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JOHN DEWEY
John Dewey (Burlington, 20 ottobre 1859
– New York, 1º giugno 1952) è stato un
filosofo e pedagogista statunitense. È
stato anche scrittore e professore
universitario. Ha esercitato una profonda
influenza sulla cultura, sul costume
politico e sui sistemi educativi del
proprio paese. Intervenne su questioni
politiche, sociali, etiche, come il voto alle
donne e sulla delicata questione
dell'ingiusta condanna degli anarchici
Sacco e Vanzetti.
DEMOCRAZIA Dewey affronta il concetto di 'democrazia' anzitutto nei
suoi aspetti culturali, che sviluppa a partire da una personale rilettura dell'opera di Emerson, che Dewey in un articolo del 1903 [senza fonte] considera l'autentico "filosofo della democrazia". Da qui deriva una rilettura radicale dell'idea stessa di democrazia. L'ambiente sociale che Dewey identifica come il mezzo costruttivo per lo sviluppo delle energie individuali è la società democratica.
In democrazia è richiesta la collaborazione di tutti per il bene della società, in quanto i sistemi democratici hanno il vantaggio di essere in perenne stato di crisi e necessitano di una continua disponibilità al cambiamento.
REQUISITI
Per partecipare ad una democrazia secondo Dewey la persona deve avere questi requisiti:
* alfabetizzazione: secondo l'autore il saper leggere e scrivere poteva fornire le stesse possibilità anche alle classi meno abbienti.
* competenze culturali e sociali le quali portano ad un maggior interesse per la vita pubblica
* pensiero indipendente, requisito fondamentale della democrazia che non può vivere con un pensiero unico (indottrinamento)
* predisposizione a condividere con gli altri
Per questi motivi, l'Educazione ha un ruolo preponderante nella creazione della società democratica
SCUOLA
Anche il pensiero pedagogico di Dewey risente degli influssi di Emerson. Dewey applica a questa il suo pensiero filosofico, basato sull'esperienza, all'insegnamento scolastico. Le esperienze non vengono imposte dall'insegnante ma nascono dagli interessi naturali degli alunni ed il compito dell'educatore è quello di assecondare tali interessi per sviluppare attraverso essi il senso della socialità.
La scuola è un'istituzione sociale, che rappresenta la vita attuale. Riprende quelle che sono le attività quotidiane per rendere partecipe il fanciullo alle abitudini della vita familiare ed assicurargli un'adeguata integrazione sociale. L'industrializzazione ha allontanato il giovane dalle esperienze di partecipazione al processo lavorativo, per cui la scuola ha il compito di introdurre il lavoro come fattore formativo, al fine di assicurare un'attiva vita in comune e un apprendimento pratico di cose reali.
SCUOLA ATTIVA E PROGRESSIVA
La scuola è definita come attiva (attivismo pedagogico) in quanto il bambino, che viene a contatto con una delle difficoltà che il mondo gli pone, tenta di agire su di esso e cerca di reagire alle conseguenze che derivano dalle sue azioni. Il bambino mette in atto le sue strategie, elabora congetture per verificare o falsificare le sue ipotesi.
La scuola di Dewey è chiamata anche progressiva in quanto l'attività che si svolge al suo interno, presuppone uno sviluppo progressivo. La scuola deve rappresentare per il bambino un luogo di vita: quella vita sociale che deve svilupparsi per gradi, partendo dall'esperienza acquisita in famiglia e nell'ambiente sociale in cui egli vive.
ETA’ EVOLUTIVA
Anche Dewey come la maggior parte dei pedagogisti moderni divide l'età evolutiva in tre fasi:
1. Dai 4 agli 8 anni prevalgono nel bambino gli istinti e i bisogni in modo spontaneo che si manifestano con il gioco e l'attività ludica.
2. Dai 9 ai 12 anni il bambino frequenta la scuola primaria che è basata sul lavoro per permettere al soggetto di acquisire le abitudini culturali della società in cui vive.
3. Dai 12 ai 14 anni all'alunno viene data la possibilità di ampliare le sue conoscenze astratte attraverso lo studio in biblioteca e laboratorio all'interno della scuola media.
POLITICA
È vicino ai radicali americani, ritiene ci si possa realizzare solo in un ordinamento dove lo Stato interviene. Ha sotto gli occhi la situazione dell'America post '29 in cui fanno fortuna gli speculatori e non gli imprenditori e in cui non vi è alcun tipo di libera concorrenza: questa società si caratterizza per un'opinione pubblica controllata dai media. Ha di fronte a sé una società liberale che ha disatteso i suoi principi: lo Stato non può lasciar fare da sé e quando lo ha fatto si è prodotta la società americana a lui contemporanea. L'istanza liberale della libertà individuale può realizzarsi solo mediante il riordinamento pianificato dell'economia.
POLITICA
Il liberalismo, per lui, può superare la propria crisi solo compiendo un salto qualitativo, ossia rinunciando ai postulati liberisti, e conferendo all'autorità pubblica un compito permanente di regolazione di tutte le fasi del ciclo economico nel quadro di uno sviluppo pianificato a fini sociali. La dottrina di non ingerenza dello Stato va quindi superata da una politica di interventi pubblici cui demandare il compito di correggere le condizioni di non libertà insite nei rapporti sociali. Il "nuovo liberalismo" auspicato da D. mira a promuovere una forma di organizzazione sociale capace di neutralizzare le minacce illiberali che nascono dall'affermarsi dei grandi potentati economici.
PLURALISMO
Dewey scrive nel 1935 "Liberalismo e azione sociale": vi è una divaricazione tra le forze che resistono alla razionalizzazione e al progresso e la cultura aperta all'innovazione e antidogmatica, tale cultura si basa sul continuo scambio tra individuo e società e prende il nome di pluralismo.
Riferimenti bibliografici
Scritti politici, Donzelli, 2003
Rifare la filosofia, Donzelli, 2002
Liberalismo e azione sociale, Ediesse, 1997
Arte come esperienza e altri scritti, La Nuova Italia, Firenze, 1995
Esperienza e educazione, La Nuova Italia, Firenze, 1993
Esperienza e natura, Mursia, 1990
Scuola e società, La Nuova Italia, Firenze, 1983 Liberalismo e azione sociale, La Nuova Italia, Firenze, 1974
Comunità e potere, La Nuova Italia, Firenze, 1971