere una immediata decisione.

Passarono alcuni giorni pensando al cambiamento drastico che poteva avvenire nella sua futura esistenza con lo sradicamento dalla sua terra che lo ha visto crescere fino al diciottesimo anno di età. La pausa di alcuni giorni fu lunga penosa e soprattutto, pensosa. Le notti passarono quasi insonni e con tante visioni virtuali; belle e brutte.

Comunque sia: la decisione venne presa e alcuni giorni dopo; Pinu dette la parola alla direttrice dicendole che era pronto a partire per la lontana Valle d’Aosta e affrontare un nuovo lavoro nel nuovo Mondo che stava per calpestare.

La decisione e la valigia di cartone

La settimana dopo e nella seconda parte dell’esibizione pubblica le orecchie e le dita erano impegnati alla musica, ma la mente e la fantasia vedevano altre cose, altri avvenimenti; altrove e chissà quali future avventure. Negli anni cinquanta i cittadini di Polizzi (una buona parte spinti dalla necessità di trovare un lavoro più remunerativo,) partivano per terre ancora più lontane come le Americhe, la Germania, Svizzera, Lombardia e Piemonte ecc. ecc.

Per diversi anni il neo chitarrista, lavorò nel bar pasticceria del Signor Nunzio Lima, attività ubicata in piazza Umberto Primo, capolinea di partenze e arrivi di autobus diretti a Palermo e Catania. Le “corriere” erano quelle della SITA.

Gli automezzi a volte nuove, ma spesso seminuove con trenta o quaranta posti a sedere e un grande porta bagagli sul tetto. Poiché le partenze avvénivano due volte al giorno, per Palermo e Catania Pinu aveva sempre più occasioni di osservare le scene delle partenze che a volte si presentavano davvéro commoventi e strazianti.

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I mezzi pubblici di quel tempo, avevano l’autista e il bigliettaio, solo loro si occupavano alla sistemazione dei passeggeri e dei bagagli.

Sul tetto della corriera venivano issate da diverse braccia, le valige di cartone color cachi, rigonfie di indumenti al limite della

capienza, sempre legate con quella cordicella di canapa di colore chiaro e sfilacciata. Essa; la cordicella allora, rappresentava il simbolo dell’emigrante del meridione d’Italia (Fonte immagine: antoniotonelli.it).

Durante il viaggio insidiose erano i tornanti con curve e contro curve che il mezzo da trasporto doveva affrontare.

Il lungo percorso da Polizzi a Palermo era di quattro ore circa. La corriera si fermava ad ogni paese per fare salire o scendere alcuni passeggeri: il conducente, aveva il compito di salire la stretta scaletta di metallo, posta dietro al mezzo e, controllare che tutti i bagagli erano al suo posto. Solo così si poteva riprendere il viaggio.

Diverse volte Pinu sentiva le grida e raccomandazioni dei familiari dei passeggeri; di legare molto bene il telone che copriva tutti i bagagli allorché questi, non si perdessero o volare via a causa della strada dissestata e piena di buche.

Il viaggio a Palermo e la partenza verso il nord

L’esperienza che fece Pinu, un giorno prima della grande partenza è stata quella di fare un viaggio per Palermo assieme i suoi concittadini emigranti. Quel maledetto giorno, non fu di certo un felice viaggio “anzi” fu una triste giornata. Una parte dei viaggiatori erano abituati a viaggiare e non dettero segni di sofferenza.

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Mentre alcuni che non avevano mai viaggiato soffrirono molto. Dopo qualche chilometro di percorso i loro visi cambiarono di

aspetto. Erano scarni e pallidi, il moto cinetico e le curve della strada, sollecitarono il vomito. Quella poltiglia gastrica acida e nauseabonda, impregnò l’aria all’interno della corriera. Giungere nella città di Palermo, è stata una esperienza terribile.

Ritornato al suo paese, si preparò per la partenza che avvènne tre giorni dopo, così una mattina del mese di novembre, con l’aria fresca e pungente: il Signor Lima e sua moglie Cristina, vennero a casa di Pinu per prenderlo e portarlo fino a Palermo.

Ci fu un triste addio con tutti i suoi familiari davanti casa.

Salito nel sedile posteriore e sistemata la grande valigia e due piccoli colli dentro la Bianchina Fiat (Fonte immagine: spotfiat.myblog.it): si allontanarono mestamente diretti a Palermo e nella Stazione Ferroviaria.

L’ultimo saluto di Pinu ai suoi l’ha mandato mentre la macchina si allontanava; con il braccio e la mano svolazzante nell’aria del suo quartiere: ”Polizzano.”

Durante i primi chilometri di percorso stradale la mente era occupata e distratta dalla gioia di viaggiare su un mezzo meccanico con quattro ruote e un volante. Incuriosito dai pochi congegni dell’utilitaria sul cruscotto; soprattutto era attento al paesaggio autunnale che vedeva sfuggire ai suoi lati.

In quei momenti Pinu era anche attanagliato da un enorme dispiacere cioè , quello di dover lasciare e allontanarsi e chissà per quanto tempo, dai suoi monti e campagne, dal sole e temperature gradevoli, dal cielo azzurro e i suoi amici musicisti e non: come la famiglia Lo Re Vincenzo con il figlio appena laureatosi in Giurisprudenza , e tante altre cose a lui vicini. Il prospetto le appariva veramente desolante.

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Pinu, non si vergognò affatto di dovere asciugare le silenziose lacrime che scendevano inesorabili sulle guance.

Subito dopo l’attraversamento del paese di Campofelice di Roccella, la Fiat Bianchina, si dovette arrestare proprio vicino le sbarre abbassate del passaggio a livello di Cerda “paese famoso, per la manifestazione automobilistica Targa Florio”.

Targa Florio - Fonte: ninovaccarella.com

Intanto: si avvicinò un lungo treno diretto a Napoli che passò velocemente lasciando un fragoroso tremore assieme allo stridente fischio di avviso. Pochi minuti dopo, si aprirono le sbarre consentendo il passaggio delle macchine e i camioncini carichi di carciofi prodotti proprio in quella zona pianeggiante detta “marina”.

Pinu con il viso gia asciutto guardò lo stupendo paesaggio con il mare a pochi metri di distanza, una ricca vegetazione mediterranea, e gli alberi di Oleandri in fiore dal profumo gradevole e dai diversi colori. Quelle visioni; per il momento

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cancellarono i ricordi e i pensieri che si presentarono però; alcuni minuti prima.

L’ultimo sguardo e la tentazione di non partire

Chiese al conducente della Bianchina se: poteva fermarsi più avanti in una piazzola e consentirle di dare l’ultimo sguardo a quello spettacolo naturale della: piana Ellenica con il famoso ponte che attraversava il fiume “Ymera Settentrionale” e, alcuni resti di case e muri appartenuti ad un agglomerato Greco.

Poiché si era nel mese di novembre con il clima molto gradevole, il viaggio fu calmo e sereno con pochissimo traffico stradale.

Qualche ora dopo giunsero nei pressi della cittadina di Bagheria nella periferia della famosa Conca Doro dove le piante di agrumeti erano costellate di fiori di Zagara che riempiva l’aria di quel profumo unico e particolare.

Monreale, la Conca d’Oro (Fonte: ioarte.org)

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Qualche settimana dopo: gli alberelli dalle foglie sempre verdi, si arricchivano di quei punti dorati facendo maturare le arance i mandarini e i limoni, nei mesi successivi. Pinu, approfittò per l’ultima volta di riempire i polmoni di quella aria ossigenata di puro odore e profumo della sua Sicilia; “esclamando. Come è bella la natura, chissà se altrove è bella così?

Contemporaneamente nella mente di Pinu vi si inserirono cose nuove, visioni da tempo cercate, che non ha mai avuto la possibilità di verificarle ed esserle vicino quasi a toccarle.

Per alcuni momenti Egli è testimone di una delle tante aperture della vita; del Mondo in cui sta per entrarci, gradualmente. “Vi pare poco?”

Un lampo grigio si presentò ha Pinu davanti agli occhi: e cioè, quello di chiedersi ancora una volta, “farò bene ad andar via, o ritorno indietro e rimanere vicino alle mie poche cose? ---

Ma, no!! Oramai ho deciso, e le decisioni vanno rispettate!” --- Ora bisogna arrivare in stazione e partire, nonostante la tentazione. L’utilitaria con i tre viaggiatori si misero in cammino verso Palermo e la sua periferia.

Il traffico nella strada statale 113 Sicula, era sostenuto e caotico, c’era una confusione “unica”, in mezzo alle macchine, camion e autocorriere, c’erano i carretti siciliani, per altro. Assai caratteristici. Pinu, con gli occhi aperti a massimo, vede sfilare sia a destra che a sinistra, i primi nuovi palazzi della cittadina: “capitale della Sicilia.” La giornata aveva un clima estivo ed era molto bella. Al piano terra di ogni caseggiato operavano una miriade di attività, commerciali e artigianali.

Quasi tutti i prodotti alimentari, e non, erano esposti fuori, sopra bancarelle improvvisate ostruendo il marciapiede. Anche i meccanici riparavano le macchine, fuori e all’aperto. Con i finestrini aperti, si sentivano tanti odori, gradevoli e sgradevoli. I pesci appena pescati venivano sistemati dentro le loro cassette con del ghiaccio e alghe marine dal colore verde intenso. Il profumo del pesce fresco si sentiva prepotentemente assieme alle

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grida dei venditori che invitavano i passanti ad acquistare i prodott

Palermo e l’ultimo regalo al suo apprendista pasticcere

A Pinu, le sembrò di essere veramente in un altro mondo. Alcuni pesci si muovevano ancora, erano veramente vivi. I tentacoli dei polipi cercavano di uscire dalle cassette di legno ancora bagnate dall’acqua del mare. Le antenne e le chele di alcuni grossi crostacei dal colore rosso, si muovevano disperatamente, in cerca di quel ambiente marino che ahimè non troveranno più!!

Gli occhi del nuovo arrivato a Palermo erano in continuo movimento, e dal traffico cittadino, e da tutto quello che osservava. Alla sua destra vi era un caseggiato a diversi piani di colore rosso chiaro, con una scritta sul muro: Sant’Erasmo. Era il punto in cui arrivavano i pescatori con le barche e barchette con il prezioso pescato proprio nelle vicinanze delle bancarelle di vendita.

Chiese al Signor Nunzio, se si poteva stare ancora per qualche minuto, e osservare per l’ultima volta, quello scenario marino e pittoresco. Anche con i pescatori che tiravano a riva le barche mettendo ad asciugare le reti sulla scogliera.

I pescatori più anziani avevano la maglietta dal colore bianco e i calzoni tirati fino ai ginocchi, i giovani erano a dorso nudo e calzoncini corti. L’acqua del mare si avvicinava ai piedi dei pescatori con piccole onde, le barche erano dipinte con colori vivaci e tutte evidenziavano la scritta del proprietario da un lato; mentre dall’altro lato vi era stampata la Trinacria: (stemma della Sicilia.)

A Pinu quelle scene assai pittoresche e a portata di mano! Le hanno dato l’opportunità di fotografarle mentalmente.. Esclamò a bassa voce. --- A!. Potessi avere ora qui colori e pennelli e immortalare su tela, questo magico momento di pittura con scenario vero e personaggi veri! Chiese ancora ai due accompagnatori di restare ancora pochi secondi e permettere a

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Pinu, di dare l’ultimo sguardo e riempirsi gli occhi di quella marina della non più sua Sicilia. La zona era quella dell’acqua dei corsari luogo in cui anticamente approdavano i barconi dei Corsari veri.

Poi, l’entrata dalla porta Garibaldi una grande porta ad arco con muri in pietra e marmo bianco, dedicata al famoso Patriota. Varcato il grande muro di cinta con alla sinistra la famosa Villa Giulia con il suo bellissimo giardino; la Bianchina inizia il percorso della (via Lincoln) che porta nella grande piazza e Stazione Centrale delle ferrovie italiane.

Garibaldi - Fonte: grifasi-sicilia.com

Il palazzo è grande e a forma di una U, l’esterno è rivestito di marmo bianco con al primo piano gli uffici amministratrici, mentre al piano terra vi erano le biglietterie con il grande atrio e sale di aspetto comunicanti con i numerosi binari da dove erano pronti i treni in partenza, e quelli appena arrivati.

Il Signor Lima si apprestò a fare il biglietto con destinazione: Torino Porta Nuova e un altro, Torino Aosta in partenza trenta minuti dopo. I biglietti furono offerti dall’ex datore di lavoro. “Ultimo regalo al suo apprendista pasticcere”. Pinu, e i due accompagnatori “speciali”, si avviarono verso il lungo treno in sosta al binario numero otto.

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Per l’ultima volta Pinu calpesta il suolo della sua Sicilia, intanto: una voce amplificata annunciava la partenza del treno “freccia del sud” per Torino, fra dieci minuti circa.

Le numerose carrozze di prima e seconda classe dal colore terra di Siena con al centro due carrozze di colore azzurro chiaro destinate a vagone letto e a viaggiatori facoltosi. Mentre per Pinu, fu un posto a sedere in scompartimento di seconda classe e, assieme ad altri passeggeri che emigravano per altre destinazioni.

Prima di salire in carrozza Pinu, riceve le ultime raccomandazioni e incoraggiamenti. Stretto tra i due Signori e con le lacrime che scendevano copiose sul viso, promette di fare tesoro dei consigli rispondendo: “Coraggio,forza di volontà e umiltà sono gli ingredienti necessari per chi va, per il Mondo in cerca di fortuna e conoscenza”.

Si salutarono con rispetto e delicatezza, mentre i due Signori di Polizzi scendevano i due scalini della carrozza, Pinu si affacciò dal finestrino alzando il braccio e con la mano saluta ripetutamente la Signora Cristina e suo marito Nunzio,tutti e tre commossi e con gli occhi bagnati;intanto lo stridente fischio del capostazione dava il via al lungo treno.

Freccia del Sud

Denominazione attribuita dalle Ferrovie dello Stato ai treni Direttissimi che collegavano Milano Centrale alla Sicilia.

Il treno venne istituito negli anni 1950. Fu uno dei primi collegamenti ferroviari che dal nord arrivavano a sud di Napoli senza alcun trasbordo, era il treno con la percorrenza interna più lunga circolante in Italia (1600 km in circa 22 ore).

Negli anni 1960 raggiungeva composizioni dell'ordine delle 19 carrozze complessive al traino delle, allora nuovissime, locomotive E.646; è stato definitivamente soppresso dal 1°marzo 2010.

(Fonte: it.wikipedia)

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Partenza del treno da Palermo, addio Sicilia bedda

Il convoglio prende velocità allontanandosi dalla stazione, lasciandosi alle spalle palazzi case e giardini di Palermo con esse: Pinu, lasciava tutto e tutti. Ancora una volta le apparve un lampo di nostalgia. Riapparvero nella mente, i familiari, gli amici, gli strumenti musicali e quant’altro. Chiuso il vetro del finestrino, si sedette guardando fuori ma; vedeva sfumare e sfuggire tutti i contorni delle cose. Nel tratto, da Palermo a Cefalù , nello scompartimento e assieme ai suoi compaesani siculi, non fu pronunciata una sola parola. “Regnava un silenzio assoluto: sconfortante.”

Due ore dopo il lungo treno arrivò nella stazione ferroviaria di Messina. Il traghetto dello Stato, era già pronto per imbarcare le carrozze per Villa San Giovanni “Calabria”.

Dopo trenta minuti di navigazione nelle acque dello stretto, la nave attraccò nel molo di Villa San Giovanni, dove venne ricomposto con la motrice in testa, e, pronta per il traino delle carrozze colme di viaggiatori vari, diretti a Roma e Torino. Pinu,assistette all’ultimo saluto della Sicilia, che si allontanava sempre di più. Durante il percorso del treno e lasciandosi alle spalle la stazione ferroviaria di Villa San Giovanni, costeggiò il litorale calabro e l’acqua azzurra del mare.

I siculi a turno si affacciarono al finestrino e, ammirando i monti che sovrastano la città di Messina: esclamarono (in dialetto siciliano): “Addio terra mia! Addio Sicilia bedda (bella).

Ciao campagna amara e faticusa! (faticosa.) – Chissà quannu viiu a matruzza mia!! (quando vedo la mia mamma)”.

“Ti salutu figghiuzzu miiu, to patri ti penza sempri!! (Ti saluto figlio mio,tuo padre ti pensa sempre)” ecc. ecc.

Per Pinu, non è stato di certo confortante sentire gli addìi così strugenti,così passionali.

Sui visi degli emigranti si notavano chiaramente i segni di affettuosità verso i familiari e, la loro terra . Gli occhi erano

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bagnati e con gli sguardi fissi e penetranti diretti verso quella sagoma, che sfuggiva sempre di più e inesorabile.

Pinu, con il morale a pezzi e commosso,si fece forza e coraggio, dicendo a se stesso: - Nelle circostanze attuali non ci sono parole: ovvèro! Dirsi che la vita stessa è artefice di tutto questo, e noi esseri umani, dobbiamo assecondarla e farcela partecipe, nel bene o nel male.

Napoli e il golfo

Intanto il lungo treno sfrecciava veloce verso Salerno e poi Napoli. Era già notte fonda. Di tanto in tanto si vedevano le luci e i cartelli che indicavano le stazioni secondarie. A velocità sostenuta tutte le luci dei lampioni sembravano avere una scia, luminosa come le comete del mese di agosto e, della notte di San Lorenzo, che sfrecciano nel cielo veloci.

Poiché era impossibile riposare o dormire, Pinu, seduto accanto al finestrino ammirava sempre, e ogni cosa! La notte si allontanava e lasciava il posto al chiarore dell’alba.

Golfo di Napoli (Fonte: naples-napoli.org)

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Il Golfo di Napoli con il suo Vesuvio, erano già visibili e vestiti di quella tinta blu scuro o carta da zucchero.

Lo scenario di quell’alba dettero a Pinu quella sensazione e visione che immaginava da sempre; e cio’è “pittorica”.

”Da ragazzo viveva il suo mondo virtuale in cerca di quei luoghi che potevano essere trasferiti su tela e che avevano quel fascino unico, e che vedevano solo, gli occhi dei pittori.

Quante volte ha copiato in piccoli bozzetti alcuni scorci della città del pennacchio; quel mare sempre azzurro del Golfo, costellato di pescherecci e barche con le lampare accese e pescatori in continuo movimento.”quando c’era abbondanza di pesce!”

I disegni più cari a Pinu, erano quelle delle cartoline di Napoli e gli immancabili alberi di pini marini a forma di ombrello; visti in primo piano.

Erano scene marine in cui gli occhi di Pinu, li vedevano sempre;talmente erano memorizzate nel cervello, che li disegnava a memoria con la matita e subito dopo: con i pennelli e colori. “Quando li poteva avere,i colori!!”

Ricorda Pinu: quando andava alla scuola, terza elementare ubicata nel palazzo comunale di Polizzi e con il maestro “Borgese”; durante le lezioni alla lavagna,quasi sempre al Maestro, ci si spezzavano i gessetti e cadevano a terra. Pinu, era sempre pronto a recuperare i spezzoni, chiedendo al Maestro se, poteva tenerseli.

Perchè all’uscita della scuola sovente si fermava per disegnare su una pietra del muro del Comune, quelle visioni di Napoli.

Un giorno, mentre si accingeva a disegnare la solita barca a vela rigonfia dal vento, vide arrivare un Signore che; le porse in mano una piccola scatoletta con dentro sei pastelli di vari colori dicendogli: “Scegli il colore giusto per la barca e le vele che stai disegnando!”

Al neofita pittore, le sembrò di sognare, non voleva credere, a quel regalo. Quel Signore si allontanò, ma fu veloce Pinu, a

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raggiungerlo e tirandolo per la giacca di velluto; lo ringraziò immensamente tornandosene al suo muro e continuare il disegno della sua barca a vela. Qualche giorno dopo: vide che era un Maestro supplente che insegnava ad un’altra classe. Quei pastelli: li teneva come qualcosa di pregiato, da non perderli mai, non adoperarli per non consumarli.

Quando il treno lasciò la stazione di Napoli, era l’inizio di un’altra giornata. Dentro lo scompartimento regnava un certo silenzio; rotto soltanto dai sguardi che s’incrociavano ripetutamente,come se ognuno cercasse di dire qualcosa. Ma,che cosa!! Era l’ora dello spuntino.

E intanto che i siculi aprivano le valige e prendere il necessario per la colazione,si avvertivano forti vibrazioni con stridenti fischi di treno a forte velocità che facevano veramente paura!

La colazione di Pinu, è stata di un caffè e due croissant. “Briosce con canditi e sopra una ghiaccia di zucchero e mandorle.” Che erano di gran moda in quel periodo.

Croissant e caffè

Immagine: thisnext.com

/tag/chocolate-croissants/

Mentre i compagni di viaggio, si gustavano i loro prodotti portate da casa come: il pane casereccio dal profumo di grano,il formaggio pecorino dall’odore forte e caratteristico, il vino dal colore e sapore siciliano che; misto a quello dei piedi appena tolti dalle scarpe; fu, veramente! “Un soffrire,e partecipare”.

Le narici di Pinu, erano abituati a ben diversi odori come, i dolci appena sfornati, la vaniglia, cannella, chiodi di garofano e, essenze di limone o arance.

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Però: nell’occasione di quel viaggio, Pinu, sentì per l’ultima volta; quelli, della Sicilia e dei siciliani con i loro prodotti dai profumi e “puzze”del tutto personali.

La vita bisogna affrontarla come si presenta

E, tra una galleria e l’altra, pensò, “brevemente”, alle parole dette e sentite prima della partenza; cioè, che la vita bisogna affrontarla come si presenta, con i lati belli e brutti, fare fronte alle difficoltà, comprendere l’importanza della socializzazione tra esseri umani e,non. E, perché no! Sopportare le ingiustizie verbali di chi non sa, esprimersi con chiarezza e!! Ahimè … gli odori corporali di coloro che non hanno affinità con l’acqua e sapone.

I colli romani e Roma

Il treno “freccia del sud”, lasciata la stazione partenopèa, punta per quella di Salerno.

I cartelli che indicavano: Margellina, Posillipo,Pozzuoli ecc. si leggevano a stento a causa della velocità del convoglio;e, lasciandosi alle spalle il Golfo e le due gobbe de Vesuvio, gli occhi e le orecchie di Pinu guardavano e sentivano “tutto”, nella mente apparivano i motivi e ritornelli delle celebri canzoni napoletane suonate assieme ai musicisti “amici:”del quintetto polizzi. Le melodie erano: o sole mio…- maruzzella..- i te vurrìa vasàà…ecc. ecc.” bei momenti di gioventù”.

Dopo qualche ora di viaggio, si vedevano le pianure del Lazio e in prossimità di Roma: i famosi “Colli Romani”. Vegetazione e colori autunnali facevano venire in mente a Pinu, i meravigliosi dipinti con scene romanesche: dei grandi pittori di un tempo dai nomi di, Rembrand, Velaschez, Boldini, ecc.

Intanto il convoglio ferroviario fischiettando sovente per annunciare il suo passaggio nei svariati passaggi a livello e stazioni, si accinge a fermarsi nella stazione di Roma e sostare per circa un’ora.

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Colli Romani (Fonte: melmoday.blogspot.com)

Da lontano vide il grande cupolone della Chiesa di San Pietro e una grande vegetazione interrotta da grandi palazzi con l’intonaco color giallo di Napoli e tinta ocra; colori, assai significativi nei bozzetti di Pinu.

A bassa voce esclamò: “Sono,a Roma? E nella capitale d’Italia? Nella città eterna? Che fu di Giulio Cesare, un tempo! E che oggi è sede del Vaticano, e del Governo Italiano?”

Grandissima città visitata perennemente da moltissimi turisti provenienti da tutto il Mondo terrestre.

Pinu, faceva fatica a credere che lui, posava già i suoi piedi sul suolo di Roma. Ci sembrava di sognare a occhi aperti. Chiese informazioni ad un ferroviere con il cappello in testa. “Scusi Signor ferroviere, per quanto tempo si ferma il treno, e se, posso scendere dal vagone per visitare la grande stazione”. Il ferroviere le rispose sorridendo: “Fai con comodo, si riparte tra circa sessanta minuti”. “Bene grazie!”

Pinu si raccomandò ai suoi compagni di scompartimento di tenere sott’occhio la valigia perché voleva visitare almeno, una piazza di Roma e l’inizio di una sua via.

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Comprato un panino con salame si avviò nei dintorni della stazione e con il panino che entrava e usciva dalla bocca: visitò una grande piazza con alti palazzi piena di macchine in sosta, tante carrozzelle trainate da cavalli e un brulicare di persone; “anche di colore!” I minuti disponibili al neo visitatore, terminarono velocemente.

Dando uno sguardo all’infinito Pinu, esclamò con gioia: “Sono stato a Roma, finalmente!” Visionò il suo orologio al polso sinistro, e si avviò verso il binario dove era in sosta il treno.

Salì i tre scalini della carrozza e si sedette vicino i suoi amici che lo attendevano impazienti e preoccupati.

Uno di loro scocciato le disse: “Minchia! Assai ci mittisti a turnari”. (Cavolo! Troppo tempo ai messo a tornare).

La risposta di Pinu, fu: “Per quel poco che ho visto! La Capitale d’Italia è troppo bella!”

Ma, in quel preciso istante dall’alto parlante una voce con timbro ferroviario annunciava la partenza del treno diretto a Torino; con le fermate a: Firenze, Bologna, Piacenza, Alessandria e Torino.

Ancora una volta, sente il fischio stridente del Capotreno con la paletta in mano, da il via libera al lungo convoglio. Dal finestrino vedeva allontanare i palazzi romani, in pochi minuti si era in piena campagna laziale: Gli alberi di pini a forma di ombrello, si vedevano sempre meno,in compenso: altri alberi come le betulle o le querce, quasi venissero incontro al treno.

Lunghi campi coltivati,colline di varie grandezze,erano ovunque si guardasse; paesi costruiti anticamente, sopra le loro cime; la Chiesetta con il suo alto campanile: svettava verso il cielo azzurro e, quasi sempre ubicata nel centro abitativo. Pinu, era estasiato, nel potere ammirare tutto ciò: per Lui; sarebbero state immagini da trasferire su tela. Immagini del tutto diverse, come diverso era “tutto”.

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Firenze dell’Arte “tutta”

Anche l’aria che entrava dal finestrino semi aperto: era “diversa”, più fresca e pungente, l’odore delle campagne si mescolava a quello delle ciminiere di alcune fabbrichette della Toscana inferiore confinante con il Lazio.

Il lungo treno fece sosta nella città di Firenze.

Firenze (Fonte: florenceartacademy.it)

Quella Firenze, dei grandi personaggi dell’Arte “tutta”. Come, Dante Alighieri, Leonardo, Giotto e Bernini lasciando ai posteri di tutti i tempi: quella magnificenza di opere intramontabili.

Lasciata la stazione di Firenze e Prato, il lungo treno corse sui binari entrando e uscendo dalle gallerie dei monti Appennini lasciandosi alle spalle il territorio toscano.

Verso la città di Bologna le fabbriche divennero più numerose, alte ciminiere sbuffavano nuvole di vapore e fumo. Questo si differenziava dal vapore perché era più nero e puzzolente. Ed ecco le fabbriche o luoghi di lavoro e produttività del Nord di cui sentiva parlare sovente a Polizzi. Lunghi capannoni con il tetto ricurvo e rialzato da un lato chiuso a vetrate era per permettere alla luce del giorno di illuminare l’interno dove operavano gli

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operai. Terminate le gallerie buie dei monti Appennini in un alternarsi di “luce e buio,” rotto solamente dal fragore assordante dall’incrocio di un altro treno.

Nei pochi secondi del passaggio incrociato: tutto tremava, le carrozze vibravano e i vetri dei finestrini davano l’impressione di volare via trascinati dalla furiosa scia in allontanamento.

Imperterrito e all’inpiedi, Pinu pensava, farneticava e si chiedeva: “Ecco! Come è il Mondo! Fuori di casa”. “Ce la farò ad assecondarlo? Sarò in grado di sopportare ogni cosa nuova che si presenta?” Egli continuava a dirsi! “Ma si! ...

La gioventù vicina agli anni venti è in grado di affrontare tutto. La natura stessa dell’uomo, ha impresso quella forza d’animo che, unita al buon senso, da la carica giusta per ogni affronto e ostacoli che, la natura stessa “a volte propone!”

Quel Mondo Nuovo; tanto immaginato da ragazzo, ora, lo sta toccando;vedendo e sentendo. Dopo le gallerie, ecco i monti e colline appenniniche ricoperte di una folta vegetazione vestita dai colori autunnali. Il cuore e l’anima si aprivano di fronte allo spettacolo di, quella faccia della “natura”, che offriva.

La pianura piemontese e Torino

Erano le ore pomeridiane, il lungo viaggio stava per terminare, la pianura Piemontese si presentava a Pinu, immensa! Grandi campi coltivati a grano e riso. Questi erano bruciacchiati volontariamente dai coltivatori, rendendo in cenere i steli delle spighe che rimanevano attaccate alle radici.

In prossimità della città di Alessandria, lo sguardo di Pinu, vede in lontananza e all’orizzonte, i monti innevati delle Alpi occidentali. Pensò subito al Monviso, che è il più alto e si trova alle spalle della città di Torino. L’aveva studiato a scuola.

Il treno in prevalenza “degli emigranti meridionali!” stava per entrare nel territorio torinese. La periferia era costellata da

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piccole e grandi fabbriche; recintate da un muro di cinta che delimitava il posto del lavoro interno.

Alte ciminiere in mattoni rossi e torri in metallo preannunciavano una possibile occupazione alle braccia dei nuovi arrivati.

Ancora una volta sentì la voce dei compagni di viaggio che,esclamando in dialetto dissero. ---- “Michè, Frà, Giuà; mi pari di travagghiari già dintra a fabbrica.” (Michele,Franco, Giovanni mi pare di lavorare già; dentro la fabbrica.)

Espressione genuina ed umana che uscì dalla bocca di un uomo in cerca di “lavoro”. E di un salario dignitoso che potesse fare fronte alle esigenze di famiglia; altrimenti,preclusa nel meridione.

Per la prima volta Pinu, vede da vicino e non più dalle pagine dei rotocalchi; le insegne luminose grandi sui tetti e sui muri dei palazzi torinesi dei marchi famosi dei prodotti di consumo.

Gli occhi fissarono a lungo l’insegna delle: (acciaierie torinesi) intanto che il convoglio rallentava la sua corsa per entrare nella stazione di Torino: ammira l’insegna luminosa e di colore rosso della F.I.AT, la famosa fabbrica dove venivano costruite le macchine automobilistiche del dopo guerra.

FIAT Mirafiori (Fonte: zipnews.it)

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Il siciliano si trovava a contatto diretto; con quel mondo a lui tanto lontano e irrangiungibile. E, soprattutto: in alta Italia.

Nella prima lettera che scrisse alla sua famiglia e, al Signor Lima, e con la sua misera cultura!

Spiegò con tanta gioia e soddisfazione, tutto quello che aveva visto nell’attraversare lo stivale italiano; da SUD a NORD. Non certo tutto!!

Con poche parole cercò di descrivere i luoghi, le cose, la diversità, la magnificenza e, la cosa più importante:il lavoro: qualsiasi lavoro! Uno stipendio sicuro! E un avvènire migliore: come migliore si prospettò e attuò: l’ascesa economica e industriale del centro nord.

Il cruccio del meridione

Il “cruccio del meridione” è stata sempre la diversità economica e di produzione varia. Di certo nella Sicilia di Pinu, non sono mai venuti meno gli uomini intelligenti ed onesti: (anzi!) costoro, hanno dovuto espatriare e disseminarsi ovunque nel mondo.

Per incompatibilità intellettive, senso di onestà ed altruismo, queste persone, hanno consegnato ( a suo tempo! e, malgrado loro!) la Sicilia e i siciliani a personaggi che non hanno saputo amministrare onestamente e consapevoli del bene altrui. (Peccato!!!)

Un breve flesc è apparso, quando il treno era alle porte della città , pensò a quando le disse il Signor Lima titolare delle pasticceria, qualche giorno prima di partire per la Valle d’Aosta: “Ricordati che il posto di lavoro da me; ce sempre e in qualsiasi momento”.

Anzi: le disse che dopo il periodo di conoscenze dell’arte dolciaria del nord avesse voluto ritornare nel suo laboratorio, glie lo avrebbe dato in gestione. Le parole di quel Signore sono state di un conforto in più.

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Finalmenti arrivammu!

Alle ore diciotto la Freccia del Sud, si fermò nel binario numero venti della stazione porta nuova di Torino. I freni della motrice si fecero sentire ancora una volta liberando nell’aria quello stridente fruscio dando alle carrozze, uno scossone forte che fece traballare tutto.

L’ennesima espressione sicula, la sentì dai suoi amici di viaggio che dissero: “Finalmenti arrivammu! …

Minchia chi friddu!! E ora tucca a nuautri!! ...

(Finalmente siamo arrivati, cavolo che freddo! E ora tocca a noialtri …)”

Nel marciapiede regnava una confusione unica, sui visi dei nuovi arrivati, si vedeva lo stupore e le decisioni da prendere.

I parenti andavano incontro tra valigie, colli e pacchi legati con quella cordicella di canapa sfilacciata e di colore bianco. I carrelli erano carichi di tutti i bagagli immaginabili che spinti dai facchini li portavano verso l’uscita della stazione e prendere i Taxi.

Pinu, invece: si avvìo verso il binario ventiquattro dove lo attendeva il treno regionale per Aosta.

Il treno per Saint Vincent

Chiese ad un ferroviere con divisa, se, quel treno si fermava nel paese di Saint Vincent, con il si.. affermativo: si diresse con in bocca il biglietto, la valigia nella mano sinistra e altri due colli nella mano destra, si avvicinò alla carrozza di seconda classe e salì per prendere posto. La valigia e la borsa posati sul marciapiede le andò a prenderli subito dopo, intanto si avvicinarono alcuni studenti con libri e cartelle in mano che rientravano a casa dopo le lezioni alle varie università di Torino.

Dall’alto parlante che gracchiava un pò, una voce poco definita, annunciava: “ diretto per Chiasso Ivrea Aosta” è in partenza dal binario ventiquattro; i signori viaggiatori sono pregati di salire.”

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Ancora novanta minuti di ferrovia per giungere nella cittadina del “Casinò”, e dove era atteso dallo zio della direttrice della colonia di Polizzi.

Lo sconosciuto venuto dal profondo SUD, si trovò a contatto diretto con dei giovani studenti valdostani. Loro! Parlavano e scherzavano di continuo, altri leggevano o scrivevano.

Nello stesso tempo Pinu, ascoltava le parole dei giovani in un corretto linguaggio italiano; mentre alcuni parlavano il dialetto valdostano simile alla lingua francese, ma che il siculo non capiva affatto; “nulla.”

Non sapeva cosa fare, intanto salutò uno di loro, le è sembrato il più adatto a scambiare poche parole.

Le chiese- che scuola facesse a Torino. Le è stato risposto che- frequentava il terzo anno al Politecnico.

Parole a Pinu, tutte nuove: ben dette: parole che al suo paese non aveva mai sentito. Ma le piacevano quelle parole; le piacevano i comportamenti dei giovani; anche perché lui si sentiva vicino alla loro età, alla loro gioventù: però: non si sentiva alla pari, non lo era culturalmente e socialmente.

E mentre il treno lasciava la stazione di Ivrea, lo studente disse a Pinu che scendeva al primo paese della valle d’Aosta e cio’è a Pont Saint Martin. Era già sera, il vetro del finestrino non si poteva abbassare per dare uno sguardo fuori perché entrava aria troppo fredda; era aria dei monti vicini e con le punte innevate. Si contentò di scrutare attraverso il vetro un po appannato, le campagne e gli alti monti.

Il fazzolettino ricamato

Assieme i contorni del paesaggio si incrociavano virtualmente, i visi dei suoi familiari: I genitori, gli zii, i fratelli più giovani Salvatore e Mario, le famiglie Lima e Lore. Sua nonna Concetta e zia Maria, che prima di partire da casa gli mise nel taschino della

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giacca a quadretti, un fazzolettino nuovo e, con la punta rivolta in su.

A Polizzi era di moda nelle Domeniche e festività attuare questa usanza: lo portavano tutti coloro si sentissero più “civili!.”

E mentre pensava, dagli occhi scendevano copiose lacrime salate che solcavano le rosee guance di Pinu asciugandole con quel fazzolettino, assai provvidenziale.

Lo stesso: passando sotto il naso le fece sentire e, ricordare; alcuni sapori e profumi di casa, come: la biancheria lavata a mano e con dei saponi particolari.

Fazzoletto da taschino

Immagine: casamento.

culturamix.com

Era un quadrato di seta 15x15 con un ricamino fatto con filo di seta, e, la figura di un cardellino giallo sopra un ramoscello con un piccolo fiore di pesco.

Fazzolettino ricamato dalla mamma Momò, ”Gandolfa” realizzato quando andava a scuola di ricamo dalle suore Carmelitane.

Trascorso il momento pensieroso della sua casa e con gli occhi ancora bagnati, vide apparire dalla porta scorrevole della cabina il controllore chiedendole - biglietto prego!!

Consegnato il talloncino dal colore grigio chiaro, venne perforato due volte dalla curiosa pinza a scatto in dotazione ai bigliettai e tranvieri di quel lontano periodo.

Visto il volto di Pinu, ancora umido dalle lacrime:si fermò un’istante tra la porta e il corridoio della carrozza, e gli chiese:- giovanotto,si sente male?- Posso aiutarlo?- Ha bisogno di qualcosa? Educatamente le fu risposto:- no grazie,pensavo a casa mia e i miei familiari..

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Il controllore con un gesto umano, poggiò la mano sopra la spalla e toccandole la guancia ancora umida, le sussurrò:- coraggio ragazzo, che, allontanandosi le fece un caldo sorriso e un amichevole occhiolino.

Quel momento felice e incoraggiante, fu per il giovane passeggero,un vero “tocca sana” una medicina miracolosa e rincuorante. Un aiuto morale e stimolante per un corpo “abbattuto e solo”. Pinu, voleva abbracciarlo e dirle tante cose; chissà quale cose!!.. Ma, una cosa capì: che nel mondo esistono ancora persone piene di altruismo e comprensivi, che sanno leggere sui volti, le espressioni di sofferenza e solitudine.

Quel ferroviere con divisa e pinzetta, ha fatto un nobile gesto; forse voleva dirle alcune cose: infatti: poco dopo riapparve il buon’uomo e si sedette accanto a Pinu, dicendole: - anchìo ho provato e vissuto questi momenti, - anchìo sono originario dalla Sicilia; mi chiamo Francesco e sono da un paesino della provincia di Messina. Sono diplomato in ragioneria e ho fatto domanda per un posto in ferrovia mandandomi, qui a Torino, svolgo la mansione di controllore, nella linea Torino Prè Saint Didièr.

Ho due zii che lavorano alla FIAT e sto con loro. – Sai Pino! Ho capito subito il tuo stato d’animo, l’ò letto nei tuoi occhi. Anche io ho pianto quando mi sono trovato solo e lontano dai miei cari; ritrovarti in un altro luogo,con altra gente altre abitudini, - ora devo andare, ciao Pino …

Lo francoprovensal

Dopo la breve compagnia del ferroviere, un Signore salito alla stazione di Donnàz, si sedette proprio di fronte e cominciò a parlare guardando fisso il volto di Pinu, chiedendole subito e con modo strano: “Dove vai giovanotto! Da dove vieni? Come ti chiami? Hai un lavoro che ti aspetta?”

La risposta di Pinu, è stata immediata: “Si! ... Lavorerò in un ristorante e, albergo dal nome HALJ BABA’a Saint Vincent”.

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“A! Bene bene! ... Sai che qui in valle d’Aosta si parla anche il francese?”

“Me lavevano detto prima di partire”, e poi l’ho capito leggendo un cartello di pubblicità, dove era scritto “Restaurant” che significa: ristorante.

“A! Senti! ... Ancora una cosa. Ti do un consiglio: quando entri in un locale pubblico e vedi che ha la maniglia della porta d’entrata di metallo attento alle dita della mano perché,quando la apri, ti possono rimanere attaccate a causa del forte freddo invernale: attento e …” A Pinu, le sono entrate, le prime difficoltà e incertezze.

Finalmente, il treno si fermò nella piccola stazione di Saint Vincent erano, le ore venti e otto minuti, uno studente aiutò a fare scendere la grande valigia di cartone color giallo scuro e pesante facendosene carico fino in piazzetta dove era pronto il pulmino a otto posti, che portò gli occupanti fino alla sosta nel (viale Piemonte) proprio vicinissimo all’albergo Halj Babà.

Il restaurant Halj Babà

L’aria era decisamente fredda e pungente, per uno che arriva dal Sud Italia ? Si può immaginare!! Comunque! ... Salutando e

Lo sito di patoué/ Le site du patois: www.patoisvda.org

Lo francoprovensal l'è la lenva que unèi le comunotì a l'entò di Mon Blan. Dicouvrade-la a traè lo portal de l'Asséssorà de l'éducachón é de la queulteua de la Réjón otonomma Val d'Outa (patouè).

Le francoprovençal est la langue qui unit les communautés autour du Mont-Blanc. Découvrez-là à travers le portail de l'Assessorat de l'éducation et de la culture de la Région autonome Vallée d'Aoste.

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ringraziando lo studente,si avviò verso l’entrata del ristorante posando a terra i bagagli.

Stazione di Chatillon-Saint Vincent

Fonte: stazionidelmondo.it

Guarda caso! La porta era metà in legno e l’altra metà in vetro spesso, ma!! Con la maniglia di ottone luccicante e spessa. Improvvisamente le vennero in mente le parole dello strano Signore. “Accidente!” Esclamò Pinu, prima di afferrare bene la maniglia e spingere la porta; la toccò due volte con un dito per verificare se il polpastrello rimaneva attaccato al metallo.

Non successe nulla: il metallo si! Era freddo ma! Non da poter perdere la falange. Evidentemente quel Signore ha voluto divertirsi alle spalle del (povero e in’esperto meridionale.)

Intanto dall’interno tutti anno visto l’indecisione nell’aprire la porta e, vollero sapere subito il perché. Alla ingenua, spiega-zione e dopo la presentazione e i saluti: sfociò una forte risata collettiva: proprietari e personale in tenuta di servizio alberghiero.

Lo zio della direttrice disse che: alcuni scherzi fatti da buontemponi, avvengono quasi sempre a danno dell’ingenuità altrui, e, non bisogna prendersela mai!

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Accettarle come se fosse un obolo da pagare; a chi? E perché? Terminati i saluti, le chiesero se voleva mangiare qualcosa. Dopo due giorni di nutrimento a “croissant e panini”; ed a quella età; figurati se le avrebbe detto,no! Rispose: “Si grazie,veramente avrei un po di appetito!”

Hotel Ali Babà, Saint-Vincent

montecervino.org/index.cfm/hotel/ali-baba.html

Il tempo di portare i bagagli in camera e darsi una lavata, alla bello meglio! Pinu si trovò in sala da pranzo alle ore ventuno circa. La sala era vuota, ma, piena di tavoli semi apparecchiati. Fu fatto accomodare in uno dei tavoli di ottone con quattro sedie anch’esse di lucido metallo giallo, coperto da tovaglia di cotone color panna e il tovagliolo piegato a forma di ventaglio. Il cameriere in tenuta impeccabile con: calzoni neri camicia bianca cravattino nero e, giacca bianca, e: nell’avambraccio un tovagliolo piegato che le pendeva verso il pavimento.

Le spostò la sedia facendolo accomodare,con delicatezza e, come Pinu, non aveva visto fare mai. Le venuto spontaneo, chiedersi nel suo inconscio; - mi prendono già, in giro? No! È la prassi del ristorante; anzi!!” restaurant.” Tutti lo guardavano, sia pur con discrezione, ma: lui, doveva far finta di sapere e di essere “semi esperto”, (magari!!) alla circostanza.

Si sentiva come un pesce fuori dall’acqua e un po emozionato. Di fronte aveva due piatti di porcellana con disegni orientali,e uno

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raffigurante il personaggio di Halj Babà con turbante in testa e scarpe a forma di mezza luna.

Alla destra tre bicchieri di cristallo con forme diverse, una serie di posate di argento, sistemate ad U”rovesciato”,a destra due coltelli e un cucchiaio, a sinistra tre forchette, di fronte una forchettina un cucchiaino e un coltellino. Il ragazzo siciliano si trovò veramente in difficoltà; non sapeva con quale posate dare inizio alla cena.

La scelta dal menu

Intanto il cameriere, le porse il “menu” pregandolo di scegliere le pietanze che desiderava mangiare. Un altro colpo allo stomaco! Mise a KO Pinu.) Doveva anche fare in fretta! E soprattutto non far capire la totale estraneità del comportamento: a tavola. Al ritorno del cameriere, “Gianni” era il suo nome, dopo aver letto la lista dei primi piatti, ignorando gli antipasti, pur non sapendo cosa erano!

Ordina: uno dei quattro primi e, cioè, gli gnocchi alla romana, per secondo, una trota alla mugnaia e contorno. (Puoi capire!!) In quel foglio di carta pergamena del menu, c’erano diversi nomi di pietanze italiane che francesi, e per non sbagliare: scelse quelle italiane. Erano state veramente buone, non aveva mai assaggiato e, saputo che esistessero quelle prelibatezze dell’Arte culinaria.

Ad’ogni modo: si fece coraggio e dette inizio alla cena. Una bottiglia di acqua di fonte (sorgente di Saint Vincent), vino rosato Grignolino del Piemonte, gnocchi alla romana, composto da farina di semola uova parmigiano e noce moscata, gratinate al forno.

Trota alla mugnaia, portata dal cameriere Gianni, su un piatto di portata d’argento, con ai lati, spinaci al burro e pomme de terre al forno: patate al forno. Nel centro la trota intera cotta in padella dopo averla infarinata, sbianchita con vino bianco e succo di limone, cosparsa di prezze-molo e mandorle tritate.

Quando il cameriere la posò nel piatto; Pinu non sapeva proprio come fare. La guardò come fosse un nemico; morto si! Ma tutto

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intero, cioè; con coda e testa e i due occhi bianchi fuori dalle orbite.

Trota alla mugnaia

Immagine: donnamoderna.com

Chiese se poteva dirle come fare: ma, il cameriere avvèzzo alla circostanza, si premurò a tagliarla per la schiena longitudinalmente sepa-rando i due filetti e accomodarle nel piatto cospargendoli del sughetto e le mandorle.

(Una vera bontà.)

Dette inizio ad apprezzare cose nuove e trasferirle dentro la sua scatola cranica; assetata di notizie.

Mentre si gustava la trota, pensava a quei nomi scritti sul menu. Lasagne alla bolognese, polenta pasticciata, voleuvant alla bagna cauda o, con fonduta alla valdostana,oppure: filetto alla voronof, paillard ai ferri, patate Duchessa ecc.ecc. Tutti nomi caduti dal Cielo! Cose dall’altro mondo! Mai più avrebbe visto quelle cose al suo paese.

Il dessert e u pastizzuattu

Terminato il secondo: il cameriere propose due tipi di dolce (dessèrt) era scritto nella carta, ma, per il nuovo arrivato! (pasticcere,) quei nomi erano del tutto sconosciuti.

(Crème Caramèl e Saint Honorè) per non far vedere che nulla sapeva: ordinò una porzione di torta Saint Honorè; sperando che il cameriere ,non avvertisse “l’impaccio e l’ignoranza dei nomi; per di più, in francese.”

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La torta venne presentata nel carrello dei dolci e, nel centro; la sua forma predominò e, riempì già! Gli occhi del commensale. Lui!! Se la gustò con piacere e soddisfazione.

Era composta da uno strato di pasta sfoglia uno di pan di spagna, crema alla vaniglia e panna montata; sormontata da un giro di bignè ripieni di panna e caramellate sopra, nel centro dei cucchiai di panna al cioccolato.

Lo stupore e la gioia di Pinu, fu immensa. E, mentre lentamente la torta andava nello stomaco: pensava e si diceva!! – Quando farò io, questo tipo di dolce così gradevole e di stupenda presenza?

Abituato ai dolci di Polizzi del tutto particolari e, conosciuti solamente dai cittadini residenti con una fattura assai medievale e, lontana dalla vera pasticceria cittadina e italiana.

I loro nomi erano: “u sfugliattinu” ovvero la sfogliatella, “U pastizzuattu” il pasticci otto, “U sfuagghiu” torta con pasta mezza frolla con ripieno a base di formaggio grattugiato fresco con zucchero e vari ingredienti.

“A taralla” biscotto a base di uova zucchero e farina, a forma di ciabatta piatta. Ecc.ecc.

Pasticceria tradizionale torinese

Fonte: parks.it

Pasticceria Siciliana

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Rimase un poco disorientato quando le fu servita la torta e dovere scegliere con quale dei tre “arnesi da dolci” che aveva di fronte portare in bocca, la delicata porzione di torta.

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Scelse tra il cucchiaino e la forchettina con relativo coltellino di argento, il cucchiaino, sperando in Dio; di aver scelto bene: “le è rimasto il dubbio per un po di tempo”.

Dopo quella prima e, strana impresa di approccio all’arte culinaria, Pinu, ha potuto dire di aver fatto il “battesimo” ed entrare veramente, nella porta della nobile e artistica Arte Bianca.

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Giuseppe “Pinu” Albanese

Giuseppe Albanese, “Pinu”, pasticcere, pittore, chitarrista e film maker, autodidatta, racconta se stesso senza pudori, in un italiano diretto, molto personale. Come nella scrittura tecnica il testo si caratterizza per chiarezza, concisione, organizzazione/ comprensività,

lasciando all’ultimo posto la grammatica e le convenzioni del così detto italiano corretto.

L’autobiografia copre gli ultimi quattro decenni del XX secolo: i favolosi anni ’60 che si concludono con le rivolte del 1968 e il primo allunaggio; gli anni ’70 del terrorismo; gli anni ’80 dell’autunno delle nazioni con la caduta del muro di Berlino; gli anni ’90 - alba dell'era dell'Informazione - che si concludono con la nascita di Google e l’introduzione dell’Euro.

Pinu nel 2001 si ritira dal lavoro; diciannovenne, il 12 novembre 1958, aveva lasciato la natia Polizzi Generosa nel parco delle Madonie, in provincia di Palermo, Sicilia, per realizzare un sogno professionale e di vita nel profondo nord, in Valle d’Aosta alle pendici del Monte Bianco.

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