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LA CIRCOLARE MENSILE DEL REVISORE LEGALE
N. 5 – MAGGIO 2014
INDICE
COLLEGIO SINDACALE
L'analisi della crisi d'impresa....................................................................................... PAGINA 2
G. GENTILI
ATTESTAZIONI
I principi di attestazione dei piani di risanamento: una guida per il revisore…….PAGINA 11
V. TOSI
NORMATIVA E PRASSI
Il falso in prospetto art. 2326 C.C. e art. 173 Tuf……………….………………………………PAGINA 21
V. CRISTARELLA
Riproduzione riservata www.fiscoetasse.com Pag.2
COLLEGIO SINDACALE
L'analisi della crisi di impresa
DI G. GENTILI
(Dottore commercialista e Revisore legale dei conti in Ancona)
Sommario
PREMESSA
1. LE CAUSE DELLA CRISI - GLI SQUILIBRI ECONOMICI E FINANZIARI
2 . I SINTOMI DELLA CRISI
3. ANALISI DI BILANCIO
Premessa
Conoscere i sintomi e le cause della crisi d'impresa è assolutamente necessario per i membri
del collegio sindacale e per i revisori legali che vogliano cogliere il nascere o l'evoluzione
dell'eventuale crisi d'impresa prima che si arrivi alla fase di dissesto.
1. Le cause della crisi - gli squilibri economici e finanziari
In relazione alle origini, è possibile distinguere le seguenti tipologie di declino e di crisi:
Situazioni di crisi a matrice esterna, in cui l'influenza dei fattori non controllabili dal vertice
aziendale è dominante . A d esempio crisi economiche: calo della domanda, incremento
della disoccupazione, aumento del prezzo delle materie prime;crisi ecologiche: esplosione
di una centrale nucleare , riversamento di petrolio nel mare; crisi catastrofiche: terremoti,
inondazioni
Situazioni di crisi a matrice interna in cui la causa determinante è rappresentata da errori
strategici ed organizzativi del vertice aziendale: errore strategico: errata definizione del mix di
portafoglio degli investimenti; crisi di posizionamento: errori nella scelta dei segmenti o delle
nicchie di mercato;crisi dimensionali: sottodimensionamento o sovradimensionamento ; crisi
da inefficienze: squilibrio tra costi sostenuti e risultati ottenuti
A seconda dell'origine, si posso distinguere squilibri che nascono dal conto economico
(economici), rispetto a quelli che derivano dallo stock del debito (finanziari). In realtà essi sono
sempre collegati, dal momento che, nel tempo, uno squilibrio economico genera debiti, i quali
aumenteranno gli oneri finanziari, i quali ingrandiranno le perdite, che creeranno ulteriori debiti,
ecc., seguendo un effetto a catena. In presenza di entrambi gli squilibri, si può parlare di crisi
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mista. Ogni crisi, a un certo livello, rischia di diventare mista. Gli squilibri di tipo economico
tendono ad essere più difficili da curare rispetto a quelli di tipo finanziario.
Vediamone alcuni esempi, suddivisi per tipologia:
Squilibri di natura economica:
1) Problemi Prodotto-Mercato-Tecnologia;
2) Aumento costi variabili;
3) Aumento costi di struttura;
4) Perdite di natura straordinaria.
Squilibri di natura finanziaria:
5) Sottocapitalizzazione;
6) Eccessivi investimenti finanziati con debito;
7) Eccessivo peso del capitale circolante;
8) Altre cause, operazioni straordinarie, ecc.
L’aumento del debito incrementa gli oneri finanziari. L’aumento degli oneri finanziari incrementa
poi lo squilibrio reddituale e le perdite.
1.1. Squilibri di natura economica: Prodotto- Mercato Tecnologia
Gli squilibri economici derivano molto spesso da errori nell'interpretazione di uno di questi tre
fattori:
• prodotto: magari superato o troppo costoso
• mercato : maturo o con altri costi di trasporto, con problemi di andamento nella valuta
delle vendite
• tecnologia: costosa ,obsoleta , inquinante o fuori norma
1.2 Aumenti dei costi variabili
Tra gli squilibri relativi al prodotto tipico è l'aumento dei costi variabili. Tipicamente per i mercati
ciclici, i margini delle imprese dipendono dall’andamento dei prezzi delle materie prime
(petrolio (ed energia in generale), acciaio (ed altri metalli), carta, grano (ed altri generi
alimentari). Tale aumento, se non viene immediatamente trasferito al consumatore più a valle (o
finale), può generare un sensibile abbassamento dei margini. Inoltre, così come per le vendite,
anche per gli acquisti l’andamento di una valuta di riferimento può condizionare sensibilmente i
margini.
1.3. Aumento dei costi di struttura
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La diminuzione dei margini di contribuzione ha come effetto non secondario quello di
aumentare il livello dei costi fissi aziendali, se non vengono prese immediatamente delle
contromisure.
Poiché i costi fissi sono composti principalmente da capitale e lavoro, uno dei primi interventi è
il ricorso alla cassa integrazione (CIG) od ai contratti di solidarietà.
Più difficile è il ricorso alla chiusura completa o alla dismissione di uno stabilimento o di un ramo
d’azienda.
1.4 Perdite straordinarie
Risultati negativi possono anche essere generati da avvenimenti di tipo straordinario, quali :
Insolvenza di un cliente chiave (da valutare se straordinario). Cause intentate da clienti,
dipendenti, terzi in generale o accertamenti fiscali; Distruzioni derivanti da incendi e furti non
coperti da assicurazione; Scioperi, ecc.
1.5 La sottocapitalizzazione
La sottocapitalizzazione è uno degli elementi tipici della struttura finanziaria delle PMI. È evidente
che più alta è la patrimonializzazione delle imprese più bassa sarà, a parità di altri fattori, il rischio
di insolvenze e di fallimenti. Tuttavia la capitalizzazione varia molto dal settore e dal momento
contingente; se raffrontata ad altri paesi europei il livello di patrimonializzazione in Italia è
effettivamente uno dei più bassi.
1.6 Eccessivi investimenti a debito
Spesso è possibile che l'Azienda “faccia il passo più lungo della gamba” e compia investimenti
troppo onerosi e/o con rendimenti molto bassi o nulli, non solo con riferimento a immobili,
impianti, ecc. ma anche in relazione all’acquisto di altre aziende, di intangibili, ecc..
L’investimento diviene pessimo se finanziato interamente a debito, aumentando la leva
finanziaria e i relativi oneri mentre l’eventuale svalutazione da recepire in bilancio potrebbe
annullare o diminuire fortemente il patrimonio netto, superando i limiti dell’art. 2446 – 2447 c.c..
1.7. Eccessivo peso del circolante
Il Capitale Circolante è formato da crediti commerciali, scorte e debiti commerciali. Il Capitale
Circolante si comporta esattamente come spugna in quanto: In presenza di fasi di crescita
tende ad assorbire liquidità, in quanto normalmente l’aumento dei crediti commerciali e del
magazzino non sarà controbilanciato da un pari aumento dei debiti commerciali. In presenza
invece di fasi recessive e di crisi, ciò tende a restituire liquidità, per il calo dei crediti e del
magazzino, ma subentrano altri pericolosi fattori, soprattutto se il periodo tra crescita e crisi è
assai breve.
2 . I sintomi della crisi
Le crisi presentano sintomi di gravità crescente che si autoalimentano; ignorarli porta ad un loro
inesorabile aggravamento:
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Saturazione delle linee di credito
Episodiche irregolarità di pagamenti delle forniture
frequenti sconfinamenti di fido
strutturali irregolarità nei pagamenti
revoche di fido e richieste di rientro
irregolarità nei pagamenti all'erario e ai dipendenti
segnalazioni di sofferenza in CR
Azioni ingiuntive ed esecutive
Dichiarazione di insolvenza
2.1 Analisi del presupposto della continuità aziendale
Il principio di revisione n. 570 evidenzia alcuni esempi di situazioni che possono comportare rischi per
l’impresa.
Possono far sorgere significativi dubbi riguardo il presupposto della continuità aziendale elementi
desunti da indicatori finanziari, indicatori gestionali o altri indicatori
Costituiscono indicatori finanziari negativi della continuità aziendale:
deficit patrimoniale o capitale circolante negativo
prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza prospettive di rinnovo o di rimborso
eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per attività a lougno termine
indicazioni di cessazione del sostegno finanziario da parte dei finanziatori e creditori
bilanci storici o prospettici che mostrano cash flow negativi
consistenti perdite di esercizio
mancanza o discontinuità nella distribuzione dei dividendi
impossibilità a saldare i debiti e incassare crediti alla scadenza
difficoltà nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti
cambiamento di atteggiamento dei fornitori con richieste di pagamento alla consegna
incapacità di ottenere finanziamenti per investimenti2.1.23.2 Indicatori gestionali
Rientrano invece tra gli indicatori di crisi in ambito gestionale:
dimissioni dei consiglieri e dei sindaci
perdita di dirigenti con difficoltà a sostituirli
perdita di mercati fondamentali, franchising, concessioni, fornitori importanti
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difficoltà nell'organico del personale
scarsità di approvvigionamenti fondamentali
Altri indicatori di crisi sono;
il capitale sociale ridotto al di sotto dei minimi legali
contenziosi legali e fiscali che in caso di soccombenza potrebbero comportare obblighi di
risarcimento che l'impresa non sarebbe in grado di rispettare
modifiche legislative o politiche dalle quali si attendono effetti sfavorevoli
mancanza di requisiti per il mantenimento delle autorizzazioni necessarie all'attività
prevalente
3. Analisi di bilancio
L'obiettivo di un'analisi di bilancio per indici è quello di fornire al lettore indicazioni circa lo stato di
salute dell'impresa, valutando le performance delle diverse aree aziendali nello spazio e nel tempo,
ad esempio, attraverso l'utilizzo degli indici si confrontano valori omogenei appartenenti alla
medesima azienda, cioè gli esercizi precedenti; oppure le medie di settore e i best performers di un
gruppo omogeneo di aziende.
L'analisi per indici si basa su un processo logico-cronologico costituito di 4 momenti:
• Individuazione degli indicatori significativi
• Riclassificazione dello stato patrimoniale e del conto economico
• Calcolo indicatori prescelti
• Interpretazione degli indici
3.1. Analisi dei margini
L’EBITDA è un indicatore di redditività che evidenzia il reddito d’azienda basato esclusivamente sulla
gestione caratteristica Esso infatti è il risultato del valore aggiunto a cui è sottratto il costo del lavoro.
Attraverso il suo utilizzo si evitano le distorsioni relative alla struttura finanziari aziendale e si evita
anche di considerare i costi non monetari.
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L'EBIDTA fornisce una indicazione dell'incidenza percentuale del margine operativo sui ricavi
aziendali
3.2 Effetto forbice
Il cosiddetto effetto forbice deriva dall'analisi della dinamica dei costi e dei ricavi in un intervallo
temporale definito. I movimenti della "forbice " possono essere divergenti o convergenti. Nel caso
di movimento divergente in cui il tasso di crescita dei costi e superiore alla crescita dei ricavi si ha un
rischio di dissesto.
Il movimento convergente, ossia quello in cui il Tasso di crescita dei ricavi eccede quello dei costi,
generando un’area degli utili progressivamente crescente. costituisce in vece la situazione ottimale.
3.4 Analisi degli investimenti: le immobilizzazioni tecniche
Per l'analisi dello stato attuale delle immobilizzazioni tecniche si può utilizzare questo indicatore:
Riproduzione riservata www.fiscoetasse.com Pag.8
Un valore molto basso dell'indice indica che le immobilizzazioni sono piuttosto obsolete.
Al contrario, un rapporto elevato indica la presenza di immobilizzazioni di recente acquisizione e
dunque in piena efficienza operativa.
3.4 Incidenza del capitale circolante netto commerciale
Due sono le tipologie di investimenti in cui un azienda può impiegare le proprie risorse:
il capitale circolante commerciale
le immobilizzazioni tecniche
Per calcolare l'Incidenza del primo (capitale circolante netto commerciale = CCNC) si va utilizzata
la formula seguente:
Ad esempio se l'incidenza del CCNC è pari al 20 % significa che il 20% del giro d'affari annuo
prodotto dall'azienda è congelato in rimanenze e crediti verso i clienti. Tanto maggiore è
l'incidenza del CCNC tanto più elevato è il fabbisogno finanziario che l'azienda deve coprire
immobilizzando risorse finanziare di natura esterna.
Altro indice importante è l'indice di durata del capitale circolante ossia il tempo medio di incasso
dei crediti da clienti. Esso informa su quanto tempo intercorre in media dalla vendita all'incasso,
facendo così luce sulla capacità dell'azienda di riscuotere i propri crediti.
Questo indice costituisce un buon indicatore:
sia della competitività Un elevato tempo medio d’incasso (TMI), per esempio, può essere il
risultato:di un limitato potere contrattuale nei confronti dei clienti; o di una scarsa solidità dei
clienti.
sia del fabbisogno finanziario: Un aumento della durata dei crediti, infatti, a parità di altre
condizioni, determina un maggior investimento di capitale circolante e quindi un più elevato
fabbisogno finanziario, che a sua volta genera maggiori oneri di natura finanziaria (interessi).
3.5 Tempo medio di pagamento (TMP)
Questo indice fornisce informazioni:
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sulla competitività (da un’idea sul potere contrattuale nei confronti dei fornitori)
sul fabbisogno finanziario (valori in aumento, a parità di altre condizioni, segnalano
un minor investimento di capitale circolante, e in ultima istanza, minor fabbisogni
finanziari).
Il tempo medio di giacenza si calcola invece nel rapporto tra scorte di magazzino e acquisti
giornalieri; tale valore restituisce però una informazione grezza ch e sarebbe consigliabile scomporre
nei tre diversi aggregati di magazzino.
3.6. Tempo medio di giacenza delle scorte (TMGS)
Scorte di materia prime/ acquisti giornalieri;
Scorte di semilavorati/ percentuale del costo del venduto / 365
Scorte di prodotti finiti/ costo del venduto / 365
Un elevata rotazione delle materie prime e dei semilavorati di magazzino è frutto di un buon
coordinamento tra la gestione degli acquisti e la produzione. Da ciò deriva l'efficienza produttiva e
l'efficienza dell'attività commerciale.
3.7 Ciclo del circolante
Per chiudere l’analisi è utile calcolare il ciclo del circolante che è dato da TMI + TMGS-TMP.
Esso indica il numero di giorni che intercorrono in media tra il momento in cui vengono pagati i
fornitori e quello in cui vengono incassati i crediti da clienti per la vendita dei prodotti.
3.8. Analisi dei finanziamenti: la posizione finanziaria netta
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Questo indice Individua l’indebitamento aziendale. Viene espresso dunque, come totale dei debiti
finanziari, sia a breve sia a lungo termine, al netto della cassa e delle attività finanziarie in
portafoglio e facilmente liquidabili.
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ATTESTAZIONI
I principi di attestazione dei piani di risanamento: una
guida per il revisore
DI VIRGINIA TOSI
(Dottore Commercialista in Fermo)
Sommario
PREMESSA
1. REQUISITI E FUNZIONI DELL’ESPERTO ATTESTATORE
2. LA BOZZA DEI PRINCIPI DI ATTESTAZIONE
2.1 NOMINA ED ACCETTAZIONE DELL’INCARICO
2.2 LE VERIFICHE DELL’ATTESTATORE
2.2.1. LE VERIFICHE DELLA VERIDICITÀ DEI DATI AZIENDALI
2.2.2. LA DIAGNOSI DELLO STATO DI CRISI
2.2.3. LA VERIFICA SULLA FATTIBILITÀ DEL PIANO
2.3. LA RELAZIONE DELL’ATTESTATORE
2.4. LA RESPONSABILITÀ CIVILE E PENALE DELL’ATTESTATORE
Premessa
La crisi d’impresa appare, nell’attuale scenario economico in cui le aziende si trovano ad operare,
una tematica oggetto di particolare analisi e approfondimento da parte di autori esperti in
procedure concorsuali, di enti di ricerca ed associazioni professionali.
Non si dimentichi che il D. L. n 83/2012, convertito nella L. n.134/2012 è intervenuto nella disciplina
delle procedure concorsuali, definendo requisiti e responsabilità del soggetto chiamato ad
attestare il piano di risanamento ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d), il quale deve essere iscritto al
registro dei revisori e possedere i requisiti ex. art.28 lett a) e b) della legge fallimentare.
La circolare n. 30/2013 dell’Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti e dei Revisori Contabili
(Irdcec), nel sintetizzare la disciplina delle attestazioni nell’ambito delle procedure concorsuali, ha
posto l’accento sulle principali novità, apportate dal D. L. n 83/2012, convertito nella L.n.134/2012, in
tema di requisito d’indipendenza demandato al professionista attestatore, di responsabilità penale
di quest’ultimo e di contenuto della relazione di attestazione.
Nel Febbraio 2014 è stata redatta una bozza in consultazione al fine di definire i principi a cui il
revisore deve uniformarsi nell’attestazione dei piani di risanamento, a cura dell’Accademia Italiana
di Economia Aziendale (AIDEA), dell’Istituto di ricerca dei Dottori Commercialisti e revisori contabili
(IRDCEC), dell’Associazione Nazionale dei Direttori Amministrativi e Finanziari (ANDAF),
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dell’Associazione Professionisti Risanamento Imprese (APRI) e dell’Osservatorio Crisi e Risanamento
delle Imprese (OCRI).
1. Requisiti e funzioni dell’esperto attestatore
Prima di passare all’analisi della bozza dei principi di attestazione si ritiene essenziale fornire alcune
precisazioni in merito all’esperto attestatore.
L’esperto, nominato dal debitore, deve essere un soggetto indipendente iscritto al registro dei
revisori ed essere avvocato o dottore commercialista o ragioniere o ragioniere commercialista.
L’incarico di attestazione può essere attribuito anche ad una società tra professionisti, purché:
la stessa abbia ad oggetto l’esercizio in via esclusiva delle attività di una professione
regolamentata;
i soci professionisti siano iscritti ad uno degli albi professionali sopra indicati e individuati
dall’art. 28, lett, a) della legge fallimentare;
il socio designato per l’attestazione del piano sia iscritto anche nel registro dei revisori.
L’esperto può considerarsi indipendente quando:
non sia legato all’impresa committente o a coloro che abbiamo interesse nell’operazione da
rapporti di tipo personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza e
l’obbiettività del giudizio;
sia in possesso dei requisiti di cui all’art 2399 c.c. e dunque non incorra in una delle cause di
ineleggibilità e decadenza prevista per i sindaci, vale a dire:
essere coniuge, parente, affine entro il quarto grado degli amministratori della società,
amministratore, coniuge, parente, affine entro il quarto grado degli amministratori delle
società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a
comune controllo;
essere legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la
controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un
rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri
rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza
non abbia prestato, neanche per il tramite di soggetti con il quali è unito in un’associazione
professionale, negli ultimi cinque anni, attività di lavoro dipendente o autonomo a favore
dell’imprenditore, degli amministratori o dei sindaci.
Il requisito dell’indipendenza va interpretato in maniera ampia, secondo quanto affermato dalle
Norme di comportamento del collegio sindacale: esso deve concretizzarsi, da un lato, nella
capacità di assumere un corretto atteggiamento professionale che consenta di espletare il proprio
incarico tenendo conto solo degli elementi rilevanti ai fini dell’esercizio della sua funzione
escludendo ogni fattore ad esso estraneo, dall’altro nell’accortezza a non essere associato o
incappare in circostanze tali da far trarre ad un terzo informato, obiettivo e ragionevole, la
conclusione che egli non sia in grado di adempiere all’incarico in maniera obiettiva.
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Il suo ruolo consiste nell’attestare la veridicità dei dati aziendali contenuti nel piano presentato
dall’imprenditore.
Infatti, con riferimento al piano di risanamento, il decreto sviluppo ha previsto che l’esperto deve
fornire un giudizio, come quello già previsto per il concordato preventivo, sulla veridicità dei dati
aziendali e sulla fattibilità del piano aggiunto, in luogo della valutazione della “ragionevolezza” che
gli era richiesta ante riforma.
2. La bozza dei principi di attestazione
I principi di attestazione sono stati redatti al fine di fornire uno standard di relazione di attestazione,
nonché delle linee guida comuni che possano indicare ai revisori attestatori le procedure da
svolgere e le modalità operative da seguire per controllare la veridicità dei dati ed emettere il
giudizio di fattibilità del piano.
I principi si sostanziano, dunque, in regole di condotta professionale, essenziali anche in
considerazione dell’art. 236-bis (“Falso in attestazioni e relazioni”) introdotto dall’art. 33 del D.L.
83/2012, in virtù del quale l’Attestatore assume delle responsabilità, anche penali, nell’esercizio
della propria funzione. Si tenga infatti anche in considerazione il fatto che esistono numerose
incertezze interpretative e carenze normative in materia, ragion per cui un corredo di principi a
disposizione dell’attestatore per orientare il proprio lavoro assume un’indiscutibile utilità.
La rilevanza dei principi di attestazione non si esaurisce, tuttavia, a favore dei soli attestatori; un
vantaggio è fruibile anche:
dai creditori e dai terzi, che possono vedere in essi uno strumento di tutela grazie alla
definizione di good practices che regolamentano la materia altrimenti priva di disciplina in
tal senso;
dai debitori che, avendo chiare le procedue di lavoro dei revisori, possono più facilmente
confrontarsi con essi;
dagli organi giudicanti che hanno dei parametri di valutazione su cui basarsi nei loro giudizi.
La bozza dei principi affronta, nell’ordine indicato, le seguenti materie:
la nomina e l’accettazione dell’incarico;
le verifiche dell’attestatore;
le verifiche della veridicità dei dati aziendali, la diagnosi dello stato di crisi, la verifica sulla
fattibilità del piano;
la relazione dell’attestatore;
la responsabilità civile e penale dell’attestatore.
2.1 Nomina ed accettazione dell’incarico
L’attestatore è sempre nominato dal soggetto debitore al quale si riferisce il piano di risanamento,
anche nelle ipotesi in cui la legge non lo prevede espressamente (in caso di autorizzazione al
pagamento di creditori anteriori per prestazioni di beni o servizi, di concordato preventivo con
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continuità aziendale o di autorizzazione al pagamento di creditori anteriori per prestazioni di beni o
servizi in caso di domanda di omologazione di accordo di ristrutturazione dei debiti).
L’attestatore può, tuttavia, essere designato anche da altro interessato alla partecipazione
all’assegnazione del nuovo appalto, se incaricato di attestare ai sensi dell’art. 186-bis, quarto
comma, l.f., la conformità al Piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto
pubblico per il quale il debitore concorre all’assegnazione.
Quanto all’accettazione dell’incarico, il professionista deve procedere alla valutazione del rischio
che presenta l’attività da svolgere alla luce delle componenti problematiche evidenziate di seguito,
tenendo conto che per la valutazione di alcune di esse, risulta essenziale visionare prima il piano:
a. i fattori individuali come la conoscenza del business oggetto di valutazione, la disponibilità di
tempo, nonché l’indipendenza rispetto al soggetto che richiede l’attestazione;
b. i fattori riferiti all’azienda come la stima della adeguatezza del sistema di pianificazione e
controllo, l’affidabilità dell’eventuale consulente usato per l’assistenza nella redazione del
Piano e di altri professionisti e operatori con competenze adeguate;
c. i fattori legati al business in cui l’azienda opera, che possono complicare l’attività di
pianificazione;
d. i fattori ambientali legati al “clima” in cui si inserisce il Piano di risanamento e
l’atteggiamento dei creditori e dei vari stakeholders interessati alla ristrutturazione.
e. e) i fattori legati in modo specifico al Piano: tra cui (esemplificativamente ma non
esaustivamente) il grado di realismo delle ipotesi, la qualità delle fonti informative
impiegate/disponibili, il tempo a disposizione per la verifica, l’arco temporale interessato.
Laddove, alla luce della suddetta valutazione, l’esperto decida di accettare l’incarico, egli deve
sottoscrivere una engagement letter (una lettera d’incarico) nella quale devono essere contenute le
seguenti informazioni:
la portata dell’attestazione;
l’assunzione di responsabilità da parte del management circa i dati contenuti nel Piano;
l’affermazione del management circa la natura delle ipotesi contenute nel Piano e la
richiesta di trasferire tutte le informazioni rilevanti per la veridicità della base dati e la
fattibilità del Piano;
i poteri di acquisizione di informazioni integrative o supplementari rispetto a quelle contenute
nel Piano;
il compenso derivante dall’attestazione e le relative modalità di pagamento in relazione
all’avanzamento lavori;
l’ipotesi di recesso dall’incarico per mancata consegna delle attestazioni e/o
documentazioni e/o collaborazioni necessarie da parte dell’imprenditore e/o del
management, dei professionisti dell’impresa e/o degli organi di controllo;
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l’ipotesi di recesso in caso in cui durante l’incarico emergano elementi precedentemente
inesistenti e/o non noti che facciano venire meno l’indipendenza dell’Attestatore prima
dell’emissione del giudizio finale.
il periodo coperto dal Piano;
una indicazione delle principali tipologie di verifiche che saranno svolte e del team di lavoro;
la data orientativa di previsto rilascio del giudizio finale e di eventuali giudizi intermedi se
richiesti;
il tempo minimo che si decida eventualmente di voler far decorrere tra la consegna del
Piano e il rilascio dell’attestazione.
l’ipotesi di recesso nel caso di mancato pagamento delle prestazioni o in altre ipotesi, tali da
fare venire meno l’indipendenza dell’Attestatore;
la previsione di ipotesi limitative della responsabilità, in caso di omissione di elementi e/o
mancanza di collaborazione da parte dell’impresa.
Al momento dell’accettazione dell’incarico o nella relazione di attestazione, l’esperto deve
rilasciare una dichiarazione in cui afferma di possedere i requisiti per soggettivi richiesti (iscrizione nel
registro dei revisori legali, iscrizione all’ordine degli avvocati o dei dottori commercialisti ed esperti
contabili, noi coinvolgimento in procedimenti disciplinari in corso o altre cause di
sospensione/inibizione all’esercizio della professione a cui appartiene.
Inoltre l’Attestatore ed è tenuto a dichiarare la sua indipendenza (che deve sussistere dall’inizio alla
fine del mandato) e dunque deve affermare:
di non essere legato al debitore (o a chi lo incarica) e a coloro che hanno interesse
all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da
comprometterne l’indipendenza di giudizio;
di non trovarsi in una delle cause di ineleggibilità e decadenza ex art. 2399 c.c.;
di non avere prestato, neanche per il tramite di altri professionisti uniti in associazione
professionale, negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del
debitore (o di chi lo incarica) ovvero partecipato agli organi amministrativi o di controllo del
debitore (o di chi lo incarica).
Al fine di consentire l’indipendenza, è stabilito che il compenso debba essere congruo al lavoro da
svolgere e che debba essere corrisposto secondo un programma di avanzamento lavoro per
permettere all’Attestatore di non essere vincolato alla conclusione della prestazione e sostenere i
costi connessi allo svolgimento dell’incarico.
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2.2. Le verifiche dell’Attestatore
Per esprimere un giudizio sulla completezza e sulla adeguatezza formale del piano di risanamento,
l’attestatore deve assicurarsi che il piano sia un documento scritto (con pagine numerate e firmate),
rispondente ai requisiti di chiarezza e comparabilità (previsti per il bilancio) e costituito da un indice
e delle seguenti sezioni di cui deve necessariamente constare:
presentazione dell’azienda;
dati storici economici e finanziari;
descrizione della situazione di crisi ed analisi del management circa le relative cause;
esplicitazione delle ipotesi e della strategia di risanamento;
presentazione degli interventi da adottare (action plan);
evoluzioni attese e impatti dello scenario competitivo;
presentazione delle ipotesi economico-finanziarie e del piano economico finanziario
2.3. Le verifiche della veridicità dei dati aziendali
La relazione di attestazione deve contenere un esplicito giudizio sulla veridicità dei dati aziendali,
strumentale al giudizio di fattibilità del piano , al fine di evidenziare eventuali errori rilevanti che
renderebbero necessaria una successiva modifica del Piano da parte degli organi sociali preposti..
Per veridicità dei dati aziendali deve intendersi la bontà dell’informativa derivante un’attendibile
base documentale di partenza per la formulazione delle prospettive economiche, finanziarie e
patrimoniali contenute nel Piano.
Trattandosi di una valutazione che riguarda il complessivo sistema di dati attorno ai quali è costruito
il piano, laddove vengano considerati non veritieri solo alcuni dati, potrebbe non risultare
necessariamente inficiata la veridicità complessiva del suddetto sistema (l’attestatore deve
spiegare tale valutazioni nella relazione finale). La verifica dell’attestatore è altro rispetto alla
procedura di revisione legale, ma le tecniche e le metodologie che lo stesso deve impiegare
devono fondarsi sul rispetto di taluni principi di revisione nazionale ed internazionale quali:
Dichiarazioni del
possesso dei requisiti e
dell’indipendenza
Sottoscrizione della
lettera d’incarico
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Con riferimento alla pianificazione del lavoro: 315 - La comprensione dell'impresa e del suo
contesto e la valutazione dei rischi di errori significativi; 250 - Gli effetti connessi alla
conformità a leggi ed in risposta ai rischi identificati e valutati; 530 - Campionamento di
revisione ed altre procedure di verifica con selezione delle voci da esaminare; 600 - L'utilizzo
del lavoro di altri revisori;
Con riferimento allo svolgimento dei controlli sui saldi contabili: 500 - Gli elementi probativi
della revisione; 505 - Le conferme esterne; 520 - Le procedure di analisi comparativa; 540 - La
revisione delle stime contabili; 620 - L'utilizzo del lavoro dell'esperto; 1005 - Considerazioni sulla
revisione delle imprese ed enti minori;
Con riferimento alla conclusione del lavoro: 450 (ISA) - Valutazione degli errori identificati nel
corso della revisione; 580 - Le attestazioni della direzione; 560 - Eventi successivi; 570 -
Continuità aziendale (per le ristrutturazioni in continuità).
Nello svolgimento delle verifiche della veridicità, l’Attestatore deve valutare la veridicità dei dati
accolti nel piano, della documentazione allegata al Piano e degli elementi necessari alla sua
predisposizione, circoscrivendo il proprio perimetro di controllo alla base dati contabile, su cui si
fondano le previsioni del piano.
Preliminarmente, l’attestatore deve valutare il rischio di errori significativi (inerente al controllo, di
individuazione, intrinseco) nella base dati contabile, al fine di impostare correttamente le proprie
procedure di verifica.
Si passa, quindi, alla verifica propriamente detta che deve valutare:
che le situazioni patrimoniali, economiche e finanziarie che rappresentano i dati di partenza
del piano (d’ora in avanti “base dati contabile”) siano attendibili e in grado di fornire un
quadro fedele della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’azienda;
l’attendibilità dei dati rappresentativi delle componenti di conto economico appare solo
laddove i dati reddituali consuntivi costituiscano un elemento fondamentale posto alla base
delle proiezioni di piano;
Ai fini di tali valutazioni l’attestatore deve determinare i conti significativi nell’ambito della base dati
contabile del Piano, la strategia di revisione che intende adottare per ciascuno e
conseguentemente definire le procedure di revisione di validità, nonché la natura e l’ampiezza di
tali procedure,
Ai fini della valutazione, l’attestatore necessita di una base informativa di partenza, riguardante:
la forma giuridica dell’azienda ed eventuali trasformazioni verificatesi negli ultimi anni;
la compagine societaria attuale e gli avvicendamenti più significativi avvenuti nel corso
degli
ultimi anni;
la configurazione del gruppo al quale la società, eventualmente, appartiene e i principali
rapporti tra le società del gruppo;
l’organizzazione attuale e quella più recente, qualora significativamente diversa, con
particolare riferimento agli organi amministrativi e di controllo, al management ecc.;
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le sedi nelle quali viene svolta l’attività;
i fatti rilevanti che possono aver condizionato la vita dell’azienda, in particolare negli ultimi
anni;
i bilanci degli ultimi tre esercizi e, se esistenti, delle controllate e controllante.
L’Attestatore può servirsi di documenti e informazioni derivanti dal sistema di internal audit o da altri
revisori (p.es. il revisore legale), non potendo, tuttavia, limitarsi ad essi.
2.2.1 La diagnosi dello stato di crisi
L'Attestatore deve verificare che il piano abbia correttamente individuato le cause della crisi
aziendale, al fine di appurare se e in quale misura le ipotesi di intervento proposte nel piano siano
atte a rimuovere le criticità e a risolvere le difficoltà.
A tal fine l’Attestatore deve individuare i fattori critici di successo e le peculiarità del contesto
competitivo in cui opera l’impresa al fine di verificare che lo strumento prescelto per la risoluzione
della crisi sia il risultato di un’approfondita analisi e sia conseguentemente in grado di rimuovere le
cause della crisi.
L’attestatore deve, dunque, preliminarmente individuare le cause della crisi anche analizzando i
principali indicatori economici e finanziari che consentono di individuarle e, conseguemente
valutare se lo strumento scelto per la risoluzione sia adeguato. In base all’origine della crisi si
distinguono, infatti, due tipi di soluzioni: interventi operativi e interventi strategici. I primi sono
consigliabili quando la crisi dipende da fattori interni all’azienda, mentre i secondi sono più consoni
quando la crisi è dovuta a forze esterne.
2.2.1. La verifica sulla fattibilità del piano
Il giudizio di fattibilità si sostanzia in una valutazione prognostica circa la realizzabilità dei risultati
attesi riportati nel Piano alla luce dei dati e delle informazioni disponibili al momento del rilascio
dell’attestazione.
Al fine di emettere il proprio giudizio sulla fattibilità del piano, l’Attestatore deve verificare che nel
piano siano state evidenziate e che siano fondate le ipotesi che il management pone a fondamento
della strategia di risanamento:
a) l’evoluzione prevista del mercato di riferimento dei prodotti/servizi e l’evoluzione prevista dei
rapporti con il contesto competitivo;
b) l’interesse di potenziali acquirenti;
c) la valutazione del patrimonio con criteri di liquidazione.
In particolare, deve essere verificata la coerenza tra le ipotesi e la coerenza delle ipotesi con la
situazione di fatto, intesa come: coerenza storica, coerenza con le operazioni correnti, con l’assetto
organizzativo e la capacità produttiva (in termini quali-quantitativi) e, quando le dimensioni
dell’impresa lo rendano opportuno, con le attese macroeconomiche.
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L’Attestatore deve valutare attentamente se ed in che misura le ipotesi sono basate su informazioni
che provengono da fonti attendibili, con un atteggiamento di “scetticismo professionale”,
proporzionale alla gravità dello stato di crisi. L’attendibilità deve essere valutata in base al consenso
derivante da indicazioni concordanti rinvenibili in previsioni di qualificate fonti esterne, alla serietà e
correttezza metodologica del processo di elaborazione dei dati compiuto dal management,
nonché all’esistenza e al grado di funzionamento del sistema di pianificazione aziendale.
L’Attestatore deve, quindi, verificare:
1) se il piano sia tradotto in un programma di intervento che evidenzi sinteticamente le azioni
previste e i tempi di realizzo delle stesse ed espliciti le azioni che il management intende
porre in essere.
Ai fini di tale controllo, l’Attestatore, verifica che siano descritti all’interno del programma
d’intervento:
l’insieme di azioni che consentono la realizzazione delle intenzioni strategiche;
la descrizione degli investimenti che saranno realizzati;
l’impatto organizzativo delle singole azioni in termini di business model, struttura
manageriale, organico aziendale, aree geografiche da coprire, canali distribuitivi e
struttura commerciale;
gli eventuali interventi sul portafoglio prodotti/servizi/brand offerti alla clientela;
le azioni con le quali si intende realizzare un eventuale mutamento del target di
clientela da servire;
le condizioni/vincoli che possono influenzare la realizzabilità delle azioni;
le specifiche necessarie per rendere esplicita la sua applicazione;
la tempistica delle azioni, l’impatto economico, lo stato di avanzamento nella sua
esecuzione, le responsabilità.
2) che le ipotesi afferenti alle grandezze economiche e finanziarie del Piano siano compatibili
con le ipotesi strategiche formulate;
3) che le ipotesi alla base delle previsioni dei flussi economici e finanziari devono manifestare
evidenze in termini di coerenza interna ed esterna;
L’Attestatore deve infine attuare un’analisi di sensitività per verificare se eventuali modifiche nelle
ipotesi alla base del Piano ne comprometterebbero la sostenibilità economico finanziaria.
Laddove il Piano abbia una finalità liquidatoria o dimissoria, l’analisi di sensitività deve riguardare
prevalentemente i tempi e i valori connessi al verificarsi delle ipotesi di vendita dei beni.
2.3. La relazione dell’attestatore
La relazione di attestazione si compone di tre sezioni:
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una prima parte introduttiva che specifichi i requisiti soggettivi del professionista incaricato, i
riferimenti e la finalità dell’incarico ricevuto, l’elenco dettagliato della documentazione
esaminata, le analisi effettuate con riferimento alla situazione societaria e alle cause della
crisi, alle verifiche strumentali sulla veridicità della base dati (tecniche di revisione impiegate,
categorie di asserzioni indagate, campioni osservati, risultati rilevati) .
una seconda parte nella quale devono essere indicate le ipotesi su cui si fonda il piano, le
relative proiezioni temporali, la strategia di liquidazione o di risanamento;
una terza parte contenente il giudizio sulla veridicità dei dati aziendali e il giudizio di fattibilità
del Piano. Il giudizio sulla veridicità dei dati aziendali può essere positivo o negativo. Il giudizio
positivo può essere espresso anche se si evidenziano carenze o errori con riferimento ad
alcune poste, se non risulta compromessa la veridicità complessiva della base dati. Anche il
giudizio sulla fattibilità del piano può essere positivo o negativo e, analogamente a quanto
detto per il giudizio sulla veridicità, al giudizio negativo è equiparato il caso nel quale vi sia
impossibilità di esprimere un giudizio.. Un giudizio positivo può assumere la seguente forma:
“A seguito dei controlli effettuati ed alla luce del giudizio positivo espresso in merito alla
veridicità dei dati aziendali, si esprime un giudizio positivo sulla fattibilità del piano”.
2.4 La responsabilità civile e penale dell’attestatore
La responsabilità dell’Attestatore può distinguersi tra:
civile: va delimitata tenendo conto delle regole generali dettate nell’ambito della
disciplina del contratto d’opera professionale. Il fatto che l’Attestatore sia anche
necessariamente revisore legale non dovrebbe influire sulla qualificazione della
responsabilità civile in quanto non viene svolta un’attività di revisione legale
propriamente detta. L’Attestatore è chiamato ad usare la diligenza richiesta dalla
natura dell’incarico che gli impone di agire con particolare perizia e attenzione in
virtù del suo precipuo status professionale. Data la situazione di urgenza che
configura tale tipologia di contratto d’opera tipico dell’attestazione, l’Attestatore è
responsabile solo in caso di dolo o di colpa grave.
penale: si configura in caso di infedeltà, sia attiva che passiva, che abbia ad oggetto
informazioni rilevanti. Poiché l’Attestatore non svolge in prima persona le valutazioni
di specifici assetts o le analisi di mercato, ma si basa spesso su studi e lavori di terze
parti, occorre che selezioni accuratamente le fonti prediligendo quelle la cui
attendibilità sia unanimemente riconosciuta. Il giudizio finale dell’Attestatore, in
quanto avulso dalla nozione di “informazione”, non assoggetta lo stesso a
responsabilità penale. Appare, tuttavia, opportuno che l’Attestatore spieghi il
percorso argomentativo che lo ha condotto alla valutazione di attuabilità del Piano,
evidenziando le informazioni utilizzate.. Le infedeltà dell’Attestatore, per rientrare
nell’ambito di applicazione della responsabilità penale, devono essere attuate con
consapevolezza, attesa la natura pacificamente dolosa del reato.
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NORMATIVA E PRASSI
Il falso in prospetto: art. 2623 c.c. e art.173 bis Tuf
V. CRISTARELLA
(Dottore Commercialista e revisore legale in Brescia)
Sommario
PREMESSA
1. GLI ARTICOLI DI LEGGE E I CONTRASTI INTERPRETATIVI
2. LE RIFORME DEL 2002 E DEL 2005
Premessa
Nel 2002 il legislatore ha introdotto nel nostro sistema, tra le fattispecie penali, della falsità in
prospetto, la tutela in modo autonomo il mendacio nei prospetti e documenti richiesti in sede di
sollecitazione all’investimento, di quotazione in mercati regolamentati e di offerte pubbliche di
acquisto o scambio.
L’attuale istituto ha avuto quale norma prodromica, l’art. 18 della legge 216/1971 come modificato
dall’art. 12 L. 77/83 il quale prevedeva un obbligo di comunicazione preventiva alla CONSOB e la
pubblicazione di un prospetto informativo, in ordine alle modalità di realizzazione di operazione di
acquisto o vendita di azioni o obbligazioni convertibili mediante offerta al pubblico, sanzionando la
relativa inosservanza con una ammenda, obbligo peraltro generico.
In vigenza di detta normativa non mancarono i contrasti sia dottrinali che giurisprudenziali con
l’articolo 2621 c.c.; neppure l’introduzione del Testo Unico Finanziario, aveva in materia placato le
polemiche.
2. Gli articoli di legge e i contrasti interpretativi
Articolo 2623 C.C. Falso in prospetto: Chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto
profitto, nei prospetti richiesti ai fini della sollecitazione all'investimento o dell'ammissione alla
quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle
offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con la consapevolezza della falsità e l'intenzione di
ingannare i destinatari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo
idoneo ad indurre in errore i suddetti destinatari è punito, se la condotta non ha loro cagionato un
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danno patrimoniale, con l'arresto fino ad un anno. Se la condotta di cui al primo comma ha
cagionato un danno patrimoniale ai destinatari del prospetto, la pena è dalla reclusione da uno a
tre anni.
Articolo 173bis Testo Unico Finanziario: Chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un
ingiusto profitto, nei prospetti richiesti per la sollecitazione all'investimento o l'ammissione alla
quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle
offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con l'intenzione di ingannare i destinatari del prospetto,
espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i suddetti
destinatari, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Con il Decreto Legislativo 11 aprile 2002, n. 61, recante la “Disciplina degli illeciti penali e
amministrativi riguardanti le società commerciali, a norma dell’articolo 11 della legge 3 ottobre
2001, n. 366” (G.U. n.88 del 15.04.2002), ha introdotto nel codice civile l’art 2623 (Falso in prospetto),
in vigore dal 16 aprile 2002.
Secondo la relazione Governativa, per porre fine ai contrasti interpretativi legati alla riconducibilità
del prospetto informativo nel concetto di “comunicazione sociale” (cui era ricollegabile o meno la
sanzionabilità ex art 2621 c.c., il “reato più grave” fatto salvo dalla contravvenzione di cui all’art 174
TUF), il legislatore delegante ha voluto prevedere un’autonoma fattispecie di falso in prospetto per
fornire un’adeguata tutela dell’affidamento del pubblico degli investitori sull’idoneità delle
informazioni ivi contenute, al fine di consentire l’effettuazione di scelte consapevoli di investimento.
Occorre sottolineare che sul punto vi erano tesi diverse, peraltro già ben delineate sotto la vigenza
della legge 216/74.
Una prima tesi affermava l’impossibilità di qualificare questa comunicazione come oggetto
materiale del reato di cui all’art. 2621 n. 1 c.c. in relazione al fatto che il prospetto informativo era
inviato all’organo pubblico di controllo per consentire allo stesso di individuare i caratteri della
manovra finanziaria proposta.
Altra tesi era sostenuta da chi argomentava che il prospetto informativo era in realtà diretto al
pubblico dei risparmiatori e il passaggio all’organo di vigilanza non rappresentasse altro che una
fase intermedia al processo di quotazione e, stante la discrezionalità pubblica dell’atto, non vi era
ragione di escludere l’applicazione dell’art. 2621 comma 1.
Il dibattito continuò pure dopo l’introduzione dell’art 174 del decreto legislativo 58/1998 il quale
testo normativo, tra le false comunicazioni alla CONSOB sanzionava anche le falsità in tema di
prospetto relativo alla sollecitazione all’investimento, riponendo nei fatti le stesse tesi.
2. Le riforme del 2002 e del 2005
La riforma del 2002 ha posto fine alla diatriba, differenziando le ipotesi di falso in prospetto - diretta a
tutelare l’interesse rappresentato appunto dal patrimonio degli investitori - da quelle di mendacio
relative alle altre comunicazioni sociali che rientrano nel novero dei modificati artt. 2621 e 2622 c.c.
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Per quanto attiene l’elemento soggettivo, oltre alla consapevolezza della falsità, occorre anche la
volontà di conseguire un profitto ingiusto e l’intenzione di ingannare i destinatari del prospetto:
l’intento “profitto” è perciò riconducibile ad un dolo specifico senza che sia necessaria la presenza
di detto requisito ai fini dell’integrazione della fattispecie penale punita, mentre l’intento “inganno”
va ricondotta nell’alveo di un dolo generico.
Il momento consumativo va individuato, invece, diversamente a seconda se il reato contestato sia
quello contravvenzionale, che si ritiene consumato con lo stesso invio alla CONSOB del prospetto e
della relativa documentazione (luogo di redazione del prospetto); mentre nell’ipotesi di cui al
comma 2 è da individuare nel realizzarsi dell’evento danno (dove si realizza il danno patrimoniale).
La Legge 28.12.2005 n. 262, recante “disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati
finanziari”, ha introdotto nel T.U.F.(d.lg. 58/1998) l’art. 173-bis. (Falso in prospetto), in vigore dal
12.01.2006.
Con la nuova formulazione viene eliminata la distinzione tra reato di pericolo (contravvenzione) e
reato di danno (delitto): il falso in prospetto è reato di pericolo concreto (delitto) di mera condotta.
In secondo luogo viene eliminato il requisito della consapevolezza della falsità da parte del
soggetto agente, risultando lo stesso parte necessaria della condotta e prevedendo l’aumento
della pena detentiva.
La fattispecie criminosa sanziona le falsità commissive (esposizione di informazioni false) e omissive
(occultamento di dati o notizie) concernenti, precisamente:
i prospetti richiesti per la sollecitazione all’investimento (artt 94 ss. TUF), ovvero le norme
contenute nel Titolo II Capo I “Sollecitazione all’investimento”;
i prospetti richiesti per la quotazione nei mercati regolamentati (art 113 TUF) e quindi tutti quei
prospetti informativi antecedenti e successivi la quotazione nel mercato regolamentato;
i documenti da pubblicare in occasione di offerte pubbliche di acquisto e di scambio (artt
102 ss. TUF) e quindi tutti i prospetti relativi ad OPA o OPS.
Per quanto attiene i soggetti attivi, la norma non pare lasciare spazio a dubbi interpretativi di sorta
facendo riferimento alla locuzione “chiunque”, anche se, nel novero dei soggetti attivi, è opportuno
aggiungere anche il “dirigente” preposto alla redazione del prospetto: infatti, il contenuto e la
diffusione di questi documenti dovranno essere vagliati pure da questa nuova figura che, essendo
preposto alla redazione dei documenti contabili societari, è stata introdotta dalla legge 262/2005, la
quale, ai densi dell’art. 154 bis comma 6, espressamente richiama l’applicabilità a detti soggetti
delle norme incriminatici poste a carico degli amministratori.
Infatti l’articolo 154-bis al comma 1 stabilisce: «Lo statuto prevede le modalità di nomina di un
direttore finanziario responsabile della redazione dei documenti contabili societari» e,
successivamente, prevede che, a tal fine, egli predisponga adeguate procedure amministrative e
contabili e goda di adeguati poteri.
Inoltre il direttore finanziario unitamente agli organi amministrativi delegati dovrà rilasciare
un’attestazione circa l’adeguatezza delle suddette procedure amministrative e contabili.
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Sono disposizioni fondamentali per la trasparenza dell’informativa societaria, poiché colmano una
lacuna della legge Draghi che ha avuto il merito di porre attenzione agli aspetti rilevanti
dell’organizzazione societaria, dando rilievo alla funzione di internal auditing e allo stesso sistema di
controllo interno. Tra i soggetti deputati all’attività quotidiana nelle aziende si devono trovare i primi
e più importanti presidi alle patologie. È da queste attività che nascono le malversazioni: quindi è
fondamentale che il controllo si esplichi prima e durante, non solo successivamente all’effettuazione
delle operazioni aziendali, così da poter prevenire o fermare comportamenti delittuosi evitando che
accadano.