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Kabbalah e crisi globale Virginia Salles, Roma Coloro che danzavano erano considerati folli da quelli che non riuscivano a sentire la musica Angela Monet Le lettere dicono sempre qualcosa in più del loro segno, perché parla anche la potenza del loro silenzio. Halter Marek Tutti nella stessa barca Uno dei miti tipici della nostra civiltà, che si è rivelato sempre più insidioso negli ultimi decenni, è il nostro concetto tradizionale di sviluppo fondato sulla crescita infinita. Da questo mito, vero e proprio “zoccolo duro a morire” della nostra coscienza contemporanea, scaturisce una modalità di esistenza che ci può portare dritti verso la strada senza uscita del disastro ambientale. Al nostro pianeta che, come possiamo osservare, “fa acqua da tutte le parti” resta solo, secondo studiosi del calibro di Edgar Morin o Ervin Laszlo e non solo loro, la via della “metamorfosi”. Nel suo commento al “Segreto del fiore d’oro”, C. G. Jung afferma che la nostra attuale coscienza occidentale non è assolutamente rappresentativa della coscienza umana in generale, ma è piuttosto una dimensione, circoscritta storicamente e limitata geograficamente, di una parte dell’umanità. Lo studio degli stadi evolutivi dell’uomo ed il confronto con altre forme di coscienza

Kabbalah e crisi globale - Fioriti Editore · sempre qualcosa in più del loro segno, perché parla anche la potenza del loro silenzio. Halter Marek ... Nel suo commento al “Segreto

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Kabbalah e crisi globale

Virginia Salles, Roma

Coloro che danzavano erano considerati folli da quelli

che non riuscivano a sentire la musicaAngela Monet

Le lettere dicono sempre qualcosa in più del loro segno,

perché parla anche la potenza del loro silenzio. Halter Marek

Tutti nella stessa barca

Uno dei miti tipici della nostra civiltà, che si è rivelato sempre più insidioso negli ultimi decenni, è il nostro concetto tradizionale di sviluppo fondato sulla crescita infinita. Da questo mito, vero e proprio “zoccolo duro a morire” della nostra coscienza contemporanea, scaturisce una modalità di esistenza che ci può portare dritti verso la strada senza uscita del disastro ambientale. Al nostro pianeta che, come possiamo osservare, “fa acqua da tutte le parti” resta solo, secondo studiosi del calibro di Edgar Morin o Ervin Laszlo e non solo loro, la via della “metamorfosi”.

Nel suo commento al “Segreto del fiore d’oro”, C. G. Jung afferma che la nostra attuale coscienza occidentale non è assolutamente rappresentativa della coscienza umana in generale, ma è piuttosto una dimensione, circoscritta storicamente e limitata geograficamente, di una parte dell’umanità. Lo studio degli stadi evolutivi dell’uomo ed il confronto con altre forme di coscienza

appartenenti ad altri tempi e luoghi ci aprono uno spiraglio di speranza e ci offrono elementi indispensabili ad un allargamento di prospettiva ed una visione più obiettiva del nostro attuale stato di coscienza e della conseguente “crisi globale”.

Morin, filosofo e sociologo francese specialista di sistemi complessi, nel suo libro La Via1 propone un altro modello di sviluppo e parla di una trasformazione globale della società allo stesso tempo utopica e realistica: una radicale inversione di tendenza, vera e propria “sterzata” per sfuggire al disastro planetario annunciato che secondo il grande studioso è già iniziato. In natura, ci ricorda Morin, quando un sistema non riesce più a “funzionare” in modo armonico, per evitare la catastrofe, è costretto ad una radicale trasformazione, così come “il bruco è capace di autodistruggersi e auto ricostruirsi per diventare una farfalla”. Questa metamorfosi che, secondo Morin, si è già realizzata altre volte nella storia del nostro pianeta, richiede una “massa critica irreversibile”. Idea questa che ci rimanda alla teoria del campo morfogenetico di Rupert Sheldrake2 che prevede la possibilità, al raggiungimento di un determinato numero di individui “trasformati” (la massa critica, appunto) che tutti gli individui della stessa specie possano beneficiare istantaneamente di queste nuove risorse o possibilità umane, senza passare per un processo di apprendimento personale o per esperienza diretta. Sheldrake si ispira ai cambiamenti osservati nelle scimmie di una determinata isola - queste scimmie hanno iniziato a “rompere il cocco” in un modo diverso, più complesso e articolato, rispetto a come lo facevano prima; cambiamento che fu seguito dalle altre scimmie dell’isola per imitazione. L’aspetto sorprendente fu che al raggiungimento di un determinato numero di scimmie “più esperte” anche le scimmie delle isole vicine hanno iniziato a rompere il cocco nello stesso modo, senza aver avuto la possibilità di osservare le altre scimmie che

1 Edgar Morin, La via, Raffaello Cortina editore, Milano, 2012.2 Questa idea dei “campi invisibili” (morfogenetici) di Sheldrake può essere

messa in relazione con il concetto di inconscio collettivo di Jung, inteso come un “grande pozzo” nel quale sono depositate le potenzialità umane pronte ad essere colte da chi abbia la capacità di catalizzarle.

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avevano compiuto il “salto evolutivo”, e raggiungere la nuova abilità. Gli esperimenti scientifici effettuati fino ad ora, sembrano confermare la validità di questa teoria.

Molti studiosi si trovano oggi d’accordo con l’affermazione di Michel Laitman - scienziato studioso di Cibernetica e profondamente impegnato nello studio della kabbalah - che l’aspetto più problematico dell’attuale momento che stiamo vivendo è che continuiamo a comportarci come se fossimo “separati”, quando in realtà siamo tutti collegati, e lo siamo molto di più di quanto riusciamo ad immaginare. Come sostiene Laitman “la nostra interconnessione è diventata interdipendenza; perciò la distanza fra la realtà e la nostra continua negazione di questa interconnessione sta diventando una vera minaccia. Questa è la vera ragione della crisi mondiale che stiamo attraversando”3.

L’aspetto positivo dell’attuale mondializzazione è che “siamo tutti nella stessa barca”, una sorta di “comunità di destino” degli esseri umani. Per uscire dall’incertezza e dalla paura per una situazione nella quale non riusciamo più a scorgere un futuro, sostiene Morin, ogni persona deve rendersi consapevole del fatto che, nel sistema integrato della nostra attuale comunità globale, è il mondo intero a pagare il prezzo degli errori che commettiamo. Il destino di ogni uomo dipende quindi dal suo comportamento e dalle sue azioni verso gli altri.

Pensiamo al nostro corpo, per esempio: ogni sua molecola, cellula, tessuto o organo ed il corpo stesso nella sua interezza hanno, ognuno di loro, un proprio interesse personale. Quando una qualsiasi di queste “parti” preme per questo interesse personale, costringe l’intero “sistema corpo” a compiere una sorta di “mediazione” fra tutti gli altri livelli, dal più complesso al più elementare, fino al raggiungimento di una nuovo stato di armonia. E questo è il “segreto” della Natura. Tutte le creature viventi devono quindi aderire alle regole del proprio ecosistema, in caso contrario non possono sopravvivere. Il vantaggio di qualsiasi sviluppo in Natura, come descritto da Darwin nel suo principio di selezione

3 Michael Laitman, La kabbalah in tempi di crisi, Apogeo, Milano, 2012, p. 138.

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naturale, è giudicato in base al contributo che porta alla sostenibilità dell’intero sistema vivente (il beneficiario). La differenza fra il principio darwiniano e quello cabalista è che nella teoria classica di Darwin il beneficiario è la specie; nella kabbalah il beneficiario è la Natura nel suo complesso (per i cabalisti il Creatore).

La kabbalah si rivela.

Alcuni tra i personaggi più brillanti e creativi della storia - tra i quali Platone, Pitagora, Newton e Leibniz - furono profondamente influenzati dallo studio della kabbalah. Anche Goethe mostrava un profondo interesse per questa antica conoscenza e molte delle sue intuizioni, così come gli scritti di Rudolf Steiner, si fondano su principi cabalistici. Giovanni Pico della Mirandola nel suo testo De Hominis Dignitate del XV secolo, sosteneva che l’autentica interpretazione della Legge divina si chiama kabbalah. Le conoscenze cabalistiche sono sempre state tramandate per via orale a pochi privilegiati, ma fu solo negli ultimi anni che la kabbalah si è aperta alla divulgazione attraverso i più popolari e moderni mezzi di comunicazione. La ragione per cui questa antica saggezza, occultata da millenni, si sta rivolgendo attualmente a tutto il mondo è che i suoi principi fondamentali - la “mondializzazione”, la connessione tra tutti gli esseri umani, l’unità e indivisibilità della Natura - si stanno manifestando in modo sempre più chiaro, dinanzi ai nostri occhi increduli, in modo tale che non occorre nemmeno più usare la terminologia cabalista, ma possiamo servirci delle parole usate dalla scienza moderna per esprimere gli stessi concetti della kabbalah.

Il grande cabalista Baal Ha Sulam afferma che “Dio” è la Natura nel suo complesso, da lui considerata come una singola unità. Questa unità non si applica solamente al nostro pianeta ed alla vita su di essa, ma all’intero universo nelle sue dimensioni fisiche e spirituali. Quando i cabalisti parlano di D-O, o del Boré (il nome di Dio, per un cabalista è troppo potente per essere pronunciato) non lo intendono come solitamente viene inteso, nel suo

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significato religioso di un essere onnipotente da adorare e obbedire per essere ricompensati. I cabalisti identificano D-O con la Natura: Ha Teva (la Natura) ha lo stesso numero ghimatrico (86) di Elohim (Dio) e sono quindi, per la kabbalah, la stessa cosa. Ciò che i cabalisti chiamano “le Leggi di Dio” sono quindi “i Comandamenti della Natura” e viceversa.

All’origine dei tempi, secondo la kabbalah, D-O si era rifugiato in se stesso e si era contratto, creando un unico punto di oscurità. Da questo punto vuoto nacque lo spazio ed il tempo, la materia e l’universo sconfinato che conosciamo. Furono innalzati dieci veli per occultare l’infinita Luce (le dieci sefirot o livelli dell’occultamento) in modo tale che non siamo più nemmeno consapevoli del significato della parola “Creatore”. A questo moto divino viene dato il nome di “contrazione”.

Il mondo così come appare ai nostri sensi fisici, ci racconta Michel Laitman, è un velo superficiale che nasconde una complessa e meravigliosa rete di movimenti, reazioni e attivazione di forze. Quando queste forze interagiscono e si intrecciano in un determinato modo fanno sì che si manifesti una realtà piuttosto che un’altra, sia dal punto di vista fisico che emotivo: nascita e morte, salute o malattia, pace, amore, conflitti… così come tutte le sfumature intermedie degli accadimenti umani. Questa interazione esiste ad ogni livello dell’esistenza, dal più elevato a quello apparentemente più insignificante: dal livello cosmico- interstellare a quello sub-atomico, dalle relazioni internazionali a quelle personali, tra le nazioni e popoli così come tra i nostri corpi.

Se partiamo dal presupposto che per i cabalisti niente esiste nell’universo tranne il “Creatore” (“La Sorgente Originaria” che inizialmente si era contratta) e la Sua creazione (il nostro mondo), seguendo i principi della kabbalah, possiamo dire che le nostre percezioni e le immagini da essa create sono i mezzi attraverso i quali “il Creatore” - che preferisco chiamare “La Natura” o “L’Essenza” - appare alla nostra coscienza. Quindi tutti i mondi, così come tutto ciò che noi crediamo esista al di fuori di noi, in realtà esistono solo in relazione a noi:

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tutto esiste in relazione a colui che percepisce la realtà in un determinato modo. Questo è molto vicino a ciò che oggi descrivono molti scienziati moderni, filosofi della scienza, studiosi di fisica e teorie dei sistemi, che iniziano a prendere seriamente in considerazione questi concetti.

Proseguendo con la visione cabalista, tutto il mondo non è altro che un teatro, nel quale le scene delle nostre vite sono interpretate dagli oggetti inanimati, dal regno vegetale, animale e parlante. Siamo tutti attori di questo teatro, ma non conosciamo ancora il copione, né il suo autore e nemmeno il direttore che gestisce lo spettacolo. Raggiungere il Mondo Superiore per la kabbalah significa comprendere questa “supermente” che dirige l’universo, conoscere le sue leggi - le leggi della Natura nel suo complesso - ed attingere alla forza ed alla volontà che soggiace ai differenti livelli dell’esistenza. Sul palcoscenico di questo teatro che chiamiamo Vita, ad ogni fase dell’elevazione spirituale descritta dai cabalisti, ciò che percepiamo si avvicina sempre di più all’ Essenza. Nell’ultima fase di questa “scala” saremo finalmente in grado di percepire “l’unica cosa veramente esistente” e nient’altro che Quella. È un po’ come “entrare nella stanza dei bottoni” e raggiungere la comprensione che ci permette di cambiare la nostra vita ed il nostro destino, ma ancora più importante stabilire una connessione (vicinanza) con “il Direttore.”

Nel mondo spirituale, dicono i cabalisti, la vicinanza o lontananza da qualcosa non è valutata nel senso spaziale come nel mondo materiale, ma in senso “qualitativo”. Nel mondo spirituale siamo vicini a qualcosa nella misura in cui acquisiamo le qualità o attributi di quel qualcosa. Unirsi con il Creatore significa essere simile a Lui e secondo la kabbalah Lui è il “desiderio di dare” e di amare, in contrasto con la sua creazione che è solamente “desiderio di ricevere”. Raggiungiamo l’unione con Lui, nella misura in cui acquisiamo i suoi stessi attributi o desideri: il desiderio di dare e di amare che nasce dentro di noi si chiama Anima. La realtà che percepiamo quindi non è sempre la stessa, questa dipende dalle nostre qualità e dai nostri desideri: di dare o di ricevere e della capacità di amare o odiare.

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La kabbalah e le leggi della Natura

La realtà nel suo insieme, secondo la kabbalah, è composta da un’unica entità frantumata, chiamata “l’anima frammentata di Adamo”. Questa drammatica lacerazione non si riferisce ad una separazione fisica, ma ad un’anima scissa, le cui parti hanno iniziato ad operare nel proprio interesse invece che nell’interesse della Totalità. Ciò ha comportato la distruzione dei legami esistenti fra tutte queste parti, intese come “il desiderio collettivo” che costituisce la nostra realtà. Dal punto di vista della psicologia transpersonale: la nascita dell’ego o della “separatezza”.

Affinché un organismo viva, ogni cellula deve svolgere le proprie funzioni in relazione all’insieme al quale appartiene, che significa anche sostituire all’obiettivo di assicurare la propria vita, quello di preservare la vita dell’organismo che la ospita. Gli elementi della Natura nel suo complesso, tranne gli esseri umani, si comportano come se avessero un’innata percezione della totalità alla quale appartengono: le cellule sane collaborano le une con le altre dentro l’organismo, sostenendosi reciprocamente. Se non obbedissero a quest’ordine naturale, le cellule entrerebbero in conflitto e combatterebbero le une contro le altre come se fossero tutte creature unicellulari. Quando si verifica questa disfunzione all’interno di un organismo la diagnosi è il cancro: le cellule cancerose combattono fra loro per accaparrarsi l’ossigeno e gli elementi nutritivi, provocando la distruzione di se stesse e dell’organismo che le ospita. La conoscenza di queste Leggi naturali, sostiene Laitman, presuppone che tutti gli esseri umani siano garanti gli uni degli altri, nel senso che ogni individuo sia consapevole che può causare con le proprie azioni il beneficio o il deficit del mondo intero. I precetti di tutte le tradizioni spirituali e della kabbalah in particolare girano intorno alla frase: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Questa frase è molto di più di un discorso religioso o etico, è una legge della Natura, ma soprattutto una legge di sopravvivenza.

“L’intenzione di dare”, di soddisfare il desiderio

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di un’altra persona ci colloca al di là del tempo, del movimento o dello spazio, al di la della “separatezza” e di tutte le limitazioni esistenti in ciò che i cabalisti chiamano “questo mondo”. Mentre il piacere egoistico è limitato a noi stessi e si esaurisce con l’appagamento del desiderio, il “piacere di dare” può essere illimitato ed inesauribile in quanto è collegato alla moltitudine degli altri “fuori di noi”. “Entrare nel mondo spirituale” significa raggiungere proprio questo piacere infinito, qualcosa che va molto al di là dei nostri confini materiali.

Fin dall’alba dei tempi, i seguaci della kabbalah sostengono che i desideri umani crescono sempre di più in intensità e qualità e che è proprio questa continua trasformazione dei desideri l’elemento propulsivo che determina la storia evolutiva non solo umana, ma dell’intero universo. I saggi del Talmud hanno scritto: “Colui che ha cento desidera avere duecento, in questo modo i suoi bisogni si moltiplicano all’infinito, fino al punto di desiderare divorare il mondo intero”. La natura umana, per i cabalisti, è fondamentalmente egoistica in quanto tendiamo in modo naturale all’isolamento ed alla competizione e ci infettiamo a vicenda psicologicamente di egoismo quasi come avviene a livello fisico.

Lo scopo della evoluzione dei desideri, per la kabbalah, è che ogni uomo acceda a quello che è l’ultimo, il più naturale e definitivo desiderio: il desiderio di dare, di conoscere ed identificarsi con quella che è l’essenza più intima della propria Natura (“il Creatore”), che è fondamentalmente olistica, il che rende tutti i suoi componenti, ad un livello profondo, inclini in modo naturale alla cooperazione. L’alienazione da questa legge universale sta alla base della nostra “malattia sociale” ed ha effetti devastanti nel mondo che ci circonda: l’escalation di isolamento e distruttività a livello individuale e collettivo.

Ogni fisico, studioso di sistemi o biologo, sa che per mantenere in vita un organismo, gli interessi dell’“insieme” devono prevalere su quelli delle singole parti. È proprio attraverso l’unione e l’integrazione delle parti che costituiscono un sistema vivente che questo riesce ad elevarsi ad un livello di maggiore complessità

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e ad effettuare un salto evolutivo sia in senso biologico-materiale sia spirituale. Ogni campo di studio si riferisce a questo principio ricorrendo a nomi diversi e la kabbalah lo chiama “la legge della dazione”. In sostanza si tratta di definizioni diverse per le diverse manifestazioni della stessa legge della Natura.

I cabalisti ci parlano dell’esistenza di forze e reti di connessioni tra di noi che risultano ai nostri sensi assolutamente invisibili. “Spiritualità” significa “connessione” e ci connettiamo ogni volta che “usciamo da noi stessi”. In altre parole trascendiamo l’ego. Nella misura in cui ci colleghiamo gli uni con gli altri riusciamo ad assaggiare un frammento della totalità, un diverso modo di sentire che ci eleva ad uno stato di consapevolezza che include in noi stessi l’intero ordine naturale: minerale, vegetale e animale e ci porta alla comprensione del “piano generale”, delle infinite interconnessioni che regolano le nostre vite. Solo allora, improvvisamente, incominciamo a intravedere queste trame invisibili intorno a noi, come se emergessero da dietro uno sfondo prima impercettibile e si diffondessero per contagio.

L’egoismo, scrive Baal Ha Sulam a proposito del controllo che l’ego ha su di noi, “è l’inclinazione al male che si avvicina a noi brandendo una spada con la punta avvelenata”. Agire come il resto della natura, nonostante la nostra innata tendenza all’egoismo richiede un “atto di volontà”. Il concetto di libertà di scelta, di libero arbitrio, così come viene inteso dalla kabbalah è proprio questo atto di volontà implicito nella scelta della “dazione” e la conseguente acquisizione del potere e della conoscenza che lo accompagna. Questo potere e questa conoscenza trasformano l’essere umano al punto di rendere quello che inizialmente fu un atto di volontà, una scelta del tutto naturale, l’unica scelta davvero umana.

Interdipendenza e alienazione

Quando pensiamo alla parola scienza generalmente ci vengono in mente discipline come la fisica, la biologia, la chimica etc. ma in realtà la parola scienza nel suo

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significato etimologico (dal latino Scire) è intesa come atto del conoscere e non frutto di esso in quanto si riferisce allo studio dell’esistenza nei suoi svariati aspetti, nella sua totalità.

Pensiamo anche alla scienza come a qualcosa che si occupa di fatti e non di valori, ma un tempo, prima dell’avvento dell’illuminismo, la scienza, la tecnica, l’etica, la giustizia e la democrazia erano interconnesse e camminavano insieme. La scienza, così come la conosciamo oggi, risale al XVII e XVIII secolo ed ha avuto uno sviluppo esponenziale attraverso l’affermazione della propria libertà di ricerca e l’autonomia da ogni controllo morale e politico. Questo nuovo approccio alla conoscenza ci ha portato nuove scoperte ed una vita migliore e più sicura, ma anche pericoli e disarmonia. Se da un lato abbiamo fatto passi da gigante con le nuove tecnologie, dall’altro essa ci mostra oggi il rovescio della medaglia: il suo potere sulle nostre vite è cresciuto in modo tale che è necessario richiamarla ad una riflessione etica.

Uno degli aspetti che caratterizzano l’attuale caotica situazione globale è l’interdipendenza insieme alla sempre maggiore alienazione degli uomini, gli uni nei confronti degli altri. È questo il paradosso descritto da Laitman: nella misura in cui siamo diventati sempre più globali, ci troviamo contemporaneamente sempre più narcisisti. Oggi si parla di una vera e propria epidemia di narcisismo ed i tratti delle personalità narcisiste sono cresciuti al punto da essere considerati persino tratti della personalità così detta “normale”. L’antidoto a questa escalation di egoismo, stando agli studi cabalisti, è la stessa cura che viene applicata dalla Natura: la costruzione di un sistema globale nel quale tutte le parti offrano il proprio contributo e rinuncino al proprio interesse personale. In cambio, “l’insieme” assicurerà il benessere e la sostenibilità dei singoli componenti.

Quando nella kabbalah si parla di “rinuncia agli interessi personali” non si fa riferimento alle nostre caratteristiche e risorse umane individuali che sono universalmente valide. Ciò a cui dobbiamo rinunciare sono le nostre

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rivendicazioni egoiche, tutte quelle manifestazioni di autoaffermazione e di potere così tipiche del nostro attuale stile di vita. La regola della rinuncia all’interesse personale in favore dell’interesse del sistema globale non si applica solamente alle molecole, organi e tessuti che formano un corpo vivente, ma anche agli uomini che, come tutti gli organismi biologici, non possono vivere isolati. Secondo i cabalisti essi sono come “rami” che affondano le radici nel regno spirituale che è una sorta di “anti-mondo”. Mentre noi esistiamo nel mondo della “separatezza”, la vita appartiene e proviene dal “mondo dell’Unione”. Per i cabalisti solamente attraverso la connessione la vita può evolversi e perpetuarsi.

È arrivato il momento di renderci consapevoli che la realtà è costituita, nella sua essenza, di unione e complementarietà, come affermano i cabalisti e i più autorevoli studiosi di fisica come Werner Heisenberg e David Bohm. Non possiamo fuggire dalla situazione che noi stessi abbiamo creato, né rimanere sordi alla chiamata del tempo. La particolarità dell’attuale momento che stiamo vivendo è che ci troviamo sul punto di un’importante transizione. Comprendere ciò potrebbe portarci ad accettare l’inevitabile integrazione fino al punto di “non fare agli altri ciò che non desideriamo per noi stessi,” e persino ad “amare il nostro prossimo come noi stessi”. Questo futuro è inevitabile e, secondo i cabalisti, o lo accettiamo consapevolmente o altrimenti saremo costretti ad arrivare alla stessa comprensione attraverso indicibili sofferenze.

Questa consapevolezza insieme a ciò che i cabalisti chiamano “il metodo di correzione fornito dalla kabbalah”, sono mezzi a nostra disposizione per superare la “cultura del narcisismo” e la conseguente catastrofe: il collasso del sistema globale causato dall’aumento vertiginoso dell’egoismo. Per “correzione” i cabalisti non intendono alcuna repressione, proibizione o la negazione delle caratteristiche o qualità individuali (il che provocherebbe un disastro ancora più grande), ma un vero e proprio percorso interiore finalizzato al raggiungimento della capacità di amare il prossimo come se stesso.

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La “fase Quattro” dell’evoluzione dei desideri descritta dalla kabbalah implica la comparsa di un desiderio nuovo, completamente diverso rispetto alle fasi precedenti: il desiderio di dare e di connettersi davvero con un altro essere umano. Pier Paolo Pasolini, in un certo senso, era molto vicino al pensiero cabalista quando affermava che tutta la sofferenza dell’umanità era anche la sua sofferenza. “Garanzia mutua” per la kabbalah significa proprio questo, significa che ogni singolo uomo è responsabile dell’intera comunità alla quale appartiene. Nel momento in cui ci “disconnettiamo”, nel senso che non manteniamo la nostra partecipazione attiva e smettiamo di provvedere “all’insieme”, allora anche gli altri crolleranno. Come ci ricorda Laitman: “possono il fegato o i reni andare in vacanza?” La conoscenza di questi principi fondamentali della natura sono parte del programma di educazione integrale proposto da Laitman.

Secondo la kabbalah quest’ultima fase dello sviluppo umano non può essere raggiunta individualmente in quanto essa prevede “l’unione di tutti i frammenti dell’Anima di Adamo”. Per riuscire a rimettere insieme questa “anima comune frammentata” dobbiamo acquisire la comprensione profonda di “essere una cosa sola” e cominciare a sperimentare la verità di questa interconnessione. Continuare a vivere all’interno della nostra limitata percezione dell’universo che ci circonda ed agire in modo individualistico significa, ed oggi sono in molti a dirlo, innescare una vera e propria bomba ad orologeria. Vivere nell’era globale significa essere costretti a riconoscere i vantaggi della collaborazione.

Nel corso del tempo, il nostro concetto di comunità si è allargato dalla famiglia al villaggio, dalla città alla nazione, ed è esploso in un unico sistema interconnesso chiamato “comunità globale”. Abbiamo spostato la nostra posizione dall’interno della piccola comunità di un tempo verso una postazione di più ampio respiro e stiamo definendo un nuovo paradigma di riferimento nel quale tutte le parti sono interdipendenti ed integrate.

L’idea di fondo tramandataci dalla kabbalah è quella di un viaggio straordinario che possiamo compiere

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“cavalcando la materia”. Anche nella nostra tradizione cristiana il Messia - che rappresenta quella parte di ognuno di noi che compie il viaggio - “è povero e cavalca l’asino”. Questo viaggio non avviene nella dimensione spazio/tempo, ma dentro ad ogni minuscola particella della sostanza di cui siamo formati. La nuova visione rivoluzionaria della materia come “luce concentrata” che emerge dalla kabbalah, così come dalle più moderne scienze contemporanee, è quella di un corpo che si trasforma in luce.

Non possiamo scegliere se fare o meno il viaggio. Il viaggio, dicono i cabalisti, lo dovremo fare senza possibilità di scelta. Possiamo solo scegliere che ruolo avremo in questo viaggio: se ci lasceremo trasportare passivamente attraverso un mare di sofferenze ed una valle di lacrime oppure se sapremo contribuire consapevolmente ed in modo attivo alla nostra evoluzione interiore ed all’evoluzione della consapevolezza globale, che avrà come traguardo l’assunzione del Divino all’interno dell’uomo.

Abstract

Virginia SallesKabbalah e crisi globale

Gli elementi della Natura nel suo complesso, tranne gli esseri umani, si comportano come se avessero un’innata percezione della totalità alla quale appartengono: le cellule sane collaborano le une con le altre dentro l’organismo, sostenendosi reciprocamente. Se non obbedissero a quest’ordine naturale, le cellule entrerebbero in conflitto e combatterebbero le une contro le altre come se fossero tutte creature unicellulari. Quando si verifica questa disfunzione all’interno di un organismo la diagnosi è il cancro: le cellule cancerose combattono fra loro per accaparrarsi l’ossigeno e gli elementi nutritivi, provocando la distruzione di se stesse e dell’organismo che le ospita. Uno degli aspetti che caratterizzano l’attuale caotica situazione globale è l’interdipendenza insieme

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alla sempre maggiore alienazione degli uomini, gli uni nei confronti degli altri: continuiamo a comportarci come se fossimo “separati”, quando in realtà siamo tutti collegati, e lo siamo molto di più di quanto riusciamo ad immaginare. Nel sistema integrato della nostra attuale comunità globale ogni persona deve rendersi consapevole del fatto che il destino di ogni uomo dipende dal suo comportamento e dalle sue azioni verso gli altri, nel senso che è il mondo intero a pagare il prezzo degli errori che commettiamo. I precetti di tutte le religioni del mondo e della kabbalah in particolare girano intorno alla frase: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Questa frase è molto di più di un discorso religioso o etico, è una legge della Natura, ma soprattutto una legge di sopravvivenza.

Parole chiave: connessione – crisi globale – interdipendenza – kabbalah – metamorfosi – mondo spirituale

Virginia SallesThe Cabala and the Global Crisis

The elements of Nature as a whole, with the exception of human beings, function as if they possessed an innate perception of the total entity of which they are a part: healthy cells collaborate with one another within the organism, reciprocally sustaining each other. If they did not obey this natural order, the cells would enter into conflict, behaving as if they were unicellular creatures. When this disfunction occurs within an organism, the resulting diagnosis is cancer: the cancerous cells struggle to procure for themselves oxygen and nutritive elements, causing their own destruction as well as that of the host organism. One of the aspects characterizing the present chaotic global situation is the interdependence of men along with an ever increasing alienation. Human beings continue to behave as though they were “separate” one from the other, when actually we are all connected and far more than we imagine. In the integrated system of our global community, each individual must become aware of the fact that our common destiny is strictly bound to

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our comportment and our actions in relation to others, in the sense that it is the entire world to pay the price of our errors. The precepts of all the world’s religions and the Cabala in particular rotate around the phrase, “Love thy neighbour as thyself ” – a phrase which is not merely a religious or ethical precept, it is a law of Nature, and even more than that, a law of survival.

Keywords: connection – global crisis – interdependence – Cabala – metamorphosis – spiritual world

Virginia Salles (sito web: www.virginiasalles.it), nata a Bahia, Brasile ha studiato psicologia a Roma, deve vive e lavora. Psicoterapeuta individuale e di gruppo, di formazione junghiana è specializzata in psicologia transpersonale e respirazione olotropica con Stanislav Grof. È autrice del libro Agua scura edito da Di Renzo Editore, 2005, e di numerosi articoli sulla psicologia analitica e transpersonale.

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