368

Johann David Wiss - Il Robinson Svizzero

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Racconto

Citation preview

  • Johann David Wyss

    IL ROBINSON SVIZZERO

    Illustrazioni di Graziella Sarno

    U. MURSIA & C. MILANO

    Titolo originale dellopera

    DER SCHWEIZERISCHE ROBINSON

    Traduzione integrale dal tedesco di CARLA VINCI-ORLANDO

    Propriet letteraria e artistica riservata - Printed in Italy Copyright 1971 U. MURSIA & C.

    1232/AC - U. MURSIA & C. - Milano - Via Tadino, 29

  • Indice PRESENTAZIONE ________________________________________5

    IL ROBINSON SVIZZERO ______________________________ 9 Capitolo I _______________________________________________10

    Racconta il naufragio di un bastimento. - Un padre coraggioso salva la famiglia e trova un'isola di salvezza. Prime esplorazioni a terra e sulla nave naufragata. __________________________________________________ 10

    Capitolo II_______________________________________________55 Racconta le esplorazioni di una madre coraggiosa e la costruzione di un ponte e di una casa pensile. Fritz si rivela un eroe. Come si festeggia la domenica. La natura offre ricchi doni.___________________________ 55

    Capitolo III ______________________________________________93 Il bastimento viene ancora sfruttato. - Si cuoce pane di manioca e si costruisce una lancia armata. Il babbo prepara delle bolas. Cattura di un'otarda. - Rinvenimento della pianta da cera e dell'albero del caucci. ____________ 93

    Capitolo IV _____________________________________________131 Il relitto viene fatto saltare. - L'asino diserta e ritorna con un compagno. - Un bufalo, uno sciacallo e un'aquila vengono catturati e addomesticati. _____ 131

    Capitolo V______________________________________________166 La madre fila il lino. - ha casa nella roccia. - La migrazione delle aringhe. Si trova il cotone. Si fondano nuove colonie e si costruisce una barca. Comincia il raccolto dei colombi. Come si addomesticano i colombi. _ 166

    Capitolo VI _____________________________________________207 Una tartaruga come rimorchiatore. Lotta con un serpente boa. L'asino salva gli altri, ma soccombe. Viene scoperta una nuova caverna. Tarabusi, idrocheri e pcari. ____________________________________ 207

    Capitolo VII ____________________________________________237 Caccia allo struzzo e caccia all'orso. Si cattura e si addomestica uno struzzo. ____________________________________________________ 237

    Capitolo VIII ___________________________________________259 Si costruisce un caiak. Si trebbia all'uso italiano. Fritz abbatte un tricheco e viene sorpreso dalla tempesta. I ragazzi si preparano per una grande spedizione. ___________________________________________ 259

  • Capitolo IX _____________________________________________283 Avventura di caccia con una iena. - A che servono i colombi viaggiatori. Fritz risale il fiume contro corrente col caiak e incontra gli ippopotami. L'Isolotto del Pescecane diventa una fortezza. ______________________ 283

    Capitolo X______________________________________________295 Dieci anni dopo. Jack ha la peggio nella lotta con un cinghiale. Si abbattono leoni. Fritz risolve l'enigma dello scoglio fumante. Viene salvata la signorina Jenny. _____________________________________ 295

    Capitolo XI _____________________________________________331 Come Jenny era capitata sullo scoglio fumante. Finalmente un bastimento. Nuova Svizzera! __________________________________________ 331

  • PRESENTAZIONE

    Un'edizione in due volumi di questo avvincente libro per ragazzi apparve per la prima volta nel 1812 a Zurigo.

    Il suo autore, il pastore evangelico Johann David Wyss, aveva scritto la storia del Robinson svizzero unicamente per la sua famiglia, armonizzando in modo mirabile la passione per i viaggi e le avventure in terre lontane, tipica della letteratura del suo tempo, con finalit didascaliche, e alternando nel suo lungo racconto la descrizione di straordinarie imprese con insegnamenti scientifici e pratici, senza che l'una delle tendenze prevalesse sull'altra, in sapiente fusione stilistica.

    Naturalmente, nella ideazione e nella stesura del libro, il Wyss si era ispirato al Robinson Crusoe, il famoso romanzo di "Daniel Defoe, capostipite di tutti i Robinson, ma vi aveva inserito non pochi tratti tipici e originali.

    Uno dei suoi quattro figli, il poeta e filosofo Johann Rudolf Wyss, cur la pubblicazione del libro, che in centocinquant'anni stato ristampato innumerevoli volte, ottenendo sempre rinnovato favore.

    Ma poich in origine l'opera non era stata destinata alle stampe non sono mancati successivi rifacimenti, limitati per altro all'eliminazione di alcuni tratti di secondaria importanza.

    L'edizione svizzera del 1962, da me tradotta, tuttavia l'unica che riproduca integralmente la stesura originale.

    Nella versione ho cercato di conservare quanto pi possibile lo spirito dell'epoca in cui l'opera fu concepita e scritta e soprattutto il tono familiare e discorsivo della narrazione.

    L'intonazione pedagogica, che risente anch'essa del gusto dell'epoca, non deve intendersi per come sfoggio di erudizione da parte del Wyss, ma soltanto come aspirazione ad una pi profonda conoscenza della terra e delle creature che su essa vivono, giacch solo tale conoscenza suscita nell'uomo l'amore per la natura e la forza atta a fronteggiare i fenomeni pi sconvolgenti, pur con la piena consapevolezza dei propri limiti.

    Cos soltanto possibile comprendere quello che a prima vista

  • potrebbe sembrare quasi miracolistico: il prodigioso moltiplicarsi della vita attorno al piccolo nucleo della famiglia svizzera e il felice prosperare delle sue risorse, perch qui assistiamo semplicemente all'eterno prodigio della natura che erompe prepotente e irresistibile, ma anche si piega docile sotto la guida tenace e intelligente dell'uomo, miracolo che perennemente si ripete e di cui non riusciamo pi ad accorgerci.

    Le vicende del Robinson svizzero e della sua coraggiosa famiglia il sano ottimismo dei quattro ragazzi che con una fresca risata sanno scrollarsi di dosso ogni angoscia, anche quella di sentirsi soli come nel primo giorno della creazione, affrontando con serenit e ardimento fatiche e pericoli; la semplice saggezza della madre; ma soprattutto l'ingegnosa solerzia del padre, il suo profondo senso di giustizia, l'amore vivo e operante che non indulge nemmeno per un momento a sentimenti di autocompatimento o a facili commozioni hanno affascinato intere generazioni di ragazzi.

    Ma non soltanto ai ragazzi questo libro avr forse qualcosa da dire, perch oggi pi che mai ognuno di noi custodisce in fondo al cuore il sogno di un'isola simile a quella in cui il Robinson svizzero ha avuto la ventura di sbarcare, una terra senza precisi confini, libera e scevra da frastuoni e inquinamenti, nella quale si possa ammirare intatto l'azzurro riflesso del cielo in un mondo ancora vergine e ascoltare il vocale silenzio del mare e dei boschi, per scoprire in noi stessi il senso della vita.

    Questa pienezza di vita ritrovano infatti i nostri eroi svizzeri quando, superato lo sgomento di una totale solitudine e lo struggente desiderio di una vicinanza umana, dopo lotte e travagli e conquiste di ogni sorta, sono finalmente in grado di fare liberamente e consapevolmente la propria scelta, non senza aver sostenuto la pi difficile delle lotte tra la pungente nostalgia della patria lontana, mai dimenticata, e il vivo attaccamento alla nuova patria cos duramente conquistata.

    Partiranno soltanto due dei figli, Franz, spinto dal desiderio di una pi vasta conoscenza del mondo e Fritz, attratto dall'amore per Jenny. Li accompagneranno i sogni e le speranze di quelli che rimangono nella fiduciosa attesa di un sostegno futuro che li aiuter

  • a rendere sempre pi bella e grande la Nuova Svizzera. Il legame con la vecchia Europa sar cos idealmente e

    materialmente riallacciato e le ardue imprese e le faticose esperienze dell'animosa famiglia non saranno state sterili e vane, n si risolveranno in una egoistica economia robinsoniana, in se stessa conclusa.

    E poich ardimento e sagacia, amor patrio e incrollabile fiducia in Dio, affetti familiari e interesse per il mondo che ci circonda sono valori eterni che spaziano oltre ogni confine bench talvolta possano sembrare caduti in disuso penso che anche oggi questo libro possa considerarsi attuale e incontrare lo stesso favore di un secolo e mezzo fa.

    A proposito del suo successo, interessante notare che il libro ebbe tra i suoi ammirati lettori uno che se ne intendeva, nientemeno che Jules Verne, il quale, considerando il romanzo di Wyss incompiuto, ne scrisse la continuazione nella gloriosa serie dei suoi Viaggi straordinari con il titolo Seconda patria. Era un pi che esplicito riconoscimento della vitalit dell'opera.

    N qui si ferma la storia delle sue derivazioni, fra le quali ci piace ricordarne qui anche una d carattere cinematografico. Dal romanzo, infatti, stato tratto il film di Walt Disney Robinson nell'Isola dei Corsari, il quale, pur discostandosi dal testo originale in alcuni tratti per ragioni evidentemente tecniche e cinematografiche, ne conserva l'impianto, la struttura e talora anche lo spirito sottilmente didascalico.

    Presentando il libro ai ragazzi del nostro Paese, in una traduzione fedele e integrale, spero che essi possano ricavarne, oltre alle tante non superflue cognizioni, qualcosa di pi profondo: una visione pi lieta e pi forte della vita, dovunque essa si svolga e qualunque vicissitudine comporti.

    CARLA VINCI-ORLANDO

  • JOHANN DAVID WYSS nacque il 28 maggio del 1743 a Berna, dove

    mor l'11 gennaio 1818. Compiuti gli studi e ottenuto il dottorato in teologia, nel 1775 divenne pastore evangelico a Seedorf e dal 1794 fu preposto nella Cattedrale di Berna. Nei momenti lasciatigli liberi dal ministero, scrisse il romanzo Der Schweizeriscke Robinson (Il Robinson svizzero) ispirato al famoso Robinson Crusoe e dedicato ai quattro figli, uno dei quali, Johann Rudolf, diede in seguito forma letteraria al testo (rimasto manoscritto e ad uso dei familiari) e nel 1812 ne cur la pubblicazione. Il merito del libro va dunque ascritto in parte pure a Johann Rudolf Wyss (1782-1830) cui spetta anche un posto eminente nella letteratura svizzera. Dottore in teologia e filosofia, Johann Rudolf Wyss fu professore alla Berner Akademie e bibliotecario alla Berner Stadtbibliothek. Svolse intensa attivit politica e con la collaborazione dei migliori poeti svizzeri del suo tempo pubblic dal 1811 al 1830 l'Almanacco Alpenrosen. l'autore dell'inno nazionale Rufst du, mein Vaterland. Il Robinson svizzero, che qui pubblichiamo integralmente, incontr subito notevole successo in patria e all'estero per il suo valore letterario e pedagogico.

  • IL ROBINSON SVIZZERO

  • CAPITOLO I

    RACCONTA IL NAUFRAGIO DI UN BASTIMENTO. - UN PADRE CORAGGIOSO SALVA LA FAMIGLIA E TROVA UN'ISOLA DI

    SALVEZZA. PRIME ESPLORAZIONI A TERRA E SULLA NAVE NAUFRAGATA.

    LA TEMPESTA aveva imperversato per sei lunghi, terribili giorni e nel settimo, ben lungi dal placarsi, pareva che volesse infuriare, se possibile, ancora di pi. Eravamo stati sbattuti verso sud-est, cos lontano dalla nostra rotta, che nessuno sapeva pi dove ci trovassimo. Tutti eravamo scoraggiati e sfiniti dal duro lavoro e dal lungo vegliare. Gli alberi della nave erano in parte schiantati e caduti in mare, lo scafo aveva riportato delle falle e l'acqua che vi penetrava cresceva a vista d'occhio. Un marinaio, abituale bestemmiatore, proruppe a un tratto in preghiere rumorose, urlanti, e in voti quasi ridicoli. Ciascuno un po' raccomandava l'anima a Dio e un po' pensava al modo di salvare la propria vita.

    Figlioli, dissi ai miei quattro ragazzi spaventati e piagnucolanti se il buon Dio vuole la nostra salvezza ci aiuter certamente; ma se dobbiamo morire meglio che ci rassegniamo. Ci ritroveremo in cielo.

    La mia brava moglie si asciug le lacrime; poi divenne pi serena e incoraggi affettuosamente i ragazzi che si erano stretti a lei. Per mi si spezzava il cuore per la pena e l'angoscia. Infine i poverini si inginocchiarono abbracciandosi insieme e incominciarono a pregare. Mi commosse in modo singolare il sentire le tenere voci in mezzo all'infuriare, al mugghiare, allo scrosciare della tempesta.

    All'improvviso, tra il rombo dei frangenti, udii una voce gridare: Terra! Terra! Ma nello stesso istante avvertimmo uno scossone cos violento che ci fece stramazzare e sembr sconquassare tutto. Uno spaventoso rovinio lo accompagn e il crescente rumoreggiare

  • dell'acqua che irrompeva da ogni parte ci dimostr che ci eravamo arenati e che il bastimento si era spaccato. Accorata rison in quel momento una voce, forse quella del capitano: Siamo perduti! Lance a mare!

    Provai una fitta al cuore. Perduti! esclamai. I lamenti dei ragazzi si innalzarono pi forti che mai. Allora mi dominai e dissi loro: Non perdiamoci d'animo! Siamo ancora bene all'asciutto e la terra vicina! Voglio andare a vedere se ci resta ancora una possibilit di scampare.

    Cos dicendo lasciai i miei e salii in coperta. Un'ondata mi sbatt a terra e mi bagn da capo a piedi. Lottando contro i marosi sempre incalzanti mi sostenni forte e, quando finalmente potei sollevare lo sguardo, vidi con terrore le lance che, cariche dell'equipaggio, si staccavano a fatica dalla nave, mentre l'ultimo marinaio saltava gi, tagliava il cavo e aiutava i compagni a scappar via. Invano gridai, pregai, li scongiurai di prendere anche me e i miei cari. Il muggire dell'uragano inghiottiva la mia sconsolata supplica e la risacca rendeva impossibile ogni ritorno ai fuggiaschi. Nel frattempo mi ero accorto con un certo sollievo che l'acqua, la quale aveva riempito gi una parte del veliero, poteva salirvi soltanto fino a una certa altezza. Infatti la poppa era stata sospinta tra due scogli, abbastanza in alto perch potesse rimanere libera. E proprio nel cassero di poppa un piccolo camerino sopra la cabina del capitano racchiudeva quanto di pi caro avessi al mondo. Nello stesso tempo, verso sud, a una certa distanza dalla nave, scorgevo di quando in quando, tra nubi e pioggia, la terraferma e per quanto rocciosa potesse apparire, in quel momento di pericolo divenne la meta di ogni mio impotente desiderio. Naturalmente ero molto avvilito per il dileguarsi di qualunque aiuto umano e tornai dai miei cari pieno d'angoscia, sforzandomi tuttavia di apparire tranquillo.

    Coraggio, ragazzi! esclamai entrando ancora non finita per noi! vero che il bastimento rimasto incagliato, ma la nostra cabina si trova al di sopra del livello dell'acqua e se domani vento e mare si calmeranno sar forse possibile giungere a terra.

    Questa notizia fu per i ragazzi un balsamo ristoratore e, come erano soliti fare, presero subito per sicuro quello che era ancora

  • lontano e molto incerto. Mia moglie per leggeva pi a fondo nel mio animo e ne scopr subito la pena segreta; cap il cenno con cui le annunciavo che eravamo completamente abbandonati. Tuttavia non perse nemmeno per un attimo la sua incrollabile fiducia in Dio e ci mi colm di nuovo coraggio.

    Mangiamo qualcosa, disse con il corpo si rinforzer anche lo spirito e forse ci aspetta una dura nottata.

    Infatti scendeva gi la sera. Bufera e marosi continuavano ad infuriare, staccando qua e l, con orribile fracasso, assi e travi dalla nave spaccata e un continuo oscillare rinnovava ad ogni momento il timore che il veliero potesse finire in pezzi.

    Intanto la mamma aveva pensato a preparare un po' di cibo; i ragazzi mangiarono di buona voglia, mentre noi genitori dovemmo sforzarci. Poi i figlioli si misero a letto e caddero subito in un sonno profondo. Io e mia moglie per restammo in guardia ansiosi, cercando di percepire ogni urto, ogni suono che minacciasse un cambiamento. Fra preghiere, timori e consigli di ogni genere entrambi trascorremmo la pi spaventosa notte della nostra vita e ringraziammo Iddio quando infine il giorno nascente balugin attraverso un finestrino aperto.

    Allora il vento cominci a placare la sua furia, il cielo si rischiar e, pieno di speranza, vidi accendersi all'orizzonte una bella aurora. Con animo sollevato e voce allegra chiamai moglie e figli sul ponte, dove ero salito; i ragazzi si accorsero stupiti che eravamo rimasti soli.

    Ma dove sono i nostri compagni? esclamarono. Perch non ci hanno portato con loro?

    Cari figlioli, risposi Colui che ci ha aiutato finora continuer ad aiutarci ancora, se non ci lasciamo prendere dalla disperazione. Vedete? I nostri compagni, nel cui affetto e soccorso confidavamo cos fermamente, ci hanno abbandonato senza piet nel momento del pericolo. Soltanto Dio non ci ha negato la Sua grazia! Ma ora, all'opera! Dobbiamo lavorare sodo se vogliamo salvarci, ed ognuno deve fare il proprio dovere lietamente, secondo le proprie forze! Vediamo un po' qual il consiglio pi sensato.

    Fritz proponeva di nuotare fino a terra una volta che il mare si

  • fosse calmato; ma Ernst obiett: Bravo. Ma come faremo noi che non sappiamo nuotare? meglio costruire una zattera e fare la traversata tutti insieme.

    Non sarebbe una cattiva idea, osservai se per questo lavoro non fosse superiore alle nostre forze e se una zattera non fosse un galleggiante molto pericoloso. Riflettiamo tutti bene su quello che ci pu aiutare e cerchiamo attentamente ogni mezzo per rendere meno pesante la nostra situazione!

    A queste parole tutti si sparpagliarono per la nave, al fine di scovare le cose che potessero esserci utili. Io mi recai innanzi tutto nella cambusa, dove stavano le vettovaglie e l'acqua, per accertarmi per prima cosa dei mezzi indispensabili per vivere. Mia moglie e il pi piccolo dei ragazzi andarono a dare un'occhiata al bestiame che, in condizioni pietose, moriva quasi di fame e di sete. Fritz si diresse di corsa verso il ripostiglio delle armi e munizioni, Ernst verso il laboratorio del carpentiere e Jack verso la cabina del capitano. Aveva appena aperto la porta della cabina che subito due poderosi alani gli saltarono incontro festanti, accogliendolo a modo loro, certo con moltissime buone intenzioni, ma cos goffi e maldestri, che il ragazzo ruzzol a terra urlando come fosse stato infilzato da una lama. Ma la fame aveva ammansito le due bestie che con mugolii affettuosi cominciarono a leccare il piccolo che si dibatteva con tutte le sue forze, fin quasi a soffocarlo. Sentii il chiasso e ridendo accorsi in suo aiuto. Egli balz svelto in piedi e afferr il pi grosso dei due cani per le orecchie mozze, scrollandolo ben bene. Lascia andare, lo ammonii. Certo, bene non aver paura, ma con cani cos grossi bisogna stare sempre in guardia. Da un momento all'altro la loro natura selvaggia pu prorompere e causare guai che non possiamo prevedere.

    A poco a poco tutti tornarono a riunirsi attorno a noi, ognuno portando con s quello che in quel frangente gli pareva pi necessario. Fritz si trascinava appresso due fucili da caccia, con polvere, piombo minuto e pallottole, parte in fiaschette, parte in corni e sacchetti. Ernst aveva in mano un cappello pieno di chiodi, un'accetta e un martello, mentre un paio di tenaglie, qualche scalpello e trapani facevano capolino dalle sue tasche. Perfino il piccolo Franz

  • portava una scatola abbastanza grande sotto il braccio, dalla quale cominci a trarre fuori con zelo piccoli gancetti puntuti, come ci disse. Con piacere vidi che erano ami da pesca, che potevano esserci molto utili.

    Io, disse allora mia moglie, non vi porto nient'altro che buone notizie; spero per di essere ugualmente bene accetta. Vi posso dire che ci sono ancora vivi una mucca, un'asina, due capre, sei pecore col montone e una scrofa gravida; abbiamo dato loro da mangiare e da bere giusto in tempo per tenerli in vita.

    Tutti i vostri doni e preparativi vanno bene, conclusi finalmente io ma ora come riusciremo a giungere a terra?

    Ehi, propose Jack non potremmo prendere dei grandi mastelli e partire? Quando stavo dal mio padrino, navigavo magnificamente in questo modo tutt'intorno allo stagno.

    Guarda, guarda, risposi un buon consiglio, anche se viene dalla bocca dei pi piccoli, sempre bene accetto. Presto, figlioli, datemi chiodi, sega, trapani! Scendiamo nella stiva e vediamo se si pu fare qualcosa!

    Mia moglie e i ragazzi, oltre Jack, mi seguirono subito con gli utensili e ripescammo quattro botti vuote che galleggiavano nell'ampio locale. Le trascinammo felicemente in coperta, che sfiorava appena il livello dell'acqua, e osservammo con gioia che erano tutte ancora solide, di ottimo legno e cerchiate di ferro. Trovai che facevano al caso mio e cominciai a segarle con l'aiuto dei miei, dividendole a met, nel punto vicino allo zaffo. Dopo un lungo e duro lavoro raggiunsi il mio scopo e mi misi a esaminare soddisfatto i miei otto mastelli, uno dietro l'altro, meravigliato di vedere mia moglie tutta depressa. Non oser mai arrischiarmi in questi arnesi! sospir.

    Nessuna precipitazione, mammetta! replicai. La mia opera non affatto finita e riuscir sempre pi confortevole della nave sconquassata che non pu pi muoversi.

    Dopo di che scelsi due lunghe tavole flessibili e le sistemai in modo che i miei mastelli vi potessero stare sopra ritti in fila e che tuttavia, davanti e dietro, delle due assi avanzasse quanto occorreva per piegarle all'ins come la chiglia di una nave. Poi inchiodammo i

  • mastelli al sostegno di base e nello stesso tempo ognuno alla fiancata dell'altro. Infine, lungo ciascun lato venne applicata un'altra tavola flessibile e sporgente davanti e dietro. Alle due estremit il fondo venne curvato verso l'alto e sostenuto da una grossa traversa che veniva a poggiare sulle due assi laterali, aumentando lo slancio del fondo verso l'alto. Tutto fu assicurato nel migliore dei modi, le assi laterali furono inchiodate insieme davanti e dietro, in modo da finire a punta e finalmente ne venne fuori un'imbarcazione che, almeno con mare calmo e per un breve tratto di navigazione, pareva promettere tutto il possibile.

    Ma purtroppo alla fine la mia meravigliosa costruzione risult cos grossolana e pesante che tutte le nostre forze riunite insieme non riuscivano a smuoverla di un sol pollice.1

    Chiesi se ci fosse un argano; Fritz ricord di averne visto uno e lo trascin subito da me. Intanto avevo segato da un pennone alcuni rulli; con l'argano sollevai in alto la prua della mia imbarcazione, mentre Fritz vi poneva sotto uno dei tondi di legno. Subito dopo legai una lunga fune alla nostra barca-tinozza e l'altro capo della stessa fune a una trave fissa, ma in modo che la fune, del tutto allentata, pendesse sul ponte. Dopo di che, con un secondo e un terzo rullo, la mia imbarcazione, a furia di spinte e di spostamenti con l'argano, fu varata felicemente e si allontan con tanta velocit dall'ormeggio, che soltanto la fune, da me fissata per prudenza, le imped di scivolare parecchi piedi2 lontano da noi.

    Tuttavia vedevo bene che un viaggio in quelle condizioni sarebbe stato troppo rischioso, poich al minimo movimento la barca-tinozza poteva capovolgersi. Per rimediare a tale inconveniente pensai ai bilancieri con cui i popoli primitivi proteggono dal ribaltamento le loro imbarcazioni. Mi misi ancora una volta all'opera, per migliorare in ogni modo, con i mezzi a mia disposizione, quel natante provvidenziale per la salvezza dei miei. Due aste della stessa lunghezza, ricavate da un pezzo di pennone, vennero fissate una davanti e l'altra dietro mediante un perno di legno, in modo che potessero ruotare su se stesse ed eventualmente non ci impedissero di 1 Unit di misura di lunghezza pari a cm 2,5 circa. (N.d.T.) 2 Unit di misura di lunghezza pari a cm 30 circa. (N.d.T.)

  • uscire dalla nave alla quale la mia imbarcazione era ancora legata. Ciascuna estremit delle aste venne infilata nel foro di un barilotto d'acquavite vuoto, che venne poi ben tappato in modo che l'acqua non vi potesse penetrare. Cos fui abbastanza sicuro che, quando avessi girato le mie aste di traverso sulla barca, i barilotti le avrebbero impedito, con sufficiente efficacia, di ribaltare tanto a destra quanto a sinistra.

    Ecco, dissi, quando la bizzarra imbarcazione fu pronta questo l'abbiamo imparato dai signori polinesiani: essi applicano alle loro barche bilancieri simili a questi per evitare che si capovolgano e la nostra barca-tinozza, cos sistemata, ci far lo stesso servizio che fa ai polinesiani il loro katamarang.

    Come si chiama quel coso? esclam Jack divertito ed anche il piccolo Franz scoppi in un'allegra risata.

    Katamarang. Magnifico! Dunque abbiamo costruito qualcosa di esotico!

    Katamarang! D'ora in poi chiamer la nostra barca soltanto cos! Ormai non ci restava che trovare come raggiungere, dalla stiva del

    relitto, il mare aperto. Perci salii nella barca-tinozza e la spinsi in modo che la prua potesse arrivare alla falla apertasi nella murata sfondata che offriva una via d'uscita per la partenza. Segai ed abbattei, a dritta e a sinistra, quel tanto di tavole e travi sporgenti necessario per ottenere un passaggio comodo e, quando anche questo fu fatto, ci disponemmo a procurarci i remi per l'imminente traversata.

    Durante tutto questo lavoro si era fatto molto tardi e poich non c'era alcuna probabilit di arrivare a terra prima di notte, risolvemmo, anche se molto a malincuore, di passare anche una seconda notte a bordo della pericolante carcassa. Ci rifocillammo con un buon pasto, poich per tutto il giorno, tra l'entusiasmo e lo zelo, avevamo avuto appena il tempo di prendere di quando in quando un pezzo di pane e un bicchiere di vino.

    Tutti per ci coricammo infinitamente pi sereni del giorno precedente e rinfrancammo le forze esaurite con un benefico sonno.

    Allo spuntare del giorno eravamo gi svegli e pronti, poich la speranza, come l'angoscia, non fa dormire a lungo. Dopo aver preso

  • un boccone ci rimettemmo all'opera. Prima di tutto date da mangiare e da bere alle povere bestie

    dissi, e dategliene a sufficienza per alcuni giorni. Forse, quando saremo riusciti a metterci in salvo, potremo venire a prenderle. Se siete pronti, raccogliete tutto l'indispensabile da portare per le pi immediate necessit.

    Secondo le mie intenzioni il primo carico della nostra imbarcazione doveva consistere in un barilotto di polvere, tre fucili di piccolo calibro, tre fucili da caccia grossa, assieme a pallini, piombo e munizioni, quanto potessi portare con me, due paia di pistole da tasca e un paio pi lunghe, con gli stampi occorrenti per le palle. A tutto questo si aggiungeva, per ognuno dei ragazzi e per la madre, un tascapane ben fornito, che trovammo fra quelli lasciati dagli ufficiali di bordo. Presi inoltre una cassa di tavolette di estratto di carne ed un'altra di galletta, assieme ad una pentola di ferro e ad una canna da pesca a bastone, ed infine un barilotto con chiodi, martelli, tenaglie, seghe, accette, trapani e la tela da vela necessaria per una tenda. Ammassammo tanto materiale che dovemmo rinunciare a qualcosa, bench avessi sostituito l'inutile zavorra della piccola imbarcazione con attrezzi utilizzabili.

    Ci accingevamo ad imbarcarci, quando inaspettatamente udimmo il chicchirich dei galli dimenticati e abbandonati, come se le povere bestie, rattristate, volessero dirci addio; osservai che avremmo certo potuto portarli con noi, insieme con oche, anatre, colombe. Poich aggiunsi se non riusciremo a nutrirli, forse saranno loro a nutrire noi.

    Il mio consiglio fu seguito. Dieci galline, un gallo adulto ed uno di primo canto, furono stivati in uno dei grandi mastelli o mezze botti, che chiudemmo alla svelta con una graticciata di legno. Il resto dei volatili fu lasciato libero e trov da s, per aria o per acqua, la rotta verso terra.

    Aspettavamo mia moglie, che pensava sempre a tutto e che finalmente arriv con un voluminoso sacco sotto il braccio. Questo ora il mio contributo, disse gettando il sacco nel mastello del figlio pi piccolo per farvi stare pi comodamente seduto il piccino, almeno cos pensai. E finalmente ci imbarcammo tutti

  • allegri. Nella prima mezza botte prese posto mia moglie, affettuosa,

    devota e intelligente sposa e madre. Nella seconda, proprio davanti a lei, sedette Franz, un piccino che non aveva ancora compiuto dieci anni, di ottimi sentimenti, ma dal carattere non ancora ben definito.

    Nella terza stava Fritz, testa ricciuta di sedici anni, svelto e bravo. Nella quarta il barilotto con le polveri, i polli e la tela per la tenda; nella quinta le nostre vettovaglie; nella sesta Jack (Jakob), ragazzotto di dodici anni, un po' sventato ma servizievole e intraprendente. Nella settima Ernst, giudizioso quattordicenne, soltanto un tantino almanaccone e pigro. Nell'ottava io stesso, con il pi tenero cuore di padre e con il grave compito di governare la barca per la salvezza dei miei cari. Ognuno di noi aveva accanto a s attrezzi utili; ognuno teneva in mano un remo; davanti ad ognuno c'era una cintura di salvataggio, per il caso disgraziato che si dovesse andare a picco ed a ciascuno era stato insegnato come servirsene senza indugio.

    La marea aveva gi raggiunto il suo livello medio quando ci staccammo dal relitto e vi avevo fatto conto, perch essa avrebbe aiutato le nostre deboli forze di rematori. Girammo nel senso della lunghezza le aste del bilanciere e, attraverso la spaccatura apertasi nello scafo, uscimmo felicemente in mare. I miei figli divoravano con gli occhi la terra rocciosa e Fritz col suo occhio di lince pot scoprirvi gi degli alberi tra cui, a suo dire, distingueva anche delle palme. Ernst pregustava gi il piacere di mangiare noci di cocco, che dovevano essere pi grandi e migliori di quelle comuni. Remavamo verso la terra con forza ma, per un pezzo, senza alcun costrutto. L'imbarcazione continuava a descrivere dei larghi cerchi, finch all'ultimo riuscii a darle la giusta direzione. Allora proseguimmo pi agevolmente.

    Quando i due cani, dalla nave, si accorsero che ci allontanavamo, balzarono in mare uggiolando e ci raggiunsero subito a nuoto. Erano troppo grandi per la nostra barca, giacch Turk era un alano inglese e Bill una cagna danese della stessa razza. Ne provai compassione, temendo che non riuscissero a nuotare a lungo. Ma essi si arrangiarono abilmente e quando erano troppo stanchi appoggiavano le zampe anteriori sulle aste del bilanciere che avevamo girato di

  • nuovo trasversalmente alla barca. In tal modo il loro corpo avanzava senza eccessivo sforzo. Jack veramente voleva impedirglielo, ma io non permisi. I cani gli dissi, possono servirci per difesa o, come tu stesso hai osservato, per la caccia.

    La nostra traversata procedeva felicemente anche se con lentezza; ma quanto pi ci avvicinavamo alla terra, tanto pi squallida essa ci appariva e le rocce nude ci predicevano fame e angustie. Il mare era calmo e si increspava dolcemente verso la riva; il cielo splendeva sereno e dalla nave squarciata galleggiavano verso di noi fusti, balle, casse. Nella speranza di portare viveri sulla costa deserta, mi diressi verso due barili, rasentandoli, e raccomandai al mio Fritz di tenersi pronto con una fune, un martello e chiodi. Gli riusc di agganciarli cos bene che potemmo rimorchiarli e proseguire la traversata con maggior fiducia.

    Quando fummo pi vicini alla terra, questa perdette a poco a poco il suo aspetto scabro. Ora distinguevo anch'io le palme, che si slanciavano snelle verso l'alto coronate da vasti ventagli di fogliame. Mi rammaricavo ad alta voce di non aver preso dalla cabina del capitano il grosso cannocchiale, quando Jack tir fuori dalla sua borsa un piccolo cannocchiale da campagna, felice di poter soddisfare il mio desiderio. Con quello strumento potevo fare ora le necessarie esplorazioni e dirigere un po' pi esattamente la rotta. Notai infatti che la sponda davanti a noi appariva desolata e selvaggia, mentre quella a sinistra aveva un aspetto migliore. Solo che, quando volli virare a sinistra, una forte corrente mi spinse di nuovo verso la costa brulla e sassosa. Presto apparve una stretta imboccatura verso cui si diressero a nuoto anatre e oche, facendoci da battistrada.

    Nelle vicinanze un torrente grosso e impetuoso, spumeggiando per il suo letto profondamente incassato tra pietre e ciottoli, precipitava dalle cupe rocce verso il mare: spettacolo di grave e maestosa bellezza, che ammirammo per qualche momento con muta commozione. Seguendo l'imboccatura raggiungemmo una piccola baia dove l'acqua era straordinariamente calma ed in molti punti n troppo fonda n troppo bassa per la nostra imbarcazione. Con cautela mi accostai a un tratto della riva che aveva l'altezza delle nostre

  • tinozze e dove tuttavia l'acqua era sufficiente a tenerci a galla. Il luogo del nostro approdo era una piccola superficie scoscesa, di forma triangolare, il cui vertice si spingeva in alto tra i crepacci, mentre la base si stendeva lungo il mare.

    Tutti quelli che poterono farlo saltarono svelti a terra e perfino il piccolo Franz tent di arrampicarsi per uscire dal suo mastello, nel quale era stato disteso come un'aringa salata: ma nonostante tutto il suo arrabattarsi e puntellarsi non ci sarebbe riuscito se sua madre non gli fosse venuta in aiuto.

    I cani che avevano raggiunto la terra un po' prima di noi ci accolsero con affettuosi mugolii e con mille salti di gioia, le oche con incessante schiamazzare, le anatre con l'allegro strombettare del loro becco color di cera.

    Quando ci trovammo sulla riva sicura, tutti indistintamente ci inginocchiammo e ringraziammo con cuore commosso il benevolo e potente Salvatore per l'aiuto concessoci. Poi con prontezza ci demmo a disfare il carico e come ci sentimmo ricchi per quel poco che avevamo messo in salvo! I polli vennero lasciati liberi fino a ulteriore decisione, giacch mancava una gabbia in cui rinchiuderli. Poi cercammo con cura un posto adatto per rizzare la tenda e preparare un comodo alloggio notturno.

    La tenda fu montata subito, perch avevamo tela e pali. Il palo per il tetto fu infilato in una fessura della roccia e sul davanti venne sorretto da un pezzo di pennone piantato a terra. La tela vi venne stesa sopra, poi tirata gi ai due lati e fissata per bene a terra con dei paletti. Per maggior precauzione assicurammo meglio l'orlo inferiore ponendovi sopra la cassa dei viveri e gli utensili pesanti, e attaccammo dei pezzi di corda ai lembi che pendevano davanti per poter chiudere bene l'ingresso durante la notte.

    Infine ordinai ai ragazzi di strappare tutt'intorno erba e musco, quanto pi potessero, e di stenderli ad asciugare al sole, per evitare di dormire sulla dura terra. Mentre eseguivano l'incombenza, io con alcune pietre allestii un focolare ad una certa distanza dalla tenda, vicino allo scrosciante torrente. Ammassammo dei sarmenti che giacevano sulla riva, portati dal mare e disseccati dal sole e presto il lieto fuoco, risorsa dell'uomo, divamp con alte fiamme crepitanti

  • verso il cielo. Una pentola con acqua e tavolette di estratto di carne vi fu posta sopra e con tutte le formalit il compito della cucina venne affidato alla mamma ed a Franz, in qualit di piccolo sguattero.

    Il piccino chiese che cosa volesse mai attaccare il babbo con quella colla che si stava sciogliendo al fuoco. La mamma lo inform che voleva cuocere una zuppa di carne.

    Bene, osserv lui, ma dove andremo a trovare la carne? Qui non c' n macellaio n mercato per comprarne.

    Appunto! ribatt la mamma, quelli che ti sembrano pezzetti di colla sono tavolette di carne, o, meglio, di gelatina resa solida con la cottura e preparata con buona carne, per poterla consumare a bordo: nei viaggi per mare impossibile infatti portarsi appresso carne e bestiame a sufficienza, poich andrebbero a male molto presto.

    Intanto Fritz aveva caricato i fucili e, preso il suo, si allontan verso il torrente. Ernst osserv che non era piacevole stare in quella costa desolata e se ne and alla chetichella, dirigendosi a destra, verso il mare, mentre Jack and in cerca di conchigliette a sinistra, tra la parete rocciosa e l'acqua. Io invece tentai di trarre a riva i due barili rimorchiati, ma mi accorsi subito che il nostro approdo, se era comodo per la barca, era troppo basso per portare a terra i barili. Mentre dunque mi affaticavo invano, cercando con gli occhi un posto migliore, Jack un po' pi in l proruppe in terribili urla. Afferrai la mia accetta e spaventato mi affrettai ad accorrere in suo aiuto. Quando lo scorsi, il ragazzo stava in un fondale basso, con l'acqua fino alle ginocchia; un grosso gambero marino gli si era attaccato alla gamba con le sue chele. L'ometto si dimenava pietosamente, tentando invano di liberarsi. Scesi in acqua senza indugio: l'ospite inatteso, appena not che si avvicinavano rinforzi, volle retrocedere e scappare via pi rapidamente possibile. Ma io intendevo lo scherzo diversamente; con prudenza afferrai la bestia, tenendola da dietro e la portai in fretta a terra, fra le grida di gioia del ragazzo subito consolato; ansioso di portare egli stesso a sua madre la bella preda, per quanto pesante fosse, la afferr precipitosamente. Ma l'aveva appena presa in mano, che ricevette dalla bestia un colpo di coda cos violento, che lo costrinse a lasciarla cadere subito, con aria afflitta. E

  • poich la sua sfortuna mi strappava in quel momento una sonora risata, il ragazzo, preso da una violenta rabbia, afferr con furia una pietra e fracass la testa crostacea del nemico.

    Questa stata una bravata! lo redarguii indignato, non bisogna vendicarsi nemmeno dei propri nemici! Avresti dovuto essere invece pi prudente e non prenderti tanta confidenza.

    Allora Jack afferr di nuovo il crostaceo privo di vita e lo port tutto allegro e soddisfatto verso la cucina da campo.

    Mamma, un gambero di mare! Ernst, un gambero di mare! Dov' Fritz? Guarda qua, Franz, ti morde! Tutti allora si radunarono intorno a lui ed osservarono attentamente lo straordinario animale, stupiti pi per la grandezza veramente insolita che per il suo aspetto, abbastanza comune. Ernst diede subito il suo parere: si doveva cuocere il gambero e se lo si fosse gettato subito nel brodo bollente, avremmo avuto un'ottima zuppa di gambero. Ma la mamma rispose che ringraziava tanto, ma non avrebbe fatto una zuppa secondo quella ricetta estemporanea, e che innanzi tutto avrebbe finito di cuocere la prima portata del nostro pasto. Io intanto tornai nel punto in cui Jack era stato attanagliato dal gambero, per utilizzare quel bassofondo e trarvi a riva i nostri barili, mettendoli poi ritti, in modo che non potessero pi rotolare indietro.

    Tornato nel gruppo, lodai Jack che aveva fatto la prima fortunata scoperta e gli promisi come giusta ricompensa l'intera pinza del gambero che l'aveva afferrato al polpaccio.

    Oh! esclam Ernst, anch'io ho visto qualcosa di commestibile, che non ho potuto prendere perch era nell'acqua e mi sarei dovuto bagnare.

    Ne vale proprio la pena! disse Jack, anch'io l'ho visto. Sono molluschi schifosi; io almeno non potrei mangiarne. Allora meglio il mio gambero!

    Per, osserv Ernst, potrebbero essere magari ostriche; stanno in un posto non molto profondo.

    Bene, signor flemmatico, ammonii, se ti ricordi bene dove sono, puoi tornarci e prenderne qualcuna per prova, dato che potrebbero farci comodo per il prossimo pranzo. Nelle nostre misere condizioni ognuno deve adoperarsi per il bene comune e non avere

  • tanta paura dei piedi bagnati. Vedi bene che il sole ha gi quasi asciugato me e Jack.

    Allora andr a prendere nello stesso tempo anche del sale, rispose Ernst, ne ho visto a mucchi fra le fessure della roccia. Deve provenire dall'acqua di mare fatta evaporare al sole. A giudicare dal sapore era precisamente sale.

    Gi, gi, eterno filosofo! lo criticai. Sarebbe stato meglio che ne avessi preso subito un sacco, invece di rimuginarci su a lungo. Se non vogliamo mangiare una minestra scipita, corri e portaci quello che hai scoperto.

    Era veramente sale quello che Ernst ci port, ma sporco, misto a sabbia e a terra, sicch stavo per gettarlo via, sgridando il ragazzo che non lo aveva raccolto con cura. Tuttavia la mamma trov il modo di rimediare, sciogliendo il sale in un recipiente di latta pieno d'acqua dolce e filtrandolo poi attraverso una tela sottile, dopo di che potemmo metterlo nella minestra.

    Ma non potevamo prendere senz'altro acqua di mare? chiese Jack.

    Oh, no! rispose Ernst. davvero troppo amara, a parte il suo sapore salato; quasi vomitavo dopo averla provata.

    Presto la mamma assaggi la minestra con una bacchettina che aveva usato per rimestarla e la giudic ottima. Per disse, manca ancora Fritz e inoltre come mangeremo la nostra pietanza? Non assolutamente possibile che ognuno accosti alla bocca questa grande pentola rovente e peschi le gallette con le mani.

    Ce ne restammo sbigottiti intorno al fuoco, come la volpe della favola quando la cicogna le present la brocca dal collo lungo, ma alla fine ridemmo di cuore delle angustie in cui ci trovavamo.

    Oh! disse allora Ernst, per potremmo usare delle conchiglie.

    Giustissimo approvai, direi che davvero una buona idea! Va' e portaci delle conchiglie. Per non dobbiamo fare gli schizzinosi; intingeremo anche le dita nella zuppa, perch non avremo manici per quei cucchiai.

    Jack fil via di corsa; Ernst lo segu placidamente e Jack stava gi con l'acqua fino ai malleoli, prima che l'altro arrivasse. Solerte, Jack

  • raccoglieva e gettava a volo interi mucchi di ostriche al fratello che continuava ad aver paura di bagnarsi. Con noncuranza Ernst si infil in tasca una grossa conchiglia vuota e finalmente i due tornarono con i fazzoletti pieni. In quel momento udimmo Fritz chiamare da lontano e gli rispondemmo con voce allegra. Egli arriv col viso gioiosamente animato e ci raccont di essere andato oltre il torrente.

    Quanti barili, esclam, quante casse, legname ed altre cose sono di l! Vogliamo ripescarle? Perch non andiamo domani sulla nave a mettere qualcosa in salvo? Andiamo a prendere il bestiame! Perch non ricuperiamo almeno la mucca? Le gallette non sarebbero cos dure, inzuppate nel latte! Di l c' erba per pascolare e un boschetto dove staremmo all'ombra! Perch rimanere ancora qui nella costa arida e brulla?

    Calma, calma! risposi. Ogni cosa a suo tempo, amico Fritz! Domani un altro giorno e ad ogni giorno la sua pena. Innanzi tutto, dimmi: hai scoperto qualche traccia dei nostri compagni di viaggio?

    Nemmeno la minima traccia, di nessuna persona, rispose, n in terra n in mare.

    Mentre parlavamo cos, Jack si sforzava di aprire un'ostrica col coltello; ma con tutte le smorfie che faceva e con tutta la forza che ci metteva, non riusciva ad averne ragione. Ridendo feci mettere tutte le conchiglie sulla brace, dove si aprirono subito da sole.

    Su, ragazzi! dissi, assaporiamo uno dei pi pregiati e ghiotti bocconi per palati raffinati!

    Intanto mangiavo la prima, non senza ripugnanza. Stupiti i ragazzi esclamarono: Ma le ostriche di solito hanno un sapore squisito, delizioso!

    Replicai che non contestavo a nessuno il proprio gusto; quanto a me, solo in caso di estremo bisogno avrei potuto mangiarne; ma quando i ragazzi guardarono pi attentamente il disgustoso aspetto dei molluschi cominciarono ad averne davvero ribrezzo. Tuttavia ognuno doveva finire la sua parte, se voleva ricavarne un cucchiaio. Cos Jack per primo os l'atto eroico e ingoi la sua ostrica come una medicina, rabbrividendo. Subito gli altri seguirono il suo esempio, definirono le ostriche un cibo cordialmente cattivo e tuffarono svelti i

  • gusci vuoti nella pentola piena di minestra. Ma tutti si scottarono le dita e ognuno col proprio tono di voce gridava il suo ohi! e il suo ahi! Allora ecco che Ernst trasse di tasca il grosso guscio, attinse con cautela una buona porzione e cominci a canzonare gli altri, dato che egli avrebbe potuto avere subito la sua minestra non pi bollente.

    Niente male, aver pensato per te, osservai, solo che avresti dovuto procurare anche a noi dei piatti simili.

    Gi, ammise lui, l intorno ce n'erano ancora a sufficienza.

    Ma appunto questo che debbo rimproverarti, gli dissi, che tu pensi sempre solo a te stesso. Meriti che il tuo egoismo sia punito e che la tua zuppa sia data ai nostri domestici, intendo dire ai due alani. Tu puoi aspettare finch anche noi, comuni mortali, possiamo mangiare tutti insieme.

    Il mio rabbuffo tocc il cuore al ragazzo che, tutto remissivo, depose la sua scodella davanti ai cani che spolverarono tutto in un battibaleno.

    Subito dopo il nostro pasto, il sole cominci a declinare. Il pollame si raccolse a poco a poco intorno a noi, beccando le briciole cadute. Mia moglie se ne accorse, tir fuori il suo misterioso sacco e cominci a spargere veccia, piselli e avena. Mi mostr anche altri semi di ortaggi portati con s. Elogiai la sua premura e le raccomandai soltanto di usare con parsimonia tutte quelle provviste che potevano servirci per la semina: sarebbe stato meglio adoperare come becchime le gallette avariate, che ancora dovevamo ricuperare dal bastimento.

    Le colombe volarono via nelle spaccature delle rocce, i polli si posarono in fila sul tetto della tenda; le oche e le anatre, schiamazzando, andarono a rifugiarsi tra i cespugli della riva acquitrinosa. Anche noi ci preparammo a riposare, ma per prudenza caricammo prima i fucili e le pistole, ponendoli a portata di mano. Poi recitammo insieme la nostra preghiera della sera e con l'ultimo raggio di sole ci infilammo nella tenda, dove ci coricammo l'uno accanto all'altro, riconfortati.

    Diedi ancora una volta un'occhiata fuori, per assicurarmi che tutto fosse tranquillo e poi strinsi bene le corde che chiudevano l'entrata. Il

  • gallo, svegliato dalla luna che sorgeva, ci fece la serenata ed io mi distesi. Ma, tanto caldo era stato il giorno, altrettanto fredda diventava la notte e per scaldarci eravamo costretti a stringerci forte a vicenda. Un dolce sonno cominci a scendere sui miei cari e per quanto io volessi seriamente star sveglio, almeno finch la madre non si fosse destata dal primo sopore, anche le mie palpebre stanche si chiusero rapidamente e tutti quanti dormimmo in pace la nostra prima notte sulla terra della fortunata salvezza.

    Era appena spuntata l'alba, quando il canto del gallo mi risvegli e subito destai mia moglie, soprattutto per consigliarci insieme con tutta tranquillit sul da farsi. Presto fummo d'accordo nel pensare che, prima di prendere qualsiasi decisione di fondamentale importanza, dovevamo ancora cercare l intorno i nostri compagni ed esplorare la natura del terreno che ci circondava. Mia moglie per si persuase bene che non si poteva fare una spedizione di tal genere con tutta la famiglia ed accett la mia proposta: Ernst ed i piccoli sarebbero rimasti con lei e Fritz, il pi robusto, sarebbe partito con me nel giro di ricognizione. Le raccomandai intanto di prepararci la colazione e lei si accinse a farlo, avvisandomi che ci sarebbero stati ben magri bocconi, poich non avevamo nient'altro che la provvista per una zuppa.

    Fritz dovette approntare fucile, bisaccia ed un'accetta; gli ordinai anche di infilarsi nella cintura un paio di pistole corte con le munizioni, mentre anch'io cominciavo ad equipaggiarmi nello stesso modo; pensai anche alle gallette e ad una borraccia piena d'acqua.

    Subito dopo la madre ci chiam per la colazione. Nel frattempo aveva cucinato il gambero di Jack; ma tutti lo trovammo cos tiglioso e di sapore tanto cattivo che ne avanz una buona parte per il nostro viaggio e nessuno ci guard di traverso quando infilammo i resti nelle nostre sacche. Per ci eravamo tutti saziati, perch il crostaceo era molto pi grande dei gamberi di fiume e la sua polpa era pi sostanziosa e nutriente. Fritz mi esort a partire presto, prima che il sole cominciasse ad ardere.

    Ordinai a tutti i ragazzi di badare alla mamma e di ubbidire in ogni cosa. Poi ricordai loro di tenere in ogni caso i fucili a portata di mano e di rimanere sempre nelle vicinanze della barca, che offriva il

  • pi valido mezzo di difesa o di fuga. Cos ci separammo in fretta, non senza pena e con grande apprensione, giacch non potevamo conoscere i pericoli a cui forse andavamo incontro in quella terra sconosciuta. Per nostra difesa personale prendemmo con noi il fedele Turk, come valida scorta. La riva del torrente era cos dirupata ai due lati che soltanto in basso, alla foce, offriva un angusto passaggio, proprio nel punto in cui fino allora eravamo andati a prendere l'acqua. Mi rallegrai constatando in tal modo che i miei cari erano abbastanza al sicuro anche da questa parte, giacch dall'altra gli alti scogli offrivano tutto il riparo che si poteva desiderare.

    Per oltrepassare il torrente dovemmo arrampicarci fino al punto in cui esso sgorgava dalle rocce e dove, qua e l, dal fondo del suo letto sporgevano grosse pietre; sopra queste, con rischiosi salti, riuscimmo finalmente a varcare il torrente senza bagnarci troppo. Con dura fatica ci arrampicammo allora sulla riva opposta, attraverso l'erba alta e mezzo seccata dal sole, sforzandoci di scendere di nuovo verso la sponda del mare, dove speravamo di trovare minori ostacoli sul nostro cammino.

    In realt riuscimmo cos ad avanzare rapidamente avendo vicino, alla nostra sinistra, il mare; a destra per, circa ad una mezz'ora di distanza da noi, l'ininterrotta impervia parete si prolungava dal punto del nostro approdo sempre nella medesima direzione. La sua sommit sfoggiava un verde ridente con grande variet di alberi. Lo spazio tra rupe e mare era ricoperto in parte da erba alta e mezzo secca, ed in parte da piccoli boschetti che spesso si estendevano in alto fino alla roccia e in basso fino al mare.

    Noi ci tenevamo con cura presso la riva e guardavamo costantemente verso il mare, come per deliziarci della bellezza del paesaggio, mentre in cuor nostro speravamo soltanto di poter scorgere le lance con i nostri compagni. Non trascuravamo per di scrutare lungo il lido, se ci fossero pedate o altre tracce umane, ma non scoprimmo la minima orma.

    In silenzio, ognuno chiuso in se stesso, continuammo a camminare finch, dopo una marcia di due ore buone, raggiungemmo un boschetto piuttosto distante dal mare. L ci fermammo all'ombra fresca, per ristorarci ad un limpido ruscello che scorreva vicino a noi.

  • Tutt'intorno volavano, giocavano, frullavano svariate specie di uccelli a noi sconosciuti, che si facevano notare pi per lo splendore dei colori che per l'armonia delle voci. Fritz sostenne di aver avvistato tra foglie e rami qualcosa che sembrava una scimmia e infatti Turk, quasi a conferma di ci, cominci a diventare inquieto e ad abbaiare, facendo risonare bosco e radura. Fritz si aggir pian piano tutt'intorno, per verificare la sua supposizione e infine, mentre guardava in alto, cercando di cogliere il minimo fruscio, fin con l'incespicare cos forte su qualcosa di rotondo, che a momenti finiva faccia a terra. Indispettito afferr l'oggetto che lo aveva fatto inciampare e me lo port, osservando che doveva essere un nido di uccelli.

    Ma no! gli dissi, una noce e precisamente una noce di cocco.

    Per ci sono uccelli che costruiscono nidi rotondi, osserv il ragazzo.

    Senza dubbio, ribattei solo che non dovresti scambiare a prima vista un oggetto rotondo e fibroso per un nido. Non ricordi che abbiamo letto come la noce di cocco avvolta in una massa di fili tenuti insieme da una sottile e fragile rete? Qua nella tua, la rete si disgregata e perci vedi i fili venire fuori tutti arruffati. Ora la toglieremo via del tutto e dentro vi troveremo la dura noce.

    Cos accadde: la noce fu spaccata e dentro non vi trovammo nient'altro che un nocciolo guasto, assolutamente immangiabile.

    Ma pap, chiese Fritz, avevo pensato che nelle noci di cocco ci fosse un succo dolce da potersi bere come latte di mandorla!

    Ed infatti cos, quando le noci non sono ancora mature, proprio come nei nostri alberi di noce. Ma via via che il frutto matura, il succo si solidifica fino a diventare seme, che alla fine si secca completamente. Se la noce matura cade in un terreno buono, il seme germoglia e infrange il guscio. Se invece finisce in un posto non adatto, rimane soffocato e va a male per fermentazione interna, come appunto la tua noce. Io credo che questa sia stata portata fin qui dalle scimmie, perch non pu essere caduta da nessuno degli alberi qua intorno.

    In entrambi per si era destata la voglia di una noce di cocco

  • buona e ci mettemmo a cercare attivamente. Dopo lungo rovistare ne trovammo finalmente una che non era guasta e che ci consenti di risparmiare le nostre provviste, tanto che conservammo una buona parte di essa per il pasto del mezzogiorno; era infatti ancora troppo presto per pranzare. In realt, sebbene la noce fosse un tantino rancida, ci aveva soddisfatto abbastanza e cos raccogliemmo le nostre forze per riprendere il cammino. Per un tratto ci inoltrammo nella boscaglia, ove spesso eravamo costretti ad aprirci la strada con le accette, perch era intricata da un'indescrivibile quantit di liane. Finalmente giungemmo di nuovo alla riva, guadagnando una libera visuale e un sentiero accessibile. Il bosco si prolungava alla nostra destra, a circa un tiro di schioppo da noi, e qua e l si vedevano anche piante isolate di una specie particolare. Fritz, che con il suo sguardo acuto esplorava incessantemente dappertutto, ne osserv subito alcune di aspetto tanto caratteristico che ne fu colpito ed esclam: Ma pap, che razza di piante sono quelle l con i gozzi lungo il fusto?

    Ci avvicinammo e riconobbi con lieto stupore le cucurbitacee, che producono zucche. Fritz ne trov subito una caduta a terra ed io gli spiegai come si poteva adoperare il frutto svuotato ed essiccato per farne ciotole, scodelle e fiasche. Per i popoli primitivi, aggiunsi, sono assolutamente indispensabili: essi infatti conservano le loro bevande e se ne servono perfino per cuocervi i cibi.

    Impossibile, osserv Fritz, la scorza si brucerebbe, messa sul fuoco.

    Certo, replicai, ma la scorza non viene messa direttamente sul fuoco. Quando si vuol cuocere qualcosa nelle zucche, queste vengono tagliate a met e svuotate, dopo di che vi si versa dell'acqua come in una pentola; poi vi si mette carne, granchi ed in genere quello che si vuol cuocere. Si lasciano quindi spegnere nell'acqua a poco a poco delle pietre arroventate, finch l'acqua bolle e il cibo che ci sta dentro cotto. La scorza rimane intatta.

    Ehi! Ma allora facciamo subito un po' di scodelle e piatti, propose Fritz, la mamma sar contenta se le portiamo delle stoviglie da cucina.

  • Cos dicendo prese il suo coltello e cominci a trafficare attorno a una zucca. Sbrig prontamente il suo esperimento, ma aveva anche rovinato del tutto la zucca, perch il coltello ora andava troppo in fondo, ora gli sfuggiva di mano, lasciando tagli sghembi e sbocconcellati.

    Ma proprio una disperazione! esclam; non avrei mai creduto che una cosa tanto semplice potesse essere tanto difficile. Il mio lavoro non vale un fico secco! E con queste parole gett via la zucca.

    Sei sempre precipitoso, vecchio mio! gli dissi. Perch ora getti via tutto quanto? Dai pezzetti pi piccoli puoi ancora ricavare dei cucchiai e mentre lo farai, voglio provare a fare due scodelle.

    Fritz raccolse i pezzi e ricominci a tagliare; io presi invece uno spago, lo legai per il lungo, pi in alto che potei, attorno a una zucca e tirando lo serrai il pi possibile; vi battei sopra leggermente col manico del coltello, facendolo penetrare nella buccia piuttosto tenera; poi lo strinsi pi forte e continuai a battervi su, finch la scorza non fu tagliata. Allora mi fu facile far passare lo spago da parte a parte attraverso la polpa acquosa e dividere la zucca in due parti diseguali che per avevano una buona forma e un orlo regolare.

    Come diamine ti venuto in mente? esclam Fritz. Ecco una magnifica zuppiera e anche un piatto!

    Vedi, risposi, a che cosa serve leggere un pochino? L'ho imparato dai libri di viaggi; selvaggi e negri, che per lo pi non hanno coltelli, fanno con le zucche quello che tu hai visto fare or ora.

    Posammo le nostre stoviglie a terra affinch il sole le essiccasse, ma prima le riempimmo accuratamente di sabbia perch l'eccessivo calore non le restringesse troppo. Non mancammo nemmeno di far bene attenzione al posto in cui le avevamo lasciate, per poterle ritrovare facilmente al ritorno. Subito dopo proseguimmo il nostro cammino; Fritz continuava ad armeggiare intorno a un cucchiaio di zucca, mentre io, dal frammento di una noce di cocco che avevo messo in tasca, cercavo di ricavarne un altro. Ma devo confessare che riuscirono entrambi molto mediocri.

    Quando si tratta di lavori di artigianato, dissi, si deve

  • riconoscere la superiorit degli indigeni nella fabbricazione di oggetti di consumo. Il mio cucchiaio non molto migliore del tuo e per poter introdurre in bocca sia l'uno sia l'altro bisognerebbe averla larga fino alle orecchie.

    Lo credo bene! replic Fritz, se li avessimo fatti pi piccoli sarebbero stati poco fondi ed ancora pi difficile mangiare la zuppa con palette, anzich con gusci di ostriche. Intanto per me questo va bene, finch non ne avr uno migliore.

    Cos chiacchierando e intagliando cucchiai non avevamo trascurato di guardare intorno attentamente in tutte le direzioni, in cerca dei nostri compagni; ma purtroppo tutto fu vano.

    Finalmente, dopo una marcia di quattro ore buone, arrivammo a una punta di terra che si prolungava nel mare e sulla quale si innalzava una collina piuttosto alta. Ci sembr il posto pi adatto da cui poter estendere in lontananza le nostre ricerche, senza dover vagare ancora.

    Non senza sudore e fatica salimmo sull'altura, che ci offr un'ampia, splendida vista. Ma pur guardando intorno col nostro eccellente cannocchiale dovunque e per quanto tempo ci piacesse, non potemmo scoprire in nessun luogo la minima traccia d'uomo. La bella natura per ci stava davanti in tutta la sua semplice grazia e nonostante la mancanza dell'opera dell'uomo era estremamente incantevole. La riva ricca di vegetazione della pittoresca baia - la cui sponda opposta si perdeva nell'azzurra lontananza come un promontorio - racchiudeva con leggiadria la superficie increspata del mare in cui si specchiava il sole. Ne saremmo stati certo deliziati se il nostro struggente desiderio di trovar gente in quel paradiso non fosse rimasto insoddisfatto. Ma la vista di quella terra fertile mi tranquillizz perch ero certo che almeno non avremmo patito n fame n carestia, perci dissi: Ebbene, Fritz! andata diversamente da come pensavamo! Del resto avevamo scelto noi stessi una vita da colonizzatori e se ora ci sono un paio di persone di pi o di meno, la nostra pace e fiducia non dovranno esserne turbate. Ci sforzeremo di essere anche in queste condizioni buoni e sereni il pi possibile.

    Cos dicendo scendemmo decisi verso un ameno boschetto di

  • palme che avevamo adocchiato dall'alto. Prima di giungervi fummo costretti a passare attraverso un fitto canneto, spesso cos folto e intricato da impedirci il cammino. Solo con molta cautela e lentamente ci spingemmo avanti, perch ad ogni passo temevo il morso mortale di un serpente nascosto; questi animali infatti amano stabilirsi in luoghi simili. Turk doveva perci precederci sempre affinch avvisati dal cane, potessimo prevenire meglio il pericolo. Per ogni eventualit tagliai anche una solida canna, nella speranza di potermi difendere meglio con essa anzich col fucile da un nemico strisciante. Non senza sorpresa mi accorsi subito di un succo vischioso che scaturiva dal gambo reciso e quando ne assaggiai una goccia la trovai cos dolce che non potei dubitare di aver scoperto la pi bella piantagione naturale di canne da zucchero. Assaggiando ripetutamente fui ancora pi sicuro del fatto mio e mi sentii straordinariamente ristorato dal meraviglioso succo. Tuttavia non volli ancora comunicare al mio Fritz la felice scoperta, ma preferii procurargli la gioia di farla da s. Gli gridai allora, poich mi precedeva di qualche passo, di tagliarsi anche lui una canna come difesa. Egli fu pronto a farlo e, senza accorgersi di altro, si serv della canna come di un bastone; con questo, per scacciare eventuali serpenti, batteva a dritta e a manca davanti a s nel canneto con tale energia che alla fine il bastone si spacc e ne usc il succo appiccicoso che eccit la curiosit del giovane. Con aria circospetta cominci ad assaggiarlo e d'un tratto eccolo saltare e ridere, consumandosi quasi le dita a furia di leccarle, e gridare: Pap, pap! Canna da zucchero! Oh, assaggia dunque! Canna da zucchero! Magnifico! Splendido! Pensa che gioia per i ragazzi e per la mamma, quando gliene porter a casa! Intanto tagliava pezzo per pezzo la canna e la succhiava cos avidamente che il nettare gli colava lungo il mento ed io dovetti frenare la sua ingordigia.

    Prendi dunque fiato una buona volta e non essere cos avido! Ma avevo tanta sete ed ha un sapore cos buono! Ti scusi esattamente come gli ubriaconi: anch'essi bevono

    smodatamente perch hanno sete e perch amano il vino. Ma per quanto validi siano i loro pretesti, tuttavia essi ne risentono danno nell'anima e nel corpo.

  • Allora voglio almeno portare a casa una bella provvista di canne da zucchero, cos per strada ci rifocilleremo di tanto in tanto e la mamma e i fratelli potranno rallegrarsene.

    Certo, non ho niente in contrario, risposi, per non farne un carico troppo pesante: dobbiamo portare gi molta roba e ancora per un bel tratto di strada.

    Avevo ben predicato; il ragazzo tagli per lo meno una dozzina delle canne pi belle; le ripul delle foglie, le leg insieme e se le mise sotto braccio, mentre continuavamo ad andare avanti. Finalmente uscimmo dall'intrico e giungemmo al palmeto. Vi entrammo per riposarci e consumare il resto del pranzo, quando all'improvviso diverse scimmie piuttosto grandi, spaventate dal nostro arrivo e dall'abbaiare del cane, si arrampicarono rapidamente sugli alberi e con tale agilit che potemmo a malapena scorgerle, finch non si appollaiarono sulle corone delle palme, digrignando i denti e salutandoci ostilmente con orribili grida. Osservai subito che gli alberi erano palme da cocco ed attinsi la speranza di ottenere con l'aiuto delle scimmie alcuni frutti non ancora maturi e ricchi di latte. Cominciai perci con tiri bene assestati a scagliare sassi in alto contro le scimmie e, bench fossi ben lungi dal raggiungere anche soltanto la met dell'altezza delle palme, le scimmie andarono ugualmente in collera e, nel loro istinto di imitazione, incapricciate a rifare i miei gesti, strappavano noci su noci dai loro piccioli e ce le gettavano gi, al punto che dovevamo continuare a saltare per non esserne colpiti ed in breve una massa di frutti giaceva per terra intorno a noi.

    Fritz rise di cuore vedendo che il tiro mi era riuscito e, quando finalmente la gragnola fu terminata, raccolse quante pi noci poteva portare. Ci cercammo un posticino sicuro per assaporare il nostro raccolto e rompemmo i gusci a colpi di accetta. Prima per attraverso i punti meno duri, che allargavamo col coltello, bevemmo il succo che c'era e ci meravigliammo di non trovarlo di nostro gusto. Per ci piacque la crema pi solida che rimaneva attaccata ai gusci e che raschiavamo con i cucchiai da poco fabbricati, addolcendola con lo zucchero delle nostre canne e cos banchettammo da signori. Mastro Turk ricevette perci i resti del gambero, che ora disdegnavamo

  • orgogliosamente, ed un po' di gallette, dopo di che, ancora insoddisfatto, cominci a masticare canna da zucchero e a mendicare noci di cocco.

    Finalmente legai insieme alcune noci che avevano ancora i piccioli e Fritz riprese in mano il fascio di canne; ci caricammo e ci mettemmo in cammino, continuando rinfrancati la via del ritorno.

    Ma non dur a lungo; Fritz cominci a lamentarsi. Le canne, sulle spalle, gli pesavano molto e le passava di continuo da una parte all'altra; presto le prese sotto braccio, poi si ferm, sospir, sbuff forte. No, esclam infine, non avrei mai pensato che un fascio di canne fosse cos terribilmente pesante; eppure vorrei portarle a casa, perch anche la mamma ed i fratelli ne prendano.

    Basta aver pazienza e coraggio, mio caro Fritz! gli dissi. Non ti ricordi pi della cesta di pane di Esopo, che all'inizio del viaggio era la pi pesante e alla fine diventava la pi leggera? Anche il peso delle tue canne da zucchero diminuir poich potremo servircene ancora abbondantemente prima di tornare a casa tra i nostri cari. Fin d'ora puoi darmene un'altra come bastone da pellegrino e come fonte ambulante di nettare, ed anche tu puoi tenerne in mano una nuova. Lega poi le altre insieme e appenditele sulla schiena in modo che s'incrocino col fucile: cos le porterai pi facilmente e potrai sopportare il peso pi a lungo. In verit ora dobbiamo imparare ad usare il cervello, se l'abbiamo al posto giusto. Riflessione e capacit inventiva dovranno spesso supplire alla mancanza di forze fisiche.

    L'opprimente calura ci infastidiva parecchio; per calmare la sete incoraggiai Fritz a succhiare, come me, dalla canna da zucchero. Ma presto notammo che il dolce succo cominciava a diventare asprigno. Spiegai allo stupito ragazzo che lo zucchero, fermentando, si trasformava a poco a poco in alcool.

    Ora bisogna essere sobri, Fritz, se non vogliamo tornare a casa come due ubriachi.

    Ma ci ristorammo lo stesso e continuammo ad andare avanti rianimati, conversando del pi e del meno finch, quasi all'improvviso, arrivammo al posto in cui, durante il viaggio d'andata, avevamo lasciato sulla sabbia la zuppiera e il piatto di zucca per farli

  • essiccare. Li trovammo tutt'e due in ottimo stato e duri come l'osso, cos che potemmo portarli con noi senza difficolt.

    Ma avevamo appena attraversato il boschetto in cui avevamo fatto colazione la mattina, che Turk ci lasci di furia, piombando su una frotta di scimmie che si divertivano a giocare per terra al limite della macchia e non avevano notato affatto il nostro arrivo. Esse furono colte assolutamente di sorpresa e, prima che potessimo accorrere, il sanguinario alano aveva gi raggiunto, ghermito e abbattuto una scimmia adulta e ora si saziava delle sue carni ancora palpitanti.

    Uno scimmiottino che fino allora era stato aggrappato al dorso di essa e che probabilmente le aveva impedito una rapida fuga, stava accovacciato in disparte sull'erba e assisteva digrignando i denti al cruento spettacolo. Fritz era accorso a precipizio per prevenire la brutta scena. Saltando perse il cappello e gett lontano da s fiaschetta e canne da zucchero, ma tutto invano. Arriv troppo tardi per evitare l'uccisione, ma giusto in tempo per provocare un nuovo spettacolo, veramente comico.

    Infatti non appena lo scimmiotto lo ebbe avvistato, immediatamente gli balz sulla schiena fino alle spalle e con le zampette si attacc cos saldamente ai suoi capelli ricciuti che n le grida, n i salti, n gli strappi dello spaventato ragazzo riuscivano a staccarlo. Bench le risate mi impedissero di fare pi in fretta, mi slanciai per rassicurare il povero Fritz, poich capivo bene che non c'era alcun pericolo e il timor panico del ragazzo contrastava in modo decisamente ridicolo con le boccacce dello scimmiottino.

    Questo un vero tratto di genio da parte del cucciolotto! dissi quando li raggiunsi. Ha perduto la madre ed ora ti assume semplicemente come padre adottivo. Ma che genere di affinit familiare avr mai fiutato in te?

    Si sar accorto che sono un bravo ragazzo, il birbante, rispose Fritz bonariamente, e che non potrei torcere un capello ad un animale che si mette sotto la mia protezione. Ma intanto mi tira terribilmente i capelli; ti prego, toglimelo di dosso!

    Con dolcezza e con un po' di abilit riuscii finalmente a staccare l'ospite non invitato; lo presi in braccio come un bambino piccolo, lo guardai bene e davvero fui costretto ad averne compassione, perch

  • era appena pi grande di un gattino e non sarebbe stato affatto in grado di cavarsela da solo.

    Ma che cosa posso fare per te, esclamai, povero orfanello, e come potremo mantenerti, miseri come siamo? Abbiamo gi troppe bocche da sfamare e troppo poche braccia per lavorare.

    Oh, pap! mi preg Fritz, dai pure a me questo piccolo, ci penser io. Gli dar del latte di cocco, finch non avremo il latte della mucca e delle capre che ora stanno sulla nave. Forse un giorno la sua sagacia ci aiuter a distinguere i frutti buoni da quelli velenosi.

    Bene, gli dissi, in tutta questa tragicomica vicenda ti sei comportato da bravo ragazzo, solo che il ribrezzo ti ha fatto perdere la bussola. Per sono soddisfatto di te, specialmente perch non hai sfogato la tua rabbia. Quindi ti lascio prendere il tuo protetto. Dipender dal modo con cui lo educherai se un giorno ci potr essere di giovamento, con il suo istinto, o di danno con la malignit, costringendoci a disfarcene.

    Mentre discutevamo, Turk divorava con gusto la scimmia sbranata e poich il misfatto era ormai avvenuto, tollerammo il suo pasto, tanto pi che ci saremmo esposti noi stessi a gravi pericoli, se ci fosse saltato in mente di impedirglielo. Tutto quello che aveva avuto da noi durante il giorno non era stato niente per la sua enorme voracit. Tuttavia, senza stare ad aspettare che Turk si degnasse di essere sazio, ci mettemmo di nuovo in cammino. Lo scimmiottino riprese il suo posto sulla schiena di Fritz ed io in cambio mi caricai delle canne da zucchero.

    Avevamo camminato cos per circa un quarto d'ora, quando Turk ci raggiunse a trotto serrato, leccandosi ancora a destra e a sinistra il muso insanguinato con aria compiaciuta. Lo accogliemmo con faccia arcigna, rimproverandogli la sua crudelt; ma Sua Altezza Serenissima non se ne cur affatto e procedette tutto calmo dietro Fritz. Lo scimmiotto per, reso inquieto dalla temibile vicinanza, cominci ad arrampicarsi sul petto di Fritz e a infastidirlo. Allora lo spirito inventivo del ragazzo si ridest: egli leg svelto Turk a una cordicella e gliene allacci un'altra attorno al collo, cercando di sistemargli sul dorso lo scimmiotto; nello stesso tempo redarguiva il cane in tono patetico: Dato che hai ammazzato sua madre, ora

  • devi portare tu stesso il piccolo. Ma Turk cap il gioco a modo suo: ringhi, tent di afferrare la tremante bestiolina e infine cominci a rotolarsi per terra, sicch Fritz per il momento dovette rinunciare ai suoi tentativi di ammaestramento e riprendere in braccio il suo protetto.

    Fra tali occupazioni il cammino vol, per cos dire, sotto i nostri piedi e ci trovammo vicino al grande torrente e ai nostri cari quasi senza accorgercene. Bill, la cagna danese che era rimasta con loro, diede l'avviso abbaiando a tutto spiano e Turk, l'alano inglese, le rispose: anzi, a poco a poco cominci a riconoscere il luogo e corse avanti per salutare la compagna e annunciare il nostro arrivo. Subito i nostri cari apparvero sulla sponda opposta, uno dopo l'altro, facendoci cenno, ridenti ed esultanti, e ci vennero incontro risalendo la riva del torrente, finch da ambedue le parti giungemmo al guado che la mattina avevamo attraversato; ripassammo felicemente sull'altra sponda e corremmo tra le braccia dei nostri.

    Ma appena i ragazzi ci ebbero esaminato ben bene, ecco che incominciarono a gridare tutti insieme: Una scimmia, una scimmia! Dove l'hai presa? Oh, possiamo darle qualcosa da mangiare? Ma che cosa ci fai con quei bastoni? E che razza di noci sono queste che porta il babbo?

    Si lev cos un coro di domande e di esclamazioni a cui noi non sapevamo n porre argine n dare risposta.

    Alla fine, quando si cominci a ristabilire la calma, presi la parola: Dunque, ancora una volta, affettuosamente salve, ragazzi! Vi portiamo un sacco di cose buone. Purtroppo per non abbiamo potuto trovare ci che soprattutto cercavamo, i nostri compagni di viaggio; nemmeno un'anima, da nessuna parte.

    In nome di Dio, rispose la mamma, accontentiamoci e ringraziamo il cielo almeno di ritrovarci di nuovo tutti insieme sani e salvi! Quanto ho supplicato e sospirato che poteste tornarmi a casa illesi! Ed ora raccontateci come andata la spedizione e alleggeritevi del vostro carico.

    Jack allora mi tolse il fucile, Ernst le noci di cocco, il piccolo Franz le scorze di zucca e la mamma la bisaccia. Fritz distribu le sue canne da zucchero e offr il suo fucile al pigro Ernst che, sebbene

  • preoccupato di caricarsi di un cos eccessivo peso, non pot sottrarsi alla gentile preghiera del fratello. Presto per la mamma si impietos, gli tolse di mano le noci di cocco cos proseguimmo il cammino.

    Per, cominci ad un tratto Fritz, se Ernst soltanto sapesse quello che ha consegnato, certo avrebbe voluto tenerselo con s. Sono noci di cocco, Ernst, le tue care noci di cocco!

    Oh, perbacco! Noci di cocco! grid questi; mamma, presto, voglio portarle io e terr lo stesso il fucile!

    No, no! rispose la mamma, non voglio sentire i sospiri che non tarderesti a fare.

    Ma posso gettare via i bastoni e tenere il fucile in mano! Guardatene bene! grid allora Fritz; quei bastoni sono

    canne da zucchero. Vieni qua! Voglio insegnarti a succhiarle. Ehi, ehi! esclamarono ora tutti. Canne da zucchero! E

    ognuno si precipitava da Fritz per farsi spiegare e per prendere istruzioni sulla grande arte del succhiarle.

    Anche mia moglie, al sentire cose tanto insolite, cominci ad interrogarmi eccitata. Con piacere le raccontai come avevamo fatto le nostre scoperte e le mostrai quante cose utili avevamo trovato. Nulla per le piacque pi della zuppiera e del piatto di zucca, di cui avevamo grandissimo bisogno.

    Cos arrivammo finalmente alla cucina da campo e con piacere notammo i preparativi per una robusta cena. A un lato del fuoco, su uno spiedo di legno che poggiava su due forcelle pure di legno infisse nel terreno, stavano infilzati pesci di ogni genere. All'altro lato veniva arrostita un'oca e il grasso gocciolante finiva in una grossa conchiglia posta sotto di essa. In mezzo, sulla fiamma, stava la pentola di ferro da cui emanava il profumo di un sostanzioso brodo di carne. Dietro il fuoco, infine, uno dei barili rimorchiati giaceva aperto davanti ai miei occhi e mi mostrava le sue viscere, sotto forma dei migliori formaggi olandesi, tutti custoditi in involucri di stagnola. Il tutto eccitava al massimo la nostra fame, pi sopita che soddisfatta dai succhi che avevamo trangugiato.

    La mamma del resto ci chiam subito a tavola. Ci sdraiammo tutti per terra ed ella cominci a servire il pasto, durante il quale le nostre stoviglie di zucca ci resero un servizio straordinario. I ragazzi

  • vuotarono intanto un paio di noci spaccate, le trovarono proprio eccellenti e conservarono i pezzi di guscio come cucchiai. Anche lo scimmiottino ebbe la sua parte. I giovani tuffarono a turno la punta dei fazzoletti nel latte di cocco e provarono un'indescrivibile gioia quando la bestiolina accett di succhiare con vera soddisfazione le pezzuole inzuppate, facendoci cos sperare che saremmo riusciti ad allevarla.

    I ragazzi stavano per spaccare ancora un paio di noci con l'accetta, quando a un tratto ordinai: Alt, alt! Nella tanto sentita mancanza di scodelle, avevo pensato a un buon espediente.

    Datemi qua, ragazzi! esclamai, facciamoci delle stoviglie! Uno di voi vada a prendere la sega.

    Jack, il pi svelto, me ne port subito una ed io mi diedi da fare finch ognuno di noi ebbe una scodella per s e a ognuno la mamma pot servire la sua porzione di zuppa. La brava donna era tutta soddisfatta che non dovessimo pi pescare poco igienicamente con le conchiglie nella pentola comune.

    Consumammo quindi la nostra cena e bench i pesci fossero un po' asciutti e l'oca sapesse un tantino di bruciato, pure cominciai a dare il buon esempio e la giovent mi segu bravamente. Ci raccontarono allora che i pesci erano stati procurati da Jack e dal piccolo Franz e che la mamma aveva scoperchiato il barile dei formaggi con le proprie mani per assicurarci un delizioso dessert. Ognuno ricevette la meritata lode.

    La mamma aveva avuto la premura di raccogliere dell'erba ancora pi secca e di farla distendere nella tenda, cos potevamo sperare in un giaciglio pi soffice di quello del giorno precedente. I polli ci lasciarono e andarono a posarsi, come la notte precedente, sulla sommit della tenda; le oche e le anatre scomparvero anch'esse, ritirandosi nel loro alloggio notturno e anche noi sentimmo di tutto cuore il bisogno di dormire; perci, finito il nostro pasto, scivolammo nella tenda. Con noi venne anche lo scimmiottino: Fritz e Jack, che si dividevano la sua amicizia e la cura del suo sostentamento, lo presero teneramente in mezzo a loro, coprendolo con attenzione affinch non soffrisse il freddo. Tutti ci coricammo nell'ordine solito ed io per ultimo mi chiusi la tenda alle spalle. Come

  • gli altri, dopo le fatiche di quella giornata, cedetti presto e volentieri al sonno ristoratore.

    Ma non ne avevo ancora gustato a lungo la dolcezza, che fui svegliato dall'agitazione dei polli sul tetto della tenda e dal violento abbaiare dei cani che vigilavano. Raccolsi le mie energie per accorrere subito in loro aiuto. Anche Fritz e la mamma erano gi svegli. Tutti e tre afferrammo i fucili e uscimmo dalla tenda.

    Con orrore scorgemmo ben presto alla luce della luna una lotta spaventosa. Una decina di sciacalli aveva accerchiato i nostri alani e quei due valorosi campioni avevano gi steso sul campo di battaglia tre o quattro nemici; gli altri ululavano a rispettosa distanza tutt'intorno, spiando il momento buono per coglierli alla sprovvista. Ma le due prudenti bestie tenevano duro, si rivoltavano da tutte le parti e non permettevano al nemico di accostarsi. Io e Fritz mirammo immediatamente e subito due dei nottambuli giacquero sulla sabbia vicino agli altri, mentre un altro paio dovette trascinarsi a fatica, con le gambe sfracellate, dietro il gruppo dei compagni in fuga. Turk e Bill raggiunsero i feriti e li fecero a pezzi; poi, quando il combattimento fu finito, si buttarono a divorare, come veri animali dei Caraibi, la carne dei loro fratelli, dimostrandoci quanto poco ancora conoscessimo la loro voracit, tanto pi che di solito i cani non divorano facilmente la carne di volpi o di lupi, perch di razza simile alla loro.

    La mamma ci esort, dato che tutto ormai era calmo, a tornare nella tenda; ma Fritz ci preg di lasciargli prendere il suo sciacallo, per mostrarlo l'indomani ai fratelli. Ottenuto il consenso, trascin faticosamente all'accampamento l'animale, grande quanto un cane di notevoli dimensioni, anche se non della ragguardevole mole dei nostri alani. Feci notare allo zelante ragazzo che, se Turk e Bill non fossero tornati del tutto sazi dal campo di battaglia, anche quell'ultimo sciacallo doveva essere loro concesso come giusto compenso per la vigilanza e il coraggio dimostrati. Ci rimettemmo allora al caso, legammo la bestia alla roccia presso la tenda e ci coricammo di nuovo vicino ai piccoli; nessuno di loro era stato svegliato dal trambusto e cos riprendemmo a dormire al loro fianco, sinch non spunt il giorno e il gallo non mi dest col suo canto

  • squillante. Il mio primo pensiero fu di svegliare anche la mamma per combinare insieme il piano di lavoro della giornata.

    Moglie mia! cominciai, prevedo tanto lavoro e tanti pensieri che non so quasi come cavarmi d'impaccio. Una corsa alla nave naufragata strettamente necessaria, se non vogliamo far morire di fame il bestiame che vi rimasto; e di l c' ancora una quantit di cose utili da ricuperare. Ma, d'altra parte, anche qui ci sarebbe tanto da fare e soprattutto dovremmo prepararci un'abitazione migliore.

    Con pazienza, ordine e costanza, rispose lei, un po' alla volta avremo ogni cosa, mio caro! vero che non penso con piacere ad un ritorno sulla nave, ma indispensabile per il nostro benessere e lo faremo come prima impresa. Il resto verr da s, a mano a mano.

    Ebbene, faremo come mi consigli! Tu rimarrai, direi, di nuovo qua con i piccoli; Fritz, il pi forte ed il pi abile, verr con me.

    Cos dicendo mi alzai e chiamai ad alta voce: Su, ragazzi, su! Il giorno si leva e oggi avremo molto da fare. Il mattino ha l'oro in bocca!

    I bravi ragazzi si risvegliarono a poco a poco, sbadigliando e rivoltandosi per un certo tempo, finch non riuscirono a scacciare definitivamente il sonno dai loro occhi. Soltanto Fritz, balzando dal suo posto e scavalcando gli altri, era volato dalla tenda verso il suo sciacallo, che durante la notte era diventato perfettamente rigido. Colloc l'animale bene in vista davanti all'ingresso e rimase l, a sentire che cosa ne avrebbe detto la giovane truppa. Ma appena i cani videro il loro nemico di nuovo in piedi, gli balzarono contro ringhiando e abbaiando col pelo spaventosamente irto, cos che Fritz pot placarli solo a stento. E lo fece con tanta tranquilla sicurezza che dovetti rallegrarmene. Tutti nella tenda erano curiosi di sapere che cosa mai avesse provocato quell'allarme dei cani.

    Uno alla volta i ragazzi vennero fuori e anche lo scimmiottino si affacci guardandosi timoroso tutt'intorno. Scorto per lo sciacallo, scapp nell'angolo pi lontano del giaciglio e si rimpiatt tra musco e fieno, che a malapena si vedeva ancora il suo musetto. I ragazzi fecero le pi alte meraviglie, chiedendosi di dove fosse venuto quello sconosciuto che stava l di guardia. Ernst lo scambi per una volpe,

  • Jack per un lupo e il piccolo Franz per un cane giallo. Fritz li canzon, i fratelli si arrabbiarono un pochino, ma alla fine

    si rappacificarono e cominciarono a chiedere la colazione. Alcuni trovarono rimedio da s e si gettarono su una cassa di gallette, ma nonostante ogni sforzo, a stento riuscivano a stritolare fra i denti quella roba secca. In tale frangente Fritz capit dietro il barile di formaggio, mentre Ernst con occhio indagatore scivolava intorno all'altro barile ripescato. D'improvviso sbuc fuori con viso lieto, gridando:

    Pap, oh se avessimo del burro per le nostre gallette! In verit, le manderemmo gi dieci volte meglio.

    Gi, se! se!, col tuo eterno se! dissi. Un pezzo di galletta col formaggio sempre molto meglio di un'intera scodella di se.

    Potessi soltanto scoperchiare il barile! Quale barile e perch? Ma s, per avere il burro; quello, il barile grosso. L dentro ce

    n' di sicuro, perch da una giuntura colato fuori qualcosa di grasso che ha proprio l'odore del burro.

    Bene, sia lodato il tuo naso, se hai indovinato giusto. In premio avrai il primo pezzo di burro.

    Insieme ci avvicinammo al barile ed ebbi la conferma di quanto Ernst supponeva. Ero per in imbarazzo, giacch dovevo ancora trovare il modo pi adatto per arrivare al burro. Fritz, che nel frattempo si era accostato a noi, sugger precipitosamente di staccare il primo cerchio e scoperchiare la botte. Ma gli feci osservare che cos le doghe si sarebbero allentate e che col crescente calore del giorno il prezioso grasso presto si sarebbe liquefatto e sarebbe colato via dalle fessure.

    Alla fine decisi di fare un buco nel barile con un grosso trapano e di cavarne fuori con una grande spatola di legno quanto serviva per il momento. Cos avvenne e in pochi minuti avevamo riempito fino all'orlo un guscio di noce di cocco con dell'ottimo burro salato e vi stavamo sdraiati tutt'intorno con vero piacere. Nonostante il burro, le gallette erano sempre maledettamente dure, ma infine le abbrustolimmo sul fuoco, cosparse di burro e allora le trovammo eccellenti; solo che i ragazzi nel loro cieco entusiasmo ne bruciarono

  • alcuni bei pezzi che poi dovettero gettar via. Durante tutte queste faccende i cani rimasero sdraiati vicino a noi, digerendo il loro pasto notturno e non diedero alcun segno di voler partecipare alla nostra colazione. Per solo allora notammo che non erano usciti del tutto indenni dal sanguinoso combattimento, giacch avevano in diversi punti, e particolarmente sul collo, morsicature e ferite. Ben presto cominciarono a leccarsi a vicenda le ferite, specie al collo, dove non riuscivano a farlo da soli.

    Certo sarebbe bello, disse Fritz, se sulla nave ci fossero dei collari chiodati per i nostri animali, dato che gli sciacalli, come sono gi capitati una volta sulle nostre tracce, potranno ancora tornare e avere il sopravvento sui cani inermi.

    Oh! propose Jack, far io stesso i collari e proprio per bene! Solo che la mamma voglia aiutarmi!

    Ti sia concesso, piccolo spaccone! assicur mia moglie; vedremo che cosa saprai escogitare!

    S, s, ometto, aggiunsi io, esercita pure la tua capacit inventiva. Se verr fuori un lavoro fatto con giudizio, ne avrai lode e onore. Ora per tempo che ognuno di noi vada al proprio lavoro: e perci, Fritz, preparati! Io e la mamma crediamo necessario che tu ritorni con me sul relitto per salvare quello che c' rimasto. Voi ragazzi, rimanete di nuovo qui con la mamma. Siate ubbidienti e solleciti!

    Imbarcandoci nella nostra barca-tinozza stabilimmo che quelli che restavano a terra avrebbero rizzato un'asta con della tela a mo' di bandiera, che noi avremmo potuto vedere col cannocchiale dalla nave. L'abbassarsi di essa, seguito da tre spari di allarme, sarebbe stato il segnale perch tornassimo subito a terra. Potei perfino indurre la madre alla coraggiosa risoluzione di passare la notte da sola con i piccoli - sempre che non avesse notato alcunch di pericoloso - nel caso che la grande quantit di lavoro ci avesse tenuto impegnati troppo a lungo sul relitto.

    Non portammo con noi nient'altro che i nostri fucili con gli accessori, perch sulla nave dovevano esserci ancora viveri a sufficienza, ma alla fine ci decidemmo a prendere anche lo scimmiottino perch Fritz voleva rifocillarlo il pi presto possibile

  • col latte di capra. In silenzio ci staccammo dalla riva; Fritz remava con forza, mentre io cercavo di governare la barca come meglio potevo.

    Quando fummo abbastanza lontano dalla terra, quasi nel mezzo della baia, mi accorsi che questa, oltre l'imboccatura per la quale eravamo entrati per la prima volta, ne aveva un'altra e che il torrente, che sfociava nella baia non lontano da noi, vi passava attraverso fluendo nel mare aperto con impeto ininterrotto. Approfittare di quella corrente per risparmiare in tal modo le nostre forze, fu subito il mio obiettivo principale e, per quanto fossi un cattivo timoniere, pure la manovra mi riusc. Fummo sospinti dolcemente per tre quarti del viaggio verso il relitto e avemmo soltanto il fastidio di mantenere dritta l'imbarcazione: poi la corrente cominci a diminuire e allora, con rinnovata energia, percorremmo a remi l'ultimo tratto della traversata ed entrammo nello scafo squarciato della nave, dove la nostra barca fu immediatamente ormeggiata.

    Eravamo appena usciti dai mastelli che Fritz, preso in braccio il suo scimmiottino, senza dire una parola, correva gi a rotta di collo su in coperta dove stavano tutti gli animali. Lo seguii contento di vedere la sua impazienza di porgere aiuto alle creature bisognose.

    Oh, con quali muggiti, belati, grugniti ci accolsero le bestie abbandonate! Non tanto il bisogno di nutrimento, quanto l'ansioso desiderio di una presenza umana pareva strappare tutti quei toni di gioia, giacch foraggio e acqua erano ancora l a sufficienza. Lo scimmiottino fu subito attaccato alle mammelle di una capra e cominci a succhiare rumorosamente, ingoiando il latte per lui inconsueto con buffe smorfie e crescente piacere, il che ci diverti non poco.

    Dopo aver dato alle bestie foraggio fresco e nuova acqua, pensammo anche a noi e mangiammo quello che potemmo trovare a bordo senza lunghe ricerche. La nostra prima cura fu quella di applicare alla nostra imbarcazione un albero con la vela, affinch potessimo raggiungere pi facilmente la terra, sospinti dalla fresca brezza marina.

    Innanzi tutto scelsi un pezzo di pennone che mi sembr adatto a farne un albero, ed un altro pi sottile a cui poter inferire la vela.

  • Fritz con uno scalpello rotondo doveva praticare intanto un buco in una tavola, per infilarvi l'albero. Poi mi recai nel deposito delle vele e ritagliai da un grosso rotolo di tela una vela triangol