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B ucarest, una città tra Est e Ovest” è lo stereotipo più diffuso in qualunque pubblicazione di architettura o guida turistica dedicata alla capitale rumena, ma che del resto definisce la caratteristica principale della città. A di- re il vero, Bucarest non rappresenta né una tipica città orientale né occidentale, ma mostra l’influenza che subi- sce da entrambi questi mondi. È per questo che, per com- prenderne gli aspetti più complessi e i paradossi, è neces- sario predisporre un’analisi a partire dalle circostanze nelle quali il mondo orientale e quello occidentale si so- no incontrati e manifestati nel medesimo ambiente urba- no. Secondo gli esperti la città ha una struttura urbana orientale su cui, nel corso del tempo, si sono succeduti i segni occidentali che, per gradi, hanno mutato l’immagi- ne della città in una conurbazione più di tipo occidenta- le, spostando l’equilibrio da Est a Ovest, perlopiù dall’ini- zio del XIX secolo. In effetti Bucarest, soprattutto a causa della sua posizione geografica, ha sempre oscillato fra queste due aree di influenza, cercando di trovare una pro- pria identità ed espressione spaziale, un fenomeno che colpisce l’occhio ancora oggi, dopo che, nel corso degli ultimi vent’anni, si è passati dal socialismo al capitalismo. Situata fuori dai Carpazi meridionali, nel Sudest del Paese, Bucarest fu fondata nel 1459, pochi anni dopo un evento di fondamentale importanza, che mutò il corso della storia di tutta questa regione europea: la caduta di Costantinopoli e l’ascesa dell’impero ottomano. In effet- ti il dominio ottomano in Europa sudorientale ebbe un notevole impatto sullo sviluppo di Bucarest, soprattutto dal punto di vista urbano: sotto i turchi fu fatto divieto di cesi, un fatto reso possibile grazie ad intellettuali, artisti e architetti rumeni che si erano recati in Francia per la propria formazione e istruzione. Fu così che ampi boule- vard e un’architettura eclettica, chiaramente sviluppata- si sotto l’influsso francese, presero a delineare un’imma- gine idilliaca della città, che all’inizio del XX secolo co- minciò a essere definita “piccola Parigi”. È questo un al- tro cliché, che riguarda in particolar modo gli anni della trasformazione urbana della città e che è ancora presen- te nei ricordi della gente e menzionato con una certa ma- linconia. Ma la notevole apertura sociale e culturale ver- so l’Occidente si mantenne e si manifestò anche più tar- di, durante il periodo tra le due guerre mondiali, quando a Bucarest cominciarono a interagire le culture francese, italiana e tedesca, un aspetto ben rappresentato nell’ar- chitettura dell’epoca. Tutto ciò che fu creato in quel pe- riodo può essere considerato un’importante eredità che ha dato carattere a un certo tipo di società e di mentalità, oggi molto difficile da trovare e identificare. costruire fortificazioni all’interno delle principali città, il che influenzò il successivo sviluppo di Bucarest e ne spiega l’espansione sobria e l’assenza di un centro stori- co chiaramente definito. Durante il XVII secolo la città divenne la capitale della Valacchia (Tara Româneascã), una delle più importanti regioni rumene. Successivamente, nel contesto dei mo- vimenti nazionalisti a partire dalla metà del XIX secolo, divenne capitale della Romania. Con la fine del governo ottomano le regioni rumene cominciarono ad aprirsi al- la civilizzazione occidentale, soprattutto abbracciando la cultura francese. In realtà, dalla metà dell’Ottocento, questa riuscì a “colonizzare” tutta la capitale, persino senza aver bisogno della presenza fisica di colonie fran- B carest odierna si avvia ad assumere una nuova identità urbanistica e sociale. testo e foto di Oana Tiganea La corsa verso il capitalismo Ritratto della capitale rumena, nata sotto il dominio ottomano nel Quattrocento, influenzata dalla cultu- ra francese nell’Ottocento e tornata ad aprirsi all’Occidente dopo l’isolamento dell’era Ceausescu. La Bu- EST . ROMANIA 21 numero 40 . febbraio 2012 20 east . europe and asia strategies A FRONTE Palazzo del parlamento, ex Casa poporului (Casa del popolo), iniziata nella metà dei anni Ottanta sotto Ceausescu. SOTTO Ateneul roman (Ateneo rumeno), interno. L’edificio fu realizzato alla fine dell’Ottocento dall’architetto francese Albert Galleron.

La corsa EST. ROMANIA · la cultura francese. In r ealtà, dalla metà dell’Ottocento, questa riuscì a “colonizzare” tutta la capitale, persino senza aver bisogno della presenza

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Page 1: La corsa EST. ROMANIA · la cultura francese. In r ealtà, dalla metà dell’Ottocento, questa riuscì a “colonizzare” tutta la capitale, persino senza aver bisogno della presenza

Bucarest, una città tra Est e Ovest” è lo stereotipo piùdiffuso in qualunque pubblicazione di architettura o

guida turistica dedicata alla capitale rumena, ma che delresto definisce la caratteristica principale della città. A di-re il vero, Bucarest non rappresenta né una tipica cittàorientale né occidentale, ma mostra l’influenza che subi-sce da entrambi questi mondi. È per questo che, per com-prenderne gli aspetti più complessi e i paradossi, è neces-sario predisporre un’analisi a partire dalle circostanzenelle quali il mondo orientale e quello occidentale si so-no incontrati e manifestati nel medesimo ambiente urba-no. Secondo gli esperti la città ha una struttura urbana

orientale su cui, nel corso del tempo, si sono succeduti isegni occidentali che, per gradi, hanno mutato l’immagi-ne della città in una conurbazione più di tipo occidenta-le, spostando l’equilibrio da Est a Ovest, perlopiù dall’ini-zio del XIX secolo. In effetti Bucarest, soprattutto a causadella sua posizione geografica, ha sempre oscillato fraqueste due aree di influenza, cercando di trovare una pro-pria identità ed espressione spaziale, un fenomeno checolpisce l’occhio ancora oggi, dopo che, nel corso degliultimi vent’anni, si è passati dal socialismo al capitalismo.

Situata fuori dai Carpazi meridionali, nel Sudest delPaese, Bucarest fu fondata nel 1459, pochi anni dopo unevento di fondamentale importanza, che mutò il corsodella storia di tutta questa regione europea: la caduta diCostantinopoli e l’ascesa dell’impero ottomano. In effet-ti il dominio ottomano in Europa sudorientale ebbe unnotevole impatto sullo sviluppo di Bucarest, soprattuttodal punto di vista urbano: sotto i turchi fu fatto divieto di

cesi, un fatto reso possibile grazie ad intellettuali, artistie architetti rumeni che si erano recati in Francia per lapropria formazione e istruzione. Fu così che ampi boule-vard e un’architettura eclettica, chiaramente sviluppata-si sotto l’influsso francese, presero a delineare un’imma-gine idilliaca della città, che all’inizio del XX secolo co-minciò a essere definita “piccola Parigi”. È questo un al-tro cliché, che riguarda in particolar modo gli anni dellatrasformazione urbana della città e che è ancora presen-te nei ricordi della gente e menzionato con una certa ma-linconia. Ma la notevole apertura sociale e culturale ver-so l’Occidente si mantenne e si manifestò anche più tar-di, durante il periodo tra le due guerre mondiali, quandoa Bucarest cominciarono a interagire le culture francese,italiana e tedesca, un aspetto ben rappresentato nell’ar-chitettura dell’epoca. Tutto ciò che fu creato in quel pe-riodo può essere considerato un’importante eredità cheha dato carattere a un certo tipo di società e di mentalità,oggi molto difficile da trovare e identificare.

costruire fortificazioni all’interno delle principali città,il che influenzò il successivo sviluppo di Bucarest e nespiega l’espansione sobria e l’assenza di un centro stori-co chiaramente definito.

Durante il XVII secolo la città divenne la capitale dellaValacchia (Tara Româneascã), una delle più importantiregioni rumene. Successivamente, nel contesto dei mo-vimenti nazionalisti a partire dalla metà del XIX secolo,divenne capitale della Romania. Con la fine del governoottomano le regioni rumene cominciarono ad aprirsi al-la civilizzazione occidentale, soprattutto abbracciandola cultura francese. In realtà, dalla metà dell’Ottocento,questa riuscì a “colonizzare” tutta la capitale, persinosenza aver bisogno della presenza fisica di colonie fran-

B

carest odierna si avvia ad assumere una nuova

identità urbanistica e sociale.

testo e foto di Oana Tiganea

La corsaverso il capitalismoRitratto della capitale rumena, nata sotto il dominio ottomano nel Quattrocento, influenzata dalla cultu-

ra francese nell’Ottocento e tornata ad aprirsi all’Occidente dopo l’isolamento dell’era Ceausescu. La Bu-

EST . ROMANIA

21numero 40 . febbraio 201220 east . europe and asia strategies

A FRONTE Palazzo del parlamento, ex Casa poporului (Casa del popolo),

iniziata nella metà dei anni Ottanta sotto Ceausescu.

SOTTO Ateneul roman (Ateneo rumeno), interno. L’edificio fu realizzato

alla fine dell’Ottocento dall’architetto francese Albert Galleron.“

Page 2: La corsa EST. ROMANIA · la cultura francese. In r ealtà, dalla metà dell’Ottocento, questa riuscì a “colonizzare” tutta la capitale, persino senza aver bisogno della presenza

A SINISTRA Centro storico di Bucarest.

AL CENTRO Arcul de triumf (Arco di trionfo), realizzato nel 1936.

Vista dal viale Kiseleff, situato nella zona nord di Bucarest.

A DESTRA Patriarhia romana,

sede del patriarca rumeno, realizzata nel Seicento.

sere governati da regole economiche capitalistiche.Ciò che oggi rimane del centro storico è stato trasforma-

to nella “piazza gastronomica” della città. Molti edificisono stati rimessi a nuovo e ricompresi nella vita urbana;nel frattempo le funzioni residenziali sono andate via viascomparendo, sostituite dai servizi e da un look turisticopiù europeo, portatori di profitti economici. I nuovi quar-tieri generali delle multinazionali, dall’architettura im-personale e disgiunta dal contesto, sono importanti pun-ti di riferimento sulla mappa di Bucarest, – sia nei puntistrategici del centro che nelle aree circostanti – e confe-riscono un nuovo volto alla vita economica della città. In-tanto la vita sociale della capitale si è spostata dagli spa-zi pubblici ai nuovi centri commerciali, costruiti sia incittà – come nel caso del Bucaresti Mall – che in periferia(si veda la Bãneasa Shopping City). Questo, unitamenteall’ossessione della società postsocialista nei confrontidella proprietà privata, ha spinto a una sorta di abbando-no sociale dello spazio pubblico. Ora la nuova società èmaggiormente orientata alla vita privata, e tratta tutto ciòche un tempo era comune, ovvero gli spazi pubblici, co-me qualcosa di non più necessario al nuovo stile di vita.Persino le nuove architetture in genere sono concepite inbase al singolo lotto e alla vita privata del proprietario,ignorando lo spazio pubblico e persino eliminando i col-legamenti visivi con esso mediante l’installazione di mas-

talista, per via del continuo incremento della speculazio-ne immobiliare.

Si ritiene che il passaggio verso il capitalismo avverràcon la stessa rapidità con cui il socialismo si è insediatonel Paese dopo la Seconda guerra mondiale, e che si po-trà considerare il processo completato solo quando si sa-rà raggiunto il 100% delle privatizzazioni. In realtà l’aper-tura verso l’economia globale è stata assimilata attraver-so questo rapido processo di privatizzazione, che ha por-tato con sé nuove opportunità economiche, ma che ha an-che determinato un fenomeno piuttosto caotico che an-drà a incidere su tutto lo spazio urbano. Con la privatiz-zazione delle grosse aziende di Stato – e persino di por-zioni del patrimonio nazionale – lo spazio urbano è sta-to influenzato in modo permanente dalle fluttuazioni delmercato immobiliare. A Bucarest il controllo sul patrimo-nio immobiliare rappresentava principalmente il control-lo della vita politica ed economica. Così, nella città po-stsocialista, i movimenti urbani hanno cominciato a es-

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proprietà fino a quel momento possedute dallo Stato.Così, la prima Costituzione della Romania libera e de-

mocratica ha caratterizzato il diritto alla proprietà priva-ta come un bene imprescindibile che nessuna autorità digoverno potrà mai più violare. Questo approccio verso laproprietà privata ha influenzato tutte le azioni e i com-portamenti nei confronti di qualunque trasformazione ur-bana della Romania postsocialista e, in questo senso, Bu-carest ne è stata il principale esempio.

Per gradi, tutte le proprietà nazionalizzate nel 1948,agli inizi degli anni Novanta sono state riassegnate ai pro-prietari originali in virtù di complicati processi legali. Dal1995 in poi vari provvedimenti legislativi hanno riguar-dato diversi tipi di proprietà: entro la cerchia urbana, ter-reni agricoli e aree forestali. In teoria le leggi sono statevarate a favore di tutti coloro che nel 1948 erano stati de-fraudati a causa della nazionalizzazione, ma in praticadurante gli anni del regime comunista molte cose eranocambiate. Lo status di tutte le proprietà un tempo confi-scate era cambiato: il territorio urbano era stato ampliatoe sfruttato, nuovi edifici costruiti dallo Stato erano sortisu aree un tempo di proprietà privata, tutti aspetti, que-sti, che hanno dato origine a nuove questioni legali e anuovi criteri, soprattutto in merito agli spazi urbani.

Questo però non ha impedito di accelerare il processodi privatizzazione, nel primo decennio a vocazione capi-

La seconda metà del Novecento ha condotto a cambia-menti straordinari: da una posizione di totale apertura al-le società e culture occidentali, Bucarest, come tutto il re-sto del Paese, ha dapprima sofferto una fase di riorienta-mento verso l’Est, verso l’Unione Sovietica e, più tardi,sotto la dittatura di Ceausescu (1964-1989), il più com-pleto isolamento. In questo isolamento, tuttavia, Buca-rest è riuscita a portare a compimento una delle sue (for-se) più importanti e straordinarie trasformazioni, dovu-ta al desiderio di Ceausescu di costruire un nuovo centrocivico, quale superlativa rappresentazione del regime to-talitario: un intervento urbano che ha cancellato tre quar-ti del centro storico di Bucarest, eliminando intere testi-monianze architettoniche e ricordi, annullando parti delcontinuum urbano della città.

Dopo la caduta del regime comunista nel 1989, Buca-rest, come tutta la Romania, è passata dal più com-

pleto isolamento all’apertura totale verso l’Occidente, ab-bracciandone, ancora una volta, non solo i principi eco-nomici, ma anche sociali e culturali, mossa dal desideriodi colmare nel più breve tempo possibile il divario crea-tosi nei precedenti quarantacinque anni.

In quest’ottica, uno dei primi passi intrapresi, con sor-prendenti conseguenze sulla società e sull’economia ru-mena postsocialista, è stata la privatizzazione di tutte le

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teggerne l’eredità e sono espressione di una società libe-ra e democratica. .RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Celac Mariana, Carabela Octavian, Marcu-Lepadat Marius, Bucha-

rest, architecture and modernity (guida con note), Simetria-Artcub,

Bucarest 2009 (3a edizione).

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tria - l’Union des architects des Roumanie et Artcub, 1997.

Ionescu Grigore, Histoire de l’architecture en Roumanie. De la pre-

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Architectura, rivista di architettura pubblicata dall’Architectural

Romanian Union.

Zeppelin, rivista di architettura, ma anche progetto di comunica-

zione e formazione in campo architettonico.

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A FRONTE

Edificio realizzato agli albori del regime comunista

nel corso degli anni Cinquanta.

SOPRA Splaiul independentei, lungofiume nel centro di Bucarest.

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sicce, solide cancellate a protezione della proprietà.E il centro di Bucarest è ancora dominato dagli inter-

venti urbani voluti da Ceausescu alla fine degli anni Ot-tanta, un’eredità difficile da dimenticare. Ciò malgrado,la Casa del popolo, attualmente conosciuta col nome diPalazzo del parlamento, ritenuto il secondo più grandeedificio amministrativo al mondo per superficie costrui-ta, oltre che l’edificio più esteso e più pesante, ospita og-gi al suo interno il parlamento rumeno e il Museo di artecontemporanea. Se il primo continua a rappresentare ilpotere politico, occupando un edificio originariamentedestinato a tale uso, il secondo rappresenta una graditasorpresa. La presenza di questo museo nella Casa del po-polo può essere interpretata come l’accettazione dell’ere-dità nazionale, almeno in alcune sue parti e da talunipunti di vista.

Bucarest presenta diverse realtà parallele, che convi-vono all’interno così come all’esterno dei confini urbani.Si trovano fianco a fianco nel centro politico, simbolo del-la magnificenza comunista, ma anche nelle aree storiche.Tuttavia, ciò che più caratterizza questa città sono i gran-di quartieri costruiti prima del 1989. I quartieri residen-ziali di Bucarest, connotati da grossi edifici di calcestruz-zo adibiti ad appartamenti, presentano un’immaginecompletamente diversa da quella offerta dalle aree cen-trali, una realtà segnata a sua volta dal processo di priva-tizzazione sulla via del capitalismo. Dopo il 1989 tutti co-loro che occupavano un appartamento precedentemen-te assegnato dallo Stato hanno avuto la possibilità di ac-quistarlo: si tratta di appartamenti costruiti con materia-li poveri – soprattutto elementi prefabbricati di calce-struzzo – e con superfici abitabili ridotte al minimo. Iquartieri residenziali di Bucarest risalenti all’epoca delcomunismo sono oggi caratterizzati da una moltitudinedi proprietà private all’interno di uno stesso caseggiato.È particolarmente interessante notare come tutti abbianocominciato a concentrarsi sulla singola proprietà perso-nale – l’appartamento – e a dare sempre meno importan-za al concetto generale di comunità, un tempo applicabi-le all’intero edificio.

Così, a partire dagli anni Novanta, in qualunque areaabitativa di Bucarest si è cominciato ad assistere a

una serie di piccoli interventi frammentari e individualisulle facciate dei grandi caseggiati: coloro che desidera-vano ampliare la superficie abitativa hanno optato per so-luzioni quali la chiusura di terrazzi e balconi sulla basedi criteri e gusti estetici del tutto personali; altri hanno in-vece deciso di ridipingere la propria porzione di faccia-ta; altri ancora di sostituire i serramenti con modelli piùnuovi e performanti, ignorando – e dunque cancellando– il design originario della facciata. Un fenomeno, que-sto, che ha caratterizzato gli anni Novanta e ha trasforma-to la fisionomia di Bucarest. Sennonché la politica loca-le degli ultimi cinque anni ha stabilito nuovi programmidi ristrutturazione, che potrebbero avviare interventi dimiglioramento termico di alcuni caseggiati e di rifaci-mento delle facciate con colori più vivaci, anche non ne-cessariamente armonizzati al contesto urbano generale.Ma nei quartieri di Bucarest i grandi caseggiati grigi con-tinuano ancora oggi a colpire per la loro triste decadenza.

La libertà di espressione e di creazione, con l’avvento

del capitalismo, ha portato a un continuo processo di ri-cerca della identità architettonica e urbana. Le manifesta-zioni architettoniche di Bucarest si sono ispirate non so-lo all’Occidente, ma a tutto il mondo, sintetizzandone imovimenti e la direzione generale e creando interessantiesempi di architettura di buona qualità. Tuttavia, la ten-denza a “edificare in grande”, ereditata dal passato, sem-bra essere perpetuata dagli attuali rappresentanti politici.Oggigiorno, interventi urbani su larga scala, in taluni ca-si simili a quelli socialisti, vengono proposti dalle autori-tà locali, aumentando ancor più le differenze di scala a li-vello urbano. Attraverso proposte di interventi urbani, co-me per esempio l’apertura di nuove arterie di traffico, siattua l’eliminazione di vecchie strutture, una volta di piùtrascurando talune fasi dello sviluppo urbano della città.La circolazione automobilistica è incoraggiata, mentre ipedoni vengono così allontanati dallo spazio urbano.

Eppure alcuni movimenti di risveglio del senso e delcomportamento civico, organizzati da architetti, artisti estorici, sono in alcuni casi riusciti a fermare la realizza-zione di interventi urbani troppo drastici, sottraendo al-la demolizione e alla distruzione alcuni edifici storici, tracui parchi e spazi pubblici. Questo tipo di iniziative civi-li e culturali – negli ultimi anni manifestatesi con fre-quenza – si prefiggono lo scopo di sottolineare e preser-vare la complessità della città e di comprenderne e pro-