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- La Diarrea Acuta - La Diarrea cronica - Ipertransaminasemia in età pediatrica - Il vomito - Sanguinamento gastrointestinale

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- La Diarrea Acuta

- La Diarrea cronica

- Ipertransaminasemia in età pediatrica

- Il vomito

- Sanguinamento gastrointestinale

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La Diarrea Acuta

C Romano, D Comito, A Famiani, E Moschella, I Loddo, S Malvaso, S Meduri, V Ferraù

La Diarrea Acuta (DA) è una condizione clinica caratterizzata da una riduzione della

consistenza delle feci o di aumento del numero di evacuazioni (> 3 nelle 24 h) della durata non

superiore a 3 giorni. È di frequente riscontro in età pediatrica con una maggiore prevalenza in

bambini < 3 anni di età. La riduzione della consistenza delle feci viene considerata il carattere più

suggestivo rispetto al numero di evacuazioni che talvolta possono aumentare anche in condizioni di

normalità come nei disordini di tipo funzionale (colon irritabile), in epoche diverse della vita (età

del lattante) o in base al tipo di alimentazione.

La famiglia dei Rotavirus (RTV) è responsabile della maggior parte dei casi di diarrea acuta

infettiva (DAI) con un’incidenza più alta (del 56-74%) nella fascia di età tra 6-23 mesi e in inverno

ed inizio della primavera. Nel 30% dei casi può essere riconosciuta una eziologia da Norovirus o

Adenovirus. Batteri patogeni (Campylobacter jejuni, Yersinia e Salmonella) sono responsabili di

meno del 15% delle ospedalizzazioni, mentre parassiti come la Giardia Lamblia vengono

riconosciuti in meno del 5% dei casi. Altri agenti batterici patogeni e il C. difficile sono più

frequenti in soggetti con comorbilità o immunodeficit.

Gli agenti patogeni agiscono determinando una alterazione del bilancio tra acqua ed

elettroliti e quindi la modifica della consistenza delle feci, mentre la pompa Na-glucosio, localizzata

a livello della superficie del villo intestinale con la funzione di favorirne la capacità assorbitiva di

acqua, elettroliti e nutrienti, rimane attiva, giustificando l’efficacia dell’utilizzo delle soluzioni

reidratanti orali nella diarrea acuta.

Si possono differenziare 3 forme di DA in base ai meccanismi patogenetici:

Diarrea secretiva: l’azione di tossine prodotte da alcuni microrganismi determina un

aumento della secrezione attiva di ioni, in genere cloro, e di acqua nel lume intestinale.

Diarrea osmotica: il danno cellulare dovuto sia alla citolisi indotta dalla penetrazione di

microrganismi nella mucosa sia all’azione di citotossine prodotte dal microrganismo stesso

determina una riduzione della superficie assorbitiva con aumento dei soluti e richiamo di

acqua nel lume intestinale.

Diarrea mista: tipica del RTV, è determinata da a.) danneggiamento delle cellule digestivo-

assorbitive, b.) iperproliferazione di cellule con funzione secretiva, c.) produzione di una

enterotossina.

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Il calcolo del gap ionico fecale valutato sulla determinazione degli elettroliti fecali:

[(Na + K) x 2] [(Na + K) x 2] inferiore a 70 potrebbe essere suggestiva per il sospetto di “diarrea

secretiva” mentre un gap ionico superiore a 70 potrebbe orientare verso il sospetto di “diarrea di

tipo osmotico”. Tale differenziazione consente la definizione di una diversa diagnostica

differenziale.

Aspetti clinici

La DA è espressione nella maggior parte dei casi di una infezione gastroenterica e ad essa si

può associare vomito e febbre. La presenza di sintomi sistemici (rialzo febbrile) o d’organo (sangue

nelle feci e dolori addominali) sono segni clinici suggestivi per una origine batterica, mentre la

presenza di sintomi respiratori e vomito potrebbero indicare una eziologia virale. Di solito il vomito

si arresta in poche ore e la diarrea in pochi giorni, ma una temuta complicanza della diarrea acuta

infettiva (DAI) è la disidratazione acuta.

L’iter diagnostico di un bambino con DA è caratterizzato da:

1. Accurata anamnesi: per valutare l’età del paziente, il numero di episodi di diarrea e vomito,

la presenza di febbre e dolore addominale, l’intake di liquidi, il volume urinario, eventuali

patologie pregresse o preesistenti, l’eventuale contatto con fonti di infezioni

2. Esame obiettivo: per valutare il grado di disidratazione (perdita di elasticità cutanea,

secchezza delle mucose, tempo di riempimento (refilling) capillare >2 sec, frequenza

respiratoria), l’eventuale calo ponderale.

SEGNI DISIDRATAZIONE

NO/LIEVE

DISIDRATAZIONE

MODERATA

DISIDRATAZIONE

GRAVE

Condizioni generali

Occhi

Lacrimazione

Mucose/lingua

Sete

Cute

Respiro

%perdita di peso

Buone vigile

Normali

Presente

Umide

Assente

Rosea, refill <2”

Normale

<3%

Irritabile

Alonati

Assente

Secche

Presente, ridotta

assunzione di liquidi

Rosea, refill >2”

Normale o profondo

3-9%

Letargia o incoscienza

Alonati e Secchi

Assente

Secche/impaniata

Presente, non

assunzione di liquidi

Rosea, refill >2”

Profondo, da acidosi

>9%

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3. Indagini di laboratorio: la coltura fecale ( coprocultura ed esame parassitologico) sembrano

avere un ruolo minore nella DAI in relazione alla relativa breve durata della sintomatologia

acuta senza necessità di specifico approccio terapeutico. La determinazione della conta dei

globuli bianchi, degli elettroliti sierici, della creatinina e della proteina C reattiva è riservata

ai casi di disidratazione moderata-severa con compromissione del circolo, sospetta

ipernatriemia, prolungata contrazione della diuresi o con comorbilità.

Il riscontro di leucocitosi (>100/mmc3) è altamente predittiva di una infezione batterica.

La DAI è una patologia a risoluzione spontanea e nella maggior parte dei casi può essere

gestita con una consulenza telefonica o con una visita ambulatoriale/domiciliare.

Costituiscono dei criteri predittivi di alto rischio di disidratazione:

a. età < 6 mesi,

b. >8 episodi di diarrea nelle ultime 24 h

c. >4 episodi di vomito associati a DA nelle ultime 24 h

d. condizioni di comorbilità

e. rifiuto dei liquidi per via orale

Il ricovero in ambiente ospedaliero è consigliato in caso sia necessaria una reidratazione

endovena ed è indicato in caso di:

a. shock;

b. disidratazione severa (> 9%)

c. compromissione neurologica (letargia, convulsioni)

d. vomito incoercibile o biliare

e. fallimento della reidratazione per os

f. ridotta compliance familiare

g. sospetto di causa chirurgica

Terapia

I STEP. Il primo step terapeutico è la correzione della disidratazione per via orale (ORT) attraverso

l’utilizzo di soluzioni reidratanti orali (ORS) che agiscono sulle pompe Na/Glu determinando il

ripristino dell’equilibrio idroelettrolitico.

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L’ESPGHAN ha raccomandato l’utilizzo di ORS a ridotta osmolarità la cui composizione ideale è

costituita da :

Glu: 70-110 mmol/L

Na: 60 mEq/l

K: 20 mEq/l

Cl: 25-60 mEq/l

Osmolarità: 200-250 mOsm.

Le ORS sono più efficaci dell’acqua. Non è indicata l’assunzione di altre bevande (succhi di frutta,

coca cola) in quanto quest’ultime sono caratterizzate da un’alta osmolarità e concentrazione di

glucosio, con scarsa presenza di ioni Na e K.

In caso di scarsa compliance del bambino si dovrà procedere offrendo la ORS con un cucchiaino a

piccoli e frequenti sorsi (circa 5-10 ml ogni 10 minuti). In caso di fallimento della via orale è

preferibile un tentativo di reidratazione attraverso l’utilizzo di sondino naso-gastrico riservando la

via endovenosa (ev) in casi più gravi o in caso di fallimento delle precedenti opzioni per scarsa

compliance o vomito incoercibile. Il calcolo del fabbisogno idrico da infondere sarà calcolato in

base al grado di disidratazione secondo i protocolli di correzione della disidratazione ( capitolo

13), con una rivalutazione clinica ogni 6-12 ore per il ripristino delle perdite subentranti (10-

20ml/Kg per evacuazione).

II STEP. Il secondo step è la rialimentazione o refeeding. L’allattamento materno non va sospeso

nel lattante con DA. Un rapido refeeding entro 4-6 ore dall’avvio del programma di reidratazione è

ben tollerato e migliora il recupero ponderale. Non ci sono indicazioni ad una rialimentazione

graduale (latte diluito) né all’uso di diete speciali (formula di soia o idrolisati, né alimenti quali riso,

mela e cereali).

III STEP. Non esiste una terapia farmacologica per la DAI, ma la gestione clinica prevede solo una

attenta sorveglianza del rischio di disidratazione o di altre complicanze. Talvolta nelle fasi acute ed

iniziali potrebbe essere utile l’utilizzo di farmaci antisecretori (Racecadotril) che agiscono sulle

encefalinasi intestinali e riducono la secrezione di acqua ed elettroliti nel lume intestinale. Il

Racecadotril (al dosaggio di <9Kg:10mg; 10-15Kg: 20mg; 16-29Kg: 30mg) assunto entro 24 ore

dalla comparsa dei primi sintomi riduce la frequenza, la durata e l’entità della diarrea di qualche

giorno ma con un rapporto costo/efficacia da dimostrare. La terapia antibiotica non è indicata nella

maggior parte dei casi di DAI, ad eccezione delle infezioni da Shighella (gli antibiotici di I scelta

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per via orale sono: azitromicina, acido nalidixico o cefalosporine di III generazione, per via

parenterale il ceftriaxone), Giardia Lamblia e C. difficile. In caso di infezione da E. Coli

enteropatogeni o enteroemorragici (Shiga-tossina, STEC), Yersinia o Salmonella l’uso degli

antibiotici è indicato solo in caso di andamento clinico severo e in pazienti con comorbilità

(patologie croniche, immunodeficit, prematurità, età <6 mesi). Gli antiemetici e gli antiperistaltici

non andrebbero utilizzati, gli adsorbenti (diosmectide) in atto non sono raccomandati.

La batterioterapia orale per quanto concerne l’utilizzo di alcuni ceppi come il LCT GG e il

Saccharomyces boulardii, se avviata nelle prime 24 h in corso di DAI sembra ridurre la durata della

fase acuta di 24-48 ore.

Letture consigliate

1. Nelson. Trattato di pediatria. Textbook XVIII edizione 2009.

2. Guarino A, Albano F, Ashkenazi S et al. ESPGHAN/ESPID. Evidence-based Guidelines for

the Management of Acute gastroenteritis in Children in Europe. JPGN 2008;46:S81-S84.

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La Diarrea Cronica

C Romano, D Comito, A Randazzo, A Talenti, R Mallamace, C Grosso, A Deak, V Ferraù

La Diarrea Cronica (DC) è una condizione clinica caratterizzata da una ridotta consistenza delle feci

e/o da un aumento della frequenza delle evacuazioni per > 3-4 settimane. L’eziologia è varia e

l’approccio diagnostico dipende dall’età e da eventuali sintomi e/o segni associati.

I quadri di più frequente riscontro comprendono:

- Diarrea funzionale

- Sindrome della contaminazione del tenue o post-enteritica

- Celiachia

- Malattie Infiammatorie intestinali

- Errori congeniti del metabolismo

- Fibrosi Cistica

Work-up Diagnostico

L’anamnesi e l’esame obiettivo permettono di individuare eventuali segnali d’allarme che si

associano alla diarrea cronica (sintomi notturni, calo ponderale, febbricola, sangue nelle feci,

limitazione delle attività quotidiane). La valutazione del carattere delle feci e il calcolo del gap

anionico fecale permette inoltre di distinguere una diarrea osmotica, la cui causa è spesso un

malassorbimento, da una diarrea secretiva, spesso di origine infettiva. Gli esami di I livello, in

presenza di segnali d’allarme, che possono essere eseguiti possono prevedere: la conta dei globuli

bianchi, VES, proteina C reattiva, elettroliti sierici, proteine totali, albumina ed esami su feci

(calprotectina fecale, coprocolture, esame parassitologico, grassi fecali). diagnostici saranno

indirizzati in base al sospetto clinico.

DIARREA OSMOTICA DIARREA SECRETIVA

Volume fecale <200ml/24h >200ml/24h

Risposta al digiuno riduzione invariata

Na+ nelle feci <70mEq/L >70mEq/L

Sostanze riducenti

+ -

pH feci <5 >6

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DIARREA FUNZIONALE (e sindrome del colon irritabile)

È inquadrata nell’ambito dei Disordini Funzionali Gastrointestinali o nel contesto della

Sindrome del Colon Irritabile con variabile diarrea (IBS-D). Non è associata a segni di

malassorbimento né a malnutrizione, in assenza di altri segnali d’allarme. Si verifica spesso in

bambini in età scolare e necessita solo di un approccio conservativo ed eventuale terapia

sintomatica. Talvolta le modifiche dello stile di vita (ridurre l’assunzione eccessiva di liquidi

carbonati o succhi di frutta) e la correzione del sovrappeso possono essere sufficienti per un buon

controllo della sintomatologia.

SINDROME DELLA CONTAMINAZIONE DEL TENUE O POST-ENTERICA

Si verifica dopo un episodio di diarrea acuta infettiva, con il persistere di evacuazioni frequenti e/o

di feci a consistenza ridotta Talvolta è indice di contaminazione infettiva a livello dell’intestino

tenue. In età pediatrica è stata dimostrata una scarsa specificità del breath test all’idrogeno (BH2T),

pertanto la diagnosi è clinica. La terapia è antimicrobica (Metronidazolo) o di decontaminazione

intestinale (Colestiramina e Gentamicina).

CELIACHIA

La celiachia è una enteropatia da disregolazione immunologica determinata da un’intolleranza

alimentare permanente al glutine (gliadine di frumento e prolamine di orzo e segale) che si

determina in individui geneticamente predisposti. Ha un’incidenza di 1:80 individui con un trend in

aumento negli ultimi anni e una lieve prevalenza nel sesso femminile (M:F=1:2) e nei Paesi

Sviluppati. Studi epidemiologici hanno dimostrato che per 1 diagnosi di celiachia ci sono 5-6 casi

non diagnosticati (“celiac iceberg”). La prevalenza è del 10% nei familiari di I grado di un soggetto

affetto e aumenta in soggetti a rischio (Sindrome di Down, Sindrome di Turner).

Meccanismi patogenetici

La celiachia è un modello unico di malattia, in quanto coinvolge l’assetto genetico del soggetto,

fattori di rischio ambientale, fattori immunologici e un fattore scatenante, rappresentato dal glutine.

Fattori genetici

La predisposizione genetica allo sviluppo della celiachia è determinata dall’associazione con alcuni

aplotipi del Complesso Maggiore di Istocompatibilità di classe II (HLA II). In particolare alcuni

studi hanno evidenziato che circa il 90% dei pazienti celiaci esprimono il DQ2

(DQA1*05/DQB1*02) o in minor misura il DQ8 (DQA1*0301/DQB1*0302). Soggetti DQ2

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positivi possono presentare diversi livelli di rischio per sviluppare la celiachia in relazione al

linkage tra DQ e DR. Per cui possiamo distinguere i seguenti livelli in pazienti DQ2 positivi:

G1 DR3/3 o DR3/7 RISCHIO: 1

G2 DR5/7 o RISCHIO: 0,68

G3 DR3/X RISCHIO: 0,23

G4 DR4/7 o DR4/4 o DR 7/7 RISCHIO: 0,10

G5 ALTRI DR RISCHIO: 0.02

Per i parenti di I° grado DQ2 positivi, il rischio genetico puo’ essere così quantizzato:

P1 DR3/3, DR3/7,DR5/7 20-40%

P2 DR3/X 10%

P3 DQ8 5-25%

Altri geni non ancora identificati potrebbero invece essere responsabili dei casi DQ2 DQ8 negativi.

Fattori ambientali

- L’ESPGHAN (Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica) ha

raccomandato di introdurre gradualmente il glutine tra 6-8 mesi di vita durante

l’allattamento materno (finestra di tolleranza).

- Si è ipotizzato che infezioni da rotavirus, Campilobacter jejeni, Giardia lambia e HCV-

correlata possano favorire lo sviluppo della celiachia

- Un’alterazione del microbiota intestinale favorisce una alterazione della permeabilità

intestinale e quindi la penetrazione dei peptidi del glutine nella lamina propria, scatenando il

processo patogenetico della malattia.

Fattori immunologici e glutine

I peptidi del glutine, altamente resistenti alle proteasi intestinali, raggiungono la lamina propria

della mucosa duodenale attraverso una transcitosi epiteliale o un aumento della permeabilità delle

tight junctional epiteliali. Stimolano il sistema immune innato nelle cellule dendritiche ed epiteliali,

in particolare la deamidazione dei peptidi di glutine (TG2) crea potenti epitopi immunostimolanti

che sono presentati attraverso HLA-DQ2 o HLA-DQ8 sulle cellule presentanti l'antigene. Si

determina una attivazione della risposta immune umorale e le cellule T CD4 attivate secernono

principalmente citochine Th1, quali IFN-, che induce il rilascio e l'attivazione di metallo-proteasi

(MMP) da miofibroblasti. Da ciò ne consegue una degradazione della matrice extracellulare e un

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rimodellamento della mucosa con atrofia dei villi. Inoltre, la produzione di citochine Th2

determinano la produzione di autoanticorpi diretti contro il glutine e la transglutaminasi TG2. Altre

citochine quali IL-18, IFN-, o IL-21 sembrano svolgere un ruolo nella polarizzazione e il

mantenimento della risposta Th1. L’IL-15 collega invece il sistema immunitario adattativo e le

risposte immunitarie innate.

Fig. 1 GJ Tack et al. The spectrum of celiac disease : epidemiology, clinical aspects and treatment. Nature reviews.

Gastroenterology & Hepatology 2010; 7,204-213.

Spettro clinico

Si riconoscono 4 diversi tipi:

- MAIOR o CLASSICA: caratterizzata da atrofia dei villi e sintomi tipici di malassorbimento

intestinale (diarrea, steatorrea, perdita di peso), di solito in bambini di 6-18 mesi.

- MINOR o ATIPICA: caratterizzata da anomalie della mucosa duodenale e sintomi intestinali

minori (anemia, osteoporosi, astenia) o sintomi extraintestinali (artrite, infertilità, dermatite

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erpetiforme, alopecia, ipoplasia dello smalto dentale, ipertransaminasemia, neuropatia

periferica)

- LATENTE o POTENZIALE: caratterizzata dalla presenza di HLA-DQ2 e/o DQ8 positivo,

architettura mucosale normale, sierologia positiva

- SILENTE: caratterizzata da atrofia dei villi e sierologia positiva in pazienti asintomatici.

La celiachia, più frequentemente nella sua forma classica, si può associare inoltre ad altre patologie

autoimmuni: Diabete tipo 1, Tiroidite linfocitaria cronica, LES

Recenti studi sperimentali hanno dimostrato che per ogni paziente con celiachia vi sono 6-7 casi di

sensibilità al glutine o intolleranza al glutine non-celiaca. E’ una nuova entità clinica

caratterizzata da sintomi gastrointestinali associati all’assunzione di glutine e che migliorano a dieta

priva, con sierologia negativa e istologia mucosale nella norma.

Iter diagnostico

Il Gold standard per la diagnosi di celiachia è rappresentato dall’istologia duodenale, attraverso

l’esecuzione di 3 prelievi bioptici a livello duodenale in corso di esofagogastroduodenoscopia

(EGDS). Markers endoscopici macroscopici suggestivi sono: a. l’aspetto micronodulare, b. il

pattern a mosaico della mucosa, c. l’aspetto a scalloping delle pliche duodenali, d. la riduzione o

perdita delle pliche. L’esame istologico evidenzia alterazioni del’architettura mucosale: atrofia dei

villi duodenali, iperplasia delle cripte e infiltrato linfocitario >40x100 enterociti.

Nel corso degli anni sono stati sviluppati dei tests sierologici di screening (autoanticorpi altamente

specifici) per individuare i casi di sospetta celiachia da sottoporre a biopsia duodenale e nei casi di

celiachia minor o atipica. Gli anticorpi antiendomisio del tessuto connettivo di classe Ig A (EMA) e

gli anticorpi antitransglutaminasi (tTG) sono altamente sensibili e specifici, mentre gli anticorpi

antigliadina (AGA) risultano essere aumentati anche in corso di enteropatia non-celiaca. La recente

identificazione della regione peptidica della gliadina riconosciuta dai linfociti T ha portato alla

determinazione con tecnica ELISA di un nuovo markers sierologico: anticorpi antigliadiana

deamidati (DPG) di classe IgA e IgG, più sensibili dei tTG nei bambini < 2 anni di età e nei soggetti

con deficit di IgA. La determinazione combinata di anti-tTG IgA e anti-DPG IgG andrebbe adottata

per lo screening della malattia celiaca e in corso di follow-up a dieta priva di glutine.

Terapia e Follow-up

Una rigorosa alimentazione senza glutine (DPG) è l’unica terapia efficace. La mancata risposta

clinica alla DPG dopo 1 anno identifica una forma di celiachia refrattaria, che necessita di una

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rivalutazione diagnostica. Nuovi modelli terapeutici sono stati sperimentati sulla base della

comprensione dei meccanismi patogenetici. In particolare è stato proposto l’uso di anti-IL15 per

bloccare l’attivazione immunologica contro i peptidi del glutine. Ulteriori studi sono tuttavia

necessari.

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MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI

Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (IBD, Inflammatory Bowel Disease) rappresentano

un disordine cronico ad andamento recidivante, con periodi di remissione e periodi di esacerbazione

della malattia. Il termine IBD è un termine “umbrella”, che comprende entità distinte: Malattia di

Crohn (CD), Rettocolite Ulcerosa (CU) e Colite Non classificata (IBD-U), determinate da una

disregolazione immunitaria in senso pro-infiammatorio del tratto gastrointestinale.

L’incidenza di IBD nella popolazione generale ha un andamento bimodale con un picco maggiore

intorno ai 20 anni ed è aumentata nel corso degli ultimi anni (da 4 a 7 casi/100.000 bambini). Nel

15-20% dei casi l’età di esordio è <16 anni, nel 4% dei casi è al di sotto dei 5 anni d’età: “early-

onset”. Le forme di IBD ad insorgenza in età pediatrica presentano caratteristiche patogenetiche e

fenotipiche differenti dalle forme ad insorgenza in età adulta, che consentono di distinguere

probabilmente due entità cliniche diverse.

Le Malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sono malattie genetiche complesse ad

eziologia multifattoriale, attualmente le ipotesi patogenetiche più accreditate valorizzano la

presenza di tre fattori principali:

- suscettibilità genetica: Studi di linkage su pazienti con MC e RCU hanno individuato loci

cromosomici di suscettibilità e geni candidati. per posizione e per funzione (IBD1, IBD2, IBD3,

IBD4, IBD5, IBD6). La delimitazione ed il restringimento progressivo di uno di questi loci di

suscettibilità (IBD1), nella regione pericentromerica del cromosoma 16, ha recentemente portato

all’identificazione di specifiche varianti del gene NOD2/CARD15 associate alla MC.

- fattori ambientali: lo stress fisico ed emotivo, le infezioni, una disbiosi intestinale potrebbero

giocare un importante ruolo nella patogenesi delle IBD

- eventi scatenanti che determinano un’alterazione della immunoregolazione intestinale e della sua

permeabilità con conseguente danno flogistico e aumento di citochine pro-infiammatorie (TNF-).

La Rettocolite Ulcerosa (RCU) è una flogosi che interessa esclusivamente il colon, coinvolge la

mucosa e la sottomucosa e si diffonde per continuità a partenza dal retto. La RCU ad esordio in età

pediatrica risulta essere una forma più aggressiva e più estesa di malattia (in circa il 90% dei casi).

Presenta un coinvolgimento pancolitico, con riaccensioni di malattia più frequenti e che rispondono

meno alle terapie mediche convenzionali. La gravità della patologia è valutata secondo uno score

clinico internazionale (PUCAI-score: 0-85 punti), che tiene conto dei seguenti parametri: frequenza

delle evacuazioni, sanguinamento rettale, dolore addominale, carattere delle feci, sintomi notturni e

limitazione delle attività quotidiane. Sintomi generali, quali anoressia, perdita di peso, segni di

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anemizzazione e alterazione degli indici di flogosi si verificano generalmente solo in corso di fase

attiva di grado severo.

Nella Malattia di Crohn (MC) la flogosi può interessare in maniera discontinua qualsiasi tratto del

tubo digerente, coinvolgendo a tutto spessore la parete del viscere.

La presentazione clinica è pertanto varia secondo che vi sia un coinvolgimento solo del colon

(diarrea cronica talvolta muco ematica, dolore addominale e tenesmo) o a livello ileale (diarrea e

dolore addominale associati a febbre, calo ponderale e malassorbimento) e delle vie digestive

superiori (aftosi del cavo orale, epigastralgia, nausea e vomito). La malattia paranali nella MC in età

pediatrica è frequente e comprende diversi tipi di lesione: skin tag, ragadi, ulcere, stenosi, fistole e

ascessi perianali e fistole retto-vaginali. Alcuni pazienti con MC presentano inoltre manifestazioni

extraintestinali della malattia prevalentemente a livello oculare (uveite), articolare (sacroileite),

cutanea (eritema nodoso), epatobiliare (colangite sclerosante primitiva), urologiche (fistole entero-

vescicali). La gravità della patologia è valutata secondo uno score clinico internazionale (PCDAI-

score modificato), che tiene conto dei sintomi gastrointestinali, dei sintomi sistemici, della presenza

di manifestazioni extraintestinali e del ritardo di crescita.

In caso di sospetto di IBD, gli esami di laboratorio che andranno richiesti sono:

Esami ematochimici (emocromo, VES, PCR, proteine totali e foresi, albumina)

Esame delle feci (parassitologico, colturale allargato, calprotectina fecale)

Autoanticorpi P-ANCA (positivi nel 75% dei pz con RCU e nel 15-20% dei pz con MC)

Autoanticorpi ASCA (positivi nel 60-80% dei pz con MC)

Gli esami strumentali sono importanti nella fase diagnostica per definire anche l’estensione di

malattia e in corso di follow-up:

endoscopia con biopsie multiple ( sensibilità > 90%; specificità 100%)

rx diretta addome

ecografia addome con valutazione ultima ansa ileale

clisma del tenue/clisma opaco a doppio contrasto

studio videocapsulare del tenue

entero-RMN ed RMN-perianale

La diagnosi è comunque clinica, endoscopica ed istologica con caratteri differenti nelle 2 forme.

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MALATTIA DI CROHN RETTOCOLITE ULCEROSA

REPERTI

ENDOSCOPICI

Lesioni segmentali discontinue della mucosa

Ulcerazioni della mucosa a carattere aftoide

Edema e iperplasia con aspetto a

“ciottolato” della mucosa

Lesioni fissuranti, penetranti e stenosanti

Tramiti fistolosi

Flogosi continua della mucosa rettale

diffusa in senso ascendente

Distorsione e/o perdita del reticolo

vascolare

Granulosità, eritema, friabilità

mucosale

Ulcerazioni singole o multiple

Lesioni infiammatorie oltre la valvola

ileocecale (backwash ileitis)

REPERTI

ISTOLOGICI

Flogosi transmurale

Infiltrati neutrofili focali

Granulomi epiteliali non necrotizzanti a

cellule giganti

Flogosi limitata alla mucosa e alla

sottomucosa

Ascessi criptici con distorsione

dell’architettura delle cripte

Fenomeni di displasia e/o metaplasia

Distruzione ghiandolare

Congestione vascolare

Terapia

La terapia delle IBD è complessa e in continua evoluzione grazie all’impiego di nuove categorie di

farmaci.

Le opzioni terapeutiche sono determinate da.

- fenotipo di malattia (stenosante, fistolizzante, infiammatorio)

- localizzazione di malattia (ileale, colica, proctite, perianale)

- severità di malattie (lieve, moderata, severa)

- complicanze extraintestinali

L’obiettivo è quello di determinare non solo una remissione della malattia ma una guarigione a

livello mucosale (mucosal healing).

Le classi di farmaci da utilizzare nella RCU sono:

- Acido 5-aminosalicilico (5-ASA) mesalazina è una frazione attiva antiflogistica della

sulfasalazina. Si utilizza nella fase di mantenimento nella MC di grado lieve e nella RCU anche

in formulazione topica in clismi combinati con corticosteroidi.

- Corticosteroidi (per via orale, endovenosa) nelle forme lievi-moderate di RCU che non

rispondono al I step o nelle forme severe e/o a localizzazione pancolitica e nelle forme di MC

di grado lieve o nelle forme moderato-severe in associazione ad un farmaco

immunomodulatore

- Terapia nutrizionale con assunzione esclusiva di formula polimerica, che agisce stimolando

l’azione del TGF-, citochina antinfiammatoria. E’ indicata prevalentemente nelle forme di MC

ad interessamento ileale ed è molto efficace in età pediatrica.

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- I farmaci immunomodulatori agiscono sulla regolazione del sistema immunitario: gli

antimetaboliti analoghi della purina (Azatioprina e 6-Mercaptopurina) che inibiscono la

funzione delle cellule T citotossiche e il metotrexate che blocca la replicazione dei linfociti con

effetto immunosoppressore. Sono indicati come seconda linea di trattamento nelle forme

moderato-severe di RCU e lievi di MC non-responder alla terapia con cortisone o nella terapia

di mantenimento nelle forme di MC moderato-severe.

- Gli antibiotici (Metronidazolo e Ciprofloxacina) sono utili in alternativa o in associazione ai

corticosteroidi nel trattamento delle fasi attive di MC e RCU, in quanto agirebbero ripristinando

il microbiota intestinale

- ciclosporina e tacrolimus, macrolidi dotati di azione immunosoppressiva , sono utilizzati nella

fase attiva severa di RCU nel prevenire la colectomia d’urgenza (rescue therapy)

- i farmaci biologici (Infliximab) sono anticorpi monoclonari anti-tumor necrosis factor-alpha

(anti-TNF potente mediatore dell’infiammazione. L’Infliximab è utilizzato in età pediatrica

nelle forme di MC moderato-severe a carattere stenosante non responsiva ad altri farmaci

immunosoppressori per indurre e mantenere la remissione clinica; recenti studi tuttavia hanno

proposto il suo utilizzo come I linea di trattamento (approccio step-down). Nelle forme di RCU

refrattaria alla terapia convenzionale è efficace nell’induzione della remissione (rescue therapy)

Il ruolo della chirurgia è importante nelle forme severe di IBD non responsive al trattamento

medico e nella cura delle complicanze (stenosi, fistole, ascessi, malattia perianale).

Letture consigliate

1. Nelson. Trattato di pediatria. textbook XVIII edizione 2009.

2. North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition; Colitis

Foundation of America et al. Differentiating ulcerative colitis from Crohn disease in

children and young adults: report of a working group of the North American Society for

Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition and the Crohn's and Colitis

Foundation of America. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2007 May;44(5):653-74.

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Il Vomito

C Romano, E Moschella, D Comito, A Talenti, A Deak, S Malvaso, V Ferraù, C Salpietro

Definizione

Il vomito è un atto parzialmente volontario di emissione dalla bocca del contenuto gastrico o

intestinale, spesso preceduto da nausea e scialorrea. È un complesso processo motorio che richiede

un coordinamento neurologico centrale (Centro del Vomito) e l’attivazione del riflesso emetico, a

cui segue una contrazione della muscolatura liscia del tratto digestivo superiore, di quella striata del

diaframma, della parete addominale e del torace. Differisce dal rigurgito, che è caratterizzato da un

reflusso del contenuto gastrico nell’esofago, per rilasciamento dello sfintere esofageo inferiore

(LES), talvolta con emissione non forzata del contenuto gastrico dalla bocca.

Classificazione in base alla durata

- Vomito Acuto

- Vomito Persistente (>1 episodio isolato/settimana per > un periodo di 4 settimane)

- Vomito Cronico ( > 4 episodi/mese per un periodo di almeno 4-6 mesi)

- Vomito Ciclico ( crisi acute di vomito spesso a carattere incoercibile e ricorrenza

periodica e con carattere stereotipato)

Classificazione in base al contenuto del vomito

- Vomito alimentare

- Vomito ematico (ematemesi), emissione di sangue rosso vivo o nero (a “posa di caffè”)

- Vomito fecaloide, emissione di materiale simile a feci, di colore brunastro e maleodorante

- Vomito biliare, emissione di contenuto gastrico e bile, di colore verde smeraldo

Sospetto Diagnostico

Il vomito secondario a cause organiche può riconoscere:

- CAUSE INFETTIVE

L’infezione gastroenterica di origine virale o meno frequentemente batterica è la causa più

frequente di vomito acuto, che di solito si associa a nausea e diarrea acuta. Talvolta nei bambini più

piccoli il vomito è espressione di un’infezione sistemica (sepsi) o localizzata in altra sede ( infezione

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delle vie urinarie, meningite, polmonite) e in tal caso si associa spesso a sintomi specifici della

patologia di base.

- CAUSE ANATOMICHE

Alterazioni anatomiche dell’addome, congenite o acquisite, causano vomito acuto o cronico-

recidivante attraverso un meccanismo di ostruzione meccanica. In queste condizioni il vomito si

può distinguere in NON BILIARE e BILIARE, rispetto alla sede dell’ostruzione (al di sopra/al di

sotto del legamento di Treitz). Talvolta condizioni di infiammazione intraperitoneale e

retroperitoneale di pertinenza chirurgica (appendicite acuta, torsione ovarica) causano vomito

BILIARE, per via reflessogena.

Tipo di vomito Malattie

Non biliare

- corpo estraneo

- atresia/stenosi dell'esofago o dello stomaco

- duplicazione, diverticolo, cisti del coledoco

- stenosi ipertrofica del piloro

- pancreas anulare

- sepimenti, bande fibrose

Biliare

- Atresie e stenosi intestinali

- Malrotazioni con o senza volvolo

- Duplicazione intestinale

- Invaginazione

- Appendicite

- Aderenze peritoneali

Tab.1 Cause anatomiche di vomito

- CAUSE METABOLICHE

Sono cause più rare di vomito le malattie endocrine (Addison, tireotossicosi) e i disturbi

metabolico-endocrini (uremia, chetoacidosi diabetica, malattie da accumulo ed errori congeniti del

metabolismo). Gli errori congeniti del metabolismo, nella maggior parte dei casi, si manifestano nel

lattante con vomito e sintomi associati (failure to thrive, letargia, alterazioni del tono muscolare,

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convulsioni o coma). Si tratta di malattie autosomiche recessive, per cui la consanguineità

genitoriale rappresenta un fattore di rischio. Il riscontro di acidosi metabolica, ipoglicemia,

iperammoniemia o di chetosi può indirizzare verso la diagnosi di malattia metabolica.

- CAUSE CENTRALI

L’ipertensione endocranica determina una attivazione diretta del centro del vomito, situato nel

medulla, o attraverso l’attivazione dei chemocettori della zona trigger, nel pavimento del IV

ventricolo. Essa si può instaurare per cause strutturali, quali idrocefalo, malformazioni, emorragia o

masse intracraniche (tumori cerebrali), infettive (infezioni congenite, encefalite, meningite) o

tossiche (ittero nucleare, acidosi o altre sofferenze cerebrali da disordini metabolici). Il vomito in

questi casi è di solito isolato, mattutino, non preceduto da nausea né correlato ai pasti.

Possono anche essere riconosciute cause di tipo funzionale come quelle descritte nell’ambito del

Vomito Cronico Funzionale inquadrato nel contesto dei Disordini Funzionali Gastrointestinali ed

in cui, in assenza di segnali d’allarme (perdita di peso, febbricola etc), può essere assicurato un

approccio conservativo, una terapia sintomatica (procinetici) senza indicazione ad indagini di II

livello o approfondimenti diagnostici

Approccio Diagnostico

Un approccio diagnostico iniziale si basa inizialmente su:

- valutazione anamnestica

- età di insorgenza (lattante/bambino),

- durata (acuto, cronico, ciclico),

- caratteri (alimentare, biliare)

- modalità di presentazione (a getto, isolato, incoercibile, mattutino, notturno)

- sintomi associati (febbre, epigastralgia, nausea, cefalea, fotofobia etc)

- Esame obiettivo per escludere in I istanza cause di natura chirurgica (appendicopatia,

ostruzione intestinale, volvolo, invaginazione)

Diagnostica differenziale ed approccio in base al contenuto:

VOMITO ALIMENTARE: può essere causato da infezioni, ostruzioni meccaniche al di sopra del

legamento di Treitz (es. stenosi ipertrofica del piloro), tumori cerebrali o altre cause centrali,

malattie metaboliche.

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- Indagini di I livello: emocromo, indici di flogosi, elettroliti sierici, amilasi, lipasi, esame

urine, emogasanalisi (pH ematico e bicarbonati), gap anionico sierico [(Na - (Cl + HCO3)

con valori normali tra 7-16 mmol/L], pH urinario, glicemia, ammoniemia, tTG.

- Indagini di II livello: urinocoltura, emocoltura, esame del liquor cefalo-rachidiano, ecografia

della regione pilorica, studio radiologico del transito gastrointestinale con mezzo di

contrasto baritato, RMN-encefalo con particolare riguardo per la fossa cranica posteriore,

EEG e fundus oculi.

VOMITO BILIARE: può essere causato da ostruzioni anatomiche al di sotto del legamento di

Treitz o altre cause chirurgiche (appendicite).

- Indagini di I livello: emocromo, PCR, elettroliti sierici, ecografia addome completo, Rx

diretta addome

- Indagini di II livello: studio radiologico del transito gastrointestinale con mezzo di contrasto

baritato

VOMITO EMATICO: ( vedi “Sanguinamento gastrointestinale”)

VOMITO FECALOIDE: può essere causato da ostruzioni meccanica bassa.

- Indagini di I livello: emocromo, PCR, elettroliti sierici, Rx diretta addome

- Indagini di II livello: clisma opaco

Cenni di terapia

La terapia più efficace per il vomito dipende strettamente dalla risoluzione della causa che ne ha

determinato l'insorgenza e quindi di terapie mediche o chirurgiche specifiche. Nelle forme più gravi

è comunque importante intervenire con un programma di reidratazione dei liquidi per prevenire la

disidratazione.

Gli antiemetici sono farmaci in grado di bloccare l’atto del vomito con diversi meccanismi:

- azione antistaminica (dimenidrinato, prometazina) con effetto sedativo e anticolinergico,

efficace nel controllo dei sintomi da cinetosi o labirintite

- azione antidopaminergica periferica e colinergica (metoclopramide), questa classe di

farmaci causa reazioni extrapiramidali dose-dipendente in quanto sono in grado di attraversare

la barriera emato-encefalica

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- azione antidopaminergica periferica (domperidone) con effetto pro cinetico, senza gli effetti

collaterali a carico del sistema nervoso centrale, tipici della metoclopramide, ma il loro uso

andrebbe evitato o limitato < 1 anno di età

- antagonista selettivo dei recettori serotoninergici 5HT3 dei neuroni centrali e periferici in

quanto si legano ai chemiocettori della zona trigger e bloccano il centro del vomito

(ondansetron). Questa classe di farmaci è particolarmente utile nella gestione del vomito da

chemioterapici e del vomito ciclico. Sebbene le principali Società Scientifiche Pediatriche non

raccomandino il suo uso in corso di gastroenterite infettiva, recenti studi di metanalisi in età

pediatrica hanno confermato la sua efficacia clinica nel ridurre il vomito e prevenire una

disidratazione grave e un buon profilo di sicurezza.

Letture consigliate

1. Sleisenger And Fordtran’s. Gastrointestinal And Liver Disease. IX edition Saunders.

2. Zschocke/Hoffmann. Vademecum Metabolicum. a cura di Alberto Burlina.

3. Maglietta V. Diagnosi e terapia pediatrica pratica. 8^ edizione. 2006 Casa Amb

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Ipertransaminasemia in età pediatrica

Romano C, Chiaro A, Comito D, Moschella E, Randazzo A, Famiani A, Vicchio P, Ferraù V

Il fegato svolge molteplici funzioni metaboliche, sintetiche, escretorie pertanto sono molti gli esami

di laboratorio abitualmente utilizzati per la diagnosi delle malattie epatobiliari.

Tra le anomalie di laboratorio più comunemente riscontrate durante l’attività clinica è l’incremento

degli “enzimi epatici” ed in particolare delle transaminasi (aminotransferasi).

L’alanina aminotransferasi (ALT), o transaminasi glutamico-piruvica (GPT), e l’aspartato

aminotransferasi (AST), o transaminasi glutamico-ossalacetica (GOT), sono enzimi endocellulari

presenti in differenti tessuti. L’ALT è localizzata principalmente nel fegato ed in minor misura nel

rene e nel muscolo. Un aumento della sua attività nel siero è suggestiva di una lesione

dell’epatocita, anche se un moderato incremento potrebbe essere osservato anche in caso di danno

muscolare.

L’AST è presente in vari organi e tessuti tra cui cuore, fegato, muscolo scheletrico, rene, pancreas,

polmone e globulo rosso. L’ALT è localizzata quasi esclusivamente nel citosol dell’epatocita,

mentre l’AST è localizzata sia nel citosol che nei mitocondri ma la sua attività sierica è quasi

esclusivamente di origine citosolica. Sia le ALT che le AST sono normalmente presenti nel siero a

basse concentrazioni, di solito inferiore a 40 U/L, subendo scarse variazioni con l’età a parte nel

neonato e nel prematuro in cui l’attività è più elevata.

Gli intervalli di normalità dell’attività aminotransferasica variano da laboratorio a laboratorio,

pertanto lo loro attività si esprime sotto forma di multipli dei valori massimi della norma. Così, ad

esempio, un valore di 500 U/L verrà indicato come 10 x N, dove N rappresenta il limite superiore

della norma, corrispondente in quel laboratorio a 50 U/L.

L’aumento delle aminotransferasi può essere lieve (per aumenti < 2 x N), moderato (da 2 a 10 x N)

e severo (per aumenti ≥10 x N).

Un altro enzima da tenere in considerazione durante il “bilancio epatico” è la gamma glutamil

transpeptidasi (γGT) che svolge la propria attività essenzialmente sulla membrana dei colangiociti.

La sua sintesi è indotta dall’etanolo, da farmaci, e in particolare dagli steroidi. Nel siero, l’attività

γGT è compresa generalmente entro 40 U/L.

Le alterazioni degli enzimi sopra menzionati, anche se non sempre esprimono obbligatoriamente

una malattia epatobiliare, possono associarsi ad uno spettro di scenari clinici particolarmente ampio

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che varia dal paziente con evidenti segni e sintomi di malattia epatobiliare, al riscontro occasionale

in un individuo asintomatico.

L’aumento marcato (≥ 10 volte il valore massimo della norma) di entrambe le aminotrasferasi, con

incrementi equivalenti per AST e ALT, associato a valori di γGT normali o assai moderatamente

elevati e comunque compresi entro il doppio dei valori massimi della norma (≤ 2 x N) è espressione

della cosiddetta Sindrome citolitica acuta “pura”, condizione determinata da un danno acuto e

isolato dell’epatocita che risparmia il colangiocita.

Tra le cause da tenere in considerazione vi sono quelle infettive determinate da virus epatotropi

maggiori (HAV, HBV, HCV, HEV) e minori (EBV, CMV) (vedi Tabella 1). E’ importante

ricordare che oggi, grazie alle migliorate condizioni socio-economiche ed all’attuazione di

programmi di offerta vaccinale su tutto il territorio nazionale, la probabilità di contrarre

un’infezione da virus epatotropi maggiori in Italia è molto bassa. Altri virus, quali gli adenovirus,

gli enterovirus, il Parvovirus B19, gli herpes virus (soprattutto herpes virus 6), che non sono

specificatamente epatotropi, possono essere responsabili di un’epatite acuta talvolta sintomatica.

Infine, anche il protozoo Toxoplasma gondii può essere eccezionalmente responsabile di un’epatite

acuta, anche in bambini immunocompetenti.

Tra le altre cause che determinano una sindrome citolitica acuta “pura” non bisogna dimenticare le

epatiti autoimmuni che generalmente esordiscono come un’epatite acuta sintomatica che può essere

anche severa ed evolvere verso il quadro dell’epatite fulminante. Nel sospetto di un’epatite

autoimmune bisogna indagare su eventuali precedenti di autoimmunità in famiglia e ricercare sia

un’iper-γglobulinemia policlonale di tipo IgG sia la presenza di autoanticorpi che identificano i

principali sottotipi della malattia (ANA e SMA per il tipo 1 e LKM1 e LC1 per il tipo 2). Nei casi

in cui non c’è evidenza di iper-γglobulinemia o di autoanticorpi noti, la biopsia epatica riveste un

ruolo diagnostico particolarmente rilevante.

Una sindrome citolitica “pura” può essere espressione di epatopatie metaboliche. Un difetto del

ciclo dell’urea, e in particolare di ornitina transcarbamilasi (OCT), può presentarsi nel lattante (di

sesso femminile) con epatomegalia, epatocitolisi, prolungamento del tempo di protrombina e turbe

della coscienza. Sempre nel lattante, un’intolleranza ereditaria al fruttosio può esordire con

epatomegalia, vomito, ascite, marcata epatocitolisi. Una glicogenosi di tipo I da difetto di glucosio-

6-fosfatasi o

di tipo III da difetto di amilo-1-6-glucosidasi possono presentarsi con marcata epatomegalia e

epatocitolisi, anche marcata. Nel bambino più grande, a partire dai 5 anni, la malattia di Wilson può

esordire con il grave quadro clinico dell’epatite acuta wilsoniana, eventualmente associata a emolisi

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massiva. Infine, un’insufficienza epatocellulare acuta con marcata citolisi può rappresentare un

esordio possibile dei disordini ereditari del metabolismo energetico mitocondriale.

Numerosi farmaci utilizzati in età pediatrica possono determinare un aumento delle

aminotransferasi.

Il danno può essere di tipo tossico (paracetamolo) o idiosincratico (isoniazide, specie se associata a

rifampicina, e valproato di sodio, specie sotto i 2 anni). Negli ultimi anni, soprattutto in età

adolescenziale, le amfetamine (ecstasy) rappresentano una causa non trascurabile di danno epatico

acuto. Numerose altre sostanze tossiche possono poi produrre un danno epatico acuto con

meccanismi diversi, come l’intossicazione da funghi (Amanita).

Alcune malattie proliferative del sistema emopoietico (leucemie e linfomi) possono esordire con un

danno epatico acuto.

Potremmo, inoltre, trovarci di fronte ad un bambino che presenta un’improvvisa e marcata

elevazione sia degli enzimi di epatocitolisi (valori ≥ 10 x N per almeno una delle due

aminotransferasi) che di quelli di colangiolisi (valori ≥ 5 x N per la γGT).

Questa condizione viene definita come Sindrome citolitica acuta “mista”.

Bisogna escludere innanzitutto una patologia litiasica della colecisti e/o della via biliare principale

mediante esame ecografico. Anche alcuni virus possono determinare un danno acuto di tipo misto

(epato- e colangiocellulare) come il virus EBV, il virus HAV e l’adenovirus.

Successivamente l’ipotesi di una malattia infiammatoria immunomediata delle vie biliari (colangite

autoimmune eventualmente sclerosante) potrebbe essere presa in considerazione.

La persistente, anche se moderata, elevazione di entrambe le aminotransferasi con valori tra 2 e 10 x

N, associata a valori persistentemente normali delle γGT è inquadrabile nella Sindrome citolitica

cronica pura. E’ importante all’inizio sempre escludere una miopatia asintomatica mediante il

contemporaneo dosaggio della CPK: in caso di miopatia, infatti, l’aumento delle aminotransferasi

può riguardare entrambe le aminotransferasi. Una volta esclusa una miopatia, andrà verificato se

l’aumento delle aminotransferasi interessi entrambi gli enzimi o solo la AST. Nel caso riguardasse

la sola AST, è verosimile che si tratti di una macro-aminotransferasemia (macro-AST). Questa

condizione

è caratterizzata da un aumento isolato, moderato e persistente della AST, in assenza di elementi

clinici suggestivi di una malattia epatica cronica.

Ciò si verifica poichè alcuni enzimi che presentano un peso molecolare più elevato rispetto alla

norma (macroenzimi) vengono complessati con altre molecole (immunoglobuline di classe IgG e

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IgA). Queste macromolecole, non potendo essere filtrate dal glomerulo renale a causa del loro

elevato peso

molecolare, rimangono in circolo, con conseguente aumento della loro attività sierica.

La macro-AST è, nel bambino, una condizione benigna.

La causa più frequente di elevazione moderata e persistente delle aminotransferasi è l’epatopatia

steatosica, condizione generalmente secondaria all’eccesso ponderale. La statosi isolata sembra

avere un decorso benigno, mentre la steatoepatite non alcolica può invece evolvere anche verso la

cirrosi, e la sua diagnosi può richiedere quindi una valutazione bioptica. Il cardine del trattamento di

questa condizione nei pazienti obesi è la perdita di peso attraverso un’educazione alla corretta

alimentazione

e all’attività fisica.

Tra le altre cause da prendere in considerazione nella diagnostica differenziale in bambini con

persistenza di elevati valori di aminotransferasi sono le infezioni croniche da virus epatotropi

(HBV, HDV e HCV), che dovrebbero essere ricercati,se presenti fattori di rischio (precedente

contatto con emoderivati, infezione in un convivente), mediante l’identificazione diretta nel siero,

tramite reazione a catena di polimerasi, del rispettivo acido nucleico (HBV-DNA, HCV-RNA).

Deve anche essere valutata l’ipotesi di una malattia autoimmune del fegato. Una malattia celiaca

dovrebbe essere esclusa (mediante ricerca di EMA e anti-tTG) poiché è stato documentato come il

25% dei bambini celiaci alla diagnosi presentano un moderato aumento delle aminotransferasi, con

successiva normalizzazione dopo avvio della dieta senza glutine (epatite celiaca).

Infine, epatopatie metaboliche e genetiche quali le glicogenosi o la malattia di Wilson, epatopatie da

farmaci, malattie endocrine (Addison) dovrebbero anche essere escluse.

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Tab.1 – Cause di ipertransaminasemia in età pediatrica

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Flow-chart 1 (da Maggiore G. - Medico e Bambino 2010)

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Flow-chart 2 (da Maggiore G. - Medico e Bambino 2010)

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Bibliografia

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patients in the pediatric acute liver failure study group. J Pediatr 2006;148:652-8.

2. Murray KF, Hadzic N, Wirth S, Basset M, Kelly D. Drug-related hepatotoxicity and acute

liver failure. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2008;47:395-405.

3. Maggiore G. Approccio clinico al bambino con enzimi epatici elevate, “quasi” vent’anni

dopo. Medico e Bambino 2010;29:1.

4. Whitehead MW, Hawkes ND, Hainsworth I, Kingham JG. A prospective study of the causes

of notably raised aspartate aminotransferase of liver origin. Gut 1999;45:129-33.

5. Caropreso M, Fortunato G, Lenta S, et al. Prevalence and long-term course of

macroaspartate aminotransferase in children. J Pediatr 2009;154:744-8.

6. Craxì A, Almasio P. Diagnostic approach to liver enzyme elevation. J Hepatol 1996;25:47-

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Sanguinamento Gastrointestinale

Ferraù V, Vicchio P, Loddo I, Comito D, Grosso Randazzo A, Romano C

Il Sanguinamento Gastrointestinale (SG) è un evento relativamente frequente in età pediatrica.

Nell’80% dei casi esso si autolimita spontaneamente ma il monitoraggio della fase acuta ed un

corretto approccio clinico rappresentano i fattori prognostici più importanti.

In base alla sede di origine possiamo distinguere:

- SG superiore: se il punto di origine è localizzato al di sopra del legamento del Treitz

- SG inferiore: se il punto di origine è localizzato distalmente al legamento del Treitz

- SG medio: se il punto di origine è localizzato tra il legamento del Treitz e la valvola ileocecale

Indipendentemente dalla natura delle lesioni emorragiche, a seconda delle modalità di

presentazione clinica, i sintomi suggestivi di SG possono essere distinti in:

- Ematemesi: emissione di sangue dalla bocca, può presentarsi come emissione di sangue fresco

se l’emorragia è in atto o a posa di caffè se l’emorragia non è recente

- Melena: emissione di sangue digerito dall’ano sottoforma di feci picee, in seguito a digestione

dell’Hb da parte degli enzimi intestinali e della flora batterica

- Ematochezia: emissione di sangue rosso vivo mescolato alle feci e/o muco, può essere presente

solo su una parte della superficie del cilindro fecale se di origine rettale o anale

- Rettorragia: emissione di sangue rosso vivo e, se sono presenti feci, esse non sono commiste al

sangue ma da questo nettamente distinguibili (proveniente dal colon six, retto e canale anale)

In base ai caratteri distinguiamo invece:

- SG acuto: se clinicamente evidente con carattere di acuzie, sia come esordio che come

risoluzione e spesso a risoluzione spontanea

- SG acuto-ricorrente: ricorrenza dell’episodio di sanguinamento acuto nello stesso paziente

- SG occulto: se clinicamente non evidente, ma individuato tramite positività del sangue occulto

nelle feci

- SG oscuro: se persistente o ricorrente ma di origine non identificata anche dopo opportune

valutazioni endoscopiche del tratto digestivo superiore ed inferiore

Eziopatogenesi

IL SG può essere secondario a lesioni mucosali (erosioni, ulcere), lesioni vascolari (varici,

malformazioni arterovenose, vasculiti, invaginazioni, volvolo) e difetti dell’emostasi primaria o

secondaria.

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È possibile identificare cause comuni e rare di SG meglio classificabili in base all’età del paziente.

NEONATO

SGS SGI

CAUSE COMUNI ESOFAGO/GASTRITE DA

STRESS

MALATTIA EMORRAGICA

(VIT.K)

RAGADI ANALI

ENTEROCOLITE

NECROTIZZANTE

COLITE ALLERGICA

INGESTIONE DI LATTE

MATERNO

CAUSE RARE ULCERA GASTRICA M.di HIRSCHSPRUNG

MALROTAZIONE

DUPLICAZIONE INTESTINALE

DIVERTICOLO DI MECKEL

MALFORMAZIONI VASCOLARI

INFEZIONI

INVAGINAZIONE

LATTANTE

SGS SGI

CAUSE COMUNI ESOFAGITE RAGADI ANALI

ENTEROCOLITE

NECROTIZZANTE

COLITE ALLERGICA

INGESTIONE DI

LATTE MATERNO

GASTROENTERITE ACUTA

CAUSE RARE ULCERA GASTRICA M.di HIRSCHSPRUNG

MALROTAZIONE

DUPLICAZIONE INTESTINALE

DIVERTICOLO DI MECKEL

MALFORMAZIONI VASCOLARI

INFEZIONI

INVAGINAZIONE

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BAMBINO e ADOLESCENTE

SGS SGI

CAUSE COMUNI

ESOFAGO

STOMACO

DUODENO

ALTRO

ESOFAGITE (RGE)

S. di MALLORY-WEISS

GASTRITE (da aspirina e FANS e da

STRESS)

DUODENITE

INGESTIONE DI SANGUE (oro/nasale

faringeo)

RAGADE ANALE

INVAGINAZIONE

DIVERTICOLO DI MECKEL

DUPLICAZIONE INTESTINALE

INFEZIONI (GASTROENTERITE

ACUTA)

POLIPI

COLITE ULCEROSA

M. di CROHN

ESOFAGO

STOMACO

DUODENO

ESOFAGITE (virale, allergica, micotica,

caustica)

VARICI

LESIONE DI DIEULAFOY

CORPO ESTRANEO

CISTI DA DUPLICAZIONE

GASTRITE (M. di Crohn, ipertensione

portale, H. pilori)

ULCERA (S. di Zollinger-Ellison, Ulcera

di Cushing)

LEIOMIOMA

VARICI

MALFORMAZIONI VASCOLARI

(Lesione di Dieulafoy)

ULCERA (H.pylori)

M. di CROHN

CORPO ESTRANEO

IPERPLASIA LINFOIDE

VARICI

CISTI DA DUPLICAZIONE

PORPORA di SCHONLEIN-HENOCH

EMORROIDI

VARICI COLICHE

IPERPLASIA NODULARE

LINFATICA

S.UREMICO-EMOLITICA

ABUSO

TRAUMA RETTALE

ULCERA SOLITARIA RETTALE

MALFORMAZIONI VASCOLARI

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La patologia infettiva gastrointestinale, sia essa batterica o parassitaria, rappresenta in ogni fascia di

età la principale causa di diatesi emorragica nel bambino e dovrebbe essere esclusa prima di fare

ricorso ad esami più invasivi. Nell’ambito delle emorragie digestive basse, una delle cause più

comuni soprattutto nel bambino in età scolare è rappresentata dalla ragade anale che va inquadrata

nel contesto di un alvo tendenzialmente stitico e si presenta con bruciore/dolore all’atto defecatorio

per cui il bambino trattiene le feci perpetuando un circolo vizioso. Nel neonato, soprattutto nel

prematuro SGA, l’enterocolite necrotizzante è una tipica causa di emorragia digestiva bassa che si

presenta con distensione addominale e vomito biliare. Ancora, nel bambino tra i 3 mesi e i 3 anni è

frequente l’invaginazione intestinale idiopatica che ha la sua manifestazione patognomonica

nell’emissione di feci a gelatina di ribes con associato vomito biliare, dolore addominale, pianto

lamentoso. Anche il volvolo intestinale è una fonte emorragica caratteristica del neonato con

sintomatologia analoga a quella dell’invaginazione e presenza di melena. Nel bambino più grande

va esclusa come causa di invaginazione o di sanguinamento primitivo il diverticolo di Meckel,

residuo del dotto onfalo-mesenterico, situato a livello della porzione distale dell’ileo e contenente

spesso tessuto eterotopico (isole di mucosa gastrica o duodenale) che tende a ulcerarsi e a

sanguinare. Nel contesto di un malassorbimento e/o di un’enteropatia protidodisperdente, un

sanguinamento deve sempre far pensare ad un’allergia alle proteine del latte vaccino. Le Malattie

Infiammatorie Croniche Intestinali sono un’altra importante causa di emissione di sangue con le

feci frammisto a muco piuttosto che di melena o sangue occulto fecale e anemizzazione. Polipi

isolati o nel contesto di una poliposi familiare possono associarsi a sanguinamento occulto o a

rettorragia evidente in ogni fascia di età. Altre cause rare di sanguinamento digestivo basso sono le

angiodisplasie, responsabili spesso di stillicidio cronico con rinvenimento di sangue occulto nelle

feci e progressiva anemizzazione.

Inquadramento diagnostico

L’approccio al bambino con SG è mirato in una prima fase a distinguere condizioni cliniche con

modesto interessamento generale da quelle con shock emorragico o con shock imminente.

La seconda fase, dopo l’eventuale stabilizzazione emodinamica, è quella di individuare gli elementi

anamnestici e clinici che possono indirizzare verso una diagnosi di sede e di causa, e di scegliere

l’approccio terapeutico più appropriato. Il primo passo diagnostico nel riconoscimento

dell’etiologia di un’emorragia digestiva è rappresentato da un’accurata anamnesi: a tal proposito,

una storia di malattia con diatesi emorragica (epatopatia, cirrosi epatica, gastrite, ulcera, MICI,

coagulopatie, poliposi familiare, collagenopatie), l’assunzione di farmaci predisponenti (FANS,

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anticoagulanti, cortisonici) e la presenza di sintomatologia suggestiva di ipovolemia o anemia

(vertigini, astenia, dispnea, sopore) guideranno nell’inquadramento nosologico. L’esame clinico è di

fondamentale importanza per orientare il pediatra, consentendogli in molti casi di distinguere tra un

sanguinamento prossimale o distale in base ai segni e sintomi di presentazione. Si procederà quindi

con una dettagliata visita generale, riservando particolare attenzione all’ ispezione del cavo orale e

delle fosse nasali, della cute (petecchie, porpora…), si valuterà l’eventuale presenza di

epatosplenomegalia (ittero, spider naevi, ascite..) o la presenza di obiettività addominale ( segni di

difesa, distensione e/o dolorabilità addominale in sedi elettive, masse palpabili..), si concluderà con

l’ispezione della regione perianale e l’esplorazione rettale. Gli esami di laboratorio (emocromo

completo con formula leucocitaria, elettroliti sierici, glicemia, creatinina, azoto ureico, prove di

coagulazione, enzimi epatici, sideremia, ferritina, indici di flogosi), oltre a fornire un’indicazione

sulla sede del sanguinamento e restringere il campo della diagnostica strumentale, possono anche

rivelare un sanguinamento occulto e fornire i parametri per un intervento in urgenza. Molto utili,

nella diagnostica differenziale dei SG distali, risultano essere anche gli esami su campioni di feci

quali ad esempio la coprocoltura allargata (ricerca Salmonella, Shigella, E. Coli patogeno,

Clostridium difficile), l’esame parassitologico delle feci e la calprotectina fecale.

La pietra miliare per la diagnosi e l’eventuale terapia di un’emorragia gastrointestinale è a tutt’oggi

rappresentata dall’esame endoscopico (colonscopia e/o EGDS). L’EGDS se eseguita fra le 12 e le

24 ore dalla comparsa dell’emorragia alta identifica la fonte del sanguinamento nel 90% dei casi.

Utile può risultare il posizionamento di un sondino naso gastrico che oltre a fornire i criteri di

positività per un sanguinamento ancora in atto può aiutare anche nella migliore visualizzazione

della mucosa all’esame endoscopico, consentendo di effettuare un lavaggio dello stomaco.

La rettoscopia e l’esame colonscopico sono fondamentali nel sanguinamento distale. Qualora

entrambi gli esami non siano riusciti a smascherare la fonte del sanguinamento sarà opportuno,

procedere all’enteroscopia con video capsula, esame poco invasivo, esaustivo, ben tollerato dal

paziente pediatrico e privo di complicanze gravi. Esami di secondo e terzo livello nel

sanguinamento occulto/oscuro sono rappresentati dalla radiologia convenzionale (RX transito

intestinale, TC spirale, RM addominale), dall’ecotomografia, dalla scintigrafia con TC 99m (gold

standard per la diagnosi di Diverticolo di Meckel), dall’angio-TC, dall’enteroscopia intraoperatoria

e dalla laparotomia/laparoscopia esplorativa.

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Terapia medica

Il trattamento farmacologico nel SG acuto e cronico è basato essenzialmente sull’utilizzo di due

classi di farmaci:

Farmaci che sopprimono l’acidità gastrica (anti-H2 ed Inibitori di pompa protonica, IPP)

Ranitidina 2.5-5 mg/Kg/dose e.v ogni 12 ore

Ranitidina 0.75-1.5 mg/Kg/dose e.v. ogni 8 ore (max 400 mg/die)

IPP 0.7- 3.3 mg/Kg/die per os o per via e.v

Farmaci vasoattivi

Somatostatina 1-2 mcg/Kg in bolo o in infusione e.v.

Octreotide > 8 anni: 50 mcg in bolo (in 5 min) o 50 mcg/ora in infusione e.v.

Octreotide < 8 anni: 1-2 mcg/Kg in bolo (in 5 min) o 1-2 mcg/Kg/ora in infusione e.v.

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