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Care lettrici, cari lettori, sono state 70107 le classi della scuola secondaria, comprese undici del nostro Istituto, che, in tutta Ita- lia, hanno partecipato a #imiei10libri, il concorso lanciato in giugno dal Ministero dell’Istruzione sui 10 libri più amati dagli adolescenti. Il regolamento prevedeva che gli alunni, con l’aiuto dei professori, scegliessero 10 titoli preferiti fra i contemporanei italiani e li inserissero nella classifica da inviare al Ministero. In viale Trastevere sono arrivati così ol- tre diecimila titoli. Il più votato è stato Alessandro D’Avenia, con il suo Bianca come il latte, rossa come il sangue, seguito da Io non ho paura di Nicolò Am- maniti e Roberto Saviano con il suo Gomorra. D’A- venia si è piazzato anche al settimo e all’ottavo po- sto con Ciò che inferno non è e Cose che nessuno sa. In attesa di ricevere 150 euro per l’acquisto, an- che in formato digitale, dei libri vincitori, con cui arricchiremo la nostra biblioteca, non si può non chiedersi quale sia il segreto del romanzo d’esordio di D’Avenia. Uscito nel 2010, Bianca come il latte, rossa come il sangue è diventato rapidamente un successo internazionale, tanto da raggiungere il milione di copie e diciannove traduzioni nel 2013, anno in cui il film omonimo ha anche riempito le sale cinematografiche. Forse la particolare sensi- bilità sviluppata da D’Avenia durante l’infanzia e l’adolescenza vissute nella Palermo di Borsellino, che andava a messa tutte le domeniche nella sua parrocchia, e di Padre Pino Puglisi, suo docente di religione al liceo? O piuttosto, dopo un quindicen- nio trascorso a insegnare Lettere nella scuola, la vi- cinanza al campo stesso di cui racconta? Non certo il taglio consumistico di un “fenomeno pop” (come alcuni detrattori lo definiscono). Altrimenti non si spiegherebbe la tenuta dei suoi libri nelle classifi- che, compresa quella del nostro concorso. E a giu- dicare proprio dalla classifica, quelle che i nostri ragazzi sembrano chiedere, sono, dopo tutto, sto- rie di sentimenti e di crescita. Due degli ingredienti fondamentali della vicenda di Leo, un sedicenne che, grazie a Bianca, purtroppo gravemente mala- ta, conosce la potenza dell’amore: “Nessuno presta attenzione al cielo, finché non si innamora”. Ma è vero anche che “l’amore non esiste per renderci fe- lici, ma per dimostrarci quanto sia forte la nostra capacità di sopportare il dolore”. Al tempo stesso, Leo deve però fare i conti con “il mistero di que- sta cosa chiamata morte”. Il tutto nella convinzione che “la vita sia la scuola e la sua scuola sia la vita […] Che l’inferno siano i prof e il paradiso i giorni di vacanza […] Che i voti siano il giudizio universa- le”. Finché l’incontro con il “Sognatore”, un giovane supplente di storia e filosofia che Leo inizialmente considera uno “sfigato”, riuscirà a fargli capire l’im- portanza dei sogni, che non possono morire… Ma tra i diecimila titoli segnalati, è spuntato anche il Mein Kampf di Adolf Hitler: dieci classi di diverse città italiane lo hanno messo nei dieci testi prefe- riti e in due casi è addirittura finito al primo po- sto. Mentre è ancora in corso un’indagine del MIUR per scoprire cosa è successo in queste dieci scuole - dato che quel testo non poteva, secondo il regola- mento, nemmeno essere votato, essendo di autore non italiano e pubblicato prima del 2000 – ci si in- terroga anche in questo caso sul perché della scelta. Uno scherzo da ragazzi? Una provocazione? O, più probabilmente, la curiosità dettata dal gusto del La Biblioteca di Sallustio Gennaio - Febbraio 2017 Anno N.4 www.istitutobandini.it Esente da autorizzazione C.M. n.242 02/09/1988

La Biblioteca di Sallustio - istitutobandini.it · chiedersi quale sia il segreto del romanzo d’esordio di D’Avenia. Uscito nel 2010, Bianca come il latte, rossa come il sangue

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Care lettrici, cari lettori,sono state 70107 le classi della scuola secondaria, comprese undici del nostro Istituto, che, in tutta Ita-lia, hanno partecipato a #imiei10libri, il concorso lanciato in giugno dal Ministero dell’Istruzione sui 10 libri più amati dagli adolescenti. Il regolamento prevedeva che gli alunni, con l’aiuto dei professori, scegliessero 10 titoli preferiti fra i contemporanei italiani e li inserissero nella classifica da inviare al Ministero. In viale Trastevere sono arrivati così ol-tre diecimila titoli. Il più votato è stato Alessandro D’Avenia, con il suo Bianca come il latte, rossa come il sangue, seguito da Io non ho paura di Nicolò Am-maniti e Roberto Saviano con il suo Gomorra. D’A-venia si è piazzato anche al settimo e all’ottavo po-sto con Ciò che inferno non è e Cose che nessuno sa.

In attesa di ricevere 150 euro per l’acquisto, an-che in formato digitale, dei libri vincitori, con cui arricchiremo la nostra biblioteca, non si può non chiedersi quale sia il segreto del romanzo d’esordio di D’Avenia. Uscito nel 2010, Bianca come il latte, rossa come il sangue è diventato rapidamente un successo internazionale, tanto da raggiungere il milione di copie e diciannove traduzioni nel 2013, anno in cui il film omonimo ha anche riempito le sale cinematografiche. Forse la particolare sensi-bilità sviluppata da D’Avenia durante l’infanzia e l’adolescenza vissute nella Palermo di Borsellino,

che andava a messa tutte le domeniche nella sua parrocchia, e di Padre Pino Puglisi, suo docente di religione al liceo? O piuttosto, dopo un quindicen-nio trascorso a insegnare Lettere nella scuola, la vi-cinanza al campo stesso di cui racconta? Non certo il taglio consumistico di un “fenomeno pop” (come alcuni detrattori lo definiscono). Altrimenti non si spiegherebbe la tenuta dei suoi libri nelle classifi-che, compresa quella del nostro concorso. E a giu-dicare proprio dalla classifica, quelle che i nostri ragazzi sembrano chiedere, sono, dopo tutto, sto-rie di sentimenti e di crescita. Due degli ingredienti fondamentali della vicenda di Leo, un sedicenne che, grazie a Bianca, purtroppo gravemente mala-ta, conosce la potenza dell’amore: “Nessuno presta attenzione al cielo, finché non si innamora”. Ma è vero anche che “l’amore non esiste per renderci fe-lici, ma per dimostrarci quanto sia forte la nostra capacità di sopportare il dolore”. Al tempo stesso, Leo deve però fare i conti con “il mistero di que-sta cosa chiamata morte”. Il tutto nella convinzione che “la vita sia la scuola e la sua scuola sia la vita […] Che l’inferno siano i prof e il paradiso i giorni di vacanza […] Che i voti siano il giudizio universa-le”. Finché l’incontro con il “Sognatore”, un giovane supplente di storia e filosofia che Leo inizialmente considera uno “sfigato”, riuscirà a fargli capire l’im-portanza dei sogni, che non possono morire…Ma tra i diecimila titoli segnalati, è spuntato anche il Mein Kampf di Adolf Hitler: dieci classi di diverse città italiane lo hanno messo nei dieci testi prefe-riti e in due casi è addirittura finito al primo po-sto. Mentre è ancora in corso un’indagine del MIUR per scoprire cosa è successo in queste dieci scuole - dato che quel testo non poteva, secondo il regola-mento, nemmeno essere votato, essendo di autore non italiano e pubblicato prima del 2000 – ci si in-terroga anche in questo caso sul perché della scelta. Uno scherzo da ragazzi? Una provocazione? O, più probabilmente, la curiosità dettata dal gusto del

Novembre - Dicembre 2016 Anno N.4 www.istitutobandini.it Esente da autorizzazione C.M. n.242 02/09/1988

Un libro sotto il vischio

La Biblioteca di Sallustio

Care lettrici, cari lettori,tra le consuetudini non cristiane, che ancora resistono nelle nostre celebrazioni natalizie, vi è quella, di origi-ne celtica, di regalare un ramo di vischio, da appende-re alla porta di casa e sotto cui scambiarsi un bacio di buon auspicio. In un brano della sua Storia Naturale, lo scrittore latino Plinio il Vecchio ne descrive il rito della raccolta, affi data ad un sacerdote, che, vestito di bianco, scalzo e digiuno, saliva sull’albero a tagliarlo con un falcetto d’oro. Plinio aggiunge che i Celti indi-cavano il vischio come “la pianta che guarisce tutto” e gli attribuivano un grande potere: essendo una pianta aerea, che non ha radici ma vive attaccata al tronco di altri alberi, era considerata una manifestazione degli

dei che vivono in cielo e dunque un simbolo di vigore, di rigenerazione e di rinnovata speranza per iniziare il nuovo ciclo dell’anno.

Ma, oltre al ramo di vischio, c’è un altro dono “che gua-risce tutto”, ed è il libro, il migliore dei regali. Come ci ricordano la foto della rubrica Bibliopolis e le vario-pinte vignette di una vostra compagna, sotto l’albero - o sotto il vischio - sarà certamente gradito un libro. Una coperta e il fuoco di un caminetto a scaldare il corpo, oltre che l’anima, faranno il resto…Buona lettura e buone feste!

Filomena Giannotti

Con gli occhi dei Greci di Mauro Bonaz-zi, docente di Storia della Filosofi a all’U-niversità di Milano (Carocci, settembre 2016), è un libriccino utile per orientarci nel diffi cile mestiere di vivere. Raccoglie agili saggi, ben lontani dal classicismo di maniera, che invitano a rivolgere l’atten-

zione a quegli antichi Greci, ormai remoti, che furono maestri nell’indagare, con spirito libero, la profondità dell’animo umano, i temi della felicità, dell’amicizia, dell’amore, della giustizia, della morte.Per l’autore, esistono tante Grecie, tanti modi diversi e contrastanti di porsi davanti ai problemi dell’esistenza: la Grecia dei fi losofi e quella dei poeti, la Grecia ge-niale e la Grecia folle, quella di Platone e Aristotele e quella di Omero. Esse aiutano a “difenderci dalla pau-ra dell’insignifi canza”, ad aff rontare la complessità che ci circonda, a percorrere il cammino della conoscenza senza la fretta di arrivare subito da qualche parte, per-ché la rapidità non giova alla rifl essione.Ad esempio, il famoso panta rhei di Eraclito ha un si-gnifi cato più profondo del banale “tutto scorre”, tutto fl uisce inesorabilmente: quelle acque sempre diverse che scorrono sono la vera identità dello stesso fi ume; il fi ume è l’acqua che scorre. Questo può valere anche per gli uomini: “l’identità dell’uomo è garantita dalle sue esperienze, ciò che egli diventa, come si confronta con le persone e le situazioni determinerà la vita che condurrà”.Secondo Platone, “tutto ciò che è grande è instabile” e per questo è fragile e deve essere difeso. Può la politica sussistere separata dalla fi losofi a? Dall’ideale utopico non di un mondo perfetto, ma da quella utopia che è “speranza del possibile, rifl essione critica che ci aiuti a comprendere e correggere il mondo in cui viviamo”?Socrate era atopos, senza luogo, privo di radici, libero di muoversi, libero dai luoghi comuni della sua terra, libero di alzare lo sguardo verso altre realtà, magari più giuste. “Esule sulla terra” - dice il poeta - ma “re dell’azzurro”, quando dispiega le sue ali di gigante.

Con gli occhi dei Greci

Alessandra Gentili

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Buoni propositi per il nuovo anno

Timothy Snyder, docente di storia a Yale (noto an-che in Europa per le sue opere, in particolare Black Earth, in cui si interroga sull’Olocausto e sulle ragio-ni per le quali esso potrebbe ripetersi), ha pubbli-cato sull’ultimo numero di Lettre International un articolo che esorta ad assumersi la responsabilità di

“difendere la libertà in un momento in cui imperano derive autoritarie”. Dob-biamo mantenere la memoria ogni giorno, rielaborar-la perché ci guidi

Parlare di Olocausto oggi

“L’immaginazione” scrive Dacia Maraini in un suo recente articolo sulle macerie di Aleppo “è il motore più potente che ci fa vedere con gli occhi del pensiero le sofferenze altrui e ci può spingere ad una prassi di pace”. Quella di Aleppo è una storia rimasta ai margini che rievoca il trauma della guerra, delle persecuzioni e dei genocidi perpetrati in un passato non lontano, che le nostre società opulente osservano a distanza, senza viverlo.Forse oggi come non mai la memoria di Auschwitz, assurto ad emblema della Shoah e della barbarie na-zifascista, riemerge con contorni più netti. I crimini perpetrati contro un’umanità indifesa, la logica del profitto e dell’annientamento, la volontà di potenza e un’ideologia ferocemente razzista sembrano rivivere una nuova giovinezza nell’indifferenza e nell’ignavia degli individui e di quei tutori dell’ordine internazio-nale che dovrebbero garantire la pace e la civile con-vivenza dei popoli, nonché il loro sviluppo.I miei ricordi, specialmente in questi giorni di com-memorazione, ritornano a Berlino, alla mostra To-pografia del Terrore, al memoriale della Shoah, ai campi nazisti di Auschwitz e Ravensbruck che ho potuto visitare con colleghi e studenti nei Viaggi della Memoria. In particolare Ravensbruck, il La-ger femminile, FKL (Frauen Konzentrationslager), costruito nel maggio del 1939 a 90 Km da Berlino e denominato “la piccola Siberia di Maklemburg”, è rimasto impresso nella mia mente. Lì furono rin-chiuse donne di diverse nazionalità e condizione sociale: polacche, russe, tedesche, zingare, op-

proibito? La riedizione di questo libro - scritto dal dittatore nazista nel 1924, durante un anno di pri-gionia scontato per alto tradimento dopo il fallito Putsch di Monaco -, è stata infatti vietata per molti anni in Italia. Ma come considerarlo, ora che si può leggerlo, se non come la testimonianza di un’epoca nella quale si è toccato l’apice della disumanità? E se non come il testo nel quale si dipana, attraverso continue farneticazioni, la formazione di una per-sonalità in grado di plagiare le masse e di alimenta-re le radici dell’immane tragedia del nazismo? Tutta questa vicenda, che non a caso ha destato scalpore sui giornali e nelle cronache televisive, se-gnala quanto resti costantemente importante rin-novare, con l’annuale appuntamento della Giornata della Memoria, un’adeguata riflessione sul passato. Di qui la scelta di dedicare, anche quest’anno, buo-na parte del terzo numero del giornalino al doloro-so tema della Shoah.

Filomena Giannotti

positrici politiche, combattenti nella Resistenza, ebree, asociali, prostitute, malate di mente. In quei lugubri corridoi e in quelle celle che conservano l’amaro sentore delle torture e della morte risuona ancora l’eco delle parole di Savina Rupel, l’autri-ce triestina del libro-documento Storia di Savina (Ugo Mursia editore, 2000), una donna dalla tem-pra robusta e dalla coscienza non facilmente an-nientabile. È una testimonianza che pochi leggo-no per la sua crudezza, ma che merita attenzione perché dimostra il coraggio di una donna trafitta a morte in ciò che una madre ha di più caro, l’amore del figlio. La sua sorte è comune a quella di tante altre donne, compagne di prigionia, sottoposte a lavoro schiavile, umiliate, usate come cavie per le “sperimentazioni mediche”. Impossibile compren-dere, perché comprendere sarebbe in qualche modo giustificare, afferma Levi, ma doveroso è co-noscere non soltanto la violenza, bensì il coraggio morale di chi ha saputo resistere e lottare ancora per la libertà e la dignità di ogni essere umano, per una giustizia sociale e una pace che tardano ad af-fermarsi.

Altre donne, come Savina, hanno affidato la loro voce fragile e forte a frammenti, lettere, racconti che non possono morire. Lo storico Mario Avagliano ha raccol-to molte di queste testi-monianze nel volume, Voci dal Lager. Diari e lettere di

deportati politici italiani,1943-45 (Einaudi 2012). Sono letture che mi preme di segnalare a giovani studenti sensibili, non indifferenti, perché possa-no conoscere un triste passato e immaginare un futuro diverso.

Alessandra Gentili

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Lo scaffale di Anna Frank

Storie di vita

“- Stai rubando libri? Perché? - Se la vita ti ruba qual-cosa devi riprendertela”. Queste le parole più lucide e coinvolgenti di Liesel, protagonista del best seller Storia di una ladra di libri di Mark Zusak, che mi ha trasportato, come solo i buoni libri sanno fare, in un altro posto, in un altro tempo, fra persone che non

avrei mai conosciuto.Una storia complicata quella di Liesel: orfana di genitori comuni-sti (perseguitati nella Germania hitleriana), segnata dalla mor-te precoce del fratello minore e dall’adozione da parte di una generosa coppia di Molching, a pochi chilometri da Monaco, vive alcune delle grandi tragedie del-

la sua contemporaneità: l’antisemitismo (dovrà na-scondere un giovane ebreo, Max, nella propria canti-na), la cieca ignoranza della dittatura nazista (dovrà assistere e partecipare ai roghi dei libri), la scia di distruzione lasciata dalla Seconda guerra mondiale. La morte, narratrice e coprotagonista, ruberà alla fine altri affetti a Liesel, in particolare il suo ami-co e poi innamorato Rudy, con il quale aveva con-diviso mille avventure e che era stato complice di quei numerosi furti di libri, da cui è scandita tut-ta la trama. E proprio nelle parole dei libri questa ragazza dagli occhi scuri e dai capelli biondi trova conforto e supporto nei momenti peggiori, oltre che la salvezza… Una trama brillante e avvincente, insomma, in cui alle grandi delusioni l’autore riesce a contrappor-re grandi speranze: quella della complicità dell’a-micizia, dell’indissolubilità dell’amore, della pro-tezione della famiglia, della possibilità di trovare una via di fuga nella cultura. E soprattutto un libro che parla di vita, nonostante la guerra, la dispera-zione, la perdita degli affetti più cari nei bombar-damenti.

Camilla Catinari IV A TUR

Prossimamente in biblioteca

L’orrore e la speranza

È l’inverno del 1943 ad Amsterdam. Sulle strade or-mai vuote e silenziose, una ragazzina sfreccia con la

verso prese di posizione autentiche e responsabili. La traduzione sintetica che propongo spero susciti pensieri, riflessioni, discussione. 1. Scegliete un’istituzione e difendetela. Le isti-

tuzioni non si difendono da sole, non sono per sempre, possono cadere una dopo l’altra come tessere del domino.

2. Fate seriamente il vostro lavoro. Proprio quan-do i governanti danno un pessimo esempio, un comportamento etico nel quotidiano professio-nale diventa ancora più importante.

3. Diffidate dell’uso eccessivo di parole come “ter-rorismo” o “estremismo” da parte dei politici. Siate coscienti della pericolosità insita in concet-ti quali “stato di emergenza”. Reagite con rabbia all’uso tendenzioso del vocabolario patriottico.

4. Mantenete la calma di fronte a eventi eccezio-nali. In caso di un attentato terroristico, ricorda-te che politici autoritari non aspettano altro per consolidare il loro potere. Pensate all’incendio del Reichstag, il più vecchio trucco di Hitler & Co. Non cadete nella trappola.

5. Non usate internet prima di dormire, legge-te piuttosto. Che cosa? George Orwell, Albert Camus, Hannah Arendt.

6. Distinguetevi dalla massa. Anche se siete gli unici a farlo. Può darsi che vi sentiate strani, ma senza questo disagio non c’è libertà. E nel preci-so istante in cui darete un buon esempio, altri lo seguiranno.

7. Sperimentate di persona. Andate all’origine delle cose. Dedicate tempo a lunghi articoli di giornale. Esercitate la politica anche col corpo. Il potere vorrebbe rendere il vostro corpo debole e le vostre emozioni inoffensive, circoscritte allo schermo di un computer. Uscite di casa. Frequen-tate luoghi e persone sconosciuti. Unitevi poi ai nuovi amici e marciate con loro.

8. Assumetevi la responsabilità dell’aspetto esteti-co del vostro mondo. Fate attenzione a croci un-cinate e altri segni di odio. Non voltatevi dall’al-tra parte e non fateci l’abitudine.

9. Evitate uno stato monopartitico. Andate a votare finché ne avrete il diritto.

10. Mantenete contatti e amicizie con persone di altri paesi. Rinnovate i passaporti per voi e la vostra fa-miglia.

11. Tenete d’occhio le organizzazioni paramilitari. Nel momento in cui uomini che criticavano il si-stema cominciano a indossare uniformi e a mar-ciare brandendo fiaccole e ritratti di un Führer, la fine è vicina. E nel momento in cui i paramilitari lavoreranno di comune accordo con la polizia uf-ficiale, sarà game over.

12. Siate coraggiosi più che potete. Se nessuno di noi è pronto a morire per la libertà, moriremo tutti sotto una dittatura.

Simona Fabbris

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Ciak, si legge

“L’anti Schlinder’s List”

Così è stato definito Il figlio di Saul, del regista ungherese László Nemes, vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al festival di Cannes 2015 come miglior film in lingua straniera. Si tratta di una toccante testimonianza di ciò che accadeva nel campo di concentramento di Auschwitz. In particolare dei compiti quotidiani del Sonderkommando, la squadra di prigionieri ebrei cui era affidato il terribile compito di accompagnare

sua bicicletta rossa, sfidando ogni giorno i controlli degli invasori nazisti. È Hanneke Bakker, una gio-vane olandese che regala piccole gioie alle persone consegnando a domicilio merci ormai introvabili sul mercato, come il caffè, lo zucchero e il cioccola-to. Hanneke spera così di riempire il vuoto lasciato dai Bas, il suo ragazzo, partito per la guerra e mai più tornato. Un giorno, una delle sue clienti le chiede disperata-mente di aiutarla a ritrova-re Mirjam, una ragazzina ebrea, unica sopravvissuta della sua famiglia, che vi-veva nascosta in casa della donna. Hanneke sa che cer-carla sarebbe molto peri-coloso, ma correre questo rischio scioglie il suo cuore indurito e le ravviva la spe-ranza che ha perso da tem-po. Così si dedica con rinnovata energia al mistero della ragazza scomparsa. Tra un indizio e l’altro conosce tante persone che diventano suoi grandi amici e che l’aiutano nell’impresa. Ma soprattutto nascono in lei un nuovo spirito combattivo e un forte desiderio di aiutare gli altri che la spingono a partecipare ad un gruppo di resistenza contro i nazisti, con un colpo di scena dopo l’altro…Primo romanzo della scrittrice americana Monica Hesse, pubblicato nel gennaio 2016, La ragazza con la bicicletta rossa è sicuramente una storia non solo da leggere, ma da vivere pagina dopo pagina. Vi appassionerete ai personaggi e resterete con il fiato sospeso fino alla fine, incastrando uno ad uno tutti i pezzi del mistero di Mirjam, sul triste sfon-do di una guerra che ha cancellato ogni forma di umanità.

Caterina Carnasciali V TUR

gli altri ebrei nelle camere a gas e poi bruciarne i corpi nei forni crematori. Ma anche di come questi uomini riuscirono a creare una certa forma di resistenza alle forze naziste. Saul, il protagonista, membro del Sonderkommando,

ormai sembra non far più caso all’abominio in cui è immerso. Ma mentre lavora in uno dei forni crematori, scopre un ragazzo in fin di vita di cui si prende cura come se fosse suo figlio. Non riuscendo tuttavia a salvarlo, si aggrappa a quel corpo in maniera viscerale e ossessiva. Vuole trovare un rabbino e concedergli una degna sepoltura, e per farlo è disposto anche ad andare contro i progetti di fuga dei compagni. Non importa se quel ragazzo sia davvero suo figlio o se Saul sia convinto che lo sia: quello che invece conta è il soverchiante e disperato tentativo di compiere finalmente un atto umano in un contesto disumano. Prendersi cura di quel corpo è per Saul come trovare una risposta alle sue colpe, commesse senza la sua volontà. Del tutto originale è poi il punto di vista narrativo, rappresentato dallo sguardo di Saul (a interpretarlo è il poeta Géza Röhrig) e sempre al centro dell’inquadratura, mentre l’orrore delle camere a gas e dei forni crematori rimangono sfocati sullo sfondo e si intuiscono appena. È estremamente difficile, infatti, rappresentare ciò che avveniva nei campi di concentramento senza offendere e oltraggiare le anime dei deportati, come è riuscito al regista Nemes. Ed è proprio questo che rende Il figlio di Saul un film degno di nota, oltre che “l’anti Schlinder’s List”.

Silvia Pianigiani IV A TUR

Anche se meno noti di scrittori, poeti o registi, molti artisti hanno scelto di affidare alle immagini il racconto della tragedia della Shoah, perché anche grazie a disegni, dipinti o sculture, nessuno dimentichi ciò che è accaduto. Tra questi artisti

La parola all’immagine

Il volo rende liberi

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Of all the books written about the Holocaust, Maus must be one of the most original, written by Art Spiegelman (born Itzhak Avraham ben Zeev on Feb-ruary 15, 1948) an American cartoonist, editor and comics advocate, who is best known for this novel. It

The foreign �ile

A tale of survival

¿Qué papel jugó España en el antisemitismo? El odio y los prejuicios ha-cia los judíos siempre han existido, pero sólo en el si-glo pasado se rebasaron los límites de crueldad al pro-ducirse la muerte de más de 6 millones de hebreos. Aun-

que España no participó directamente en la Shoah, también tiene un oscuro pasado de antisemitismo. En 1492, durante el reinado de los Reyes Católic-os, estos monarcas decretaron la expulsión de los judíos de España para cumplir con su misión de reunificación de la península ibérica, no sólo en el aspecto territorial sino también religioso. De hecho, el Tribunal de la Inquisición, creado por los Reyes Católicos para acabar con los falsos conversos, no admitía la existencia de otras confesiones religiosas, como la de los judíos y la de los musulmanes, imponien-do la expulsión o el sometimiento a su propia jurisdic-ción. Antes de ser expulsados, se les concedía un plazo de cuatro meses para decidir si convertirse y quedarse o permanecer fieles a su fe y marcharse. Quienes se iban, tenían que vender todo sus inmuebles, pudiéndose lle-var sólo sus bienes, excepto plata y oro. Durante este pe-riodo, los que escapaban a menudo eran agredidos para robarles las pertenencias y ni siquiera podían pedir ayu-da a los cristianos, quienes corrían el riesgo de ser casti-gados si lo hacían.Además de una evidente constatación de intole-

takes place in the 70’s in New York city but describes the period from 1935 to 1945. The story is narrated in flashbacks and is based on the memories of Spie-gelman’s father who survived Auschwitz. It is obvious from the book that the relationship between father and son is difficult and we find out that this is mainly due to the suicide of his mother when he was 20, even though she too survived the concentration c amp. The sensation that permeates throughout the narration is that of guilt, the guilt of the survivors. I was attracted by the fact that it was written like a

comic, as it is black and white, and the characters are animals: the Jews are depicted as mice, the Germans cats and the Polish pigs. This leads to a con-trast between the drama of the narra-

tive and an almost humorous presentation particular to comics. I would highly recommend this book due to its original narration of a very difficult period of history and the fact that it transmits the horrors and the cruelty more successfully than other more con-ventional books.

Katerina Sacchetti IV A TUR

vi è il pittore Marc Chagall, nato a Vitebsk, in Bielorussia, il 7 luglio 1887, da una povera famiglia di origine ebraica. Dopo aver frequentato l’Accademia russa di Belle Arti a San Pietroburgo, dove gli ebrei potevano vivere solo se in possesso di un apposito permesso, si trasferì a Parigi, una prima volta nel 1910, e di nuovo nel 1923. Ma l’occupazione nazista e la deportazione degli ebrei spinsero Chagall e Bella, l’amatissima donna che aveva sposato nel 1914, a fuggire negli Stati Uniti. Gli anni migliori per Chagall furono comunque quelli del soggiorno parigino (1910-1914), che gli permisero di accostarsi ai movimenti europei d’avanguardia, in particolare l’Espressionismo e il Cubismo, pur assimilandoli in modo proprio e adoperandoli in una distesa narrazione fiabesca, sempre profondamente radicata nella tradizione russa. Chagall ha spesso affrontato nelle sue opere il rapporto tra ebrei e cristiani, tanto da essere considerato la punta di quella che è l’arte yiddish.

Una delle sue opere più signifi-cative in merito è Crocifissione in giallo, conclusa nel 1942, che rappresenta la persecuzione de-gli ebrei nell’Europa centrale e orientale. Al centro del dipinto, Gesù Crocifisso tiene in mano la Torah (il testo sacro ebraico). Il dipinto trasmette il senso di

disperazione dominante che si parò davanti agli occhi dell’artista durante il conflitto mondiale. Ai piedi del Cristo si notano persone che scappano e urlano, in una composizione quasi confusionaria, che racconta i momenti concitati di fuga, grida, pianti, massacri e sacrifici. È presente inoltre un angelo in volo che tiene in mano una candela. In molte opere di Chagall ricorrono persone che vo-lano: esse sono tipiche dell’arte yiddish, perché simboleggiano l’ebreo che fugge dai pogrom e dalla persecuzione, quasi a ricordare che il volo rende liberi.

Gaia Brilli V TUR

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Il ‘900 è stato davvero un secolo misterioso, oscuro ma molto spesso illuminato da personaggi straordinari, difficili da incasellare in definizioni banali. Pensatori e scrittori, ma anche pensatrici e scrittrici che si sono consumati nel tentativo di decifrare la complessità e a loro ancora oggi dobbiamo gratitudine, perché la loro ricerca ci serve a capire meglio il nostro presente: ca-piamo meglio perché loro cercarono di capire.

Il topo di biblioteca

Da Omero a Simone Weil

cation des massacres de Stalingrad. Ce sont les leçons humanistes de ces deux grands qui rappel-lent les premières années de l’après-révolution. Le film parle, au fait, aussi bien de la ville Paris avant, pendant la Révolution française, et après l’arrivée des nazis, quand elle semble déserte.Le film se poursuit avec Aleksandr Sokurov, réal-isateur lui-même, qui est en contact internet avec le capitaine d’un navire chargé avec des oeuvres d’art, qui menace de couler.Dans le film on peut voir plusieurs fois la peinture “Le Radeau de la Méduse”, une oeuvre de Théodore

Géricault, qui représente une défaite. Donc, il y a un parallèle évident entre cette oeuvre et le navire qui risque de couler. Puis, une jeune femme, qui s’appelle Marianne, nous guide dans les salles du Louvre. C’est le symbo-le traditionnel de la République française, en fait, elle répète sou-vent les mots: liberté, égalité et

fraternité. En suite, nous rencontrons Napoléon, fier de ses collections artistiques réunies. Donc, il y a un contraste entre Marianne et Napoléon, en-tre la démocratie et la tyrannie, qui sont chacun le résultat de l’autre. Dans les dernières images du film, il apparaît enfin le Monna Lisa qui est le cœur du Louvre, et qui semble, ironiquement, regarder les troubles de l’histoire.Donc Francophonie est régie par une dialectique tendue et convaincante, par une réflexion sensée sur la relation avec l’art de la culture européenne. Sokurov veut nous rappeler qu’il y a quelque cho-se de plus important que la politique et l’histoi-re, quelque chose qui seulement l’art est capable d’exprimer: le besoin de se souvenir à travers des images. Le réalisateur lui-même dit: “Qui j’aurais été si je n’avais pas vu les yeux de ceux qui ont vécu avant moi?”

Emina ArapiIII RIM

Le Louvre sous l’occupation nazie

Francophonie est l’histoire de deux hommes exceptionnels: le directeur du Louvre, Jacques Jau-jard et l’officiel Franziskus comte Wolff-Metterni-ch – d’abord ennemis, puis collaborateurs. Ce sera grâce à leur alliance que beaucoup de trésors du Louvre seront sauvés. Francophonie commence avec la mort de Tolstoï et Tchekhov. L’auteur revi-ent à parler de la Russie, par exemple, avec l’évo-

rancia, la expulsión de los hebreos supuso un no-table empeoramiento de la economía urbana pues los recursos del Estado se vieron inevitablemen-te reducidos por expulsar a quienes se ocupaban principalmente de actividades mercantiles y cre-diticias.

Marina BastianiV RIM

Das Böse

Es ist das Jahr 1960, die is-raelischen Geheimdienste entführen in Argentinien den Nationalsozialisten und ex – SS Adolf Eichmann. Im April 1961 beginnt der Prozess in Jerusalem gegen ihn, weil er ein damaliger SS - Oberst war, der der Wannsee Konferenz teilnahm: da plante die nationalsozialistische Re-gierung die so genannte „End-

lösung“ der Juden, d.h. ihre systematische Vernichtung in Konzentrationslagern. Hannah Arendt, die jüdische Schriftstellerin und Philosophin 1906 in Hannover geboren, schrieb ein Buch, Eichmann in Jerusalem. Ein Bericht von der Banalität des Bösen, eine Bearbeitung ihres Reportages über den Prozess vom 16. Februar bis zum 16. Marz 1963. In diesem Buch meint sie, dass alle Verbrechen von Adolf Eichmann nicht began-gen wurden, weil er böse war, sondern weil er die Ernsthaftigkeit seiner Handlung nicht verstanden hatte. In ihrem Werk behauptet sie auch, dass jeder Mensch, der sein eigenes Handeln nicht versteht, schreckliche Verbrechen gegen andere Menschen be-gehen kann: in diesem Sinn sei das Böse „banal“.Über dieses Buch wurde ein Dokumentarfilm, Ein Fachmann. Bild von einem modernen Kriminell (1999), und ein Film, Hannah Arendt (2012), gedreht.

Classe V RIM

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Questo è il titolo della mostra ospitata presso il complesso museale del Santa Maria della Scala a Siena, fino al 15 gennaio scorso. In occasione del centenario della Prima guerra mondiale, è stato possibile ammirare la collezione di testimonianze di trentasei uomini di Siena e provincia che hanno preso parte alla Grande guerra.Dopo un lungo lavoro di ricerca che ha portato alla luce più di 2500 fotografie, sono stati selezio-nati 100 scatti dei soldati senesi. Ma l’esposizio-

“…amava i Beatles e i Rolling Stones!”. Così cantava l’eterno ragazzo Gianni Morandi, ricordando, con queste parole, il successo riscosso dai due gruppi negli anni ‘60. L’esordio ufficiale dei Rolling Stones - il cui nome è ripreso dalla canzone Rollin’ Stone di Muddy Waters - avvenne negli anni d’oro della musica rock. Più precisamente, nel giugno 1962, quando Alexis Korner chiese ai Rolling Stones di sostituirli nel concerto al Marquee di Londra. Da allora l’aspirante band ha cominciato a produrre brani di genere rock o blues. I cinque ragazzi fondatori del gruppo, dalle estrazioni sociali molto diverse, erano Lewis Brian Hopkins Jones, Micheal Philip Jagger, William George Perks, Charles Robert Watts e Ian Stewart. E fin dall’inizio si presentavano come l’alternativa ‘cattiva’ e ribelle ai Beatles, con un genere molto più aggressivo e provocatorio rispetto alla musica dei rivali di Liverpool, nonostante con loro fossero in rapporti di stima ed amicizia. Durante la sua carriera musicale la band

Music connecting people

“C’era un ragazzo che come me...”

Non solo libri

Fotografi in trincea

Simone Weil è stata un’anima inquieta, forse la più inquieta fra gli intellettuali degli anni fra le due guerre e oggi ritroviamo in un piccolo volu-me (Simone Weil, il libro del potere, edito da Chiare Lettere, con prefazione di Mauro Bonazzi) alcuni dei momenti più straordinari del suo pensiero: ri-belle assetata di rigore, studiosa dell’antichità ma presente fino a gettarsi nella lotta operaia e nella Resistenza partigiana, curiosa degli autoritarismi che discusse addirittura con Trotsky, il quale l’ave-va accusata di essere vittima dei “pregiudizi picco-lo borghesi più reazionari”.Nel breve volume citato sono raccolti alcuni

saggi che rinviano alla ricerca sulle radici e sulle conseguen-ze del “potere”, a Omero e all’I-liade. “Chi si illude che la forza, grazie al progresso, apparten-ga ormai al passato, trova in questo poema un documento; chi sa riconoscere che la forza, oggi come un tempo, è al centro di ogni storia umana, vi trova il

più bello, il più puro degli specchi”. È un accento di ineluttabile amarezza, che pervade il poema, a colpire la Weil: “È questo a rendere unica l’Iliade, questa amarezza che procede dalla tenerezza e che si estende su tutti gli umani allo stesso modo, come la luce del sole”. E noi, chi di noi che lo lesse anni orsono, non partecipò per l’uno o per l’altro fra gli eroi? Chi non scelse fra i troiani e i greci e fece fatica perché sia tra gli uni che tra gli altri c’erano i coraggio-si e i generosi, i saggi e i forti, c’erano Ettore e Achille? Vincitori e vinti sono vicini, è la lezione della Weil, e compito della vita è imparare a non ama-re la forza e il potere. Sin dai tempi di Omero.

Sandra Bonsantigiornalista del quotidiano “La Repubblica”

ne presentava anche diari, lettere e cartoline, che raccontano chi erano quei trentasei uomini e, sulla base del linguaggio usato, rivelano la loro diversa estrazione sociale: aristocratici, borghesi, studen-ti, artigiani e contadini. Degni di nota anche i 15 toccanti dipinti di Giulio Aristide Sartorio, realiz-zati al fronte tra il 1917 e il 1918.Ho avuto l’opportunità di visitare la mostra con la

scuola e anche di usufruire delle spiegazioni di una guida, che ne ha illustrato i vari aspetti senza mai perdere l’attenzione della mia classe. Ho trovato l’esposizione Fotografi in trincea non solo utile da un punto di vista didattico, ma anche interessante per la particolare focalizzazione sulla Prima guer-ra mondiale: quella degli occhi dei soldati, per di più della nostra città e provincia.

Francesca Foschini V TUR

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Oltre agli autori di tutti i contributi, si ringraziano, per aver collaborato a questo numero:

Eleonora Galgani di IV A TUR (per le vignette)Roberto Ciampalini e i prof. Leonardo Frati, Elisa-betta Ermini, Maria Vinas Garcia e Laura Tommasi.

Impaginazione a cura di Emilio Cerpi(IV Gra� ca)

ha composto intramontabili successi musicali: I can’t get no satisfaction (1965), Simpathy for the Devil (1968), Shine a light (1969), Start me up (1981), Brown Sugar (1971) ... e molti altri.

Ma la loro voglia di far cantare e ballare a ritmo delle loro canzoni non finisce qua. Infatti, gli odierni artisti Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts hanno composto un altro album, uscito il mese scorso con il

titolo Blue & Lonesome. Pubblicato dalla Polydor, è un disco del gruppo contenente solo cover, proprio come agli inizi della loro carriera musicale.

Gaia Cavaciocchi V TUR

Speciale San Valentino

Ge tem.Mi ahi deluso.Non voglio che le nostre vite si perdino nel destino.Con te accanto posso rinunciare ha tutto [anche all’italiano, NDR].Non posso fare almeno di te.

Il bello della

A San Valentino perché non regalare, invece della solita scatola di cioccolatini o dell’immancabile cuscino a forma di cuore, un bel libro? Non c’è modo migliore di celebrare l’Amore donando, a chi si ama, qualcosa di originale… Ecco qualche consiglio:Per l’amore più tenace: Ricordati di sognare di Rachel Van Dyken. Ideale per tutti coloro che vorrebbero sentirsi dire: “Ovunque tu sia, quando senti il tuo cuore battere, sono io che ti chiamo”.Per l’amore intrigante: C’è un Re pazzo in Danimarca di Dario Fo. Dal premio Nobel recentemente scomparso, un intrigo di potere e amore tra un re pazzo e illuminato (Cristiano VII, vissuto nel Settecento), la sua sposa e il suo amante, nonché medico di corte.Per l’amore indimenticabile: La pimpinella di Gregorie Delacourte. Perfetto per chi ha voglia di ricordare un amore unico e speciale come solo il primo sa essere.Per l’amore senza tempo: Ogni giorno come fossi bambina di Michela Tilli. La storia di due donne che

Librarsi

Un Amore da leggere

appartengono a generazioni diverse e di un legame che supera tutte le barriere. Insegna che non è mai troppo tardi per inseguire i propri desideri.Per l’amore (im)possibile: Quando tutto sarà finito di Audrey Magee. Un amore nato per caso e narrato in forma di dialogo, sui tragici palcoscenici della Berlino in guerra e del fronte russo a Stalingrado. Ricorda come in situazioni estreme l’amore sia l’unica ragione di vita.Buona lettura a tutti gli innamorati (e non solo)!

Ester Onofri V TUR