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IUAV - graphisoft.com · Che i nuovi sistemi informatici abbiano rivoluzionato le forme 11 ... il concetto di informazione ha riscritto complessivamente le forme ... porte ai lavori

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I U A VFA C O LT À D I A R C H I T E T T U R ACORSO DI LAUREA MAGISTRALE INARCHITETTURA DELLA COSTRUZIONE

A.A. 2011/2012

STUDENTE: MARIO AMBROGI (270256) RELATORE: PROF. ROBERTO MASIERO

In copertina: discretizzazione agli FMFNFOUJ�mOJUJ di una geometria rettangolare piana – 210 x 297 mm – realizzata tramite una griglia di 8.185 nodi e 4.000 mesh triangolari a 6 nodi.

3INDICE

PREMESSAINSEGUENDO ADORNO

LA RIVOLUZIONE INFORMATICA DELLA PROGETTAZIONEDA SKETCHPAD A CATIAPROGETTO E COSTRUZIONE IN AMBIENTE VIRTUALEDALLA RAPPRESENTAZIONE ALLA REALTÀ, SIMULATA(CAD/CAM)VERIFICA E SPERIMENTAZIONE IN AMBIENTE VIRTUALEDALL’EMPIRISMO ALLA SIMULAZIONE NUMERICA(CAE/FEM)METODOLOGIE DELLA PROGETTAZIONE INFORMATIZZATAFREE FORM E FORM FINDINGFREE FORMDAL NOVEMBERGRUPPE A FRANK GEHRY E SANTIAGO CALATRAVAFORM FINDINGDA ANTONI GAUDÌ A MASSIMO MAJOWIECKI E JÜRG CONZETTETICA ED ESTETICA DELLE METODOLOGIE INFORMATICHE L’ARCHITETTURA TRA TECNICA ED ARTE

INDICE DELLE IMMAGINIINDICE DEI NOMI CITATIBIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

0.

1.

2.

3.

4.

5.

6.

7.

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27

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71

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167171174

STRUTTURA E VIRTUALITÀ

«Oh Theuth, sommo maestro di tecniche, una cosa è la capacità di concepire una tecnica, ben altro è saper giudicare il danno e il van-taggio che arrecherà in chi l’adoperi.»

Platone, Fedro, 274e

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0.PREMESSAINSEGUENDO ADORNO

«La conoscenza del proprio tempo, dei suoi compiti e dei suoi mezzi, è la premessa ne-cessaria del lavoro architettonico.»

ludwig Mies van der rohe, 1928

Qualcuno ha detto che l’architettura è un’arte, la più grande fra tutte le arti. Qualcuno che è scienza e con l’arte non ha nulla a che vedere. Altri hanno detto tutte e due le cose insieme. Qualcuno l’ha EFmOJUB�VO�gioco. Qualcuno un paradosso. Sembra, in effetti, molto EJGmDJMF�PSJFOUBSTJ�JO�VO�RVBESP�UFPSFUJDP�DPTÖ�WBSJFHBUP �TF�OPO�BMUSP�per il numero esorbitante di autori che hanno provato a risolvere il rompicapo, e, di fatto, l’hanno solo ingarbugliato ulteriormente ai po-steri. Nessun altro tema – o forse solo proprio l’arte – ha sollevato nel DPSTP�EFMMB�TVB�TUPSJB�DPTÖ�UBOUJ�QSPCMFNJ �F�GPSOJUP�DPTÖ�UBOUF�TPMV[JPOJ �NPMUF�EFMMF�RVBMJ�SBEJDBMNFOUF�DPOUSBTUBOUJ��&�TUJBNP�QBSMBOEP�jTPMPx�EJ�VOB�EFmOJ[JPOF��$J�TJ�DIJFEF�TFNQSF�DIF�DPTB�TJB�M�BSDIJUFUUVSB �NB �forse, la domanda più interessante è: perché nessuno è mai d’accor-do su cosa sia l’architettura? Questa risposta, in realtà, è molto più semplice. Perché non esiste una architettura. Ne esistono molte. Moltissime. Almeno tante RVBOUJ�TPOP�J�TFDPMJ��'PSTF �UBOUF�RVBOUJ�TPOP�HMJ�BSDIJUFUUJ��&��OBUVSBMF �allora, che le cose si complichino. E in effetti, nel panorama contem-QPSBOFP �TFNCSBOP�DPNQMJDBSTJ�QBSFDDIJP��#BTUJ�QFOTBSF�B�RVBOUF�architetture�DJ�TPOP�TUBUF�EPQP�MB�QSFTVOUB�VOJWFSTBMJUË�EJ�RVFMMB�mo-derna. Di nuovo, moltissime. E non sono passati nemmeno ottant’anni dalla Carta di Atene. C’è bisogno di fare un po’ d’ordine. Come pro-DFEFSF�EVORVF Un prezioso suggerimento ci arriva dal lavoro di Adorno. In sintesi, «per comprendere un determinato tempo storico [...] la prima cosa da fare è individuare delle opere, delle pratiche, dei movimenti

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o degli artisti che siano tra loro estremi. Questi estremi ci possono aiutare a capire il mondo delle forme, le scelte, le posizioni ideolo-gico-culturali, persino i sogni di tutti coloro o di tutto ciò che accade tra queste estremità, o questi limiti. Certo, perché il gioco funzioni, gli estremi devono essere assoluti, devono portare con sé una gran-de radicalità ed avere ambedue una intrinseca qualità. Devono cioè metterci nella condizione di pensare che al di là di questi limiti ci sia una condizione di impensabilità, un oggettivo non senso»1. Adorno sceglieva, allora, Stravinskij e Schönberg, e su tale contrapposizione costruiva la sua jmMPTPmB�EFMMB�NVTJDB�NPEFSOBx2, in un panorama musicale che, intorno alla metà del secolo scorso, era indubbiamen-UF� BMUSFUUBOUP� DPNQMFTTP� FE� BSUJDPMBUP� RVBOUP� MP� Ò � PHHJ � JM�NPOEP�EFMM�BSDIJUFUUVSB��$IJ�TDFHMJFSF �EVORVF �QFS�TFHVJSF�JM�USBDDJBUP�BEPS-niano? Ed è riproponibile nell’età contemporanea e nel panorama BSDIJUFUUPOJDP�RVFMM�JODPODJMJBCJMF�dualismo di fondo che impregnava la musica del suo tempo? Individuare due progettisti sarebbe stata, in effetti, un’opera-[JPOF�mO�USPQQP�SJEVUUJWB�QFS�VO�DBPT�GPSNBMF�FE�JEFPMPHJDP�o�DPN�Ò�RVFMMP� PEJFSOP� o� DIF� EJGmDJMNFOUF� TJ� MBTDJB� SJDPOEVSSF� BE� VO� TFN-plice sistema bipolare. Bisognerà, allora, costruire un dualismo più complesso, non tra due forme concrete dell’architettura, ma tra due NPEJ�HFOFSBMJ�EJWFSTJ�F�o�RVFMMJ�TÖ�o�BOUJUFUJDJ �EJ�QFOTBSF �WFEFSF �F�GBSF�BSDIJUFUUVSB��4J�EPWSË �RVJOEJ �QBSMBSF�FTTFO[JBMNFOUF�EJ�metodo, e, attraverso il metodo, di prospettive��-B�TDFMUB �B�RVFTUP�QVOUP �Ò�piuttosto scontata. Da un lato, ciò che chiamiamo free form; dall’al-tro, ciò che di più diverso e drasticamente contrapposto si possa QFOTBSF��%VORVF �GPSN�mOEJOH. La forma, naturalmente, rimane. Sia-mo pur sempre nell’universo dell’architettura. Ciò che cambia – e radicalmente – è la costellazione ideologica dei sensi che gravitano intorno al tema della forma. Ciò che cambia, di nuovo, è la risposta alla stessa domanda fondamentale: che cos’è la forma? O, meglio, che cosa può e deve essere? E cambia, di nuovo, perché ciò di cui si parla sono due forme ben diverse. Due prospettive ben diverse. Due modi drasticamen-te diversi di concepire, guardare, e popolare il mondo delle forme costruite. Ancora una volta cioè, due architetture diverse. Rimane da decidere, ora, come procedere nell’analisi. Continuiamo ad in-seguire le tracce di Adorno. La sua critica della «neuen Musik» non è tanto la critica speculativa di un mMPTPGP o di un musicologo; è, prima di tutto, la critica di un musicista. Di colui che possa vantare, cioè, – e l’Adorno compositore, allievo di Berg, lo può fare – una profonda conoscenza degli strumenti, delle modalità e delle tec-niche compositive, e che abbia estrema familiarità con gli aspetti più intimamente competenziali dell’universo sonoro. La sua analisi dell’Erwartung è una vera decostruzione del sistema musicale, delle leggi, delle formule e delle logiche che sono ben celate nel caos ap-parente della radicale atonalità schönberghiana. E’ critica sempre BUUFOUB �NFUJDPMPTB �QVOUVBMNFOUF�TQFDJmDB��&� �DJPÒ �DSJUJDB�tecnica, 1 roberto Masiero, Non si dà vera vita nella falsa, pref. a, theodor adorno, Parva Aesthetica. Saggi 1958-1967, Milano, Mimesis, 2011.2 theodor adorno, 'JMPTPmB�EFMMB�NVTJDB�NPEFSOB (1949), Torino, Einaudi, 2002.

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e del tecnico. E non potrebbe essere altrimenti, vista la straordinaria complessità, teorica e pratica, della musica moderna. Ma che dire, allora, per l’architettura?� &WJEFOUFNFOUF �OPO�QVÛ�DIF�FTTFSF�MP�TUFTTP��6OB�RVBMVORVF�SJnFTTJPOF� TVM� QBOPSBNB� GPSNBMF� DPOUFNQPSBOFP� EPWSË � QFS� GPS[B�EJ�DPTF �TDPOUSBSTJ�DPO�RVFM�NPOEP�EFMMB�tecnica che, di fatto, mai DPNF�BJ�OPTUSJ�HJPSOJ �TFHOB�F�SJTDSJWF�DPTUBOUFNFOUF�J�GSBHJMJ�DPOmOJ�del possibile��$JÛ�TJHOJmDIFSË�o�Ò� JOFWJUBCJMF�o� JM�EPWFSTJ�DPOGSPOUB-SF�DPO�HMJ�BTQFUUJ�QJá�TQFDJmDJ�EFM�NPOEP�EFMMB�DPTUSV[JPOF��DPO�HMJ�strumenti del progettare, prima ancora che con il progetto. Si è par-lato, d’altra parte, di metodo e prospettive. La conoscenza tecnica dell’informatica e dell’universo virtualità�EJWFOUB �RVJOEJ �DPOEJ[JPOF�necessaria ed irrinunciabile per potersi avvicinare all’architettura contemporanea, e non soltanto con l’intenzione interessata e diret-ta di progettare, ma, più in generale, per riuscire a comprendere e valutare criticamente le forme�DIF�JO�RVFTUJ�VMUJNJ�EFDFOOJ�TJ�WBOOP�affermando con sempre maggiore fortuna. Il passaggio dalla carta BMMP�TDIFSNP�OPO�Ò�FWJEFOUFNFOUF�TPMP�VOB�RVFTUJPOF�EJ�supporto. %PWSFNP�DIJFEFSDJ �BMMPSB �F�QSJNB�EJ�UVUUP �JO�DIF�NPEP�F�DPO�RVBMJ�esiti la rivoluzione informatica abbia trasformato irreversibilmente le QSPDFEVSF�EJ�QSPHFUUP �WFSJmDB�F�DPTUSV[JPOF �F �OPOEJNFOP �MF�TUFT-se condizioni preliminari di pensiero della forma. Ma è solo l’architet-tura ad esser stata cambiata dal computer? La jmMPTPmBx�adorniana, in realtà, non è un semplice saggio di critica musicale, ma il tentativo incredibilmente complesso – ed in-credibilmente riuscito – di tratteggiare i numerosi volti e risvolti del-la musica moderna per arrivare a dipingere, in fondo, l’immagine di VO�FQPDB��"EPSOP�QBSMB�EJ�NVTJDB�QFS�QBSMBSF�EFM�TVP�UFNQP �EJ�RVFMMB�prima, drammatica, metà del secolo che Schönberg e Stravinskij ave-vano dipinto prima di lui e che lui può ripercorrere inseguendo le loro OPUF��4F�MB�NVTJDB �QFS�"EPSOP �Ò�M�JOUSPTQF[JPOF�mMPTPmDB�EFMMB�SFBMUË �MB�NVTJDB�NPEFSOB� OPO� QVÛ� DIF� FTTFSMP� EJ� RVFM� UFNQP� USBHJDP� FE�incomprensibile, gravido di ansie, idiosincrasie, violenza e contrad-dizioni, in cui tutto, persino la poesia, è oramai «un atto di barbarie»3. -B�NVTJDB�NPEFSOB�Ò�TUBUB� JOEVCCJBNFOUF�VOB�OJUJEB� GPUPHSBmB�EFM�NPOEP�NPEFSOP��.B�OPO�Ò�TFNQSF�TUBUP�DPTÖ�BODIF�QFS�M�BSDIJUFUUVSB �&�OPO�QPUSË�FTTFSMP �BMMPSB �QFS�RVFMMB�DPOUFNQPSBOFB � (SBWF�EJNFOUJDBO[B��2VBMDVOP �E�BMUSB�QBSUF �M�IB�EFmOJUB�BO-che musica congelata.

3 theodor adorno, Critica della cultura e della società (1949), in, Prismi, Torino, Einaudi, 1972.

11 Che i nuovi sistemi informatici abbiano rivoluzionato le forme e le metodologie di progettazione dell’architettura contemporanea, risulta oggi abbastanza evidente. Ciò che appare invece meno scon-tato è il doveroso atteggiamento fattuale nei confronti di una tale tra-sformazione. Che l’architettura sia stata cambiata dal computer infatti non è in sé né un bene né un male. Come è già accaduto in passato per le grandi trasformazioni della tecnica, non può che essere un dato di fatto. Sembra anzi scorretto – o, meglio, ingenuo – ostinarsi a contrastare ardentemente il mezzo virtuale, portando avanti la ban-EJFSB�DPOTFSWBUSJDF�EJ� VO�BSDIJUFUUVSB�QSF�JOGPSNBUJ[[BUB � DPTÖ� DPNF�idolatrare lo strumento computer inneggiando ad una portentosa pa-lingenesi dell’antichissima arte del costruire. L’informatica ha inevita-bilmente e irreversibilmente trasformato l’architettura come in passato è già accaduto con l’introduzione del cemento armato o dell’acciaio. Il computer è infatti, a tutti gli effetti, uno strumento della costruzione, e, come tale, non può che condurre a nuove forme. Per comprende-SF�QJFOBNFOUF�RVFMMF� forme e le ragioni del loro imporsi sui modelli TUPSJDJ�QSFDFEFOUFNFOUF�DPEJmDBUJ �EPWSFNP�BMMPSB�DPOGSPOUBSDJ�DPO�J�mezzi�DIF�MF�IBOOP�SFTF�QPTTJCJMJ �DIF�FRVJWBMF�B�EJSF �DPO�MF�MPHJDIF�della progettazione informatizzata e con l’universo virtuale tout court. La cosiddetta rivoluzione informatica, o terza rivoluzione in-dustriale, si fa comunemente risalire agli anni ’70 del secolo scorso, per indicare le complesse trasformazioni socio-economiche e pro-duttive avvenute nei paesi occidentali in seguito all’introduzione del-le nuove discipline legate allo sviluppo dell’informatica. L’età della

1.LA RIVOLUZIONE INFORMATICA DELLA PROGETTAZIONEDA SKETCHPAD A CATIA

j/PJ�OPO�TJBNP�BMMB�mOF �NB�BMM�JOJ[JP�EJ�VO�F-poca. Un’epoca che sarà guidata da un nuovo spirito, [...] nuove forze, nuove tecnologie, [...] nuovi strumenti e nuovi materiali. Per questa ragione avremo una nuova architettura.»

ludwig Mies van der rohe, 1960

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tecnica1, è legittimamente diventata ai nostri occhi età dell’informa-zione2, cioè l’epoca del virtuale nel senso etimologico3, dell’imma-UFSJBMF �EFMM�JODPOTJTUFOUF �EFM�QPUFO[JBMF��/FM�HJSP�EJ�DJORVBOU�BOOJ�il concetto di informazione ha riscritto complessivamente le forme dell’attività umana sub specie virtualis, introducendo a nuove disci-QMJOF�F�USBTGPSNBOEP�TJHOJmDBUJWBNFOUF�MF�USBEJ[JPOBMJ�� *O�RVFTUP�TFOTP �HJË�OFM������o�TPOP�QBTTBUJ�TPMP�EVF�BOOJ�EBMMB�costruzione del primo computer – Claude Shannon pubblica «A ma-thematical theory of communication», formulando la fondamentale te-oria dell’informazione4 che nei decenni successivi avrebbe aperto le porte ai lavori di Jakobson, Ong, McLuhan e Chomsky. Nello stesso anno il matematico Norbert Wiener battezza la nuova scienza ciberne-tica, riportando il fenomeno della comunicazione tra sistemi informatici al linguaggio biologico delle reti neurali. Nel 1976 nasce la telematica, che svilupperà enormemente le tecnologie di trasmissione a distan-za dei dati digitali, computati e tradotti in forma di bit. Il processo di TNBUFSJBMJ[[B[JPOF�EFJ�CFOJ�mTJDJ� JO� JOGPSNB[JPOJ�FMFUUSPOJDIF�BTTVNF�JO�QPDIJ�EFDFOOJ�QSPQPS[JPOJ�EJGmDJMNFOUF�QSFWFEJCJMJ��-B�TUFTTB�DJSDP-lazione del denaro contante, il bene universale di scambio per eccel-MFO[B �TJ�USBEVDF�JO�DJSDPMB[JPOF�WJSUVBMF�EJ�EBUJ�JOGPSNBUJDJ��*O�RVFTUP�senso si considerino le invenzioni della carta di credito (1950), inizial-mente riservata ai soli uomini d’affari, e soprattutto la costruzione del primo sportello bancomat pubblico, installato a Londra nel 1967. Le trasformazioni informatiche nel campo dell’economia reale troveranno UFSSFOP�BTTBJ�GFSUJMF�JO�BNCJUP�mOBO[JBSJP �DPO�MB�OBTDJUB�EFMM�&�mOBODF. Nel 1998 Kevin Kelly teorizzerà il concetto di New Economy, legando indissolubilmente le forme del mercato contemporaneo alle logiche virtuali dell’età dell’informazione. Nel pieno rispetto della lungimirante previsione di Kelly, le società che sviluppano progettazione softwa-re�TJ� USPWBOP�PHHJ�OFMMF�QSJNF�QPTJ[JPOJ�EFHMJ� JOEJDJ�EJ�RVPUB[JPOF�EJ�mercato, e hanno costruito imperi economici di dimensioni colossali producendo e vendendo, di fatto, informazioni digitali. 1 Il concetto di età della tecnica, riferito alla società occidentale contemporanea, è presente in un gran numero di autori già a partire dalla prima metà del ‘900. Colui che più di ogni BMUSP�TJ�Ò�GBUUP�QPSUBWPDF�DSJUJDP�EJ�RVFTUB�UFNBUJDB�Ò�TFO[�BMUSP�eManuele severino. Tra i suoi lavori in merito ricordiamo il fondamentale, Il destino della tecnica, Milano, Rizzoli, 1998, o, in alternativa, il più sintetico, Tecnica e Architettura, Milano, Cortina, 2003, che pretende EJ�BGGSPOUBSF� MB�RVFTUJPOF� USBTWFSTBMNFOUF �BGGSPOUBOEP� JM�DPNQMFTTP� SBQQPSUP�DPO� M�BNCJUP�architettonico. Tra gli allievi di Severino, uMberto galiMberti ha portato avanti con rinnovato JOUFSFTTF�MB�RVFTUJPOF�JOUPSOP�BMMB�UFDOJDB �DPOUSJCVFOEP�JO�NJTVSB�TPTUBO[JBMF�BE�BGGFSNBSOF�MB�DFOUSBMJUË�BMM�JOUFSOP�EFM�EJCBUUJUP�mMPTPmDP�DPOUFNQPSBOFP��5SB�J�TVPJ�UFTUJ�JO�NFSJUP�SJDPSEJB-mo, La morte dell’agire e il primato del fare nell’età della tecnica, Milano, Albo Versorio, 2008, e soprattutto l’impegnativo, Psiche e Techne, l’uomo nell’età della tecnica, Milano, Feltrinelli, 1999, che offre una panoramica ricchissima della letteratura a riguardo, attraverso un conti-OVP�DPOGSPOUP�DSJUJDP�DPO�MB�TUPSJB�EFM�QFOTJFSP�mMPTPmDP�TV�RVFTUP�UFNB�2 L’idea che sia il principio di informazione a contraddistinguere l’era post-industriale, è po-tentemente radicata nel pensiero di Mcluhan, e si può ritrovare con estrema facilità all’interno del suo pensiero. Tra i suoi numerosi testi in merito, si consiglia in modo particolare, Marshall Mcluhan, Gli strumenti del comunicare, Milano, Il Saggiatore, 1964.3 Dal latino medioevale virtualis, derivato da virtus, nel senso di valore��DJPÒ�in potenza.4 Il testo di Shannon propone per la prima volta il celebre schema comunicativo, che sarebbe EJWFOUBUP�SJGFSJNFOUP�JNQSFTDJOEJCJMF�QFS�RVBMVORVF�EJTTFSUB[JPOF�TVDDFTTJWB��-B�TFRVFO[B�di trasmissione del messaggio è composta, per Shannon, di sorgente, trasmittente, segnale (rumore), ricevitore, destinatario. Oltre a porsi come modello teorico per la linguistica �RVFTUP�schema della comunicazione diventerà punto di partenza anche per lo sviluppo della semi-otica negli anni ’60.

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Tra gli anni ’40 e ’70 del secolo scorso si vive una stagione di progresso tecnologico senza precedenti nella storia umana. Ad essere irreversibilmente stravolto dal concetto di informazione, non è TPMUBOUP�M�JNQJBOUP�DVMUVSBMF�F�TDJFOUJmDP�EFMMB�TPDJFUË �NB�BODIF�F�TP-QSBUUVUUP�M�VOJWFSTP�RVPUJEJBOP�EFMM�FTJTUFO[B�JOEJWJEVBMF��/FMM�BSDP�EJ�trent’anni si concentrano numerose invenzioni ed innovazioni tecnolo-HJDIF�DIF�USPWBOP�TJHOJmDBUJWB�BQQMJDB[JPOF�QSBUJDB�OFMMB�WJUB�EJ�UVUUJ�J�giorni. Il 2 novembre 1936 hanno inizio a Londra le prime trasmissioni televisive. Per comprendere la portata del fenomeno basti pensare che nel 1960 solo negli Stati Uniti si contavano già 55 milioni di tele-visori, di cui un milione a colori. Nel 1948 compaiono i dischi a 33 giri e le macchine polaroid. Due anni più tardi viene inventato il laser. Nel 1962 si assiste al lancio del primo satellite ad uso civile, impiegato per le telecomunicazioni. Tra gli anni ’60 e ’70 fanno la loro comparsa le fotocopiatrici, le videocassette, i nPQQZ�EJTL��6OB�NFO[JPOF�TQFDJmDB�merita evidentemente la nascita di Internet. Nel 1969 il dipartimento della difesa statunitense realizza arPanet, una rete locale di computer (lan�VUJMJ[[BUB� JOJ[JBMNFOUF�QFS�TDPQJ�NJMJUBSJ�EJ�DPNVOJDB[JPOF��%J� MÖ�a una decina di anni il governo abbandona il progetto, lasciandolo nelle mani delle università americane che lo porteranno avanti con l’obiettivo di scambiare informazioni e conoscenze. Già nel 1974, co-EJmDBUP�M�PSNBJ�DFMFCSF�TUBOEBSE�EFM�QSPUPDPMMP�tcP/iP, il progetto della rete viene ribattezzato internet. Nel 1991 il cern di Ginevra annuncia VGmDJBMNFOUF�MB�OBTDJUB�EFM�World Wide Web. Due anni più tardi sulla rete ci sono già 50 pagine, otto anni dopo saranno più di 50 milioni5. Quest’enorme costellazione di eventi, nota col titolo altisonante di terza rivoluzione industriale, gravita evidentemente intorno all’in-venzione e allo sviluppo dei computer e della scienza informatica. Una trattazione sistematica di tale storia richiederebbe molte centi-OBJB�EJ�QBHJOF�F�OPO�Ò�RVFTUP�JM�MVPHP�EJ�BGGSPOUBSMB��$J�MJNJUFSFNP�BE�alcuni cenni sulle tappe fondamentali che, a partire dal sogno di Tu-SJOH �IBOOP�QPSUBUP�BMMB�OBTDJUB�EFMMB�NPEFSOB�$PNQVUFS�(SBmDB�cg), DVJ�BQQBSUJFOF�B�QJFOP�UJUPMP�RVFM�SJTUSFUUP�F�TQFDJmDP�TFUUPSF�EJ�VUJMJ[[P�della macchina universale che chiamiamo progettazione digitale. Il termine informatica deriva dall’espressione francese infor-matique �DPOJBUB�OFM������EBM�mTJDP�1IJMJQQF�%SFZGVT�DPNF�DPNQPTUP�aplologico della formula information automatique��*O�RVFTUP�TFOTP�MB�parola informatica�EFmOJTDF�MB�HFTUJPOF�BVUPNBUJDB�EJ�JOGPSNB[JPOJ�BU-traverso un calcolatore. E’ possibile tuttavia scomporre ulteriormente i due termini nelle rispettive radici per ottenere un orizzonte di senso più ampio. Informare�Ò�UFSNJOF�MBUJOP�DPM�TJHOJmDBUP�EJ�dare forma, dare struttura �F�RVJOEJ �QFS�USBTMBUP �rendere comprensibile. Automatico è UFSNJOF�HSFDP�DPNQPTUP��4VGmTTP�BMMB�GPSNB�SJnFTTJWB�ƴܥDžǍঞ, risuona nella parola la radice arcaica di ޓ�DžƼঞ, traducibile con pensiero. In RVFTUP�TFOTP�QPUSFNNP�JOUFOEFSF�M�*OGPSNBUJDB�DPNF�MB�TDJFO[B�DIF�dà-struttura (al) pensiero-autonomo, o, forse più legittimamente, come 5 I dati sono presi da, MassiMo baldini, Storia della comunicazione, Roma, Newton and Com-QPO �������2VFTUP�UFTUP�QVÛ�SJTVMUBSF�QFSBMUSP�NPMUP�VUJMF�QFS�BWFSF�VO�RVBESP�HFOFSBMF�EFMMF�innovazioni tecnologiche nell’ambito della comunicazione. Gli ultimi capitoli, in particolare, PGGSPOP�VOB�QBOPSBNJDB�TJOUFUJDB�NB�TVGmDJFOUFNFOUF�FTBVTUJWB�EFM�xx secolo, tratteggiando HMJ�TWJMVQQJ�QJá�TJHOJmDBUJWJ�EFJ�OVPWJ�media e presentando a supporto dell’analisi cospicui dati statistici relativi alla loro diffusione nei paesi occidentali.

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il pensiero-autonomo (che genera) informazioni. Sebbene si costitui-sca di fatto soltanto nella seconda metà del secolo scorso, il sogno di realizzare una macchina pensante�DIF�QSPEVDB�DPOPTDFO[B�o�F�RVJO-di informazione – ha attraversato il corso dei secoli sin dall’antichità più remota. Già la macchina di Anticitera del II secolo a.C. può essere considerata il primo calcolatore meccanico mai realizzato dall’uomo. Macchine pensanti�QFS�QSPEVSSF�P�mTTBSF�DPOPTDFO[F�TPOP�TUBUF�E�BM-USB�QBSUF�UFPSJ[[BUF�QFS�UVUUP�JM�NFEJPFWP�mOP�BMM�FUË�NPEFSOB �DPO�M�BG-fermarsi dell’arte combinatoria e delle mnemotecniche meccaniche sull’ondata del misticismo ebraico cabalista approdato prepotente-mente in Europa tra il vii e il ix secolo, che importerà nella cultura occi-dentale i principi di combinazione e permutazione linguistica. Si con-TJEFSJOP� JO�RVFTUP�TFOTP� MB�«Ars magna» di Raimondo Lullo (1274), la «Clavis magna» di Bruno (1587), la «Ars combinatoria» di Leibniz (1666) e la «Ars magna sciendi sive combinatorica» di Athanasius Kir-cher (1669), solo per citarne alcuni6. Tra i progenitori costruiti del mo-derno computer ricordiamo la celebre proto-calcolatrice Pascalina del 1642 ed il progetto per la Macchina Analitica, redatto e parzialmen-te realizzato dal matematico Charles Babbage nel 1833. Invenzioni che si sarebbero rivelate fondamentali per lo sviluppo dell’informatica sono inoltre la logica binaria, introdotta da George Boole nel 1854 ed i codici a schede perforate, brevettati nel 1889 dal futuro fondatore di ibM, l’ingegnere statunitense Herman Hollerith. E’ però il modello di Alan Turing il vero padre biologico dei computer moderni. Nel 1936 il matematico inglese pubblica l’arti-colo «On computable number, with an application to the Entscheri-dungsproblem»�EPWF�EFTDSJWF�QFS� MB�QSJNB�WPMUB�RVFMMB�DIF�TBSFC-be poi passata alla storia come macchina di Turing��VOB�NBDDIJOB�VOJWFSTBMF�EFmOJUB �JO�HSBEP�EJ�FTFHVJSF�QSPHSBNNJ�EJWFSTJ �DPEJmDBUJ�TPUUP�GPSNB�EJ�TUSJOHIF �BUUSBWFSTP�VO�OBTUSP�QPUFO[JBMNFOUF�JOmOJUP�su cui la macchina legge e scrive informazioni. Turing sta cioè teoriz-zando per la prima volta le caratteristiche costitutive dei computer, a UVUU�PHHJ�JOWBSJBUF��M�VOJWFSTBMJUË�EFM�software a parità di hardware, la possibilità di ricevere istruzioni come input e di visualizzare risultati come output. Per vedere realizzata concretamente l’idea di Turing bi-sognerà aspettare solo un decennio. Nel 1940 il già citato matemati-co statunitense Claude Shannon pubblica la tesi di dottorato dal titolo «A symbolic analysis of relay and switching circuits» che introduce il nuovo campo dell’elettronica digitale. Questo lavoro pone le basi teoriche per la costruzione dei primi calcolatori automatici. La logica binaria può essere concretamente tradotta in istruzioni matematiche attraverso i circuiti elettromeccanici. I valori booleani 0 e 1 corrispon-dono, nell’idea di Shannon, all’accensione e allo spegnimento del se-HOBMF�FMFUUSJDP�OFJ�DJSDVJUJ��-�JOGPSNB[JPOF�QVÛ�FTTFSF�JO�RVFTUP�NPEP�DPEJmDBUB �FMBCPSBUB�F�USBTNFTTB�JO�EJHJUBMF��6 1FS�VO�RVBESP�HFOFSBMF�EFMMF�tecniche combinatorie nella cultura ebraica cabalista e nelle SJnFTTJPOJ�EJ�-VMMP �#SVOP �-FJCOJ[�F�,JSDIFS �TJ�GB�SJGFSJNFOUP�B �uMberto eco, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Bari, Laterza, 1993. Il testo tratta evidentemente di MJOHVJTUJDB�F�OPO�GB�DFOOP�FTQMJDJUP�BMMB�RVFTUJPOF� JOGPSNBUJDB � UVUUBWJB�&DP�TFNCSB�B�USBUUJ�avvedersi dello stretto legame tra ars combinatoria e linguaggio digitale. Vi si trovano citati B�UBM�QSPQPTJUP�(FPSHF�#PPMF�FE� JM�QSPCMFNB�EFMM�JOUFMMJHFO[B�BSUJmDJBMF �EJ�DVJ�TJ�PDDVQFSË�anche Alan Turing.

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1.1. Macchina di Anticitera, ii�TFD��B�$��3BEJPHSBmB�1.2. Raimondo Lullo, «Ars Magna», 1274. Tavola.1.3. Blaise Pascal, Pascalina, 1642.1.4. Charles Babbage, Macchina Analitica, 1833.1.5. Alan Turing, Macchina universale, 1936. Ricostruzione.

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� $PMVJ�DIF�QJá�EJ�PHOJ�BMUSP�EJFEF�VOB�TWPMUB�TJHOJmDBUJWB�BMMB�strutturazione organica dei primi veri computer fu il matematico un-gherese John Von Neumann, che ebbe il merito di applicare il sistema logico-binario di Shannon alla costruzione della macchina universa-le teorizzata da Turing. Nel 1946 viene realizzato alla Pennsylvania University eniac, il primo calcolatore elettronico Turing completo della storia. Nel 1951, anche se il progetto nasce nel ’44, l’architettura har-dware descritta da Von Neumann trova applicazione nell’edvac, il pri-mo computer digitale a sistema binario. Nel 1947 arriva l’invenzione dei transistor�DIF�EJ�MÖ�B�QPDP�BWSFCCFSP�TPQQJBOUBUP�MF�JOHPNCSBOUJ�valvole termoioniche di eniac ed edvac, aprendo le porte alla stagione dei moderni calcolatori, tra gli anni ’50 e ’60. Già nel 1953 ibM pre-senta 650, il primo computer prodotto e commercializzato in serie. Quattro anni più tardi risponde sieMens mettendo sul mercato il model-MP�������*O�RVFTUJ�EFDFOOJ�JOUBOUP�TJ�TUB�MBWPSBOEP�JOUFOTBNFOUF�QFS�aumentare la potenza delle macchine e ridurre dimensioni e prezzi. Il processo di miniaturizzazione delle componenti elettroniche è po-tentemente segnato dall’invenzione dei circuiti integrati (1958) e dei microprocessori� ������ *M����BQSJMF������WJFOF�QSFTFOUBUP�BMMB�mFSB�di San Francisco aPPle ii, il primo personal computer (Pc) della sto-ria, completo di monitor e tastiera. Nel 1981 arriva xerox star, come evoluzione del mai commercializzato xerox alto, che introduce per MB�QSJNB�WPMUB�M�PSNBJ�DPNVOF�JOUFSGBDDJB�HSBmDB�wiMP (window, icon, Menu, Pointing device) completa di mouse7. Nel 1983 aPPle mette sul mercato lisa, introducendo il multitasking e la memoria virtuale e ap-QPSUBOEP�TJHOJmDBUJWF�NJHMJPSJF�BMM�JOUFSGBDDJB�HSBmDB�gui) dello xerox. Nonostante l’enorme innovazione tecnologica, lisa fu un insuccesso commerciale, forse troppo in anticipo per i suoi tempi, incapace di reggere lo strapotere di ibM che dominava il mercato con il lento ma BGmEBCJMF�NPEFMMP����� �NFHMJP�OPUP�DPNF Pc ibM, introdotto dal 1981. Nel 1984 aPPle ci riprova con Macintosh e ottiene un successo senza precedenti entrando per la prima volta nelle case della gente comu-ne, grazie alle nuove intuitive innovazioni dell’interfaccia wiMP, come il cestino e la scrivania, al costo contenuto e all’eleganza del design, per la prima volta applicato ad un calcolatore elettronico. L’evoluzione dei computer prosegue ininterrotta da allora, con un ritmo di innovazione esponenziale senza precedenti nella storia EFMMB�UFDOJDB�VNBOB��(MJ�FTJUJ�EJ�RVFTUF�USBTGPSNB[JPOJ�TPOP�VOB�OJUJEB�GPUPHSBmB�EFMMB�TPDJFUË�BUUVBMF�F�MB�SBQJEJUË�EFM�QSPDFTTP�EJ�DBNCJB-mento è ben presente nella memoria individuale di ciascuno, dove riemergono dall’infanzia immagini stranianti dei vecchi computer che eravamo abituati a osservare con occhi meravigliati. Lasciamo la storia dell’informatica nel fatidico anno orwelliano 1984, invitando il lettore che già non lo conoscesse a visionare lo spot commerciale DPO�JM�RVBMF�aPPle ha presentato al mondo il primo Macintosh8. Ci con-7 L’invenzione del mouse �BDRVJTJUB�EB�xerox, fu in realtà presentata da Douglas Engelbart HJË�OFM������BMMB�mFSB�EJ�4BO�'SBODJTDP��4F�OF�QBSMFSË�DPNVORVF�JO�TFHVJUP�8 *M�mMNBUP�QVCCMJDJUBSJP�EFM�Macintosh è universalmente considerato lo «spot del decennio», tanto da meritare una pagina dedicata su Wikipedia ed una cospicua letteratura a riguardo. Oltre ad essere una pietra miliare dell’arte pubblicitaria, «1984» è soprattutto un cortome-traggio d’autore, diretto da un ispirato Ridley Scott appena due anni dopo Blade Runner, il suo celebrato capolavoro di fantascienza. Lo spot esce proprio nell’anno della nota distopia

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1.6. eniac, 1946.1.7. edvac, 1951.1.8. ibM 650, 1953.1.9. sieMens 2002, 1957.1.10. aPPle ii, 1977.1.11. xerox star, 1981.

1.6. 1.7.

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DFOUSFSFNP�JOWFDF�TVMMP�TWJMVQQP�TUPSJDP�EFMMB�(SBmDB�%JHJUBMF9, che a partire dal lontano 1951 ed in parallelo con l’evoluzione dei primi calcolatori elettronici, ha aperto le porte alle forme contemporanee del progetto virtuale. L’espressione coMPuter grafica (cg) è stata introdotta nel 1960 dal William Fetter, progettista aeronautico della boeing � F� JEFOUJmDB�RVFMM�BNCJUP�EJ� VUJMJ[[P�EFM� DPNQVUFS� BUUSBWFSTP�DVJ� WJFOF�FMBCPSBUB�«qualunque cosa [...] che non sia né testo né suono»10.�4J�USBUUB�RVJO-di della gestione e manipolazione di immagini e rappresentazioni, generate dal computer su una piattaforma software dedicata. Nono-TUBOUF�TJ�QPTTB�QFOTBSF�BMMB�$PNQVUFS�(SBmDB�DPNF�BE�VO�QSPEPU-to software derivato di introduzione relativamente recente, la storia del suo sviluppo ha in realtà origini ben lontane, radicate negli stessi anni ’40 che hanno visto emergere i presupposti dell’informatica ed i primi prototipi di macchine universali. Nel 1945, prima ancora che eniac ed edvac siano terminati, l’aeronautica militare statunitense av-via il Whirlwind Project, sviluppato presso il Massachussets Insitute of Technology nell’ambito del progetto sage (seMi autoMatic ground environMent). Viene richiesto un simulatore di volo per l’addestramen-to dei piloti di caccia. La maggiore problematica da risolvere era evi-dentemente la simultaneità di risposta input/output, la possibilità cioè di far interagire il pilota e la macchina in tempo reale, per una simula-[JPOF�nVJEB�F�SFBMJTUJDB�EFMMF�NBOPWSF�EJ�HVJEB��%PQP�VOB�MVOHB�TFSJF�di sperimentazioni, il Mit si vede costretto ad elaborare un’architettura hardware completamente nuova, introducendo schede di memoria a nuclei magnetici per ovviare alla lentezza del sistema. whirlwind vie-ne inaugurato nel 1951 – lo stesso anno di edvac –, ed è il primo com-QVUFS�JO�HSBEP�EJ�WJTVBMJ[[BSF�UFTUP�F�HSBmDB�TVMMP�TDIFSNP�JO�UFNQP�reale. Il Mit�JOJ[JB�RVJOEJ�B�TWJMVQQBSF�whirlwind II, che viene in segui-to abbandonato per mancanza di fondi, la cui architettura generale convoglierà tuttavia nella costruzione del supercomputer an/fsq-7, appaltato ad ibM nel 1958 e realizzato in serie per conto del progetto governativo sage air defense11. whirlwind e i suoi successori hanno SBQQSFTFOUBUP�VOB�TWPMUB�TJHOJmDBUJWB�OFMMP�TWJMVQQP�EFMMF�NBDDIJOF�hardware, introducendo per la prima volta principi e logiche che nel HJSP�EJ�QPDIJ�BOOJ�TBSFCCFSP�EJWFOVUJ�JNQSFTDJOEJCJMJ��*O�RVFTUP�TFOTP �

orwelliana cui si ispira, e rappresenta l’atto immaginario di liberazione dalla dittatura del Socing. L’ingresso del Macintosh spezza l’omologazione del deprimente totalitarismo infor-matico, rivoluzionando il mondo dei computer, «and you’ll see why 1984 won’t be like1984». Il Big Brother di Orwell si può intendere nell’allegoria pubblicitaria come la rappresentazione dell’egemonia di ibM nel mercato informatico degli anni ’80, cui aPPle intende opporsi con il nuovo Macintosh��*M�mMNBUP�Ò�GBDJMNFOUF�SFQFSJCJMF�JO�SFUF�9 6O�UFTUP�EJ� SJGFSJNFOUP�DPNQMFUP � JO� JUBMJBOP �TVMMB�TUPSJB�EFMMB�$PNQVUFS�(SBmDB �BE�PHHJ�non esiste. Nelle pagine che seguono ci rifacciamo a materiale elettronico reperibile gratui-tamente sul web. In particolare si consiglia l’ottimo ebook di david weisberg, The engineering design revolution, che offre un’organica e dettagliatissima storia del cad, dalle origini sino ai software attuali, completa di informazioni tecniche e delle complesse vicende storiche legate allo sviluppo delle società più importanti. Per una panoramica più sintetica e generale, co-NVORVF�TVGmDJFOUF�B�GPSNBSTJ�VO�RVBESP�TUPSJDP�FTBVTUJWP �TJ�SJNBOEB�BMM�JQFSUFTUP�EJ�wayne carlson, A critical history of computer graphics and animation, Ohio State University, 2003.10 «What is computer graphics?», Cornell University Program of Computer Graphics, 1998.11 Per approfondire l’ambito di ricerca del progetto sage si consiglia la visione del breve do-cumentario propagandistico «On Guard!», prodotto da ibM nel 1956, e facilmente reperibile in rete.

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1.12. aPPle lisa, 1983.1.13. ibM 5150, 1981.1.14. aPPle Macintosh, 1984.1.15. Ridley Sott, «1984». Fotogramma.1.16. whirlwind, 1951.1.17. an/fsq-7, 1958.

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la simultaneità tra input e output e l’utilizzo del display come strumen-to rappresentativo di interfaccia, hanno aperto le porte all’esplosione EFMMB�$PNQVUFS�(SBmDB�USB�HMJ�BOOJ�����F�����EFM�TFDPMP�TDPSTP�� Nel 1963 l’informatico Ivan Sutherland pubblica la tesi di dotto-rato «Sketchpad: A Man-Machine Graphical Communication System», sintomaticamente, ancora al Mit. Questo lavoro gli sarebbe valso nel 1988 il Premio Turing, nonché l’universalmente riconosciuto titolo di QBESF�EFMMB�$PNQVUFS�(SBmDB��4VUIFSMBOE�WJ�QSFTFOUBWB�sketchPad, un sistema hardware/software interattivo per disegnare su display tramite penna ottica. Si trattava di uno strumento senza precedenti, pionie-re e modello imprescindibile per l’intera categoria di programmi che oggi conosciamo come cad. sketchPad ha introdotto tutti gli elementi GPOEBNFOUBMJ�EFMMB�$PNQVUFS�(SBmDB �QSPQPOFOEP� JOPMUSF� JM� MVOHJNJ-rante principio di interfaccia virtuale (gui) vent’anni prima delle spe-rimentazioni di xerox. L’utente era in grado di tracciare punti, linee F� BSDIJ� EJ� DFSDIJP � TQFDJmDBOEP� MVOHIF[[F� F� EJBNFUSJ�� 4J� QPUFWBOP�DSFBSF�mHVSF�DPNQPTUF�BUUSBWFSTP�MB�DPNCJOB[JPOF�EJ�FMFNFOUJ�F�GPS-me diverse. Come nei moderni cad, la rappresentazione complessiva o le sue singole parti potevano essere copiate, spostate, cancellate, SVPUBUF�P�SJEJNFOTJPOBUF �TFO[B�NPEJmDBSF�J�SBQQPSUJ�JOUFSOJ��sketchPad prevedeva inoltre i tradizionali comandi per gestire la visualizzazio-ne, spostarsi e ingrandire l’immagine, mantenendo in memoria le parti EFM�EJTFHOP�WJSUVBMNFOUF� GVPSJ�EBMMB�mOFTUSB�EFM�NPOJUPS�� *M�DPNQVUFS�di Sutherland rimane tuttavia una piattaforma sperimentale, realizzata in pochi esemplari nel ristretto circolo universitario del Mit. Per vedere DPNNFSDJBMJ[[BUP�JM�QSJNP�TPGUXBSF�EJ�$PNQVUFS�(SBmDB�CJTPHOFSË�UVU-tavia attendere un solo anno. Già nel 1964 infatti, compare sul mercato dac-1 (design augMented by coMPuter), un software proto-cad sviluppa-to da ibM per conto della general Motors, per certi versi molto simile a sketchPad. La tecnologia elaborata nell’ambito del progetto dac, porte-rà allo sviluppo e alla commercializzazione di ibM 2250, storico graphic display con risoluzione 1024x1024 e schermo da 12 pollici, che con la sua enorme diffusione determinerà in misura sostanziale il successo EFMMB�$PNQVUFS�(SBmDB�QFS�UVUUJ�HMJ�BOOJ������ -�JOOPWB[JPOF�QJá�TJHOJmDBUJWB�OFMM�BNCJUP�EFJ�TJTUFNJ�BE�JOUFS-faccia è tuttavia la comparsa del mouse, che sostituirà la scomoda penna ottica di Sutherland, permettendo una gestione più sempli-DF�FE�FGmDBDF�EFHMJ�PHHFUUJ�WJSUVBMJ �BODIF�F�TPQSBUUVUUP�JO�BNCJFOUF�cad. Nel 1968 l’inventore statunitense Douglas Engelbart presenta BMMB�mFSB�EJ�4BO�'SBODJTDP12 on line systeM (nls), prototipo di un nuo-vo dispositivo pointing device, che sarebbe passato alla storia come mouse. Il sistema hardware di Engelbart era inoltre composto di ta-stiera e computer con monitor bitmapped, secondo l’ormai classica conformazione che abbiamo tutti imparato a conoscere. La dimo-strazione di on line systeM�GV�DPTÖ�DPOWJODFOUF�EB�NFSJUBSF�M�BQQFM-lativo di «mother of all demos»13, ed il brevetto di Engelbart venne

12 Si tratta della celebre rassegna tecnologica Joint Computer Conference, che si teneva due volte all’anno, in primavera e in autunno, presso il Convention Center di San Francisco.13 Nella stessa demo, Engelbart propose anche un’altra invenzione che avrebbe cambiato la storia dell’informatica. Si trattava del prototipo software di un ipertesto��*M�mMNBUP�DPNQMFUP�della «mother of all demos» è tutt’oggi reperibile in rete.

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1.18. Computer sage, 1946.1.19. sketchPad, 1963.1.20. dac-1, 1964.1.21. ibM 2250, 1970.1.22. on line systeM, 1968.1.23. on line systeM, 1968. Dettaglio del mouse.

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BDRVJTJUP�EB�xerox per sviluppare il progetto wiMP. Come già ricorda-to, è lo xerox star del 1981 a portare sul mercato le innovazioni tec-OPMPHJDIF�JO�NBUFSJB�EJ�JOUFSGBDDJB�HSBmDB �TFHVJUP�OFM�HJSP�EJ�QPDIJ�anni dai modelli di aPPle e ibM��"�QBSUJSF�EB�RVFTUP�NPNFOUP �UVUUF�MF�architetture hardware e gli strumenti interattivi fondamentali sono so-TUBO[JBMNFOUF�EFmOJUJ��-B�TUPSJB�EFMMB�$PNQVUFS�(SBmDB�EJWFOUB�DJPÒ�RVFTUJPOF�EJ�sviluppo software. Già i risultati sperimentali del lavoro di Sutherland avevano sol-lecitato le aziende private del settore aerospaziale, navale e auto-mobilistico a prendere atto delle notevoli potenzialità della Computer (SBmDB �TQJOHFOEPMF�BE�BWWJBSF�QSPHFUUJ�EJ�SJDFSDB�JOEJQFOEFOUJ�QFS�MP�TWJMVQQP�EJ�TPGUXBSF�EFEJDBUJ�BMMB�QSPHFUUB[JPOF��*O�RVFTUP�TFOTP�TJ�considerino il già citato dac-1, per conto di general Motors, ed il fon-damentale catia, di cui si parlerà ampiamente in seguito. Nel corso degli anni ’80, si assiste in effetti ad una stagione di grande impor-UBO[B�QFS�MP�TWJMVQQP�EFMMB�$PNQVUFS�(SBmDB��*O�VO�TPMP�EFDFOOJP�TJ�concentra la fondazione di tutti i principali gruppi societari che anco-ra oggi si occupano di progettazione software nell’ambito cad, e non soltanto. Ricordiamo autodesk (1982) e graPhisoft (1982), per citare solo gli attuali leader nel settore. L’enorme successo dei software di $PNQVUFS�(SBmDB�TFHVF�FWJEFOUFNFOUF�JO�QBSBMMFMP�MP�TWJMVQQP�UFD-OPMPHJDP�EFMMF�NBDDIJOF�IBSEXBSF �DIF�QSPQSJP�JO�RVFHMJ�TUFTTJ�BOOJ�arrivavano sul mercato di massa con la commercializzazione dei pri-mi personal computer. Nel 1982 autodesk rilascia la prima release di autocad per piattaforma Pc ibM (1981). windows sarebbe nato d’altra parte solo tre anni più tardi. graPhisoft risponde nel 1984 con radar/ch, poi ribattezzato archicad, che arriva sul mercato insieme all’aPPle Macintosh su cui girava. Gli anni ’80, in effetti, segnano una svolta fondamentale per M�JOGPSNBUJDB � F� OPO� TPMUBOUP� OFMM�BNCJUP� SJTUSFUUP�EFMMB�HSBmDB� WFUUP-riale. Si comincia a parlare di tridimensionalità�F�MB�$PNQVUFS�(SBmDB�inizia ad imporsi come settore indipendente, articolato, e con gran-di prospettive di sviluppo. Nel corso del decennio arrivano i primi software dedicati alla modellazione, animazione e renderizzazione di PHHFUUJ�USJEJNFOTJPOBMJ �DIF�FTUFOEPOP�TJHOJmDBUJWBNFOUF�M�BNCJUP�EJ�utilizzo del cad al di fuori della progettazione. Già nel 1984 la neona-ta wavefront technologies rilascia Preview, seguita due anni più tardi dall’analogo pacchetto software della softiMage��5SBDDJBSF�VO�RVBESP�TUPSJDP�DPNQMFUP�EFMMB�$PNQVUFS�(SBmDB�JO�RVFTUP�QFSJPEP�EJ�HSBOEF�GFSNFOUP �SJTVMUB�JO�FGGFUUJ�BTTBJ�BSEVP �WVPJ�QFS�RVFTUJPOJ�DSPOPMPHJDIF�F�HFPHSBmDIF �WVPJ�QFS�M�FOPSNF�BSUJDPMB[JPOF�F�TQFDJmDJUË�EFJ�OVPWJ�sviluppi del settore. Gli Stati Uniti sembrano perdere il monopolio as-soluto dell’innovazione tecnologica a favore di un’Europa sempre più competitiva e di piccole realtà societarie locali, che, con il sorgere dell’economia globalizzata, riescono ad imporre sul grande merca-UP� J�QSPQSJ� TPGUXBSF�� *O�RVFTUP�TFOTP �TJ�DPOTJEFSJOP�BE�FTFNQJP� MF�TJHOJmDBUJWF� JOOPWB[JPOJ� JOGPSNBUJDIF�TWJMVQQBUF�OFHMJ�BOOJ� ����EBMMB�dessault, francese, da olivetti, italiana, e dalla già citata graPhisoft, ungherese. Con la diffusione dei Pc su scala mondiale, la Computer (SBmDB�WJWF�VO�QFSJPEP�EJ�HSBOEF� JOUFSFTTF�EB�QBSUF�EJ�NPMUJ�OVPWJ�

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settori produttivi, che convoglierà nell’articolazione di diverse tipolo-gie di software dedicate. Nel corso del decennio si comincia infatti BE�JNQJFHBSF�JM�DPNQVUFS�BODIF�JO�BNCJUP�DJOFNBUPHSBmDP �UFMFWJTJ-vo, pubblicitario, editoriale. Nascono inoltre i primi giochi elettronici, che contribuiscono a smantellare l’egemonia statunitense, aprendo le porte al potente ingresso del Giappone nel panorama informatico NPOEJBMF��"MM�JOUFSOP�EJ�RVFTUP�RVBESP�TUPSJDP�HFOFSBMF �OPUFWPMNFO-UF�BSUJDPMBUP�F�DPNQMFTTP �MB�$PNQVUFS�(SBmDB�BQQMJDBUB�OFMM�BNCJUP�della progettazione si sta evolvendo in misura radicale. L’innovazione QJá�TJHOJmDBUJWB�Ò�BQQVOUP�M�JOHSFTTP�EFMMB� tridimensionalità nell’am-biente di lavoro, che trasforma i software cad in modellatori solidi. Con l’introduzione del 3D – come vedremo14 –, il programma smette EJ�QPSTJ�DPNF�TFNQMJDF�USBEV[JPOF�WJSUVBMF�EJ�QSPDFEVSF�HSBmDIF�USB-dizionali, per maturare un proprio statuto logico nuovo, indipendente ed autonomo dai consueti sistemi di rappresentazione.� *M�QBTTBHHJP�B�RVFTUB�OVPWB� GBTF�EJ�NBUVSJUË� UFDOP�MPHJDB�TJ�può considerare segnato dalla trasformazione semantica dell’acroni-NP�JEFOUJmDBUJWP��$POUSBSJBNFOUF�B�RVBOUP�TJ�QPTTB�QFOTBSF �JM�TJHOJm-cato originario di cad è in effetti coMPuter aided drafting, ovvero dise-gno tecnico assistito dal computer, che è cosa ben diversa dall’uni-versalmente accettato coMPuter aided design. Il termine drafting, let-teralmente, stesura, implica una concezione tipicamente tradizionale EFM�QSPHFUUP � JO� UVUUF� MF� TVF� GPSNF��(MJ� FMBCPSBUJ�EJ�RVFTUB� UJQPMPHJB�di cad sono semplici rappresentazioni di un manufatto, nella stessa misura in cui lo erano, tracciate su carta, le sue varie proiezioni. Il coMPuter aided drafting� Ò � JO�RVFTUP� TFOTP �VOP�TUSVNFOUP�WJSUVBMF�per realizzare disegni di progetto.� /PUFWPMNFOUF�QJá�FTUFTP�Ò�JM�TJHOJmDBUP�EFM�UFSNJOF�JOHMFTF�de-sign, che non si esaurisce affatto nella traduzione apparentemente letterale. All’interno del suo vasto campo semantico, design vale insie-me per progettazione, intento, proposito, piano determinato15. Implica DJPÒ�RVFMMB�DPODF[JPOF�UPUBMJ[[BOUF�F�VOJWFSTBMF�DIF�Ò�UJQJDB�EFMM�JEFB�moderna di progetto, inteso come QSFmHVSB[JPOF�DPNQJVUB16��*O�RVF-sto senso, il manufatto virtuale in ambiente cad, corrisponde a tutti gli effetti al manufatto reale che pretende di pro-gettare. Il modellatore solido costruisce oggetti virtuali, laddove il vecchio cad disegnava segmenti e curve17. Il modello non è più rappresentazione, ma diven-14 Cfr. cap.2.15 Con il termine designer si indica infatti il progettista, genericamente inteso. Sarebbe in RVFTUP�DBTP�VO�FSSPSF� USBEVSSF�DPO� M�JUBMJBOP�disegnatore, che in inglese suona drawer o, appunto, draftsman.16 Cfr. cap.3.17 *O�RVFTUP�TFOTP�J� tracciati del disegno corrispondono alla realtà solo nella misura in cui WFOHPOP�EFDPEJmDBUJ�DPNF�TVB�SBQQSFTFOUB[JPOJ�EBMMB�MPHJDB�o�VNBOB�F�GBMMJCJMF�o�EFMM�PTTFS-vatore. Due quadrati in pianta e prospetto vengono interpretati come cubo sulla base di una DPOWFO[JPOF�HSBmDB�VOJWFSTBMNFOUF�BDDFUUBUB�NB�OPO�reale, secondo il medesimo processo logico che presiedeva all’interpretazione di una proiezione disegnata a mano. Questa proce-dura prevede la possibilità di errori ed imperfezioni sia nell’esecuzione, sia nell’osservazione, JO�RVBOUP�MB�costruzione�WJSUVBMF�EFMM�PHHFUUP�SBQQSFTFOUBUP�Ò�BGmEBUB�BMMB�GSBHJMF�MPHJDB�VNB-OB�EFM�EJTFHOBUPSF�F�EFMM�JOUFSQSFUF �J�RVBMJ �DPOEJWJEFOEP�JM�DPEJDF �BTTVNPOP�J�EVF�quadrati come rappresentazione di un cubo. Nel modellatore solido al contrario, il cubo è un oggetto JO� TÏ� DPNQJVUP � B� QBSUJSF� EBM� RVBMF� QPTTPOP� FTTFSF� WJTVBMJ[[BUF� BVUPNBUJDBNFOUF� MF� TVF�rappresentazioni proiettive, che, di conseguenza, sono necessariamente perfette. La costru-zione�WJSUVBMF�EFM�TPMJEP�Ò�BGmEBUB�BM�TPGUXBSF �OPO�BMM�JOUFSQSFUB[JPOF�GBMMJCJMF�EFM�EJTFHOBUPSF�

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UB�RVJOEJ�realtà simulata �FE�JO�RVBOUP�UBMF �costruzione, completa di UVUUF� MF� JOmOJUF�SBQQSFTFOUB[JPOJ�QPTTJCJMJ�� *M�coMPuter aided design è cioè uno strumento virtuale per realizzare progetti.� 4PMP�B�QBSUJSF�EB�RVFTUB�DPODF[JPOF�EJ�cad, si possono com-QSFOEFSF� J� TVDDFTTJWJ� TWJMVQQJ� EFMMB� $PNQVUFS� (SBmDB� OFMM�BNCJUP�delle simulazioni informatiche. In parallelo con lo sviluppo dei primi modellatori solidi, si cominciano ad evolvere software di progettazio-ne sempre più elaborati, in grado non solo di sostituire il disegno manuale rappresentativo con una compiuta realtà simulata, ma per MB�QSJNB�WPMUB�EJ�FTFHVJSF�PQFSB[JPOJ�EJ�WFSJmDB�F�BOBMJTJ�TQFSJNFOUBMF�TVMMF�HFPNFUSJF�QSFmHVSBUF��(JË�OFJ�QSJNJ�BOOJ�����TJ� JOJ[JB�B�QBSMBSF�di cae e caM. Il coMPuter aided�JNQMFNFOUB�MB�QPUFO[B�QSFmHVSBUJWB�F�gestionale del design solido, integrando le fasi virtuali di engineering e Manufacturing��-�JOOPWB[JPOF�Ò�GPSTF�USB�MF�QJá�TJHOJmDBUJWF�OFMM�JOUFSB�TUPSJB�EFMMB�$PNQVUFS�(SBmDB��-�JOGPSNBUJDB�BTTVNF�VOB�OVPWB�NFUP-EPMPHJB�EJ�QSPHFUUB[JPOF�F�QSPEV[JPOF �TWJODPMBOEPTJ�EFmOJUJWBNFOUF�EBJ�QSPDFTTJ�USBEJ[JPOBMJ�NBOVBMJ �B�QBSUJSF�EBJ�RVBMJ�BWFWB�JOJ[JBUP�B�svilupparsi con sketchPad. Il design si fa engineering�RVBOEP�JM�NPEFMMP�QSFmHVSBUP�WJFOF�TPUUPQPTUP�B�sperimentazione virtuale, integrando il lavoro di progettazione della forma con il calcolo numerico automa-tizzato, in un processo circolare di input e output��4J�GB�JOmOF�Manufac-turing�RVBOEP�J�TJTUFNJ�JOGPSNBUJDJ�JOWBEPOP�MB�TUSVUUVSB�DPNQMFTTJWB�delle attività produttive, comportando una progressiva robotizzazione FE�BVUPNB[JPOF�EFM�TFUUPSF�JOEVTUSJBMF��*M�TPGUXBSF �JO�RVFTUP�DBTP �Ò�JO�HSBEP�EJ�HFTUJSF�M�FGGFUUJWB�SFBMJ[[B[JPOF�EFMMB�HFPNFUSJB�QSFmHVSBUB �fornendo automaticamente alle macchine a controllo numerico com-puterizzato (cnc) le istruzioni necessarie a produrre il manufatto.� /FHMJ� BOOJ� ���� TJ� DPNJODJBOP� B� TWJMVQQBSF� TPGUXBSF� TQFDJmDJ�per la modellazione solida e la fabbricazione assistita (cad/caM)18, e solutori di strutture virtuali (cae�BHMJ�FMFNFOUJ�mOJUJ�feM)19. La vera ri-voluzione sarà tuttavia l’integrazione delle tre fasi all’interno di un’uni-ca piattaforma di gestione. Il primo software con tali caratteristiche è cati (concePtion assistée tridiMensionnelle interactive), sviluppato dalla società aeronautica dessault aviation a partire dal 1977, in sostitu-zione del pur pionieristico cadaM (coMPuter augMented drafting and Manufacturing). cati nasce all’interno del progetto Mirage 2000, il ce-lebre caccia da combattimento francese, di cui seguirà con succes-so lo sviluppo aerodinamico. Il lavoro informatico sul Mirage rimane UVUUBWJB�VO�QSJNP� UFTU� TQFSJNFOUBMF�QFS� WFSJmDBSF� MF� SFBMJ�QPTTJCJMJUË�EFM� TPGUXBSF � FE� Ò� BODPSB� BGmBODBUP� EBMMF� USBEJ[JPOBMJ�NFUPEPMPHJF�di progettazione. Il primo aereo interamente sviluppato su cati sarà invece il Rafale �DIF�FOUSB�JO�TFSWJ[JP�OFM����� �EPQP�DJORVF�BOOJ�EJ�gestazione sperimentale. Già nel 1981, il software esce dall’ambiente militare e viene immesso nel mercato civile, commercializzato da ibM con il nome di catia (coMPuter aided three-diMensional interactive aP-Plication). Ancora oggi l’ultima release (V5) è utilizzata nei più svariati settori della produzione industriale ad alto livello, dall’aerospaziale F�EFMM�PTTFSWBUPSF��*M�QSPDFTTP�MPHJDP�EJ�FMBCPSB[JPOF�F�EFDPEJmDB[JPOF�EFMMB�TJOUFTJ�HSBmDB�è sostanzialmente invertito.18 Cfr. cap.2.19 Cfr. cap.3.

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1.24. cati, 1981.1.25. autocad, su Pc ibM, 1982.1.26. archicad, su aPPle Macintosh, 1984.1.27. Macchina a controllo numerico computerizzato (cnc).1.28. catia v5, modello in fase cad.1.29. catia v5, modello in fase cae.

1.24.

1.25.

1.26.

1.28. 1.29.

1.27.

26

BMM�BVUPNPCJMJTUJDP � BEPUUBUP� EB� DPNQBHOJF� EJ� GBNB�NPOEJBMF� RVBMJ�boeing, Porsche e bMw. Nel giro di pochi anni dalla prima commercia-lizzazione di catia, nascono molti altri modellatori integrati concorren-ti, come nx-unigraPhics (1981) e Pro-engineering (1987), inaugurando di fatto la nuova stagione della progettazione e produzione industriale informatizzata.

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2.PROGETTO E COSTRUZIONE IN AMBIENTE VIRTUALEDALLA RAPPRESENTAZIONE ALLA REALTÀ, SIMULATA(CAD/CAM)

j5FLOF�TJHOJmDB�۲ǀƼঞ�ƿǁް� abito1 della mente.»

Platone, Cratilo, 414b

I primi anni ’90 rappresentano un momento cruciale nella nostra storia poiché segnano l’avvento più evidente della rivoluzione infor-matica nel mondo dell’architettura. Da un lato la sempre più grande diffusione dei personal computer�NFUUF�EFmOJUJWBNFOUF�JM�cad alla por-tata di tutti i progettisti, che cominciano a farne uso sistematico nella RVPUJEJBOB�DPOTVFUVEJOF�QSPGFTTJPOBMF �EBMM�BMUSP�M�JNQPOFOUF�TWJMVQQP�dei software di modellazione integrata nel decennio precedente trova mOBMNFOUF�VOB�WBMWPMB�EJ�TGPHP�QSFGFSFO[JBMF�OFMMF�OVPWF �BSEJUF �TQF-rimentazioni costruttive dei grandi studi di progettazione, che iniziano a considerare il computer non solo come un mezzo per ottimizzare la metodologia di progetto tradizionale, ma per trasformarla radical-mente. I software cad/cae/caM, originariamente sviluppati nell’ambito dell’aerodinamica militare, incontrano per la prima volta il mondo delle forme architettoniche, comportando una ristrutturazione decisamente radicale delle ormai assodate procedure ideative e progettuali. In altre parole, ci si rende conto che il variare del mezzo deve necessariamen-te aprire a nuovi mOJ �DIF�FRVJWBMF�B�EJSF �BE�VO�OVPWP�QBOPSBNB�EJ�GPSNF��-B�SJWPMV[JPOF�JOGPSNBUJDB�TJ�GB�DPTÖ�SJWPMV[JPOF�BSDIJUFUUPOJDB�1 Traduciamo ۲ǀƼঞ�con abito – dal latino habeo�²�per rendere conto della derivazione dalla radice ۲LjNJ, avere. Il termine greco ha tuttavia un campo semantico più�BNQJP �EJGmDJMNFOUF�trasferibile con un’unica espressione italiana. ۲ǀƼঞ�TJHOJmDB�QFS�1MBUPOF�BODIF�possesso, dominio (attestato nel Teeteto), condizione, stato (attestato nelle Leggi), consuetudine, espe-rienza, capacità (attestato nel Fedro). Posto in relazione con ƿǁް, il termine platonico si cari-DB�RVJOEJ�EJ�VOB�NPMUJUVEJOF�EJ�TFOTJ �QSFTUBOEPTJ�B�TWBSJBUF�JOUFSQSFUB[JPOJ. *O�RVFTUB�TFEF �ci limitiamo a riportare «essere padrone della propria mente» �JO�RVBOUP�USBEV[JPOF�QJá�co-NVOFNFOUF�BDDFUUBUB��(MJ�BMUSJ�TJHOJmDBUJ�EJ�۲ǀƼঞ�aprono tuttavia ad una lettura più�complessa e ²�crediamo ²�più�stimolante dell’etimologia platonica. Invitiamo pertanto il lettore a ritornare autonomamente sul passo del Cratilo �BMMB�MVDF�EFMMF�SJnFTTJPOJ�QSPQPTUF�JO�RVFTUP�DBQJUPMP�

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Nel 1989 l’architetto canadese Frank Gehry è impegnato nella progettazione di un’imponente scultura per il parco olimpico di Bar-cellona. Gehry intende costruire un grande pesce sospeso sugli edi-mDJ �B�QPDIJ�NFUSJ�EBM�MJUPSBMF�DBUBMBOP��(JË�OFM������BWFWB�SFBMJ[[BUP�una scultura analoga per il ristorante Fishdance, a Kobe, scontrando-si allora con un gran numero di problemi tecnico-costruttivi. L’enor-NF�NPMF�EJ�EJTFHOJ�SFBMJ[[BUJ�TJ�FSB�SJWFMBUB�JOTVGmDJFOUF�B�HPWFSOBSF�pienamente l’esecuzione dell’opera, che aveva incontrato in cantiere HSPTTF�EJGmDPMUË�EPWVUF�BMM�JOFWJUBCJMF�JNQSFDJTJPOF�EFM�QSPHFUUP�DBS-taceo. Con la problematica esperienza giapponese alle spalle, Gehry si rende conto che il pesce di Barcellona deve essere profondamente EJWFSTP�EB�RVFMMP�EJ�,PCF��)B�CJTPHOP�JO�QSJNP�MVPHP�EJ�VOP�TUSVNFO-UP�OVPWP �DIF�QFSNFUUB�EJ�HFTUJSF�TFO[B�EJGmDPMUË�JOWPMVDSJ�DPNQMFTTJ�a doppia curvatura e sotto-strutture irregolari, costituite di elementi singoli e, spesso, necessariamente unici. Deve inoltre poter gover-nare con precisione la fase costruttiva delle componenti, attraverso M�FTFDV[JPOF�EJ�VO�HSBO�OVNFSP�EJ�EJTFHOJ�TQFDJmDJ �FWJEFOUFNFOUF�NBHHJPSF�EJ�RVFMMJ �EJNPTUSBUJTJ�JOTVGmDJFOUJ �SFEBUUJ�QFS�MB�QSJNB�TDVM-tura. Lo strumento che Gehry sceglie è catia, all’epoca utilizzato per lo sviluppo aerodinamico dei velivoli2. Nonostante la vicinanza crono-logica e tematica, la differenza sostanziale tra le due opere è più che evidente. Il pesce di Kobe è a tutti gli effetti una macro-scultura, di-DIJBSBUBNFOUF�mHVSBUJWB �BTTJNJMBCJMF�BMMF�PQFSF�EJ�HJHBOUJTNP�pop di un artista come Oldenburg, peraltro amico dello stesso Gehry. Dopo TPMP�DJORVF�BOOJ�F� MB� GPOEBNFOUBMF� JOUSPEV[JPOF�EJ�catia, l’opera di Barcellona si pone invece come vera e propria architettura��BQSF�MF�porte alla maturità progettuale dell’architetto canadese, inaugurando RVFMMB�QPFUJDB�free form�DIF�EJ�MÖ�B�QPDIJ�BOOJ�MP�BWSFCCF�SFTP�DFMFCSF�in tutto il mondo. Il pesce di Barcellona abbandona completamente J� DBSBUUFSJ� DPOOPUBUJWJ�EFMMB�QSJNB�mHVSB[JPOF�HJBQQPOFTF��1FSEF� MF�QJOOF �MB�DPEB �HMJ�PDDIJ�F�MF�TRVBNF �QFS�GBSTJ�FTTFO[JBMNFOUF�forma, nVJEB �EJOBNJDB �QMBTUJDB �DPNF�FSB�BDDBEVUP�OFM������BMMB�«Maia-stra» di Brancusi3, fattasi «Bird in space»�� SJCFMMJPOF�EFM�gesto sim-bolico� BJ� WJODPMJ� SBQQSFTFOUBUJWJ� EFMMB� mHVSB[JPOF�� -�PQFSB�DBUBMBOB �conclusa nel 1992, è evidentemente una prova generale dell’ormai prossima maturità poetica dell’architetto canadese, che sboccerà TPMP�DJORVF�BOOJ�QJá�UBSEJ�DPO�M�JOBVHVSB[JPOF�EFM�(VHHFOIFJN�EJ�#JM-bao, lanciando di prepotenza sul palcoscenico mondiale, Gehry e la nuova estetica del free form.2 Cfr. cap.1.3 Le due opere di Gehry, realizzate a distanza di pochi anni, sembrano in effetti aver assorbito MB�MF[JPOF�EJ�#SBODVTJ �P�RVBOUPNFOP�BWFS�QFSDPSTP�VOB�USBTGPSNB[JPOF�TJHOJmDBUJWBNFOUF�BOBMPHB�B�RVFMMB�DIF �RVBTJ�VO�TFDPMP�QSJNB �FSB�BWWFOVUB�QFS�MF�TDVMUVSF�EFMM�BSUJTUB�SVNFOP��La Maiastra, del 1912, e la serie Bird in space, cominciata nel 1927, segnano il progressivo TNBUFSJBMJ[[BSTJ�EFMMB�mHVSB[JPOF�JO�UFSNJOJ�EJ�GPSNB��*M�UFNB�EFMMF�EVF�PQFSF �DPNF�QFS�(FI-ry, rimane lo stesso. La rappresentazione dell’uccello, carica nella tradizione rumena di sim-CPMJTNJ�TBMWJmDJ�o�MB�QBSPMB�maiastra�TJHOJmDB�QFSBMUSP�maestro –, tende a perdere nel tempo J�DBSBUUFSJ�mHVSBUJWJ�mOP�B�USBTGPSNBSTJ �DPO�Bird in space, in un semplice gesto formale. Qui l’uccello ha perso completamente il petto, la coda, il collo, e la testa. Della rappresentazio-OF�mHVSBUJWB�EJ�Maiastra rimane soltanto una leggera smussatura nella parte alta, retaggio appena accennato del becco. Tutto il resto del corpo si è fuso nel movimento del volo, allun-HBOEPTJ�F�NFTDPMBOEPTJ�mOP�B�QFSEFSF�UPUBMNFOUF�J�DBSBUUFSJ�EFMMB�mHVSB[JPOF �QFS�EJTTPMWFSTJ�OFMMB�QVSB�GPSNB�EFM�EJOBNJTNP��*O�RVFTUP�TFOTP �#SBODVTJ�TFNCSB�BWFS�BTTPSCJUP�B�TVB�WPMUB�la grande lezione del futurismo italiano.

29

2.1. Frank Gehry, Fish, Kobe, 1986.2.2. Frank Gehry, Fish, Barcellona, 1989.2.3. Claes Oldenburg, Spoonbridge and cherry, 1988.2.4. Constantin Brancusi, Maiastra, 1912.2.5. Constantin Brancusi, Bird in space, 1927.

2.2.

2.3.

2.5.2.4.

2.1.

30

Il progetto del museo spagnolo inizia infatti a svilupparsi dal 1991, mentre il cantiere per la scultura di Barcellona è ancora in fase di chiusura. Evidentemente, la più che positiva esperienza catalana contribuisce in misura sostanziale alla decisione di portare avanti su grande scala il progetto ideologico, metodologico e costruttivo intro-dotto con il secondo pesce. Il Guggenheim Museum eredita e svi-luppa ulteriormente i principi formali e strutturali che Gehry aveva da poco messo alla prova su catia, e che, di fatto, nel momento della DPTUSV[JPOF �TJ�FSBOP�EJNPTUSBUJ� JODSFEJCJMNFOUF�FGmDBDJ��*M�NVTFP�EJ�#JMCBP �DPODMVTP�OFM����� �Ò� JM�QSJNP�WFSP�FEJmDJP� JOUFSBNFOUF�QSP-gettato su piattaforma cad/cae/caM e soprattutto il primo compiuto mo-EFMMP�TQFDJmDBUBNFOUF�BSDIJUFUUPOJDP�EJ� free form�� *O�RVFTUJ� UFSNJOJ �il Guggenheim Museum rappresenta una tappa fondamentale nella storia delle costruzioni, inaugurando la grande rivoluzione del proget-to informatizzato e ponendosi di fatto come padre e paradigma della nuova poetica decostruttiva. Il successo personale di Gehry con il museo, è tuttavia indissolubilmente legato al successo e alla straordi-OBSJB�FGmDBDJB�EJ�catia, che per primo ha aperto la strada dell’architet-tura ai numerosi software di progettazione integrata che sono oggi sul mercato. In seguito all’enorme fortuna riscossa con il Guggenheim, la stessa gehry technologies rilascia nel 2004 digital Project, una pro-pria suite di applicativi per la progettazione digitale, strutturata su catia V5, che integra nel generico software madre le logiche e gli TUSVNFOUJ�TQFDJmDJ�QFS�MP�TWJMVQQP�EJ�TUSVUUVSF�UJQJDBNFOUF�BSDIJUFUUPOJ-DIF��/FM�DPSTP�EFHMJ�BOOJ���� �MB�TFNQSF�QJá�TJHOJmDBUJWB�EJGGVTJPOF�TVM�mercato di altri modellatori solidi cad/caM, come solid-edge (1995) e solidworks����� �F�EFJ�OVPWJ�TPGUXBSF�EJ�WFSJmDB cae/feM4, fornisce a UVUUJ�J�QSPHFUUJTUJ�HMJ�TUSVNFOUJ�TQFDJmDJ�QFS�QPSUBSF�BWBOUJ�VOB�NFUPEP-logia di lavoro free form, sull’esempio magistrale di Gehry, segnando una tappa cruciale per l’architettura del nuovo millennio. Il cosiddetto «effetto Bilbao» diventa il modello imprescindibile – odiato o amatis-simo – con cui avere un confronto. Le conseguenze di una tale rivoluzione – informatica e soprat-tutto architettonica – sono oggi sotto gli occhi di tutti. Il Guggenheim Museum non viene solo interpretato e sacralizzato come paradigma estetico della contemporaneità, ma inaugura di fatto un nuovo modo di concepire – prima ancora che fare – architettura. La logica del post-moderno si sgretola di fronte alle poetiche della decostruzione e del free form, bandiere autentiche di un’architettura contemporanea, che affonda le proprie radici teoriche non tanto nell’apparentemente JOHFOVB� JEFB� EJ� MJCFSUË� GPSNBMF � RVBOUP� QJVUUPTUP� OFMMB� QJá� P�NFOP�conscia assimilazione dei complessi rapporti interdisciplinari tra arte, scienza, epistemologia, estetica e psicologia della percezione. Ma-OJGFTUB[JPOF� QJá� TJHOJmDBUJWB� EJ� RVFTUB� USBTWFSTBMF� DPOUBNJOB[JPOF�linguistica e metodologica, è appunto il panorama dell’architettura contemporanea. Per la propria intrinseca natura complessa, essa for-nisce il terreno più fertile all’integrarsi multidisciplinare delle diverse tecniche e soprattutto delle nuove forme di pensiero che si vanno affermando nella seconda metà del secolo scorso.

4 Cfr. cap.3.

31

2.6. Frank Gehry, Fish, Barcellona, 1989. Modello su catia.2.7. Frank Gehry, Guggenheim, Bilbao, 1997. Modello su catia.2.8. Frank Gehry, Guggenheim, Bilbao, 1997.

2.6.

2.8.

2.7.

32

In primo luogo, tutti i movimenti dell’arte occidentale compresi USB�HMJ�BOOJ�����F�����BQQPSUBOP�VOB�HSBOEF�JOnVFO[B�OFMM�FMBCPSB[JPOF�– di poco successiva – del substrato teorico free form, contribuendo JOPMUSF�B�QPSSF�BMDVOF�OVPWF�RVFTUJPOJ�GPOEBUJWF �SFMBUJWBNFOUF�BMM�JEFB�HFOFSBMF�EJ�BSDIJUFUUVSB�FE�BM�TJHOJmDBUP�TUFTTP�EFM�QSPHFUUBSF��%BMMB�cultura pop5, ed in particolare dall’amico Claes Oldenburg, Gehry as-sume la poetica dell’immaginario collettivo e del prodotto di consumo. L’architettura si fa oggetto, scultura, e pone al centro dell’interesse del progettista la ricerca della forma, svincolata ormai dalle necessità fun-zionali, e sacralizzata come eidolon, feticcio della cultura produttiva occidentale. Dall’arte programmata e cinetica6 derivano la priorità del GSVJUPSF�JO�RVBOUP�JOUFSQSFUF�EFMM�PQFSB�F�MB�TVB�DPOTFHVFOUF�TUSVUUVSB-zione come complesso strumento percettivo, dinamico, sempre vario e continuamente rinnovato. L’architettura si fa performance, trompe l’oeil estetico, movimento costantemente periferico senza traccia di logo-centrismi. La tendenza minimal e soprattutto l’arte concettuale7 TFHOBOP�JOmOF�MB�QSPHSFTTJWB�TNBUFSJBMJ[[B[JPOF�EFMM�PQFSB�OFMMB�GPS-ma dell’idea, nel gesto istantaneo e irripetibile dell’evento8. L’architet-5 Il legame tra Gehry ed il movimento pop risulta evidente soprattutto nelle prime opere dell’architetto canadese, dove la giovanile impronta post-moderna che avrebbe presto ab-bandonato, si mescola con la passione, tipicamente pop, per il gigantismo iperbolico delle icone culturali. L’esempio più celebre è certamente il Binoculars Building di Los Angeles, VO�FEJmDJP�DPNNFSDJBMF�SFBMJ[[BUP�USB� JM������FE�JM����� � JO�DPMMBCPSB[JPOF�DPO�M�BNJDP�0M-denburg. Il fronte strada è dominato dall’enorme scultura di un binocolo, disegnato dall’ar-UJTUB�TUBUVOJUFOTF �DIF�BDDPHMJF�M�JOHSFTTP�EFMM�FEJmDJP��*M�HJË�DJUBUP�pesce di Kobe, di pochi anni successivo, si può collocare in effetti sulla stessa linea di pensiero di Oldenburg, con-sacrata da opere celeberrime come Floor burger (1962), Cigarette (1966), Lipstick (1972), Spoonbridge and cherry (1988).6 L’arte programmata e l’arte cinetica, sviluppatesi intorno alla metà del secolo scorso, cer-cavano di introdurre nelle opere la medesima forma di dinamismo fruitivo, operando tuttavia attraverso due principi diversi. La prima lavorava sull’inganno ottico dell’immagine pittori-ca, spostando il movimento nell’occhio dell’osservatore, mentre la seconda introduceva il dinamismo direttamente nelle opere, costruendo macchine e sculture mobili, sull’esempio magistrale di Duchamp (Rotoreliefs) e Calder (Mobiles), nella prima metà del ‘900. Per l’arte programmata e optical si prendano in considerazione i lavori di Victor Vasarely, Bridget Riley e Francois Morellet, mentre per il fenomeno cinetico le famose macchine inutili di Jean Tin-guely e le sculture instabili di Lygia Clark, che peraltro approderà anche alla performing art.7 La tendenza al concettualismo si sviluppa intorno agli anni ’70 e comprende una vasta serie di fenomeni a sé stanti come la stessa conceptual art, la performing art, la body art, l’azioni-smo viennese ed il nVYVT. E’ possibile tuttavia individuare come denominatore comune per tutte le forme dell’arte concettuale�MB�UFOEFO[B�B�TPQQSJNFSF�MB�mTJDJUË�EFMM�PQFSB �DIF�EJWFO-ta appunto concetto, performance, evento, accadimento (happening). John Cage afferma: «meno noi strutturiamo l’azione [...] maggiore sarà lo stimolo per la facoltà strutturante di ciascuna persona nel pubblico; se noi non abbiamo fatto niente allora questi dovrà far tutto da solo» (An Interview with John Cage, Tulane Drama Review 10, 1965). Lo smaterializzarsi dell’opera come oggetto di contemplazione estetica, comporta inevitabilmente l’affermarsi sempre maggiore del ruolo interpretativo del fruitore, che diventa il nuovo centro dell’opera-zione artistica. Nei limiti del possibile, ciò accade anche in architettura. Per un’analisi inter-EJTDJQMJOBSF�EJ�RVFTUP�GFOPNFOP�FTUFUJDP �TJ�SJNBOEB�B �luigi Pareyson, Estetica. Teoria della formatività �5PSJOP �&EJ[JPOJ�'JMPTPmB ����� �F �uMberto eco, Opera Aperta, Milano, Bompiani, 1962.8 L’idea di evento, o happening, arriva nell’arte occidentale con gli anni ’60, introdotta dall’ar-tista statunitense Allan Kaprow, anche se il collettivo giapponese Gutaj la metteva in pratica già nel 1954. L’opera evento�NFUUF� JO� DSJTJ� MB� USBEJ[JPOBMF� DPODF[JPOF� EFMM�BSUF� JO� RVBOUP�creazione oggettuale, imponendo le idee di caducità e irripetibilità come nuovi valori estetici del contemporaneo, in sostituzione al vecchio «monumentum aere perennius» (orazio, Odi, *** � �� � � � DIF � DPNF�QSJODJQJP� mOBMJTUJDP�EFMM�PQFSB[JPOF�DSFBUJWB � FSB� SJNBTUP� TPTUBO[JBM-NFOUF� JOWBSJBUP�EBMMB�DMBTTJDJUË�mOP�BM� A�����-�PQFSB�E�BSUF�TJ�TQPTUB�EBM�QJBOP�EFMM�essere statico,�DPODMVTP �mOJUP �B�RVFMMP�EFMM�essere dinamico, mutevole, eventuale. E’ ovviamente VOB�USBTGPSNB[JPOF�POUPMPHJDB�QSJNB�DIF�FTUFUJDB��-B�NFUBmTJDB�EFM�A����TFHVF�JM�NFEFTJNP�

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2.9. Frank Gehry, Claes Oldenburg, Binoculars Building, Los Angeles, 1985.2.10. Victor Vasarely, Vega-nor, 1969.2.11. Lygia Clark, Bicho, 1962.2.12. Enrico Castellani, 4VQFSmDJF�WJPMB 1960.2.13. Allan Kaprow, Fluids, 1967. Immagine della performance.

2.9.

2.10.

2.12. 2.13.

2.11.

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UVSB�TJ�GBSË�BMMPSB�JOTUBCJMF�F�JODPFSFOUF��MP�TQB[JP �BNPSGP�F�POJSJDP� Siamo d’altra parte negli stessi anni ’70 che hanno visto in cam-QP�TDJFOUJmDP� MF�HSBOEJ� SJWPMV[JPOJ�EFMM�JOGPSNBUJDB �EFMMB� UFMFNBUJDB �della teoria della comunicazione e della cibernetica9. Parallelamente, JO�BNCJUP�mMPTPmDP �QTJDPMPHJDP�F�OFVSPCJPMPHJDP �TJ�TUB�BGGFSNBOEP�l’analoga tendenza a considerare ogni fenomeno come fatto comuni-cativo, cioè come meccanismo di trasmissione ed interpretazione di EBUJ�JOGPSNB[JPOBMJ �TJBOP�FTTJ�EJ�OBUVSB�BSUJmDJBMF�FMFUUSPOJDB�P�CJP-logica (neuronale), sulla base della grande lezione cibernetica. Sono gli anni d’oro della psicologia cognitiva, dello strutturalismo, della lin-guistica, della semiotica e dell’ermeneutica, nel senso ristretto di tec-OJDB� JOUFSQSFUBUJWB �F� JOTJFNF �TJHOJmDBUJWBNFOUF �FTUFTP �EJ�mMPTPmB prima della conoscenza10. In altri termini, siamo nell’età della nootecnica11, cioè nel tem-po in cui «la tecnica è diventata innanzi tutto modalità neuronale, pensiero»12, e, attraverso l’informazione, si è fatta «da materiale a immateriale, da locale a diffusa, da antropica ad aliena, da visibile a invisibile, [...] da dedicata a universale, da hard a soft, da minerale e meccanica a biologica e biotecnica»13. Sono, più in generale, l’intero JNQJBOUP�EJ�DPOPTDFO[F�TDJFOUJmDIF�F� MB�DPNQMFTTJWB� JNQPTUB[JPOF�DVMUVSBMF�EFM�OPTUSP� UFNQP �B�WJWFSF�RVFTUP�QSPDFTTP�TJTUFNBUJDP�F�irreversibile di dissoluzione� EFMMB� SFBMUË� mTJDB� OFJ� UFSNJOJ � TGVHHFO-ti, di pensiero del reale, cioè informazione, conoscenza, concetto. E RVFTUP�WBMF�o�TJ�Ò�WJTUP�o�OPO�TPMP�QFS�M�BNCJUP�UFDOJDP�TDJFOUJmDP�NB�BODIF�F�TPQSBUUVUUP�OFJ�GFOPNFOJ�DVMUVSBMJ �BSUJTUJDJ�F�mMPTPmDJ �MBEEPWF�l’attenzione critica si sposta dal fatto alla sua comunicazione, intesa percorso, passando dalla concezione classica – statica – dell’essere parmenideo all’esserci heideggeriano (Dasein), storicamente gettato (Geworfen) nelle circostanze storiche, irripeti-bili, dell’evento (Ereignis). La concezione dell’essere come evento è sviluppata nel pensiero del cosiddetto «secondo Heidegger», dopo la svolta degli anni ’30, e trova compimento nel 1938 con il testo Vom Ereignis.9 Cfr. cap.1.10 La parola ermeneutica – da Ermes �JM�NFTTBHHFSP�EFHMJ�EFJ�o�JEFOUJmDB�MB�UFDOJDB�EFMM�JO-terpretazione e della traduzione di un messaggio, sia esso testuale o segnico. Nella sua ac-DF[JPOF�NFUPEPMPHJDB�RVJOEJ �FTJTUPOP�WBSJF�ermeneutiche�TQFDJmDIF �SFMBUJWF�BMMF�EJGGFSFOUJ�forme di testualità possibili. Si può parlare ad esempio di ermeneutica biblica, artistica o giu-ridica, in relazione alla tecnica interpretativa dei testi sacri, delle opere d’arte e delle leggi. Nella seconda metà del ‘900 tuttavia, si impone una concezione più generale dell’ermeneu-tica�DPNF�WFSB�EJTDJQMJOB�mMPTPmDB � JO�RVBOUP�NFDDBOJTNP�VOJWFSTBMF�EFMMB�DPNQSFOTJPOF�VNBOB��*O�RVFTUP�TFOTP�UFOEF�B�EJWFOUBSF�RVFTUJPOF�ontologica e a farsi principio primo di VOB�mMPTPmB�TUSVUUVSBUB�TVMM�interpretazione come condizione di possibilità della conoscenza. L’autore che maggiormente contribuisce all’affermarsi dell’ermeneutica JO�RVFTUJ� UFSNJOJ�Ò�hans-georg gadaMer, con il celebre testo Verità e Metodo, del 1960.11 Il concetto di nootecnica, introdotto da Roberto Masiero, sembra risolvere la controversia SFMBUJWB�BMMB�EFmOJ[JPOF�EFMM�FUË�DPOUFNQPSBOFB �SBDDPHMJFOEP�JO�VO�VOJDP�UFSNJOF�MF�GPSNVMB-zioni – incomplete e complementari – di Severino e McLuhan. L’espressione severiniana età della tecnica non rende conto delle trasformazioni sostanziali avvenute in ambito tecnologi-co, che hanno evidentemente cambiato l’idea stessa di tecnica, smaterializzandola nella for-ma, invisibile, della comunicazione cibernetica. Analogamente la formula età dell’informazio-ne, TF�EB�VO�MBUP�TQFDJmDB�JM�DBSBUUFSF�WJSUVBMF�F�JOGPSNB[JPOBMF�EFM�OPTUSP�UFNQP �OPO�SJFTDF�tuttavia ad esprimerne la dipendenza centrale dall’apparato tecnologico contemporaneo, su cui invece pone l’accento il discorso di Severino. Il termine nootecnica,�JO�RVFTUP�TFOTP �TFNCSB�SFOEFSF�DPOUP�EJ�FOUSBNCF�MF�GPOEBNFOUBMJ�BDDF[JPOJ�EFM�OPTUSP�TFDPMP �TQFDJmDBOEP�la dissoluzione della tecnica nella forma del pensiero (nous) tecnico. Per un confronto tra le due posizioni ed i testi di riferimento, cfr. note 1,2, cap.1.12 roberto Masiero, Estetica dell’architettura, Bologna, Il Mulino, 1999.13 Ibidem.

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come necessario ed inevitabile mMUSP gnoseologico della realtà. L’arte perde corporeità per farsi concetto – cioè pensiero –, il prodotto di-venta informazione, la conoscenza interpretazione, la realtà virtuale. L’architettura ha nel frattempo subito le medesime sorti, trasforman-dosi in oggetto compiuto a priori, imparando a prescindere dall’atto costruttivo14 � DPTÖ� DPNF� TUB� BWWFOFOEP�QFS� HMJ� BMUSJ� GFOPNFOJ��$PF-rentemente, si è fatta pro-getto��&E�IB� USPWBUP�OFMM�JOmOJUP� WJSUVBMF� JM�lungamente agognato iperuranio per potersi arroccare in un nuovo, autonomo, concettualismo. Il pro-getto può diventare u-topia, nel senso strettamente eti-mologico15, cioè non-luogo, o, meglio, luogo-virtuale, regno del pos-sibile, ma non per forza reale. Ottiene cioè l’indipendenza sostanziale EBM�NPOEP�mTJDP �DPTUJUVFOEPTJ�UVUUBWJB�DPNF�BMUFSOBUJWB�MPHJDBNFOUF�JOBUUBDDBCJMF �QSFmHVSBUB�F�DPNQJVUB�JO�RVFMM�BNCJFOUF�BVUPOPNP�TFO-[B�UFNQP�OÏ�DPOmOJ�EJ�OFDFTTJUË�DIF�Ò�M�VOJWFSTP�WJSUVBMF �DPTÖ�DPNF�accadeva alle utopie letterarie. Lo schermo nero del cad è l’erede con-temporaneo della pagina bianca su cui la penna tracciava una virtua-lità narrativa autonoma, con le proprie leggi e una sua incontrovertibile DPFSFO[B �OPO�OFDFTTBSJBNFOUF�SFBMJ[[BCJMF�NB�OPO�QFS�RVFTUP�NFOP�suggestiva. L’informatica rende possibile il sogno ancestrale di model-lare una realtà parallela secondo le proprie aspettative. Solo che, a dif-ferenza dell’immaginazione letteraria e poetica, fornisce gli strumenti per costruirla – e viverla – effettivamente16. Tutto ciò che è reale può 14 La tendenza all’imporsi del progetto come organismo autonomo, che prescinde dall’atto costruttivo, si manifesta esplicitamente nell’architettura e nell’arte degli ultimi decenni del ‘900, sulla scia della trasversale dissoluzione del reale in termini di virtuale. L’idea di progetto come pensiero compiuto in se stesso, comporta una parallela svalutazione dell’atto concre-UBNFOUF�QSPEVUUJWP �JOUFTP�JO�RVFTUP�TFOTP�DPNF�VOB�NFSB�«estrinsecazione tecnica [...] del fantasma poetico, in suoni, colori, parole o pietra», cioè lo costituisce come semplice «fatto BDDFTTPSJP �DIF�OPO�BHHJVOHF�OVMMB�BMMB�QJFOF[[B�F�EFmOJUF[[B�EFMM�PQFSBx�(uMberto eco, La EFmOJ[JPOF�EFMM�BSUF �.JMBOP �.VSTJB �������4J�SJUPSOB�RVJOEJ�BE�VOB�QSPTQFUUJWB�FTUFUJDB�EJ�TUBNQP�JEFBMJTUB �P �OFMMP�TQFDJmDP �DSPDJBOB��5SB�HMJ�BOOJ�����F�����NPMUJ�BSUJTUJ�o�QFS�CSFWJUË�citiamo solo i pluridecorati Jeff Koons e Damien Hirst – si fanno a tutti gli effetti semplici pro-gettisti�EFMMF�MPSP�PQFSF �DIF�WFOHPOP�GBUUF�DPTUSVJSF�JO�PGmDJOB�TFDPOEP�MF�JTUSV[JPOJ�EFMM�BVUP-SF��*O�RVFTUP�TFOTP�M�BSUJTUB�DPOUFNQPSBOFP�TJ�JTQJSB�BM�NPEFMMP�USBEJ[JPOBMF�EFMM�BSDIJUFUUP �JO�RVBOUP�QSFmHVSBUPSF�NB�OPO�FTFDVUPSF�EFMM�PQFSB��&WJEFOUFNFOUF�M�JOGPSNBUJDB�OPO�IB�GBUUP�BMUSP� DIF�QPUFO[JBSF�RVFTUB� UFOEFO[B � DPNVORVF�HJË�QSFTFOUF � BMM�BVUPOPNJB� WJSUVBMF�EFM�progetto, estendendola nel contempo alle altre forme della produzione artistica. Tutto si fa pro-getto �DJPÒ�QSF�WJTJPOF�BVUPOPNB�F�EFmOJUB �intuizione crociana. «La sua sostanza cogi-tante [dell’opera d’arte], o, per meglio dire, il suo atto intuitivo, è perfetto in sé, ed è quel fatto medesimo che l’intelletto costruisce poi come esteso [poiché] è inconcepibile un’immagine priva di espressione» (benedetto croce, Breviario di Estetica, Bari, Laterza, 1912).15 Il termine utopia fu coniato nel 1516 da Thomas More, ed è il titolo della sua opera più celebre. Nell’idea di More, u-topia è una eu-topia – in inglese si pronunciano allo stesso modo –, cioè un luogo ideale positivo (eu �QSFmHVSB[JPOF�EJ�VOB�TPDJFUË�NJHMJPSF��/FMM�BD-cezione comune tuttavia, il termine ha assunto una sfumatura critica. Utopia�Ò�VO�RVBMDPTB�di auspicabile ma non realizzabile. Di converso, distopia – o cacotopia –�EFmOJTDF�RVBMDPTB�EJ�JOEFTJEFSBCJMF�NB�QVSUSPQQP�QPTTJCJMF �F�GPSTF�QSPTTJNP��/FM�TVP�TJHOJmDBUP�FUJNPMPHJDP u-topia è semplicemente un non-luogo �PWWFSP�RVBMDPTB�DIF�OPO�FTJTUF �P�OPO�FTJTUF�BODPSB��*O�RVFTUP�TFOTP�TJ�QVÛ�JOUFOEFSF�JM�progetto virtuale come lo spazio utopico per eccellenza.16 *O�RVFTUP�TFOTP �PMUSF�BMM�BSDIJUFUUVSB�WJSUVBMF �TJ�DPOTJEFSJ�M�VUJMJ[[P�EFMMB�DPNQVUFS�HSBmDB�OFMM�BNCJUP�EFMM�JOUSBUUFOJNFOUP��-B�TJNVMB[JPOF�EFMMB�SFBMUË �TJB�FTTB�mTJDB�P�MJCFSBNFOUF�JN-maginata, ha dato luogo negli ultimi decenni ad un business senza precedenti nella storia della narrativa popolare. Nel 1995 usciva nelle sale americane Toy Story, il primo lungome-USBHHJP�E�BOJNB[JPOF�DPNQMFUBNFOUF�TWJMVQQBUP�JO�DPNQVUFS�HSBmDB��"QQFOB�VO�EFDFOOJP�più tardi – siamo nel 2009 – esce Avatar di James Cameron, che rivoluziona il mondo dell’ani-mazione digitale con introduzione della stereoscopia 3D. Prevedibilmente, la storia della let-teratura mondiale è stata saccheggiata senza ritegno, nell’euforica ed incontrollata esaltazio-OF�EFM�QPUFS�mOBMNFOUF�WFEFSF�o�F �RVBTJ �UPDDBSF�DPO�NBOP�o�DJÛ�DIF�M�VPNP�IB�QFS�NJMMFOOJ�

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essere riprodotto in virtuale, ma di certo non il contrario. L’informatica FTUFOEF�RVJOEJ�JM�dominio del possibile nel dominio dell’immaginabile. Questa è la grande rivoluzione della nootecnica. � *O�RVFTUP�TFOTP� JM�OPTUSP� UFNQP�QVÛ� SBQQSFTFOUBSF� MB�NPSUF�della «condizione postmoderna», appena un decennio dopo la sua compiuta teorizzazione17��-B�ESBNNBUJDB�mOF�EFJ�«grandi racconti»18 o�QSJNP�GSB�UVUUJ �RVFMMP�storico –, e la conseguente (in)digestione sto-SJPHSBmDB�EFM�QBTTBUP�JO�VO�QSFTFOUF�USBHJDBNFOUF�DPOTBQFWPMF�EFM-MB�QSPQSJB�VOJWFSTBMJ[[BOUF�BSUJmDJBMJUË�BOUSPQPDFOUSJDB �TFNCSBOP�USP-WBSF�QBDF �DPO�MB�SJWPMV[JPOF�JOGPSNBUJDB �JO�VO�SJOOPWBUP �QFS�RVBOUP�timido, ottimismo di matrice pseudo-neo-positivista. La deprimente consapevolezza che la scienza non possa raggiungere un’immagi-ne vera del reale, si traduce forse nella rassicurante accettazione di QPUFSOF�GPSOJSF�VOB�EFTDSJ[JPOF�RVBOUPNFOP�FGmDBDF. L’universo vir-UVBMF�DPNF�TJNVMB[JPOF�TFNQMJmDBUB�EFM�NPOEP�mTJDP �TFNCSB�QSP-porre un ottimo compromesso epistemologico19 per la drammatica delusione post-modernista.� *O�QSJNP�MVPHP �TF� MF�TJOUFUJDIF�SBQQSFTFOUB[JPOF�TDJFOUJmDIF�non sono vere, cioè non aderiscono appieno al modello reale, hanno tuttavia dimostrato a più riprese di essere decisamente funzionanti – e funzionali. Non riusciamo a comprendere l’antimateria, e forse non

solo immaginato. Nel frattempo la realtà virtuale ha invaso il sempre più popolare mercato dei videogames, con nuove, iperrrealistiche, simulazioni di gioco in soggettiva. Si consideri-OP �JO�RVFTUP�TFOTP �J�EJGGVTJTTJNJ�fPs (first Person shooter �NFHMJP�OPUJ�JO�*UBMJB�DPNF�jTQB-SBUVUUPx �HJPDIJ�OFJ�RVBMJ�M�VUFOUF�DPJODJEF�DPO�JM�QFSTPOBHHJP�QSPUBHPOJTUB�F�OF�EFUFSNJOB�MF�scelte all’interno della storia. Qui, la visuale di gioco simula il punto di vista dell’eroe, che, ai comandi dell’utente, deve esplorare un ambiente ignoto – spesso ostile –, del passato (come call of duty) o di un improbabile futuro (come half-life). Doveroso inoltre fare un cenno a second life �VOP�EFJ�QJá�QPQPMBSJ�jHJPDIJx�WJSHPMFUUF�E�PCCMJHP�EJ�TJNVMB[JPOF�Muve (Multi-user virtual environMent). Il mondo virtuale diventa una vera e propria seconda vita, dove è QPTTJCJMF�DPNQSBSF�WFTUJUJ �PHHFUUJ�F�FCCFOF�TÖ�JNNPCJMJ �F�TUSJOHFSF�jSFMB[JPOJx�BGGFUUJWF�F�P�sessuali con avatar di altri utenti. Tutto rigorosamente virtuale. Celeberrimo il caso di divorzio (reale) tra due coniugi statunitensi, causa tradimento (virtuale) della moglie su second life.17 Facciamo riferimento al celebre testo di jean-francois lyotard, La condizione postmoder-na: rapporto sul sapere, pubblicato, in edizione francese, nel 1979. E’ tuttavia estremamente QSPCMFNBUJDP� GPSOJSF�VOB�EFmOJ[JPOF�FTBVTUJWB�EFM� GFOPNFOP�post-moderno, anche da un punto di vista meramente cronologico. Lo stesso termine è spesso usato con accezioni pro-fondamente differenti a seconda degli autori e delle discipline che vi fanno riferimento. Al di MË�EFM�MBWPSP�EJ�-ZPUBSE �DIF�OF�IB�EBUP�VOB�MFUUVSB�mMPTPmDB�BTTBJ�HFOFSBMF �JM�UFSNJOF�post-moderno�DPNQBSF�HJË�OFMMB�QSJNB�NFUË�EFM�A��� �F�SJDPSSF�TFNQSF�QJá�GSFRVFOUFNFOUF�mOP�agli anni ’90, all’interno degli ambiti più diversi. Non si tratta, evidentemente, di un periodo TUPSJDP�CFO�EFmOJUP �OÏ�EJ�VO�NPWJNFOUP�TUJMJTUJDBNFOUF�DPFSFOUF �UBOU�Ò�WFSP�DIF�BMDVOJ�BVUPSJ�OPO�OF�SJDPOPTDPOP�OFNNFOP�M�FTJTUFO[B�JO�RVBOUP�GFOPNFOP�TUPSJDP��*O�HFOFSBMF �JM�post-moderno è un atteggiamento critico, trasversale ed eterogeneo, nei confronti del sistema di DFSUF[[F�F�DPOPTDFO[F�TV�DVJ�TUPSJDBNFOUF�BWFWB�QPHHJBUP�MB�NPEFSOJUË�mMPTPmDB �BSUJTUJDB�F�BSDIJUFUUPOJDB��*O�RVFTUP�TFOTP �SBQQSFTFOUB�TPTUBO[JBMNFOUF�VO�NPNFOUP�EJ�DSJTJ�HFOFSBMF�EFJ�WBMPSJ�DVMUVSBMJ�PDDJEFOUBMJ�DIF�QBSFWBOP�PSNBJ�BTTPEBUJ�EB�TFDPMJ��4V�RVFTUP�QVOUP�TJ�tornerà approfonditamente in seguito. In particolare, cfr. note 29, 31, cap.2.18 jean-francois lyotard, op. cit.19 Questa consapevolezza, al di là del suo drammatico acutizzarsi con la crisi post-moderna, accompagna in generale tutto il xx secolo. Già negli anni ’30, appare ormai chiaro che «ogni teoria della scienza naturale è un mito intellettuale [...]» (oswald sPengler, Der Mensch und die Technik. Beitrag zu einer Philosophie des Lebens (1931), trad. it., L’uomo e la tecnica, Prato, Piano B, 2008). Ciò che cambia radicalmente è l’atteggiamento consapevole rispetto B�RVFTUP�compromesso epistemologico, che per la tecnica del ‘900 diventa anzi un fonda-mentale punto di forza.�j<���>�2VJ�F�TPMP�RVJ �MB�UFPSJB�Ò �mO�EBMM�JOJ[JP �JQPUFTJ�EJ�MBWPSP��6OB�ipotesi di lavoro non ha bisogno di essere esatta, le basta essere praticamente utilizzabile. Non si propone di svelare i misteri dell’universo, ma li vuole utilizzare per determinati scopi» (ibidem).

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2.14. Jeff Koons, Balloon Flowers Blue, 1995.2.15. Damien Hirst, Pills, 2002.2.16. James Cameron, Avatar, 2009. Fotogramma.2.17. assassin’s creed, 2008. Schermata di gioco.2.18. second life, 2003. Architetture.

2.15.

2.16.

2.18.2.17.

2.14.

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lo faremo mai del tutto, ma intanto siamo riusciti a imprigionarla20. Analogamente, sappiamo spiegare ancora molto poco dell’universo, tuttavia la sonda statunitense Voyager si trova, allo stato attuale, ad oltre 18 miliardi di chilometri dal nostro piccolo pianeta21. Se riuscia-NP�BE�BDDFUUBSF�DIF�MB�OPTUSB�DPOPTDFO[B�TDJFOUJmDB�OPO�TBSË�NBJ�assoluta, potremo consolarci – e sembra un compromesso più che POFTUP�o�OFM�GBUUP�DIF�TJBNP�DPNVORVF�JO�HSBEP�EJ�EPNJOBSF�CVPOB�parte del reale attraverso la tecnologia. In secondo luogo, se ancora non ci bastasse, abbiamo creato la virtualità, turris eburnea dell’antropocentrismo, roccaforte raziona-MF� BM� TJDVSP� EBMMF� TOFSWBOUJ� JODFSUF[[F� EFM�NPOEP� mTJDP�� -�VOJWFSTP�virtuale, originariamente costruito allo scopo di simulare la realtà, si propone di fatto come valido sostituto, e, nonostante l’inevitabile gra-EP�EJ�TFNQMJmDB[JPOF�SJEVUUJWB �TFNCSB�QPUFSMB superare ampiamente. E’, anzi, proprio la sua connaturata sintetica schematicità a rendere il WJSUVBMF�JOmOJUBNFOUF�QJá�EPNJOBCJMF�o�F�RVJOEJ �QPUFOUF�o�EFM�OPTUSP�mondo. Lo spazio informatico coincide con la realtà che pretende di simulare, secondo la nostra ordinata e deterministica rappresenta-[JPOF�EFM�NPOEP�OBUVSBMF��*O�RVFTUP�TFOTP �M�VOJWFSTP�WJSUVBMF�OPO�Ò�OJFOU�BMUSP�DIF�M�FGGFUUJWB�SFBMJ[[B[JPOF�EJ�RVFMMB�UBOUP�BHPHOBUB�SFBMUË�mTJDB�o�mOBMNFOUF�QFSGFUUB �QSJWB�EJ�EJTPSEJOF �JODFSUF[[F �JOEFUFSNJ-OB[JPOF�o �DIF�DPSSJTQPOEF�BQQJFOP�BMMB�SBQQSFTFOUB[JPOF�TDJFOUJm-ca del mondo, nella forma in cui l’uomo l’ha sempre immaginato. La tecnica informatica diventa allora il territorio della volontà di dominio BTTPMVUP�TVM�SFBMF��WPMPOUË�DIF�OPO�QVÛ�USPWBSF�SJTDPOUSP�JO�VO�NPOEP�mTJDP�FTTFO[JBMNFOUF�DBPUJDP �EPWF� M�PSEJOF�Ò�TPMP�VOP�EFJ�WPMUJ�EFM�caso, ma che ha invece saputo costruirsi un ambizioso simulacro vir-tuale per riuscire a mettere degnamente in scena la propria inesauri-bile bramosia di potenza22. L’ambiente della virtualità è allora il luogo 20 Facciamo riferimento agli esperimenti compiuti presso il cern di Ginevra. In particolare, nel 2010, nell’ambito del progetto Alpha, i ricercatori hanno bloccato per pochi decimi di secon-do 38 atomi di antimateria. Si è trattato, ovviamente, di un risultato eccezionale, replicato tuttavia l’anno seguente con esiti ancora più convincenti. Il 4 giugno 2011 infatti, 300 atomi di antidrogeno sono stati intrappolati in una gabbia magnetica per il tempo record di 16 minuti. L’esaltazione per l’ottima riuscita degli esperimenti risulta comprensibile se si considera che materia e antimateria, a contatto, si annichiliscono reciprocamente.21 Le sonde gemelle Voyager 1 e 2 sono state lanciate da Cape Canaveral nel 1977, a distan-za di poche settimane. L’obiettivo principale della nasa era l’esplorazione dei pianeti Giove e 4BUVSOP �DIF�MF�TPOEF�BWSFCCFSP�EPWVUP�GPUPHSBGBSF�EB�jWJDJOPx�OFM�MPSP�WJBHHJP�JOUFSTUFMMBSF��5FSNJOBUB�RVFTUB�NJTTJPOF �Voyager 1 e 2 hanno proseguito il loro tragitto attraversando le SFHJPOJ�NBSHJOBMJ�EFM�OPTUSP�TJTUFNB�TPMBSF �mOP�BE�VTDJSOF�DPO�EFTUJOB[JPOF�JHOPUB��-B�QSJNB�sonda è attualmente l’oggetto costruito dall’uomo più distante dalla Terra. Nel 2025, una volta interrotte le comunicazioni, continuerà a viaggiare nello spazio, portando con sé il celebre disco d’oro �OFMM�FWFOUVBMJUË�SFNPUB�DIF�jRVBMDVOPx�MP�USPWBTTF��*M�Voyager Golden Record contiene immagini e suoni provenienti dalla Terra del 1977. Paradossalmente, se anche lo trovasse un terrestre contemporaneo, non sarebbe affatto in grado di eseguirlo. A meno di non possedere un grammofono.22 Lo strettissimo rapporto tra tecnica e volontà di potenza, in riferimento all’oltreuomo di Nietzsche, è espresso in, eManuele severino, Il destino della tecnica, Milano, Rizzoli, 1998. «Un individuo che si contrapponga all’apparato della tecnica [...] si contrappone alla propria essenza, ossia [...] ostacola il dispiegamento dell’essenza della volontà di potenza», cioè PTUBDPMB�MB�TVB�QSPQSJB�OBUVSB�EJ�VPNP �JO�RVBOUP�uomo tecnico. E, soprattutto nella contem-poraneità, «col tramonto dell’episteme, degli scopi che essa impone e del mondo che su di FTTB�TJ�GPOEB �<���>�MP�TDPQP�EFMM�VPNP�EJWFOUB�M�JODSFNFOUP�JOmOJUP�EFMMB�QSPQSJB�MJCFSUË�DSF-BUSJDF �JM�QSPQSJP�BVUPQPUFO[JBNFOUP�JOmOJUP�F�EVORVF�JM�QPUFO[JBNFOUP�JOmOJUP�EFMMB�UFDOJDB �dove la volontà dell’uomo di dominare sempre più intensamente e ampiamente le cose [...] trova la propria realizzazione più piena». Evidentemente – anche se Severino non ne parla –

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dell’entropia nulla, della perfezione logica, geometrica e matemati-DB �EPWF� USPWBOP�QPTUP� UVUUF�RVFMMF�QSFTVOUF� MFHHJ�OBUVSBMJ�F�RVFHMJ�idolatrati schemi interpretativi che l’uomo aveva preteso di dedurre dal mondo reale, ma che, nel disincanto generale della crisi post-moderna, iniziavano ad apparire ora come illusorie costruzioni – me-glio, narrazioni –�FWJEFOUFNFOUF�GPS[BUF �EFM�mO�USPQQP�TFNQMJDJTUJDP�pensiero umano. L’universo virtuale è potenzialmente23� JOmOJUP� OFMMP� TQB[JP� F�nel tempo24, ha un sistema di riferimento tridimensionale cartesiano che ne descrive l’origine25, è strutturato sulla classica geometria eu-clidea26 e costruisce attraverso i concetti – irreali ma funzionali – di QVOUP � MJOFB � TVQFSmDJF�� -F� MFHHJ� DIF� SFHPMBOP� MF� TJNVMB[JPOJ� JOGPS-NBUJDIF�TPOP�NPEFMMJ�NBUFNBUJDJ�QFSGFUUJ �FE� JO�RVBOUP�UBMJ �B�QBSJUË�di condizioni iniziali producono il medesimo risultato. Non esistono interferenze, minime variazioni, imprecisioni di valore27 né imperfe-zioni di forma. Tutto è strutturato sull’ordine perfetto di un rigoroso determinismo logico e naturale. Il caos stesso può essere simulato attraverso semplici modelli stocastici. L’apparente disordine prodotto Ò�JO�SFBMUË�VO�EJTPSEJOF�DBMDPMBCJMF�JO�RVBOUP�DBMDPMBUP �F�RVJOEJ �VO�ordine mascherato28��-�VPNP�SJDPNJODJB�BE�BDRVJTUBSF�mEVDJB� JO�VO�M�VOJWFSTP�WJSUVBMF�TFHOB�JM�DPNQJNFOUP�TVQSFNP�EJ�RVFTUB�volontà di potenza.23 -B�jEJNFOTJPOFx�EFMM�JOmOJUË�UFPSJDB�Ò�FGGFUUJWBNFOUF�JO�SFMB[JPOF�BMMB�QPUFO[B�EFMMB�NBD-china hardware. Nello spazio virtuale si possono inserire oggetti ed estendere la durata di VO�BOJNB[JPOF�mOUBOUPDIÏ�MB�NFNPSJB�o�mOJUB�o�EFM�TJTUFNB�MP�DPODFEF��-B�QPUFO[JBMF�JOmOJUË�EFMM�BNCJFOUF�WJSUVBMF�Ò�RVJOEJ�EFUFSNJOBUB�EBMMB�DBQBDJUË� QPUFO[JBMNFOUF� JMMJNJUBUB�EFMMB�TDIFEB�HSBmDB�24 4J�SJDPSEB�B�UBM�QSPQPTJUP�DIF�MB�NBHHJPS�QBSUF�EFHMJ�BTUSPmTJDJ�DPOUFNQPSBOFJ�DPOTJEFSB�BM�contrario l’universo come un luogo mOJUP nel tempo e nello spazio, in continua espansione a partire dal momento zero del Big Bang. C’è chi ipotizza peraltro un secondo momento sim-metrico, denominato Big Crunch, come collasso al termine di una nuova fase di progressiva implosione.25 -�JOmOJUP�WJSUVBMF�IB�VO�DFOUSP�EJ�PSJHJOF�DIF�DPSSJTQPOEF�BMMF�DPPSEJOBUF�� � ��EFM�TJTUFNB�EJ�SJGFSJNFOUP�DBSUFTJBOP��"�QBSUJSF�EB�RVFTUP�MVPHP �RVBMVORVF�BMUSB�QPTJ[JPOF�QVÛ�FTTFSF�EFTDSJUUB�BUUSBWFSTP�J�USF�WBMPSJ�EFMMF�DPPSEJOBUF�Y Z [��/FMM�VOJWFSTP�SFBMF�o�mOJUP�P�JOmOJUP�DIF�sia – non esiste ovviamente niente del genere. Il sistema solare viene convenzionalmente preso come punto di riferimento solo per evidenti ragioni di relativismo.26 Si ricorda che, in conseguenza della relatività ristretta, la tradizionale concezione dello spazio tridimensionale euclideo, se continua a valere per i fenomeni terrestri, non riesce più a descrivere la struttura generale dell’universo. Lo spazio-tempo� JOUSPEVDF�VOB�RVBSUB�EJ-NFOTJPOF �JO�SFMB[JPOF�BMMB�RVBMF�MB�MVOHIF[[B�FE�JM�QFTP�EJ�VO�DPSQP�WBSJBOP�RVBOEP�RVFTUP�si sposta nello spazio. Tutto ciò è ovviamente inconcepibile per la geometria classica e la mTJDB�pre-relativistica.27 Si ricorda che, in metrologia, la teoria degli errori prevede una netta distinzione tra precisio-ne ed esattezza (o accuratezza). Un sistema è preciso�RVBOUP�QJá�J�TJOHPMJ�EBUJ�DPOWFSHPOP�all’interno del valore medio della serie, indipendentemente dalla sua esattezza rispetto al WBMPSF�SFBMF�EJ�SJGFSJNFOUP��*O�RVFTUP�TFOTP �MB�TJNVMB[JPOF�JOGPSNBUJDB�Ò�MP�TUSVNFOUP�preciso QFS�FDDFMMFO[B �JO�RVBOUP �BQQVOUP �JM�NPEFMMP�NBUFNBUJDP�DIF�MB�HPWFSOB�SJTQPOEFSË�TFN-pre con il medesimo valore alla medesima sollecitazione. L’esattezza della simulazione nu-merica è invece – come già ricordato (cfr. nota 19, cap.2.) – un emblematico compromesso epistemologico alla crisi post-moderna (cfr. anche cap.3.).28 Si consideri, a titolo di esempio, il popolare software di modellazione ed animazione ci-neMa4d. Il pannello simulazione mette a disposizione dell’utente una serie di strumenti per il controllo del movimento di particelle virtuali. Possiamo selezionare, fra gli altri, emettitore, attrattore, eliminatore, gravità, vento, turbolenza. Lo strumento emettitore ci permette di ge-OFSBSF�VOB�RVBOUJUË�EBUB�EJ�particelle in un determinato intervallo di tempo dell’animazione. 7JFOF�SJDIJFTUP�EJ�TQFDJmDBSF�MB�durata vita – in termini di fotogrammi –, la velocità – in termini di centimetri al fotogramma – e la rotazione, in gradi, dell’emissione di particelle. Ciascuno EJ�RVFTUJ� USF�WBMPSJ�Ò�TFHVJUP�EBMM�PQ[JPOF�variazione, che permette di inserire un disordine calcolato nella generazione e nel movimento delle particelle. Con una variazione del 100%,

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NPOEP�o�RVFMMP�WJSUVBMF�o�DIF�UPSOB�BE�BQQBSJSF�DBSJDP�EJ�TFOTP��-B�nootecnica ha dato una forma concreta – anche se impalpabile – alla SBQQSFTFOUB[JPOF�VNBOB�EFM�NPOEP�mTJDP �JOUSPEVDFOEP�VOB�OVPWB�dimensione del reale, un luogo altro dalla natura e tuttavia parados-salmente naturale, anche se di una natura antropizzata. Sembra su-perata, con il compimento virtuale della rivoluzione informatica, la tra-gica crisi di spaesamento dell’uomo post-moderno. Si apre forse una nuova stagione dell’età contemporanea, in cui l’uomo possa tornare B�HVBSEBSF�DPO�PUUJNJTNP�B�RVFM�SJOOPWBUP�QSPHSFTTP�UFDOPMPHJDP�DIF�nella virtualità sembra aver ritrovato un orizzonte di senso. La crisi della post-modernità ha contribuito ad aprire le porte alla rivoluzione informatica, minando le fondamenta epistemiche della civiltà occi-dentale e smantellandone l’ormai assodato orientamento storicista29. La tabula rasa�EFMMB�DPOEJ[JPOF�QPTU�NPEFSOB�TFNCSB�JO�RVFTUP�TFO-so porsi come capitolo ultimo delle narrazioni che invece pretende EJ�OFHBSF �F�QPSUBSF�NBHJTUSBMNFOUF�B�DPNQJNFOUP�RVFM�QSPDFTTP�EJ�dissoluzione delle certezze occidentali, che era iniziato con il nichi-lismo tardo-ottocentesco e la profonda crisi di coscienza della me-UBmTJDB30��)B�VO�TFOTP�RVJOEJ�QBSMBSF�EJ�rivoluzione informatica nella misura in cui si considera concluso il ciclo storico della modernità mMPTPmDB�F�TDJFOUJmDB��&��UFNQP�EJ�QPSSF�OVPWJ�WBMPSJ�F�EJWFSTJ�TDIFNJ�interpretativi del reale – cioè una nuova realtà –, ricominciando a co-struire, dopo aver decostruito�RVBOUP�QPTTJCJMF31. Ed è precisamente ad esempio, il fattore velocità�QSPEVSSË�VO�nVTTP�BQQBSFOUFNFOUF�caotico, con particelle a velocità diverse le une dalle altre – nella fattispecie, la forbice si aprirà da 0 al doppio del valore assegnato. Il fattore variazione può ovviamente essere inserito in altri parametri dello stesso strumento, aumentando in misura esponenziale il grado di apparente disordine. Lo stesso parametro variazione è disponibile su un gran numero di comandi, anche al di fuori del pannello simulazione.29 Lo storicismo contraddistingue in una certa misura tutte le grandi narrazioni che, secondo Lyotard, vengono meno con l’età post-moderna. L’idea di una direzione precisa della storia, DIF�JORVBESJ�JM�nVTTP�EFHMJ�FWFOUJ�JO�VOB�QSPTQFUUJWB�UJQJDBNFOUF�EFUFSNJOJTUJDB �Ò�QSFTFOUF �ad esempio, nel cristianesimo, nel positivismo, nell’idealismo, nel marxismo. Ciò che crolla con il post-moderno è proprio la concezione escatologica, e, di conseguenza, l’orizzonte di senso delle vicende umane. Si smette di guardare con fede – Lyotard parla appunto di «incredulità» – nella provvidenza storica �JO�RVBMVORVF�EJSF[JPOF�TJ�QSFUFOEFWB�DPOEVDFTTF��Non si crede più al giudizio divino, alla fede nel progresso, al disvelamento dello spirito, alla MJCFSB[JPOF�EBM�MBWPSP��$SPMMBUP�M�PSJFOUBNFOUP�jOBUVSBMFx�OFDFTTJUBOUF �MB�TUPSJB�TJ�SJWFMB �FY�post,�DPNF�VO�JOmOJUB�collezione di fatti di cultura.30 Ci si riferisce in particolare al pensiero di Heidegger. j$PO�MB�NFUBmTJDB�EJ�/JFU[TDIF�MB�mMPTPmB�Ò�DPNQJVUB��$JÛ�WVPM�EJSF�DIF�FTTB�IB�QFSDPSTP�UVUUP�M�BSDP�EFMMF�QPTTJCJMJUË�DIF�MF�FSBOP�BTTFHOBUF��<���>�.B�DPO�MB�mOF�EFMMB�mMPTPmB�OPO�Ò�HJË�MP�TUFTTP�QFOTJFSP�DIF�BODIF�HJVOHF�BMMB�TVB�mOF��FTTP�QBTTB�JOWFDF�B�VO�BMUSP�DPNJODJBNFOUPx�(Martin heidegger, Oltre-QBTTBNFOUP�EFMMB�NFUBmTJDB�(1936), in, Saggi e discorsi, trad. it. di G. Vattimo, Milano, Mur-sia, 1976). Il nuovo corso della jNFUBmTJDB�DPNQJVUBx è, per Heidegger, la tecnica moderna. «La forma fondamentale di manifestazione sotto la quale la volontà di volontà [...] si realizza <���>�OFM�NPOEP�EFMMB�NFUBmTJDB�DPNQJVUB�TJ�QVÛ�DIJBNBSF�JO�VOB�TPMB�QBSPMB �MB�UFDOJDB��<���>�Il termine la tecnica [...] implica un richiamo alla techne, che è una condizione fondamentale EFM�EJTQJFHBSTJ�EFMM�FTTFO[B�EFMMB�NFUBmTJDB�JO�HFOFSBMFx (ivi).31 Il rapporto tra post-modernismo e decostruzione è estremamente problematico. In archi-tettura, si tende spesso a considerare i due fenomeni come forme diverse della medesima DPOEJ[JPOF�QPTU�NPEFSOB��-P�TUFTTP�EJ�QVÛ�EJSF�QFS�M�BNCJUP�mMPTPmDP��*M�QFOTJFSP�EJ�%FSSJEB�WJFOF�DPOTJEFSBUP�EB�NPMUJ�DPNF�VO�FTQSFTTJPOF�UJQJDB�EJ�RVFMM�BUUFHHJBNFOUP�DSJUJDP�WFSTP�M�JNQJBOUP�DVMUVSBMF�TUPSJDP �DIF�Ò�QSPQSJP�EFMMB�mMPTPmB�QPTU�NPEFSOJTUB��5VUUBWJB�MP�TUFTTP�%FSSJEB� SJmVUB�RVBMVORVF� UFOEFO[B� UBTTPOPNJDB� OFJ� DPOGSPOUJ� EFM� QSPQSJP�QFOTJFSP � F�EFJ�fenomeni – prima fra tutti l’architettura – che a partire dal proprio pensiero si sono generati. «Sono riluttante a dire che la decostruzione è moderna o post-moderna. Ma sarei anche riluttante a dire che non è moderna, o che è anti-moderna, o anti-post-moderna» (jacques derrida, Discussione con Christopher Norris (1989), in, Adesso l’architettura, Milano, Libri

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2.19. cineMa4d, modellazione. Icosaedro.2.20. cineMa4d, modellazione. Estrusione(200cm)+Offset(30cm).2.21. cineMa4d, modellazione. Estrusione(200cm)+Offset(30cm). Variazione 50%+50%.2.22. cineMa4d, modellazione. Estrusione(200cm)+Offset(30cm). Variazione 100%+100%.2.23. realflow �TJNVMB[JPOF�EJ�nVJEPEJOBNJDB��

2.19.

2.21.

2.23.

2.20.

2.22.

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ciò che sta accadendo a partire dagli anni ’90. L’universo virtuale è una risposta alla crisi post-moderna, al crollo della scienza epistemi-DB �BMMB�NPSUF�EFMMB�NFUBmTJDB�PDDJEFOUBMF �BM�OJDIJMJTNP�OJFU[TDIFBOP�anti-storicista. La risposta orgogliosa di un (oltre)uomo che, per im-porre la propria volontà di potenza32,�TJ�DPTUSVJTDF�VOB�OVPWB�SFBMUË��RVFTUB�WPMUB �«a “sua” immagine e somiglianza»33, dove possa essere mOBMNFOUF�«misura di tutte le cose»34.� *M� MFUUPSF� QBSUJDPMBSNFOUF� DSJUJDP� TJ� EPNBOEFSË� UVUUBWJB� mOP� B�che punto sia legittimo considerare realtà un fenomeno virtuale, e, di conseguenza, in che misura la rivoluzione informatica abbia effet-tivamente riformulato un senso e una nuova scala di valori per l’uo-NP� DPOUFNQPSBOFP � QVS� TFNQSF� BCJUBOUF� EFM�NPOEP� mTJDP�� %B� VO�punto di vista più generale, è pressoché innegabile che negli ultimi vent’anni il computer abbia radicalmente trasformato la vita pubblica 4DIFJXJMMFS �������-F�SBHJPOJ�EJ�RVFTUB�SJMVUUBO[B�TPOP�o�DSFEJBNP�o�FWJEFOUFNFOUF�JOEJWJ-duabili se mettiamo a confronto un’architettura post-moderna�DPO�VO�FEJmDP�decostruttivista. L’atteggiamento critico verso la storia, comune ad entrambi i fenomeni, si traduce in due risposte profondamente diverse. Il post-moderno si rivolge incessantemente ad un passato EB�DVJ�OPO�USPWB�WJB�EJ�GVHB �EFTFNBOUJ[[BOEPMP�JO�VOB�TUFSJMF�DPMMF[JPOF�EJ�GPSNF�jWVPUFx�EJ�cui prendersi gioco. Il decostruttivismo, al contrario, porta lo sguardo al futuro con l’obiettivo di costruire nuove forme e una nuova gerarchia di valori, specchio del pensiero contempo-SBOFP �EPQP�BWFS�NFUBCPMJ[[BUP�F�OFHBUP�RVFMMF�TUPSJDIF��*O�RVFTUP�TFOTP �MB�decostruzione o�mMPTPmDB�F�BSDIJUFUUPOJDB�o�Ò�HJË�PMUSF�JM�post-moderno, ovvero parte dalle medesime basi critiche per poterlo superare. Derrida ribadisce spesso il carattere affermativo e paradossal-mente costruttivo della decostruzione. «La decostruzione non consiste semplicemente nel dissociare o disarticolare o distruggere [...]; la costruzione è possibile solo nella misura in cui le fondazioni stesse sono state decostruite. L’affermazione, la decisione, l’invenzione, il WFOJSF�B�DPTUSVDUVN �OPO�Ò�QPTTJCJMF�mOP�B�RVBOEP�<���>�MF�GPOEB[JPOJ�TUFTTF�OPO�TPOP�NFTTF�in questione. Se le fondazioni sono garantite, non c’è costruzione; e nemmeno c’è inven-zione. [...] Perciò la decostruzione è la condizione della costruzione, della vera invenzione, della vera affermazione che tiene insieme qualcosa, che costruisce» (jacques derrida, Le arti spaziali (1990), in, Adesso l’architettura, cit.). Decostruire la forma ed il valore storico che FTTB�FTQSJNF �EJWFOUB�JO�RVFTUP�TFOTP�condizione imperativa preliminare per il costruire del nuovo.32 Cfr. nota 22, cap.2.33 La citazione biblica intende sottolineare l’evidente passaggio di testimone tra il Dio della Genesi e l’uomo, che nell’età della nootecnica�TJ�GB�mOBMNFOUF�DSFBUPSF�EJ�NPOEJ��*M�DPOnJUUP�contemporaneo tra scienza e religione va evidentemente ben al di là dei contrasti di natura etica. E’, al contrario, un problema onto-logico di reciproca esclusione («Tertium non datur»). «Con la scienza e con la tecnica [...] è possibile ottenere ciò per cui un tempo bisognava pregare gli dèi» (uMberto galiMberti, La morte dell’agire e il primato del fare nell’età della tec-nica, cit.). Di conseguenza, jM�BQQBSBUP�TDJFOUJmDP�UFDOPMPHJDP�Ò�<���>�M�VMUJNP�%JPx (eManuele severino, Il destino della tecnica, cit.). Scienza e religione sono inconciliabili�OPO�JO�RVBOUP�opposte, ma, paradossalmente, perché operano nel medesimo territorio, cioè salvano l’uo-NP�EBMMB�GSBHJMJUË�EFMMB�TVB�FTJTUFO[B�mOJUB��j%JP�M�*OmOJUP �M�*ODPOEJ[JPOBUP�OPO�Ò�VOB�SFBMUË �ma ciò che deve essere realizzato. Il dovere supremo dell’uomo è diventare Dio, produrre Dio»�JWJ��-B�UFDOJDB�WJSUVBMF�Ò�RVJOEJ�JM�DPNQJNFOUP�EJ�RVFTUB�TVQSFNB�volontà di potenza (cfr. nota 22, cap.2.), che, sostituendosi al Dio creatore, ha necessità di emanciparsene. «La volontà di dominio in cui consiste la tecnica è desiderio di immortalità, volontà di imporsi al 5VUUP��-�JNNPSUBMJUË�OPO�Ò�QJá�VOB�HSB[JB�EJ�%JP��Ò�VOB�DPORVJTUB�EFMM�VPNP��2VFTUP�TJHOJmDB�uccidere Dio» (ivi).34 Protagora, fr.1, in Platone, Teeteto, 152a. Da sottolineare innanzitutto che l’espressione �ƯƿDžNJƿ�Ljǂƺ�ƯDžNJƿ�va tradotta più� letteralmente con «di tutte le cose che servono» (da LjǂƯǁ�ƴƼ, usare). *O�RVFTUP�TFOTP �TJ�EFmOJTDF�QJá�DPSSFUUBNFOUF�JM�TJHOJmDBUP�EFM�SBQQPSUP�uomo-mondo, nell’idea di sfruttamento, dominio del reale. L’uomo è misura proprio perché, a differenza dell’animale, utilizza le cose. Emanuele Severino ²�rifacendosi ad un testo di Mario Untersteiner ²�pone invece l’accento sul termine �ưDžǂǁƿ, per arrivare sostanzialmente alla medesima conclusione. «La parola métron indica qui innanzitutto il dominare, e si traduce: l’uomo è dominatore di tutte le esperienze [...]. Con questa traduzione si mette in luce come l’intento di Protagora [...] sia di affermare che l’uomo non sottostà a limiti esterni e intrasgre-dibili, ma è, appunto, forza dominatrice guidata dalla ragione, sì che, in questo senso profon-do, l’uomo è tecnica» (eManuele severino, Il destino della tecnica, cit.).

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e privata dell’uomo occidentale, invadendo l’ambito lavorativo, co-municativo, personale, e, di fatto, buona parte del suo tempo libero. Siamo nell’età dei social network, dello streaming audio e video, dei RVPUJEJBOJ�online, degli ebook, dei videogames. Rimane tuttavia l’in-terrogativo più interessante. Fino a che punto può servire l’uomo un PHHFUUP�DPOmOBUP�OFM�EPNJOJP�EFM�WJSUVBMF �/PO�Ò�FWJEFOUFNFOUF�TPMP�VOB�RVFTUJPOF�EJ�TVQQPSUP�� Il problema della relazione tra reale e virtuale – nel nostro caso, meglio, tra virtuale e reale – si pone in termini paradigmatici nelle opere della transarchitettura35, VO�NPWJNFOUP�EJ�QFOTJFSP�EJGmDJMNFOUF�EFmOJCJMF�DIF�BCCSBDDJB �BODPSB�VOB�WPMUB �HMJ�TUFTTJ�BOOJ� ����F� ����già impegnati dalla crisi post-moderna. I transarchitetti sono una ca-tegoria eterogenea, disconnessa, trasversale, costituita di informati-ci, elettronici, artisti, musicisti. Si formano nelle università statunitensi dove è in atto una frenetica attività di ricerca sperimentale sui nuovi strumenti. Ciò che fanno è immaginare il futuro, forse con gli stessi PDDIJ�EJTJODBOUBUJ�EFMMB�QPTU�NPEFSOJUË �NB�TFO[B� SJWPMHFSTJ� B�RVFM�passato che guardava impotente l’Angelo di Klee36. Si tratta tuttavia di un fenomeno che si pone in netta contrapposizione con il post-modernismo, e non solo da un punto di vista strettamente architet-tonico, e che giocherà un ruolo fondamentale nel suo superamento, aprendo le porte alle poetiche contemporanee del free form e della decostruzione. Se il post-moderno voleva «liberarsi dagli imperativi etici e formali del movimento moderno e [...] trasformare l’intera storia dell’architettura in merce svendibile», le nuove forme del pensiero pretendono invece di «provare parole, grammatiche e sintassi altre, smontando quelle esistenti, [...] superare attraverso questo lavoro sul linguaggio [...] ogni vincolo verso la temporalità stessa e verso le sue espressioni, gli stili»37. &��JM�UFNQP�EJ�USPWBSF�RVFJ�UBOUP�BHPHOBUJ�OVPWJ�WBMPSJ�EFMM�VPNP�DPOUFNQPSBOFP��F�MP�TJ�GB�TQFSJNFOUBOEP�TVMMB�GPSNB �sul linguaggio, sull’idea stessa di creazione, al di là della storia e delle sue logiche ormai sature. Il territorio della ricerca è, ovviamente, l’informatica, la virtualità, ciò che appunto sta oltre (trans) l’architet-tura per come si era storicamente – e storicisticamente – concepita. Questo iperuranio virtuale è il luogo stesso del superamento. Oltre 35 Per un’analisi più articolata del fenomeno architettura digitale si rimanda a, roberto Masiero (a cura di), Transarchitettura, catalogo dell’omonima mostra tenutasi nel 2000 presso il co-mune di San Donà di Piave. Le schede di presentazione delle opere esposte, sono precedu-te da due saggi introduttivi dello stesso Masiero (Transarchitettura, ora!) e di Ennio Ludovico Chiggio (Trans-posizioni), che affrontano il fenomeno da un punto di vista interdisciplinare e trasversale, guardando alla transarchitettura come ad un’inevitabile forma di pensiero della prospettiva epistemologica contemporanea.36 Ci riferiamo evidentemente alla lettura di Walter Benjamin nella ix�UFTJ�EJ�mMPTPmB�EFMMB�TUP-ria. «C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra JO�QSPDJOUP�EJ�BMMPOUBOBSTJ�EB�RVBMDPTB�TV�DVJ�mTTB� MP�THVBSEP��)B�HMJ�PDDIJ�TQBMBODBUJ � MB�bocca aperta, e le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trat-tenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine cresce davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta» (walter benjaMin, 5FTJ�EJ�mMPTPmB�EFMMB�TUPSJB (1940), in, Angelus novus. Saggi e frammenti, trad. it. di R. Solmi, Torino, Einaudi, 2006).37 roberto Masiero (a cura di), Transarchitettura, cit.

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M�BSDIJUFUUVSB�TJHOJmDB�oltre� MB�SFBMUË � MB�mTJDB � MB�OFDFTTJUË � MB�GPSNB �cioè oltre�RVFJ�WBMPSJ�TUPSJDJ�DIF�FSBOP�DSPMMBUJ�OFMMB�DSJTJ�QPTU�NPEFSOB�e che era tempo di rifondare altrove. Nel virtuale la transarchitettura ri-trova ciò che trasforma, trasmuta, trasgredisce, trasporta, tra(s)duce. Le transarchitetture sono presenze virtuali nel dominio dell’im-maginabile. Hanno il carattere pro-vocatorio di un’utopia. Nascono e muoiono sullo schermo. Non hanno pretese di realizzabilità, non si preoccupano della tecnica, della struttura, della funzione, della distri-CV[JPOF��/BWJHBOP�OFMMP�TQB[JP�JOmOJUP�EFM�WJSUVBMF�DPNF�QVSF�GPSNF�F�solo in esso trovano il proprio autentico genius loci. Le transarchitettu-re�TPOP�o�NFHMJP�o�OPO�GPSNF �MPOUBOF�EB�RVBMVORVF�BOUSPQP�[PP�mUP�NPSmTNP �BOUJ�BOUSPQPDFOUSJDIF �BOUJ�MPHPDFOUSJDIF �BNFCPJEJ�BNPSm�auto-generati dal software secondo schemi morfogenetici di geome-USJF�GSBUUBMJ�F�EJOBNJDIF�EFM�DBTP��*M�SJmVUP�EFMMB�TUPSJB�WB�EJ�QBSJ�QBTTP�con il rigetto complessivo dei valori sociali e culturali che nel tempo l’architettura aveva assunto. «No aesthetic, no ethics, no history, but genetic»38. Costruire – virtualmente e non solo – diventa semplice RVFTUJPOF�EJ�produzione, autonoma, naturale, inevitabile. L’architettu-ra si fa, appunto, genetica. La nootecnica contemporanea mescola J�DPOmOJ�TUPSJDJ� USB�OBUVSB�F�BSUJmDJP�OFMMB� GFMJDF�TJOUFTJ�EJ�VOB�OVPWB�realtà-virtuale. «Ciò che viene messo in gioco [...] non è più il rappor-UP�USB�DJÛ�DIF�Ò�OBUVSBMF�F�DJÛ�DIF�Ò�BSUJmDJBMF �USB�M�PSHBOJDP�F�M�JOPSHB-nico, [...] ma quello ben più radicale tra materiale e immateriale»39. La transarchitettura è concetto, virtualità, dissoluzione, è «un’architettura di scaffali invisibili»40. Invisibili come un’opera di Robert Barry, come VO�nVTTP�EJ�bit, come un buco nero, come una spirale di dna, come una geometria non euclidea. Scaffali come la tecnica di Heidegger41. 38 Lo slogan campeggia orgoglioso sull’home page del gruppo R&Sie(n), ed è chiaramente un manifesto programmatico che può essere esteso a tutto il fenomeno transarchitettura. Il rigetto dei valori culturali storicamente appartenenti al compito architettonico, viene asso-DJBUP�BMMB�GPSNVMB[JPOF�EJ�VO�OVPWP�PSEJOF�EJ�QSJODJQJ �DIF�USBTDFOEF�MB�EJTDJQMJOB�TQFDJmDB�per approdare nel territorio virtuale della nootecnica �TVQFSBOEP� JM�DPOmOF� USB�CJPMPHJDP�F�tecnologico. La genetica sostituisce la poetica�JO�RVBOUP�OVPWB�GPSNB�EFMM�VNBOP�produrre. Se la poetica creava costruendo (dal greco �ǁƼưNJ, fare, agire), la genetica dà vita attraver-so una trasmissione di informazioni. Ancora una volta, il reale si dissolve nel cibernetico. Lo TMPHBO�EJ�3�4JFO�SJDPSEB�NPMUP�EB�WJDJOP�MB�DFMFCSF�SJnFTTJPOF�DIF�+PIO�$BHF�QSPOVODJÛ�entusiasticamente nel 1953, a proposito dei monocromo di Rauschenberg. «Nessun sogget-to, nessuna immagine, nessun gusto, nessun messaggio, nessun talento, nessuna tecnica, nessun perché, nessuna idea, nessuna intenzione, nessuna arte, nessun sentimento» (cit. in, angela vettese, Capire l’arte contemporanea �5PSJOP �"MMFNBOEJ �������"ODIF�RVJ�MB�OFHB[JP-OF�UPUBMF�EFJ�WBMPSJ�TUPSJDBNFOUF�BUUSJCVJUJ�BMM�BSUF �BQSF�VOB�OVPWB�QSPTQFUUJWB�TVM�TJHOJmDBUP�DPOUFNQPSBOFP�EFMM�PQFSB[JPOF�BSUJTUJDB��4J�BHJTDF�TFNQSF�NFOP�F�M�PQFSB�TJ�GB�jWJSUVBMFx��Ricordiamo a tal proposito il celeberrimo 4’33”, jDPNQPTUPx�EFMMP�TUFTTP�$BHF�39 roberto Masiero, Estetica dell’architettura, cit.40 Marcos novak, Babele 2000, estratto dal testo scritto in occasione della mostra/evento Transarchitecture.41 1FS�MB�EFmOJ[JPOF�EFMMB�UFDOJDB�DPNF�«Gestell» – letteralmente, scaffale, mensola –, fac-ciamo riferimento al fondamentale, Martin heidegger, La questione della tecnica (1953), in, Saggi e discorsi, cit. Il tema della tecnica è tuttavia presente in molta parte del pensiero tardo IFJEFHHFSJBOP �UBOUP�EB�DPTUJUVJSOF�MB�SJnFTTJPOF�DFOUSBMF �QFSDIÏ�o�DPNF�HJË�SJDPSEBUP�DGS��nota 30, cap.2.) – jM�FTTFO[B�EFMMB�UFDOJDB�NPEFSOB�<���>�Ò�JEFOUJDB�B�RVFMMB�EFMMB�NFUBmTJDB�moderna» (Martin heidegger, L’epoca dell’immagine del mondo (1938), in, Holzwege. Sen-tieri erranti della selva �USBE��JU��EJ�7��$JDFSP �.JMBOP �#PNQJBOJ �������*O�RVFTUP�TFOTP �SJTVMUB�assai problematico riassumere la posizione heideggeriana in merito alla tecnica, senza fare SJGFSJNFOUP�BM�QFOTJFSP�DPNQMFTTJWP�EFM�mMPTPGP�UFEFTDP�QFS�VO�JOUSPEV[JPOF�BE�)FJEFHHFS�si consiglia la lettura dell’ottimo, franco volPi, La selvaggia chiarezza, Milano, Adelphi, 2011, DIF�GPSOJTDF�VOB�QBOPSBNJDB�HFOFSBMF�EFMMB�QSPTQFUUJWB�NFUBmTJDB�IFJEFHHFSJBOB�DIF�SJTVM-

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2.24. Marcos Novak, Driven Forms, 1997.2.25. Greg Lynn, Embriological Housing, 2000.2.26. Kolatan/McDonald, Forms, 1999.2.27. Nox, Beachness, 1997.2.28. R&sie(n), Forms, 2000.

2.28.

2.24.

2.26.

2.25.

2.27.

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Nonostante l’apparente indipendenza dal panorama costruttivo reale, la parentesi utopica della transarchitettura ha saputo porre una serie di problematiche centrali per l’elaborazione teorica contempora-OFB�o�F�OPO�TPMP�JO�BSDIJUFUUVSB��*M�TVP�NFSJUP�QSJODJQBMF�Ò�TUBUP�RVFMMP�di riuscire a rompere radicalmente col passato, voltando la pagina post-moderna per aprire un nuovo, grandioso, capitolo della cultura occidentale. La grande eredità della transarchitettura è convogliata, BMMB�mOF�EFHMJ�BOOJ���� �OFMMF�OVPWF�QPFUJDIF�decostruttive42, che, ad oggi, sembrano popolare senza rivali le metropoli del terzo millennio. I MBTDJUJ�QJá�TJHOJmDBUJWJ�EFMMB�SJnFTTJPOF�transarchitettonica sono almeno tre. Dal punto di vista tecnico, ha introdotto una nuova, radicale, con-cezione dello strumento di lavoro. Il computer diventa la piattaforma privilegiata su cui operare. Il progettista è prima di tutto un informati-co e deve sapersi confrontare con la complessità del mondo virtuale, dove nasce – e, per la transarchitettura, muore – l’opera. Il mezzo diventa in un certo senso il mOF�VMUJNP �JO�RVBOUP�DPOEJ[JPOF�OFDFTTB-ria e insostituibile del lavoro progettuale. Dal punto di vista metodolo-gico, cambia radicalmente la stessa idea di progetto come principio QSFmHVSBUJWP��-�BSDIJUFUUVSB�UFOEF�BE�BSSPDDBSTJ�OFMM�BNCJFOUF�WJSUVBMF �EJNFOUJDB�EFMMB�DPTUSV[JPOF�F�EFMMF�QSPCMFNBUJDIF�EFM�NPOEP�mTJDP��*M�progetto si costituisce come realtà autonoma, indipendente, compiuta JO�TF�TUFTTB �DPTÖ�DPNF�FSB�BDDBEVUP�QFS�M�BSUF�F�QFS�HMJ�BMUSJ�GFOPNFOJ�della cultura contemporanea. L’architettura si fa sostanzialmente pen-siero architettonico43 �RVFTUJPOF�NFOUBMF �WJSUVBMF �nootecnica. Le nuo-ve forme della transarchitettura�JOUSPEVDPOP�JOmOF�VOB�SBEJDBMF�USBTGPS-mazione dei modelli culturali storici, ormai logori e saturati dall’abuso post-modernista. Si sviluppa una nuova scala di valori formali a cui fare riferimento, immagine paradigmatica della società virtuale nell’età EFMM�JOGPSNB[JPOF��'PSTF�QSPQSJP�RVFTUB�Ò� MB�QJá� TJHOJmDBUJWB�FSFEJUË�

ta fondamentale per la comprensione della questione della tecnica). Cercheremo pertanto EJ�TPMMFWBSF�MB�RVFTUJPOF�Gestell,�TPMP�OFMMB�NJTVSB�JO�DVJ�RVFTUB�QPTTB�GBSF�MVDF�TVMMB�UFDOJ-DB�JOGPSNBUJDB �FE�JO�QBSUJDPMBSF �TVMMB�EFmOJ[JPOF�TPQSBDJUBUB�EJ�transarchitettura. Il termine Gestell – come d’altra parte tutto il complesso linguaggio heideggeriano – è utilizzato in tutti i sotto-sensi ammissibili dal vasto campo semantico di Stellen. Gestell è lo scaffale, cioè il luogo dove le cose sono poste (stell) insieme (ge), e, allo stesso tempo, la collettiva (ge) im-posizione (stell) attraverso cui il reale si disvela nel suo fondo (Bestand), cioè viene JNQJFHBUP�F�TGSVUUBUP�EBMM�VPNP�JO�RVBOUP�B�TVB�EJT�QPTJ[JPOF��-B�tecnica�Ò�JO�RVFTUP�TFOTP�«un modo del disvelamento» (Martin heidegger, La questione della tecnica (1953), in, Saggi e discorsi, cit.), perché permette all’uomo di dominare le cose compiendo il loro destino (Ge-schick) di fondo, cioè la loro essenza ultima. Affermare che gli scaffali della transarchitettura sono «invisibili» �TJHOJmDB�EVORVF �OFMMB�QSPTQFUUJWB�IFJEFHHFSJBOB �EFmOJSF� MB�nootecnica contemporanea come luogo del dominio virtuale. La realtà è a disposizione, anche se im-materiale, inconsistente. Nell’epoca virtuale, la transarchitettura può essere legittimamente impiegata dall’uomo.42 Cfr. nota 45, cap.2.43 *O�RVFTUP�TFOTP�SJDPSEJBNP�DIF�,BOU�EFmOJTDF�MB�TUFTTB�SBHJPOF�VNBOB�DPNF�«architet-tonica» BHHFUUJWP �JO�RVBOUP�MB�«architettonica» (sostantivo) è «l’arte dei sistemi»��4JHOJm-DBUJWBNFOUF �MB�USBEJ[JPOF�mMPTPmDB�Ò�NPMUP�SJDDB�EJ�NFUBGPSF�DIF�TJ�SJGBOOP�B�QSJODJQJ�TQF-DJmDBUBNFOUF�BSDIJUFUUPOJDJ��2VFTUB�SJnFTTJPOF�TVMMF�DPOUBNJOB[JPOJ�MJOHVJTUJDIF�USB�mMPTPmB�e architettura si può trovare facilmente nel pensiero di Derrida, che spesso sottolinea come la stessa «parola decostruzione suona moltissimo come una di tali metafore, una metafora architettonica» (jacques derrida, Discussione con Christopher Norris (1989), in, Adesso l’ar-chitettura, cit.). Questa contaminazione diventa comprensibile se si considera l’architettura o�BODIF�F�TPQSBUUVUUP�RVFMMB�DPTUSVJUB�o�QSJODJQBMNFOUF�DPNF�GPSNB�TJTUFNJDB�EJ�pensiero strutturato (ed eccone un’altra!), che nel progetto virtuale trova il suo naturale compimento storico.

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2.29. Stephen Perrella, Moebius House, 1996.2.30. Marcos Novak, Liquid Process, 1997.2.31. Karl Chu, X Phylum, 1999.

2.31.

2.30.

2.29.

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culturale della transarchitettura��&��JO�FGGFUUJ�FTUSFNBNFOUF�EJGmDJMF�OPO�vedere una stretta analogia tra le opere di Zaha Hadid e Frank Gehry F�HMJ�FEJmDJ�WJSUVBMJ�EJ�$IV �/PWBL�F�-ZOO��*M�decostruttivismo ed il free form design sembrano averne potentemente assorbito la lezione, as-suefatti dalla stessa, assoluta, libertà (in)formale e (de)formativa. «Se l’architettura è l’arte il cui mezzo è lo spazio, e se la nostra compren-sione dello spazio sta mutando, non dovrebbe mutare anche l’architet-tura? Non dovremmo mutare anche noi?»44. Il passaggio dall’architettura virtuale alle estetiche contem-poranee, costruite, dell’in-forme/de-forme45, non è segnato tanto da USBTGPSNB[JPOJ�JEFPMPHJDIF �RVBOUP�QJVUUPTUP�EBMMP�TWJMVQQP�EJ�TJTUFNJ�JOGPSNBUJDJ�QJá�QPUFOUJ�EJ�RVFMMJ�VUJMJ[[BUJ�OFMMF�QSJNF�TQFSJNFOUB[JPOJ�transarchitettoniche. Gehry può realizzare il Guggenheim – e lo stes-so vale per il lavoro di Eisenman – perché ha a disposizione uno stru-mento in grado di integrare la funzione automatica di elaborazione della forma (cad) con la possibilità di produrne le componenti (caM) EPQP�BWFSMF�WJSUVBMNFOUF�WFSJmDBUF�cae). Nel museo non ci sono nem-meno due elementi uguali sui 24.000 m2 di estensione, né – come (FISZ�BGGFSNB�PSHPHMJPTBNFOUF�o�VOB�TPMB�TVQFSmDJF�QJBOB��4PMP�QFS�produrre le lamine di titanio del rivestimento si contano oltre 50.000 EJTFHOJ� FTFDVUJWJ�� &�� FWJEFOUF� DIF� VO� UBMF� QSPDFTTP�QSFmHVSBUJWP� F�costruttivo non può che dipendere principalmente dall’automazione informatizzata delle procedure produttive degli elementi, cioè da un QFSGFUUP�TJTUFNB� JOUFHSBUP�EJ�QSPHFUUB[JPOF �WFSJmDB�F� GBCCSJDB[JPOF�industriale, che sia in grado di seguire progressivamente lo sviluppo EFMM�PQFSB�EBM�DPNQVUFS�BMM�PGmDJOB �mOP�BMMB�GBTF�mOBMF�EJ�BTTFNCMBH-gio. La perfezione assoluta dell’ambiente virtuale nel rapporto cad/caM, diventa allora condizione necessaria per l’elaborazione delle ar-chitetture complesse che abbiamo imparato a conoscere. Solo se la QSFmHVSB[JPOF�JOJ[JBMF�Ò�JO�TÏ�QFSGFUUB�F�WJSUVBMNFOUF�DPTUSVJUB �MB�GBTF�di produzione informatizzata delle componenti può pretendere un’ac-cettabile precisione nel momento dell’assemblaggio. Lo strumento informatico tra-duce nel reale un nuovo livello di complessità. Evidentemente, non è cambiata solo la quantità e la precisione dei risultati, ma, attraverso di essi, la sostanza stessa – qualità – del-la metodologia progettuale46. Profondamente diversa è l’idea stessa EJ�QSPHFUUP �DPTÖ�DPNF�TJ�WB�DPOmHVSBOEP�HJË�B�QBSUJSF�EBMMB�HSBO-de lezione della transarchitettura. Le forme tradizionali del disegno, piante, prospetti e sezioni, non sono altro che rap-presentazioni (dar-stellung�EFMM�BSDIJUFUUVSB �DPEJmDBUF�TFDPOEP�VO�DPOWFO[JPOBMF�QSJO-DJQJP�o�DPOEJWJTP�NB�OPO�SFBMF�o�EJ�BTUSB[JPOF��/FMMP�TQB[JP�JOmOJUP�EFM�44 Marcos novak, Babele 2000, cit.45 Come si sarà già notato in precedenza, tendiamo a considerare free form e decostruttivi-smo come due fenomeni distinti nella metodologia, ma assolutamente paralleli ed intercon-OFTTJ�OFMMB�QSPTQFUUJWB�EFJ�WBMPSJ�DVMUVSBMJ�DIF�TJ�QSFmHHPOP�EJ�QPSUBSF�BWBOUJ��-�BUUFHHJBNFOUP�de-strutturante nei confronti della forma – intesa come modello storicamente e culturalmente determinato – è sostanzialmente il medesimo. Se l’in-forme (free form) lavora su geometrie nVJEF per negare il rigore della razionalità architettonica, il de-forme (decostruttivismo) ot-tiene lo stesso risultato attraverso geometrie spezzate,�DIF�SPNQPOP�mTJDBNFOUF�J�NPEFMMJ�culturali storici della modernità. Per il rapporto tra architettura decostruttiva – comprendendo RVJOEJ�BODIF�JM�free form – e post-moderno, cfr. nota 31, cap.2.46 La trasformazione del dato quantitativo in valore qualitativo è espressa da hegel nella Dot-trina dell’Essere, prima sezione della Scienza della Logica (1812).

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2.32. Zaha Hadid, 7PSUFYY�$IBOEFMJFS, 2005.2.33. Daniel Liebeskind, Royal Ontario Museum, Toronto, 2006.2.34. Frank Gehry, Marqués de Riscal Vineyard Hotel, Elciego, 2006.

2.34.

2.32. 2.33.

50

WJSUVBMF�JOWFDF �JM�NPEFMMP�Ò�SFBMUË �JM�QSPHFUUP�Ò�DPTUSV[JPOF��MP�TUBUVUP�POUPMPHJDP�Ò�RVJ�RVFMMP�EFMMB�presentazione (vor-stellung), o, se vo-gliamo, della presenza. Se la carta conteneva diverse rappresenta-zioni tenute insieme dalla logica – umana e fallibile – del progettista, l’universo virtuale è a tutti gli effetti costruzione virtuale del progetto, DPNQSFTP�EJ�UVUUF�MF�TVF�JOmOJUF �JOFTBVSJCJMJ �SBQQSFTFOUB[JPOJ47, cioè è l’architettura stessa presentata.� $J�TJBNP�DIJFTUJ�JO�QSFDFEFO[B�mOP�B�DIF�QVOUP�QPUFTTF�FTTFSF�VUJMF�BMM�VPNP�VO�PHHFUUP�DPOmOBUP�OFM�EPNJOJP�WJSUVBMF��"[[BSEJBNP�ora una risposta: nella misura in cui la virtualità saprà farsi reale, cioè sarà effettivamente in grado di essere strumento di trasformazione del mondo. Solo allora il dominio dell’immaginabile riformulerà un nuovo dominio del possibile �JO�VOB�SFBMUË�mTJDB�costruita dall’immaginazio-OF�WJSUVBMF��&�RVFTUP�QSPDFTTP�Ò�HJË�JO�BUUP��$J�TPOP�EFJ�MJNJUJ �DFSUP��Non tutto ciò che esiste virtualmente può essere realizzato. Tuttavia la capacità di immaginare altro�TUB�HJË�FTUFOEFOEP�TJHOJmDBUJWBNFOUF�J�DPOmOJ�o�SFBMJ�o�EFM�QPTTJCJMF �F�M�JOGPSNBUJDB�Ò�OBUB�BQQFOB�EB�DJO-RVBOU�BOOJ��*M�WJSUVBMF�IB�JOUSPEPUUP�VOB�OVPWB�JNNBHJOF�EFMMB�SFBMUË��Guardando il mondo da altrove abbiamo imparato a vedere con occhi diversi, superando le prospettive storiche dell’età moderna a cui lo stesso post-modernismo, pur negandolo, era ancora troppo legato. Paradossalmente, abbiamo costruito un nuovo universo per fuggire dalla realtà e ci siamo ritrovati ad usarlo per trasformarla. L’emancipa-zione del virtuale �BM�EJ�MË�EFMMF�BTQFUUBUJWF �Ò�DPTÖ�EJWFOUBUB�strumento per il dominio del reale. La rivoluzione informatica è prima di tutto una rivoluzione cul-UVSBMF �FE�JO�RVBOUP�UBMF �VOB�SJWPMV[JPOF�BSDIJUFUUPOJDB��/FMMB�WJSUVBMJUË�si compie l’idea ultima di pro-getto, cioè di creazione a priori, di noo-tecnica��-�BSDIJUFUUVSB�TJ�GB�FTTFO[JBMNFOUF�RVFTUJPOF�MPHJDB �QFOTJFSP �QSF�WJTJPOF��4F�JM�QSPHFUUP�Ò�HJË�BSDIJUFUUVSB�o�F�DPTÖ�Ò�DPO�M�JOGPSNBUJDB�–, l’architettura è in se stessa progetto. Questa tendenza all’imporsi del carattere pre-visionale – cioè concettuale e logico – ha storica-mente segnato la nascita dell’idea stessa di progetto48�mOP�B�EFDSFUBS-ne il suo compimento nell’universo virtuale contemporaneo, insieme al progressivo superamento del carattere empirico e sperimentale, oggi EFmOJUJWBNFOUF�SJTPMUP�OFMM�BNCJUP�EFMMB�simulazione informatica.

47 1BSBEPTTBMNFOUF �MF�QFSDF[JPOJ�EJ�VOB�DPTUSV[JPOF�WJSUVBMF�TPOP�JOmOJUF�JO�OVNFSP�NBHHJP-SF�SJTQFUUP�BMMF�QVS�JOmOJUF�QFSDF[JPOJ�EJ�VO�PHHFUUP�SFBMF��/FMMP�TQB[JP�WJSUVBMF�Ò�JOGBUUJ�QPT-sibile scegliere il tipo di visualizzazione desiderata, anche al di fuori delle rappresentazioni percettive ammesse nella realtà. La camera può essere impostata come prospettica, paral-lela, o assonometrica nelle sue varie forma – cavaliera, militare, aerea, isometrica, dimetrica. La prospettiva�QVÛ�FTTFSF�EFGPSNBUB�B�QJBDFSF�NPEJmDBOEP�J�QBSBNFUSJ�EJ�HSBOEBOHPMP��-B�visualizzazione parallela (proiettiva) permette di ottenere i sei prospetti di un oggetto intero o EJ�TVF�QPS[JPOJ�o�QJBOUF�F�TF[JPOJ��"ODIF�JO�RVFTUP�DBTP �MP�TQB[JP�WJSUVBMF�Ò�QJá�potente del SFBMF �JO�RVBOUP�JOmOJUBNFOUF�QJá�dominabile dall’uomo. 48 Cfr. cap.3.

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3.VERIFICA E SPERIMENTAZIONE IN AMBIENTE VIRTUALEDALL’EMPIRISMO ALLA SIMULAZIONE NUMERICA(CAE/FEM)

«E questa non la chiamo DžưLjƿƺƿ ma ۭ��ƸƼ-ǂƼƴƿ [...], perché non sa di ciascuna cosa in-dicare la causa. Io non chiamo “tecnica” un atto senza ragione 1.»

Platone, Gorgia, 465a

La tecnica informatica applicata all’universo della progettazio-ne trova il suo compimento con lo sviluppo della modellazione solida (cad�JOUFHSBUB�BJ�DSJUFSJ�EJ�WFSJmDB�WJSUVBMF�cae) e produzione esecutiva (caM��*�TPGUXBSF�DPO�RVFTUF�DBSBUUFSJTUJDIF�WFOHPOP�PHHJ�VUJMJ[[BUJ�JO�tutti i campi della progettazione, dal design alla produzione industria-le in tutte le sue forme, dall’industria meccanica all’ingegneria edili-[JB��5VUUP�DJÛ�DIF�EFWF�FTTFSF�QSPEPUUP�F�DPTUSVJUP�mTJDBNFOUF�WJFOF�DPODFQJUP�JO�GBTF�QSFMJNJOBSF�F�jSFBMJ[[BUPx�BMM�JOUFSOP�EJ�VO�VOJWFSTP�virtuale dove possano essere simulate le forme ed i comportamenti dell’oggetto nelle più diverse condizioni statiche e cinematiche. Si realizzano software per valutare le prestazioni aerodinamiche, sosti-tuendo le vecchie gallerie del vento, per analizzare la funzionalità del-le componenti meccaniche dei motori, per studiare il comportamento EJOBNJDP�EFJ�nVJEJ��*O�BSDIJUFUUVSB �MF�QSPWF�EJ�DBSJDP�QFS�WBMVUBSF�MB�risposta delle strutture iperstatiche più complesse, un tempo realizza-UF�TV�NPEFMMJ�mTJDJ �WFOHPOP�PHHJ�TPTUJUVJUF�EB�FMBCPSB[JPOJ�USJEJNFO-sionali in grado di simulare le diverse condizioni e combinazioni di carico con risultati di una precisione prima impensabile.1 L·espressione platonica è� ©ۡƾǁƶǁƿ� �ǂބƶ�ƴª, azione non razionale, cioè, priva (ƴ) di ƾǍƶǁঞ, ragione, causa. E’ pur vero che «la scienza e la tecnica giungono agli uomini at-traverso l’esperienza» (aristotele, .FUBmTJDB, 981a), ma, mentre l’empirico – Platone porta l’esempio del cuoco – si limita a collezionare una serie di fatti e a rammentarli come dati, il tecnico – Platone porta l’esempio del medico – ne deduce un principio comune, cioè, com-prende la causa prima del loro determinato accadere, e, a ragione, agisce di conseguenza. *O�RVFTUP�TFOTP �DPMVJ�DIF�EPNJOB�MB�tecnica�Ò�JO�HSBEP�EJ�jQSFWFEFSFx�VO�DFSUP�GFOPNFOP �sulla base dell’esperienza empirica che ha avuto in precedenza (cfr. anche note 3,4, cap.3.). L’attività tecnica�IB �RVJOEJ �TFNQSF�VO�DFSUP�HSBEP�EJ�previsione in rapporto all’esperienza, che ne determina il livello di universalità e – vedremo – di potere.

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Il virtuale diventa cioè la nuova forma dello sperimentale. Il TPGUXBSF�BTTVNF�QFS�TÏ� MB�WFSJmDB�FNQJSJDB�TVMM�PHHFUUP�QSFmHVSB-to attraverso una simulazione delle reali condizioni di utilizzo. Risul-ta evidente l’enorme potenzialità di un tale processo. Appare for-se meno palese il taciuto rischio insito in una procedura che tenda VO�QP��USPQQP�mEVDJPTBNFOUF�B�TPTUJUVJSF�DPO�MF�SFDFOUJ�TJNVMB[JPOJ�JOGPSNBUJDIF�VOB�QSBUJDB�EJ� WFSJmDB�TQFSJNFOUBMF�F� SJDFSDB�TVJ�EBUJ�empirici che ha da sempre costituito parte integrante del lavoro di progettazione, tanto da segnare lo sviluppo storico della scienza delle costruzioni e dello stesso NFUPEP�TDJFOUJmDP. Non si può, d’al-tra parte, pro-gettare, cioè prevedere, senza poi WFSJmDBSF la validità EFM�NPEFMMP� UFPSJDP�QSFmHVSBUP�� *M� SBQQPSUP� USB�RVFTUJ�EVF�DBSBUUFSJ�opposti dell’attività di produzione tecnica ha segnato storicamente lo sviluppo dell’arte di costruire �EBMMF�PSJHJOJ�mOP�BMM�JNQPSTJ �OFM�xvii secolo, del NFUPEP�TDJFOUJmDP che proprio su tale relazione coope-rativa fonda la logica sperimentale, universalmente accettata come unico strumento valido di comprensione del reale. Per comprendere le logiche e le metodologie della simulazione informatica dovremo allora confrontarci con il carattere storico del rapporto previsione-empirìa,�BUUSBWFSTP�JM�TVP�WBSJP�EFDMJOBSTJ�mOP�BMM�FSB�DPOUFNQPSBOFB�dello sperimentalismo virtuale. Agli albori dell’architettura, l’esperienza era evidentemente principio guida di un’operatività strutturata sull’osservazione, sul ten-tativo, sull’errore2. Il carattere previsionale d’altra parte, prima della formulazione compiuta di regole e modelli teorici, non poteva che coincidere con una sorta di intuizione, ben lontana certo dalla nostra concezione universale di legge �NB�DPNVORVF�TVGmDJFOUF�o�TF�WFSJ-mDBUB�FNQJSJDBNFOUF�o�BE� JTUJUVJSF�VO�NPEFMMP�TQFDJmDP�QFS� MF� GVUV-SF�SFBMJ[[B[JPOJ��4FNQSF�F�DPNVORVF�MFHBUB�BMMB�GBUUVBMJUË�FNQJSJDB �l’intuizione era principio guida di una costruzione perennemente in mFSJ, costantemente da valutare, sottoposta all’attenta osservazione dell’architetto che, non ancora pro-gettista, deve farsi invece di volta in volta interprete delle problematiche valutazioni sul costruito. Dopo aver visto spezzarsi innumerevoli architravi (empirìa), il costruttore in-tuisce di doverne aumentare la sezione (previsione). Se la nuova ar-DIJUSBWF�SFHHF �FTTB�EJWFOUB�NPEFMMP�WBMJEP�EB�PTTFSWBSF �mOP�B�DIF �NPEJmDBUF�MF�DPOEJ[JPOJ �OPO�TJB�OFDFTTBSJP�GPSNVMBSF�OVPWF�JQPUFTJ�(previsione), a loro volta basate su ulteriori errori e tentativi (empirìa). *M�QSPDFTTP�DPTUSVUUJWP�UFOEF�RVJOEJ�B�QSPHSFEJSF�CBTBOEPTJ�QSJODJQBM-NFOUF�TVMMB�DPOUJOVB�WFSJmDB�FNQJSJDB�EFMMF�TJOHPMF�TUSVUUVSF �B�QBSUJSF�EBMMB�RVBMF�M�BSDIJUFUUP� intuisce una regola generale da sottoporre a nuova sperimentazione. Questo principio è formulato chiaramente da Aristotele. «La UFDOJDB�TJ�HFOFSB�RVBOEP�EB�NPMUF�PTTFSWB[JPOJ�E�FTQFSJFO[B�TJøGPS-2 L’empirismo�Ò�RVJOEJ�VOB�QSJNB�GPSNB�EFMMB�SJDFSDB�sperimentale, ovviamente ancora priva EJ�RVFM� SJHPSF�NFUSPMPHJDP�F�BOBMJUJDP�DIF�HMJ� WFSSË�BUUSJCVJUP�EBM�NFUPEP�TDJFOUJmDP. I due UFSNJOJ�DPOEJWJEPOP�JOGBUUJ�VO�BOBMPHP�TJHOJmDBUP�FUJNPMPHJDP�OFMMF�EFSJWB[JPOJ�QBSBMMFMF�EBM�greco e dal latino. La parola ۭ��ƸƼǂƲƴ, normalmente tradotta con esperienza, è� in realtà�DPNQPTUB�EBM�QSFmTTP�ۭƿ�e dalla radice del verbo �ƸƼǂƯNJ, che, oltre al senso generale di sperimentare, fare esperienza �IB�BQQVOUP�JM�TJHOJmDBUP�EJ�provare, tentare, saggiare, met-tere alla prova. Analogamente il latino FY�QFSJFOUJB, dal verbo FY�QFSJPS, la cui radice deriva peraltro dallo stesso �ƸƼǂƯNJ�greco.

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�����4JNVMB[JPOF�EJ�nVJEPEJOBNJDB��3FTJTUFO[B�BFSPEJOBNJDB�EJ�VO�BMB������4JNVMB[JPOF�EJ�nVJEPEJOBNJDB��'MVTTJ�BFSPEJOBNJDJ�JOEPUUJ�JO�VO�FMFNFOUP�NFDDBOJDP������4JNVMB[JPOF�EJ�nVJEPEJOBNJDB��5VSCPMFO[B�DPO�1BUUFSO�EJ�5VSJOH������4JNVMB[JPOF�EJ�nVJEPEJOBNJDB��.PUP�UVSCPMFOUP�

3.1. 3.2.

3.3.

3.4.

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ma un giudizio universale riferibile a tutti i casi simili»3. Ciò che Ari-stotele chiama «giudizio universale»4 è l’intuizione di una regola che, TVMMB�CBTF�EFMMF� SJQFUVUF�PTTFSWB[JPOJ�FNQJSJDIF �BDRVJTJTDF�EJHOJUË�di previsione�WBMJEB�JO�RVBOUP�EFEPUUB�TQFSJNFOUBMNFOUF��2VFTUP�pro-gettare PSJHJOBSJP�OPO�TJHOJmDB�BODPSB�BWFSF�a priori un concetto già EFmOJUP�F�MPHJDBNFOUF�JODPOUSPWFSUJCJMF �NB�FTTFO[JBMNFOUF�FTTFSF�JO�grado di cogliere una logica causale nei dati esperienziali raccolti, per tradurli in un nuova previsione, con legittima pretesa di validità5. La centralità del carattere empirico come guida dell’esercizio intuitivo�SJNBOF�TPTUBO[JBMNFOUF�JOWBSJBUB�mOP�BM�SJOBTDJNFOUP��-F�DBU-tedrali gotiche medioevali venivano ancora realizzate basandosi su una costante valutazione dello stato di fatto, prescindendo cioè da RVFMMB� DPNQJVUB� QSFmHVSB[JPOF� JOJ[JBMF� DIF� Ò� JM�progetto moderno. Costruita l’ossatura portante dei piloni, il cantiere veniva abbando-nato per un lungo periodo di tempo, per permettere alla struttura di BTTFTUBSTJ�OBUVSBMNFOUF�TV�VOB�DPOEJ[JPOF�EJ�FRVJMJCSJP�TUBUJDP �TPU-toposta al peso proprio degli elementi costruiti e soggetta alla fatalità imprevedibile degli eventi6. In base ad un’attenta valutazione dello 3 aristotele, .FUBmTJDB ����B��-F�QSJNF�QBHJOF�EFMMB�NFUBmTJDB����B����B�SJTVMUBOP�QFSBMUSP�di grande interesse nel delineare la prospettiva del pensiero classico riguardo al tema della tecnica, e, in generale, del rapporto tra conoscenza ed empirismo. Poiché evidentemente «l’esperienza produce la tecnica» (cfr. anche nota 1, cap.3.), Aristotele può affermare che «l’esperienza è conoscenza delle cose individuali, mentre la tecnica degli universali», infatti «gli empirici conoscono “che” [...], mentre gli altri conoscono “perché”, ossia la causa». 1PJDIÏ�B�RVFTUP�QVOUP�«è chiaro [...] che la sapienza è una conoscenza indefettibile intorno a certi principi e certe cause», ecco allora delinearsi una gerarchia dei saperi in relazione al rispettivo grado di comprensione universale – cioè causale –, che porta l’empirico ad essere «più sapiente di coloro che possiedono una qualunque sensazione, il tecnico più degli em-pirici, l’architetto più del tecnico manovale [l’artigiano], e le scienze teoretiche più di quelle poetiche <DJPÒ �FUJNPMPHJDBNFOUF �RVFMMF�UFDOJDIF �QSPEVUUJWF>x�4 L’espressione aristotelica q� ©ƽƴƻǍƾǁdž� -�ǍƾƺljƼঞª, concezione del tutto, cioè, appunܦto, pensiero universale. Da sottolineare la derivazione radicale di ܦ�ǍƾƺljƼঞ� dal verbo -�ǁƾƴ�ƵƯƿNJ, letteralmente, prendere da, com-prendere da, cioè, nella prospettiva moܦderna, de-durre.5 "�RVFTUP�QSPQPTJUP�/FSWJ�TDSJWF��«Se pure per molti e molti secoli l’empirismo intuitivo è stato l’unica guida di progettisti e costruttori, la grandiosità e perfezione tecnica di molte re-alizzazioni del passato dimostrano che, partendo dalla sola intuizione e dalla interpretazione di esperienze statiche offerte dalla quotidiana realtà costruttiva, questi nostri predecessori BWFWBOP�QPUVUP� GPSNBSTJ�VOB�TFOTJCJMJUË� TUBUJDB � MB�DVJ�FGmDBDJB�F�BDVUF[[B�TPOP�NJTVSBUF�dalla eccellenza delle opere costruite» (Pier luigi nervi, Scienza o arte del costruire?, Roma, Edizioni della Bussola, 1945).6 *NQSFWFEJCJMF�QFS�VO�BSDIJUFUUP�NFEJPFWBMF��'FOPNFOJ�RVBMJ�TJTNB �WFOUP �EJMBUB[JPOJ�F�DF-dimenti localizzati non potevano – e, a dire il vero, non possono tuttora – essere previsti con precisione. L’architetto antico tuttavia, accettava con serenità l’esito degli eventi naturali, QFS�RVBOUP�DSJUJDP �F� JOUFSWFOJWB�TPMP�EPQP�DIF� M�PSHBOJTNP�TUSVUUVSBMF�BWFTTF� USPWBUP�OB-UVSBMNFOUF�VO�QSPQSJP�FRVJMJCSJP��-B�NPEFSOB�TDJFO[B�EFMMF�DPTUSV[JPOJ�IB�PWWJBUP�B�RVFTUP�problema di imprevedibilità attraverso un’impostazione preventiva probabilistica degli even-ti, formulata su basi statistiche�TQFDJmDIF �SFMBUJWF�BMM�BSFB�EFUFSNJOBUB�EJ�QSPHFUUP��&WJEFO-UFNFOUF �OPO�Ò�TPMP�VO�QSPCMFNB�EJ�PSEJOF�UFDOJDP�TDJFOUJmDP��&��DBNCJBUP�QSPGPOEBNFOUF�il rapporto dell’uomo con il mondo naturale. L’uomo moderno, attraverso la potenza della tecnica moderna, vuole diventare «dominator et possessor mundi» (rené descartes, cit. in, uMberto galiMberti, La morte dell’agire e il primato del fare nell’età della tecnica, cit.), piegare il corso degli eventi alla sua volontà insaziabile e fagocitante, laddove l’uomo antico accet-UBWB�JM�EFTUJOP�DPO�HSBOEF�mEVDJB�F�TJ�SJmVUBWB�EJ�PQQPSWJTJ �SJDPOPTDFOEP�o�DPO�MF�QBSPMF�EJ�Prometeo – che «la tecnica è di gran lunga più debole della necessità» (eschilo, Prometeo incatenato, v.514). La necessità�è� il corso imprevedibile degli eventi naturali ²� tant’è�vero DIF�BMDVOJ�USBEVDPOP�JO�RVFTUP�DBTP�ƿƯƶƽƺ�con fato –, contro cui non si può lottare, e che WB �BO[J �BTTFDPOEBUP��4JOUPNBUJDP�JM�GBUUP�DIF�RVFTUF�QBSPMF�TJBOP�QSPOVODJBUF�EB�1SPNFUFP �il dio della tecnica e, insieme, della preveggenza. Pro-meteo è colui che SJnFUUF�QSJNB, cioè pre-vede�M�BWWFOJSF �FE�JO�RVFTUP�SJTJFEF�JOGBUUJ�M�essenza della tecnica che ha insegnato agli

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3.5. Porta dei Leoni, Micene, xii sec. a.C.3.6. Chiesa del Carmo, Lisbona, xiv sec. Parzialmente crollata nel 1755.3.7. Cattedrale di Notre-Dame, Chartres, xiii sec. Copertura voltata.3.8. Ponte ai Frari, Venezia, xv sec. Dettaglio dei conci numerati.

3.5.

3.6.

3.7. 3.8.

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stato di fatto post-assestamento, gli architetti intervenivano per risol-vere eventuali criticità, crepe o cedimenti localizzati, proseguendo il DBOUJFSF�mOP�BE�VOB�OVPWB�GBTF�EJ�OFDFTTBSJB�constatazione empiri-ca. Il medesimo principio era applicato nella costruzione dei singoli elementi, laddove, in assenza di un progetto compiuto, si procedeva per tentativi e perfezionamenti, costantemente sottoposti ad attenta WFSJmDB�FNQJSJDB��-F�WPMUF�B�DSPDJFSB �BE�FTFNQJP � WFOJWBOP� SFBMJ[-[BUF�B�UFSSB �BUUSBWFSTP�VOB�MFOUB�QSPDFEVSB�EJ�PUUJNJ[[B[JPOF�jTQFSJ-NFOUBMFx��4J�QSPDFEFWB�B�MJNBSF�J�TJOHPMJ�DPODJ�mOP�B�DIF�M�BDDPTUB-NFOUP�OPO�FSB�TVGmDJFOUFNFOUF�QSFDJTP�EB�HBSBOUJSF�BMMB�TUSVUUVSB�VOB�DPOEJ[JPOF�EJ�TUBCJMJUË�HFOFSBMF��"�RVFTUP�QVOUP � MF�QJFUSF�WFOJWBOP�TJOHPMBSNFOUF�OVNFSBUF�F�SJBTTFNCMBUF�JO�RVPUB�TFDPOEP�MP�TDIFNB�WFSJmDBUP�FNQJSJDBNFOUF�B�UFSSB� Non esiste ancora l’idea moderna di progetto. L’architettura Ò�JM�SJTVMUBUP�EJ�VO�MVOHP�F�DPOUJOVBNFOUF�NPEJmDBUP�QSPDFTTP�EJ�DP-struzione. L’architetto è sostanzialmente capo-cantiere. Non disegna ma decide, e lo fa costantemente, sulla base dell’incontrollata evo-MV[JPOF�EFMM�FEJmDJP��1PJDIÏ�OPO�FTJTUF�QSPHFUUP �P �TF�FTJTUF �Ò�VOB�vaga intuizione nella mente dell’architetto, il processo di costruzione non ha un esito – formale e cronologico – determinato a priori. Per RVFTUB�SBHJPOF �mOP�BM�SJOBTDJNFOUP�F�QPDP�PMUSF � MF «opere» di ar-chitettura sono cantieri secolari, perennemente in trasformazione. Gli BSDIJUFUUJ�TJ�BWWJDFOEBOP�EJ�DPOUJOVP �NPEJmDBOEP� JM� MBWPSP�EJ�DIJ� MJ�ha preceduti secondo la loro volontà7. Non esiste d’altra parte l’idea di paternità dell’opera, che è strettamente legata al sorgere del pro-HFUUP�NPEFSOP��.PMUP�TQFTTP�MB�TUFTTB�DPODMVTJPOF�EJ�VO�FEJmDJP�Ò�EFUFSNJOBUB�EB�SBHJPOJ�FDPOPNJDIF�P�QPMJUJDIF �DPNVORVF�FTUFSOF�BMM�BSDIJUFUUVSB��-�PQFSB�QVÛ�FTTFSF�mOJUB�JO�RVBMVORVF�NPNFOUP�QFS�NBODBO[B�EJ�GPOEJ �DPTÖ�DPNF�USBTGPSNBUB�DPTUBOUFNFOUF�BODIF�TF�– ai nostri occhi – compiuta8. Questa tendenza all’empirismo costruttivo si inverte nel rina-scimento con la nascita dell’idea di progetto, e, soprattutto, nel xvii secolo con il sorgere della scienza moderna e le prime incerte formu-

uomini (cfr. note 1,33,34, cap.2. e note 1,3,4, cap.3.).7 .FNPSBCJMJ �B�RVFTUP�QSPQPTJUP �MF�WJDFOEF�TUPSJDIF�DIF�IBOOP�JOUFSFTTBUP�MB�DPTUSV[JPOF�dell’opera�EJ�4BO�1JFUSP�JO�7BUJDBOP �JM�DVJ�DBOUJFSF�Ò�EVSBUP�QJá�EJ�EVF�TFDPMJ �EBMMB�mOF�EFM�‘400 al 1667, data di completamento della piazza antistante. La letteratura al riguardo è, PWWJBNFOUF �TUFSNJOBUB��#BTUJ�RVJ�SJDPSEBSF�DIF�MB�DPTUSV[JPOF�EFMMB�CBTJMJDB�IB�WJTUP�BWWJ-cendarsi architetti del calibro di Bramante, Raffaello, Michelangelo e Bernini, ciascuno dei RVBMJ�IB�BQQPSUBUP�QFTBOUJ�NPEJmDIF�BMMP�TWJMVQQP�EFM�DBOUJFSF�QFS�DPNF�TJ�FSB�EFMJOFBUP�sotto la direzione dei predecessori. Sintomatica la vicenda del coro di Bernardo Rosselli-no, realizzato nel 1450 come ampliamento absidale della vecchia basilica costantiniana, inizialmente mantenuto nel nuovo progetto di Bramante ed in seguito demolito da Miche-langelo prima ancora che fosse completato, perché decisamente fuori proporzione rispetto BMMF�PSNBJ�NBTUPEPOUJDIF�EJNFOTJPOJ�EFMMB�OBWBUB��*O�RVFTUB�GBTF �M�BSDIJUFUUVSB�Ò�BODPSB�VO�processo indeterminato.8 "�RVFTUP�QSPQPTJUP�TJ�DPOTJEFSJOP�J�OVNFSPTJ�FEJmDJ�composti di diversi stili e le architettu-re parzialmente incompiute dei nostri centri storici. Ci limitiamo a ricordare la celeberrima San Lorenzo a Firenze, una delle basiliche più importanti del rinascimento toscano, che si presenta, ancora oggi, priva di facciata. Non fu infatti mai realizzato il progetto proposto nel 1515 da Michelangelo, che peraltro aveva già lavorato all’interno del complesso religioso con la sagrestia nuova e la biblioteca laurenziana��"�RVFTUP�QSPQPTJUP�SJQPSUJBNP�M�JORVJFUBOUF�proposta avanzata nel 2011 dal sindaco Renzi, che intendeva «dare un tocco in più» (sic!) all’intervento di risistemazione complessiva dell’area, costruendo la facciata michelangiole-TDB�B�EJTUBO[B�EJ�DJORVFDFOUP�BOOJ�EBM�QSPHFUUP�

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MB[JPOJ�EJ�RVFMMB�DIF�EJWFSSË�scienza delle costruzioni. La previsione non è più semplice intuizione sui dati empirici ma comincia a diventa-re a tutti gli effetti pro-getto, cioè QSF�mHVSB[JPOF compiuta, predeter-NJOBUB��-B�DPTUSV[JPOF�UFOEF�QSPHSFTTJWBNFOUF�B�GBSTJ�RVFTUJPOF�DBS-UBDFB �QFSDIÏ�DPODF[JPOF�MPHJDB�F�NFOUBMF�QSJNB�DIF�PQFSB�mTJDB9. Il progetto guida le fasi di realizzazione secondo la previsione iniziale, mOP�BM�DPODSFUBSTJ�EFM�pensiero costruttivo10 nella pietra. Il cantiere, di conseguenza, diventa il luogo dell’organizzazione prestabilita, svin-DPMBOEPTJ�EBMM�JODPHOJUB�EJ�VO�FTFDV[JPOF� JO�EJWFOJSF�DIF�TJ� SFUUJmDB�WJB�WJB�TVMMB�CBTF�EFMMF�DPOUJOVF�WFSJmDIF�EFM�DPTUSVJUP��-�BSDIJUFUUVSB�cessa allora di essere un processo indeterminato. L’idea di progetto�JOUSPEVDF�VOB�TFSJF�EJ�GPOEBNFOUBMJ�RVFTUJP-OJ�DPTUSVUUJWF�FE�BODPS�QJá�TJHOJmDBUJWF�JNQMJDB[JPOJ�UFPSJDIF��-�PQFSB�BDRVJTUB�DPOUFNQPSBOFBNFOUF�BSUFmDF�FE�VOJUË��-�BSDIJUFUUP�OPO�Ò�solo capo-cantiere, ma ora, a tutti gli effetti, pro-gettista, cioè pre-mHVSBUPSF��/PO�Ò�QJá�VOP�GSB� J�NPMUJ�FTFDVUPSJ�EJ�VO�FEJmDJP �NB�OF�EJWFOUB�B�UVUUJ�HMJ�FGGFUUJ�JM�QBESF��"DRVJTUB�EJ�DPOTFHVFO[B�VO�OPNF�ed una fama legati alla sua capacità di realizzare costruttivamente le previsioni progettuali. La centralità dell’opera, autonoma, diventa centralità dell’architetto� F� EFMMB� TVB� QSFmHVSB[JPOF�QSPHFUUVBMF�� 4F�nella fase empirica si parlava di cupola del pantheon, ora si parla infatti di cupola del Brunelleschi o del Michelangelo. L’opera diven-UB � OFM� GSBUUFNQP � VOB� F� DPFSFOUF�� (MJ� FEJmDJ� SJOBTDJNFOUBMJ � OPO� B�DBTP �QFSEPOP�RVFM�DBSBUUFSJTUJDP�TJODSFUJTNP�TUPSJDP�F�TUJMJTUJDP�UJQJ-co dei secoli precedenti, per affermarsi ai posteri come modelli di perfezione logica e compiutezza formale. Il progetto diventa inoltre RVFTUJPOF�TPTUBO[JBMNFOUF�BVUPOPNB��*O�RVBOUP�QSFWJTJPOF�DPNQJVUB�con pretesa di legittimità, vive di vita propria e può essere valutato indipendentemente dalla sua realizzazione. L’architetto può propor-re la propria soluzione sulla carta e viene scelto fra altri in base alla RVBMJUË�EFMMB�QSFWJTJPOF��/FJ�DPNVOJ�JUBMJBOJ�OBTDPOP�J�QSJNJ�DPODPSTJ�e gli appalti pubblici, che trasformano in misura radicale e irreversi-bile l’approccio al problema della costruzione11. Il progetto mette evidentemente in crisi il tradizionale rapporto con l’empirìa. La previsione è ora sillogismo e, come tale, obbliga

9 Cfr. cap.2.10 Cfr. nota 43, cap.2.11 L’introduzione dei concorsi ha di fatto rappresentato un momento di svolta per lo strutturar-si dell’idea moderna di progetto come organismo autonomo, e rimane ancora oggi la condi-zione ideale per lo sviluppo e la maturazione di sperimentazioni architettoniche e costruttive. Parlando del progetto per il grattacielo in vetro sulla Friedrichstrasse (1921), Mies afferma: «dal momento che era un concorso, era facile avere coraggio! Io non pensavo che lo avrei vinto e che lo avrei costruito, e così potevo fare quello che mi andava» (ludwig Mies van der rohe, Dialogo con Peter Blake a New York (1961), in, vittorio Pizzigoni (a cura di), Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2010). Questo prin-cipio è valido ancora oggi ed ha legittimato in larga misura l’affermarsi di molte sperimenta-zioni poetiche e formali dell’architettura contemporanea. «La struttura, l’esperienza dei con-DPSTJ �<���>�Ò�JM�NPNFOUP�JO�DVJ�JM�QSPHFUUP�DPNF�UBMF�QVÛ�OPO�EBS�MVPHP�B�VO�FEJmDJP��2VFTUP�apre lo spazio a tutti gli esperimenti con possibilità non architettoniche – avendo a che fare con la letteratura, la musica, la carta» (jacques derrida, Replica a Daniel Liebeskind (1997), in, Adesso l’architettura, cit.). La «carta» di Derrida, è già il regno del «virtuale», cioè del possibile, dell’immaginabile. Evidentemente l’informatica non ha fatto altro che aumentare FTQPOFO[JBMNFOUF�RVFMM�BVUPOPNJB�EFM�QSPHFUUP�NPEFSOP �DIF�FSB�DPNVORVF�HJË�QSFTFOUF�in nuce nel suo affermarsi come previsione logica e cartacea (cfr. cap.2.).

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M�BSDIJUFUUP�B�SJnFUUFSF� JO� GBTF�QSFWFOUJWB�TVMMF�RVFTUJPOJ�DPTUSVUUJWF�F�TUSVUUVSBMJ��/PO�DJ� TJ�QVÛ�QJá�QFSNFUUFSF�EJ� GBSF�BGmEBNFOUP�TV�VOB�DPTUBOUF� WFSJmDB� TQFSJNFOUBMF�EFMM�FWPMV[JPOF�EFJ� MBWPSJ�� *M�progetto introduce al posto dell’intuizione da convalidare in cantiere, la ne-cessità di una logica strutturale preventiva compiuta in tutte le sue parti, evidentemente già convalidata prima�EFMM�JOJ[JP�EFJ�MBWPSJ �DPTÖ�che la costruzione diventi esecuzione,�FTFOUF�EB�JODFSUF[[F �WFSJmDIF�continue e, soprattutto, fallibilità. Sorgono due nuove ed inevitabili premesse fondamentali, che costituiscono l’essenza del progetto mo-derno. In primo luogo la previsione ha necessità di essere legittimata a priori��"M�DPOUSBSJP�EJ�RVBOUP�BDDBEFWB� JO�QSFDFEFO[B � MB�WFSJmDB�empirica si effettua prima del progetto �DPTÖ�DIF�RVFTUP�QPTTB�QSF-tendere dalla costruzione un’incontrovertibile statuto di validità. Gli architetti iniziano a fare ricerca sperimentale. Studiano i grandi mo-delli della classicità interrogandosi sui problemi tecnico-costruttivi e strutturali12. Sperimentano soluzioni nuove per rispondere a vecchie domande irrisolte13�� *O� TFDPOEP� MVPHP � MB�QSFmHVSB[JPOF�QSPHFUUVB-le compiuta introduce un nuovo ordine di problematiche rispetto al QSPDFTTP�EJ�FEJmDB[JPOF��1FSDIÏ�JM�TJTUFNB�DPTUSVUUJWP�SFBMF�BCCJB�MB�pretesa di funzionare, deve corrispondere esattamente al sistema DPTUSVUUJWP�MPHJDP�QSFmHVSBUP�F�HJË�DPOWBMJEBUP��*M�QSPHFUUP�JOUSPEVDF�RVJOEJ�VO�OVPWP�QBSBNFUSP�EJ�WBMVUB[JPOF�EFM�DBOUJFSF��MB�precisione DPNF�DPOEJ[JPOF�EJ�GBUUJCJMJUË�EFMM�PQFSB �JO�RVBOUP�GFEFMUË�SJTQFUUP�BMMB�QSFWJTJPOF�EJNPTUSBUBTJ�DPSSFUUB��2VFTUJ�EVF�OVPWJ�DSJUFSJ�EFmOJTDPOP�l’essenza profonda del pro-getto come QSF�mHVSB[JPOF�DPNQJVUB, e li ritroveremo formulati – diversamente declinati ma sempre e comun-RVF�QSFTFOUJ�o�EBMMB�TDJFO[B�NPEFSOB�EFMMF�DPTUSV[JPOJ�mOP�BMMF�BSDIJ-tetture informatizzate dell’età contemporanea14. Brunelleschi elabora i disegni esecutivi della cupola e introdu-ce nel cantiere il fondamentale criterio della precisione come fedeltà BTTPMVUB�SJTQFUUP�BM�QSPHFUUP��-B�RVPUB�SFBMF�EFWF�DPSSJTQPOEFSF�FTBU-UBNFOUF�BMMB�RVPUB�OFM�EJTFHOP��-F�CVDIF�QPOUBJF�EJWFOUBOP�BMMPSB�parte integrante del compito progettuale ed imprescindibili condizio-ni di esecuzione dell’opera. Per la prima volta vengono realizzate con la massima precisione perché solo attraverso un costante lavoro di 12 E’ il caso, ad esempio, del Pantheon �BODPSB�PHHJ�VOP�EFHMJ�FEJmDJ�QJá�TUVEJBUJ�EFMM�JOUFSB�classicità. La sua complessa concezione strutturale e costruttiva è stata oggetto di ricerca TJTUFNBUJDB�B�QBSUJSF�EBM�SJOBTDJNFOUP�mOP�BM�TFDPMP�TDPSTP��JOmOJUF�WPMUF�SBQQSFTFOUBUB�o�EB�Raffaello a Piranesi –, analizzata – da Palladio a Beltrami –, ed emulata – dal tempio canovia-no al Jefferson Memorial di Washington.13 E’ il caso, ad esempio, del lavoro di Palladio sulla traduzione formale del problema vitru-viano degli ordini di facciata. L’idea di progetto implica una nuova concezione totalizzante dell’architettura. La sperimentazione non è solo strutturale e costruttiva ma si fa ricerca este-tica sui modelli storici. Questo porterà al lavoro di reinterpretazione delle forme classiche portato avanti del manierismo e del barocco. Si consideri, ad esempio, l’opera di rinnova-mento formale di Giulio Romano e Borromini, che si sviluppa, appunto, principalmente sul piano teorico, come ricerca preliminare sui fondamenti del progetto architettonico.14 L’ambiente virtuale porta semplicemente a compimento i presupposti che erano comun-RVF�HJË�QSFTFOUJ�OFMMB�MPHJDB�EFM�QSPHFUUP�NPEFSOP �JO�RVBOUP�pensiero architettonico com-piuto. I due parametri di QSFmHVSB[JPOF e precisione trovano anzi la loro massima espres-sione nell’ambito del disegno informatizzato. Il carattere preventivo del progetto si compie attraverso i software cad e cae �DIF�WFSJmDBOP�F�jSFBMJ[[BOPx�WJSUVBMNFOUF�M�PHHFUUP�QSFmHV-rato nell’ambiente informatico. La precisione diventa ovviamente una conseguenza naturale dell’uso di uno strumento che, per propria natura, non conosce disordine. Il caM provvede poi a tradurre nell’oggetto reale il medesimo livello di precisione dell’oggetto virtuale.

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3.9.

3.9. Pergamena di Giovanni da Prato, disegno dei ponteggi della Cupola.3.10. Ricostruzione del sistema costruttivo del Brunelleschi (prof. arch. Massimo Ricci).3.11. Eugène Freyssinet, Hangar. Centine mobili.3.12. Eugène Freyssinet, Hangar. Sistema di centine e corde.3.13. Eugène Freyssinet, Hangar, Orly, 1923.

3.10.

3.12.3.11.

3.13.

60

WFSJmDB�EFMMB�HFPNFUSJB�DPTUSVJUB� M�BSDIJUFUUP�QVÛ�FTTFSF�DFSUP�EFMMB�reale aderenza al progetto, e, di conseguenza, dell’effettiva stabilità della cupola. La WFSJmDB�FNQJSJDB sul costruito, diventa, in altri termi-ni, WFSJmDB�EJ�GFEFMUË alla previsione, nella sua necessaria precisione. *M�QSPHFUUP �B�TVB�WPMUB �BDRVJTUB�QSFUFTB�EJ�WBMJEJUË� JO�SFMB[JPOF�BMMF�prove sperimentali�FTFHVJUF� JO� GBTF�QSFWFOUJWB �FE� JO�RVFTUP�TFOTP�può legittimarsi come organismo compiuto, autonomo, ed effettiva-mente realizzabile. Brunelleschi realizza un modello in scala ridotta EFMMB�DVQPMB�QFS�WFSJmDBSF�MF�TVB�JQPUFTJ�empirìa). Solo allora la sua JOUVJ[JPOF� JOJ[JBMF�BDRVJTUB�RVFMM�BDDFUUBCJMF� MFHJUUJNJUË�QFS�DPTUJUVJSTJ�FY�QPTU come progetto (previsione��%J�RVJ�BE�VO�TFDPMP�DPNJODFSË�peraltro a svilupparsi la scienza moderna, che ha come imprescindi-bile presupposto, appunto, il cosiddetto metodo sperimentale, cioè RVFM�TJTUFNB�MPHJDP�EFEVUUJWP�DIF�QSPEVDF�QSFWJTJPOJ�DFSUF�TVMMB�CBTF�EJ�EBUJ�FTQFSJFO[JBMJ�SBDDPMUJ�JO�DPOEJ[JPOJ�EFUFSNJOBUF �F �RVJOEJ �QSF-cisamente ripetibili e misurabili15. Il carattere empirico� WJFOF� EFmOJUJWBNFOUF� BTTVOUP� B� GPOEB-mento dell’elaborazione teorica con la meccanica e la scienza delle costruzioni, svincolando l’architetto dalla necessità di sperimentare EJSFUUBNFOUF�MB�DPSSFUUF[[B�EFMMF�QSPQSJF�QSFWJTJPOJ��(JVOHF�DPTÖ�BMMB�EFmOJUJWB�NBUVSB[JPOF�M�JEFB�EJ�QSPHFUUP��$PO�MB�scienza delle costru-zioni, l’architetto elabora il progetto (previsione) come sistema logico-matematico, legittimato nella sua realizzabilità dalle leggi� o� RVJOEJ �JO�RVBOUP�UBMJ �HJË�WFSJmDBUF�empirìa) – della meccanica. In altri ter-NJOJ � TF�mOP�B�RVJ� MB� WFSJmDB� empirìa) era successiva all’intuizione (previsione), e ne ammetteva di conseguenza l’indeterminazione e la fallibilità, con la nascita della scienza delle costruzioni, al contrario, è il progetto (previsione) a seguire la legge (empirìa �DIF �JO�RVBOUP�tale, lo legittima incontrovertibilmente come valido. Si DPEJmDB�EFmOJ-UJWBNFOUF�RVFMM�JOWFSTJPOF�EFJ�EVF�UFSNJOJ�DIF�BWFWB�TBODJUP� JM�QBT-saggio dalla fase empirica alla nascita del progetto. Cambia solo – ma è evidentemente uno stravolgimento epocale – la metodologia EJ�WFSJmDB�DIF�QSFDFEF�MB�QSFWJTJPOF��4F�#SVOFMMFTDIJ�TQFSJNFOUBWB�direttamente sui modelli empirici, l’architetto contemporaneo assume come valida la sperimentazione preventiva fornitagli dalla scienza EFMMF�DPTUSV[JPOJ�o�F�RVJOEJ �MF�leggi della meccanica. Evidentemente non si tratta di uno stravolgimento improvviso, ma di un lunghissimo processo di perfezionamento della previsione strutturale che segue passo passo gli enormi sviluppi della scienza delle costruzioni sino al secolo scorso16.

15 E’ pur vero che nel metodo sperimentale�M�JQPUFTJ�QSFDFEF�MB�WFSJmDB �NB�MB�HSBOEF�OPWJUË�EFMMB�TDJFO[B�NPEFSOB�o�F�EFMMP�TUFTTP�QSPHFUUP�NPEFSOP�o�Ò�DIF�M�JQPUFTJ�WFSJmDBUB�TJ�DP-stituisca come legge. La legge è cioè un sistema di aspettative incontrovertibilmente valide – cioè un sistema di previsioni valide�o�GPSNVMBUP�F �JO�RVFTUP�TFOTP �MFHJUUJNBUP�EBMM�FTQFSJ-mento empirico preventivo.16 Come testo di riferimento, si rimanda a, edoardo benvenuto, La scienza delle costruzioni e il suo sviluppo storico, Firenze, Sansoni, 1981. L’operazione di Benvenuto ha ben pochi precedenti nell’ambito della manualistica di ingegneria. Il testo non si limita infatti ad esporre i principi della scienza delle costruzioni, ma ne descrive ampiamente le origini, a partire EBMMF�QSJNF�GPSNVMB[JPOJ�EFMMB�mTJDB�BSJTUPUFMJDB�QFS�BSSJWBSF�TJOP�BMM�JOUSPEV[JPOF�EFM�DBMDPMB-tore. Benvenuto elabora una vera e propria TUPSJPHSBmB della ricerca ingegneristica, come, JOTQJFHBCJMNFOUF �OPO�FSB�NBJ�TUBUB�TWJMVQQBUB�JO�QSFDFEFO[B��/F�SJTVMUB�VO�JNNBHJOF�jVNB-OJTUJDBx�o�F�QJá�VNBOB�o�EFMMB�scienza delle costruzioni �JORVBESBUB�OFMMB�QSPTQFUUJWB�FQJTUF-

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La scienza delle costruzioni � JO� RVBOUP� TDJFO[B� NPEFSOB� F�EVORVF�TQFSJNFOUBMF �TJ�BTTVNF� JM�DPOUSPMMP�FTQFSJFO[JBMF� empirìa) come WFSJmDB delle ipotesi di partenza (previsione). Queste, se con-validate, costituiscono una legge �DIF�Ò�RVJOEJ�QFS�JM�QSPHFUUJTUB�DPO-temporaneo l’unico termine – indiretto – di confronto con l’esperienza. Poiché inoltre lo statuto della scienza moderna non pretende di co-stituire verità, ma modelli validi17, la legge non fa altro che determi-nare un sistema funzionale di aspettative universali, sulla cui base il QSPHFUUJTUB�FMBCPSB�VO� MFHJUUJNBUP�TJTUFNB�EJ�BTQFUUBUJWF�TQFDJmDIF��Poiché la previsione singolare (progetto) è basata su una previsione generale (legge), dimostratasi valida (empirìa), il carattere empirico TQFDJmDP�WJFOF�DPTÖ�EFmOJUJWBNFOUF�FTDMVTP�EBMMB�QSBTTJ�DPTUSVUUJWB��Questa logica risulta peraltro evidente se analizziamo la metodolo-gia di calcolo strutturale elaborata della scienza delle costruzioni 18. Poniamo di dover progettare e WFSJmDBSF una trave in acciaio sempli-cemente appoggiata. La procedura standard prevede che si scelga VO�QSPmMP�TVMMB�CBTF�EJ�VO�JQPUFTJ� JOJ[JBMF�previsione) da sottoporre successivamente al calcolo per confermarne la validità (empirìa). Se-MF[JPOBUP�JM�QSPmMP �JM�NPEVMP�EJ�SJHJEF[[B�X�Ò�OPUP�EB�QSPOUVBSJP��*M�valore del momento massimo M in campata è noto (nella fattispecie RM2/8). Poiché la tensione ammissibile del materiale è nota (ce la for-nisce la stessa tecnica delle costruzioni�HJË�SJEPUUB�EBJ�DPFGmDJFOUJ�EJ�sicurezza), applicando la formula di Navier siamo immediatamente in HSBEP�EJ�DPOGSPOUBSF�MB�UFOTJPOF�JOUFSOB�TQFDJmDB�DPO�DŽamm nota. Ana-

mologica come prodotto culturale, storicamente circoscritto e fenomenologizzato all’interno dello Zeitgeist �DPO�MB�NFEFTJNB�EJHOJUË�F�QSFHOBO[B�EJ�VOB�TUPSJPHSBmB�mMPTPmDB�P�BSUJTUJDB��Il senso ultimo del lavoro di Benvenuto – ci pare – non sta tanto nel comprendere lo sviluppo storico delle teorie e dei principi per arrivare al vero oggettivo della scienza contemporanea, RVBOUP�QJVUUPTUP�OFM�SJDPOPTDFSF�JO�QSPGPOEJUË�JM�DPTUBOUF�relativismo gnoseologico delle rap-QSFTFOUB[JPOJ�TDJFOUJmDIF �DIF�USPWBOP�VO�TJHOJmDBUP�DVMUVSBMF�MË�EPWF�o�F�RVBOEP�o�WFOHPOP�formulate. Per dirla con Heidegger, «la scienza greca non fu mai esatta, e non lo fu perché, secondo la sua essenza, non poteva essere esatta e non aveva bisogno di essere esatta. Ecco perché non ha in generale alcun senso sostenere che la scienza moderna sia più esatta di quella antica. Quindi non si può dire neppure che la teoria galileiana della caduta dei gravi sia “vera” e che quella aristotelica, secondo cui i corpi leggeri tendono verso l’alto, sia “falsa”; infatti la concezione greca dell’essenza del corpo, del luogo e del loro rapporto, riposa su una diversa interpretazione dell’essente, e condiziona perciò in corrispondenza un diverso modo di vedere e interrogare i processi naturali. A nessuno verrebbe in mente di affermare che la poesia di Shakespeare sia più progredita rispetto a quella di Eschilo» (Martin heidegger, L’epoca dell’immagine del mondo (1938), in, Holzwege. Sentieri erranti della selva �DJU���-B�TDJFO[B �DPNF�MB�mMPTPmB�P�M�BSUF �Ò�GSVUUP�EJ�VOB�EFUFSNJOBUB�WJTJPOF�EFM�NPOEP �JO�RVBOUP�QFSFOOFNFOUF�JORVBESBUB�o�gettata – all’interno di una precisa circostanza storica e culturale. Ecco allora, nella civiltà del consumo – e, in buona sostanza, dell’utile –, svilupparsi una scienza che abbandoni la mentalità epistemica del vero per farsi volontà dell’FGmDBDF��'JMPTPmB�F�TDJFO[B�EJWFOUBOP�DJPÒ�tecnica, strumento di dominio del reale (cfr. cap.2. e, in particolare, note 19,22,30,34,41, cap.2.).17 La legge,�JO�RVFTUP�TFOTP �OPO�QSFUFOEF�QJá�EJ�EFTDSJWFSF�MB�SFBMUË �NB�TPMP�VO�PSEJOF�EJ�legittime aspettative riguardo ad un determinato fenomeno. Sarebbe altrimenti un problema BTDSJWFSF�BMM�BNCJUP�TDJFOUJmDP�F�EFmOJSF�legge il secondo principio della termodinamica, che introduce l’incertezza�EFJ�TJTUFNJ�mTJDJ�entropia) al posto dell’esattezza, ricercata dall’episte-mologia classica (cfr. cap.2.).18 L’esempio che segue è strutturato sul metodo delle tensioni ammissibili�QFS�RVFTUJPOJ�EJ�TFNQMJDJUË�E�FTQPTJ[JPOF �NB� MP�TUFTTP�QSJODJQJP�WBMF�PWWJBNFOUF�BODIF�OFMMB�WFSJmDB�BHMJ�stati limite�� *O�RVFTUP�DBTP�BM�DPOGSPOUP�USB� tensioni, si sostituisce il confronto tra momenti, VOP�EFJ�RVBMJ�sollecitante (Med) e noto, l’altro resistente (Mrd) e calcolabile sulla base della tensione ultima (fyd �OPUB�F�HJË� SJEPUUB�EBJ�DPFGmDJFOUJ�EJ�TJDVSF[[B��"M�EJ� MË�EFM�DBNCJP�EJ�nomenclatura, gli stati limite�GPSOJTDPOP�VOP�TUSVNFOUP�EJ�DBMDPMP�QJá�FGmDJFOUF�EFMMF�tensioni ammissibili �JO�RVBOUP�NBHHJPSNFOUF�TWJMVQQBUP�EB�VO�QVOUP�EJ�WJTUB�QSPCBCJMJTUJDP�

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logamente, invertendo la procedura, possiamo dedurre in automatico la w necessaria ²�F�RVJOEJ�JM�QSPmMP�²�per rispondere alla tensione de-terminata dal momento M, senza dover nemmeno fare una previsione iniziale. In ogni caso i parametri M, w e DŽamm, sono noti in partenza. La meccanica e la scienza delle costruzioni risparmiano cioè il proget-tista dall’analisi empirica�TQFDJmDB�TVM�QSPHFUUP �GPSOFOEPHMJ�HJË�J�dati universali�DFSUJ �GSVUUP�EJ�SJDFSDB�TQFSJNFOUBMF��-B�WFSJmDB�RVJOEJ �OPO�precede soltanto la previsione di progetto, ma, anzi, la indirizza se-condo un orientamento necessitante di ottimizzazione strutturale, tale per cui – da un punto di vista teorico – la scelta strutturale diventa una naturale conseguenza della legge meccanica, indipendente dal sin-golo progettista e universalmente oggettiva. Se è pur vero che «pres-soché ogni cosa può essere fatta in molti modi»19 – F�RVJ�TUB�M�BSCJUSJP�del progettista –, «il numero di opere che raggiunta la forma naturale dovranno ad essa attenersi per sempre andrà [...] via via crescen-do [...]»20, JO�RVBOUP �QFS�MB�TUFTTB�DPTUJUV[JPOF�EFMMB�NFUPEPMPHJB�EJ�progetto, la scienza delle costruzioni orienta la previsione strutturale verso jGPSNF�CFO�EFmOJUF�F�QSFmTTBUF�EBMMB�OBUVSB �RVBMVORVF�TJB�MB�tendenza estetica del loro progettista»21.� $PTÖ� DPNF� FSB� BDDBEVUP� JO� QSFDFEFO[B � MB� USBTGPSNB[JPOF�dell’idea di progetto comporta necessariamente un cambio di pro-spettiva sul ruolo che l’architetto contemporaneo assume nell’ambito esecutivo dell’opera, cioè nel cantiere. Poiché la sua previsione si CBTB�TV�VO�TJTUFNB�EJ�DFSUF[[F�VOJWFSTBMNFOUF�SJDPOPTDJVUP �RVFTUB�OPO�QVÛ�DIF�SJTVMUBSF�B�TVB�WPMUB�HJË�WFSJmDBUB��*O�DBTP�EJ�QSPCMFNJ�strutturali infatti, la colpevolezza gli viene attribuita solo comprovando – evidentemente sul progetto e non sulla realizzazione – il mancato rispetto della legge22. Il progettista d’altra parte, svincolato del tutto EBMMB�WFSJmDB�FNQJSJDB �QFSEF�JM�SVPMP�EJ�HVJEB�DIF�BWFWB�USBEJ[JPOBM-mente nel cantiere, assumendosi la responsabilità sulla carta e con-trollando in opera solo la fedeltà dell’esecuzione rispetto al progetto, DIF �JO�RVBOUP�WFSJmDBUP�a priori, diventa l’unico termine di paragone per valutare la validità della costruzione effettiva23.19 ludwig Mies van der rohe, Gli architetti europei oggi (1935), in, vittorio Pizzigoni (a cura di), Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2010.20 Pier luigi nervi, op. cit.21 Ibidem.22 Legge�JO�BNCP�J�TFOTJ �mTJDP�F�HJVSJEJDP��-F�«norme tecniche per le costruzioni» sono strut-turate evidentemente sui principi della scienza delle costruzioni, tant’è vero che la normativa italiana ha introdotto il metodo semi-probabilistico agli stati limite�o�QSJNB�DPNF�FRVJQPMMFOUF�(D.M. 16 gennaio 1996), ed in seguito come obbligatorio (D.M. 14 febbraio 2008) –, solo EPQP�DIF�MB�DPNVOJUË�TDJFOUJmDB�JOUFSOB[JPOBMF�OF�IB�FGGFUUJWBNFOUF�EJDIJBSBUP� MB�NJHMJPSF�FGmDBDJB�TVMMF�tensioni ammissibili.23 Secondo la tendenza inaugurata nel rinascimento con la nascita del progetto. Evidente-mente, tuttavia, la WFSJmDB�EJ� GFEFMUË esecutiva assume nella prassi odierna un ruolo pro-GPOEBNFOUF�EJWFSTP�EB�RVFMMP�DIF�BWFWB�OFM�DBOUJFSF�USBEJ[JPOBMF��-B�validità del progetto contemporaneo è universalmente riconosciuta a priori, in virtù dell’oggettività del metodo EJ�DBMDPMP�JO�SFMB[JPOF�BMM�PSNBJ�DPEJmDBUB�TDJFO[B�EFMMF�DPTUSV[JPOJ �NFOUSF �BM�DPOUSBSJP �JO�QBTTBUP�GBDFWB�BGmEBNFOUP�TVMMB�WFSJmDB�TQFSJNFOUBMF�QSFWFOUJWB�FTFHVJUB�QFSTPOBMNFOUF�dall’architetto, secondo le proprie opinabili intuizioni. Il livello di certezza e validità del pro-HFUUP �FSB�FWJEFOUFNFOUF�QJá�CBTTP�SJTQFUUP�BM�OPTUSP��EJ�DFSUP�QJá�MBCJMF�JO�BTTFO[B�EJ�QSPDF-EVSF�VGmDJBMJ�F�CFO�DPMMBVEBUF��"ODPSB�OFHMJ�BOOJ���� �QSJNB�EFMMF�SJHPSPTF�OPSNBUJWF�BUUVBMJ �la copertura della Maison de la Culture di Firminy crollò più volte nell’arco della costruzione, QFSDIÏ�JM�QSPHFUUP�EJ�-F�$PSCVTJFS�OPO�FSB�BQQSPGPOEJUBNFOUF�WFSJmDBUP�JO�GBTF�QSFMJNJOBSF��Tutto ciò è inconcepibile nella prospettiva contemporanea, ormai burocratizzata da ripe-

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3.14. Tacoma Bridge, Tacoma, 1938-1940. Danno: collasso. Causa: instabilità aeroelastica. Progettisti: non colpevoli. Il progetto rispondeva alla normativa vigente. La scienza delle costruzioni dell’epoca non comprendeva pienamente i fenomeni di oscillazione aeroelastica. 3.15. Palazzetto dello sport, Milano, 1976-1988. Danno: collasso parziale della copertura. Causa: carico della neve (80 cm). Progettisti: non colpevoli. Il progetto rispondeva alla nor-mativa vigente. La copertura era correttamente dimensionata per sopportare 60 cm di neve.3.16. Stadio Olimpico, Montral, 1976. Danno: collasso parziale della copertura. Causa: cari-co della neve. Progettisti: colpevoli. Errore di progettazione.

3.16.

3.15.

3.14.

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Questo lungo processo di potenziamento della capacità previ-sionale a discapito del carattere empirico, giunge all’estremo compi-NFOUP�DPO�MB�mOF�EFM�TFDPMP�TDPSTP �RVBOEP�MF�OVPWF�UFDOPMPHJF�JO-GPSNBUJDIF�NPEJmDBOP�SBEJDBMNFOUF�M�BQQSPDDJP�NFUPEPMPHJDP�F�DP-struttivo alla progettazione, trasformando irreversibilmente i modi e le forme alla radice dell’attività di sperimentazione ed il ruolo del calcolo TUSVUUVSBMF�OFMMF�MPHJDIF�EJ�WFSJmDB��(JË�OFJ�QSJNJTTJNJ�BOOJ�����o�QSJNB�ancora della commercializzazione di catia24 –, Edoardo Benvenuto si rende conto che «l’uso del computer ha trasformato la stessa de-mOJ[JPOF�EFJ�QSPCMFNJ�F�HMJ�PCJFUUJWJ�EFMMB�EJTDJQMJOB�<���>�PSJFOUBOEP�JO�modo diverso il senso delle domande [...]», tanto da mutare la «men-UBMJUË�BMMF�SBEJDJ�EFMM�FNQJSJTNP�TDJFOUJmDPx25 e, evidentemente, della stessa scienza delle costruzioni. Con il software l’esperienza di conferma della validità teorica non è più esterna e preliminare alla progettazione, legge universale TVMMB�DVJ�CBTF�TJ�QPTTB�GPSNVMBSF�VOB�TQFDJmDB�QSFWJTJPOF �NB�UPSOB�ad essere singolarmente legata al progetto ed al suo determinato universo previsionale. La WFSJmDB�TQFSJNFOUBMF, col mezzo informa-tico, è WFSJmDB�WJSUVBMF�� *O�BMUSJ� UFSNJOJ � MB�QSFmHVSB[JPOF�EJ�QSPHFUUP�UFOEF�B�WFSJmDBSF� MB�WBMJEJUË�EFM�QSPQSJP�NPEFMMP� UFPSJDP�BUUSBWFSTP�una seconda previsione, virtualmente empirica. Cambia cioè radi-calmente il rapporto tra progetto e WFSJmDB. I due caratteri perdono MB� SFMB[JPOF� MPHJDP�DPOTFRVFO[JBMF�DIF�BWFWB�DBSBUUFSJ[[BUP � JOWFS-UFOEPTJ � JM�QBTTBHHJP�EBMMB�GBTF�FNQJSJDB�B�RVFMMB�EFM�QSPHFUUP�NP-derno e contemporaneo. Con la rivoluzione informatica essi tendono B�DPJODJEFSF��BWWJFOF�DJPÒ�MB�TJNVMUBOFJUË�EFJ�EVF�QSPDFTTJ��2VFTUP �ovviamente, è possibile solo nell’universo virtuale, dove il progetto è già costruzione26�F�TJ�QSFTUB �EJ�DPOTFHVFO[B �BE�VO�BOBMJTJ�jTQFSJ-NFOUBMFx �QFS�RVBOUP�WJSUVBMF��-B�previsione, ed insieme la WFSJmDB, vengono assorbite insieme nell’ambito informatico della simulazio-ne numerica. Il controllo empirico viene traslato nell’universo virtuale USBTGPSNBOEPTJ� B� TVB� WPMUB� JO� VOB� QSFmHVSB[JPOF� EJ� SJTQPTUB� EFMMB�TUSVUUVSB�� 4J� BGGFSNB� DPTÖ� EFmOJUJWBNFOUF� M�JEFB� EJ� pro-getto come previsione compiuta, organismo autonomo, ora in grado di auto-ve-SJmDBSTJ�OFM�NPNFOUP�TUFTTP�EFMMB�QSPQSJB�GPSNVMB[JPOF��-�FSHPMPHJB�TUFTTB�EFMM�PQFSB�EJWFOUB�PHHFUUP�EJ�TQFDJmDB�QSFWJTJPOF��*M�DBOUJFSF�è sempre più una macchina organizzativa completamente predeter-minata, dove sono noti in fase preventiva, tempi, modi e soluzioni EJ�DPTUSV[JPOF��-�PQFSB�BSDIJUFUUPOJDB�Ò�TFNQSF�QJá�RVFTUJPOF�MPHJDB�

tute procedure di controllo in materia di sicurezza. La normativa attuale prevede infatti un gran numero di strumenti per gestire il cantiere nel modo ottimale. Sono stati introdotte, ad FTFNQJP �mHVSF�DPNF�JM�collaudatore, il direttore dei lavori, il responsabile dei lavori e il coor-dinatore della sicurezza, che valutano la corretta esecuzione dell’opera rispetto al progetto, e la gestione della stessa macchina organizzativa e operativa del cantiere, svincolando il progettista dalla necessità di seguire la costruzione. L’architettura è sempre più pro-getto, preliminare, predeterminato. Si potrebbe obiettare che esistono ancora prove sperimentali eseguite nell’ambito del cantiere (come ad esempio i test a rottura dei provini di calcestruz-zo), ma si tratta, in ogni caso, di WFSJmDIF�EJ�GFEFMUË��Si intende accertare infatti che le carat-UFSJTUJDIF�NFDDBOJDIF�EFM�NBUFSJBMF�JNQJFHBUP�OFMMB�DPTUSV[JPOF�TJBOP�DPOHSVFOUJ�DPO�RVFMMF�QSFWFOUJWBUF�o�F�HJË�WFSJmDBUF�o�OFM�QSPHFUUP�24 Cfr. cap.1.25 edoardo benvenuto, op. cit.26 Cfr. cap.2.

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e virtuale27�� 4F� MB� QSFWJTJPOF� Ò� TJNVMB[JPOF � MB� WFSJmDB� Ò� JNNFEJB-UB��*M�QSPDFTTP�EJ�QSPHFUUB[JPOF�QVÛ�DPTÖ�NVPWFSTJ�BHJMNFOUF�EB�VO�fronte all’altro all’interno del medesimo luogo virtuale, sottoponendo JTUBOUBOFBNFOUF�B�DPOUSPMMP�VOB�NPEJmDB�BQQPSUBUB�F�WFSJmDBOEP�MF�JQPUFTJ� OFMM�BUUP� TUFTTP�EJ� SFBMJ[[BSMF�� -B� TQFSJNFOUB[JPOF� mTJDB� TVJ�modelli viene abbandonata concentrando l’intero processo, creati-WP �QSFWJTJPOBMF�F�WBMJEBUJWP �OFM�NFEFTJNP�BNCJFOUF�o�RVFMMP�EFMMB�simulazione virtuale – che risponde alle medesime leggi del mondo mTJDP�NB�OPO�OF�DPOEJWJEF�JM�TJTUFNBUJDP�EJTPSEJOF28. Siamo nell’era dello sperimentalismo virtuale, della simulazio-ne numerica �P�o�DPNF�MB�EFmOJTDPOP�0EFO�F�#BUIF29 – dell’«empi-rismo computazionale». Pier Luigi Nervi sembra, in un certo senso, aver vinto la sua battaglia per la «via sperimentale», anche se non poteva certo immaginare la forma in cui ciò sarebbe avvenuto. «Au-daci invenzioni strutturali che solo dieci anni or sono [...] sarebbero rimaste praticamente ineseguibili, possono oggi, e meglio potran-no nel futuro, essere affrontate sulla base dei risultati dell’indagine sperimentale»30. 4F� BWFTTF� TPMP� BHHJVOUP� MB� QBSPMB� jWJSUVBMFx� OPO�potremmo che stupirci della straordinaria lungimiranza di un’afferma-zione scritta nel lontano 1945, un anno prima della presentazione di eniac31��4J�USBUUB �JO�PHOJ�DBTP �EJ�VOB�SJnFTTJPOF�DFOUSBMF �TF�DPOTJEF-riamo l’orientamento complessivo che ha preso oggi il mondo della produzione architettonica e industriale. In effetti lo sperimentalismo o�QFS�RVBOUP�WJSUVBMF�o�IB�TPTUJUVJUP�RVBTJ�DPNQMFUBNFOUF�RVFMMB�DIF�Nervi chiama la «via matematica» � JNQPOFOEP� MB� WFSTBUJMJUË� F� M�FGm-DBDJB�EFMMF�TJNVMB[JPOJ�JOGPSNBUJDIF�BM�QPTUP�EFM�MBCPSJPTP�F�mO�USPQ-po rigido calcolo numerico32. Già negli anni ’80 appare ormai chiaro 27 Cfr. cap.2.28 Cfr. cap.2.29 j. t. oden, k. j. bathe, A commentary on computational mechanics �j"QQM��.FDI��3FW�x �31, 1978, cit. in edoardo benvenuto �PQ��DJU��"�RVFTUP�QSPQPTJUP�HMJ�BVUPSJ�TDSJWPOP��«l’empiri-smo giocava un grande ruolo nella progettazione; benché fossero disponibili alcune teorie generali, i metodi per applicarle erano ancora in fase di sviluppo ed era inevitabile ricadere in schemi approssimati e far appello a indicazioni provenienti da numerose prove e confer-NF��0HHJ�Ò�EJGGVTB� M�PQJOJPOF�DIF� M�BWWFOUP�EFM�DBMDPMP�BVUPNBUJDP�BCCJB�QPTUP�mOF�B�UBMF�epoca semi-empirica dell’ingegneria: ormai possono essere costruiti modelli matematici raf-mOBUJ�TV�BMDVOJ�EFJ�QJá�DPNQMFTTJ�GFOPNFOJ�mTJDJ�F �TF�MB�QPUFO[B�EFM�DBMDPMBUPSF�Ò�TVGmDJFOUF �si possono produrre risultati numerici credibili sulla risposta del sistema esaminato» (ivi).30 Pier luigi nervi, op. cit. L’autore rimarca spesso nel testo la propria predilezione per la ri-cerca sperimentale sui modelli, che sottopone in laboratorio alle più svariate prove di carico, mOP�B�EFUFSNJOBSF�MB�DPOGPSNB[JPOF�PUUJNBMF�EFMMB�TUSVUUVSB��4QFDJmDB�JOGBUUJ��«altrettanto, se non più importante di quella matematica, è la via sperimentale», tanto che, a suo dire, «l’o-rientamento eminentemente matematico dell’insegnamento [...] non potrà che rapidamente scomparire di fronte all’inevitabile affermarsi della sperimentazione» (ivi). La sua predizione si è dimostrata, da un certo punto di vista, completamente errata, perché la prassi di spe-SJNFOUB[JPOF�mTJDB�Ò�PHHJ�RVBTJ�DPNQMFUBNFOUF�BCCBOEPOBUB �NB�BTTPMVUBNFOUF�MVOHJNJ-rante nella misura in cui si prenda in considerazione la sperimentazione virtuale su modello matematico, che ha di fatto sostituito il tradizionale metodo di calcolo.31 Cfr. cap.1.32 La simulazione informatica�Ò�PHHJ�MBSHBNFOUF�JNQJFHBUB�BODIF�BM�EJ�MB�EFMMB�WFSJmDB�TUSVU-UVSBMF��7JFOF�JOGBUUJ�VUJMJ[[BUB�TJTUFNBUJDBNFOUF�QFS�RVBMVORVF�UJQP�EJ�previsione di progetto; OFMMF�BOBMJTJ�UFSNJDIF �BDVTUJDIF �JMMVNJOPUFDOJDIF��4POP�TUBUF�TWJMVQQBUF �B�RVFTUP�QSPQPTJUP �TQFDJmDIF�QJBUUBGPSNF�DIF�WBOOP�EBM�TFNQMJDF�foglio elettronico – che è tuttavia uno strumen-to di calcolo automatizzato più che un reale simulatore – ai più complessi NPUPSJ�mTJDJ �impie-HBUJ�OFMMP�TUVEJP�WJSUVBMF�EFMMB� MVDF �EFMM�BSJB �EFM�DBMPSF�� *O�RVFTUP�TFOTP�BODIF�J�rendering diventano uno strumento utilissimo nelle mani del progettista che può analizzare la distribu-[JPOF�EFMMB�MVDF�BMM�JOUFSOP�EFHMJ�BNCJFOUJ�QSFmHVSBUJ�DPO�VO�MJWFMMP�EJ�FTBUUF[[B�FMFWBUJTTJNP�

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che jMB�WFSJmDB�TQFSJNFOUBMF�IB�EJMBUBUP� JM�TVP�DBNQP�EJ� JOUFSWFOUP�SJHVBSEBOEP�OPO�TPMP�HMJ�PHHFUUJ�mTJDJ�JO�DPOTFHOB�BMMF�NBDDIJOF�EJ�prova, ma anche i modelli matematici in consegna al calcolatore»33. Per circa due decenni infatti, la sperimentazione informatica si BGmBO-ca�BJ�USBEJ[JPOBMJ�UFTU�EJ�MBCPSBUPSJP �EJNPTUSBOEP�BM�NPOEP�TDJFOUJmDP�MB�QSPQSJB�TUSBPSEJOBSJB�FGmDBDJB � UBOUP�EB�EJWFOUBSF jVO�DSJUFSJP� JSSJ-OVODJBCJMF� EJ� WBMJEB[JPOFx34� EFHMJ� FTQFSJNFOUJ� mTJDJ�� &�� UVUUBWJB� TPMP�negli ultimi anni del secolo scorso che avviene il vero momento di TWPMUB�� -�BUUFHHJBNFOUP�EJ� FTUSFNB�mEVDJB� OFJ� DPOGSPOUJ� EFMMF� PSNBJ�comprovate tecnologie informatiche, raggiunge l’apice con l’effettiva sostituzione�EFMM�BNCJFOUF�WJSUVBMF�BM�NPOEP�mTJDP��-F�EVF� GPSNF�EJ�empirismo hanno invertito il proprio ruolo all’interno della metodologia sperimentale contemporanea. Oggi è l’esperimento di laboratorio a costituirsi come semplice criterio di validazione�SJTQFUUP�BE�VOB�WFSJm-ca realizzata interamente in ambiente informatico su modello numeri-co35��"ODIF�RVJ �il virtuale sostituisce il reale �QFSDIÏ�QJá�FGmDBDF �QJá�versatile, più potente. Nella prassi della progettazione attuale infatti, le prove di carico vengono realizzate solo dopo che la struttura sia già WFSJmDBUB�EBM�TPGUXBSF �QFS�SJDFSDBSF�M�FOOFTJNB �SBTTJDVSBOUF �DPOGFS-NB�EFMM�FGmDBDJB�EFMMB�TJNVMB[JPOF�JOGPSNBUJDB��*M�DSJUFSJP�EJ�WBMJEB[JP-OF�TQFSJNFOUBMF�EJWFOUB �JO�BMUSJ�UFSNJOJ �VOB�DFSUJmDB[JPOF�E�VGmDJBMJUË �un semplice esercizio di procedura36. Tra gli anni ’90 ed il 2000, oltre ai già citati modellatori soli-di (cad/caM)37, si impongono sul mercato software una vasta serie di QSPEPUUJ� EFEJDBUJ� BMMB� WFSJmDB� JOGPSNBUJ[[BUB� cae), che forniscono a tutti i progettisti gli strumenti di analisi matematica per gestire nuovi tipi di strutture complesse. Alle recenti piattaforme integrate cad/cae/caM, come catia �TJ�BGmBODBOP�JO�CSFWF�UFNQP�VO�HSBO�OVNFSP�EJ�TPG-UXBSF�TQFDJmDJ�QFS�TWJMVQQBSF�JOEJQFOEFOUFNFOUF�MF�TJOHPMF�GBTJ�EFMMB�progettazione, uniformando i linguaggi della modellazione informati-ca con la possibilità di esportare, importare, tradurre, gli oggetti da un’estensione all’altra, in un continuo interscambio di dati, gestibili DPOUFNQPSBOFBNFOUF�TV�EJWFSTJ�BNCJFOUJ�TPGUXBSF��4J�DSFB�DJPÒ�RVFM-la rete integrata di attività interconnesse che sta oggi alla base dei processi di lavoro virtuale. Tra i nuovi strumenti di calcolo promossi dall’avvento dell’auto-mazione informatica, negli ultimi anni ha trovato larghissimo impiego il DPTJEEFUUP�jNFUPEP�EFHMJ�FMFNFOUJ�mOJUJx�feM)38, sviluppatosi enorme-mente a partire dagli anni ’60, grazie alla costante ricerca sostenuta

33 edoardo benvenuto, op. cit.34 Ibidem.35 La stessa inversione procedurale è avvenuta per catia nell’ambito aeronautico, con il pas-saggio dal Mirage al Rafale (cfr. cap.1.).36 Di norma si esegue peraltro una volta sola, spesso a progettazione ultimata, con l’unico mOF�EJ�DPOGFSNBSF�MB�WBMJEJUË�EFMMB�WFSJmDB�WJSUVBMF��4F�JM�UFTU�EË�VO�FTJUP�DPOHSVFOUF �OPO�Ò�DFSUJmDBUB�TPMUBOUP�MB�simulazione�TQFDJmDB �NB �JO�QSJNP�MVPHP �JM�simulatore stesso, cioè il NPEFMMP�NBUFNBUJDP�TV�DVJ�Ò�TUSVUUVSBUP��*O�RVFTUP�DBTP �BM�WBSJBSF�NJOJNP�EFMMF�DPOEJ[JPOJ�P�EFMMF�GPSNF�EJ�QSPHFUUP �OPO�TJ�FTFHVPOP�OVPWF�TQFSJNFOUB[JPOJ�F�TJ�GB�BGmEBNFOUP�TPMUBOUP�TVJ�EBUJ�GPSOJUJ�EBM�TPGUXBSF �QFSDIÏ�DPOWBMJEBUP�JO�RVBOUP�strumento.37 Cfr. cap.2.38 Per approfondire il feM in relazione all’impiego del calcolatore automatico, cfr. edoardo benvenuto, op. cit.

67

3.17. fea, fase di meshing. Discretizzazione di un poliedro.3.18. fea, fase di meshing. Discretizzazione di una sfera.3.19. fea, fase di meshing. Discretizzazione di un volto.

3.17.

3.18.

3.19.

68

nell’ambito della progettazione aerotecnica e aerospaziale. Il feM ha SBHHJVOUP�PHHJ�VO�BMUJTTJNP�MJWFMMP�EJ�FGmDBDJB�F�DPNQSPWBUB�BGmEBCJMJ-tà, e sulla sua logica sono strutturati tutti i principali software cae. Esi-TUPOP�JO�DPNNFSDJP�JOPMUSF�EJWFSTJ�TPGUXBSF�TQFDJmDJ�QFS�HFTUJSF�MF�TJO-gole fasi dell’analisi fea (finite eleMent analysis), piattaforme per la sola discretizzazione dei solidi – come hyPerMeshøo �F�TPMVUPSJ�BVUPOPNJ�EJ�strutture importate già discretizzate – come nastran. L’analisi empirica TVJ�NPEFMMJ�mTJDJ�WJFOF�TPTUJUVJUB �OFJ�TPGUXBSF�cae/feM, con una previsio-ne virtuale di risposta sperimentale della struttura. Si tratta, in sintesi, di un complesso sistema integrato composto da due diverse previsio-OJ � SFBMJ[[BUF� JO�TFRVFO[B�OFMMF� GBTJ�EJ�meshing e solving dell’analisi fea. -F�TVQFSmDJ�FE�J�TPMJEJ�TPUUPQPTUJ�BM�cae vengono prima discretizzati in un numero determinato di parti (mesh) per permettere in seguito al solutore (solver) di fornire risposte dettagliate sulla sollecitazione interna nelle singole aree. Indipendentemente dal tipo di geometria inserita, sia essa regolare o libera, il solver è in grado di determinare la distribuzione complessiva delle tensioni interne, individuando le mesh più critiche, dove avvenga una maggiore concentrazione di sforzi. Poiché si tratta di processi di calcolo automatizzati, il progettista ha la possibilità di variare i dati input o la geometria, ottenendo facilmente VOB�OVPWB�SJTQPTUB�EFMMB�TUSVUUVSB�DPTÖ�DPOmHVSBUB�BMMF�EJWFSTF�DPOEJ-[JPOJ�EJ�DBSJDP�F�DPNCJOB[JPOJ�EFMMF�B[JPOJ��1VÛ�BE�FTFNQJP�WFSJmDBSF�la distribuzione delle tensioni interne su strutture soggette al vento e al sisma, o ipotizzare cedimenti localizzati per analizzare la risposta HMPCBMF�EFMM�PSHBOJTNP�TUSVUUVSBMF�B�RVFMMF�QSFEFUFSNJOBUF�DSJUJDJUË� Fondamentale importanza nell’intero processo di simulazione virtuale ricopre la prima fase di discretizzazione dell’elemento solido nelle singole mesh. Il numero, la dimensione e la geometria della par-titura non è infatti costante e viene determinata dal software sulla base di una prima analisi generale, dove si prevede la risposta complessiva EFMM�PHHFUUP�JO�SFMB[JPOF�BMMB�TVB�DPOmHVSB[JPOF�HFPNFUSJDB��*O�RVFTUB�prima analisi di meshing �MB�QBSUJUVSB�WJFOF�JOmUUJUB�MË�EPWF�TJ�QSFWFEBOP�concentrazioni o improvvise variazioni dello stato tensionale interno, e BMMBSHBUB�MË�EPWF�M�BOEBNFOUP�QSFWJTUP�TJB�JOWFDF�TVGmDJFOUFNFOUF�SF-HPMBSF�F�DPTUBOUF��4VMMB�CBTF�EJ�RVFTUB�QSJNB�o�SFMBUJWBNFOUF�WFMPDF�o�jTDSFNBUVSBx�HFOFSBMF �JM�TPMVUPSF�TWJMVQQB�M�BOBMJTJ�TQFDJmDB�EFMMF�singole zone in dettaglio e, ovviamente, con tempi di elaborazione molto più lunghi. Il comportamento reale della struttura è avvicinabi-le – ma, ovviamente, mai raggiungibile – aumentando il numero e, di conseguenza, diminuendo la dimensione della partitura39. Poiché tut-39 -P�TUFTTP�GFOPNFOP�TJ�WFSJmDB�OFMMF�TJNVMB[JPOJ�EJ�illuminazione globale per i NPUPSJ�mTJDJ�di rendering (cfr. nota 32, cap.3.). Il software sviluppa una prima analisi generale, chiamata pre-pass �OFMMB�RVBMF�WFOHPOP�EJTUSJCVJUJ�TVM�TPMJEP�VO�DFSUP�OVNFSP�EJ�campioni stocastici, in relazione alla sua conformazione geometrica. I campioni�TJ�JOmUUJTDPOP�JO�DPSSJTQPOEFO[B�di angoli e zone di particolare articolazione, mentre si fanno più radi laddove la geometria TJB�TVGmDJFOUFNFOUF�SFHPMBSF�EB�QSPEVSSF�VO�JMMVNJOB[JPOF�DPTUBOUF��&TFHVJUB�RVFTUB�QSJNB�BOBMJTJ�JOUSPEVUUJWB �JM�TPGUXBSF�QSPDFEF�BMMB�TJNVMB[JPOF�WFSB�F�QSPQSJB �TUVEJBOEP�MB�SJnFTTJP-ne luminosa nei singoli punti presi in esame. Come nel meshing cae, l’utente può impostare il NPUPSF�mTJDP�TFMF[JPOBOEP�MB�RVBOUJUË�NFEJB�F�MB�GPSNB�EFJ�campioni stocastici da distribuire TVMMF�TVQFSmDJ�EFMM�PHHFUUP��"MM�BVNFOUBSF�EFJ�DBNQJPOJ�BVNFOUB�JM�MJWFMMP�EJ�SFBMJTNP�EFMM�JN-magine, ma crescono esponenzialmente i tempi di pre-pass e rendering. Un altro parametro su cui l’utente può lavorare è accuracy – cioè l’esattezza (cfr. nota 27, cap.2.) della simula-[JPOF�o �DIF�BVNFOUB�BODPSB�J�UFNQJ�EJ�DBMDPMP�NB�NJHMJPSB�TJHOJmDBUJWBNFOUF�M�FDPOPNJB�HF-nerale del pre-pass, studiando con maggiore dettaglio la distribuzione ottimale dei campioni.

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3.20.

3.22.

3.24.

3.23.

3.25.

3.21.

3.20. fea, fase di meshing. Discretizzazione di una mensola.3.21. fea, fase di solving. Risoluzione di una mensola. L’analisi evidenzia la massima con-centrazione di tensioni in prossimità dell’incastro sui due lembi, teso e compresso.3.22. fea, fase di meshing. Discretizzazione di un nodo strutturale.3.23. fea, fase di solving. Risoluzione di un nodo strutturale. L’analisi evidenzia la massima concentrazione di tensioni sui bulloni ed in prossimità dell’incastro.3.24. Motore fisico, fase di pre-pass. Distribuzione di campioni stocastici nell’ambiente.3.25. Motore fisico, fase di rendering. Simulazione di luce naturale in ambiente interno.

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UBWJB�RVFTUP�QSPDFTTP�DPNQPSUB�VO�JOHSBOEJNFOUP�FTQPOFO[JBMF�EFMMF�tempistiche e dell’impiego della potenza di calcolo, si tende a deter-minare una soluzione di compromesso là dove la maglia di mesh sia TVGmDJFOUFNFOUF�BSUJDPMBUB�EB�SBHHJVOHFSF�OFM�solving un accettabile livello di BGmEBCJMJUË�della previsione. Il grado di sinteticità del virtuale diventa, ancora una volta, condizione necessaria per la gestione del reale40��*M�MJWFMMP�EJ�jSFBMJTNPx�EFMMB�QSFWJTJPOF�WJFOF�DJPÒ�EFUFSNJOBUP�sulla base di un’economia del costo computazionale, tale per cui l’esi-to dell’analisi non si esprime in termini di verità�o�RVJOEJ �corrisponden-za piena�BM�GFOPNFOP�SFBMF�o�RVBOUP�QJVUUPTUP�DPNF�TPMV[JPOF�PUUJNBMF�di compromesso41 tra l’FGmDBDJB della previsione ed il dispendio di ri-sorse tecnico-informatiche impiegate per raggiungerla42. Il cae ha certamente avuto il merito/demerito di democratizzare M�BSDIJUFUUVSB �BQSFOEP�B�NPMUJ�QSPGFTTJPOJTUJ�RVFMMB�WJB�EFMMB�comples-sità, che nel passato era riservata solo alla «sensibilità statica»43 dei grandi. Oggi anche un progettista mediocre, purché con buone co-noscenze informatiche, è in grado di pensare, WFSJmDBSF e costruire architetture estremamente complesse e di dimensioni impegnative. Il computer ha, di fatto, svilito il ruolo e le capacità personali del singolo progettista, trasformandolo, nella peggiore delle ipotesi, in un sempli-ce operatore del sistema informatico, cui, innegabilmente, vanno gran parte dei meriti. «E’ un po’ come quando su una vetta scoscesa che prima era riservata a piccoli drappelli di scalatori, viene messa una fu-nivia da turismo di massa»44. Con l’occhio imparziale dell’osservatore, BCCJBNP�mOPSB�BOBMJ[[BUP�MB�GVOJWJB�F�MF�TVF�MPHJDIF��-B�QVOUB�E�JSPOJDB�BNBSF[[B�DIF�DJ�QBSF�EJ� JOUSBWWFEFSF�Ò�RVFMMB�o�EFDJTBNFOUF�DPN-prensibile – di chi, come Benvenuto, la vetta ha sudato per scalarla. Resta ancora da valutare se il progettista «da funivia» arrivi in sommità DPM�TVP�TUFTTP�BNPSF�QFS�MB�NPOUBHOB�P�QFS�TDBUUBSTJ�VOB�GPUPHSBmB�col telefonino.

40 $GS��DBQ����"�RVFTUP�QSPQPTJUP �/FSWJ�PTTFSWB�DIF�jMB� GPSNJEBCJMF�FGmDBDJB�EFMM�JOEBHJOF�matematica applicata ai problemi della scienza delle costruzione è tale in un mondo irreale rispondente alle premesse di isotropia ed elasticità poste alla base delle nostre teorie; nella SFBMUË�mTJDB�DIF�DJ�DJSDPOEB�SJNBOF�QJá�P�NFOP�WBMJEB�JO�SFMB[JPOF�BMMB�NBHHJPSF�P�NJOPSF�corrispondenza dei materiali a teli premesse; nella maggior parte delle applicazioni edilizie scende a grossolane approssimazioni per la imperfetta aderenza dei materiali di più comu-ne impiego alle ipotesi fondamentali, e per l’incerta valutazione delle azioni esterne» (Pier luigi nervi, op. cit.). Ammette tuttavia che «il disaccordo tra teoria e realtà non ha quasi mai conseguenze pericolose» e «la questione ha una importanza didattica e di orientamento mentale che trascende di gran lunga quella pratica» (Ibidem).41 1FS� MB� SBQQSFTFOUB[JPOF� TDJFOUJmDB� EFM� SFBMF� DPNF� compromesso epistemologico cfr. cap.2. e in particolare cfr. note 19,27, cap.2.42 Questo compromesso in termini di FGmDBDJB e costo computazionale risulta evidente nell’ambito della simulazione rendering��*M�mMUSP�anti-aliasing �BE�FTFNQJP �FMJNJOB�MB�jTDBMFU-UBUVSBx�EFMMF�MJOFF�JODMJOBUF �DBVTBUB�EBM�QBTTBHHJP�EFM�TFHOBMF�EB�CBTTB�BE�BMUB�GSFRVFO[B �ma comporta un aumento esponenziale dei tempi di calcolo. Impostando l’anti-aliasing al valore massimo il costo computazionale sarà molto elevato, ma l’esito del rendering risulterà TPMP�JNQFSDFUUJCJMNFOUF�NJHMJPSF�SJTQFUUP�BE�VO�WBMPSF�NJOPSF�EFM�mMUSP�DIF�DPNQPSUJ�UFNQJ�EJ�calcolo drasticamente più bassi. La scelta dell’utente ricadrà allora su una soluzione di com-QSPNFTTP �UBMF�QFS�DVJ�QPTTB�SJUFOFSTJ�TPEEJTGBUUP�EBMMB�RVBMJUË�DPNQMFTTJWB�EFMM�JNNBHJOF �in relazione alle risorse impiegate dalla macchina per produrla, in termini di potenza e tempi di elaborazione.43 Cfr. nota 5, cap.3.44 edoardo benvenuto, op. cit.

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4.METODOLOGIE DELLA PROGETTAZIONE INFORMATIZZATAFREE FORM E FORM FINDING

«L’opera compiuta è per natura sua un risulta-to e una riuscita, sì che rinvia sempre al pro-cesso di cui è conclusione.»

luigi Pareyson, Estetica, 1954

Con l’introduzione del mezzo informatico nell’ambito dell’archi-tettura1, le radicali trasformazioni all’idea di progetto virtuale2 e le nuo-ve forme di simulazione validativa3 hanno, di fatto, aperto la strada ad una diffusa attività di sperimentazione che è a tutti gli effetti metodolo-gica prima ancora che formale. Il computer ha determinato un signi-mDBUJWP�DBNCJBNFOUP�EJ�QSPTQFUUJWB�OFMM�BQQSPDDJP�BJ�QSPCMFNJ�EFMMB�progettazione e della costruzione, trasformando, di conseguenza, le GPSNF�TUFTTF�EFMM�BSDIJUFUUVSB �DJPÒ� J�mOJ�DIF� JM�QSPDFTTP�QSPHFUUVBMF�si propone di perseguire. All’aumentare del potere ed allo stravolger-si della stessa natura del mezzo, ha corrisposto una relativa ricerca delle nuove forme inscritte nel suo enorme e – ci pare –, sino ad ora, appena esplorato campo di possibilità. La tecnica virtuale ha, in ef-fetti, aperto ad una nuova stagione architettonica di forme pressoché JOmOJUF4. La convinzione, nemmeno troppo ingenua, che oggi si possa costruire tutto, e dipenda solo dal costo, ha prodotto un’inarrestabile corsa al copiright estetico, una gara di forza a chi per primo realizza una forma nuova, o, in generale, a chi riesce a costruire la più assur-1 Cfr. cap.1.2 Cfr. cap.2.3 Cfr. cap.3.4 "�RVFTUP�QSPQPTJUP �HJË�OFM����� �EJ�GSPOUF�BJ�QSPHSFTTJ�EFMMB�UFDOJDB�NFDDBOJDB�FE�BJ�OVPWJ�materiali da costruzione, Mies affermava: «niente sembra ormai impossibile. Da qui inizia il dominio della tecnica. Ogni cosa soccombe alla sua azione. Essa scioglie l’uomo dai suoi vincoli, lo rende più libero e ne diventa la grande soccoritrice» (ludwig Mies van der rohe, Le premesse della creazione architettonica (1928), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.). Le stesse esatte parole – è evidente – potrebbero essere impiegate per descri-vere l’egemonia contemporanea della tecnica informatica (cfr. note 33,34, cap.2.).

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da. Nell’era del free form, sembra essere effettivamente «verosimile che accadano molte cose inverosimili»5. La tecnica informatica ha, di fatto, riformulato il dominio del possibile contemporaneo, nei ter-mini, ben più estesi, dell’immaginabile 6 �NFUUFOEP� JO�DSJTJ� JM�DPOmOF�o�mOP�BE�PSB�BQQBSFOUFNFOUF�TPMJEP�o� USB�QPTTJCJMF�FE� JNQPTTJCJMF �verosimile ed assurdo. Tutta la nuova architettura libera, nVJEB, de-costruita e megastrutturale, può nascere solo alla luce della poten-za previsionale e gestionale del mezzo informatico. Questo è infatti l’unico strumento in grado di governare le forme libere, incalcolabili F�o�TJHOJmDBUJWBNFOUF�o�JODPODFQJCJMJ�QFS�MB�USBEJ[JPOBMF�scienza delle costruzioni �F�EJ�WFSJmDBSF�MB�DPNQMFTTJUË�EFMMF�megastrutture contem-QPSBOFF �DIF�TFNCSBOP�TmEBSF�F�WJODFSF�MF�MFHHJ�EFMMB�mTJDB �TFO[B�che alcun precedente costruito possa offrire conferma sperimentale preventiva della validità del loro modello teorico. L’informatizzarsi delle procedure operative ha offerto la du-QMJDF� QPTTJCJMJUË� EJ� TWJMVQQBSF� BM� NFHMJP� DPODF[JPOJ� jUSBEJ[JPOBMJx�dell’architettura, attraverso la massima ottimizzazione delle presta-zioni strutturali in rapporto al compito funzionale, o di ripensare com-plessivamente la stessa metodologia di progetto, per approdare in territori estetici (e ontologici) nuovi, del tutto estranei alle forme sto-SJDIF�EFMMB�DPTUSV[JPOF��-B�TJNVMUBOFJUË�EFM�SBQQPSUP�QSPHFUUP�WFSJm-ca (previsione/empirìa) nell’ambiente virtuale simulato7, garantisce DJPÒ �EB�VO�MBUP �EJ�BNQMJmDBSF�MB�UPUBMF�JOUFHSB[JPOF�MPHJDP�DBVTBMF�tra i due termini, conducendo alla massima espressione il concetto di ottimo strutturale – necessario –, e, dall’altro, di svincolarli para-dossalmente come criteri autonomi e indipendenti, legittimando di fatto il principio – non-necessario – della forma libera. In sintesi, se il progetto viene automaticamente elaborato e WFSJmDBUP�dal cae, è lo stesso sistema informatico a concedere al progettista di scegliere li-beramente tra il ricercare la migliore previsione possibile in rapporto BMMB�WFSJmDB�P�JM�GPSNVMBSF�VOB�QSFWJTJPOF�autonoma, che non neces-siti cioè di legittimarsi come valida a priori�F�GBDDJB�BGmEBNFOUP�TPM-UBOUP�TVMMB�WFSJmDBCJMJUË�VOJWFSTBMF�EFMMB�GPSNB �HBSBOUJUB�EBM�TPGUXBSF��Non si tratta evidentemente di due metodologie introdotte FY�OPWP dalle tecniche virtuali, ma di due tendenze generali coesistenti da sempre in nuce nella storia delle costruzioni che, con la rivoluzione informatica, trovano nella contemporaneità la loro massima espres-sione architettonica. L’idea di ottimo strutturale8 – cioè una concezione architettoni-ca necessaria – viene compiutamente formulata per la prima volta dal NPWJNFOUP�NPEFSOP �DJORVBOU�BOOJ�QSJNB�EFMMB�OBTDJUB�EFJ�DPNQVUFS �ma trova numerosi esempi nella storia dell’architettura sin dalle sue origini. Lo stesso sistema trilitico dei dolmen può essere considerato come un’arcaica elaborazione del principio di necessità strutturale, BSDIFUJQP�GPOEBUJWP�EJ�RVBMVORVF�BSDIJUFUUVSB�TVDDFTTJWB �BODIF�TF �paradossalmente, verrà recuperato nella sua essenza costruttiva solo

5 agàtone, cit. in, aristotele, Poetica, 56a 24.6 Cfr. cap.2.7 Cfr. cap.3.8 Cfr. cap.6.

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4.1. Stonehenge, Inghilterra, iii millennio a.C.4.2. Tempio di Menaidra, Malta, iii millennio a.C.4.3. Tiwanaku, Bolivia, iii secolo a.C.

4.2.

4.3.

4.1.

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nel secolo scorso. L’architettura, per come la intendiamo oggi9, sem-bra in effetti nascere con le opere megalitiche, che rappresentano, di fatto, i fondamenti primi di una concezione strutturale necessaria. Al di là di ogni interpretazione estetica, sacrale, o funzionale, le architet-ture di Stonehenge incarnano l’archetipo assoluto di ogni costruzione umana, cioè la struttura come determinazione spaziale nella sua es-senza irriducibile��EVF�QJMBTUSJ�F�VOB�USBWF�BQQPHHJBUB��-B�EJNFOTJPOF�massiccia degli elementi ritrova peraltro una ragione necessaria nella stessa scienza dei materiali QJá�DIF�JO�RVFTUJPOJ�FTUFSOF �DVMUVSBMJ�F�ideologiche, come facilmente si potrebbe speculare. La scarsa re-sistenza a trazione della pietra impone un aumento di sezione della USBWF�DPTÖ�EB�BCCBTTBSF�M�BTTF�OFVUSP�BNQMJBOEP�M�BSFB�DPNQSFTTB��*O�RVFTUP�NPEP�MB�TPMMFDJUB[JPOF�EJ�NPNFOUP�nFUUFOUF�UFOEF�B�SJDPO-dursi a semplice sforzo normale di compressione sul lembo superio-re, scaricato successivamente sui pilastri. Lo schema statico diventa DPTÖ�RVFMMP�EJ�VO�BSDP�JOTDSJUUP�WJSUVBMNFOUF�OFMMP�TQFTTPSF�EFMMB�USBWF�appoggiata. I pilastri di conseguenza aumentano la sezione per far fronte al grande carico di compressione apportato del peso proprio EFMMB�USBWF��0WWJBNFOUF�RVFTUB�BOBMJTJ�IB�VO�TFOTP�TPMP�BMMB�MVDF�EFM-la moderna scienza delle costruzioni�� &�� TJHOJmDBUJWP� UVUUBWJB� DIF� J�costruttori dei dolmen siano arrivati a formulare intuitivamente10 un sistema strutturale necessario senza alcuna conoscenza consape-WPMF�EFMMF�MFHHJ�mTJDIF �NB�CBTBOEPTJ�FTDMVTJWBNFOUF�TVMM�empirismo intuitivo11 guidato da tentativi ed errori sperimentali. Analogamente, il principio della forma libera12 – cioè una con-cezione architettonica non-necessaria – si pone come vertice con-temporaneo di una tendenza già ampiamente diffusa nel corso del-la storia delle costruzioni. Si può far risalire all’Opera House di Jørn Utzon (1956) la prima compiuta formulazione di tale criterio nel seco-lo scorso, modello imprescindibile per l’architettura contemporanea DIF�TJ�QPOHB�TV�RVFTUB� MJOFB�EJ�QFOTJFSP13. Il principio della forma libera risulta intuitivamente contrapposto all’etica dell’ottimo struttura-le. Qui la forma è imposta a priori all’origine del processo di progetto 9 La precisazione è d’obbligo. Non si può infatti dire con certezza se le opere megalitiche si-BOP�MF�QSJNF�BSDIJUFUUVSF �NB�DJ�QBSF�DPOEJWJTJCJMF�BGGFSNBSMP�OFM�NPNFOUP�JO�DVJ �DPO�jBSDIJ-UFUUVSBx �JOUFOEJBNP�VOB�costruzione nel senso comune del termine, cioè un’opera stabile o, nel gergo giuridico, un immobile��5SBTDVSBOEP�RVFTUP�WJODPMP�GPSTF�USPQQP�SFTUSJUUJWP�UVUUBWJB �QPTTJBNP�MFHJUUJNBNFOUF�BTDSJWFSF�BMMB�DBUFHPSJB�jBSDIJUFUUVSBx�SFBMJ[[B[JPOJ�CFO�QJá�BSDBJ-che delle opere in pietra, come, ad esempio, le capanne o le tende, per arrivare sino alle TFNQMJDJ�jDPQFSUFx�EJ�SBNJ�JOUSFDDJBUJ�F�mOBODIF�BMMF�DBWFSOF�TV�RVFTUP�QVOUP�DGS��roberto Masiero, Estetica dell’architettura, cit. e, ovviamente, gottfried seMPer, Lo stile (1860), Milano, Feltrinelli, 1992). Di norma peraltro, la maggior parte dei testi di storia non prende in analisi OFNNFOP�MF�PQFSF�NFHBMJUJDIF��4J�QBSMB�EJ�jBSDIJUFUUVSBx�o�P�DPTÖ�DJ�QBSF�o �OPO�EBM�NPNFOUP�in cui l’uomo costruisce FEJmDJ �NB�B�QBSUJSF�EB�RVBOEP�formula modelli��&�RVFTUP�BWWJFOF�JO�Grecia intorno al secolo viii a.C. Il fatto che i greci, più o meno consciamente, si siano posti per primi il problema di uno stile�o�F�RVJOEJ�EJ�VOB�regola�o�JEFOUJmDB�JOGBUUJ�MB�OBTDJUB�EJ�RVFMMP�DIF�QPUSFCCF�FTTFSF�EFmOJUP�VO�pensiero architettonico �DJPÒ�VOB�SJnFTTJPOF�DSJUJDB �QSFWFO-UJWB �JOUPSOP�B�jDPTBx�F�jDPNFx�TJ�EFWF�DPTUSVJSF�10 Cfr. cap.3.11 Cfr. nota 5, cap.3.12 Cfr. cap.5.13 La strettissima correlazione tra l’opera di Utzon ed il free form design, è sottolineata anche da MassiMo Majowiecki nella conferenza «Architettura e struttura, l’etica del ffd», il cui testo integrale, leggermente rimaneggiato, è reperibile anche in inglese con il titolo: «The ffd in steel structural architecture». Per una lettura approfondita dell’Opera House, cfr. cap.5.

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TUSVUUVSBMF �DIF�TJ�BTTVNF�EJ�DPOTFHVFO[B� JM�EJGmDJMF�DPNQJUP�EJ� MF-gittimarne la realizzabilità. Disegnata la celebre conchiglia, Utzon fu JOGBUUJ�BGmBODBUP�QFS�MB�WFSJmDB�TUSVUUVSBMF�EB�aruP, un grosso studio londinese di ingegneria, che incontrò non pochi problemi nel rendere realizzabile la suggestione poetica dell’architetto danese. Solo pochi anni più tardi sarebbero arrivati i primi software con caratteristiche cad/cae/caM. Esempi di primitive forme libere si possono individuare tuttavia secoli prima dell’Opera House, laddove la ricerca formale ap-paia indipendente e concettualmente preventiva rispetto al progetto TUSVUUVSBMF��*NNBHJOF�QJá�TJHOJmDBUJWB�EJ�UBMF�UFOEFO[B�Ò�TFO[B�EVC-CJP�MB�QPFUJDB�BSDIJUFUUPOJDB�EFM�#BSPDDP��4V�RVFTUB�MJOFB�EJ�QFOTJFSP�– più che evidente oggi nelle opere di Gehry – la forma, slegata da vincoli di necessità, tende a porsi autonomamente come oggetto di DPOUFNQMB[JPOF��4J�GB�B�UVUUJ�HMJ�FGGFUUJ�TDVMUVSB �F �JO�RVBOUP�UBMF �QSP-GPOEBNFOUF�JOnVFO[BUB�EBMMF�MPHJDIF�TUPSJDIF�F�DVMUVSBMNFOUF�SFMBUJWF�EFMM�BSUF��*O�RVFTUP�TFOTP�MF�BSDIJUFUUVSF�EFMMB�forma libera appaiono fortemente determinate come prodotti culturali�F�RVJOEJ�DPOOFTTF�BJ�fenomeni artistici e ideologici di un determinato periodo storico. Al contrario, il principio dell’ottimo strutturale pretende di porsi BM�EJ�MË�EFMMB�TQFDJmDJUË�JOEJWJEVBMF�F�DVMUVSBMF �DPNF�NBOJGFTUB[JPOF�oggettiva universale, prettamente tecnica, rinnegando cioè l’artistici-tà del compito architettonico e, di conseguenza, lo stesso storicismo delle forme strutturali. «L’umanità si sta avviando verso forme [...] che resteranno immutate ed immutabili nel tempo»14. Immutabili perché, una volta raggiunta la necessità strutturale, le forme «non dipendo-no dal gusto di un progettista o dalle sue aspirazioni estetiche, ma TPOP�EFUFSNJOBUF�EB�MFHHJ�mTJDIF�WBMFWPMJ�QFS�UVUUJ�J�QPQPMJ�F�QFS�UVUUJ�i tempi»15. Nervi sembra però non rendersi conto che, se è vero che l’ottimo strutturale è un concetto teoricamente assoluto, il giudizio di WBMPSF�BUUSJCVJUPHMJ�MP�SFOEF�DPNVORVF�VO�prodotto culturale�mHMJP�EFMMB�mentalità architettonica del suo tempo. La moda free form degli ultimi WFOU�BOOJ�TFNCSB�JOGBUUJ�BWFS�EFmOJUJWBNFOUF�TDBM[BUP�JM�QSJODJQJP�EJ�ne-cessità strutturale dalle logiche architettoniche contemporanee, bol-MBOEPMP�B�TVB�WPMUB�DPNF�WBMPSF�TUPSJDP�F�JEFPMPHJDP�o�RVJOEJ �SFMBUJWP�– del movimento razionalista nella prima metà del ‘900 e della corrente di «architettura strutturale»16�DIF �B�QBSUJSF�EB�RVFMMP �TJ�Ò�TWJMVQQBUB�

14 Pier luigi nervi, op. cit.15 Ibidem.16 Questa espressione è utilizzata da vari autori sia nel campo dell’architettura – ad esempio, .JFT�o �TJB�JO�RVFMMP�EFMM�JOHFHOFSJB�o�BE�FTFNQJP �/FSWJ�F�5PSSPKB�BODIF�TF�RVFTU�VMUJNP�MB�riformulerà nei termini, invertiti ma analoghi, di «strutturismo costruttivo»). Affermare un’«ar-chitettura strutturale» TJHOJmDB �E�BMUSB�QBSUF � SJQPSUBSF� BMM�PSJHJOBSJB� VOJUË� F� DPJODJEFO[B�EJ�senso forma e struttura �DJPÒ �JO�VMUJNB�BOBMJTJ �SJOOFHBSF�JM�TJHOJmDBUP�EJ�VOB�EJTUJO[JPOF�QSP-GFTTJPOBMF�o�RVFMMB�USB�architetto e ingegnere�o�DIF�FSB�BWWFOVUB�TPMP�BMMB�mOF�EFM�xviii secolo nell’ambito accademico, ma che, di fatto, alla luce delle architetture dell’ultimo secolo, sem-brava aver dissolto il senso primigenio del costruire in una nuvola di belletto. L’«architettura strutturale» TJ�QPOF�RVJOEJ�DPNF�VOB�WPMPOUË�EJ�SFDVQFSP�EFJ�valori storici della costruzione. Scrive infatti Mies: «l’edilizia, quando è diventata grande, quasi sempre è stata spinta dalla costruzione, e la costruzione ne ha quasi sempre veicolato la forma spaziale. Il romanico e il gotico lo dimostrano con evidente chiarezza. In entrambi i casi la struttura costituisce il WFJDPMP�EFJ�TJHOJmDBUJ �JM�WFJDPMP�TUFTTP�EFJ�QJá�QSPGPOEJ�DPOUFOVUJ�TQJSJUVBMJ��4F�MF�DPTF�TUBOOP�così allora il rinnovamento dell’arte di costruire può avvenire anche soltanto sulla base della costruzione, e non attraverso motivi introdotti arbitrariamente. [...] Le poche opere autentiche della nostra epoca mostrano la costruzione quale elemento architettonico. Costruzione e

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Entrambe le concezioni, contrapposte ed inconciliabili, trova-OP�o�DPNF�TJ�EJDFWB�o�JM�EFmOJUJWP�DPNQJNFOUP�F�MB�NBTTJNB�FTQSFT-sione esecutiva nell’ambiente virtuale. La libertà della forma prede-terminata convoglia, attraverso i sistemi informatici, nella radicale concezione estetica del free form design, che rappresenta, ad oggi, VOB�EFMMF�UFOEFO[F�QJá�MBSHBNFOUF�EJGGVTF�EFMM�BSDIJUFUUVSB�jBMUBx17 contemporanea. Analogamente, il criterio dell’ottimo strutturale, tan-to faticosamente ricercato nel corso della storia delle costruzioni BUUSBWFSTP� JM� MBWPSP�EJ�TQFSJNFOUB[JPOF�TVJ�NPEFMMJ�mTJDJ � SJUSPWB�OFJ�software cae� MP� TUSVNFOUP� JEFBMF�QFS�DPTUJUVJSF�VO�PSNBJ�DPEJmDBUB�procedura di progettazione strutturale, rigorosamente deduttiva, battezzata� GPSN� mOEJOH. Alla radice dello strutturarsi di tali meto-dologie sta evidentemente la nuova forma del rapporto previsione/WFSJmDB, introdotta con l’ingresso del progetto nell’universo virtuale, DPO� UVUUF� MF� SBEJDBMJ� USBTGPSNB[JPOJ�DIF�RVFTUP�QBTTBHHJP�FQPDBMF�ha comportato18. La tradizionale metodologia di progetto prevede l’assunzione di una forma nota (previsione�EFMMB�RVBMF�EFCCBOP�TVDDFTTJWBNFO-UF�WFSJmDBSTJ�MF�TPMMFDJUB[JPOJ�JOUFSOF�WFSJmDB). La fase esecutiva è in RVFTUP�DBTP�DPNQMFUBNFOUF�EJTUJOUB�EB�RVFMMB�JEFBUJWB, JO�RVBOUP�DSP-nologicamente, e logicamente, conseguente. Tuttavia «il calcolo di un TJTUFNB�JQFSTUBUJDP�Ò�TFNQSF�<���>�VOB�PQFSB[JPOF�EJ�WFSJmDB�F�RVJOEJ�MF�dimensioni da introdurre nelle formule debbono essere già stabilite – BGmODIÏ�JM�DBMDPMP�BCCJB�WBMPSF�o�DPO�VOB�CVPOB�BQQSPTTJNB[JPOFx19. 2VFTUP�TJHOJmDB�DIF�MB�QSFWJTJPOF�JOJ[JBMF�IB�OFDFTTJUË�EJ�MFHJUUJNBSTJ�come valida prima�EFMMB�WFSJmDB�FGGFUUJWB �DPTÖ�EB�HBSBOUJSOF�M�FGmDB-DJB�DPO�VO�TVGmDJFOUF�NBSHJOF�EJ�DFSUF[[B��-B�QSFWJTJPOF� JOJ[JBMF�TJ�DPTUJUVJTDF� RVJOEJ� DPNF� VOB� QSFWFOUJWB�progettazione di massima, GPOEBUB�TV�RVFMMB�DIF�/FSWJ�DIJBNB�«sensibilità statica»20 e Benve-nuto «matematica di approssimazione»21 �DVJ�TFHVF�MB�WFSJmDB�WFSB�TJHOJmDBUP�TPOP�VO�UVUU�VOPx (ludwig Mies van der rohe, Conta solo la prestazione (1938), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.).17 1SFTDJOEFOEP� EB� RVBMVORVF� HJVEJ[JP� EJ� WBMPSF� QFSTPOBMF � JOUFOEJBNP� DPO� BSDIJUFUUVSB�jBMUBx �RVFMMB�DFMFCSBUB�DPNF�UBMF �DJPÒ �OFMMB�NFOUBMJUË�DPOUFNQPSBOFB �M�archistar system. In effetti, oggi più che mai, si sta assistendo ad un nettissimo divario, formale e soprattutto MJOHVJTUJDP �USB�M�BSDIJUFUUVSB�jVGmDJBMFx�F�M�FEJMJ[JB�DPNVOF�DIF�QPQPMB�MF�OPTUSF�DJUUË��4F�Ò�QVS�vero che tale distinzione è storicamente sempre esistita, non si può negare che oggi abbia raggiunto livelli estremi. Questa distanza, che un tempo si esprimeva in termini di semplice forma�o�OFM�TFOTP�SFUPSJDP�o �DJPÒ�EJ�NBHHJPSF�P�NJOPSF�RVBMJUË�EFMM�BQQBSBUP�EFDPSBUJWP�F�materiale a parità di tecniche costruttive, oggi si è tradotta nell’espressione, radicale, di una netta distinzione di linguaggio, cioè, di sostanza e contenuto. Lo stesso fenomeno è evidente nella musica contemporanea. La distanza tra le canzonette�EJ�$MBVEJP�.POUFWFSEJ�F�RVFMMF �più popolari, di altri madrigalisti del xvi�TFDPMP �OPO�FSB�EFDJTBNFOUF�DPTÖ�TJHOJmDBUJWB�RVBOUP�l’abisso che separa le freeman études di John Cage dalla coeva pop music degli ’90.18 Cfr. cap.2. e cap.3.19 Pier luigi nervi, op. cit.20 Pier luigi nervi �PQ��DJU��"�RVFTUP�QSPQPTJUP�M�BVUPSF�TDSJWF��«la ideazione e progettazione di opere edilizie [...] ben raramente rende necessario ed indispensabile l’intervento di calcoli matematici elevati o per lo meno li richiede in una fase esecutiva completamente separata da quella creativa [...]. Nella fase più importante e decisiva per ogni realizzazione edilizia, PTTJB�RVFMMB�DIF�QPSUB�BUUSBWFSTP� MB�QSPHFUUB[JPOF�EJ�NBTTJNB�B�EFmOJSF� MF�DBSBUUFSJTUJDIF�dell’organismo architettonico anche nella sua sostanza strutturale e statica, i calcoli molto complicati non servono e debbono essere sostituiti da valutazioni approssimate fondate su TFNQMJDJ�WFSJmDIF�F�TPQSBUUVUUP�TVMMB�iTFOTJCJMJUË�TUBUJDBw �DIF�Ò�MB�WFSB�CBTF�EFMMB�JOWFO[JPOF�costruttiva». Cfr. anche nota 5, cap.3.21 A proposito del lavoro di Torroja, Benvenuto scrive: «squisita opera di un artigiano artistico

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e propria dell’organismo strutturale. Ma cosa accade nel momento in cui la previsione di progetto e la WFSJmDB della sua validità avvengono in simultanea, come due fasi distinte ma costantemente integrate nel-MP�TUFTTP�QSPDFTTP�QSPHFUUVBMF�F�mOBODIF�OFM�NFEFTJNP�BNCJFOUF�EJ�lavoro? Evidentemente il ruolo della WFSJmDB assume una nuova prio-rità rispetto alla previsione iniziale, poiché può essere impiegata non più come semplice calcolo conclusivo e validativo di un progetto già elaborato come legittimo a priori, e può anzi diventare, sin dalle fasi preliminari, uno strumento per concepire la forma. La WFSJmDB�WJSUVB-le è costantemente e istantaneamente impiegabile sul modello della previsione e si assume, di conseguenza, il compito di guidarne l’esito GPSNBMF �FTDMVEFOEP�RVJOEJ�MB�OFDFTTJUË�EJ�VO�progetto di massima, F�DJPÒ�EJ�RVFM�NPNFOUP�EFM�QSPDFTTP�DSFBUJWP�DIF�FSB�BGmEBUP�BMMF�capacità personali e alla sensibilità strutturale del singolo progettista. Non c’è più bisogno di fare previsioni. Il cae sostituisce cioè con una QSPDFEVSB� BVUPNBUJ[[BUB� RVFMM�PQFSB[JPOF� MPHJDP�JOUVJUJWB� DIF� FSB�prerogativa innata delle grandi menti ingegneristiche del passato.� "� RVFTUB� spersonalizzazione dell’attività previsionale rispon-EPOP �JO�EJWFSTB�NJTVSB �MF�EVF�NFUPEPMPHJF�EJ�QSPHFUUP�DIF�JO�RVFTUB�TFEF�DJ�QSFmHHJBNP�EJ�BGGSPOUBSF��"TTVOUB�DPNF�dato di fatto, si cerca anzi di renderla un imprescindibile punto di forza della progettazione informatizzata, su cui si possano modellare nuove procedure operati-WF �F �JO�EFmOJUJWB �VOB�OVPWB�JEFB�EJ�BSDIJUFUUVSB��*M�free form risponde BMM�JNQFSTPOBMJUË�EFMMB�WFSJmDB�DPO�VO�FTBTQFSBUP�QFSTPOBMJTNP�DSF-ativo nel progetto. Se l’oggetto che si sottopone a sperimentazione virtuale non ha più la necessità di legittimarsi preventivamente come previsione, allora il progettista è libero di sottoporre al software qua-lunque tipologia di forma, indipendentemente dalla sua pertinenza rispetto al compito strutturale, costruttivo, e – vedremo – funzionale. Il free form sostituisce cioè la previsione strutturale mOBMJ[[BUB�BMMB�WF-SJmDB� DPO� VOB�postulazione formale, libera ed autonoma, delegan-do al software l’arduo compito di «vincere le sollecitazioni dovute all’illogica»22� DPOmHVSB[JPOF�QSF�EFUFSNJOBUB�� -B� GPSNB�EJ� QBSUFO[B�WJFOF�RVJOEJ�FMBCPSBUB�EBM�QSPHFUUJTUB�JO�RVBOUP�oggetto estetico, sul-la base di scelte formali – non-necessarie – di carattere scultoreo, artistico, o, in ogni caso, completamente indipendenti rispetto allo TQFDJmDP�DPNQJUP�DPTUSVUUJWP��-�BSDIJUFUUVSB�FTDF�EB�TF�TUFTTB��-FHJU-timata dal software, ha la possibilità di guardare altrove.

d’altri tempi, proprio per l’eroico lavoro che è costato, per la sagacia e l’astuzia che il suo BSUFmDF�IB�TBQVUP�SJWFSTBSWJ �PSB�USPWBOEP�MB�TDPSDJBUPJB�B[[FDDBUB �PSB�BEPUUBOEP�M�JQPUFTJ�TFNQMJmDBUSJDF�NB�OPO�DPNQSPNFUUFOUF �PSB�TPQQFTBOEP�J�DPTUJ�F�J�CFOFmDJ�EJ�VO�QSPDFEJ-mento meno comodo ma più sicuro. Questa era la “matematica di approssimazione”, con MF�TVF�BOHVTUJF�F�MB�TVB�NJOVUB�TBHHF[[B �DIF�OVUSJWB�HSBO�QBSUF�EFMMB�SJDFSDB�TDJFOUJmDB�JO�mano agli ingegneri, prima che il computer sottraesse al calcolo l’emozione e il gusto dell’av-ventura rischiosa, del combattimento da decidersi caso per caso» (edoardo benvenuto, pref. a, eduardo torroja, La concezione strutturale (1957), Torino, Utet, 1995).22 Pier Luigi Nervi, op. cit. Da sottolineare che il termine «illogico» ricalca perfettamente RVFMM�jۡƾǁƶǁƿx�DGS��OPUB�� �DBQ����DIF �OFMM�JEFB�EJ�1MBUPOF �DPSSJTQPOEF�BE�VO�QSPDFEJNFO-to non ascrivibile all’ambito della tecnica. Allo stesso modo – vedremo (cfr. nota 28. cap.4) – Nervi considera un «grave errore» per il progettista operare al di fuori di ciò che è logico F�SB[JPOBMF��/PO�B�DBTP � M�"SHBO�EFmOJSË�«architettura tecnica» il lavoro di Nervi, e, più in generale, di coloro che, con Nervi, condividono una prospettiva di pensiero logico-deduttiva rispetto al compito funzionale e strutturale (giulio carlo argan, Pier Luigi Nervi (1955), in, Progetto e destino, Milano, Il saggiatore, 1964).

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Ben diversa è la risposta elaborata da un impiego delle proce-dure informatiche nella prospettiva GPSN�mOEJOH. Lo spersonalizzarsi della previsione di progetto non è un problema cui porre rimedio, NB�EJWFOUB�BO[J� M�PDDBTJPOF�QFS�SBHHJVOHFSF�RVFMMB�UBOUP�BHPHOBUB�oggettività universale dell’organismo resistente in risposta alle immu-UBCJMJ� MFHHJ�EFM�NPOEP�mTJDP �DIF �EJ� GBUUP �Ò�QPTTJCJMF�TPMP�BUUSBWFS-so l’annullamento (entro certi limiti) del ruolo del singolo progettista nell’operazione formativa. L’impersonalità�EFM�QSPHFUUP�Ò�RVJOEJ�DPO-dizione insopprimibile per il compimento dell’ottimo strutturale, cioè QFS�M�JNQPSTJ�EFMM�BVUPOPNJB�EFMM�PQFSB�JO�RVBOUP�realtà necessaria. La sperimentazione virtuale diventa allora criterio di progetto e non più semplice WFSJmDB. La forma resistente è determinata deduttivamen-te dal software sulla base della condizione di necessità dell’oggetto TUSVUUVSBMF �JNQPTUB�EBM�QSPHFUUJTUB�JO�SFMB[JPOF�BMMP�TQFDJmDP�DPNQJUP�architettonico. Si impongono cioè come note le sollecitazioni inter-OF �DIF�FRVJWBMHPOP�OFDFTTBSJBNFOUF�BMMB� UFOTJPOF�VMUJNB�VUJMF�EFM�materiale impiegato, e l’elaboratore produce di conseguenza la for-NB�SFTJTUFOUF�DIF�NFHMJP�SJTQPOEF�B�RVFMMF�EFUFSNJOBUF�TPMMFDJUB[JP-ni23��*M�TPGUXBSF�OPO�GB�BMUSP�DIF�JOEJWJEVBSF�MB�DPOmHVSB[JPOF�PUUJNBMF�dell’oggetto strutturale sulla base dell’input EFM�QSPHFUUJTUB �JO�RVFTUP�senso semplice esecutore tecnico del compito costruttivo. L’architet-UVSB�TJ�GB�RVFTUJPOF�MPHJDP�EFEVUUJWB �BSSPDDBOEPTJ�OFM�QSPQSJP�JOUJNP�statuto di irriducibile necessità. Attraverso l’informatica, raggiunge DPTÖ�JM�MVPHP�o�F�JM�UFNQP�o�EFM�dover essere. Evidentemente, la contrapposizione metodologica tra free form e GPSN�mOEJOH è specchio di una distanza abissale che va ben al di là del semplice impiego differente dello strumento informatico. I due metodi presuppongono infatti due inconciliabili visioni del mon-EP�mTJDP�F �EJ�DPOTFHVFO[B �EVF�TJHOJmDBUJ�QSPGPOEBNFOUF�EJWFSTJ�del ruolo culturale dell’architettura in rapporto alla naturalità. Il me-todo, cioè la via, lo strumento24, è il mezzo attraverso cui si esprime intrinsecamente una determinata prospettiva ideologica, nei suoi ri-svolti epistemologici, ontologici ed estetici. Free form e GPSN�mOEJOH diventano allora non soltanto due modi contrapposti di vedere – e GBSF�o�BSDIJUFUUVSB �NB�TPQSBUUVUUP�VOB�QBSBEJHNBUJDB�GPUPHSBmB�EFM�pluralismo gnoseologico e culturale della società contemporanea, ultimo retaggio della crisi post-moderna. Per comprendere approfonditamente la netta contrapposizione metodologica – e ideologica – tra un processo che ricerchi l’ottimo strutturale ed uno che si ponga a partire da una forma libera prede-terminata, prenderemo in analisi l’esempio che propone Nervi nel fon-damentale testo «Scienza o arte del costruire?»25, prescindendo, per

23 4FDPOEP�JM�NFEFTJNP�TDIFNB�MPHJDP�EFEVUUJWP�DIF�QFSNFUUF �JO�VOB�WFSJmDB�jUSBEJ[JPOB-MFx �EJ�EFUFSNJOBSF�BVUPNBUJDBNFOUF�JM�modulo di rigidezza (w) necessario – cioè il QSPmMP – imponendo come tensione interna la tensione ultima utile e confrontandola con il momento sollecitante��"ODIF�JO�RVFTUP�DBTP �MB�GPSNVMB�EJ�/BWJFS �JOWFSUJUB �EJWFOUB�VOP�TUSVNFOUP�EJ�deduzione della forma a partire dal compito strutturale (cfr. l’esempio riportato in cap.3.).24 Dal greco �ưƻǁƷǁঞ, composto della particella �ƸDžƯ�(con valore cronologico e logico di ©dopo, in seguitoª�F�RVJOEJ�©secondo, in conformitàª) e ܚƷǍঞ, letteralmente ©via, percorsoª. Il metodo�Ò�RVJOEJ�jJM�TFHVJSF �MB�SJDFSDBx �DJPÒ�MB�procedura (il mezzo) indirizzata nella pro-spettiva di un determinato mOF.25 Pier luigi nervi, Scienza o arte del costruire?, Roma, Edizioni della Bussola, 1945.

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4.4. Pier Luigi Nervi, Aviorimessa, Orvieto, 1935.4.5. Pier Luigi Nervi, Capannone Nervi, Porto Recanati, 1940.4.6. Pier Luigi Nervi, Schema A (tav. iv di «Scienza o arte del costruire?»). Ridisegnato.4.7. Pier Luigi Nervi, Schema B (tav. iv di «Scienza o arte del costruire?»). Ridisegnato.

4.4.

4.6.

4.7.

4.5.

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il momento, dall’esprimere un giudizio di valore personale in relazione alle due casistiche, ma riportando fedelmente la posizione dell’autore. Nella tavola iv �/FSWJ�SJQPSUB�JO�TFRVFO[B�EVF�TDIFNJ�EJ�QPOUF�HJVTUBQ-QPTUJ �JM�QSJNP�EFJ�RVBMJ�jDPO�VO�BSDP�QPSUBOUF�B�QSPmMP�BQQSPTTJNBUJ-WBNFOUF�FMMJUUJDP �F� M�BMUSP�DPO�QSPmMP�DIF�DPSSJTQPOEF�BMMB� GVOJDPMBSF�dei carichi e si avvicina alla parabola»26��"MMB� MVDF�EJ�RVBOUP� TPQSB�FTQSFTTP �OPO�BCCJBNP�EJGmDPMUË�B�SJDPOPTDFSF�OFM�QSJNP�QPOUF�VOB�condizione metodologicamente assimilabile ad un criterio di progetto con forma libera��*M�QSPmMP�FMMJUUJDP�JOGBUUJ�OPO�IB�BMDVOB�SFMB[JPOF�DPO�JM�DPNQJUP�TUSVUUVSBMF�TQFDJmDP �NB�WJFOF�JNQPTUP�a priori�JO�RVBOUP�«puro fatto geometrico»27��"M�DPOUSBSJP�JM�QSPmMP�QBSBCPMJDP�EFM�TFDPO-do ponte è disegnato secondo la funicolare dei carichi, a partire cioè dalla necessità di ricondurre all’incastro le tensioni interne dell’arco TPUUP� GPSNB�EJ� TGPS[P� OPSNBMF� EJ� DPNQSFTTJPOF�� *O� RVFTUP� TFDPOEP�DBTP�RVJOEJ�JM�EJTFHOP�EFM�QSPmMP�Ò�OFDFTTJUBUP�EBM�DPNQJUP�DPTUSVUUJWP�e l’approccio metodologico utilizzato rientra a tutti gli effetti nella logica rigorosamente deduttiva dell’ottimo strutturale. In altri termini, nel pri-mo ponte la forma è imposta ad origine del processo di progettazione strutturale, nel secondo, è determinata in conseguenza di esso. Il giu-dizio di Nervi sul primo caso, più che coerente con la sua personale poetica progettuale, è decisamente severo: «l’architetto che, violando le più elementari leggi di economia costruttiva, realizzasse una strut-tura del genere, sperperando acciaio e conglomerato per vincere le TPMMFDJUB[JPOJ�EPWVUF�BMM�JMMPHJDP�QSPmMP�EFMM�BSDP �GBSFCCF�JO�EFmOJUJWB �oltre che un errore tecnico, un altrettanto grave errore estetico»28. Gli farà eco, appena un decennio più tardi, Eduardo Torroja29. «Non vi è dubbio che la rappresentazione di un assetto statico di un’assurdità evidente riesce sommamente antiestetica agli occhi di un osservato-re accorto». Nonostante Torroja non faccia mai esplicito riferimento B�/FSWJ �MB�WJDJOBO[B�EFM�TVP�QFOTJFSP�DPO�RVFMMP�EFM�DPMMFHB�JUBMJBOP�è più che evidente. Ciò che per Nervi è «illogico», per Torroja è una «assurdità». Allo stesso modo, «grave errore estetico» è l’esito, in ter-26 Ibidem.27 Ibidem��0WWJBNFOUF�/FSWJ�OPO�SJDPOPTDF�JO�RVFTUP�VOB�QSFDJTB�scelta metodologica di tipo free form, ma, in relazione alla sua determinata prospettiva, un vero e proprio «errore tecnico ed estetico» (cfr. nota seguente).28 Ibidem. L’«errore estetico» che Nervi ravvisa è evidentemente legato ad una concezione classica del bello oggettivo come necessario, JO�RVBOUP�secondo natura��2VFTUB�RVFTUJPOF�sarà ampiamente sviluppata nel prosieguo del cap.4. (cfr. anche nota 22, cap.4.).29 eduardo torroja, La concezione strutturale (1957), Torino, Utet, 1995. Riguardo alla vi-cinanza con il pensiero di Nervi, può risultare interessante ricordare che il titolo originale dell’opera di Torroja è «Razòn y ser de los tipos estructurales», letteralmente, «Ragione ed essenza dei tipi strutturali», il che ci riporta ancora una volta al tema della necessità in rela-zione ad una visione classica del mondo naturale. La tecnica, già per Platone, deve operare secondo ragione (cfr. nota 1, cap.3. e nota 22, cap.4.), cioè, per Nervi, in una prospettiva logico-deduttiva che fondi l’essenza�EFMMF�PQFSF�TUSVUUVSBMJ�JO�RVBOUP�necessitate dal compito. Ancora, per Mies, «se noi attribuissimo ad ogni cosa ciò che essenzialmente le spetta, allora le cose rientrerebbero, quasi da sé, nell’ordine loro corrispondente e solo allora sarebbero pienamente ciò che sono. Soltanto in questo modo troverebbero la loro piena realizzazione. [...] Tuttavia questo presuppone di abbandonare l’originalità e di realizzare ciò che è neces-TBSJP��<���>�*O�BMUSF�QBSPMF��TFSWJSF�JOWFDF�EJ�EPNJOBSF��<���>�$JÛ�TJHOJmDB�QFSTJTUFSF�OFMM�VNJMUË �rinunciare all’effetto e compiere fedelmente il necessario e il giusto» (ludwig Mies van der rohe, Conta solo la prestazione (1938), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.). L’essenza�EFMMF�PQFSF�BSDIJUFUUPOJDIF�Ò�RVJOEJ�VO�QSPCMFNB�etico, è ciò che costituisce il loro dover essere in relazione alla volontà dell’epoca (zeitwille) che le ha prodotte. Ancora VOB�WPMUB�Ò�VOB�RVFTUJPOF�EJ�OFDFTTJUË �P �QFS�EJSMB�DPO�5PSSPKB �EJ�ragione ed essenza.

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4.8. Eduardo Torroja, Mercado de Abastos. Schema delle armature.4.9. Eduardo Torroja, Mercado de Abastos, Algeciras, 1933.4.10. Pier Luigi Nervi, Palazzetto dello sport. Pianta della copertura.4.11. Pier Luigi Nervi, Palazzetto dello sport, Roma, 1956.

4.8.

4.9.

4.10.

4.11.

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mini di giudizio di valore, di un’operazione analogamente considerata da Torroja «sommamente antiestetica»��-B�SJnFTTJPOF�EFMM�JOHFHOFSF�TQBHOPMP�SJDBMDB�QFSGFUUBNFOUF�MB�MFUUVSB�EJ�/FSWJ �UBOUP�DIF�J�RVBUUSP�UFSNJOJ� QPUSFCCFSP� FTTFSF� JOWFSUJUJ� TFO[B�NPEJmDBSF�NJOJNBNFOUF� JM�senso delle due proposizioni30�� /PO� EFWF� QFSÛ� TUVQJSF� RVFTUB� TUSB-ordinaria coincidenza di pensiero. «A un certo momento della storia dell’uomo mi sembra che maturi la comprensione di alcune situazioni. O in altri termini, mi sembra che una particolare situazione maturi in un dato momento e che venga compresa. Questo è il motivo per cui grandi personaggi che non si sono mai conosciuti possono parlare contemporaneamente delle stesse cose»31. Ciò vale indubbiamente per la prima metà del secolo scorso, stagione di grande fermento culturale e rinnovamento ideologico, con M�BGGFSNBSTJ�EJ�RVFMMB�SJWPMV[JPOBSJB�QSPTQFUUJWB�EJ�QFOTJFSP�o�OPO�TPMP�BSDIJUFUUPOJDP�o�DIF�QBTTFSË�BMMB�TUPSJB�TPUUP�MF�NPMUFQMJDJ�EFmOJ[JPOJ�di «architettura strutturale»32, «architettura tecnica»33, «strutturismo costruttivo»34. Ciò vale, d’altra parte, nella seconda metà del ‘900 per il pensiero post-moderno, che nell’architettura troverà forse l’espres-TJPOF�QJá�DPNQJVUB�EJ�VOB�UFOEFO[B�NBJ�DPTÖ�SBEJDBUB�F�DPFSFOUF�JO�BNCJUP�BSUJTUJDP � MFUUFSBSJP�F�mMPTPmDP35. Ciò vale, ancora, nell’ultimo EFDFOOJP�EFM�TFDPMP�TDPSTP�mOP�BE�PHHJ �QFS�RVFMM�JEFB�EJ�BSDIJUFUUVSB�che abbiamo chiamato genericamente free form �OFMMB�RVBMF�DPOWFS-gono – ci pare – buona parte delle tendenze culturali e formali della contemporaneità più recente36. Qui, ciò che prima si condannava come «errore estetico», di-venta, al contrario, il punto cardine di una nuova poetica architettoni-ca, che affonda le proprie radici ideologiche in una visione del mondo mTJDP�QSPGPOEBNFOUF�EJWFSTB�EB�RVFMMB�EJ�/FSWJ �FE�JO�RVFMMB�EFUFS-minata prospettiva culturale può ritrovare le proprie legittime ragioni

30 -B�TUSBPSEJOBSJB�BGmOJUË� USB� JM�QFOTJFSP�EJ�/FSWJ�F�RVFMMP�EJ�5PSSPKB�Ò� UBMNFOUF�FWJEFOUF�F�TJHOJmDBUJWB�DIF�&EPBSEP�#FOWFOVUP �OFMMB�QSFTFOUB[JPOF�BMMB�TFDPOEB�FEJ[JPOF�JUBMJBOB�EJ�«La concezione strutturale» (cit.), dedica un intero capitolo al confronto con «Scienza o arte del costruire?»��#FOWFOVUP�FWJEFO[JB�OFMMP�TQFDJmDP�MB�WJDJOBO[B�EJ�QFOTJFSP�USB�J�EVF�BVUPSJ�attraverso una lettura comparata dei testi, riportando citazioni da entrambi per mostrarne l’e-strema compatibilità rispetto ad un gran numero di tematiche. L’operazione di confronto che RVJ�QSPQPOJBNP�TJ�TJUVB�RVJOEJ�JO�MJOFB�DPO�MB�MFUUVSB�EJ�#FOWFOVUP �B�DVJ�PWWJBNFOUF�TJ�SJNBO-da per una trattazione più ampia ed esaustiva (la sua prefazione è infatti piuttosto corposa).31 ludwig Mies van der rohe, Nessun Dogma (1959), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit. Per dirla in termini heideggeriani – sintomaticamente, degli stessi anni in cui lavora Mies – è l’«accadere storico dell’essere» e, di conseguenza, del pensiero umano che ricerca il disvelamento dell’essere TFDPOEP� MF� DJSDPTUBO[F� TUPSJDIF�OFMMF�RVBMJ � EJ� WPMUB� JO�volta, si ritrova «gettato».32 Pier Luigi Nervi e Mies (cfr. nota 16, cap.4.).33 Giulio Carlo Argan (cfr. nota 22, cap.4.).34 Eduardo Torroja (cfr. nota 16, cap.4.).35 Per una lettura del post-modernismo, e non solo nella sua espressione architettonica, cfr. DBQ����F�JO�QBSUJDPMBSF�DGS��OPUF��� �� �� �DBQ����1FS�VOB�QBOPSBNJDB�HFPHSBmDB�TJOUFUJDB �atta a tratteggiare l’estensione del fenomeno in relazione al fatto che «grandi personaggi che non si sono mai conosciuti possono parlare contemporaneamente delle stesse cose», ricordiamo solo gli statunitensi Robert Venturi, Charles Moore e Michael Graves, il britannico James Stirling, e gli italiani Aldo Rossi e Paolo Portoghesi. Pur nelle sue varie sfaccettature, l’architettura post-moderna esibisce, di fatto, un’unità e una coerenza caratteriale che solo in parte è ravvisabile negli altri ambiti culturali che il fenomeno ha intaccato.36 1FS�VOB�EFmOJ[JPOF�HFOFSBMF�EJ�free form,�TVGmDJFOUFNFOUF�BNQJB�EB�DPNQSFOEFSF�BODIF�il fenomeno decostruzione, cfr. nota 45, cap.2.

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4.12. Robert Venturi, Casa Vanna Venturi,�'JMBEFMmB ������4.13. Aldo Rossi, Cimitero di San Cataldo, Modena, 1971. 4.14. Michael Graves, Center Library, Denver, 1996.

4.12.

4.13.

4.14.

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di affermarsi. Se il GPSN�mOEJOH eredita potentemente il lascito meto-dologico dell’architettura strutturale, con tutte le pesanti implicazioni JEFPMPHJDIF�DIF�RVFTUP�DPNQPSUB �JM�free form vi si oppone con altret-tanta veemenza, rinnegando i principi fondativi – etici prima ancora che estetici – su cui il movimento moderno, funzionalista e razionali-sta, aveva solidamente poggiato, e che avevano trovato nel lavoro di Mies, Nervi e Torroja la più alta espressione architettonico-ingegneri-stica. Ciò che si condanna non è solo la concezione necessaria del costruire, inteso come compito etico di responsabilità37, ma la stessa concezione necessaria del mondo naturale e della tecnica in genera-MF �PSNBJ�DSPMMBUB�MB�TUPSJDB�EFmOJ[JPOF�EJ�jNF[[P�QFS�VO�mOFx su cui TJ�FSB�TUSVUUVSBUP�JM�QFOTJFSP�NPEFSOP �BSDIJUFUUPOJDP�F �TPQSBUUVUUP �m-MPTPmDP38��$PMMBTTB �JO�EFmOJUJWB �M�JOUFSP�JNQJBOUP�UFPSJDP�necessitante

37 Il riferimento è al fondamentale, hans jonas, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica����� �5PSJOP �&JOBVEJ �������2VFTUP�UFTUP �TJHOJmDBUJWBNFOUF �Ò�TQFTTP�DJUBUP�da Massimo Majowiecki, il cui pensiero strutturale si può considerare, non a caso, in linea con la grande tradizione ingegneristica italiana – da Pier Luigi Nervi a Riccardo Morandi a Sergio Musmeci. Scrive infatti Majowiecki: «l’introduzione di questioni di etica architettonica e strutturale nel rispetto del principio di responsabilità, introdotto da Hans Jonas, potrebbe TDPOHJVSBSF�BMDVOJ�TUFSFPUJQJ� UFDOPMPHJDJ� <���>�EPWF� MB�TUBCJMJUË�TUSVUUVSBMF�Ò�TUBUB�TBDSJmDBUB�alla creazione di stupore tecnologico, ed esempi di progettazione concettuale falsa, didat-ticamente fuorvianti» (MassiMo Majowiecki, Architettura e struttura, l’etica del ffd, cit.). Al di là EFM�UFTUP�EJ�+POBT �UVUUBWJB �MB�RVFTUJPOF�SFTQPOTBCJMJUË �SJTQFUUP�BJ�DPNQJUJ�EFMM�BSDIJUFUUVSB �si può trovare già nel pensiero di Heidegger. «Salvare la terra, accogliere il cielo, attendere i divini, condurre i mortali – questo quadruplice “aver cura” è la semplice essenza dell’abitare. $PTÖ�J�WFSJ�FEJmDJ�JNQSJNPOP�JM�MPSP�TFHOP�TVMM�BCJUBSF �QPSUBOEPMP�OFMMB�TVB�FTTFO[B�F�EBOEP�ricetto a questa essenza. Il costruire, inteso in questo modo, è un far abitare privilegiato. Se esso è in realtà questo, allora il costruire ha già risposto all’appello del Geviert. Su questo ri-spondere rimane fondato ogni progettare, che a sua volta apre ai progetti gli ambiti adeguati per i loro tracciati» (Martin heidegger, Costruire abitare pensare (1951), in, Saggi e discorsi, cit.). Evidentemente, l’«aver cura» heideggeriano, sposta il problema architettonico da un ambito meramente tecnico al piano più propriamente etico del «rispondere» all’essenza del costruire. Il problema della responsabilità, che non è solo verso la società ma anche e so-prattutto – Heidegger è sempre straordinariamente attuale – nei confronti del mondo, si può sintetizzare con lo splendido aforisma, giustamente celeberrimo tra gli architetti, «solo se abbiamo la capacità di abitare, possiamo costruire» (ibidem).38 Crolla cioè il valore strumentale della tecnica, ossia il principio, originariamente hegeliano, secondo cui la tecnica è un jNF[[P�QFS�VO�mOFx ed il suo sviluppo storico va di conse-guenza interpretato nei termini di una progressiva ottimizzazione di tale rapporto, in chiave di economia�EFMMF�SJTPSTF�JNQJFHBUF��-B�EFmOJ[JPOF�strumentale ha riscosso grande fortuna TJOP�BMMB�NFUË�EFM�TFDPMP�TDPSTP �F�OPO�TPMP�OFMM�BNCJUP�TQFDJmDP�EFMMB�mMPTPmB �OFM�RVBMF�era stata formulata. In architettura, vi fanno esplicito riferimento molti fra i progettisti che operano nella prospettiva di necessità strutturale, come Nervi e Musmeci (cfr. cap.6.). Il crollo del valore strumentale avviene – secondo i fautori di tale teoria, primo fra tutti Ema-nuele Severino – nel secolo scorso, cioè in concomitanza con l’affermarsi senza precedenti dell’egemonia della tecnica meccanica, ed oggi, nell’età dell’informatica, sembra essere, JO�FGGFUUJ �EJGmDJMNFOUF�DPOGVUBCJMF��j*OGBUUJ �mODIÏ�MB�TUSVNFOUB[JPOF�UFDOJDB�EJTQPOJCJMF�FSB�BQQFOB�TVGmDJFOUF�QFS�SBHHJVOHFSF�RVFJ�mOJ�JO�DVJ�TJ�FTQSJNFWB�MB�TPEEJTGB[JPOF�EFHMJ�VNBOJ�CJTPHOJ �MB�UFDOJDB�FSB�VO�TFNQMJDF�iNF[[Pw�JM�DVJ�TJHOJmDBUP�FSB�JOUFSBNFOUF�BTTPSCJUP�EBM�imOFw �NB�RVBOEP� MB� UFDOJDB�BVNFOUB�RVBOUJUBUJWBNFOUF�BM�QVOUP�EB� SFOEFSTJ�EJTQPOJCJMF�QFS� MB�SFBMJ[[B[JPOF�EJ�RVBMTJBTJ�mOF �BMMPSB�NVUB�RVBMJUBUJWBNFOUF� MP�TDFOBSJP �QFSDIÏ�OPO�Ò�QJá�JM�mOF�B�DPOEJ[JPOBSF�MB�SBQQSFTFOUB[JPOF �MB�SJDFSDB �M�BDRVJTJ[JPOF�EFJ�NF[[J�UFDOJDJ �ma sarà la cresciuta disponibilità dei mezzi tecnici a dispiegare il ventaglio di qualsivoglia mOF�DIF�QFS�MPSP�USBNJUF�QVÛ�FTTFSF�SBHHJVOUP��$PTÖ�MB�UFDOJDB�iEB�NF[[P�EJWFOUB�mOFw �OPO�QFSDIÏ�MB�UFDOJDB�TJ�QSPQPOHB�RVBMDPTB �NB�QFSDIÏ�UVUUJ�HMJ�TDPQJ�F�J�mOJ�DIF�HMJ�VPNJOJ�TJ�propongono non si lasciano raggiungere se non attraverso la mediazione tecnica. [...] Se il NF[[P�UFDOJDP�Ò�MB�DPOEJ[JPOF�OFDFTTBSJB�QFS�SFBMJ[[BSF�RVBMTJBTJ�mOF�DIF�OPO�QVÛ�FTTFSF�SBHHJVOUP�QSFTDJOEFOEP�EBM�NF[[P�UFDOJDP �JM�DPOTFHVJNFOUP�EFM�NF[[P�EJWFOUB�JM�WFSP�mOF�che tutto subordina a sé» (uMberto galiMberti, Psiche e Techne, l’uomo nell’età della tecnica, Milano, Feltrinelli, 1999). L’uomo diventa allora un semplice «funzionario» dell’apparato tec-nico, al servizio della sua nuova, illimitata, onnipotenza. Ma poiché «ogni forma di potenza è pubblica», e, per essere tale, ha bisogno necessariamente di un «luogo del riconoscimento

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che aveva retto le fondamenta strumentali dell’architettura tecnica; di VO�DPTUSVJSF �DJPÒ �IFJEFHHFSJBOBNFOUF�mOBMJ[[BUP�BMM�BCJUBSF�F �QSP-prio dall’abitare, necessitato e funzionalizzato. Collassa l’idea di una natura necessaria, e, di conseguenza, di un costruire necessario, in RVBOUP�secondo natura. Collassa, in ultima analisi, il bisogno di ricer-care e trovare la forma (GPSN�mOEJOH) ubbidendo alle «divine leggi del NPOEP�mTJDPx39��DJPÒ �BMMB�SBEJDF �MB�UFPMPHJDB�mEVDJB�OFM�«deus, sive natura» spinoziano.� &�mO�RVJ�TJBNP�OFM�QPTU�NPEFSOP��.B�JM�free form non incarna TPMP�VOB�DSJTJ�EFJ�WBMPSJ�TUPSJDJ �RVBOUP�QJVUUPTUP�JM�TVP�TVQFSBNFOUP��Segna l’instaurarsi di un nuovo ordine – meglio, EJTPSEJOF – ideologi-co, sulle rovine desemantizzate della modernità. Quando tutto è ormai BSUJmDJP �BSSJWB�JM�UFNQP�EFMMB�NBUVSJUË�DVMUVSBMF�QFS�MB�EFmOJUJWB�FNBO-cipazione dal necessario, attraverso una nuova, autonoma, libertà EFJ�QSPDFTTJ�GPSNBUJWJ��libertà non tanto verso il patrimonio storico ma verso la natura stessa, che comincia ad apparire incoerente, caotica, indeterminata, relativizzata, anti-epistemica. All’idea di architettura come tecnica, si sostituisce allora un’orgogliosa rivendicazione dell’i-OVUJMF �EFM�TVQFSnVP �EFM�OPO�OFDFTTBSJP �JO�TPTUBO[B �EFMM�umano. Si riafferma cioè, dopo la parentesi del movimento moderno, l’architet-tura come arte, nel senso più propriamente kantiano40. La forma si libera (free form) dai vincoli oppressivi della necessità, del compi-to strutturale, costruttivo e funzionale, dalle logiche rigorosamente deduttive della tecnica moderna, per farsi puro oggetto di fugace DPOUFNQMB[JPOF � GPUPHSBmB�EJ� VOB� GSFOFUJDB� TPDJFUË� JDPOPGBHJDB�EFM�consumo estetico nella «percezione distratta»41. Il bombardamento pubblico» (eManuele severino, Il destino della tecnica, cit.), ecco allora la tecnica informatica esibire il proprio potere come mOF�VMUJNP�EFMMF�PQFSF�DIF�SFBMJ[[B�JO�RVBOUP�mezzo. Il Burj Khalifa di Dubai (2008/2010), con i suoi 828 metri di altezza, è forse la migliore espressione EJ�RVFTUB�FTJCJ[JPOF�QVCCMJDB�EJ�QPUFO[B�DGS��DBQ����39 Pier luigi nervi, op. cit.40 $JPÒ�EJTJOUFSFTTBUB �TFO[B�TDPQP��2VFTUP�QSJODJQJP�Ò�FWJEFOUFNFOUF�EJGmDJMF �TF�OPO�JNQPT-TJCJMF �EB�DPODJMJBSF�DPO�M�BSDIJUFUUVSB �DIF �QFS�EFmOJ[JPOF �Ò�USB�MF�BSUJ�RVFMMB�DPO�JM�NBHHJPS�grado di funzionalità �BODIF�F�TPQSBUUVUUP�QSBUJDB�QSFDJTB[JPOF�E�PCCMJHP��%J�GBUUP�RVBMVORVF�arte ha sempre avuto una funzione �BMNFOP�JO�TFOTP�OPO�QSBUJDP �EB�RVFMMB�sacrale nell’an-tichità alla biblia pauperum del medioevo, tanto per fare due esempi). Se era stata arte sino BE�PSB �MP�FSB�o�DJ�QBSF�o�OPO�OFM�TFOTP�LBOUJBOP �NB�JO�RVFMMP �CFO�QJá�BSDBJDP �FUJNPMPHJDP �cioè ars��UFSNJOF�DPO�JM�RVBMF�J�MBUJOJ�USBEVDFWBOP�JM�HSFDP�DžưLjƿƺ. Evidentemente non si tratta EJ�VOB�NFSB�TQFDVMB[JPOF�mMPMPHJDB�NB�EJ�VO�QSPCMFNB�UFPSJDP �BODPSB�BQFSUP �BMMB�SBEJDF�EJ���TFDPMJ�EJ�TUPSJB�EFMM�FTUFUJDB �DIF�USBTDFOEF�BNQJBNFOUF�MB�RVFTUJPOF�architettura per arri-vare sino alla domanda fondamentale intorno all’essenza stessa dell’arte��(MJTTJBNP�RVJOEJ�TVMM�BSHPNFOUP�o�OPO�Ò�EBWWFSP�RVFTUP�JM�MVPHP�o �SJNBOEBOEP�UVUUBWJB�BMM�VMUJNP�DBQJUPMP�EJ�RVFTUB�CSFWF�USBUUB[JPOF �EPWF�TJ�DFSDIFSË�TJOUFUJDBNFOUF�EJ�BSSJWBSF�BE�VO�QVOUP �BMNFOP�QFS�RVBOUP�SJHVBSEB�M�BNCJUP�TQFDJmDP�EFMM�BSDIJUFUUVSB�DGS��DBQ����41 Facciamo riferimento, evidentemente, al celeberrimo, walter benjaMin, L’opera d’arte nell’e-poca della sua riproducibilità tecnica (1936), Torino, Einaudi, 1966. La «percezione distratta» è, per l’autore, la forma di fruizione estetica che contraddistingue l’età contemporanea, in relazione alla trasformazione del fruitore, da soggetto singolo – raccolto nell’opera – a massa – distratta dall’opera. Scrive Benjamin: «la fruizione nella distrazione, che si fa sentire con QSFTTJPOF�DSFTDFOUF�JO�UVUUJ�J�TFUUPSJ�EFMM�BSUF�FE�Ò�JM�TJOUPNP�EJ�QSPGPOEJTTJNF�NPEJmDB[JPOJ�dell’appercezione, trova nel cinema il proprio autentico strumento di esercizio. Nel suo effetto choc il cinema viene incontro a questa forma di fruizione. [...] Il pubblico è un esaminatore, e però un esaminatore distratto»��*O�RVFTUP�QSPDFTTP�M�BSDIJUFUUVSB�EJWFOUB�JM�NPEFMMP�TUPSJDP�a cui fare riferimento. «L’architettura ha sempre fornito il prototipo di un’opera d’arte la cui ricezione avviene nella distrazione e tramite la collettività. Le leggi della sua ricezione sono le più istruttive». Se Benjamin riconosceva già «percezione distratta» nell’Europa degli anni ��� �DJ�EPNBOEJBNP�DPTB�BWSFCCF�TDSJUUP�TV�RVFTU�VMUJNP�EFDFOOJP�EFMMB�TPDJFUË�PDDJEFOUBMF��La velocità e la distrazione del consumo�RVPUJEJBOP�EJ�JNNBHJOJ�pro capite, sono cresciute

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iconico�DVJ�RVPUJEJBOBNFOUF�TJBNP�TPUUPQPTUJ�EBMMB�UFMFWJTJPOF �EBM�DJ-nema, dall’editoria e dalla rete42, ha spinto l’architettura a farsi sempre più immagine, icona tra le icone sfuggenti, fomentandone l’aspetto JEFOUJmDBUJWP e spronando ad una forsennata ricerca senza posa del nuovo �F�RVJOEJ �EFM�TFNQSF�riconoscibile. Se è vero che l’architettura è «la volontà di un’epoca tradotta in spazio»43 BMMPSB�GPSTF�RVFTUB�Ò�l’unica architettura che il nostro tempo potrà realizzare. Confrontarsi con free form e� GPSN� mOEJOH� IB� TJHOJmDBUP� OPO�soltanto analizzare due metodologie contrapposte, ma soprattutto scontrarsi con due universi culturali e ideologici inconciliabili, che non possono, né potranno in futuro, trovare un luogo di incontro. E’ piuttosto evidente, inoltre, che le due diverse procedure implicano una concezione profondamente diversa del ruolo del progettista e del TJHOJmDBUP�TPDJBMF�F�DVMUVSBMF�EFMMB�TUFTTB�BSDIJUFUUVSB��*O�SFBMUË �BMNF-no da un punto di vista prettamente metodologico, le cose sono ben QJá�DPNQMFTTF �F�NFOP�DBUFHPSJDIF �EJ�DPNF�o�OPO�TPMP�QFS�RVFTUJPOJ�di chiarezza – abbiamo voluto sintetizzarle. Nel processo di proget-tazione free form� WJFOF� TQFTTP� JNQJFHBUP� JM� TPGUXBSF� JO� jNPEBMJUËx�GPSN�mOEJOH��$JÛ�BDDBEF �BE�FTFNQJP �RVBOEP �VOB�WPMUB�TUBCJMJUB�a priori la conformazione generale di partenza, si debba individuare OFMMP� TQFDJmDP� MB� GPSNB�QSFDJTB� o�ottimale – che sia effettivamente costruibile, pur non avendo alcuna attinenza con l’ottimo strutturale assoluto44. Analogamente, in una procedura di GPSN�mOEJOH, non tutto esponenzialmente sino al parossismo, invadendo tutti i campi dell’attività umana e tutti i mo-NFOUJ�EFMMB�HJPSOBUB��$�Ò�DIJ�QSBO[B�F�DFOB�DPO�JM�UFMFWJTPSF�BDDFTP�QFS�GBSF�jTPUUPGPOEPx�F�DIJ�SJFTDF�QFSmOP�B�TUVEJBSF�DPO�MB�NVTJDB�OFMMF�DVGmF�o�F�OPO�TJ�QBSMB�EJ�#BDI��0WWJBNFOUF�M�BSDIJUFUUVSB�Ò�DPNQSFTB�JO�RVFTUP�QSPDFTTP��/FTTVOP�osserva�QJá�HMJ�FEJmDJ��TFNQMJDFNFO-te, si usano. Questi, di contro, si fanno allora più accattivanti e, forse, un po’ meno funzionali. L’architettura cerca attenzioni.42 6OB�NFO[JPOF� TQFDJmDB� EFNFSJUB� JO� QBSUJDPMBSF� M�JOWBEFO[B� EFM� CPNCBSEBNFOUP� JDP-OJDP�DVJ�Ò�TPUUPQPTUP�RVPUJEJBOBNFOUF� M�JOUFSOBVUB��/FHMJ�VMUJNJ�BOOJ� MB� SFUF�IB� USBTGPSNBUP�QPUFOUFNFOUF� JM�NPEP�EJ� GBSF �F�EJ� JNQPSTJ �EFMMF� JNNBHJOJ�QVCCMJDJUBSJF �NPEJmDBOEPOF�EJ�conseguenza anche l’aspetto fruitivo. Può esserci ancora, e c’è senz’altro, «percezione di-stratta» OFMMF�GPSNF�jUSBEJ[JPOBMJx�EJ�WFJDPMB[JPOF��DPTÖ�QFS�MB�UFMFWJTJPOF �JM�DJOFNB �M�FEJUPSJB �MB�DBSUFMMPOJTUJDB�OFMMF�TUSBEF��1FS�EJSMB�BODPSB�DPO�#FOKBNJO �RVJ�EJWFOUB�VO�QSPCMFNB�EJ�«abitudine». E l’abitudine porta inevitabilmente «distrazione». Sulle rete, al contrario, l’in-vadenza delle immagini pubblicitarie ha raggiunto livelli di imposizione forzata�DIF�EJGmDJM-mente possono essere evasi o glissati con distrazione. Per fare un esempio, ricordiamo le NBMBVHVSBUBNFOUF�GBNPTF�mOFTUSF�pop-up, che si aprono in automatico, e in primo piano, obbligando l’internauta ad intervenire per chiuderle. Analogamente, sta trovando grande fortuna la pratica, a dir poco fastidiosa, di inserire video-messaggi pubblicitari all’apertura di un contenuto multimediale, presso siti di video-sharing (youtube) o sulle pagine informatiche EFJ�RVPUJEJBOJ��*O�TJOUFTJ �JM�EFTUJOBUBSJP �QFS�RVBOUP�MB�TVB�DBQBDJUË�EJ�«percezione distratta» sia sviluppata, è obbligato a subire il messaggio parassita, né vi può in alcun modo rinuncia-re, se non evitando di proseguire le navigazione.43 «Baukunst ist Raumgefastet Zeitwille» (ludwig Mies van der rohe, Colloquio all’Architectural League di New York (1959), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.).44 Si ricorda che la teoria matematica impone una netta distinzione tra il concetto di ottimo – che è criterio assoluto�o�F�RVFMMP�EJ�ottimale, o ottimo locale�o�DIF�Ò �QFS�EFmOJ[JPOF �relativo. Di fatto, in tutti i campi di applicazione di tali categorie – dall’economia alla politica all’inge-gneria –, l’ottimo assoluto�Ò �EJ�QFS�TÏ �EJGmDJMNFOUF�SBHHJVOHJCJMF�F�JM�QSPCMFNB�TJ�QPOF�RVBTJ�sempre in termini, relativi, di tendenza, cioè di ottimale. La soluzione ottimale è sempre un compromesso tra una serie di fattori determinanti. In informatica, ad esempio, si esprime prevalentemente in rapporto al costo computazionale (cfr. nota 42, cap.3.). In ingegneria TVCFOUSBOP�FWJEFOUFNFOUF�RVFTUJPOJ�FTUFSOF �RVBMJ�MB�GVO[JPOBMJUË�P�MB�TFNQMJDJUË�E�FTFDV[JP-OF �DIF�QPTTPOP�PSJFOUBSF�MB�TDFMUB�EFM�QSPHFUUJTUB�WFSTP�TPMV[JPOJ�jNFOP�PUUJNFx�NB�jQJá�PUUJNBMJx �JO�SFMB[JPOF�B�GBUUPSJ�FTUSJOTFDIJ�SJTQFUUP�BMMB�EJTDJQMJOB��1FS�GBSF�VO�FTFNQJP �OFMMB�geometria differenziale la TVQFSmDJF�NJOJNB� RVJOEJ�ottima) tra due circonferenze traslate lungo l’asse verticale è il catenoide, e non il cilindro, come invece ci si potrebbe aspettare.

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4.15. 4VQFSmDJF�NJOJNB�B�QBSUJSF�EB�QSPmMP�SB[JPOBMF��Paraboloide iperbolico.4.16. 4VQFSmDJF�NJOJNB�B�QBSUJSF�EB�QSPmMP�JSSB[JPOBMF�4.17. Frei Otto, Musikpavillion, Kassel, 1955.4.18. Frei Otto, Tanzbrunnen Pavillion, Colonia, 1957.4.19. Shigeru Ban, Centre Pompidou, Metz, 2003.

4.17. 4.18.

4.19.

4.15. 4.16.

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– è evidente – può essere dedotto in automatico. Esiste almeno un momento di libertà (arbitrarietà) nel processo di elaborazione, laddo-WF�JM�QSPHFUUJTUB�o�F�RVJ�TUB�JM�SVPMP�EFMMB�TVB�DPNQFUFO[B�o�JTUSVJTDF�la macchina determinando le condizioni di contorno dell’organismo strutturale che andrà individuato. Di una TVQFSmDJF�NJOJNB, ad esem-pio, il software può facilmente ricavare la forma in automatico, ma, per farlo, ha bisogno che gli sia fornito un QSPmMP�DIJVTP da cui parti-re45��&WJEFOUFNFOUF �MB�DPOmHVSB[JPOF�MJOFBSF�EFM�bordo�Ò�BGmEBUB�BM�progettista, che può – nessuno glielo vieta – determinarla secondo criteri free form, cioè JO�RVBOUP�oggetto estetico, o, per dirla ancora con Nervi, come «puro fatto geometrico». $JÛ�DIF�DJ�IB�TQJOUP�B�USBUUFHHJBSF�VOB�EJTUJO[JPOF�DPTÖ�TFNQMJ-cisticamente categorica, è la volontà di interpretare free form e form mOEJOH�OPO�TPMUBOUP�DPNF�EVF�TQFDJmDIF�NFUPEPMPHJF�PQFSBUJWF �NB �più in generale, come icone metonimiche, portavoce procedurali di EVF�VOJWFSTJ�DVMUVSBMJ�F�JEFPMPHJDJ �RVFMMJ�TÖ �OFUUBNFOUF�DPOUSBQQPTUJ�e, di fatto, inconciliabili. Verranno assunti allora, nel senso universale, JO�RVBMJUË�EJ�caratteri estremi�BM�EJ� MË�EFJ�RVBMJ�OPO�TJB� MPHJDBNFOUF�possibile operare in alcun modo, come vertici assoluti di due tenden-[F�BOUJUFUJDIF �TUPSJDBNFOUF�DPFTJTUFOUJ�o�M�BSDIJUFUUVSB�JO�RVBOUP�arte RVJOEJ �poetica e libera� F� M�BSDIJUFUUVSB� JO� RVBOUP� tecnica� RVJOEJ �etica e necessitata) –, che, attraverso le metodologie informatizzate, possono giungere al supremo compimento espressivo. Raccogliamo allora sotto il concetto generale di free form,� UVUUF�RVFMMF�QSPDFEVSF�DIF�TVCPSEJOBOP�MF�PQFSB[JPOJ�EJ�WFSJmDB�BE�VOB�GPSNB�QSF�EFUFSNJ-nata ed autonoma. Consideriamo, al contrario, il GPSN�mOEJOH come il vertice della tendenza a dedurre automaticamente la forma, neces-sitata a partire dal compito strutturale. Prenderemo in analisi alcu-OF�PQFSF�DIF�SJUFOJBNP�QBSUJDPMBSNFOUF�TJHOJmDBUJWF�QFS�DJBTDVOB�EJ�RVFTUF�EVF�NFUPEPMPHJF �DPO�M�PCJFUUJWP�EJ�DPNQSFOEFSOF�J�NFDDBOJ-smi formali – cioè gli esiti del processo costruttivo –, alla luce dello strumento�o�RVFMMP�JOGPSNBUJDP�o�DIF�OF�IB�QFSNFTTP�JM�DPTUJUVJSTJ�

In architettura tuttavia, il cilindro è la soluzione ottimale rispetto al medesimo problema, per FWJEFOUJ�SBHJPOJ�EJ�TFNQMJDJUË�DPTUSVUUJWB �GVO[JPOBMJUË�FE�FGmDBDJB��1FS�MB�RVFTUJPOF�ottimo e minimo strutturale, cfr. cap.6.45 Allo stesso modo operava, prima dell’avvento dell’informatica, anche Sergio Musmeci nel-la tecnica di progettazione con le lamine saponate, di cui il celebre viadotto sul Basento 1PUFO[B�SBQQSFTFOUB�GPSTF�MB�QJá�BMUB�FTQSFTTJPOF��%J�RVFTU�PQFSB�F �QJá�JO�HFOFSBMF �EFMMB�RVFTUJPOF�TVQFSmDJF�NJOJNB nelle sue straordinarie possibilità di applicazione alle forme dell’architettura, si tratterà ampiamente in seguito (cfr. cap. 6.).

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5.FREE FORMDAL NOVEMBERGRUPPE A FRANK GEHRY E SANTIAGO CALATRAVA

«Bene, allora niente più architettura; è un’altra cosa; si tratterà di un’altra cosa. E, in effetti, credo che sia tutt’altra cosa.»

jacques derrida, Chora L Works, 1986

� 6OB�CVPOB�EFmOJ[JPOF�EJ�free form ce la fornisce l’Argan, oltre trent’anni prima della costruzione del Guggenheim di Bilbao. L’archi-tettura diventa, a suo dire, «un bell’oggetto plastico [...], un monu-mento, qualcosa che vale per sé, per l’armonia delle forme e delle proporzioni, o per la sicurezza dell’invenzione plastica, e non come elemento di un rapporto, di una mediazione». Rapporto e media-zione che invece costituiscono l’essenza dialettica� EJ� RVFM�«nuovo classicismo»1, che per l’Argan è stato il movimento moderno, dove l’esito formale è sempre un compromesso tra razionalità, struttura e GVO[JPOF��6O�BSDIJUFUUVSB �EVORVF �«decisamente, polemicamente an-tistorica»�SJTQFUUP�B�RVFMMF�UFOEFO[F�SBEJDBMJ�TV�DVJ�TJ�FSB�DPTUJUVJUB�MB�modernità architettonica nei primi decenni del secolo scorso, e che, ancora oggi, «gli architetti moderni non possono fare a meno di as-sumere [...] come un punto di partenza o di riferimento»2. Un’archi-tettura, continua l’Argan, in cui «quel che si cerca è l’effetto, [...] una TDFOPHSBmB�<���> �F�OPO�TJ�GB�TDFOPHSBmB�TF�OPO�TJ�QFOTB�BM�UFBUSP �OPO�si fa teatro se non si pensa al pubblico, non si cerca l’effetto sugge-stivo, non si vuol suggestionare». 6O�BSDIJUFUUVSB �DJPÒ �mOBMJ[[BUB�BMMP�stupore, alla meraviglia, ossia un oggetto estetico nel senso più eti-mologico, costituito sulla ricerca di un effetto percettivo e non su va-lori funzionali �JO�DVJ�JM�GSVJUPSF �DPTÖ�DPNF�BDDBEF�QFS�MF�PQFSF�E�BSUF �sia più contemplatore che utente. La dimensione fruitiva dell’architet-tura, e, di conseguenza, l’intenzionalità progettuale che vi soggiace,

1 giulio carlo argan, Architettura e ideologia (1957), in, Progetto e destino, cit.2 Ibidem.

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QBTTBOP�DPTÖ�EBM�QJBOP�etico necessitante e, in larga misura, vinco-MBOUF �EFMMB�GVO[JPOBMJUË �B�RVFMMP�o�CFO�QJá�MJCFSP�o�estetico del valore GPSNBMF�F�RVBMJUBUJWP �DIF�OPO�QVÛ�FWJEFOUFNFOUF�FTQSJNFSTJ�TF�OPO�attraverso l’autonomia e l’indipendenza della forma. Le parole dell’Argan, che, sembrano dipingere con la consue-ta acribia intellettuale un’opera contemporanea free form, sono tutta-via insospettabilmente rivolte alla cappella lecorbuseriana di Notre-Dame du Haut (1955), JO�SJTQPTUB�QPMFNJDB�BMMB�mO�USPQQP�FOUVTJBTUJDB�recensione che Rogers ne aveva dato l’anno precedente3. Lo stupore del lettore è tuttavia più che condivisibile. Le Corbusier è, d’altra par-te, uno dei padri fondatori del movimento moderno, e la sua eredità JOUFMMFUUVBMF�IB�DPOUSJCVJUP�JO�NJTVSB�EFDJTJWB�BMM�BGGFSNBSTJ�EJ�RVFM�NP-vimento di «architettura strutturale» i cui principi convoglieranno po-tentemente nell’idea di architettura contemporanea, logico-deduttiva e necessitata, che abbiamo chiamato GPSN�mOEJOH, e che, di fatto, si contrappone radicalmente al free form. Lo stesso Argan ammette, in prima istanza, che «nulla, nel suo passato, poteva far sospettare che, sotto il rigore del razionalista, covasse il fervore del mistico»4. In realtà stiamo parlando di un architetto che, più di ogni altro nel NPWJNFOUP�NPEFSOP �EJGmDJMNFOUF�TJ�FTBVSJTDF�OFMMB�CBOBMF�FUJDIFUUB�EJ�jSB[JPOBMJTUBx��&�OPO�TPMP�QFSDIÏ�EJQJOHFWB �PMUSF�B�DPTUSVJSF��4VMMB�copertura dell’Unité�EJ�.BSTJHMJB����� �EJ�mBODP�BJ�DFMFCSJ�DPNJHOPMJ �campeggia un piccolo ammasso informe di cemento, completamente privo di funzione. E’ già una paradossale dichiarazione di free form, ben dieci anni prima della cappella di Ronchamp, che convive paci-mDBNFOUF�DPO�JM�SJHPSF�MPHJDP�F�GVO[JPOBMF�EFMMB�«machine à habiter» marsigliese, manifesto programmatico per eccellenza del funziona-lismo lecorbuseriano. Sulla medesima linea, si possono interpreta-re molti altri segni analoghi disseminati nell’intera opera del maestro svizzero sin dagli anni ’305, manifestazioni di un intrinseco dualismo, irrisolto, tra necessità e libertà, che a Ronchamp, per la prima volta, prenderà una nuova direzione. C’è, in Le Corbusier, la permanente consapevolezza che l’architettura non si esaurisca nella razionalità oggettiva, nel modulo, nel rigore funzionale e strutturale, ma che ci TJB�TFNQSF�VO�jRVBMDPT�BMUSPx�EJ�JOFTQMJDBCJMF �EJ�JSSB[JPOBMF �EJ�JMMPHJ-DP �B�DPNQMFUBSF�M�JOTPQQSJNJCJMF��jVNBOJTNPx�EFMM�BUUP�EJ�DPTUSVJSF��&�RVFTUP�jRVBMDPT�BMUSPx�Ò�JM�MVPHP�QSPQSJP�EFMM�JOEJWJEVBMJUË �EFMMB�CFM-3 Le tre citazioni di cui non si è ancora data la fonte sono tratte da, giulio carlo argan, La chiesa di Ronchamp (1956), in, Progetto e destino, cit. L’articolo di ernesto nathan rogers a cui Argan fa riferimento è: Il metodo di Le Corbusier e la forma nella cappella di Ronchamp, JO�j$BTBCFMMBx�O¡���� ������4 Ibidem.5 E’ il caso, ad esempio, delle vele sulla copertura di Ville Savoye (1931). Evidentemente le GPSNF�DVSWJMJOFF�EJ�-F�$PSCVTJFS�OPO�IBOOP�VO�TJHOJmDBUP� SFBMF�OFMM�FDPOPNJB�EJTUSJCVUJWB�EFMMB� WJMMB� FE� JODBSOBOP� QSPQSJP� RVFTUP� JOTPQQSJNJCJMF� jTDBSUPx�estetico rispetto al rigore funzionale. Ciò non vale, al contrario, per l’opera di Mies. Casa Tugendhat (1930) esibisce una parete curva formalmente analoga, che tuttavia è stata disegnata con il preciso intento EJ� BDDPHMJFSF� JM� UBWPMP� DJSDPMBSF� EB� QSBO[P�� "� RVFTUP� QSPQPTJUP� JOGBUUJ�.JFT� BGGFSNB��«per NPMUF�DPTF�DIF�GBDDJBNP�D�Ò�CJTPHOP�EJ�TQB[JP �F�QFSDIÏ�SFBMJ[[BSMP�nVJEP�TF�OPO�DF�O�Ò�NPUJWP �<���>�4F�EFOUSP�D�Ò�RVBMDPTB�EJ�nVJEP �P�VOB�RVBMDIF�GVO[JPOF�QBSUJDPMBSF �QFOTP�TJB�una buona idea realizzare uno spazio più o meno curvo. Ma non solo per ragioni estetiche» (ludwig Mies van der rohe, Dialogo con Peter Blake a New York (1961), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole �DJU���&��RVJ�FWJEFOUF�MB�QSPGPOEB�EJGGFSFO[B�USB�MF�QPFUJDIF�EFJ�due maestri.

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5.1. Le Corbuier, Notre Dame du Haut, Ronchamp, 1955.5.2. Le Corbuier, Unité d’habitation, Marsiglia, 1952. Copertura.5.3. Le Corbuier, Ville Savoye, Poissy, 1928.

5.1.

5.2.

5.3.

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lezza, dell’arte �DIF�QVÛ�o�F�EFWF�o�DPOWJWFSF�DPO�M�FGmDBDJB�PHHFU-tivista e necessitante dell’architettura moderna��$PTÖ� JM� razionalismo lecorbuseriano riesce a coesistere senza contraddizioni con l’«objet à réaction poétique» �GPUPHSBmB�QBSBEJHNBUJDB�EJ�VO�BSDIJUFUUVSB�DIF�può essere, insieme, espressione etica ed estetica del costruire. Questa seconda prospettiva, se pure in generale controten-denza rispetto all’andamento storico complessivo del xx secolo, segnato profondamente dal movimento moderno e dalle sue rigide logiche razionali, rappresenta, di fatto, l’altra faccia della medaglia, DPODF[JPOF�JOTPQQSJNJCJMF�F �JO�QBSUF �MBUFOUF �EJ�RVFMM�JEFB�BSDIJUFUUP-nica, antitetica, di arte del costruire, che, a partire dall’opera di Utzon, convoglierà potentemente nell’espressione del free form contempo-SBOFP��/FM�TFDPMP�TDPSTP �OPO�TPOP�UVUUBWJB�TPMP�QFSTPOBHHJ�jJTPMBUJx �DPNF�.FOEFMTPIO�F�6U[PO�B�QPSTJ� TV�RVFTUB� MJOFB�EJ�QFOTJFSP��-P�stesso Le Corbusier, come si è visto, può essere considerato, almeno nella seconda parte della sua opera, fautore e portavoce internazio-OBMF�EJ�RVFTUP�NPEP�jQPFUJDPx�EJ�WFEFSF�M�BSDIJUFUUVSB �F �JO�UBM�TFO-TP �SBEJDBMNFOUF�jBOUJ�NPEFSOPx �TF�TFHVJBNP�M�"SHBO �P �QJá�OFMMP�TQFDJmDP � jBOUJ�SB[JPOBMJTUBx�� %�BMUSB� QBSUF � EFmOJSF� M�BSDIJUFUUVSB�«il HJPDP�TBQJFOUF �SJHPSPTP�F�NBHOJmDP�EFJ�WPMVNJ�OFMMB�MVDFx6 TJHOJmDB�riconoscerne il principio archetipale nel valore plastico e compositi-vo, ossia, appunto, spostare l’ambito di pertinenza del costruire su di un piano prevalentemente estetico, cioè artistico, personalistico e MJCFSP �SJTQFUUP�BE�VOB�EFmOJ[JPOF �DPNF�RVFMMB�NJFTJBOB�o�«la volontà di un’epoca tradotta in spazio»7 –, che implica evidentemente una TJHOJmDB[JPOF�etica e addirittura ontologica, di fatto tecnico, collet-UJWP�PHHFUUJWP�F�OFDFTTBSJP �QFS�RVBOUP�SFMBUJWJ[[BUP��-F�$PSCVTJFS�F�.JFT �NPTUSJ�TBDSJ�EFMMP�TUFTTP�NPWJNFOUP�NPEFSOP�FQQVSF�DPTÖ�QSP-fondamente diversi tra loro nel pensiero e nelle opere, si fanno allora portavoce e primi ineguagliati modelli di due tendenze contrapposte ed inconciliabili che avranno ampia eco nel prosieguo del xx secolo, mOP�B�DSJTUBMMJ[[BSTJ�o�F�DJ�QBSF�TUJB�BDDBEFOEP�PHHJ�o�JO�RVFMMF�EVF�DPNQJVUF�FTQSFTTJPOJ�NFUPEPMPHJDIF�DIF�BCCJBNP�EFmOJUP�SJTQFUUJWB-mente free form e�GPSN�mOEJOH. Si è cercato sinora di dimostrare come ciò che chiamiamo free form non sia tanto una novità del panorama architettonico contempo-SBOFP �RVBOUP�QJVUUPTUP�VOB�UFOEFO[B�HFOFSBMF�EB�TFNQSF�QSFTFOUF�in nuce nella storia delle costruzioni, che oggi ha trovato tuttavia nuova visibilità e compiutezza espressiva grazie al radicale informatizzarsi EFMMF�QSPDFEVSF�EJ�QSPHFUUB[JPOF��4J�Ò�EFUUP �JOPMUSF �DIF�RVFTUB�UFOEFO-za ad un approccio estetico, si manifesta principalmente attraverso lo spostamento della priorità creativa dall’esecuzione logica del compito strutturale-funzionale, che caratterizzava il programma tecnico dell’ar-chitettura moderna, ad una ricerca autonoma della forma, intesa come immagine, oggetto scultoreo, espressione di un’artisticità individuale mOBMJ[[BUB�BMMP�TUVQPSF�F�BMMB�meraviglia – per usare, non a caso, un UFSNJOF�DBSP�BMMB�mMPTPmB�EFMM�BSUF��1FS�EJSMB�BODPSB�DPO�"SHBO �M�BSDIJ-tettura jÒ� JNNBHJOF�DIF�EJWFOUB�PHHFUUP�F�OPO�PHHFUUP� USBTmHVSBUP�

6 le corbusier, Verso un’architettura (1923), Milano, Longanesi, 1984.7 Cfr. nota 43, cap.4.

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5.4. Erich Mendelsohn, Einsteinturm, Potsdam, 1924.5.5. Jørn Utzon, Chiesa, Bagsværd, 1976.5.6. Peter Eisenman, Città della Cultura della Galizia, Santiago de Compostela, 1999.

5.6.

5.4. 5.5.

94

o idealizzato in immagine; e lo prova il suo carattere plastico, il suo nascere come massa modellata prima che come pianta»8. Il critico to-SJOFTF�TUB�RVFTUB�WPMUB�QBSMBOEP�EFMMB�Einsteinturm di Mendelsohn, ma ci pare, di nuovo, che le sue parole possano valere per Notre-Dame du Haut DPNF�QFS�VOB�RVBMVORVF�PQFSB� free form contemporanea. "SHBO�TPMMFWB �JO�PHOJ�DBTP �VO�QVOUP�DFOUSBMF�QFS�MB�OPTUSB�SJnFTTJPOF�TVM�NFUPEP��-B� GPSNB�Ò�QSF�EFUFSNJOBUB� JO�RVBOUP� immagine e solo successivamente trasformata in oggetto architettonico funzionale. E’ la «massa modellata», cioè la volumetria poetica plastico-scultorea, a GBSTJ�jQJBOUBx�F�OPO�MB�jQJBOUBx�B�USBEVSTJ�JO�WPMVNFUSJB �DPNF�JOWFDF�accade in una normale progettazione logico-deduttiva. In altri termini, se il GPSN�mOEJOH opera una formalizzazione della funzione, il free form procede, al contrario, attraverso una funzionalizzazione della forma. Con il termine funzione � JOUFOEJBNP�RVJ � JO�HFOFSBMF � M�JOTJFNF�DPN-QMFTTJWP�EJ�RVFHMJ�FMFNFOUJ�DIF�IBOOP�VOB�ragione d’essere nell’eco-OPNJB�EFMM�PSHBOJTNP�BSDIJUFUUPOJDP �RVJOEJ�BODIF�F�TPQSBUUVUUP�HMJ�FMF-menti strutturali, che, appunto, fungono da supporto. «Formalizzare la funzione»�TJHOJmDB�EVORVF�SJDFSDBSF�VOB�GPSNB�DIF�SJTQPOEB�EFEVU-tivamente all’insieme dei compiti che in fase preliminare si richiedono BE�VO�FEJmDJP��PTTJB � JO�QSJNP� MVPHP � JM�TVTTJTUFSF�F� M�FTTFSF�VUJMF�BE�VOP�TDPQP�TQFDJmDP��"M�DPOUSBSJP �«funzionalizzare la forma» vuol dire operare su un fatto formale arbitrariamente pre-determinato, per fare JO�NPEP�DIF�FTTP�SJTQPOEB �QFS�RVBOUP�QPTTJCJMF �BJ�NFEFTJNJ�DPNQJ-UJ �TUSVUUVSBMF�F�GVO[JPOBMF�o�JNQSFTDJOEJCJMJ �NB �JO�RVFTUP�DBTP �TVCPS-dinati ad una scelta poetica. La differenza, almeno tra i due estremi teorici� DIF�DJ�QSFmHHJBNP�EJ� BOBMJ[[BSF9, è abissale. Non soltanto il free form opera in una prospettiva ideologica e culturale10 radicalmen-te opposta al GPSN� mOEJOH�– da un lato, l’architettura è arte, libera, autonoma e soggettiva, dall’altro, tecnica, necessitata, eteronoma e oggettiva –, ma opposte sono anche le due metodologie operative, e, conseguentemente, altrettanto opposti saranno i rispettivi esiti formali. D’altra parte – è evidente –, se il metodo�Ò�jMB�WJBx �jJM�QFSDPSTPx �VO�TVP�SBEJDBMF�TUSBWPMHJNFOUP�QSFTVQQPOF�JOFWJUBCJMNFOUF�JM�EJWFSTJmDBS-si della destinazione, cioè della GPSNB�mOBMF � DPTÖ�DPNF �OFMMB�HSBO�QBSUF�EFJ�DBTJ �BODIF�VO�EJWFSTP�MVPHP�EJ�QBSUFO[B��PTTJB�EJWFSTB�TBSË�la prospettiva ideologica che soggiace alla stessa determinazione del NFUPEP�JO�RVBOUP�jNF[[Px�� -B�QSPDFEVSB�EJ�TWJMVQQP�DIF�BCCJBNP�HFOFSJDBNFOUF�EFmOJUP�free form, viene innescata – si è visto – da un’operazione assumibile come estetica, dettata cioè da scelte formali, libere ed autonome, «ba-sate essenzialmente sulle capacità artistiche individuali»11. Ben pri-NB�EFMM�JOUSPEV[JPOF�EFM�DBMDPMBUPSF �RVFTUB�UFOEFO[B�IB�EBUP�MVPHP�B�grandi capolavori delle costruzioni, giustamente celebrati dalla storia EFMM�BSUF �OFJ�RVBMJ �UVUUBWJB �JM�DPOmOF�JOUFSEJTDJQMJOBSF�USB�BSDIJUFUUVSB�ed altre forme artistiche è estremamente labile. «Non si può negare 8 giulio carlo argan, L’architettura dell’espressionismo (1964), in, Progetto e destino, cit.9 "CCJBNP�WJTUP�DIF �JO�SFBMUË �MB�DPTB�OPO�Ò�DPTÖ�TFNQMJDF�F�HMJ�FTUSFNJ�DIF�QSFOEJBNP�JO�considerazione hanno più che altro un valore metodologico�BJ�mOJ�EFMMB�QSFTFOUF�BOBMJTJ�DGS��cap.4.).10 Cfr. cap.4.11 MassiMo Majowiecki, Architettura e struttura, l’etica del ffd, cit.

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che alcune costruzioni raggiungano livelli di “arte architettonico-scul-torea”, e che il ruolo della struttura diventi unicamente quello di ente resistente dell’oggetto di “design architettonico”»12. Majowiecki sotto-MJOFB�BODPSB�VOB�WPMUB�DPNF�RVFTUB�NFUPEPMPHJB�EJ�QSPHFUUP�UFOEB�B�subordinare l’organismo strutturale alla postulazione pre-determinata della forma, ribaltando il tradizionale processo logico-deduttivo su cui TJ� FSB� GPOEBUB� M�BSDIJUFUUVSB�NPEFSOB � DIF � QFS� M�BQQVOUP � TJ� QSFmH-geva dichiaratamente di «liberare la pratica del costruire, dalla spe-culazione estetica»13. Della manifesta «speculazione estetica»�RVJ�TJ�fa, al contrario, il principale punto di forza di un’operatività intesa a raggiungere esiti formali ascrivibili ad una forma di «arte architettoni-co-scultorea», più che all’ambito tecnico-funzionale cui storicamente appartiene l’architettura moderna. L’architettura – rincorrendo l’arte – si arroga un nuovo statuto di autonomia, rivendicando la propria libertà dai vincoli eteronomi e alienanti del dover rispondere a fun-zioni pre-determinate. Si pretende allora di liberarla «da tutte quel-MF�mOBMJUË�FTUFSOF �EB� UVUUJ�RVFHMJ�TDPQJ�DIF� MF�TPOP�FTUSBOFJ��&�OPO�per ricostituire un’architettura pura e originaria; al contrario, proprio per mettere l’architettura in comunicazione con altri media, altre arti, per “contaminare” l’architettura»14��3JBDRVJTUBUB�VOB�QSPQSJB�JOUSJOTF-DB�TQFDJmDJUË�BVUPOPNB �JM�DPTUSVJSF�QVÛ�DFSDBSF�TVHHFTUJPOJ�DSFBUJWF�altrove15 �GBSTJ�mOBMNFOUF �EFmOJUJWBNFOUF �arte, espressione libera di una volontà culturale, e non di un bisogno necessario e vincolante. j4J�USBUUB�EJ�SFOEFSF�BMM�BSDIJUFUUVSB�JM�TVP�TQB[JP�TQFDJmDP�F�DJPÒ�VOP�spazio che non sia subordinato a dei valori – per esempio utilitaristi-DJ �FTUFUJDJ�F�OFNNFOP�NFUBmTJDJ�P�SFMJHJPTJx16. 2VFTUP�OPO�TJHOJmDB �d’altra parte, che ciò che il progettista costruisce «sarà senza origi-ne, senza possibilità di habitat umano, senza utilizzazione possibile o che non sarà bello», NB��DIF �JO�EFmOJUJWB �«la struttura di ciò che fa non è comandata da questi valori»17. Sorgono allora, inevitabilmente, una serie di nuove domande. Cosa accade ad un’architettura che non sia più «comandata» da fattori predittivi, strutturali e funzionali? Qual è il ruolo della tecnica�JO�RVFTUB�BSDIJUFUUVSB �4F�MF�SBHJPOJ�EFMMB�forma stanno altrove �mOP�B�DIF�QVOUP�MB�UFDOJDB�TBSË�JO�HSBEP�EJ�BT-TFDPOEBSMF �EJ�DPODSFUBSF�DJPÒ�JO�PQFSB�mTJDB�MP�TMBODJP�QPFUJDP�EFMMB�nuova immaginazione architettonica? Prendiamo, a titolo di esempio, il progetto per Sant’Ivo alla Sa-pienza di Francesco Borromini. Il disegno preparatorio della lanterna rappresenta la celebre spirale istoriata, determinata da ragioni plasti-co-scultoree secondo il medesimo principio dinamico – culturalmente e ideologicamente connotato – che regola la conformazione planime-trica della chiesa e la morfologia della facciata. Il prospetto-sezione EFMMB�MBOUFSOB�Ò�SBQQSFTFOUBUP�JO�jUSBTQBSFO[Bx �DPTÖ�EB�QFSNFUUFSF�una lettura tridimensionale completa dell’oggetto-elica e della cupo-12 Ibidem.13 ludwig Mies van der rohe, Costruire (1923), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.14 jacques derrida, Discussione con C. Norris (1989), in, Adesso l’architettura, cit.15 Cfr. cap.4.16 jacques derrida, Chora L Works (1986), in, Adesso l’architettura, cit.17 Ibidem. Derrida parla nella fattispecie del lavoro di Peter Eisenman.

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MFUUB�TUSVUUVSBMF�DJFDB�DIF�TJ�DFMB�BMM�JOUSBEPTTP��-B�mHVSB�TDFMUB�EBM�#PSSPNJOJ�SJDPSEB �BE�VO�QSJNP�THVBSEP �JM�DFMFCSF�jFMJDPUUFSPx�EJ�-F-onardo, o la spirale del Guggenheim di Wright, anche se, di fatto, non IB�BMDVO�SBQQPSUP�TFNBOUJDP�DPO�RVFMMF�GPSNF �QVS�BQQBSFOUFNFOUF�analoghe. L’elica di Sant’Ivo non è un oggetto aerodinamico, né un elemento strutturale. E’, a tutti gli effetti, un apparato scultoreo�mOF�B�se stesso, che, tramite il cupolotto cieco, scarica il proprio peso sulla struttura voltata della vera lanterna, visibile dall’interno. Ci pare tutta-via criticamente scorretto prodigarsi a distinguere ciò che è architet-tura da ciò che è scultura. La lanterna del Borromini è un organismo architettonico unitario e coerente, teoreticamente circostanziato e le-gittimato nel panorama culturale barocco del xvii secolo. Lo stesso si può dire, ad esempio, per il celebre monumento alla iii� JOUFSOB[JPOBMF�EJ�7MBEJNJS�5BUMJO� ������"ODIF�RVJ� M�FMJDB�OPO�ha una ragione d’essere architettonica ma, piuttosto, ideologica. La forma è infatti supportata da una struttura metallica estremamente complessa ed esprime in primo luogo la volontà politica di propa-ganda del potere sovietico attraverso la nuova tecnica meccanica, con l’obiettivo di diffondere in tutta Europa gli ideali della rivoluzione leninista incarnati nel monumento��"ODIF�RVJ �DPNF�QFS�#PSSPNJOJ �Ò� EJGmDJMF� EJTUJOHVFSF� DJÛ� DIF� Ò�architettura da ciò che è scultura. Siamo, d’altra parte, negli anni mirabili delle avanguardie storiche, QFTBOUFNFOUF� JOnVFO[BUF�EBM� TPHOP�XBHOFSJBOP�EFMMB�Gesamtkun-stwerk. Il progetto di Tatlin non fu mai realizzato, anche e soprattutto QFS�MF�JOTPSNPOUBCJMJ�EJGmDPMUË�UFDOJDIF�DVJ�TBSFCCF�BOEBUP�JODPOUSP18, DIF �TJHOJmDBUJWBNFOUF �OPO�FSBOP�TUBUF�QSFTF�JO�DPOTJEFSB[JPOF�OFM-la stesura del progetto. Dal nostro punto di vista, tuttavia, l’interesse UFPSFUJDP�EJ�RVFTU�PQFSB�TUB�QSPQSJP�OFMMB�TVB�GBUUVBMF� JODPTUSVJCJMJUË �sintomatica di un modo radicalmente diverso di guardare all’archi-tettura. Se la forma del progetto «non è più comandata» da valori funzionali �DJPÒ�EB�RVFMMF�QSFNFTTF�OFDFTTBSJF�DIF �JO�EFmOJUJWB �OF�determinavano la stessa sussistenza e l’utilità, ma da criteri esterni, RVBMVORVF�FTTJ�TJBOP �Ò�FWJEFOUF�DIF�VOB�UBMF�MPHJDB �QPSUBUB�BMMF�TVF�estreme, paradossali conseguenze, non può che condurre l’archi-tettura nell’ambito utopico dell’irrealizzabile, riducendo l’oggetto ad immagine estetica, pensata priva di funzioni pratiche e concepita, in RVBOUP�JNNBHJOF �JOEJQFOEFOUFNFOUF�EBMMB�possibilità tecnica di una sua eventuale costruzione. In altri termini, se la forma di progetto non è più governata dalla funzione e dalla struttura, allora è possibile, da un punto di vista teorico estremo, progettare forme completamente inutili e volontariamente impossibili, cioè fare dell’architettura un’arte – ma senza tecnica – e un’utopia – ma senza pretese d’attuazione.� 2VFTUP�FTUSFNP�SBEJDBMF�TJ�JODBSOB�DPTÖ�JO�VO�BSDIJUFUUVSB�DIF�jOPO� IB � OFQQVSF� JOUFO[JPOBMNFOUF � VOB� SBHJPOF� Ò� VOB� mOBMJUË� DP-struttive: non è neppure un progetto irrealizzabile, un’utopia, è sol-18 Si ricorda che, secondo il progetto originale, la struttura doveva essere alta circa 400 NFUSJ�F� MB�TQJSBMF�NFUBMMJDB�BWSFCCF�EPWVUP�DPOUFOFSF� USF�FEJmDJ�EJ�DSJTUBMMP �TPWSBQQPTUJ�F�semoventi a diverse velocità. Alla base Tatlin aveva previsto un enorme cubo per le attività governative con periodo di rotazione di un giro all’anno, sopra, una piramide per la pubbli-ca amministrazione con periodo di un giro al mese, ed al culmine un cilindro a rotazione HJPSOBMJFSB�EFEJDBUP�BHMJ�VGmDJ�TUBNQB��-B�SFBMJ[[B[JPOF�EFMM�PQFSB�TBSFCCF�FWJEFOUFNFOUF�impossibile anche con la tecnologia odierna.

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5.7. Francesco Borromini, Sant’Ivo alla Sapienza, Roma, 1660. Progetto della lanterna.5.8. Vladimir Tatlin, Monumento alla iii internazionale, 1919. Modello.5.9. Leonardo da Vinci, Vite aerea, Codice Atalntico, 1480 ca.5.10. Francesco Borromini, Sant’Ivo alla Sapienza, Roma, 1660. Lanterna.

5.7.

5.9.

5.8.

5.10.

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tanto immagine e non vuole essere altro. Afferma così un principio importante: la priorità e l’assolutezza dell’immagine, non più determi-OBUB�EBMMB�DPOmHVSB[JPOF�EFMM�PHHFUUP �EB�VOB�UJQPMPHJB �EB�VOB�TUB-tica, da una morfologia preesistenti. I disegni architettonici [...] non IBOOP�BMDVO� TFOTP�DPNF� JQPUFTJ� EJ� FEJmDJ� JQFSCPMJDJ �NB�IBOOP�VO�TJHOJmDBUP�QSFDJTP�DPNF�JNNBHJOJ�P�mHVSFx19. L’Argan sta parlando del Novembergruppe, un collettivo di architetti, pittori, scultori e intel-lettuali, che si riunisce a Berlino nel 1918 con l’obiettivo wagneriano di VOJmDBSF�UVUUF�MF�BSUJ�TPUUP�M�FHJEB�EJ�VOB�OVPWB �«grande architettura». 4JBNP�o�FE�Ò�TJHOJmDBUJWP�o�OFHMJ�TUFTTJ�BOOJ�JO�DVJ�PQFSB�5BUMJO �F�RVF-sta è la prima, compiuta, teorizzazione dei presupposti ideologici che porteranno, tra 60 anni, alla nascita del fenomeno transarchitettura, e, tra 70, all’imporsi del movimento free form contemporaneo, che – si è visto20 – della transarchitettura eredita potentemente l’impianto epistemologico e culturale. Siamo, ancora una volta, ad un apparente paradosso. Tra i fondatori del Novembergruppe�mHVSB�JM�OPNF�EJ�8BM-UFS�(SPQJVT �F �USB�J�QSJODJQBMJ�BEFSFOUJ �RVFMMP�EJ�-VEXJH�.JFT�WBO�EFS�Rohe. «Coloro che rovesciavano le tesi avveniristiche del Gruppo di Novembre erano dunque gli stessi che le avevano annunciate come un messaggio profetico»21. Il razionalismo del 1923 sembra infatti TDPOGFTTBSF�SBEJDBMNFOUF�M�JEFPMPHJB�VUPQJDB�F�JNNBHJOJmDB�QPSUBUB�BWBOUJ �BQQFOB�DJORVF�BOOJ�QSJNB �EBJ�NFNCSJ�EFM�Novembergruppe. /PO�EFWF�UVUUBWJB�TUVQJSF�RVFTU�BQQBSFOUF�DPOUSBEEJ[JPOF��«Alle cur-vature, alle volute, alle oblique, agli spazi ellittici succedono le verti-cali, le orizzontali gli angoli retti, i piani paralleli, gli spazi cubici. Ma, senza la distruzione drastica delle tipologie tradizionali operata dagli BSDIJUFUUJ�iGBOUBTUJDJw �EJGmDJMNFOUF�JM�SB[JPOBMJTNP�BWSFCCF�QPUVUP�MJCF-rarsi dalle categorie tipologiche del passato e creare un’architettura liberamente articolata sull’anatomia della comunità»22��-�JOnVFO[B�EFM�Novembergruppe�TVM�SB[JPOBMJTNP �EJ�QPDP�TVDDFTTJWP �Ò�EVORVF�MB�stessa che il post-moderno avrà per la nuova fondazione ideologica del free form. Ancora una volta, inoltre, la tendenza poetica si mostra come l’altra, insopprimibile, faccia della medaglia, rispetto ad un’ar-chitettura rigidamente logica e tecnica, che non è mai stata – ne pre-sumibilmente mai sarà – l’unica espressione possibile del costruire. $PTÖ�-F�$PSCVTJFS�DPFTJTUF�DPO�.JFT �DPTÖ�6U[PO�DPO�/FSWJ �DPTÖ�free form e GPSN�mOEJOH nel panorama contemporaneo. Proviamo ora a rispondere alle prime domande che abbiamo lasciato irrisolte. Ci si chiedeva cosa accadesse ad un’architettura OPO�QJá�HPWFSOBUB�EB�DSJUFSJ�GVO[JPOBMJ�F�TUSVUUVSBMJ �JO�EFmOJUJWB �EB�DSJ-teri tecnici �F�RVBMF�GPTTF�BMMPSB�JM�OVPWP�SVPMP�EFMMB�tecnica, una volta soppressa la sua tradizionale missione predittiva. La risposta è formu-labile osservando, come si è cercato di fare, le prime manifestazioni TUPSJDBNFOUF�TJHOJmDBUJWF�EJ�VO�BSDIJUFUUVSB�DIF�TJ�QPOHB�TV�RVFTUB�19 giulio carlo argan, L’architettura dell’espressionismo (1964), in, Progetto e destino, cit. Argan sta parlando nella fattispecie delle opere di Hermann Finsterlin, architetto visionario, pittore, poeta e compositore appartenente al Novembergruppe. Molte delle sue suggestioni architettoniche, peraltro, le ritroveremo incredibilmente simili – e incredibilmente costruite – da Santiago Calatrava, nella Città delle arti e della scienza di Valencia.20 Cfr. cap.2.21 giulio carlo argan, Novembergruppe (1963), in, Progetto e destino, cit.22 Ibidem.

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5.11. Hermann Finsterlin, Architectural Drawing, 1920.5.12. Hermann Finsterlin, Architectural Drawing, 1922.5.13. Hermann Finsterlin, Architectural Drawing, 1922.5.14. Santiago Calatrava, 1BMB[[P�EFMMF�BSUJ�3FHJOB�4PmB, Valencia, 2005.5.15. Santiago Calatrava, Auditorium, Tenerife, 2003.5.16. Santiago Calatrava, Stazione, Lione, 1994.

5.11.

5.12.

5.13. 5.16.

5.15.

5.14.

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linea di pensiero. L’architettura si fa arte��*M�TVP�DPOmOF�NPSGPMPHJDP�si estende cioè dal dominio del necessario�B�RVFMMP�o�CFO�QJá�FTUFTP�– del possibile � F� mOBODIF�B�RVFMMP� JOmOJUBNFOUF�QJá� WBTUP�EFMM�im-maginabile, ossia del non-necessariamente possibile23, che è, per l’appunto, da sempre, il dominio proprio dell’arte. Il panorama delle forme proprie della costruzione si apre allora al panorama universale delle forme, drasticamente più ampio, e, almeno in teoria, illimitato. Il prezzo teoretico da pagare è, tuttavia, molto impegnativo. L’architet-tura, forse, non è più architettura. Sicuramente non lo è nell’accezione jTUPSJDBx�EFM�UFSNJOF��'BSF�BSDIJUFUUVSB�OPO�TJHOJmDB�QJá�QSJNBSJBNFO-te co-struire – cioè com-porre24 –, nella misura in cui ciò presuppo-ne un’ordine, una dialettica logico-tecnica tra una serie di elementi ragionevolmente dis-posti25, ma il costruire diventa solo un vincolo, e – se risolto – un veicolo, di sussistenza dell’espressione formale preventivamente determinata. La forma im-posta diventa cioè il mOF�ultimo�EFM�MBWPSP�EJ�QSPHFUUB[JPOF��.B �QPJDIÏ �QFS�FTQSJNFSTJ �RVFTUB�ha necessariamente bisogno in primo luogo di sussistere, ecco allora l’apparato tecnico�o�PTTJB�MB�DPOEJ[JPOF�EJ�QPTTJCJMJUË�EFMMB�TQFDJmDB�presenza formale – trasformarsi da mezzo in mOF, nella misura in cui JM�TVP�QPUFO[JBNFOUP� JOEFmOJUP�Ò�DPOEJ[JPOF�EJ�QPTTJCJMJUË�VOJWFSTB-MF�QFS�RVBMTJWPHMJB� GPSNB26. In altri termini, più potente è la tecnica, maggiori saranno le possibilità formali garantite nell’ambito del suo dominio. Per ricercare la forma si dovrà allora ricercare in primo luogo il potere tecnico, che ne rappresenta la condizione insopprimibile. La UFDOJDB�EJWFOUB�RVJOEJ�JM�vero mOF�EFMMB�SJDFSDB�QSPHFUUVBMF �JO�RVBOUP �se il mOF è la forma ma la tecnica è il mezzo intrinsecamente neces-TBSJP�QFS� SBHHJVOHFSMB � jGVO[JPOFx�FTQSFTTJWB�EFMM�BSDIJUFUUVSB� TBSË�allora non tanto l’esibizione della forma � RVBOUP�QJVUUPTUP� MB� TUFTTB�esibizione della tecnica �DJPÒ �JO�EFmOJUJWB �M�FTJCJ[JPOF�EFMMB�TVB�onni-potenza formale.� 4J� EFWF�RVJOEJ� SJGPSNVMBSF�RVBOUP� GPSTF� USPQQP� TFNQMJDJTUJDB-NFOUF�BGGFSNBUP�JO�QSFDFEFO[B �SJHVBSEP�BMMB�mOBMJUË�estetica del free form, nei termini più estesi di un rapporto teleologico tra forma e volontà tecnocratica. Le espressioni che abbiamo sinora usato, come stupore e meraviglia, rimangono infatti relegate nell’ambito ristretto dell’este-tica tradizionale, cioè della forma fruitiva dell’arte�JO�RVBOUP�TFNQMJDF�oggetto di disinteressata contemplazione, ma trascurano completa-NFOUF�M�FOPSNF�NPMF�EJ�DPOUSPWFSTF�RVFTUJPOJ�FQJTUFNPMPHJDIF�SFMBUJ-ve al nuovo ruolo della tecnica nel processo creativo dell’architettura. La prospettiva teleologica del free form rientra, più compiutamente, JO�RVFMMP�DIF�.BKPXJFDLJ�DIJBNB�«impressionismo meccanicistico»27, 23 "CCJBNP�WJTUP�DPNF�RVFTUB�UFOEFO[B�HJVOHB�B�DPNQJNFOUP�QSPQSJP�HSB[JF�BMMF�SJWPMV[JPOF�informatica del progetto virtuale, che apre le porte della realizzabilità alle utopie più fanta-TDJFOUJmDIF��$GS��DBQ����F�DBQ����24 Dal latino con-struere, letteralmente, disporre insieme �DJPÒ �mHVSBUJWBNFOUF �ordinare.25 *OGBUUJ�RVFTUB�MPHJDB�TBSË�QPSUBUB�BWBOUJ�EBMM�architettura strutturale. Mies afferma: «ci preme sostanzialmente [...] di riportare il costruire a ciò che deve esclusivamente essere, ossia, co-struire» (ludwig Mies van der rohe, Costruire (1923), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.).26 Secondo il medesimo ribaltamento NF[[P�mOF che avviene, più in generale, nell’ambito della tecnica moderna (cfr. nota 38, cap.4.).27 MassiMo Majowiecki, Architettura e struttura, l’etica del ffd, cit.

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QPJDIÏ �DJÛ�DIF�RVJ�SJFTDF�B�meravigliare, non è tanto la forma�JO�RVBO-UP�jCFMMBx�o�TFDPOEP�MB�USBEJ[JPOBMF�DBUFHPSJB�EJ�WBMPSF�EJ�VO�oggetto estetico�o �RVBOUP�QJVUUPTUP�MB�forma�JO�RVBOUP�formata �DJPÒ�JO�RVBOUP�possibile, e possibile evidentemente grazie alla potenza dell’apparato UFDOJDP�NFDDBOJDP��*O�BMUSJ�UFSNJOJ �RVJ�OPO�TJ�USBUUB�EJ�meraviglia este-tica di fronte ad un oggetto d’arte, ma, essenzialmente, di incredulità estetica – ed estatica – di fronte al potere della tecnica. Tra le due concezioni c’è evidentemente un abisso ontologico. � *O�RVFTUB�QSPTQFUUJWB � M�«esaltazione incontrollata del calcolo automatico»28, cioè la radicale consapevolezza della nuova poten-za della tecnica informatica, non può che trascinare il progettista nel vortice iperbolico di una crescente assuefazione all’originalità e alla novità, ossia in un bisogno inappagabile di nuove espressioni tecnico-formali, spingendo inesorabilmente l’architettura verso una DPOUJOVB� TQFSJNFOUB[JPOF� EJ� RVFMMJ� DIF�.BKPXJFDLJ� EFmOJTDF � EFDJ-samente critico, «pericolosi “equilibrismi”»29; oggetti architettoni-ci «la cui forma molto spesso non ha nulla a che fare con principi strutturali»30, ma – aggiungeremo noi – si fonda essenzialmente sulla volontà tecno-estetica dello stupire��"M�EJ�MË�EJ�VOP�TQFDJmDP�HJVEJ[JP�di valore, evidentemente soggettivo e opinabile, un invito alla cautela sembra più che legittimo, soprattutto in virtù dell’enorme estensione del fenomeno, e, di conseguenza, della sua importanza decisamente TJHOJmDBUJWB�QFS�JM�QBMJOTFTUP�BSDIJUFUUPOJDP�F�JEFPMPHJDP�TV�DVJ�TJ�JN-pianta. j-F�SJQFSDVTTJPOJ�FUJDIF�FE�FTUFUJDIFøEFMM�JNQPOFOUF�iNPEBw�dei free form building sul contesto sociale devono essere considerate DPO�BUUFO[JPOF �FWJUBOEP�EJ�JODPSBHHJBSF�MB�UFOEFO[B�B�WFEFSFøM�JOOP-vazione, di qualsiasi tipo essa possa essere, come una cosa positi-va per il solo fatto di essere innovativa, indipendentemente dai suoi effettivi meriti»31. Majowiecki sembra rievocare le lungimiranti parole DIF �RVBTJ�DJORVBOU�BOOJ�QSJNB �BOEBWB�TDSJWFOEP�&EVBSEP�5PSSPKB �ben lungi, certo, dall’essere formulate alla luce di un panorama archi-tettonico già profondamente segnato dalla poetica free form come è PSNBJ�RVFMMP�PEJFSOP �F�QVS�UVUUBWJB�DPTÖ�QSPGFUJDBNFOUF�BUUVBMJ��«Se l’originalità viene ricercata solo per differenziarsi dagli altri, se essa Ò�QSJWB�EJ�HJVTUJmDB[JPOJ�JOUSJOTFDIF �<���>�TF�OPO�TJ�USBUUB�EJ�VOP�TGPS-zo per abbandonare il peso morto del manierismo inconsistente, la ricerca del nuovo cessa di essere positiva e geniale e si trasforma in VOB�NBOJGFTUB[JPOF�nBHSBOUF�EFMMB�JODBQBDJUË�F�EFMMB�WBOJUË�EFMM�BSUJ-sta. [...] L’originalità non deve servire a far parlare di un artista; deve indurre a parlarne bene»32. Gli inviti, più che condivisibili, alla cautela e alla corretta applicazione etica di una deontologia professionale PSNBJ�DPEJmDBUB�EBM�NPWJNFOUP�NPEFSOP �OPO�TFNCSBOP�PWWJBNFOUF�SJTDVPUFSF�HSBOEJ�DPOTFOTJ�JO�VO�QBOPSBNB�DPNF�RVFMMP�BUUVBMF �OFM�RVBMF�UFNJ�DPNF�«innovazione», «ricerca del nuovo» e «originalità» non sono più valori aggiunti�EFEJDBUJ�TQFDJmDBUBNFOUF�BMM�FDDFMMFO[B�sporadica dei grandi progetti e dei grandi progettisti, ma meccanismi 28 Ibidem.29 Ibidem.30 Ibidem.31 Ibidem.32 eduardo torroja, La concezione strutturale, cit.

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imprescindibili di un sistema assuefatto allo stupore, che, per propria natura ed istinto di autoconservazione, non può fare a meno di spin-gere sempre più in là i DPOmOJ�EFM�QPTTJCJMF.� /PO�Ò�VO�DBTP�TF�JM�OVPWP�jNPUPSFx�EFM�progresso architet-tonico sembra essere, almeno nella contemporaneità più recente, il sistematico inseguimento dei primati formali, cioè dei primati tecno-logici, poiché è evidentemente la tecnica – e solo in conseguenza la forma – ad avere necessità di superare e fagocitare se stessa. Ciò risulta particolarmente chiaro se guardiamo al panorama delle forme EFMM�BSDIJUFUUVSB�DPOUFNQPSBOFB �DIF �EJ�GBUUP �Ò�RVBOUP�NBJ�tecno-centrico��4J�SJDPOPTDFSË�BMMPSB�o�F�BODIF�BCCBTUBO[B�QBDJmDBNFOUF�– che gli esiti formali�EJ�CVPOB�QBSUF�EFMMF�OVPWF�F�mO�USPQQP�JEPMB-USBUF�BSDIJUFUUVSF�OPO�JODBSOBOP�UBOUP�VOB�DFMFCSB[JPOF�JNNBHJOJmDB�di valori estetici �RVBOUP�QJVUUPTUP�JM�TFHOP�JOFRVJWPDBCJMF�EJ�RVFTUB�malcelata e pressante intenzionalità alla meraviglia tecnica. Al di là EFMMF�PQFSF�TQFDJmDBUBNFOUF�free form, OFMMF�RVBMJ�DJÛ�Ò�mO�USPQQP�QBMFTF �CBTUJ�RVJ�SJDPSEBSF�DIF�UVUUJ�J�record tecnologici relativi alle mega-strutture�EFMM�FUË�DPOUFNQPSBOFB�TPOP�TJHOJmDBUJWBNFOUF�EF-tenuti da costruzioni realizzate in rapida e progressiva successione negli ultimi dieci anni, in un’escalation�EJ�jTPSQBTTJx�DPOUJOVJ�TFO[B�precedenti nella storia dell’architettura33. Ciò è dovuto, certamen-te, anche allo sviluppo esponenziale della tecnica contemporanea. Tuttavia ci pare riduttivo, ed eccessivamente semplicistico, ricono-scere come unica causa di tale tendenza all’auto-superamento la mera crescita fattuale degli strumenti e delle conoscenze tecnolo-giche. La natura della tecnica moderna è, di fatto, una volontà di potenza, e, poiché ogni forma di potere ha intrinsecamente bisogno di un «luogo del riconoscimento pubblico»34, la tecnica ha allora necessità�JOTPQQSJNJCJMF�EJ�JODBSOBSTJ�OFMMF�BSDIJUFUUVSF �DPTÖ�EB�QP-ter esibire la propria onnipotenza��F�GBS�DJÛ�TJHOJmDB�JOFWJUBCJMNFOUF�dover osare, arrivare al limite delle proprie possibilità e, una volta giunti, puntare ancora più in alto, riformulare continuamente i con-33 #BTUJ�RVJ�SJDPSEBSF�DIF�OFHMJ�VMUJNJ�EJFDJ�BOOJ�TPOP�TUBUJ�DPTUSVJUJ�HSBUUBDJFMJ�DIF�SBTFOUBOP�MB�fantascienza wrightiana della One Mile Tower, ponti di oltre 40 chilometri, campate sospese EJ�RVBTJ���DIJMPNFUSJ�F�UFSSB[[F�DPO�TCBM[J�EJ����NFUSJ �QFS�DJUBSF�TPMP�J�EFUFOUPSJ�EFJ�SJTQFUUJWJ�primati, e solo relativamente alle tipologie strutturali più comuni. A proposito di tale tendenza alla TmEB, insita nella natura della tecnica moderna, si possono sottolineare almeno due fat-tori più che sintomatici. In primo luogo la volontà insopprimibile di primeggiare produce una corsa progressiva al record, che sposta costantemente i limiti del tecnicamente possibile. Le strutture cioè tendono a superarsi di continuo, e a porsi, di volta in volta, sempre come primati TPUUP�RVBMDIF�BTQFUUP��*M�Taipei 101 (2004), attualmente il secondo grattacielo più alto del mondo, è stato per sei anni il detentore del record�mOP�BMMB�DPTUSV[JPOF�EFM�Burj Khalifa di Dubai (2010). Allo stesso modo le Petronas Towers�EJ�,VBMB�-VNQVS����� �mOP�BMM�JOBVHVSB-zione del Taipei 101��&�DPTÖ�WJB��$JBTDVOB�EJ�RVFTUF�PQFSF �DJPÒ �IB�TPUUSBUUP�VO�EFUFSNJOBUP�primato� o�OFMMB� GBUUJTQFDJF�RVFMMP�EFMM�BMUF[[B�o�BMMF�QSFDFEFOUJ�F� MP�IB�EPWVUP�DFEFSF�BMMF�successive. Questo fattore cronologico�Ò�o�DJ�QBSF�o�EFDJTBNFOUF�TJHOJmDBUJWP��*O�TFDPOEP�luogo non va trascurato il rilevante fattore HFPHSBmDP��(SBO�QBSUF�EJ�RVFTUF�NFHB�TUSVUUVSF�è oggi realizzata in paesi con la precisa volontà politica di esibire il proprio potere tecnolo-HJDP��5SB�RVFTUJ�TJ�DPOUBOP�JOGBUUJ�HMJ�TUBUJ�EFM�.FEJP�0SJFOUF�jPDDJEFOUBMJ[[BUPx�F�TPQSBUUVUP�la Cina, che detiene attualmente i record�QFS�RVBTJ�UVUUF�MF�DBUFHPSJF�TUSVUUVSBMJ �EBMMF�UPSSJ�BJ�QPOUJ��/PO�WB� JOmOF�EJNFOUJDBUP� JM� GBUUPSF�EFMMB�relatività. Si può primeggiare, infatti, anche con primati non assoluti. La volontà di potenza della tecnica si può esprimere benissimo in UFSNJOJ�SFMBUJWJ �F�DPO�MB�NFEFTJNB�GPS[B��$PTÖ�MP�Shard di Londra, concluso nel 2012, detiene il primato come grattacielo più alto d’Europa, nonostante i suoi 310 metri non possano certo competere con gli 828 del Burj Khalifa.34 Cfr. nota 38, cap.4.

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5.17. Skidmore, Owings and Merrill, Burj Khalifa, Dubai, 2010. Altezza: 828 metri.5.18. Honshu Shikoku, Akashi-Kaikyô Bridge, Kobe, 1998. Campata: 1.991 metri.5.19. Moshe Safdie, Marina Bay Sands, Singapore, 2010. Sbalzo: 50 metri.

5.17. 5.18.

5.19.

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mOJ�EFM�QPTTJCJMF, in un circolo vizioso, e senza posa, di tracotanza tecnocratica. Questa intrinseca propensione alla TmEB è allora la causa – e non la conseguenza – dell’esponenziale sviluppo tecnico DPOUFNQPSBOFP �DIF �JO�RVFTUP�TFOTP �OPO�IB�QSFDFEFOUJ�OFMMB�TUP-ria dell’uomo non tanto per la mole quantitativa delle nuove scoperte TDJFOUJmDIF �RVBOUP�QJVUUPTUP�QFSDIÏ �OFMMB�NPEFSOJUË �Ò�DBNCJBUB�l’essenza stessa della tecnica, ossia il principio qualitativo che sog-giace all’operatività tecnica. Questa esibizione di onnipotenza può presentarsi sotto mol-te facce. Si è detto che il valore delle architetture tecno-estetiche OPO�TUB�UBOUP�OFMMB�TQFDJmDJUË�formale, cioè non risiede in un giudi-zio peculiare di valore estetico, ma piuttosto, più intrinsecamente, nel loro oggettivo essere-forme, nell’essere-state-formate, ossia in un giudizio prettamente fattuale relativo alla straordinarietà del loro essere possibili come forme. Questa straordinarietà sembra oggi manifestarsi in almeno due espressioni distinte, certamente differenti e pur tuttavia analoghe nei comuni presupposti ideologici. Si è ac-cennato all’architettura mega-strutturale contemporanea. Ebbene, in RVFTUB�QSPTQFUUJWB �MB�TmEB�UFDOP�GPSNBMF è evidentemente rappre-sentata dal problema della scala, e la meraviglia che ne scaturisce è un’incredulità�EJ�OBUVSB�RVBOUJUBUJWB��$J�TJ�TUVQJTDF �JO�BMUSJ�UFSNJOJ �EJ�DPNF�TJB�QPTTJCJMF�SFBMJ[[BSF�GPSNF�DPTÖ�imponenti. Le architetture che abbiamo chiamato free form, invece, esprimono un diverso, e teoreticamente più complesso, grado di meraviglia��*O�RVFTUP�DBTP�la TmEB�UFDOP�GPSNBMF si costituisce in termini di indeterminazione. Ci TJ�TUVQJTDF�DJPÒ�EJ�DPNF�TJB�QPTTJCJMF�SFBMJ[[BSF�GPSNF�DPTÖ� irrazio-nali �P �QFS�EJSMB�BODPSB�DPO�/FSWJ �DPTÖ�illogiche��4J�Ò�QBTTBUJ �RVJOEJ �da un problema quantitativo di dimensione formale ad un problema qualitativo di complessità formale, ossia da una forma che è in-cre-dibile� JO�RVBOUP� TUSBPSEJOBSJBNFOUF� imponente, ad una che lo è in RVBOUP�TUSBPSEJOBSJBNFOUF� indeterminata ed informe. I presupposti rimangono evidentemente gli stessi. La tecnica dovrà in entrambi i casi trovare una risposta alle problematiche formali che le sono pre-determinate. Ma, poiché l’essenza della tecnica moderna è una volontà di potenza, sarà la tecnica stessa a porsi in prima istanza il problema delle proprie possibilità formative, e lo farà ogni volta au-mentando il grado di problematicità formale da dover superare, cioè, JO�EFmOJUJWB �SJGPSNVMBOEP�EJ�DPOUJOVP�JM�QSPQSJP�dominio del possibile.� &WJEFOUFNFOUF �UVUUBWJB �MB�RVFTUJPOF�EFMM�indeterminazione è ben più complessa rispetto ad un mero problema di natura quanti-tativa, che rimane pur sempre relativo ad un ambito statico e logi-DP�EFEVUUJWP �QFS�RVBOUP�JNQPSUBOUJ�TJBOP�MF�EJNFOTJPOJ�EFMM�PHHFUUP�BSDIJUFUUPOJDP� JO� RVFTUJPOF��$PO� JM� free form si affronta invece una RVFTUJPOF�TPTUBO[JBMNFOUF�OVPWB�F�DJPÒ �BQQVOUP �«il passaggio dal determinismo ad una controllata indeterminatezza»35 del progetto, secondo il nuovo paradigma morfogenetico, dinamico, introdotto ne-gli anni ’80 dalla transarchitettura36��$JÛ�TJHOJmDB�FOUSBSF�OFMM�VOJWFSTP�dell’irrazionale��*M�QSPCMFNB�FWJEFOUFNFOUF�OPO�TVTTJTUF�mOUBOUPDIÏ�

35 greg lynn, Animare il progetto, estratto da: Animate Form, Princeton, 1997.36 Per il legame di continuità tra transarchitettura e free form, cfr. cap.2.

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RVFTUB�irrazionalità�TJB�DPOmOBUB�OFM�EPNJOJP�jWJSUVBMFx�EFMMB�QJUUVSB�o del computer – e siamo al Novembergruppe e alla transarchitettura –, ma sorge inevitabilmente, e anche con prepotenza, nel momento in cui debba uscirne per essere costruita – e arriviamo al free form. L’«indeterminatezza», allora, non potrà essere soltanto «controllata», ma dovrà necessariamente essere ricondotta alla determinazione, e ad un grado di determinazione�BODPSB�NBHHJPSF�SJTQFUUP�B�RVFMMP�richiesto dalla consuetudine storica del progetto. L’irrazionalità, in altri termini, potrà essere realizzata solo nella misura paradossale in cui venga razionalizzata, l’illogicità, logicizzata, la forma, ingegne-rizzata. Per dirla con Calvino, «il poeta del vago può essere solo il poeta della precisione»37 perché, paradossalmente, l’effetto di inde-terminazione ricercato potrà essere ottenuto solo tramite «attenzione QSFDJTB�F�NFUJDPMPTB �EFmOJ[JPOF�NJOV[JPTB�EFJ�EFUUBHMJx38. 4F�MB�EPNBOEB�DJSDB�JM�OVPWP�SVPMP�EFMMB�UFDOJDB�IB�TJHOJmDBUP�affrontare il problema dell’essenza stessa della tecnica moderna, e, se è vero che «l’essenza della tecnica non è nulla di tecnico»39, la risposta che abbiamo formulato si è potuta coerentemente mantene-re nell’ambito ristretto della teoresi. Rimane tuttavia ancora irrisolta M�VMUJNB�RVFTUJPOF�DIF�DJ�TJBNP�QPTUJ�JO�QSFDFEFO[B��$POWFOVUP�DIF�le ragioni formali sono ormai indipendenti dal compito costruttivo, ci TJ�DIJFEFWB�mOP�B�DIF�QVOUP�MB�UFDOJDB�QPUFTTF�FTTFSF�JO�HSBEP�EJ�TPTUFOFSMF�EBMMB�TVB�OVPWB�DPOEJ[JPOF�EJ�jFTUFSOBMJUËx��#JTPHOB�DB-QJSF �DJPÒ �mOP�B�DIF�QVOUP�MB�GPSNB�QPTTB�FGGFUUJWBNFOUF�TQJOHFSTJ�oltre il possibile verso l’immaginabile. Evidentemente, per rispondere B�RVFTU�VMUJNB�EPNBOEB�EPWSFNP�BGGSPOUBSF �OFMMP�TQFDJmDP �JM�potere della tecnica contemporanea, ricercandone i limiti – poiché il limite è per sua natura tecnologico e mai formale – nell’ambito tecnico-archi-tettonico delle sue applicazioni costruttive. Riformuliamo il problema più correttamente. Fino a che punto la tecnica potrà gestire l’inde-terminatezza della forma? Poiché abbiamo convenuto che l’indeter-minatezza dovrà necessariamente essere determinata, rispondere a RVFTUB�EPNBOEB�TJHOJmDIFSË �JO�EFmOJUJWB �DPNQSFOEFSF�MF�NPEBMJUË�F�MF�MFHHJ�EJ�RVFTUB�determinazione. In che misura l’informe può es-sere effettivamente informe?�2VBMJ�TUSVNFOUJ�QPTTPOP�HFTUJSMP �F�mOP�a che punto? Nel 1956 il primo ministro australiano bandisce un concorso in-ternazionale per il nuovo teatro dell’opera di Sydney. Tra i 233 progetti inviati da ogni parte del mondo viene selezionata la proposta di Jørn Utzon, un giovane architetto danese praticamente sconosciuto. Il suo disegno non ha apparentemente nulla di architettonico. Non è una pianta, un prospetto o una sezione, né una veduta assonometrica o prospettica. Non si vedono le tribune, il palco, né si comprende piena-37 italo calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Garzanti, 1988. Calvino si riferisce in particolare all’esattezza della poesia di Leopardi, anche se viene QJVUUPTUP�OBUVSBMF�BTTPDJBSF�MB�TVB�SJnFTTJPOF�BM�UFNB�EFMMB�QSPHFUUB[JPOF�BSDIJUFUUPOJDB��/PO�B�DBTP �RVFTUF�TUFTTF�DJUB[JPOJ�TPOP�SJQPSUBUF�EB�;VNUIPS�Peter zuMthor, Pensare architettu-rB �'JSFO[F �&MFDUB ����� �F �B�RVBMVORVF�BSDIJUFUUP�DIF�MF�MFHHB �GBSBOOP�UPSOBSF�BMMB�NFOUF�le parole di Mies: «God is in the details»,�TPQSBUUVUUP�TF�MFHHFSFNP�QBOUFJTUJDBNFOUF�j%JPx�DPNF�j*O�mOJUËx�38 Ibidem.39 Martin heidegger, La questione della tecnica (1953), in, Saggi e discorsi, cit.

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mente la natura funzionale della geometria rappresentata. Nella sua BTTPMVUB�PSJHJOBMJUË �M�PQFSB�TBSË�EFmOJUB�VO�jPHHFUUP�JODMBTTJmDBCJMFx. 6U[PO�EJTFHOB�VO�OVNFSP�OPO�CFO�EFmOJUP�EJ�GPSNF�jB�DPODIJHMJBx�che si incastrano una dentro l’altra sopra una serie di segni orizzon-tali. Non è un’architettura. E’ un’immagine poetica. Sta rappresentan-do un gruppo di conchiglie – altri vi riconosceranno delle vele – che sorgono spontaneamente dal mare nella baia di Sydney. L’architetto danese dichiarerà di essersi ispirato alle nuvole e alle onde che si rincorrono prima di infrangersi. Ciò che è evidente è che, comun-RVF�MP�TJ�JOUFSQSFUJ �JM�QSPHFUUP�OBTDF�B�QBSUJSF�EB�VOB�QSFmHVSB[JPOF�pittorica �F�TJ�DPODSFUB �EPQP�RVBUUPSEJDJ� USBWBHMJBUJ�BOOJ�EJ�DBOUJFSF �OFMM�FTUSJOTFDB[JPOF�UFDOJDB�EJ�RVFMMB�QSFmHVSB[JPOF��*O�FGGFUUJ �MB�TUP-ria della costruzione dell’Opera House è estremamente complessa, e decisamente sintomatica rispetto alla natura dei problemi che ancora oggi solleva la realizzazione di un’opera free form. Certo è che il tea-tro di Utzon rappresenta pur sempre il primo palcoscenico mondiale di una nuova poetica e, di conseguenza, se pone per la prima volta un nuovo ordine di problemi, tutt’oggi validi, la soluzione con cui li risolve non è ovviamente che un primo, incerto, tentativo rispetto alle risposte che può esprimere oggi il free form. Il cantiere viene aperto nel 1959, a seguito delle incessanti pressioni del governo, nonostante lo stesso Utzon si renda conto che il progetto è ben lungi dall’essere DPNQJVUBNFOUF�EFmOJUP��(MJ�WFSSË�BGmBODBUP�0WF�"SVQ �VO�JOHFHOF-re londinese che già da tempo si occupava di costruzioni a guscio. Nonostante tutto, l’inizio dei lavori si rivela effettivamente prematuro. *M�DBOUJFSF�SJNBOF�CMPDDBUP�BM�CBTBNFOUP�QFS�RVBUUSP�BOOJ��/FTTVOP�Ò�in grado di risolvere il complicato rompicapo delle vele. Nell’autunno EFM����� �mOBMNFOUF �6U[PO�DPNQSFOEF�MB�OBUVSB�EFM�QSPCMFNB�F�OF�fornisce una soluzione – per l’epoca – assolutamente geniale. E’ ne-cessario ricondurre la forma indeterminata delle vele ad una geome-tria determinata �F�RVJOEJ �GPSNBMNFOUF�F�TUSVUUVSBMNFOUF�HFTUJCJMF�DPO�gli strumenti matematici a disposizione. Utzon propone di scomporre le conchiglie in singoli gusci di dimensioni diverse ma derivati tutti da QPS[JPOJ�EJ� TVQFSmDJF�EJ�VO�VOJDB�TGFSB�jWJSUVBMFx�DPO�EJBNFUSP�EF-UFSNJOBUP�����NFUSJ��-B�TFNQMJmDB[JPOF�EFM�QSPCMFNB�HFPNFUSJDP�Ò�risolutiva. Si passa da geometrie variabili ed incalcolabili ad un’unica geometria elementare con modello matematico noto. L’indetermina-tezza�Ò�TUBUB�mOBMNFOUF�determinata. Anche a causa dei lunghissimi tempi morti del cantiere, ap-pare ormai chiaro tuttavia che i costi dell’opera supereranno ampia-mente i 7 milioni di dollari preventivati40. Nel 1966 Utzon è costretto B�EJNFUUFSTJ�EBMMB�EJSF[JPOF�EFJ�MBWPSJ�F�M�0QFSB�)PVTF�WJFOF�BGmEBUB�ad un team�EJ�BSDIJUFUUJ�BVTUSBMJBOJ�DIF�QPSUFSË�DPNVORVF�BWBOUJ� MB�sua soluzione. La scomposizione geometrica diventa, ovviamente, una scomposizione strutturale. I gusci di calcestruzzo sono impostati su uno scheletro di costoloni�B�EPQQJB�DVSWBUVSB �SFBMJ[[BUJ�JO�PGmDJOB�come elementi prefabbricati a traliccio e successivamente posti in opera. Il celebre rivestimento lucido delle vele è composto da pia-strelle bianche svedesi pre-assemblate in pannelli cementizi, anco-40 Ad opera conclusa, i milioni di dollari spesi saranno infatti ben 102, corrispondenti ad una esorbitante maggiorazione del 1400% rispetto al preventivo iniziale.

107

5.20. Jørn Utzon, Opera House. Disegno di concorso.5.21. Jørn Utzon, Opera House. Dettaglio del rivestimento.5.22. Jørn Utzon, Opera House, Sydney, 1973.

5.22.

5.20. 5.21.

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rati alla struttura dei gusci. Grazie alla geniale intuizione di Utzon, il cantiere si conclude nel 1973, dopo 14 anni di tribolazioni. I numeri EFMM�PQFSB�mOJUB�TPOP�DPNVORVF�JNQSFTTJPOBOUJ �TPQSBUUVUUP�TF�TJ�DPO-sidera la sua storia, travagliata da insormontabili problemi formali, strutturali, costruttivi, e, in larga misura, dalle altalenanti vicende po-MJUJDIF�DIF�OF�IBOOP� GPSUFNFOUF� JOnVFO[BUP� MP�TWJMVQQP��-B�4ZEOFZ�0QFSB�)PVTF�DPNQSFOEF�DJORVF� UFBUSJ � DJORVF�TUVEJ�EJ�QSPWB �EVF�hall �RVBUUSP�SJTUPSBOUJ �TFJ�CBS�F�OVNFSPTJ�TQB[J�DPNNFSDJBMJ��1FS� MB�mOJUVSB�EFJ�HVTDJ�TPOP�TUBUF�JNQJFHBUF�QJá�EJ�VO�NJMJPOF�EJ�QJBTUSFMMF �e per le componenti strutturali 2000 elementi prefabbricati ed oltre ����DIJMPNFUSJ�EJ�DBWJ�E�BDDJBJP��6U[PO�IB�SJDFWVUP� MF�jDIJBWJx�EFMMB�città di Sydney e, nel 2003, l’ambito premio Pritzker per l’architettura. Nel 2007 l’Opera House è stata inserita dall’unesco nel «patrimonio dell’umanità» ed è tutt’oggi considerata uno dei più grandi capolavori del xx secolo, oltre ad essere l’icona architettonica più rappresenta-tiva (e rappresentata) dell’intero continente australiano. Nonostante tutto ciò, «non ha mai svolto adeguatamente la sua funzione di teatro dell’opera»41, anche se – e torniamo ai temi da cui siamo partiti – è VO�FEJmDJP�«talmente bello che gli utenti perdonano pazientemente le sue grandi inadeguatezze»42. L’Opera House rappresenta un momento cruciale rispetto al nostro discorso. Per la prima volta compare sul palcoscenico mon-diale un’opera free form�OFM�TFOTP�QJá�TQFDJmDP�EFM�UFSNJOF �B�QBSUJSF�cioè dai presupposti estetico-formali che abbiamo analizzato. La tec-nica, tuttavia, non ricopre ancora il ruolo dominante che ha oggi. Si è visto, appunto, come il problema costruttivo e strutturale sia sorto solo dopo�VOB�QSFmHVSB[JPOF�JOJ[JBMF�DIF �EJ�GBUUP �TJ�DPTUJUVJWB�DPNF�scelta prettamente poetica. La tecnica è stata, certo, condizione ne-cessaria per l’estrinsecarsi della pre-determinazione formale, ma non ne ha dettato all’origine� JM�TVP�GPSNVMBSTJ��-B�WPMPOUË�EJ�TmEB �JO�BMUSJ�termini, era volontà estetica ma non ancora tecnica. La determina-zione dell’indeterminato è stata, d’altra parte, un impercettibile com-promesso. L’informe è stato ricondotto effettivamente ad una forma, e ad una forma peraltro elementare. Per risolvere il problema si è cioè dovuto riformularlo in termini determinati. Questo però, piuttosto intu-itivamente, non accade nel free form�DPOUFNQPSBOFP��-B�TVQFSmDJF�del Guggenheim di Bilbao non è scomponibile in alcuna porzione nemmeno lontanamente riconducibile a geometrie determinate. Evi-dentemente, non è cambiato affatto il problema, ma, in misura radica-le, la strategia per la sua soluzione. Il museo di Gehry nasce infatti a partire da premesse che ab-CJBNP�EFmOJUP�tecno-estetiche, e non, come per Utzon, da scelte pret-tamente formali��*M�QSPCMFNB�UFDOJDP�Ò �RVJ �all’origine di una procedura di progetto che inscrive la pre-determinazione della forma nell’ambito TQFDJmDP�EJ�VOB�QSFDJTB�WPMPOUË�UFDOPDSBUJDB��5VUUP�DJÛ�SJTVMUB�FWJEFOUF�se prendiamo in considerazione le vicende storiche che hanno prece-duto la stesura del progetto. Dopo la travagliata costruzione del pe-sce di Barcellona, Gehry decide di trovare un nuovo strumento che

41 MassiMo Majowiecki, Architettura e struttura, l’etica del ffd, cit.42 Ibidem.

109

5.23. Jørn Utzon, Opera House. Geometria dei gusci.5.24. Jørn Utzon, Opera House. Montaggio dei costoloni.5.25. Jørn Utzon, Opera House. Montaggio dei costoloni.5.26. Jørn Utzon, Opera House��"TTFNCMBHHJP�EFMMF�mOJUVSF�5.27. Jørn Utzon, Opera House��"TTFNCMBHHJP�EFMMF�mOJUVSF�

5.23.

5.25.

5.27.

5.24.

5.26.

110

userà per lavorare a Kobe, e, più tardi, a Bilbao43. La scelta di catia, in RVFTUP�DBTP �Ò�BTTPMVUBNFOUF�JNQSFTDJOEJCJMF�SJTQFUUP�BHMJ�FTJUJ�GPSNBMJ�che, a partire dal 1989, costituiranno la sua ben nota cifra stilistica. Qui la tecnica non è utilizzata per risolvere un problema di forma pre-determinato, ma, per la prima volta, è la tecnica stessa a formulare il problema di forma, nei termini cioè delle proprie possibilità formative. Se Utzon partiva da un mOF�GPSNBMF e ricercava il mezzo tecnico per poterlo esprimere, Gehry parte dal mezzo tecnico – che sceglie in RVBOUP�GPSNBMNFOUF�POOJQPUFOUF�o�F�SJDFSDB�JM�mOF�GPSNBMF all’interno EFM�TVP�WBTUP�DBNQP�EJ�QPTTJCJMJUË��&WJEFOUFNFOUF�RVFTUB�Ò�MB�MPHJDB�paradossale che porta al ribaltamento del rapporto NF[[J�mOJ di cui si Ò�QBSMBUP��1SPDFEFSF�JO�RVFTUP�NPEP�TJHOJmDB�JOGBUUJ�QPSTJ�DPNF�PCJFU-tivo una forma che non ha affatto radici in vaghe suggestioni poetiche, ma che esprime il solo fatto di essere possibile�DPNF�GPSNB �F�RVJOEJ �di essere tecnicamente possibile. Il mezzo è cioè talmente intrinseca-mente legato alla produzione del mOF � JO�RVBOUP�JNQPTUP a priori, da esprimere inevitabilmente se stesso, attraverso una forma che diventa allora il semplice «luogo del riconoscimento» e della celebrazione del-le propria potenza. La forma si è fatta mezzo, la tecnica mOF. La poeti-ca del free form�HJVOHF�RVJOEJ�BM�DPNQJNFOUP�TVQSFNP �BMMB�EFmOJUJWB�maturità ideologica e metodologica. Tutto ciò è piuttosto evidente anche semplicemente confron-tando gli esiti formali�EJ�(FISZ�DPO�RVFMMJ�EFMMF�QSJNF�TQFSJNFOUB[JPOJ��storiche di forme libere. Le Corbusier, Mendelsohn, Utzon, operava-no ancora in una prospettiva meramente estetica. La forma pre-de-terminata era frutto di una suggestione poetica, pittorica, scultorea, DIF�QPUSFNNP�EFmOJSF �DPNVORVF�MB�TJ�HVBSEJ �mHVSBUJWB. Si partiva DJPÒ�EB�VO�JNNBHJOF�jDPOPTDJCJMFx�DIF�JOnVFO[BWB�QSPGPOEBNFOUF�MB�QSFmHVSB[JPOF�GPSNBMF��$PTÖ� MB�TVHHFTUJPOF�EJ�VOB�DPODIJHMJB �EJ�VO�PSHBOJTNP�mUPNPSGP �EJ�VOB�OVWPMB �PSJFOUBWBOP�MB�QSPHFUUB[JPOF�WFSTP�VO� JOEJSJ[[P�jOBUVSBMJTUJDPx�DIF�TJ� DSJTUBMMJ[[BWB � BUUSBWFSTP� MB�tecnica, nella plasticità del cemento. Ben diversa è la prospettiva del free form contemporaneo. Il Guggengheim di Bilbao inaugura per la prima volta un nuovo modo di concepire la libertà tecnico-formale. Il museo non è frutto di alcuna suggestione poetica mHVSBUJWB �né trae JTQJSB[JPOF�EBM�NPOEP�EFMMF�GPSNF�OBUVSBMJ��-B�MJCFSUË �RVJ �Ò�MJCFSUË �WFSB �EB�RVBMVORVF�BOUSPQP�[PP�mUP�NPSmTNP��4J�FOUSB�DJPÒ�OFM�domi-nio dell’immaginabile �F�MP�TJ�QVÛ�GBSF�QFSDIÏ�RVFTUP�Ò�JM�OVPWP�UFNQJP�della tecnica informatica. La progettazione, allora, diventa una proce-dura tecno-estetica �DIF�QSFOEF�MF�NPTTF �mO�EBM�QSJODJQJP �B�QBSUJSF�esclusivamente dallo strumento, imprescindibile condizione per lo stesso pensiero della forma. La metodologia di lavoro introdotta col Guggenheim è ormai nota, e, col tempo, ha assunto il carattere tipicamente procedurale di un iter�CFO�DPEJmDBUP��(FISZ�TDPNQPOF�F�SJDPNQPOF�GPHMJ�EJ�DBSUB�BQQBMMPUUPMBUJ�mOP�B�EFUFSNJOBSF�VOB�mHVSB�DPNQMFTTJWB �B�TVP�NPEP�EJ�WFEFSF �TPEEJTGBDFOUF��-B�TVQFSmDJF�EFM�jNPEFMMPx�DBSUBDFP�WJFOF�RVJOEJ�EJHJUBMJ[[BUB�F�USBEPUUB�JO�TPMJEP�WJSUVBMF�BUUSBWFSTP�VO�EJTQPTJ-tivo di provenienza neurochirurgica, originariamente impiegato nella

43 Cfr. cap.2.

111

5.28. Frank Gehry, Lou Ruvo Center for Brain Health. Modello di carta.5.29. Frank Gehry, Lou Ruvo Center for Brain Health. Modello digitalizzato.5.30. Frank Gehry, Lou Ruvo Center for Brain Health, Las Vegas, 2010. Sala principale.

5.30.

5.28. 5.29.

112

mappatura del cervello. catia�FMBCPSB�M�PHHFUUP�BDRVJTJUP�o�FWJEFOUF-NFOUF�JNQSFDJTP�o�F�EFUFSNJOB�VOB�TVQFSmDJF�DPSSJTQPOEFOUF�F �QFS�RVBOUP�QPTTJCJMF �DPFSFOUF �B�QBSUJSF�EBMMB�RVBMF�J�QSPHFUUJTUJ�JOJ[JBOP�JM� MBWPSP�EJ� TWJMVQQP�EFMMB� GPSNB � mOP�B� SJDBWBSOF�VO�PSHBOJTNP�BS-DIJUFUUPOJDP�jTUSVUUVSBCJMFx�F �OFJ� MJNJUJ �GVO[JPOBMF��*M�QSPHFUUP�OBTDF�cioè, sin dalle origini, in ambiente virtuale, e non può evidentemente VTDJSOF�mOUBOUPDIÏ�MB�GPSNB�OPO�TJB�determinata con precisione. Lo TUFTTP�jNPEFMMPx�EJ�QBSUFO[B�Ò�o�F�OPO�QVÛ�OPO�FTTFSF�o�HJË�mOBMJ[-zato al lavoro su catia��Ò�QBSUF� JOUFHSBOUF�EFM�QSPHFUUP� JOGPSNBUJDP �poiché la sua traduzione in oggetto digitale è condizione intrinseca-mente necessaria al divenire architettura��/PO�TJ�QVÛ �RVJ �TFQBSBSF�MB�forma dallo strumento, e non perché, come accade nel GPSN�mOEJOH, lo strumento determini la forma, ma perché, di fatto, lo strumento di-venta forma a tutti gli effetti. L’esito è, appunto, tecno-estetico. La tecnica informatica non fornisce soluzione ad un problema formale pre-determinato, ma, per la prima volta, pone essa stessa il proble-ma ed insieme la soluzione, nell’ambito del proprio dominio relativo. Lo stupore estetico di fronte alla straordinarietà del potere tecnico si FTQSJNF�RVJOEJ�JO�VOB�forma che incarna, di volta in volta, il massimo potenziale tecnologico raggiungibile dal sistema informatico ad un determinato stato evolutivo del software44, e la cui TmEB�UFDOP�GPSNBMF TJ�SFBMJ[[B�BUUSBWFSTP�RVFM�DBSBUUFSF�EJ�indeterminatezza che abbiamo EFmOJUP�QSFDFEFOUFNFOUF �JO�EJWFSTP�NPEP�EFDMJOBUP�JO�SBQQPSUP�BMMP�sviluppo del potere determinante dello strumento. Resta da capire in che modo, e soprattutto in che misura, catia possa ricondurre l’inde-terminatezza ad un grado accettabile di determinazione. Il museo di Bilbao è, apparentemente, una grandiosa celebra-zione dell’indeterminatezza. Certamente lo è in misura maggiore ri-TQFUUP�B�RVBMVORVF�BMUSB�PQFSB�BTTJNJMBCJMF�BM�free form che abbiamo analizzato in precedenza. Se nell’Opera House si era dovuto determi-nare la morfologia delle vele attraverso una riduzione geometrica, nel Guggenheim l’informe rimane tale, e lo fa dichiaratamente. Sotto la MVDDJDBOUF�mOJUVSB�JO� lamine di titanio, si cela un’imponente scheletro reticolare�JO�BDDJBJP�HBMWBOJ[[BUP �DIF�BTTPMWF�JM�EJGmDJMF�DPNQJUP�TUSVU-UVSBMF�EJ� TPTUFOFSF�F�BTTFDPOEBSF� MF�BSEJUF�nVJEJUË�EFM� SJWFTUJNFOUP��Non è evidentemente un telaio regolare, né in alcun modo riconduci-bile ad una maglia di punti. La forma esteriore e gli ambienti interni, QFSBMUSP �OPO�IBOOP�OFNNFOP�MB�NFEFTJNB�DPOmHVSB[JPOF�HFPNFUSJ-DB��-F�jQBSFUJx�TPOP�JO�SFBMUË�EFMMF�TUSVUUVSF�WVPUF�B�TF[JPOF�DPOUJOVB-mente variabile, sia in pianta sia in alzato, che assorbono nello spazio interstiziale la differenza geometrica tra interno ed esterno, contenen-do al contempo lo scheletro portante. La complessità costruttiva di VOB�TJGGBUUB�TPMV[JPOF�jB�QBDDIFUUPx�Ò�EFDJTBNFOUF�GVPSJ�EBM�DPNVOF��

44 Questo fattore cronologico risulta immediatamente evidente se consideriamo che, nella maggior parte dei casi, il costo di costruzione di un’opera free form è direttamente proporzio-OBMF�BM�HSBEP�EFMMB�TVB�DPNQMFTTJUË�UFDOP�GPSNBMF �F�DIF�RVFTUB �DPNF�SJDPSEBUP �UFOEF�BE�aumentare progressivamente per auto-superarsi, anche spinta dallo sviluppo continuo degli strumenti software. A parità apparente di forma e dimensioni comparabili infatti, il Guggen-heim di Bilbao e la Walt Disney Concert Hall, realizzati a distanza di soli sei anni, hanno dimo-TUSBUP�VO�DPTUP�TJHOJmDBUJWBNFOUF�EJGGFSFOUF�JO�SFMB[JPOF�BM�QJá�TQJOUP�HSBEP�EJ�DPNQMFTTJUË�della seconda opera – 166 milioni di euro contro 274 milioni di dollari –, nonostante peraltro la procedura di progetto fosse nel frattempo ampiamente consolidata e sperimentata.

113

5.31. Frank Gehry, Wal Disney Concert Hall. Allestimento curato per il Don Giovanni.5.32. Frank Gehry, Wal Disney Concert Hall, Los Angeles, 2003. Dettaglio del rivestimento.5.33. Frank Gehry, Guggenheim, Bilbao, 1997. Dettaglio del rivestimento.

5.31.

5.32.

5.33.

114

Non soltanto la struttura dovrà sostenere il rivestimento esterno, ma BODIF�MB�mOJUVSB�JOUFSOB �FE�FOUSBNCF�RVFTUF�TVQFSmDJ�QPSUBUF�OFDFT-siteranno di un sistema di ancoraggi che sarà inevitabilmente diffe-SFOUF� JO� PHOJ�QVOUP�EFMMB� MPSP�HFPNFUSJB � OFMMB�NJTVSB� JO� DVJ�RVFTUB�OPO�DPJODJEB�DPO�RVFMMB�EFMMP�TDIFMFUSP�SFUJDPMBSF�QPSUBOUF��4VJ��������m2�EJ�FTUFOTJPOF�QMBOJNFUSJDB� UPUBMF � MF�VOJDIF�TVQFSmDJ�QJBOF�TPOP�RVFMMF�USBTQBSFOUJ�EFMMF�������MBTUSF�EJ�EPQQJP�DSJTUBMMP�UFSNJDP��5VUUP�il resto è costituito di elementi spaziali necessariamente unici, studiati F�DPTUSVJUJ�TJOHPMBSNFOUF��$PTÖ�Ò�QFS�MF��������MBNJOF�EJ�UJUBOJP45 (cor-SJTQPOEFOUJ�B����UPOOFMMBUF�EJ�NBUFSJBMF�QFS� MF�RVBMJ�TJ�DPOUBOP�PMUSF��������EJTFHOJ�FTFDVUJWJ �F�DPTÖ �PWWJBNFOUF �QFS�M�BDDJBJP�TUSVUUVSBMF��Gehry stesso dichiara orgogliosamente che «c’erano migliaia di pezzi d’acciaio, molti non diritti. E non era un sistema modulare regolare, D�FSBOP�MVOHIF[[F�Y �Z�F�[x46. Come per il rivestimento di titanio, la so-luzione al problema dell’indeterminazione è stata trovata nel software. La funzione caM di catia ha permesso l’elaborazione automatica dei TJOHPMJ�QSPmMJ �EJTBTTFNCMBUJ� WJSUVBMNFOUF�EBMMB�TUSVUUVSB�F� SJQPSUBUJ� JO�TQFDJmDJ�EJTFHOJ�FTFDVUJWJ��-F�NBDDIJOF�B�DPOUSPMMP�OVNFSJDP�IBOOP�allora prodotto gli elementi sotto le istruzioni del software. «Ogni pezzo EJ�NFUBMMP�Ò�TUBUP�FTBUUBNFOUF�OVNFSBUP�F�EFUUBHMJBUP �mOP�B�QSFDJTBSF�la posizione dei fori»47��$JÛ�TJHOJmDB�DIF� M�indeterminatezza si è tra-sformata paradossalmente in una determinazione esasperata, portata BMM�FTUSFNP��DJPÒ �DPNF�WPMFWB�$BMWJOP �DIF�M�FGGFUUP�GPSNBMF�TGVHHFOUF�ed JOEFmOJUP�EFMMF�GPSNF�nVJEF�EFM�(VHHFOIFJN�Ò�GSVUUP�EJ�VO�MBWPSP�meticoloso e senza precedenti di jEFmOJ[JPOF�<���>�EFJ�EFUUBHMJx� -B�SJTQPTUB�BM�OPTUSP�QSPCMFNB�EJ�GPOEP�Ò�RVJOEJ�VOB�MFHHF�QB-radossale. Non può esistere un’architettura formalmente indetermina-ta��2VBMVORVF�BSDIJUFUUVSB�Ò�JM�SJTVMUBUP�EJ�VO�QSPDFTTP�JOFTPSBCJMF�EJ�determinazione �F�RVFTUB�determinazione�TBSË�UBOUP�NBHHJPSF�RVBOUP�più grande apparirà il suo grado di falsa indeterminatezza. Ciò che DBNCJB�Ò�MB�NJTVSB�EJ�RVFTUP�SBQQPSUP�JO�SFMB[JPOF�BM�QPUFSF�EFMMP�TUSV-mento determinante. Utzon si è visto costretto a tradurre l’informe in un’insieme solo apparentemente informe di geometrie regolari. Que-sto è avvenuto perché i modelli matematici a sua disposizione non erano in grado di gestire una reale indeterminatezza. Tutto cambia DPO�M�JOUSPEV[JPOF�EFM�QSPHFUUP�JOGPSNBUJDP��2VBMVORVF�forma appare ora determinabile �JO�RVBOUP�SFBMJ[[BCJMF�WJSUVBMNFOUF �F�RVJOEJ�DPOP-scibile in ogni suo punto tramite coordinate, e gestibile nella sua ese-cuzione tramite funzioni caM. Il computer ha cioè eliminato alla radice il problema della determinazione formale. Il Guggenheim allora, per RVBOUP�QBSBEPTTBMF�QPTTB�TFNCSBSF �non è una forma indeterminata. Almeno non per lo strumento con cui è stata concepita. Ciò non toglie, ovviamente, che continui ad esserlo per l’osservatore. La percezione VNBOB �E�BMUSB�QBSUF �OPO�Ò�VO�NFDDBOJTNP�EJ�BDRVJTJ[JPOF�TPGUXBSF��45 -F�mOJUVSF�IBOOP�VOP�TQFTTPSF�EJ�BQQFOB�� ���NN��"M�EJ� MË�EFJ�OVNFSJ�F�EFJ�DPTUJ � M�JN-QJFHP�BCOPSNF�EJ�SJTPSTF�JNQJFHBUF�QFS� MB�SFBMJ[[B[JPOF�EFM�(VHHFOIFJN�QVÛ�FTTFSF�FGm-cacemente dimostrato anche solo tracciando gli spostamenti del titanio, dall’estrazione alla MBWPSB[JPOF �mOP�BMMB�TVB�BUUVBMF�TFEF�FTQPTJUJWB��*M�NFUBMMP�Ò�TUBUP�FTUSBUUP�JO�"VTUSBMJB �GVTP�in Francia, laminato in Pennsylvania, decappato in Gran Bretagna, assemblato in Italia, per BSSJWBSF�mOBMNFOUF�JO�4QBHOB �EPQP�VO�MVOHP�o�F�DPTUPTP�o�QFSFHSJOBSF�46 Da un’intervista rilasciata ad archimagazine.com.47 Ibidem.

115

5.34. Frank Gehry, Guggenheim. Scheletro reticolare.5.35. Frank Gehry, Guggenheim. Sezione5.36. Frank Gehry, Guggenheim. Scheletro reticolare.5.37. Frank Gehry, Wal Disney Concert Hall. Scheletro reticolare.

5.35.

5.37.

5.34.

5.36.

116

Il vero problema alla radice del free form � RVJOEJ � OPO�Ò�BG-fatto l’indeterminatezza formale �QPJDIÏ�RVFTUB �BQQVOUP �Ò�TFNQSF�ricondotta dal software a determinazione, ma soltanto l’incertezza strutturale, ossia un’indeterminatezza che non si esprime rispetto alla percezione estetica, soggettiva, del fruitore, ma nei confronti del-MF�MFHHJ�jPHHFUUJWFx�EFMMB�mTJDB��&��FWJEFOUF�JOGBUUJ�DIF�«l’invenzione di forme strutturali “libere” deve pur sempre soggiacere alle fonda-mentali leggi dell’equilibrio e della resistenza»48 �QFS�RVBOUP�BQQB-rentemente sembri violarle. L’invito alla cautela dovrà allora essere rivolto, in prima istanza, ad una concezione strutturale determinabile, QFSDIÏ�OPO�TJ�DPNQJBOP �TQJOUJ�EBMMB�WPMPOUË�EJ�TmEB�UFDOP�GPSNBMF �jTBMUJ�UFDOPMPHJDJ�TFO[B�TVGmDJFOUF�QSFQBSB[JPOF�TDJFOUJmDBx49. Que-TUP�QSPCMFNB�Ò�BMMB�SBEJDF�EJ�RVFMMF�DIF�.BKPXJFDLJ�EFmOJTDF�DSJUJ-camente jGBMTJmDB[JPOJ�TUSVUUVSBMJx, opere cioè «caratterizzate da pe-ricolose incertezze»�EJ�QSPHFUUP �OFMMF�RVBMJ�MB�TUBCJMJUË�DPNQMFTTJWB�dell’organismo resistente jÒ�TUBUB�TBDSJmDBUB�BMMB�DSFB[JPOF�EJ�TUVQP-re tecnologico»50. E torniamo ai temi già sollevati in precedenza. Per DPNQSFOEFSF�OFM�EFUUBHMJP�RVFTUP�GFOPNFOP �TJ�DPOTJEFSJ �BE�FTFN-pio, il Millenium Bridge di Londra, immagine paradigmatica di come un lezioso equilibrismo tecnologico possa rivelare, una volta messo in opera, importanti criticità strutturali. Il progetto del ponte nasce EBMM�FTJHFO[B�EJ�NBOUFOFSF�VO�CBTTP�QSPmMP�SJTQFUUP�BMMF�FNFSHFO[F�BSDIJUFUUPOJDIF�TUPSJDIF�QSFTFOUJ�TVMM�BSHJOF�EFM�5BNJHJ��4J�PQUB�RVJO-di per una soluzione sospesa�jTQFSJNFOUBMFx �QSJWB�EFMMF�DMBTTJDIF�pile. Le otto funi tese che sostengono l’impalcato sono state dispo-ste simmetricamente all’esterno della struttura, con una curvatura ridotta al minimo, compresa tra l’intradosso del ponte e l’altezza dei QBSBQFUUJ��2VFTUP�TJTUFNB �TF�BTTJDVSB�VO�DPOUSPMMP�TVGmDJFOUF�EFMMF�PTDJMMB[JPOJ�WFSUJDBMJ �OPO�SJFTDF�UVUUBWJB�B�DPOUSBTUBSF�FGmDBDFNFOUF�RVFMMF�PSJ[[POUBMJ��4JO�EBMM�JOBVHVSB[JPOF�JOGBUUJ �MB�TUSVUUVSB�IB�NBOJ-festato importanti fenomeni di vibrazione per risonanza al passag-HJP� TJNVMUBOFP� EJ� BQQFOB� ���� QFSTPOF��6O� OVNFSP� FGmNFSP� TF� TJ�considera che era stata concepita per ospitarne 5.000. Nel giugno 2000, due giorni dopo l’apertura, il ponte fu chiuso tra le pesanti critiche dell’opinione pubblica, e venne riaperto solo nel febbraio 2002 dopo importanti interventi strutturali mirati allo smorzamento del moto oscillatorio51. j'BMTJmDB[JPOJ� TUSVUUVSBMJx sono, per Majowiecki, anche gli «esempi di progettazione concettuale falsa, didatticamente fuorvianti»52, PWWFSP�RVFMMF�PQFSF�DIF�FTJCJTDPOP�FMFNFOUJ�TUSVUUVSBMJ�non-necessari all’economia globale dell’organismo resistente, con M�VOJDP�mOF�EJ�JOHJHBOUJSF�MB�QFSDF[JPOF�EFMMP�TUBUP�UFOTJPOBMF��0QF-48 MassiMo Majowiecki, Architettura e struttura, l’etica del ffd, cit.49 Ibidem.50 Ibidem.51 Lavori costati peraltro 5 milioni di sterline da aggiungersi ai 18 impiegati per la costruzione. Tra i vari interventi, sono stati inseriti in particolare: smorzatori viscosi sotto il piano del pon-te per dissipare l’energia delle oscillazioni orizzontali ed impedire la risonanza, smorzatori d’inerzia per ridurre le oscillazioni verticali attraverso delle molle a lavoro in controfase e ulteriori smorzatori viscosi nelle pile e, lateralmente, nell’attacco alla sponda per assorbire il moto oscillatorio orizzontale. Dopo la riapertura non si sono più riscontrati problemi.52 MassiMo Majowiecki, Architettura e struttura, l’etica del ffd, cit.

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5.38. Foster+Arup, Millenium Bridge. Dettaglio dell’impalcato.5.39. Foster+Arup, Millenium Bridge. Passerella e funi.5.40. Foster+Arup, Millenium Bridge, Londra, 2000.

5.40.

5.39.5.38.

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razione apparentemente paradossale se si considera che l’obiettivo del free form è mostrare la straordinarietà del potere tecnologico, ma comprensibile – e proprio in tale prospettiva – nella misura in DVJ� M�JNQJFHP�EJ�NBUFSJBMF� TUSVUUVSBMF� TVQFSnVP�BNQMJmDIJ� FTQPOFO-[JBMNFOUF� M�BQQBSFOUF�DPNQMFTTJUË�BSDIJUFUUPOJDB �F�RVJOEJ � MB�TmEB�tecno-formale�DIF�M�PQFSB�TFNCSB�FTQSJNFSF��"�RVFTUB�MPHJDB�SJDPSSF�spesso Santiago Calatrava, le cui costruzioni infatti riscuotono un grande successo di pubblico, proprio alla luce della loro straordi-narietà tecnologica e strutturale. La tensione del materiale diventa oggetto estetico. $JÛ� DIF� TJ� FTJCJTDF� OPO� Ò� UBOUP� MB� GPSNB � RVBO-to piuttosto il suo stato tensionale, cioè il lavoro meccanico cui la materia è sottoposta, e, di conseguenza, il potere che essa ha di sopportarlo, che è – ancora – un potere tecnico. Di fronte ad archi-tetture come il Palazzo delle Arti di Valencia, lo spettatore – poiché abbiamo visto che di spettatore si tratta – non può che rimanere meravigliato dall’onnipotenza formale della tecnica. Se pure molte opere di Calatrava esprimono una concezione strutturale valida e, spesso, interessante, nella maggior parte dei casi, al momento della EFmOJ[JPOF�GPSNBMF �JM�QSPCMFNB�TUBUJDP�BQQBSF�CFO�QJá�DPNQMFTTP�EJ�RVBOUP�OPO�TJB�JO�SFBMUË��-B�TUSVUUVSB�WJFOF�DJPÒ�TOBUVSBUB�BUUSBWFSTP�M�BHHJVOUB�JNQPSUBOUF�EJ�NBUFSJBMJ�OPO�TUSVUUVSBMJ �mOBMJ[[BUJ�B�DPOGFSJS-le uno statuto plastico che esibisca in misura maggiore del necessa-rio il potere tecnico effettivamente impiegato. E’ il caso, ad esempio del celebre ponte di Alamillo (1992), che, a partire da una brillante concezioni strutturale, si traduce, di fatto, in un mero esercizio di TUJMF �QPJDIÏ� M�FTFDV[JPOF� GBMTJmDB�QBS[JBMNFOUF� MF�QSFNFTTF�WBMJEF�per disegnare una scultura di tensioni. Il ponte ha una campata di 200 metri sostenuta da tredici coppie di cavi ancorati ad un unico, enorme, pilone inclinato. L’ipotesi di partenza è che il peso proprio EFMMB�UPSSF�JODMJOBUB�TJB�TVGmDJFOUF�B�DPOUSPCJMBODJBSF�M�JNQBMDBUP �DPTÖ�DIF�J�EVF�FMFNFOUJ�TJ�NBOUFOHBOP�JO�FRVJMJCSJP�SFDJQSPDP�OPOPTUBOUF�l’asimmetria strutturale, eliminando il problema delle spinte orizzon-UBMJ� JO� GPOEB[JPOF��"�QBSUJSF�EB�RVFTUB�QSFNFTTB�WBMJEB � UVUUBWJB � MB�maggior parte del materiale impiegato nella costruzione è «struttu-ralmente inutile e volto ad ottenere una scultura»53. Per disegnare MB�DFMFCSF�mHVSB�USJBOHPMBSF�TPOP�TUBUJ�EJTQPTUJ�QJá�UJSBOUJ� SJTQFUUP�B�RVBOUJ� OF� TBSFCCFSP� FGGFUUJWBNFOUF� TFSWJUJ54, e la forma della torre è stata sagomata principalmente come oggetto plastico, a naturale QSPTFDV[JPOF�jBFSPEJOBNJDBx�EFMMB�MJOFB�EFMM�JNQBMDBUP�� 2VFTUJ� VMUJNJ� FTFNQJ� SJNBOHPOP� DPNVORVF� OFJ� MJNJUJ� EJ� VOB�progettazione free form�DIF�GBDDJB�BGmEBNFOUP�TV�TJTUFNJ�F�UJQPMPHJF�costruttive tradizionali. Si è trattato pur sempre di ponti sospesi e strallati, secondo una logica costruttiva intuitivamente comprensibi-MF �QFS�RVBOUP�BSEJUB��.B�DIF�EJSF�RVBOUP�MB�TmEB�UFDOPMPHJDB porta la forma davvero ai limiti dell’umana «sensibilità statica»? Quando 53 Ibidem.54 Pare infatti che molte funi appaiano lasche durante la stagione estiva, a causa della di-MBUB[JPOF� UFSNJDB� EFMM�BDDJBJP�� 4F� DPTÖ� GPTTF � FWJEFOUFNFOUF � M�JNQBMDBUP� OPO� OF� BWSFCCF�CJTPHOP�F�MB�MPSP�GVO[JPOF�TUSVUUVSBMF�TBSFCCF�RVJOEJ�nulla��-F�GVOJ�BSSJWBOP�QFSBMUSP�mOP�BE�BDDBWBMMBSTJ�DPO�M�BQQPHHJP �DPTÖ�EB�DIJVEFSF�mHVSBUJWBNFOUF�JM�USJBOHPMP��*O�RVFTUP�DBTP �EJ�OVPWP �P�OPO�IB�GVO[JPOF�TUSVUUVSBMF�M�VMUJNP�UJSBOUF �DIF�RVJOEJ�OPO�TBSFCCF�UFTP �P�OPO�OF�ha l’appoggio, che non sarebbe compresso.

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5.41. Santiago Calatrava, Alamillo Bridge. Base del pilone.5.42. Santiago Calatrava, Alamillo Bridge. Testa del pilone.5.43. Santiago Calatrava, Alamillo Bridge, Siviglia, 1992.

5.43.

5.41. 5.42.

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l’indeterminazione formale apparente diventa strutturale ed effetti-va? L’occhio estetico della contemporaneità non trova più alcun ap-QBHBNFOUP�OFMMB�RVJFUF�DMBTTJDB�EFMM�equilibrio, ma si pasce ormai soltanto del moto frenetico delle tensioni JO� BUUP��2VBMVORVF� JOWJUP�alla prudentia è destinato pertanto a rimanere inascoltato, anche di fronte ad eclatanti insuccessi. Questa architettura, per propria natu-ra, non può non osare sempre di più. Non ci dovranno allora stupire MF�DPTUSV[JPOJ�jJNQPTTJCJMJx�EJ�VO�QSPTTJNP�GVUVSP��"UUFTUBSTJ�BMMP�TUBUP�attuale della TmEB�UFDOPMPHJDB�TJHOJmDIFSFCCF �E�BMUSB�QBSUF �M�JOFWJ-tabile morte del free form.

121

6.FORM FINDINGDA ANTONI GAUDÌ A MASSIMO MAJOWIECKI E JÜRG CONZETT

«Fin dai tempi antichi è parso bello il detto: nulla di troppo 1. E, in effetti, lo è.»

Platone, Menesseno, 247e

Sotto l’espressione free form abbiamo sinora raccolto tutte RVFMMF� QSPDFEVSF� DIF� UFOEPOP� BE� JNQPSSF� BMM�PSJHJOF� EFM� QSPDFTTP�progettuale una forma determinata a priori��*O�RVFTUB�QSPTQFUUJWB �M�JO-formatizzarsi del metodo operativo ha portato l’architettura ad espan-EFSF� TJHOJmDBUJWBNFOUF� JM� DBNQP� EFMMF� QSPQSJF� QPTTJCJMJUË� GPSNBUJWF�PMUSF� J� DPOmOJ� USBEJ[JPOBMJ� EFM� DPTUSVJCJMF�� $J� TJ� Ò� SJWPMUJ� BMMPSB� WFSTP�l’utopia tecnologica, spinti dal bisogno inappagabile di esibire per stupire �F�RVJOEJ �EJ�dover osare per poter esibire�� *O�RVFTUP�TFOTP �l’impiego dei sistemi informatici ha legittimato lo stesso pensiero e la DPOTFHVFOUF�DPTUSV[JPOF�EJ�GPSNF�JODSFEJCJMNFOUF�BSEJUF�JO�RVBOUP�B�dimensioni e indeterminatezza. Si è visto cioè il dominio del tecnolo-gicamente possibile aprirsi oltre ogni aspettativa al ben più esteso dominio dell’immaginabile, che è tradizionalmente l’ambito di perti-nenza proprio dell’arte e di una concezione estetica dell’architettura. Se guardiamo nella direzione opposta, tuttavia, ci accorgeremo che opposto è stato anche il contributo dei sistemi informatici nell’elabo-SB[JPOF�DPOUFNQPSBOFB�EJ�RVFMM�JEFB�EJ�BSDIJUFUUVSB �BOUJUFUJDB�BM�free form,� DIF� TUPSJDBNFOUF� Ò� TUBUB� EFmOJUB� tecnica o strutturale; un’ar-

1 L’espressione platonica è�©�ƺƷ݃ƿ�ۡƶƴƿª��4J�EJDF�DIF�RVFTUB�GPSNVMB�o�insieme alla ben più�celebre ©ƶƿƻƼ�DŽƸƴdžDžǍƿª, che peraltro riprenderà�Socrate –�fosse incisa su una pietra del UFNQJP�EJ�"QPMMP�B�%FMm �DPNF�NPOJUP�EJ�TBHHF[[B�QFS�UVUUJ�HMJ�VPNJOJ��*M�4BOUVBSJP�EJ�%FMm�FSB�infatti sede dell’Oracolo più� JNQPSUBOUF�EJ�UVUUB�MB�(SFDJB�F�NFUB�EJ�GSFRVFOUJ�QFMMFHSJOBHHJ�(nell’Edipo Re di Sofocle, ad esempio, Creonte vi si reca per chiedere all’Oracolo le ragioni della pestilenza che aveva colpito Tebe). E’ evidente l’analogia tra l’espressione platonica ed il celebre motto miesiano «less is more». Qui come là, la rinuncia al TVQFSnVP corrisponde al raggiungimento dell’essenza necessaria delle cose. Trascurando la banale interpretazione minimalista �RVFM�«less» è allora, principalmente, l’espressione coattiva di un ordine morale.

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chitettura cioè che – si è visto – riposa su di una concezione oppo-sta, etica e necessitata, del costruire. Questa architettura l’abbiamo chiamata GPSN�mOEJOH, intendendo raccogliere sotto tale espressio-OF�o�DIF�QFS�MB�WFSJUË�IB�VO�TJHOJmDBUP�NPMUP�QSFDJTP�EB�VO�QVOUP�EJ�WJTUB�QSFUUBNFOUF�NFUPEPMPHJDP�o�UVUUF�RVFMMF�GPSNF�EJ�QSPHFUUP�DIF�tendono, in generale, a determinare la forma a posteriori, sulla base EJ�VOP�TQFDJmDP�DPNQJUP�DPTUSVUUJWP �TUSVUUVSBMF �GVO[JPOBMF��*O�RVFTUB�prospettiva, l’introduzione del progetto informatico ha portato l’archi-UFUUVSB�B�SJGPSNVMBSF�J�QSPQSJ�DPOmOJ�GPSNBUJWJ�OFMMB�EJSF[JPOF�PQQPTUB��Se il free form espandeva il dominio del possibile, perché nel possi-CJMF�PQFSB�M�BSDIJUFUUVSB�JO�RVBOUP�arte, il GPSN�mOEJOH ha segnato una paradossale riduzione del dominio del necessario, perché proprio è nel campo del necessario che opera la tecnica. La necessità è, d’altra parte, sempre un concetto relativo. Per superare una determinata luce è evidentemente diverso impiegare al minimo strutturale�VOB�USBWF�JO�QJFUSB�P�VO�QSPmMP�NFUBMMJDP��*M�ne-cessario per l’acciaio è molto minore del necessario per la pietra, nonostante entrambe le travi possano pretendere di raggiungere un rispettivo ottimo strutturale2��$JÛ�TJHOJmDB�DIF�JM�OFDFTTBSJP�Ò�TFNQSF�funzione relativa del materiale. Analogamente, a parità di materiale e compito strutturale, impiegare una sezione metallica piuttosto che VO�BMUSB� EFUFSNJOB� VOB� WBSJB[JPOF� TJHOJmDBUJWB� OFMMB� SJTQPTUB� EFMMB�USBWF �F�EJ�DPOTFHVFO[B �VOB�WBSJB[JPOF�EFMMB�RVBOUJUË�EJ�NBUFSJBMF�necessario�QFS�TVQFSBSF�DPO�RVFMMB�QSFDJTB�DPOmHVSB[JPOF�VOB�MVDF�EFUFSNJOBUB��$JÛ�TJHOJmDB�DIF�JM�OFDFTTBSJP�Ò�BODIF�funzione relativa della forma. In generale possiamo affermare che non esiste un ottimo assoluto3 e la condizione di necessità� Ò� RVJOEJ � TFNQSF � VOP�stato relativo dipendente da una serie di fattori intrinsechi al tipo di solu-zione strutturale impiegata. Questa relatività è cioè di natura tecnica, QPJDIÏ�WBSJB�BM�WBSJBSF�EFMMF�DPOPTDFO[F�TDJFOUJmDIF�F�EFHMJ�TUSVNFOUJ�tecnologici che convogliano di volta in volta nel determinarsi di una TPMV[JPOF�BSDIJUFUUPOJDB��$JÛ�TJHOJmDB �JO�EFmOJUJWB �DIF�JM�OFDFTTBSJP�è sempre cronologicamente relativo, poiché è evidente che lo svilup-po e la consapevolezza dei mezzi tecnici e del loro potere formati-vo sono sempre determinati e circoscritti in una precisa condizione storica. Le costruzioni necessarie, allora, «segnano il limite estremo dello spazio costruibile con i mezzi ed i processi tecnici disponibili ed hanno perciò una valore di limite o di orizzonte: soltanto un ulteriore progresso dei mezzi e dei processi tecnici, e quindi delle possibilità di intuizione spaziale, potrà consentire un superamento di quel risul-tato formale»4. $PTÖ�Ò�TFNQSF�TUBUP�QFS�M�BSDIJUFUUVSB�DIF�BCCJBNP�EF-2 1FS�RVFTUB�SBHJPOF �BE�FTFNQJP � M�intercolumnio dell’architettura classica può variare, al-NFOP�TUBOEP�BMMB�DPEJmDB�WJUSVWJBOB �EB�VO�NJOJNP�EJ�� ��WPMUF� JM�EJBNFUSP�EFMMB�DPMPOOB �BE�VO�NBTTJNP�EJ���o�JM�DIF�TJHOJmDB �OFMMB�NBHHJPS�QBSUF�EFJ�DBTJ �VOB�MVDF�MJCFSB�NFEJB�EJ�DJSDB���NFUSJ�o �NFOUSF�TF�HVBSEJBNP�BMM�BSDIJUFUUVSB�NPEFSOB� MF�NJTVSF�TPOP�EJGmDJMNFOUF�TUBOEBSEJ[[BCJMJ �F�DPNVORVF�FWJEFOUFNFOUF�NPMUP�NBHHJPSJ�� *M�QBTTP�EFMMF�DPMPOOF� JO�VO�UFNQJP�HSFDP �RVJOEJ �DPTUJUVJTDF�VO� SBQQPSUP�OFDFTTBSJP� rispetto alla tipologia costruttiva con trabeazione in pietra, e lo stesso si può dire per un telaio moderno rispetto all’impiego EJ�QSPmMBUJ�NFUBMMJDJ �QVS�WBSJBOEP�ESBTUJDBNFOUF�JM�SJTQFUUJWP�SBQQPSUP��-B�OFDFTTJUË�Ò �BMMPSB �sempre una condizione relativa.3 Cfr. nota 44, cap.4.4 giulio carlo argan, Pier Luigi Nervi (1955), in, Progetto e destino, cit. Argan sta parlando, nella fattispecie, delle celebri Aviorimesse (1935/1939).

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mOJUP�jTUSVUUVSBMFx5, dai dolmen alle cattedrali gotiche alle espressioni rigorosamente funzionali del movimento moderno. Ridurre il dominio del necessario�TJHOJmDB�BMMPSB�QPUFS�QSPHSFTTJWBNFOUF�ottimizzare le QSFTUB[JPOJ�TUSVUUVSBMJ �BCCBUUFOEP�WJB�WJB�MB�RVBOUJUË�EJ�SJTPSTF�JNQJF-gate per rispondere ad un determinato scopo. Ciò è accaduto con le grandi rivoluzioni costruttive dell’acciaio e del cemento armato ed oggi con l’introduzione dello strumento informatico nell’ambito della QSPHFUUB[JPOF � EFMMB� TQFSJNFOUB[JPOF� F� EFMMB� SJDFSDB� TDJFOUJmDB� OFM�mondo delle costruzioni. Ridurre il dominio del necessario�TJHOJmDB �E�BMUSB�QBSUF �BODIF�diminuire il numero di soluzioni strutturali possibili in risposta ad un DPNQJUP�EFUFSNJOBUP��$JÛ�TJHOJmDB �JO�EFmOJUJWB �BGGFSNBSF�JM�dover es-sere dell’organismo resistente in senso tendenzialmente univoco ed oggettivo��4J�QBTTB�RVJOEJ�EBM�QJBOP�EFMMB�possibilità come espres-sione personalistica di una libertà soggettiva nella determinazione GPSNBMF �B�RVFMMP�EFMMB�necessità come espressione oggettiva di un determinismo strutturale� DIF�BGGPOEB� MF�QSPQSJF� SBEJDJ� jNJNFUJDIFx�in una prospettiva altrettanto rigorosamente necessitata dei fenome-OJ�OBUVSBMJ�F�EFM�NPOEP�mTJDP�JO�HFOFSBMF��"�RVFTUP�QSPQPTJUP �/FSWJ�può sostenere allora che, una volta «raggiunta la forma naturale», le architetture «dovranno ad essa attenersi per sempre», poiché, ap-punto, la determinazione della forma non è più dominio del possibile, ma tende a costituirsi come soluzione incontrovertibilmente oggettiva F�OFDFTTBSJB�QFS�VO�DPNQJUP�TQFDJmDP �BMM�JOUFSOP�EFM�SJTUSFUUP�DBNQP�di opzioni� jCFO�EFmOJUF�F�QSFmTTBUF�EBMMB�OBUVSB �RVBMVORVF�TJB� MB�tendenza estetica del [...] progettista»6. Si consideri inoltre che operare nella prospettiva di un’asso-MVUB�MJCFSUË�GPSNBMF�TJHOJmDB�FTQSJNFSF�TFNQSF�VO�HSBEP�EJ�indeter-minazione della struttura che, nonostante vi tenda, non potrà mai BGGSBODBSTJ� DPNQMFUBNFOUF� EBM� EPWFS� SJTQPOEFSF� B� GFOPNFOJ� mTJDJ �QFS�RVBOUP�M�PDDIJP�FQJTUFNPMPHJDP�EFM�QSPHFUUJTUB�TJB�non-determi-nistico��$JÛ�TJHOJmDB�DIF�UBOUP�NBHHJPSF�Ò�JM�QSPCMFNB�TUBUJDP�EB�TV-QFSBSF �RVBOUP�NJOPSF�QPUSË�FTTFSF �JO�EFmOJUJWB �M�indeterminazione strutturale effettiva, cioè l’apertura del campo di possibilità formative per il free form. Per i compiti strutturali imprescindibilmente impor-tanti allora – al di là della consapevole scelta tecno-estetica di rende-re tali compiti costruttivi per propria natura non impegnativi – persino il progettista più legato al carattere poetico e soggettivo dell’archi-tettura dovrà scendere a compromessi con l’inevitabile necessità di operare in una prospettiva tecnica tendenzialmente oggettiva. L’in-determinazione strutturale effettiva non potrà che tradursi allora in una (falsa) indeterminazione formale, cioè – come si è visto – in una indeterminazione formale apparente, poiché l’organismo resistente, dissimulato per sostenere il palcoscenico estetico, dovrà per forza di cose attenersi alle più tradizionali e rigorose tecniche costruttive7.

5 Cfr. cap.4.6 Pier luigi nervi, op. cit. (cfr. cap.3.).7 Cfr. cap. 5. Questo principio risulterà immediatamente evidente confrontando il Guggen-heim�EJ�#JMCBP�DPO�BMUSF�EVF�PQFSF�EFMM�BSDIJUFUUP�DBOBEFTF��MB�Gehry Tower (2001) ad Han-OPWFS�o�VO�FEJmDJP�EJSF[JPOBMF�EJ���QJBOJ�o �F� MB�8 Spruce Street Tower (2011) a New York – un grattacielo residenziale di 76 piani. Se la prima opera ha ancora un certo margine di

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$PTÖ�MF�GPSNF�strutturalmente�nVJEF�BWSBOOP �EJ�GBUUP �«un uso molto limitato. Infatti sono strutture aperte. [...] Se bisogna costruire un edi-mDJP�EJ�VO�QJBOP�TJ�QVÛ�GBSF�QSBUJDBNFOUF�RVFMMP�DIF�TJ�WVPMF �JO�VO�FEJmDJP�EJ�EVF�P�QFSTJOP�USF�QJBOJ�WJ�Ò�VO�DFSUP�HSBEP�EJ�MJCFSUË��.B�QPJ�mOJTDF��$PNF�TJ�DPNQPSUFSFCCF�VO�FEJmDJP�BMUP x8. In un certo TFOTP �RVJOEJ � MB�prospettiva necessaria diventa un metodo opera-tivo imprescindibile anche rispetto ad una posizione architettonica che si ponga nei termini estremi del free form��1FS�RVBOUP� indeter-minata � MB� TUSVUUVSB� EPWSË� DPNVORVF� SJTQPOEFSF� BE� VO� TJTUFNB� EJ�sollecitazioni esterne che sono tendenzialmente sempre le stesse, e DIF�TPOP�EFUUBUF �JO�HFOFSBMF �EBMMF�MFHHJ�VOJWFSTBMJ�EFMMB�mTJDB �TJBOP�esse osservate con venerazione epistemica o, più laicamente, come semplici modelli funzionali. "�QBSUJSF�EB�RVFTUP�QSJODJQJP �EJGmDJMNFOUF�DPOUFTUBCJMF �JM�form mOEJOH opera pertanto attraverso una ricerca della forma strutturale jOBUVSBMFx��MB�GPSNB �DJPÒ �DIF�SJTQPOEF�NFHMJP�B�UBMJ�TPMMFDJUB[JPOJ �F�DIF�MP�GB�QSPQSJP�JO�RVBOUP�EB�RVFTUF�Ò�EFEVUUJWBNFOUF�EFUFSNJOBUB��$JÛ�TJHOJmDB �BQQVOUP �DIF�MB�GPSNB�OPO�EFWF�FTTFSF�creata, ma tro-vata. La ricerca si dovrà allora muovere nel dominio del possibile�mOP�ad individuare, all’interno di esso, il ristretto dominio del necessario, PTTJB �UFOEFO[JBMNFOUF �RVFMMB�TPMB�F�VOJDB�GPSNB�DIF�Ò�oggettiva e ri-sponde deterministicamente al problema strutturale di partenza. Fare DJÛ�TJHOJmDB�TUSBWPMHFSF� JO�NJTVSB� SBEJDBMF� J�QSFTVQQPTUJ�EFM� MBWPSP�progettuale. L’ambito euristico del trovare è evidentemente altro da RVFMMP�estetico del creare. La progettazione diventa un fatto tecnico-TDJFOUJmDP �DJPÒ�VO�DPNQJUP�PHHFUUJWP �QSFUUBNFOUF�MPHJDP�F�BTTPMVUB-mente non personalistico, nella stessa misura in cui lo è la risoluzione EJ�VO�FRVB[JPOF�NBUFNBUJDB��4F�MB�GPSNB�EFWF�FTTFSF�JOEJWJEVBUB�JO�RVBOUP�incognita B�QBSUJSF�EB�VOP�TQFDJmDP�QSPCMFNB�EBUP �JM�SVPMP�EFM�QSPHFUUJTUB�EJWFOUB�RVFMMP�EJ�VO�esecutore impersonale, e la sua abi-lità sarà allora commisurata all’oggettiva esattezza della soluzione, DJPÒ � QBSBEPTTBMNFOUF � TBSË� UBOUP�NBHHJPSF� RVBOUP� QJá� M�FTJUP� GPS-male verrà universalmente riconosciuto come necessario �F�RVBOUP�meno in esso risulterà evidente la sua libera�jNBOPx�DSFBUJWB �DIF�Ò �di per sé, soggettiva e personale9��.B�DIF�DPTB�TJHOJmDB�BGGFSNBSF�che la forma debba essere trovata, e non creata?� 4JHOJmDB � JO� QSJNB� JTUBO[B � SJDPOPTDFSMF� VO� JOUSJOTFDP� valore strutturale, DIF�WBEB�BM�EJ�MË�EJ�VOB�TQFDJmDB�WPMPOUË�EFM�TJOHPMP�QSP-

indeterminatezza strutturale effettiva – la struttura ruota infatti su se stessa contorcendosi in un movimento spiraloide – la seconda presenta, di fatto, una struttura interna assolutamente jUSBEJ[JPOBMFx �DPO�VO�SJHJEP�UFMBJP�EJ�QJMBTUSJ�QPSUBOUJ��/FMMB�UPSSF�BNFSJDBOB �DJPÒ �M�indeter-minatezza è semplicemente formale, e giocata attraverso la contorsione del rivestimento NFUBMMJDP�o�OPO�EFMMB�TUSVUUVSB�o �DPTÖ�EB�DPOGFSJSF�BMMB�GBDDJBUB�M�PSNBJ�DFMFCSF�DJGSB�TUJMJTUJDB�di Gehry. In altri termini, per le strutture impegnative di per sé – il Guggenheim non lo è affatto JO�RVBOUP�B�OVNFSP�EJ�QJBOJ�FE�FTUFOTJPOF �NB�Ò�TUBUP�EFMJCFSBUBNFOUF�SFTP�UBMF�o�JM free form non può che declinarsi, giocoforza, in una mera retorica del rivestimento.8 ludwig Mies van der rohe, Dialogo con Peter Blake a New York (1961), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit. 9 "�RVFTUP�QSPQPTJUP �.JFT�QPUSË�BMMPSB�BGGFSNBSF��jQFOTP�DIF�M�JOnVFO[B�EFM�NJP�MBWPSP�TV�altre persone sia dovuta alla sua ragionevolezza. Ognuno può usarlo senza essere un copi-sta, perché è un lavoro oggettivo, e penso che, se io stesso trovo qualcosa di oggettivo, lo posso usare. Non importa chi lo ha fatto» (ludwig Mies van der rohe, Architetto della chiarezza e della ragione (1959), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.).

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6.1. Frank Gehry, Guggenheim, Bilbao, 1997.6.2. Frank Gehry, Gehry Tower, Hannover, 2001.6.3. Frank Gehry, 8 Spruce Street, New York, 2011.

6.2. 6.3.

6.1.

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gettista.�*O�VO�RVBMVORVF�FMFNFOUP�NFDDBOJDP�JOGBUUJ �B�QBSJUË�EJ�NBUF-riale impiegato, è soprattutto la forma a determinare il comportamento resistente complessivo. j$JÛ�TJHOJmDB�DIF�MB�GPSNB�Ò�MB�EFUFSNJOBOUF�della forze, e non l’inverso. Infatti, è chiaro che, sulla capacità di ten-sione di un elemento struttivo, è essenziale la sua sezione, cioè la sua qualità plastica, e che altrettanto essenziale è l’estensione dell’ele-mento nello spazio»10. Se prendiamo un foglio di carta dai lati opposti, NBOUFOFOEPMP�PSJ[[POUBMF �DJ�BDDPSHJBNP�DIF�FTTP�TJ�nFUUF�TVMMB�CBTF�EFM�QFTP�QSPQSJP �QFS�RVBOUP�DPOUFOVUP��-P�TUFTTP�GPHMJP�o�EFMMB�TUFT-sa carta –, piegato a piccole onde, sarà però in grado di sopportare BODIF�VO�QJDDPMP�BQQMJDBUP �TFO[B�nFUUFSTJ��&��JM�QSJODJQJP�EFMMB�lamiera grecata. Analogamente, se vogliamo mantenere il foglio in posizione verticale o leggermente inclinata sostenendolo solo dal lato inferiore, dovremo applicargli una minima curvatura alla base. E’ il principio del-le vele nella cupola del Brunelleschi. La forma interagisce cioè con la resistenza�TQFDJmDB�EFM�NBUFSJBMF�JNQJFHBUP �EFUFSNJOBOEP�JO�NJTVSB�sostanziale la stabilità o l’instabilità dell’intero organismo strutturale. La logica della resistenza per forma si manifesta peraltro a tutte MF�TDBMF �EBMMB�TF[JPOF�TQFDJmDB�EFJ�TJOHPMJ�FMFNFOUJ�TJOP�BM�DPNQPS-tamento globale dei sistemi iperstatici più complessi. La necessità di buone prestazioni strutturali ha storicamente determinato, ad esem-QJP �JM�UJQJ[[BSTJ�EFJ�QSPmMBUJ�NFUBMMJDJ �DIF�SFTJTUPOP�BQQVOUP�QFS�HFP-NFUSJB �DPTÖ�DPNF�MB�SJDFSDB�TQFSJNFOUBMF�TVMMF�DPOGPSNB[JPOJ�PUUJNBMJ�delle strutture ad arco, sviluppata a partire dal xix secolo. Nel processo storico di comprensione delle capacità strutturali della forma risulta ovviamente centrale l’introduzione del concetto di momento d’inerzia, elaborato a partire dalla geometria delle masse di Huygens (1673), PSHBOJDBNFOUF�EFmOJUP�EB�&VMFSP������F�TWJMVQQBUP�EB�1PJOTPU�DPO�la teorizzazione dell’ellissoide centrale (1834)11. L’idea che al variare EFMMB�GPSNB�TJ�NPEJmDIJ�MB�SJTQPTUB�DPNQMFTTJWB�EFMM�FMFNFOUP�TUSVUUV-SBMF �EFUFSNJOB�VO�TJHOJmDBUJWP�DPOUSJCVUP�BMMB�SJDFSDB�JOUPSOP�BJ�QSP-blemi della meccanica classica, segnando lo sviluppo della moderna scienza delle costruzioni e l’evoluzione di nuovi sistemi costruttivi. Si studia cioè in che modo far lavorare la forma al massimo delle presta-zioni strutturali, riducendo, di conseguenza, l’impiego del materiale SFTJTUFOUF��*O�RVFHMJ�TUFTTJ�BOOJ�o�TJBNP�OFMMB�QSJNB�NFUË�EFM�xix seco-lo – l’industria siderurgica comincia a serializzare la produzione dei QSPmMBUJ�NFUBMMJDJ� Le sezioni a doppio t ottimizzano il comportamento strutturale delle travi ad anima piena, scomponendo le tensioni interne in sforzi contrapposti di trazione e compressione sulle due ali. L’anima GVOHF�TPMUBOUP�EB�DPMMFHBNFOUP�OFJ�QSPmMJ�iPe è infatti più sottile). Ana-logamente, si vanno sviluppando le prime strutture reticolari – l’Iron Bridge di Coalbrookdale è completato già nel 1779 –, che traducono in sistema costruttivo le medesime logiche di ottimizzazione del rap-porto forma/materia. Dal riconoscere intrinseca resistenza strutturale nelle forme cre-BUF�EBMM�VPNP �BMMB�EFWPUB�SJDFSDB�EJ�RVFMMF�jEFmOJUF�F�QSFmTTBUF�EBMMB�

10 giulio carlo argan, Architettura e tecnica costruttiva (1945), in, Progetto e destino, cit.11 1FS�VOB� USBUUB[JPOF�TJTUFNBUJDB�EJ�RVFTUJ� UFNJ�TJ� GB� SJGFSJNFOUP�B �edoardo benvenuto, La scienza delle costruzioni e il suo sviluppo storico, cit.

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6.4. Berlin Iron Bridge Company �������*MMVTUSB[JPOF�EFMM�PGmDJOB�6.5. Thomas Pritchard, John Wilkinson, Ironbridge, Coalbrookdale, 1779.

6.5.

6.4.

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natura»12 �JM�QBTTP�Ò�mO�USPQQP�CSFWF��4J�DPNJODJBOP�JOGBUUJ�BE�JOUFSSP-HBSF� MF� MFHHJ�mTJDIF�QFS�EFTVNFSOF� MF�TUSVUUVSF�FE� J�NPEFMMJ� GPSNBMJ �nella prospettiva necessaria dell’ottimo strutturale. Nel Palazzo Guell ���� �"OUPOJ�(BVEÖ�JOUSPEVDF�QFS�MB�QSJNB�WPMUB�M�arco catenario, che l’avrebbe accompagnato lungo tutta la sua successiva produzione. Lasciando pendere una fune vincolata alle estremità, l’architetto cata-lano riconosce nella curva iperbolica risultante la naturale condizione EJ�FRVJMJCSJP�EFM�TJTUFNB�UFTP��4F�TJ�BQQMJDBOP�EFJ�QFTJ�BE�JOUFSWBMMJ�SF-HPMBSJ �MB�GVOF�UFOEF�JOPMUSF�B�NPEJmDBSF�MF�QSPQSJB�DPOmHVSB[JPOF�mOP�a raggiungere naturalmente un nuovo stato di equilibrio tensionale. $BQPWPMHFOEP�MB�GPSNB�DPTÖ�EFUFSNJOBUB �M�arco FRVJWBMFOUF�BMMB�GVOF�tesa lavora di converso in regime di semplice compressione normale13. Questa forma naturale�HBSBOUJTDF�RVJOEJ�QSFTUB[JPOJ�TUSVUUVSBMJ�NPMUP�FMFWBUF�QVS�DPO�NJOJNF�RVBOUJUË�EJ�NBUFSJBMF�SFTJTUFOUF��(JË�B�QBSUJSF�dal xix secolo, l’arco catenario – impropriamente detto parabolico – è stato utilizzato da grandi progettisti come Eiffel, Maillart, Saarinen, ed è a tutt’oggi impiegato per realizzare opere di grande luce, come ponti e coperture. Nella logica sperimentale EJ�(BVEÖ � MF� forme strutturali TPOP�EJTFHOBUF�TVMMB�CBTF�EFMMB�DPOmHVSB[JPOF�OBUVSBMF�DIF�J�NBUFSJBMJ�assumono se sottoposti a determinate condizioni di carico, secondo MB�MPSP�DBQBDJUË�JOUSJOTFDB�EJ�BVUP�PSHBOJ[[BSTJ�TPUUP�M�JOnVFO[B�EJ�TQF-DJmDIF�TPMMFDJUB[JPOJ�FTUFSOF��«La forma non è soltanto la manifesta-zione sensibile o la rappresentazione plastica delle forze costruttive, ma un agente essenziale del loro determinarsi e del loro organizzarsi in sistemi di equilibrio»14��&��QSPQSJP�JO�RVFTUB�QSPTQFUUJWB�DIF�TJ�WBOOP�elaborando i primi esempi di GPSN�mOEJOH �OFM�TFOTP�QJá�TQFDJmDP�EFM�termine, cioè le prime ricerche sperimentali volte al riconoscimento di una condizione strutturale «OBUVSBMNFOUFx�ottima della forma. Intorno alla metà del xx� TFDPMP � TVMMB�NBHJTUSBMF� MF[JPOF�EJ�(BVEÖ � 'SFJ�0UUP�esegue sperimentazioni analoghe, impiegando reti di corde e cera MJRVJEB��*NNFSHFOEP�MB�SFUF�OFMMB�DFSB �JOEJWJEVB�MB�EJTUSJCV[JPOF�EFM-le tensioni interne attraverso la conformazione dei coaguli sui nodi, mOP�BM�TPMJEJmDBSTJ�EFMMB�TUSVUUVSB�OFMMB� GPSNB�OBUVSBMF�EJ�VOB�cupola iperbolica. Questo esercizio traspone cioè le logiche piane dell’arco catenario in analoghi sistemi spaziali tridimensionali. � 4JHOJmDBUJWF �JO�RVFTU�BNCJUP �TPOP�BODIF�MF�TVF�SJDFSDIF�TQF-rimentali sul principio delle TVQFSmDJ�NJOJNF, che introdurrà in archi-tettura portando avanti gli studi di Fuller sui sistemi tensostrutturali. 0UUP� SJQSFOEF� JO�QBSUJDPMBSF�HMJ� FTQFSJNFOUJ�EFM� mTJDP�CFMHB�+PTFQI�Plateau (1873) intorno al problema della determinazione matematica delle membrane saponate��$PTUSVJTDF�EFJ�QJDDPMJ�NPEFMMJ�DPO�mMP�F�TQJMMJ � USBDDJBOEP�JM�QSPmMP�TQB[JBMF�EFMMB�TVQFSmDJF�EJ�DPQFSUVSB�DIF�JOUFOEF�EJTFHOBSF��*NNFSHFOEP�JM�UFMBJFUUP�JO�VO�DPNQPTUP�EJ�BDRVB�F�sapone si forma per UFOTJPOF�TVQFSmDJBMF una sottile lamina saponata a chiusura del tracciato. Questa lamina è la TVQFSmDJF�NJOJNB, cioè M�BSFB�NJOPSF�USB�RVFMMF�QPTTJCJMJ�BWFOUJ�DPNF�CPSEP�JM�QSPmMP�EJ�QBS-UFO[B��)B�JOPMUSF �QFS�EFmOJ[JPOF �curvatura media nulla in ogni suo 12 Pier luigi nervi, op. cit.13 Questo metodo sperimentale sfrutta il cosiddetto «principio di inversione», ed in seguito verrà utilizzato anche da Frei Otto. 14 giulio carlo argan, Pier Luigi Nervi (1955), in, Progetto e destino, cit.

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6.6. Arco catenario.6.7. Cupola catenaria. �����"OUPOJ�(BVEÖ �Casa Batllo, Barcellona, 1907. 6.9. Gustave Eiffel, Viadotto di Garabit, Cantal, 1882.6.10. Robert Maillart, Schwandbach Bridge. Berna, 1933.

6.9.

6.8.

6.6. 6.7.

6.10.

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QVOUP�F�DPOTFHVFOUFNFOUF�Ò�VOB�TVQFSmDJF�TUBCJMF�B�regime mem-branale��4VMMB�CBTF�EJ�RVFTUB�forma individuata empiricamente, Otto è in grado di progettare sistemi tensostrutturali molto complessi sen-za l’ausilio di particolari calcoli né, ovviamente, delle odierne tecnolo-HJF�JOGPSNBUJDIF �DIF�QSPQSJP�JO�RVFHMJ�BOOJ�TUBWBOP�NVPWFOEP�J�QSJNJ�passi. All’&YQP di Montreal del 1967 – dove peraltro Fuller presenta la celebre sfera geodetica – Otto realizza un’enorme copertura ten-sostrutturale per il padiglione tedesco, impiegando per la prima volta su grande scala il metodo sperimentale di progettazione con le mem-brane saponate, che aveva nel frattempo battezzato jGPSNmOEVOHx15. L’architettura è, secondo Otto, un «selbstbildungsprozess», un «pro-cesso di auto-formazione» �PTTJB �BQQVOUP �VO�QSPDFTTP�jOBUVSBMFx�DIF�TJ�QSFmHHF�EJ�QFSTFHVJSF� JM�NBTTJNP� SJTVMUBUP�DPO� JM�NJOJNP�EJ-TQFOEJP�EJ� SJTPSTF �DJPÒ � JO�EFmOJUJWB �EJ� SBHHJVOHFSF�VOB� forma ne-cessaria16. L’architetto tedesco si ispira dichiaratamente alle forme della natura�o�UFMF�EJ�SBHOP �HPDDF�E�BDRVB �CPMMF�EJ�TBQPOF�o�SJDP-OPTDFOEPWJ � JO�HFOFSBMF � MB�TJTUFNBUJDB�WPMPOUË�EFM�NPOEP�mTJDP�EJ�sfruttare le «costruzioni leggere»17. 4J�JOTUBVSB�RVJOEJ �MFHJUUJNBNFOUF �un parallelismo etico tra le strutture naturali�F�RVFMMF�QSPEPUUF�EBMMF�tecnica umana, che dovranno allora perseguire gli stessi scopi, e ri-spettare il medesimo orientamento necessitante. A partire dalle prime tende sperimentali realizzate con membrane tessili, che riproduco-OP�FTBUUBNFOUF�MB�DPOEJ[JPOF�jOBUVSBMFx�EFMMF�lamine saponate, già a Montreal Otto introduce una netta distinzione tra la tensostruttura NFUBMMJDB�QPSUBOUF�FE�JM�NBUFSJBMF�EJ�mOJUVSB�DIF�WJ�Ò�BQQFTP��TJTUFNB�DPTUSVUUJWP �RVFTUP �DIF�QFSNFUUF�EJ�BTTPMWFSF�B�DPNQJUJ�TUSVUUVSBMJ�CFO�più gravosi ed offre, al contempo, una maggiore durabilità. La strut-tura del padiglione è costituita da una rete di funi tese puntualmente sostenuta da pennoni tubolari, unici elementi compressi dell’intero si-stema. Appesa alla tensostruttura portante, l’effettiva copertura del padiglione è realizzata con una membrana plastica continua, anche se tale soluzione verrà abbandonata nelle opere successive per l’ec-cessiva complessità del montaggio. Altra novità di Montreal, che Otto DPOUJOVFSË�BODIF�JO�TFHVJUP�BE�JNQJFHBSF �Ò�M�jPDDIJFMMPx �VO�WVPUP�nella pelle di rivestimento, in coincidenza dei pennoni, che permet-te l’ingresso della luce naturale e isola concettualmente gli elemen-ti compressi18. Il padiglione tedesco ottiene un enorme successo di pubblico e di critica, tanto da segnare potentemente l’ingresso dei sistemi tensostrutturali nell’immaginario comune della nuova moder-nità «high tech». La grande consacrazione di Otto sul palcoscenico mondiale avverrà solo pochi anni più tardi, nel 1972, con la realiz-zazione della celebre copertura per l’Area Olimpica di Monaco. La struttura è sostanzialmente la stessa già sperimentata a Montreal. Per JM�NBUFSJBMF�EJ�mOJUVSB �MB�NFNCSBOB�QMBTUJDB�WJFOF�TPTUJUVJUB�EB�VO�QJá�15 Otto aveva conseguito il dottorato nel 1953, proprio con una tesi sui sistemi tensostrutturali in rapporto alle TVQFSmDJ�NJOJNF («Das Hangende Dach», Le coperture sospese).16 Si consideri che, nella prospettiva deterministica, anche la natura persegue degli scopi secondo il rapporto etico-necessitante tra massimo risultato e minimo sforzo.17 'POEBNFOUBMF�QFS�0UUP �SJTQFUUP�BMMP�TWJMVQQP�TJTUFNBUJDP�EJ�RVFTUJ� UFNJ � M�JODPOUSP�DPO�JM�biologo e antropologo Gerhard Helmcke, avvenuto all’università di Berlino nel 1961.18 &��FWJEFOUF �RVJ �M�JOnVFO[B�EJ�#VDLNJOTUFS�'VMMFS �DIF �TV�UBMJ�QSJODJQJ �BWFWB�TWJMVQQBUP�J�primi sistemi costruttivi a tensegrity.

131

6.11. SVQFSmDJF�NJOJNB con membrana saponata.6.12. Frei Otto, Padiglione Tedesco. Montaggio della tensostruttura.6.13. Frei Otto, Padiglione Tedesco. Montaggio della membrana di copertura.6.14. Frei Otto, Padiglione Tedesco, Montreal, 1967.

6.11.

6.12.

6.14.6.13.

132

nFTTJCJMF�TJTUFNB�NPEVMBSF�JO�MBTUSF�QSFGBCCSJDBUF�EJ�NFUBDSJMBUP �DIF�TFNQMJmDB�OPUFWPMNFOUF�MB�GBTF�FTFDVUJWB�EJ�BTTFNCMBHHJP��-B�WFSB�novità di Monaco sta nella dimensione mastodontica dell’opera. Un’u-nica, immensa, tensostruttura ricopre le tribune ovest dello stadio19, e si propaga per tutto lo spazio circostante, invadendo armonicamente il villaggio olimpico sotto l’onda continua della membrana traslucida. La forma totale si estende per 74.800 m2, donando organica coerenza e straordinaria leggerezza all’intero complesso sportivo. Con i primi studi sulle TVQFSmDJ�NJOJNF�e lo sviluppo dei si-stemi tensostrutturali �TJ�QVÛ�EJDIJBSBSF�VGmDJBMNFOUF�OBUP�JM�DPODFUUP�operativo di GPSN�mOEJOH. La forma non è creata dal progettista ma determinata� jBVUPNBUJDBNFOUFx� BUUSBWFSTP� MB� TQFSJNFOUB[JPOF� mTJ-ca sui modelli naturali. Il problema della TVQFSmDJF�NJOJNB nelle sue applicazioni ai sistemi di copertura, segna una svolta decisamente TJHOJmDBUJWB�OFMM�BQQSPDDJP�BMMB�RVFTUJPOF�EFMMB�necessità strutturale, legando insieme gli storici temi del minimo e dell’ottimo, e introdu-cendo una procedura operativa per poterli individuare. La TVQFSmDJF�minima è necessaria non soltanto in senso strettamente strumenta-le�o�QFSDIÏ�Ò�RVFMMB�DIF�JNQJFHB�MB�NJOPS�RVBOUJUË�EJ�NBUFSJBMF�QFS�assolvere al compito dato –, ma anche e soprattutto in senso strut-turale �QFSDIÏ�Ò� M�VOJDB�TVQFSmDJF � USB� MF� JOmOJUF�QPTTJCJMJ�QFS�RVFMMF�condizioni di contorno, a lavorare in regime membranale di semplici compressione e trazione, cioè come guscio. «Questa caratteristica fa TÖ�DIF�DPO�TVQFSmDJ�EJ�UBM�HFOFSF�TJ�PUUFOHB�MB�NBTTJNB�FDPOPNJB�EJ�materia. Il loro uso renderebbe, dunque, non solo “razionale” la solu-zione del problema strutturale [...], ma svincolerebbe il progettista da ogni responsabilità nella scelta della forma (a parte, ovviamente, la EFUFSNJOB[JPOF�EFMMF�iDPOEJ[JPOJ�BM�DPOUPSOPw �DIF�JOnVJTDPOP�EFDJ-TBNFOUF�TVM�SJTVMUBUP�mOBMF��-B�GPSNB�PCCFEJSFCCF�DPTÖ�TPMP�BMMF�MFH-HJ�DIF�HFOFSBOP�MF�mHVSF�TUSVUUVSBMJ�EFHMJ�FMFNFOUJ�OBUVSBMJ �VOJGPSNBO-dosi ad un principio razionale di economia, che diviene perciò stesso DSJUFSJP�EJ�iCFMMF[[Bw��*O�EFmOJUJWB�<���>�MB�GPSNB�TUSVUUVSBMF�PUUJNB�OPO�è da individuare pragmaticamente all’interno delle condizioni contin-genti e operative del singolo progetto, ma è da inscrivere in una con-cezione “totalitaria” della struttura come rispondente al principio del “minimo strutturale”»20. Fin troppo evidentemente, l’idea di TVQFSmDJF�minima riposa su di una concezione necessaria e deterministica della natura. Questo principio si esprime, in termini strutturali, nell’idea di univocità dell’ottimo, tale per cui «esiste una sola quantità minima di

19 0UUP�JOUSPEVDF�RVJ�VOB�QSFDJTB�DBSBUUFSJTUJDB�EFM�EJTFHOP�UFOTPTUSVUUVSBMF �DIF�JO�QPDIJ�BOOJ�EJWFOUFSË�VOB�DPTUBOUF�JEFOUJmDBCJMF�JO�NPMUJTTJNF�TUSVUUVSF�BOBMPHIF��-�FMFNFOUP�EJ�NBSHJOF�del velarium è realizzato con un’unica fune tesa che si ancora al suolo in corrispondenza EFMM�JOJ[JP�F�EFMMB�mOF�EFMMB�DPQFSUVSB �USBDDJBOEP�VOB�TFNJDJSDPOGFSFO[B��2VFTUB�GVOF�IB�MB�funzione di stabilizzare l’insieme delle singole campate relative ai pennoni, mantenendo in tensione il sistema globale. In molti stadi e palazzetti odierni, le tensostrutture di copertura NBOUFOHPOP�RVFTUB�DBSBUUFSJTUJDB �JNQJFHBOEP�VO�BOFMMP�teso nel margine interno per garan-UJSF�M�FRVJMJCSJP�UFOTJPOBMF�SJTQFUUP�BHMJ�FMFNFOUJ�compressi – nella maggior parte dei casi una serie di pennoni o un secondo anello – del margine esterno. Per una panoramica esaustiva EFMMF�TPMV[JPOJ�QJá�DPNVOJ�JO�NFSJUP�B�RVFTU�PSEJOF�EJ�TUSVUUVSF �SJNBOEJBNP�B �MassiMo Ma-jowiecki, 5FOTPTUSVUUVSF��QSPHFUUP�F�WFSJmDB, Milano, Cisia, 1985.20 rinaldo caPoMolla, Il ponte sul Basento di Sergio Musmeci. Il progetto della forma strut-turale prima dell’avvento del calcolo automatico, in, aa.vv., Storia dell’Ingegneria. Atti del 1° Convegno Nazionale (Napoli, 8-9 marzo 2006), Napoli, Cuzzolin Editore, 2006.

133

6.15. Frei Otto, Copertura dell’Area Olimpica, Monaco, 1972.6.16. Frei Otto, Copertura dell’Area Olimpica. Tribune dell’Olympiastadion.6.17. Frei Otto, Copertura dell’Area Olimpica. Villaggio Olimpico.6.18. Frei Otto, Copertura dell’Area Olimpica. Dettaglio dei nodi tra tiranti.6.19. Frei Otto, Copertura dell’Area Olimpica. %FUUBHMJP�EFMMB�mOJUVSB�

6.16.

6.18. 6.19.

6.17.

6.15.

134

una determinata materia con cui ogni struttura può essere realizza-UB �VOB�WPMUB�EFmOJUP�JM�TJTUFNB�EFMMF�GPS[F�FTUFSOF��5BMF�JOWBSJBOUF�Ò�connessa direttamente al concetto di minimo strutturale»21. Questa forma necessaria e univoca�Ò�RVJOEJ�pre-determinata dalla natura e indipendente dall’arbitrio del progettista, il cui compito diventa allora RVFMMP�jNFDDBOJDPx�EJ�JOEJWJEVBSMB�USB�MF�JOmOJUF�QPTTJCJMJ��-B�OBUVSB�Ò�cioè maestra e viene «comandata ubbidendo»22 alle sue leggi eterne, secondo l’antica concezione della tecnica aristotelica23. La ricerca dell’ottimo strutturale diventa allora non tanto una necessità strumen-tale, volta meramente all’economia24 del pensiero costruttivo e delle SJTPSTF�NFDDBOJDIF �RVBOUP�QJVUUPTUP �JO�UFSNJOJ�BTTPMVUJ �VO�dovere e una responsabilità imprescindibili dello strutturista nei confronti delle jEJWJOF�MFHHJ�EFM�NPOEP�mTJDPx25. Il principio di necessità diventa cioè imperativo morale dell’operare secondo natura, ed il progetto struttu-SBMF �EJ�DPOTFHVFO[B �VO�UFNB�TQFDJmDBUBNFOUF�etico.� -B� UFDOJDB� SJBDRVJTUB� BMMPSB� VO� QSPQSJP� PCJFUUJWP � F� UPSOB� BE�assumere il tradizionale valore di strumento. Scrive infatti Nervi: «la QSPHFUUB[JPOF�<���>�TJ�QVÛ�EFmOJSF �JO�TFOTP�WBTUP �DPNF�M�JOWFO[JPOF�e lo studio dei mezzi necessari a raggiungere un determinato scopo con la massima convenienza»26. Sulla stessa linea di pensiero l’al-lievo Sergio Musmeci. «La ricerca della forma strutturale non è in-nescata da un atto intuitivo o capriccioso, ma da un processo che SJDFSDB�MB�OFDFTTBSJB�DPOmHVSB[JPOF�EFMMB�NBUFSJB�OFMMP�TQB[JP �BUUB�B�SJTPMWFSF�VO�EFUFSNJOBUP�DPNQJUP�TUSVUUVSBMF�JNQJFHBOEPøJM�NJOJNP�JOEJTQFOTBCJMFø EFMMF� SJTPSTFx27. Già Otto, d’altra parte, pone come presupposto etico-necessitante l’assunto «che i problemi architetto-nici [...] dovrebbero essere risolti con un minimo dispendio di mezzi tecnici», teorizzando peraltro – e torniamo al tema dell’univocità del necessario – «che per ogni problema statico ci sia una sola soluzione DIF�<���>�TPEEJTm�MF�FTJHFO[F�BSDIJUFUUPOJDIFx28. Evidentemente, con la comparsa del piano etico come guida dell’esercizio progettuale, F� JORVBESBUB� JO�VOB�QSPTQFUUJWB�deterministica�EFM�NPOEP�mTJDP � MB�tecnica torna ad imporsi come mezzo, ed il progresso tecnico come processo esponenziale di ottimizzazione del mezzo. Questo può av-venire – è evidente – solo nella misura in cui l’operatività progettuale sia nuovamente guidata da un mOF �F�TPMP�TF�RVFTUP�mOF le sarà as-TFHOBUP�EBMM�jFTUFSOPx�DPTÖ�DPNF�Ò�TFNQSF�TUBUP��DJPÒ �JO�EFmOJUJWB �

21 MassiMo Majowiecki, Architettura e struttura, l’etica del ffd, cit.22 Pier luigi nervi, op. cit.23 aristotele (Ps.), Questioni Meccaniche, 847a. Secondo Aristotele, la meccanica è�una tec-nica che opera secondo natura (ƽƴDž݁�LJǎDŽƼƿ), per andare contro natura (�ƴǂ݁�LJǎDŽƼƿ), cioè�per vincere le sue leggi. «Se si deve realizzare qualcosa contro natura, allora sorge un problema ed è necessario ricorrere alla tecnica: chiamiamo “meccanica” quella tecnica che ci permette di risolvere il problema» (ibidem).24 *OUFOEJBNP�RVJ� JM�DPODFUUP�EJ�economia �TFDPOEP� MB�EFmOJ[JPOF�EJ�/PSCFSUP�5BSSBHP �«in senso non economicista», ma piuttosto come un orientamento generale del pensiero proget-tuale che privilegi «valori di principio quali la semplicità, l’ordine, la chiarezza, la facilità co-struttiva» (cit. in, edoardo benvenuto, pref. a, eduardo torroja, La concezione strutturale, cit.).25 Pier luigi nervi, op. cit.26 Ibidem.27 sergio MusMeci, cit. in, MassiMo Majowiecki, Architettura e struttura, l’etica del ffd, cit.28 frei otto, Copertura area olimpica - Monaco�JOUFSWJTUB �JO�j.PEVMPx�O¡���� ������

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6.20. «Costruzione leggera» naturale. Ragnatela.6.21. «Costruzione leggera» naturale. Bolla di sapone.6.22. SVQFSmDJF�NJOJNB con membrana saponata. Catenoide.6.23. SVQFSmDJF�NJOJNB con membrana saponata. Elicoide.6.24. SVQFSmDJF�NJOJNB con membrana saponata. Sella.6.25. SVQFSmDJF�NJOJNB con membrana saponata. Ipercubo.

6.20.

6.22.

6.24.

6.21.

6.23.

6.25.

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purché il mOF non sia da ascrivere nell’ambito tecnico e non coincida RVJOEJ�DPO�M�FTJCJ[JPOF�BVUPSFGFSFO[JBMF�EFM�mezzo stesso29. Ecco allo-ra Nervi e Musmeci delineare la funzione strumentale in relazione ad un «determinato scopo» o «compito», ossia ritornare potentemente B�RVFMM�utilitas vitruviana – le «esigenze architettoniche» di Otto – che sembrava invece perdersi nella tendenza estetica teleologica. Nel GPSN� mOEJOH, e, più in generale, in tutta l’architettura strutturale, la tecnica è mezzo proprio perché strumento di deduzione – non impo-sizione�o�EFMMB�GPSNB �F�RVJOEJ �EJ�QFS�TÏ �OFDFTTBSJBNFOUF orientato all’origine in una ben determinata direzione. Direzione che tornerà allora a coincidere con la necessità etica dei compiti strutturali e fun-zionali, nuovamente presupposti di partenza ad origine del processo di determinazione formale e nuovamente fattori predittivi dell’operati-vità tecnica. La forma, allora, non è più scopo in sé, ma espressione attuata�EJ�VOP�TDPQP�jBMUSPx�DIF�OF�DPTUJUVJTDF�JM�QSJODJQJP �JO�UFSNJOJ�logici e cronologici. Il lavoro di Otto con i sistemi tensostrutturali ha avuto grande risonanza sulla scena dell’architettura contemporanea, determinando MB�TFNQSF�QJá�TJHOJmDBUJWB�EJGGVTJPOF�EFMMF�costruzioni leggere e intro-ducendo prepotentemente i presupposti teorici di un modo nuovo di vedere e fare architettura. Le sue ricerche sperimentali sulle TVQFSmDJ�minime, le strutture a membrana e le reti di funi, lo rendono, certo, un lungimirante pioniere delle odierne espressioni ingegneristiche, anche se, tuttavia, non un caso isolato rispetto al panorama europeo EFHMJ�BOOJ�����F������*O�RVFTUP�QFSJPEP�EJ�HSBOEF�GFSNFOUP�DPTUSVUUJ-vo si stanno infatti sperimentando parallelamente soluzioni analoghe con l’impiego del calcestruzzo armato nei sistemi a regime membra-nale, che declinano in forma diversa il medesimo tema delle TVQFSmDJ�minime. Sono gli anni d’oro delle strutture a guscio, la cui ricerca ha DPOEPUUP�B�TWJMVQQJ�QBSUJDPMBSNFOUF�TJHOJmDBUJWJ�OFMM�BNCJUP�EFMMB�USB-dizione ingegneristica spagnola. Oltre agli studi di Torroja – che delle «forme a guscio» ha peraltro curato il capitolo nel manuale di Colon-netti30 – è doveroso citare l’opera di Felix Candela, che più di ogni altro ha saputo sviluppare il tema del paraboloide iperbolico nelle sue straordinarie applicazioni alle membrane strutturali cementizie. In Giappone – sempre nel 1964 – Kenzo Tange progetta il celebre Gym-nasium per le Olimpiadi di Tokyo, dove si fondono compiutamente le nuove possibilità tensostrutturali dell’acciaio con il più tradizionale valore plastico del calcestruzzo. Qui, la geometria iperbolica è rea-lizzata con una pelle di lastre metalliche sostenute da funi, secondo il medesimo schema che impiegava Otto. Per il sostegno della co-pertura tensostrutturale tuttavia, Tange utilizza due corposi pennoni cementizi e una pesante arcata compressa di ancoraggio al suolo31. 29 Cfr. cap.5.30 eduardo torroja, Le forme a guscio, in, gustavo colonnetti, Scienza delle Costruzioni, Vol. iii. La tecnica delle costruzioni: le pareti sottili, Torino, Einaudi, 1957. 31 Secondo uno schema che riscuoterà grande fortuna, spesso impiegato ancora oggi per realizzare tensostrutture di copertura. Nel Palazzetto dello Sport di Atene (1982), ad esem-pio, Majowiecki disegna un’ellisse esterna di calcestruzzo compresso – per Tange sono due semi-ellissi distinte – che mantiene in tensione la rete tesa di funi interne. Per una panorami-DB�FTBVTUJWB�EFMMF�TPMV[JPOJ�QJá�DPNVOJ�JO�NFSJUP�B�RVFTU�PSEJOF�EJ�TUSVUUVSF �SJNBOEJBNP�B �MassiMo Majowiecki, 5FOTPTUSVUUVSF��QSPHFUUP�F�WFSJmDB, cit.

137

6.28.

6.27.

6.26.

6.26. Eduardo Torroja, Ippodromo Zarzuela, Madrid, 1935.6.27. Félix Candela, 0DFBOPHSËmD, Valencia, 1994.6.28. Kenzo Tange, Yoyogi National Gymnasium, Tokyo, 1964.

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Stessi anni, stessi temi, differenti declinazioni. Nel panorama italiano, colui che più di ogni altro ha contribuito a portare avanti il dibattito BSDIJUFUUPOJDP� JOUPSOP�BJ� UFNJ�jDBMEJx�EFMMB�necessità strutturale, del minimo e dell’ottimo, è senza dubbio il già citato Sergio Musmeci. La sua giovanile provenienza nerviana lo colloca, d’altra parte, nell’am-CJUP�EJ�RVFMMB�DPSSFOUF�EJ�QFOTJFSP�SJHPSPTBNFOUF�logico-tecnica che abbiamo chiamato architettura strutturale, e che, almeno nel nostro Paese, ha sempre avuto grande tradizione e illustri portavoce inter-nazionalmente celebrati. La posizione teorica di Musmeci si concreta nello straordina-rio progetto per il viadotto sul Basento (1967), dove convergono le tendenze di sperimentazione formale sul tema delle TVQFSmDJ�NJOJNF con il più pragmatico empirismo costruttivo tradizionalmente portato BWBOUJ�EB�/FSWJ��5SPWBOP�RVJ�GPSNB�DPNQJVUB� JM�QSJODJQJP�EFM�minimo strutturale – una declinazione geometrica dell’ottimo – teorizzato dal-lo stesso Musmeci, ed una logica di progetto strettamente deduttiva che a tutti gli effetti precorre la stagione informatica del GPSN�mOEJOH. Il ponte sul Basento è una struttura assolutamente unica nel suo ge-OFSF��-�JNQBMDBUP�B�DBTTPOF�Ò�TPTUFOVUP�EB�RVBUUSP�BSDBUF�DPOUJOVF�EJ�RVBTJ����NFUSJ�DJBTDVOB �DPODFQJUF�DPNF�volte a doppia curvatura anticlastica dallo spessore medio di circa 30 cm. Il funzionamento TUSVUUVSBMF�Ò�RVJOEJ�RVFMMP�EJ�VOB�membrana cementizia. Ribaltando MF�FRVB[JPOJ�EJGGFSFO[JBMJ�EJ�FRVJMJCSJP �.VTNFDJ�BTTFHOB�DPNF�OPUP�il regime membranale di sforzi, per porre l’incognita nella forma, che viene in tal modo a posteriori «dedotta da un processo di ottimizza-zione del suo regime statico»32 QSFmTTBUP�� *M� SFHJNF�DIF�TDFHMJF�EJ�BTTFHOBSF�BMMB�TUSVUUVSB�Ò�RVFMMP�EJ�TFNQMJDF�compressione uniforme isotropa, per sfruttare al massimo le proprietà meccaniche del guscio di calcestruzzo. A partire da pochi calcoli schematici33, formulati a più riprese tra un test e l’altro, la valutazione di fattibilità dell’intero proget-UP�Ò�TUBUB�BGmEBUB�QSJODJQBMNFOUF�BJ�SJTVMUBUJ�EFMMF�prove sperimentali, FTFHVJUF�TV�RVBUUSP�EJWFSTJ�NPEFMMJ�DPTUSVJUJ�JO�SFMB[JPOF�BM�UJQP�EJ�WFSJ-mDB�SJDIJFTUB��-B�GPSNB�TUSVUUVSBMF�QSFMJNJOBSF�Ò�TUBUB�EJTFHOBUB�TVMMB�CBTF�EJ�VO�QJDDPMP�QMBTUJDP�JO�mMP�EJ�GFSSP�F�lamina saponata, secondo il metodo di Plateau. Un secondo modello di gomma para in scala 1:100 ha permesso di determinare approssimativamente lo stato ten-sionale della membrana attraverso la misurazione degli allungamenti. Nella stessa scala è stato poi realizzato un terzo modello di QFSTQFY, per valutare l’entità delle perturbazioni al regime membranale e del-le deformazioni in condizione di carico. Considerata l’eccezionalità della struttura e la comprensibile incertezza per il suo reale compor-UBNFOUP �TJ�DPTUSVJTDF�VO�RVBSUP�NPEFMMP�JO�TDBMB����� �SFBMJ[[BUP�JO�microcemento come perfetta riproduzione del ponte, armature com-QSFTF��2VFTUP�NPEFMMP �MVOHP�RVBTJ����NFUSJ �WJFOF�VUJMJ[[BUP�QFS�FG-fettuare prove di deformazione in campo elastico e poi portato a rot-

32 sergio MusMeci, Ponte sul Basento �JO�j-�JOEVTUSJB�*UBMJBOB�EFM�$FNFOUPx�O¡�� ������33 In particolare sono stati impiegati tre distinti metodi di calcolo, alternati alle varie fasi di sperimentazione: un metodo analitico su modelli matematici al continuo, un metodo geome-trico�EJ�TUBUJDB�HSBmDB�FE�VO�metodo numerico�EJTDSFUP�BHMJ�FMFNFOUJ�mOJUJ��%J�RVJ�B�QPDIJTTJNJ�BOOJ �RVFTU�VMUJNB� GPSNB�EJ�BOBMJTJ�BQQSPEFSË�QPUFOUFNFOUF�TVM�DBMDPMBUPSF �EFUFSNJOBOEP�VOB�WFSB�SJWPMV[JPOF�EFHMJ�TUSVNFOUJ�EJ�WFSJmDB�TUSVUUVSBMF�DGS��DBQ����

139

6.29. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento. Modello di gomma.6.30. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento. Modello di perspex.6.31. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento. Modello di microcemento. Prove di carico.6.32. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento. Modello di microcemento. Fase di armatura.6.33. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento. Modello di microcemento. Fase di armatura.

6.29.

6.30.

6.31.

6.33.6.32.

140

tura. Il test dimostra la resistenza della struttura per un moltiplicatore di carico pari al triplo delle normali condizioni di esercizio. I risultati TPOP�DPOGPSUBOUJ�F�DPOGFSNBOP�DPO�TVGmDJFOUF�NBSHJOF�EJ�TJDVSF[[B�MB�validità�EFMMB�QSFWJTJPOF�TUSVUUVSBMF�EJ�.VTNFDJ��"�RVFTUP�QVOUP�TJ�EË�il via alla costruzione, che si concluderà solo nel 1976, a 11 anni di distanza dalle prime sperimentazioni di progetto. Con in viadotto sul Basento, indiscusso capolavoro dell’inge-gneria strutturale del xx secolo, Musmeci inaugura di fatto una conce-zione del progetto che nel giro di pochissimi anni avrebbe trovato nei software cae lo strumento ideale per costituirsi rigorosamente come vera e propria metodologia deduttiva. Già il ponte di Potenza, se-condo Capomolla, «annuncia l’avvio di quell’approccio per modelli discreti che, con il supporto insostituibile del calcolatore elettronico, TFHOFSË� JM� EFmOJUJWP� TVQFSBNFOUP� EFM� iSFHPMP� DBMDPMBUPSFwx34. L’ap-QSPDDJP�TQFSJNFOUBMF�EJ�.VTNFDJ �JO�FGGFUUJ �TFNCSB�RVJ�HJË�GPSUFNFOUF�PSJFOUBUP�WFSTP�RVFMMB�GPSNB�EJ�progetto automatico che, con l’introdu-zione del software, stravolgerà alla radice i modi tradizionali del pen-TBSF�F�EFM�WFSJmDBSF�M�BSDIJUFUUVSB��-B�TDJFO[B�EFMMF�DPTUSV[JPOJ �E�BMUSB�parte, «è stata essenzialmente concepita come l’insieme di tutte le UFPSJF�F�J�NFUPEJ�EJ�DBMDPMP�DIF�DPOTFOUPOP�MB�WFSJmDB�EJ�TUSVUUVSF�HJË�progettate. Resta fuori [...] la fase creativa della forma strutturale». Diventerà allora «necessario sviluppare una vera e propria teoria del-le forme, interamente basata sulle enormi potenzialità di trattamento delle informazioni offerte dai calcolatori elettronici»35. E dovrà essere una teoria deduttiva, cioè uno strumento che permetta di elaborare la stessa concezione della forma – e non solo la WFSJmDB –, che legit-timi il momento creativo come NPNFOUP�TDJFOUJmDP � JORVBESBOEP� MB�QSFmHVSB[JPOF� GPSNBMF in una prospettiva strutturale rigorosamente deterministica. Musmeci sta precorrendo i tempi. Con davanti agli occhi i primissimi sistemi cad, egli riesce già ad immaginare un’infor-matica diffusa, a disposizione di tutti i progettisti, sognando, con stra-ordinaria lungimiranza, di poter «disegnare [...] la forma dei bordi e osservare subito la forma che ne consegue per il guscio; ridisegnare J�CPSEJ�F�PTTFSWBSF�MB�GPSNB�DIF�TJ�NPEJmDB�TPUUP�J�OPTUSJ�PDDIJx36. Quello che Musmeci dipinge trasognato nel 1972 è oggi una realtà. Software come surface evolver e bubble skin soaP – peraltro, TJHOJmDBUJWBNFOUF � FOUSBNCJ� freewareø o � SFBMJ[[BOP� JO� UFNQP� SFB-le TVQFSmDJ�NJOJNF� B� QBSUJSF� EB� QSPmMJ� TQB[JBMJ�� -B� GPSNB� SJTVMUBOUF�Ò�VO�PHHFUUP�EJOBNJDP � TJNVMUBOFBNFOUF�NPEJmDBCJMF �EFM�RVBMF�TJ�possono variare, attraversi semplici istruzioni, i regimi tensionali e le spline di bordo, con output immediato. I software odierni hanno NFTTP�B�EJTQPTJ[JPOF�EFJ� QSPHFUUJTUJ� RVFMMB� UBOUP� BVTQJDBUB�«teoria delle forme» DIF�TPHOBWB�.VTNFDJ��VOP�TUSVNFOUP �DJPÒ � JO�HSBEP�di determinare automaticamente e deduttivamente la forma ottima, a partire dal compito strutturale. Il ruolo del progettista rimane comun-RVF�GPOEBNFOUBMF�OFM�TFMF[JPOBSF�J�SFRVJTJUJ�HFOFSBMJ�F�MF�DPOEJ[JPOJ�EJ�DPOUPSOP �BMM�JOUFSOP�EFJ�RVBMJ �UVUUBWJB �MB�forma individuata non è 34 rinaldo caPoMolla, Il ponte sul Basento di Sergio Musmeci, cit.35 sergio MusMeci, Il calcolo elettronico e la creazione di nuove forme strutturali, in, Maria zevi (a cura di), Architettura & Computer, Roma, Bulzoni Editore, 1972.36 Ibidem.

141

6.34. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento. Intradosso del guscio.6.35. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento. Estradosso del guscio.6.36. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento, Potenza, 1967-1976.

6.36.

6.34. 6.35.

142

QJá�VOB�TVB�QSFmHVSB[JPOF�BSCJUSBSJB �NB�M�VOJDB�TPMV[JPOF�QPTTJCJMF�BMM�JODPHOJUB�HFPNFUSJDP�TUSVUUVSBMF�QSFEFUFSNJOBUB �FE�JO�RVBOUP�UBMF �una soluzione oggettiva e necessaria. Ecco allora che «la laboriosa “matematica di approssimazione”, che aveva animato gli ingegneri in tante eroiche battaglie e mosse geniali, non s’avvale più di simpatici “malandrini” [...], ma procede fulminea nel labirinto dei suoi software, servizievole e pronta all’uso, chiavi in mano»37��*O�RVFTUP�TFOTP �M�JO-troduzione dell’informatica non ha rivoluzionato tanto i modi del fare BSDIJUFUUVSB�o�MB�MPHJDB�EFEVUUJWB�EFMMB�GPSNB�jOBUVSBMFx �E�BMUSB�QBSUF �rimane sostanzialmente invariata –, ma ha stravolto oltre ogni aspet-tativa, e, forse, oltre ogni auspicio, le dimensioni del fenomeno form mOEJOH. Ormai «di coperture a foggia di paraboloidi iperbolici ce n’è a bizzeffe, persino tra le tettoie delle stazioni di servizio, così come di pannelli dipinti “alla Mondrian” son pieni i banchi dei bar di periferia. La crisi dell’utopia non è mai tanto cocente e debilitante quanto lo è nel tempo in cui ciò che fu oggetto di sognante desiderio e di appas-sionato agone è ormai per gran parte realizzato, sì da non destare più sorpresa [...]. E’ questa la crisi che impregna di sé il nostro tempo: OPO�UBOUP�MB�DSJTJ�EFMMP�TDBDDP�EJOBO[J�B�EJGmDPMUË�JOTPSNPOUBCJMJ �EFMMB�rinuncia di fronte all’impossibile, del brusco risveglio che dissolve il-lusioni e speranze, quanto invece la crisi che sopraggiunge insidiosa nei giorni successivi alla vittoria, quando la meta è raggiunge e il “tantum novum” di prima è entrato nel novero del “deja vu”, e lo spirito torna inquieto a domandarsi: tutto qui?»38. E si ritorna prepotentemente al tema tecno-estetico39. Sorge cioè, insidioso, il bisogno di andare oltre, di superare un’oggettività che, una volta sublimata, non ha apparentemente più nulla da dire. L’ancestrale sogno costruttivo di protendersi al necessario ha trovato allora nel GPSN�mOEJOH�JOGPSNBUJDP�RVFM�DPNQJNFOUP�EFmOJUJWP �RVFMMB�riuscita non plus ultra, che paradossalmente dissolve tutte le fedi e le speranze, smantellando alla radice il meraviglioso bisogno umano del ricercare. «C’è una malinconia del dovere compiuto, più vasta e JNQBMQBCJMF�EJ�RVFMMB�DIF�TJ�DPOPTDF�TVJ�QJSPTDBmx40. La «crisi dell’u-topia» di Benvenuto è cioè una crisi del motore utopico � EJ� RVFMMB�volontà escatologica che spinge costantemente la ricerca verso una meta agognata, e che, una volta raggiuntala, non trova alcun appa-gamento se non nell’orgoglio istantaneo e tristemente caduco di po-ter ripensare al viaggio con posata soddisfazione. Bisognerà allora porsi nuovi obiettivi, rinnovare l’utopia � DPTÖ� DIF� MP� TQJSJUP� JORVJFUP�possa tornare a volere altro��"�RVFTUB�DSJTJ�EJ�PCJFUUJWJ�o�TJ�Ò�WJTUP�o �JM�free form risponde ampliando il dominio del possibile; e lo fa non sol-tanto nei termini più concreti della possibilità costruttiva, ma soprat-tutto nell’espressione tecnocratica di una nuova volontà del possibile che è di per sé volontà utopica, proprio perché tende costantemente ad auto-superarsi guardando di volta in volta oltre il mero limite del GBUUVBMF��$PTÖ�PHHJ �BODIF�JM�QSPHFUUJTUB�QJá�SJHPSPTP �QJá�UFDOJDP �QJá�moralmente orientato alla necessità del compito architettonico, sarà 37 edoardo benvenuto, pref. a, eduardo torroja, La concezione strutturale, cit.38 Ibidem.39 Cfr. cap.5.40 uMberto eco, Il cimitero di Praga, Milano, Bompiani, 2010.

143

6.37. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento. Ricostruzione digitale della membrana.6.38. SVQFSmDJF�NJOJNB con surface evolver��1SPmMP���4VEEJWJTJPOF�mesh - Forma.6.39. SVQFSmDJF�NJOJNB con surface evolver. Esempio di forma complessa.6.40. SVQFSmDJF�NJOJNB con surface evolver. Esempio di forma complessa.

6.38.

6.40.6.39.

6.37.

144

almeno una volta tentato dal bisogno di superare l’espressione og-gettiva del costruire, spinto dalla seducente onnipotenza dei sistemi JOGPSNBUJDJ �F �GPSTF �jBOOPJBUPx�EBMM�BWFS�DPNQJVUP�JM�QSPQSJP�dovere – tecnico, certo, ma soprattutto etico – con indubitabile e necessa-SJBNFOUF�SJQFUJUJWB�QFSJ[JB��$PTÖ �BODIF�VO�QSPHFUUJTUB�DPNF�4IJHFSV�Ban – che per anni ha perseguito alacremente la via tecno-etica della necessità, realizzando peraltro indiscussi capolavori di architettura strutturale come la Picture Window House di Shizuoka (2002) – sem-bra negli ultimi tempi aver subito sempre più potentemente la fasci-nazione poetica del free form. Nel Centre Pompidou di Metz (2010), VOB�jOVWPMBx�EJ� MFHOP� MBNFMMBSF� JOUSFDDJBUP� SJDPQSF� M�JOUFSP� FEJmDJP �assecondandone le forme ardite in un gioco plastico di vuoti, curva-UVSF�F�DPMPOOF�mUPNPSGF �TFDPOEP�MB�jMPHJDBx�GPSNBMF�JOBVHVSBUB�EB�Massimiliano Fuksas con la nuova FieraMilano (2005). Di fronte ad una simile inversione di rotta, non possiamo fare a meno di porci alcu-OJ�JOUFSSPHBUJWJ �DIF�EJWFOUBOP�RVFTUJPOJ�JNQSFTDJOEJCJMJ�QFS�BGGSPOUBSF�l’architettura strutturale di oggi, ma, soprattutto, per immaginare una RVBMDIF�EJSF[JPOF�OFM�EPNBOJ��-�JOGPSNBUJDB�IB�EBWWFSP�SJTUSFUUP�JM�do-minio del necessario oltre ogni possibile limite ulteriore di oggettività costruttiva? Ha davvero vagliato tutte le vie, esaurito tutte le soluzioni, DPODMVTP�EFmOJUJWBNFOUF�JM�QFSDPSTP�TUPSJDP�EFMMB�SJDFSDB�TUSVUUVSBMF �4F�DPTÖ� GPTTF �EPWSFNP�BMMPSB� SJWPMHFSF� MP�THVBSEP� JOUFSSPHBUJWP�BE�un futuro assai incerto. Se l’oggettività è compiuta e se davvero deve essere superata, cosa può esserci oltre �3JTQPOEFSF�jMB�soggettività EFMM�FTQSFTTJPOF�FTUFUJDBx �DPNF�TFNCSB�GBSF�4IJHFSV�#BO �TJHOJmDB�evidentemente intraprendere un’altra strada.� *OOBO[JUVUUP �RVFTUP�QSPCMFNB�non è un problema nuovo. Prima della rivoluzione informatica, si era già presentato con l’introduzione dell’acciaio e delle nuove radicali tecnologie costruttive che l’accia-io aveva dimostrato di poter legittimare. Si può dire la stessa cosa per il cemento armato, per i sistemi tensostrutturali, per i calcestruzzi QSFDPNQSFTTJ�� JO� TPTUBO[B �QFS� VOB�RVBMVORVF� SJWPMV[JPOF� SBEJDBMF�dei sistemi costruttivi, una volta che l’innovazione tecnologica si sia BTTFTUBUB�F�UJQJ[[BUB�mOP�B�DSFBSF�VO�OVPWP�standard, ed a fondare VOB�OVPWB�jUSBEJ[JPOFx��$JBTDVOB�EJ�RVFTUF�SJWPMV[JPOJ�IB�TBQVUP�TUP-ricamente riformulare i propri dominii del possibile e del necessario, stabilizzandosi, dopo un articolato momento iniziale di ricerca e speri-mentazione, su un NPEFMMP�mTTP, cioè su una formula dimostratasi più FGmDBDF�EJ�BMUSF �FE�JO�RVBOUP�UBMF �MFHJUUJNBNFOUF��replicabile��$PTÖ �ad esempio, «i trecento anni necessari per l’evoluzione della catte-drale gotica sono stati dedicati principalmente alla rielaborazione ed al miglioramento dello stesso tipo costruttivo»41. Allo stesso modo, secondo Mies, dovrebbe operare l’architetto moderno, perseguendo l’FGmDBDJB� PHHFUUJWB di un modello dimostratosi necessario senza il timore infondato di ripetere – e di ripetersi. «Certamente proviamo a trovare nuove possibilità. Le cerchiamo, ma se non vi è nessuna soluzione realmente nuova, allora non ci spaventiamo di applicare le WFDDIJF�TPMV[JPOJ�DIF�BCCJBNP�HJË�VTBUP��*P�OPO�GBDDJP�PHOJ�FEJmDJP�in modo differente, non sognerei neppure di farlo; solo se il program-41 ludwig Mies van der rohe, Un colloquio con Mies (1958), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.

145

ma o lo scopo reale richiede qualcosa di nuovo, solo allora lavoriamo in quella direzione, ma non per immaginare nuovi effetti»42. Alcuni progettisti, continua, – e inevitabilmente si ritorna ancora al confronto con il free form – «pensano che si debba sempre fare qualcosa di nuovo: aspirano sempre a maggiori novità e non alle cose essenziali. Ma l’essenziale è quello che concerne l’architettura, e non dovremmo temere che risulti parzialmente noioso»43. Quello che Mies cerca di dimostrare è che il valore intrinseco dell’oggettività non è in alcun modo intaccato dall’inevitabile ripetitività�EFM�NPEFMMP�FGmDBDF �DPTÖ�DPNF�OPO�QVÛ�FTTFSDJ�jOPJBx�WFSTP�VOP�TUSVNFOUP�DIF�GVO[JPOJ �QFS�RVBOUP� TJB� TFNQSF�VHVBMF��2VFM� jTFNQSF�VHVBMFx�Ò �E�BMUSB�QBSUF �MFHJUUJNBUP�EBMM�FGmDBDJB��*M�NPEFMMP�TJ�SFQMJDB�se e quando funziona. In RVFTUP�TFOTP �MB�ripetitività diventa espressione necessaria del valore intrinseco di una formula. Ciò accade inevitabilmente anche – ma non solo – oggi. Nel QBOPSBNB�DPOUFNQPSBOFP �UVUUBWJB �RVFTUB�MPHJDB�TUPSJDBNFOUF�DP-stante sembra porsi in misura nuova, e per la prima volta in termi-ni radicalmente problematici. La ripetitività �QFS�RVBOUP�HJVTUJmDBUB �appare agli occhi del fruitore contemporaneo come una crisi dell’in-novazione. Siamo, d’altra parte, in una società inesorabilmente as-suefatta al progresso costante ed esponenziale, al bombardamento iconico, alla «percezione distratta»44, e l’architettura non può che DPOGPSNBSTJ� B�RVFTUP�standard di trasformazione,� GPUPHSBmB�QBSB-digmatica di un bisogno profondo di continuo divenire�� *O�RVFTUB�ben determinata prospettiva, la poetica del free form e le nuove DSFB[JPOJ� jNFSBWJHMJPTFx�EFM�design odierno, assumono parados-salmente i connotati miesiani di un’inevitabile espressione della vo-MPOUË�NFUBNPSmDB�EFM�OPTUSP� UFNQP��&TQSFTTJPOF� MFHJUUJNB�F�DPN-prensibile, certo, ma non necessariamente unica. Il GPSN�mOEJOH e l’architettura strutturale tutta, non possono evidentemente confor-NBSTJ�B�RVFTUB�UFOEFO[B��QFOB�JM�SBEJDBMF�TOBUVSBSTJ�EFJ�QSJODJQJ�etici che vi soggiaciono. E’ ancora possibile, allora, operare in una pro-spettiva tecnica necessitante, senza lasciarsi sedurre dalle perico-lose fascinazioni dell’informe? Proviamo ad azzardare una risposta. &��BODPSB�QPTTJCJMF �F�TFO[B�QFS�GPS[B�EPWFS�JODPSSFSF�OFMMB�jOPJBx�fruitiva comune al nostro tempo, nella misura in cui la ripetitività non sia tanto una mera ripetizione�EJ�GPSNVMF�jOBUVSBMJx�PSNBJ�DPOTPMJEB-UF �RVBOUP�QJVUUPTUP�VOB�SJDFSDB�TUSVUUVSBMF�EJ�OVPWF�declinazioni su RVFMMF�TUFTTF�GPSNVMF��SJDFSDB�MFHJUUJNBUB�EBMMB�OVPWB �BSEJUB �OBUVSB�dei compiti costruttivi e dal rinnovato interesse architettonico verso il paesaggio, che il panorama contemporaneo richiede con nuova forza alle opere di ingegneria. Nel 1969 Sergio Musmeci vince il concorso internazionale per il Ponte sullo stretto di Messina con un progetto che, se pur non sarà mai SFBMJ[[BUP �QPOF�QFS�MB�QSJNB�WPMUB�RVFTUJPOJ�TUSVUUVSBMJ�BTTPMVUBNFOUF�JOOPWBUJWF��-�JQPUFTJ�QJá�FGmDBDF�TFNCSB�mO�EB�TVCJUP�RVFMMB�EJ�VO�VOJ-42 ludwig Mies van der rohe, Mies a Berlino (1964), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.43 ludwig Mies van der rohe, L’architettura non è un Martini (1964), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.44 Cfr. nota 41, cap.4.

146

ca campata, nonostante l’eccezionale luce libera di oltre 3000 metri45. 1FS�PWWJBSF�B�RVFTUP�QSPCMFNB �.VTNFDJ�QSPQPOF�VOB�TPMV[JPOF�ibrida USB�EJGGFSFOUJ�UFDOPMPHJF��*M�QSPHFUUP�TJ�DPOmHVSB�DPNF�VO�JOFEJUB�DPN-binazione tra un sistema sospeso, uno strallato, ed una tensostruttura. La tradizionale catenaria di sospensione non si appende direttamente BJ�QJMPOJ�NB�BE�VO�VMUFSJPSF�GVOF�UFTB �JODMJOBUB �DIF�SJQPSUB�JOmOF�JM�DB-rico di compressione alle antenne, secondo uno schema tipicamente strallato. Questo sistema permette di ridurre la luce libera della fune QPSUBOUF�B������NFUSJ �NBOUFOFOEP �EJ�DPOTFHVFO[B �VO�BMUF[[B�jSB-HJPOFWPMFx�QFS�MF�BOUFOOF�����NFUSJ�DPOUSP�J������DIF�TBSFCCFSP�TUBUJ�necessari per un sistema sospeso con luce non ridotta). Il problema maggiore diventa allora l’impalcato, la cui rigidezza dovrà contrastare FGmDBDFNFOUF�HMJ�TQPTUBNFOUJ�PSJ[[POUBMJ�F�M�JOFWJUBCJMF�TPQSBHHJVOHF-re di importanti fenomeni di instabilità aeroelastica e aerodinamica. .VTNFDJ�QSPQPOF�BMMPSB�EJ�PWWJBSF�B�RVFTU�PSEJOF�EJ�QSPCMFNJ�BUUSBWFS-so l’introduzione di un sistema tensostrutturale integrato all’organismo sospeso. Al di sotto dell’impalcato viaggia una contro-fune stabilizzan-te a doppia curvatura, puntualmente ricollegata ai pendini della fune portante��-B�SJHJEF[[B�EFMM�JNQBMDBUP�Ò�RVJOEJ�HBSBOUJUB�EB�VO�TJTUFNB�reticolare di funi tese, ed il cassone può essere dimensionato per ri-TQPOEFSF�TPMP�BM�QSPCMFNB�nFTTJPOBMF �DPO�NJTVSF�RVJOEJ�DPNQBUJCJMJ�B�RVFMMF�EJ�VO�PQFSB�EJ�MVDF�DPNVOF�� *M�QSPHFUUP�EJ�.VTNFDJ�IB�EJNPTUSBUP�M�FGmDBDJB�EFJ�TJTUFNJ�UFO-sostrutturali anche al di fuori della comune applicazione nelle strut-ture leggere di copertura. Il suo appello sarà raccolto pochi anni più tardi da Massimo Majowiecki, che più di ogni altro nel panorama ita-liano contemporaneo sta portando avanti l’eredità teorica e pratica dell’ingegnere romano, contribuendo a diffondere una nuova tradizio-ne�UFOTPTUSVUUVSBMF�OFMM�BNCJUP�TQFDJmDP�EFMMF�TUSVUUVSF�B�QPOUF��/FMMP�straordinario progetto per una passerella pedonale sul Reno a Casa-lecchio (2003), il sistema sospeso diventa, di fatto, una vera tenso-struttura, composta di funi portanti e stabilizzanti a doppia curvatura parabolica, mantenute in tensione reciproca dai pendini. Gli sposta-NFOUJ�PSJ[[POUBMJ�F�WFSUJDBMJ�WFOHPOP�RVJOEJ�DPOUSBTUBUJ�FGmDBDFNFOUF�dalla risposta tensionale del sistema di funi, lasciando all’impalcato JM�TPMP�DPNQJUP�EJ�SFTJTUFSF�B�nFTTJPOF��$JÛ�IB�QFSNFTTP�EJ�SFBMJ[[B-re, nonostante i 98 metri di luce, una passerella straordinariamente sottile e slanciata, la cui forma asseconda fedelmente il disegno spa-ziale della tensostruttura, con la leggera contro-curvatura delle funi stabilizzanti sul piano verticale, e l’ampliamento a doppia parabola simmetrica dell’impalcato sul piano orizzontale, che segue in paralle-lo l’aprirsi delle funi portanti dall’ancoraggio alla mezzeria. Il sistema di funi principali è sostenuto da una coppia di portali a cavalletto che poggiano elegantemente sulle fondazioni con piccole cerniere TGFSJDIF��2VFTUP�SBGmOBUP�EFUUBHMJP �PMUSF�B�DPOGFSJSF�VMUFSJPSF� MFHHF-rezza all’immagine complessiva della struttura, permette una minima

45 Se realizzato, il Ponte sullo stretto sarebbe il detentore incontrastato del primato mondiale per la luce libera�QJá�BNQJB�RVBTJ�JM�EPQQJP�EFMM�BUUVBMF�Akashi-Kaikyo di Kobe). La scelta EFMMB�DBNQBUB�VOJDB�QBSWF�mO�EB�TVCJUP�QSBUJDBNFOUF�PCCMJHBUB��0QFSBSF�TV�QJá�DBNQBUF�BWSFCCF�JOGBUUJ�TJHOJmDBUP�EPWFS�SFBMJ[[BSF�QJMF�TVCBDRVFF�DPO�GPOEB[JPOJ�BE�PMUSF�����NFUSJ�EJ�QSPGPOEJUË �B�QSFTTJPOJ�NPMUP�FMFWBUF�FE�JO�BDRVF�QBSUJDPMBSNFOUF�UVSCPMFOUF��

147

6.41. Sergio Musmeci, Ponte sullo stretto. Disegno di concorso.6.42. Sergio Musmeci, Ponte sullo stretto. Dettaglio dell’impalcato.6.43. Sergio Musmeci, Ponte sullo stretto, Messina, 1969. Plastico.

6.43.

6.41.

6.42.

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SPUB[JPOF�EFJ�DBWBMMFUUJ�BM�WBSJBSF�EFJ�DBSJDIJ�E�FTFSDJ[JP �F�RVJOEJ �BMMB�UFOTPTUSVUUVSB�DPNQMFTTJWB �EJ�BTTFTUBSTJ�OBUVSBMNFOUF�mOP�BE�JOEJWJ-EVBSF�MB�DPOmHVSB[JPOF�PUUJNBMF�EJ�FRVJMJCSJP� La ricerca architettonica nell’ambito del GPSN�mOEJOH�non si de-clina, tuttavia, nello solo sviluppo dei sistemi tensostrutturali. Le pri-me sperimentazioni in tale prospettiva – come ricordato – sono nate a partire del semplice studio delle catenarie �F�RVFTUB�WJB �QFS�MB�WFSJUË �non è mai stata del tutto abbandonata. Negli ultimi anni, anzi, sta tro-vando un rinnovato interesse e nuove promettenti applicazioni, proprio OFMM�BNCJUP�EFMM�JOHFHOFSJB�EFJ�QPOUJ��*O�RVFTUP�TFOTP�TJ�DPMMPDBOP �BE�FTFNQJP �MF�SJDFSDIF�EJ�+JSŁ�4USËTLZ46 sul tema dei cosiddetti catenary bridge, passerelle a nastro che sfruttano, appunto, la proprietà natura-MF�EFMMF�GVOJ�TPTQFTF�EJ�BVUP�DPOmHVSBSTJ�HFPNFUSJDBNFOUF�JO�SFMB[JPOF�BE�VOP�TQFDJmDP�DBSJDP�EJ�FTFSDJ[JP��4USVUUVSF�BQQBSFOUFNFOUF�TVQF-rate, come i tradizionali ponti di corde (rope bridge), stanno trovando, oggi, nuove interessanti applicazioni grazie alle possibilità tecnologi-che offerte dall’acciaio ad alta resistenza e dal pretensionamento. La tipologia dello stress-ribbon brigde si presenta attualmente come una valida alternativa al comune ponte sospeso47, offrendo, al contempo, leggerezza, economicità, relativa semplicità d’esecuzione, ed un’inso-spettabile stabilità complessiva. L’esempio più celebre di tali strutture, al momento, è rappresentato dalla straordinaria passerella pedonale di Suransuns (1996), realizzata da Jürg Conzett sulla Viamala. Qui, i 40 metri di luce della gola sono superati agilmente da un semplice na-stro appeso a due speroni di calcestruzzo. Le lastre di granito locale impiegate per la pavimentazione sono elegantemente vincolate alla fune sottostante dagli elementi verticali dei parapetti, che nella parte terminale fungono da vite. Due semplici nastri in acciaio inossidabile TPTUFOHPOP�MB�QBTTFSFMMB �BHHBODJBOEPTJ�BMMF�UFTUBUF�DPO�RVBUUSP�NBS-tinetti metallici estremamente curati ed esibiti come oggetti di design strutturale. La scelta dei nastri, rispetto ai tradizionali cavi, assicura VOB�NBHHJPSF� SJHJEF[[B�BMMB�QBTTFSFMMB �DPOUSBTUBOEP�FGmDBDFNFOUF�spostamenti orizzontali e fenomeni di instabilità. La ricerca architettonica in materia di GPSN�mOEJOH�TFNCSB�RVJO-di non essersi affatto conclusa con le prime sperimentazioni informa-tiche, ma, anzi, rinnovarsi costantemente, aprire nuove strade ancora da percorrere, sollecitata ed incentivata dallo sviluppo di nuove tec-nologie, e non solo nell’ambiente virtuale. Il computer, d’altra parte, OPO�Ò�VOP�TUSVNFOUP�jUSBEJ[JPOBMFx�F�EFmOJUP��$PNF�TPHOBWB�5VSJOH48,

46 4USËTLZ�Ò �TFO[B�EVCCJP �M�BVUPSF�EJ�SJGFSJNFOUP�QFS�RVFTUB�UJQPMPHJB�EJ�TUSVUUVSF��0MUSF�BMMB�sua fondamentale ricerca teorica in materia (+*3ŀ�453®4,:, Stress ribbon and Cable supported pedestrian bridges, London, Thomas Telford, 2005.), ha realizzato numerosi esempi di pas-serelle a nastro, sfruttando, appunto, il principio della catenaria �DIF�DFSUJmDBOP�M�JODSFEJCJMF�FGmDBDJB�EJ�RVFTUF�TUSVUUVSF�EB�VO�QVOUP�EJ�WJTUB�JOHFHOFSJTUJDP �FDPOPNJDP�F�QBFTBHHJTUJDP��E’ il caso, ad esempio, del giustamente celebre River Trail Footbridge di Redding (1990), che BUUSBWFSTB�DPO�HSBOEF�FMFHBO[B�J�����NFUSJ�EFM�mVNF�4BDSBNFOUP��-�PQFSB�Ò�DPTUBUB�jTPMPx�600.000 dollari, una cifra irrisoria se paragonata al costo di costruzione di un comune ponte sospeso di luce simile.47 Per evitare fraintendimenti terminologici, la letteratura anglossassone in merito distingue nettamente tra «suspension bridge», letteralmente «ponte a sospensione» – che corrispon-de al comune ponte sospeso – e «suspended bridge», che potremmo tradurre «ponte appe-so», cioè, appunto, una struttura a nastro.48 Cfr. cap.1.

149

6.44. Massimo Majowiecki, Passerella pedonale sul Reno. Portale a cavalletto su cerniere.6.45. Massimo Majowiecki, Passerella pedonale sul Reno. Dettaglio dell’impalcato.6.46. Massimo Majowiecki, Passerella pedonale sul Reno, Casalecchio, 2003.

6.46.

6.44. 6.45.

150

la macchina informatica è piuttosto un medium universale, uno stru-mento in perenne divenire �F�MF�TVF�JOmOJUF�BQQMJDB[JPOJ�OPO�QPTTPOP�che continuare ad evolversi insieme ad esso. Il futuro dell’architettura strutturale non starà allora tanto nella ripetizione di formule ormai ac-RVJTJUF �OFM�DSJUJDP�«deja vu» di Benvenuto, ma nel costante progresso delle nuove espressioni e declinazioni strutturali che inevitabilmente accompagneranno lo sviluppo informatico. Ci si chiedeva se dav-vero il computer avesse spinto l’oggettività ad un limite invalicabile. Fortunatamente, – ci pare – non può esistere una risposta assoluta. L’oggettività è sempre condizione relativa��DPTÖ�Ò�MB�necessità�F�DPTÖ�JM�suo dominio. L’informatica, allora, non ha affatto concluso la fortunata stagione della ricerca strutturale, ma ne ha semplicemente aperta una nuova, altrettanto gravida di speranze ed innovazioni tecnologiche. Attualizzando le parole di Mies: jOPO�TJBNP�BMMB�mOF �NB�BMM�JOJ-zio di un’epoca»49. Il GPSN�mOEJOH troverà nuove forme per esprimersi, F�RVFTUF�GPSNF�DPOUJOVFSBOOP�B�TUVQJSF�QFS� MB� MPSP�OBUVSBMF[[B �QFS�l’organica coerenza, per il manifesto dover essere della loro essenza TUSVUUVSBMF��F�TBSË�VOP�TUVQPSF�etico, lo stesso che provava Otto di fronte alla bellezza necessaria della natura. Si può stupire senza per forza dover osare, senza spingersi oltre il limite del possibile, sempli-cemente esprimendo la meraviglia deterministica che riposa serena-mente nel dover essere delle cose. C’è bellezza, allora, anche nella tecnica, e in una tecnica che operi come mero strumento di veicola-zione dell’oggettività��$PTÖ �QFS�/FSWJ �«il costruire è arte anche in quei suoi aspetti più tecnici che si riferiscono alla stabilità strutturale»50, perché «l’avvicinarsi con animo modesto alle misteriose leggi delle natura, lo sforzo di interpretarle e quel comandarle ubbidendo che è l’unico modo per portare la loro maestosa eternità a servizio dei nostri militati e contingenti scopi, ha in sé una profonda poesia, che può tradursi in forme di una elevata espressività estetica e artistica»51. C’è intrinseca bellezza, allora – e senza la dichiarata volontà di crearla –, nel semplice ricercare l’oggettività e la necessità delle forme, secon-do i nostri bisogni umani e in accordo armonioso con le «divine leggi» EJ�VOB�OBUVSB�NBFTUSB��&TQSJNFSF�DPNQJVUBNFOUF�RVFTUF�verità – la struttura nella sua naturale essenza costitutiva e la funzione incar-OBUB�QFS�M�VPNP�OFMMB�TVB�GPSNB�QJá�FGmDBDF�o�TJHOJmDB �JO�EFmOJUJWB �esprimere autentica bellezza. Ecco allora che il tema etico diventa tema estetico. Torroja afferma che «la bellezza è lo splendore della verità»52��.JFT�DIF�«la verità è l’espressione della realtà»53. Ciò signi-49 ludwig Mies van der rohe, Dove stiamo andando? (1960), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.50 Pier luigi nervi, op. cit.51 Ibidem.52 eduardo torroja, La concezione strutturale, cit. L’autore attribuisce genericamente tale affermazione ad jVO�HSBOEF�mMPTPGPx. Si tratta, in realtà, di un leitmotiv abbastanza diffuso nel pensiero neo-platonico e scolastico, spesso attribuito vagamente a Platone, ad Agostino o a Tommaso. La concezione etica del bello e del giudizio estetico in generale, è, d’altra parte, un principio ricorrente nella visione cristiana – che è, almeno agli inizi, fortemente OFP�QMBUPOJDB�o �UBOUP�EB�BSSJWBSF�JOUBUUB�TJOP�BM�QFOTJFSP�EJ�,BOU��/FM�SPNBOUJDJTNP �RVFTUP�aforisma sarà peraltro ripreso e rilanciato da John Keats sotto la celebre formula: «beauty is truth, truth beauty» (Ode on a Grecian Urn, 1819).53 ludwig Mies van der rohe, cit. in, Peter carter, Mies van der Rohe, JO�j"SDIJUFDUVSBM�%FTJHOx�O¡��� �������.JFT�BUUSJCVJTDF�HFOFSJDBNFOUF� UBMF�BGGFSNB[JPOF�BE�jVO�mMPTPGP�NPEFSOPx,

151

������+JSŁ�4USËTLZ �River Trail Footbridge, Redding, 1990.6.48. Jörg Schlaich, Passerella pedonale, Enzauen, 1989.6.49. Jürg Conzett, Passerella pedonale di Suransuns, Viamala, 1996.6.50. Jürg Conzett, Passerella pedonale di Suransuns, Viamala, 1996.6.51. Jürg Conzett, Passerella pedonale sulla Traversina, Viamala, 2005.

6.47.

6.49.

6.48.

6.50.

6.51.

152

mDB�DIF�OPO�TJ�QVÛ�DSFBSF�bellezza, ma che essa scaturisce natural-NFOUF�RVBOEP�BWSFNP�DSFBUP�verità, esprimendo l’essenza del reale. Questo è ciò che chiamiamo GPSN�mOEJOH.

che traduce, a suo dire, la celebre formula «adaequatio intellectus et rei» di Tommaso. Non è chiaro, tuttavia, a chi si riferisca.

153

7.ETICA ED ESTETICA DELLE METODOLOGIE INFORMATICHEL’ARCHITETTURA TRA TECNICA ED ARTE

j-P�THVBSEP�mMPTPmDP�DIF�TJ�QPTB�TV�VO�PH-getto architettonico è l’affollamento di una serie di domande, più o meno educate da un pensiero pertinente, sulla sua possibilità d’es-sere come esso è.»

fulvio PaPi, 'JMPTPmB�F�"SDIJUFUUVSB, 2001

Abbiamo tratteggiato, sinora, una panoramica complessiva del nostro tempo, attraverso le due espressioni predominanti ed antiteti-che di un’architettura che, di fatto, mai come ai nostri giorni, è priva EJ�VOJUBSJFUË �EJ�DPFSFO[B �EJ�RVFMM�PSHBOJDB�DPOWFSHFO[B�EJ� JEFF�FE�JOUFOUJ�DPNVOJ�DIF�OFM�QBTTBUP�MB�TUPSJPHSBmB�IB�DIJBNBUP�stile. Tutto, JO�SFBMUË �EJQFOEF�EBM�TJHOJmDBUP�DIF�BUUSJCVJBNP�B�RVFTUB�QBSPMB��4F�con stile intendiamo una generica assonanza collettiva di principi, forme, espressioni e variazioni sul medesimo tema, allora, forse, l’ulti-mo degli stili�Ò�TUBUP�RVFMMP�internazionale dell’architettura moderna, e QPJ�QJá�OVMMB��NB�TF�DPO�RVFTUB�QBSPMB�JOUFOEJBNP �QJá�BMMB�SBEJDF �M�JO-conscia e inevitabile espressione di uno zeitgeist, di un modo comu-ne di sentire e di sentirsi, di vedere le cose e se stessi, di porsi in una RVBMDIF�SFMB[JPOF�DPO�JM�NPOEP�mTJDP�F�NFUBmTJDP �DPO�MF�DPOPTDFO-[B �MF�DFSUF[[F�F�MF�EPNBOEF�DIF�BGnJHHPOP�DJBTDVOB�FQPDB �FCCF-OF �BMMPSB �JO�RVFTUP�QSFDJTP�TFOTP�JM�OPTUSP�UFNQP�IB�DFSUBNFOUF�VOP�stile �F�RVFTUP�stile non può che consistere nell’assoluta e radicale assenza e nel consapevole rigetto di uno stile. Il mondo contempo-raneo è il regno del pluralismo, della contraddizione, dell’incoerenza. -�BSDIJUFUUVSB �F�MF�BSUJ�UVUUF �SJnFUUPOP�TFNQMJDFNFOUF�RVFTUP�NPEP�EJ�essere delle cose. L’odierna molteplicità di prospettive inconciliabili è un’espressione inevitabile dello spirito del tempo��EJ�RVFTUP�OPTUSP�UFNQP �DPTÖ� GSBNNFOUBUP�FE�FUFSPHFOFP��6O�BSDIJUFUUVSB�DIF�TPSHB�dalle ceneri storiofagiche del post-moderno non può, d’altra parte, esprimersi altrimenti. Con il movimento moderno�Ò�mOJUP�JM�UFNQP�EFMMF�grandi correnti di pensiero collettivo, delle culture e delle ideologie

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unitarie che abbracciano un momento storico e da esso vengono ab-bracciate con entusiasmo. Si è parlato – e legittimamente – di un’ar-chitettura greca, romana, paleocristiana, bizantina, romanica, gotica, rinascimentale, barocca, neoclassica. Si può parlare ancora, appun-to, di un’architettura moderna��.B�Ò�FTUSFNBNFOUF�EJGmDJMF �PHHJ �QBS-lare di un’architettura contemporanea, se non per semplice discrimen cronologico. Il xxi secolo è piuttosto, almeno per ora, la stagione delle architetture contemporanee �DPTÖ�DPNF�EFMMF�estetiche e delle poeti-che, del pluralismo culturale, della politropia ideologica. Per la prima volta nella storia dell’uomo sono venuti a mancare un orientamento univoco, una direzione precisa, un’escatologia consapevole1. Nessun tempo mai, certo, ha avuto un’idea chiara del dove-sarebbe-andato, ma tutti hanno sempre saputo formularsi, almeno, il dove-avrebbero-voluto-andare��$PTÖ�OPO�Ò�o�DJ�QBSF�o�QFS� JM�NPOEP�EJ�PHHJ �BODPSB�disorientato dalla crisi post-moderna e fortemente indeciso sui fonda-menti di un’auspicabile ricostruzione ideologica. � *O�RVFTUP�NBHNB�DVMUVSBMF�RVBOUPNBJ� JODFSUP � USBUUFHHJBSF� o�come s’è fatto – una netta distinzione tra due linee di pensiero con-USBQQPTUF � Ò� FWJEFOUFNFOUF� VO�PQFSB[JPOF� JOUFSQSFUBUJWB� mO� USPQQP�categorica e riduttiva. Certamente, le architetture contemporanee OPO�TJ�QPTTPOP�FTBVSJSF�JO�VOB�QSPTQFUUJWB�DPTÖ�TFNQMJDJTUJDB��4PUUP�l’egida del free form, d’altra parte, abbiamo raccolto anche movimenti e posizioni ideologiche molto diversi – come la decostruzione –, e lo stesso si è fatto per il GPSN�mOEJOH �riunendo autori – come Mies e 0UUP�o�DIF�EJGmDJMNFOUF�TJ�TBSFCCFSP�USPWBUJ�E�BDDPSEP��$JPOPOPTUBOUF �QFS�RVBOUP�FDDFTTJWBNFOUF�TDIFNBUJDB�FE�BQQBSFOUFNFOUF�GPS[BUB�possa sembrare, una tassonomia delle architetture contemporanee DJ�QBSF�DPNVORVF�QPTTJCJMF �FE�BO[J�o�EJ�GSPOUF�BM�caos ideologico e formale del nostro tempo – assolutamente doverosa. Se non altro per GBSF�VO�QP��E�PSEJOF��4J�Ò�DFSDBUP �BMMPSB �EJ� JORVBESBSF� JM�QSPCMFNB�da molto lontano, riconducendo le numerose differenze a denomi-OBUPSF�DPNVOF �QFS�HJVOHFSF�JOmOF�BE�VOB�EJTUJO[JPOF�EJ�GPOEP�DIF�sia davvero irriducibile��5BMF�Ò �BQQVOUP�o�JODPOUFTUBCJMNFOUF�o�RVFM-la categorica tra un’idea oggettiva ed una soggettiva del pensare M�BSDIJUFUUVSB��EJTUJO[JPOF�DIF�OFMM�FUË�EFMM�JOGPSNBUJDB�TJ�NBOJGFTUB�DPO�estrema e perentoria radicalità. Mai come oggi, l’architettura sem-bra essere davvero tecnica o davvero arte, strettamente necessaria o straordinariamente libera, dichiarazione imperativa di un’etica della tecnica o esibizione stupefacente di tecnocrazia estetica. Tratteggia-SF� JEFPMPHJDBNFOUF�F�NFUPEPMPHJDBNFOUF� UBMF�EJTUJO[JPOF �TJHOJmDB �allora, determinare gli estremi DPOmOJ operativi del costruire ed inscri-WFSF�DPTÖ�J�NPMUFQMJDJ�WPMUJ�EFMMF�BSDIJUFUUVSF�DPOUFNQPSBOFF �MF�JOmOJUF�poetiche personali e personalistiche, le singole convinzioni etiche ed estetiche degli innumerevoli protagonisti del nostro tempo frammen-tato, all’interno di un unico orientamento logico bivalente, nella misura JO�DVJ�DJBTDVOB�EJ�RVFTUF�WBSJF�EFDMJOB[JPOJ�DPOWFSHB�BE�BCCSBDDJBSF�uno dei due estremi. Determinare la posizione precisa di tali limiti TJHOJmDB �DJPÒ �EBSF�ordine�BMMB�RVBOUPNBJ�BSUJDPMBUB�CJPEJWFSTJUË�EFM�paesaggio architettonico contemporaneo.

1 Cfr. cap.2.

155

� /FM� DPSTP� EJ� RVFTUP� WJBHHJP � BCCJBNP� BTTVOUP� free form e GPSN� mOEJOH come le due espressioni estreme e radicali a cui lo TUSVNFOUP� JOGPSNBUJDP� QVÛ� DPOEVSSF � DPOmOJ�NFUPEPMPHJDJ� BM� EJ� MË�EFJ� RVBMJ� OPO� TJB� MPHJDBNFOUF�QPTTJCJMF� PQFSBSF��4PUUP� JM� DPODFUUP�generale di free form�TJ�TPOP�SBDDPMUF�UVUUF�RVFMMF�QSPDFEVSF�EJ�QSP-HFUUP�DIF�TVCPSEJOBOP�MF�MFHHJ�EJ�WFSJmDB�BE�VOB�GPSNB�MJCFSB�QSF�determinata. Si è chiamato, al contrario, GPSN�mOEJOH il vertice della tendenza operativa a dedurre automaticamente la forma dalle prio-rità necessitanti del compito costruttivo. Ripercorriamo schematica-mente la distinzione che abbiamo tracciato, a partire dall’opposta DPODF[JPOF�EFM�NPOEP�mTJDP�DIF�JOFWJUBCJMNFOUF�TPHHJBDF�BMMF�EVF�forme di pensiero.

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La natura opera nel determinismo La natura opera nell’indeterminazione

La natura è conoscibile,JO�RVBOUP�EFUFSNJOBUB

La natura è inconoscibile,JO�RVBOUP�JOEFUFSNJOBUB

La natura è ordine e logica La natura è caos e caso

La natura persegue uno scopo Non è dato sapere se e in che misurala natura persegua uno scopo

L’operatività umana deve esserenecessitata, secondo natura

L’operatività umana deve essere MJCFSB �JO�RVBOUP�GBUUP�EJ�DVMUVSB

La natura è maestra della tecnica La natura è avversario della tecnica

La tecnica deve seguire la natura, per poterla governare

La tecnica deve vincere la natura,per poterla soggiogare

L’architettura deve operare secondonatura, cioè in termini oggettivi e assoluti

L’architettura deve operare secondo cultura, cioè in termini soggettivi e relativi

� "�QBSUJSF�EB�RVFTUJ�QSFTVQQPTUJ �TJ�NPEJmDIFSË�JOFWJUBCJMNFO-te anche il ruolo della tecnica � JO�RVBOUP�TUSVNFOUP�EJ�QSPEV[JPOF�jBSUJmDJPTBx�EFM�divenire2. Se opposta è la concezione della natu-ra, infatti, opposta sarà anche la concezione della tecnica, perché entrambe forme di causalità�o�VOB�OBUVSBMF � M�BMUSB�BSUJmDJBMF�o�DIF�riposano per forza di cose sul medesimo JNQJBOUP�NFUBmTJDP, cioè TV�EJ�VO�NPEP�QSFDJTP�F�TQFDJmDP�EJ�WFEFSF�MB�SFBMUË�F�M�VPNP�TUFT-so, i suoi compiti e le sue necessità. Proseguiamo allora il nostro schema, ripercorrendo la distinzione tecnica tra mezzo e mOF nelle due metodologie in analisi.

2 -B�UFDOJDB�VNBOB �DPTÖ�DPNF�RVFMMB�OBUVSBMF �Ò�JM�NF[[P�BUUSBWFSTP�DVJ�TJ�FTQSJNF�MB�QSPEV-zione delle cose. «Ogni atto causale attraverso cui qualcosa passa dal non-essere all’essere è �ǁƲƺDŽƼঞ, pro-duzione» (Platone �4JNQPTJP ����C��"�RVFTUP�QSPQPTJUP �JOGBUUJ �)FJEFHHFS�può affermare che «anche la LJǎDŽƼঞ, il sorgere-di-per-sé, è una pro-duzione, è �ǁƲƺDŽƼঞ. La LJǎDŽƼঞ è anzi �ǁƲƺDŽƼঞ nel senso più alto. Infatti, ciò che è presente LJǎDŽƸƼ ha in se stesso JM�NPWJNFOUP�JOJ[JBMF�EFMMB�QSP�EV[JPOF �DPNF�BE�FTFNQJP�MP�TDIJVEFSTJ�EFM�mPSF�OFMMB�mPSJ-tura. All’opposto, ciò che è pro-dotto dall’arte e dal lavoro manuale [...] non ha il movimento iniziale della pro-duzione in se stesso, ma in un altro, nell’artigiano e nell’artista» (Martin heidegger, La questione della tecnica (1953), in, Saggi e discorsi, cit.).

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La tecnica è mezzo -B�UFDOJDB�Ò�mOF

La tecnica opera nel necessario,JO�RVBOUP�NF[[P

La tecnica opera nel possibile, JO�RVBOUP�mOF

-B�UFDOJDB�TFSWF�BE�VO�mOF JO�RVBOUP�NF[[P

La tecnica serve a se stessa,JO�RVBOUP�mOF

Il progresso della tecnica è l’ottimizzazioneEFM�SBQQPSUP�OFDFTTJUBOUF�NF[[P�mOF

Il progresso della tecnica è il superamentodelle proprie libere possibilità formative

Il dominio del necessario si restringe Il dominio del possibile si espande

La tecnica dichiara la propria necessità La tecnica esibisce la propria libertà

La tecnica deve funzionare La tecnica deve stupire

La tecnica crea oggetti che servono La tecnica crea immagini che meravigliano

-B�UFDOJDB�Ò�VOB�RVFTUJPOF�FUJDB -B�UFDOJDB�Ò�VOB�RVFTUJPOF�FTUFUJDB

� 1PTTJBNP�PSB�QSPTFHVJSF�JM�DPOGSPOUP�TVM�QJBOP�QJá�TQFDJmDBUB-mente architettonico. Le due distinte concezioni del mondo naturale e del compito tecnico produrranno inevitabilmente due distinte forme di architettura, o, meglio, due distinti modi di guardare all’architettura FE�BM�TVP�TJHOJmDBUP�DVMUVSBMF��4V�RVFTUP�QVOUP �QFS�MB�WFSJUË �DJ�TJB-mo soffermati già molto a lungo. Ci limiteremo pertanto a ripercorrere una mappa dei soli punti fondamentali, attraverso i tre grandi temi della forma come esito, del progetto come processo e dell’architet-tura come compito��1PSUJBNP�BWBOUJ�JO�RVFTU�PSEJOF�JM�OPTUSP�TDIFNB�comparativo.

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La forma è determinatezza La forma è indeterminatezza

La forma è determinata La forma è pre-determinata

La forma è necessaria,JO�RVBOUP�EFUFSNJOBUB

La forma è libera,JO�RVBOUP�QSF�EFUFSNJOBUB

La forma è oggettiva,JO�RVBOUP�EFUFSNJOBUB

La forma è soggettiva, JO�RVBOUP�QSF�EFUFSNJOBUB

La struttura determina la forma La forma determina la struttura

La forma è struttura La forma è sovra-struttura

La struttura è essenza La struttura è supporto

*M�QSPHFUUP�Ò�FRVB[JPOF�MPHJDB Il progetto è scelta poetica

Il progetto è sistema Il progetto è composizione

Il progetto parte dalla funzionee giunge a determinare la forma

Il progetto parte dalla formaed opera per adattarvi la funzione

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Il progetto è formalizzazione della funzione

Il progetto è funzionalizzazione della forma

L’architettura è scienza L’architettura è arte

L’architettura è la volontà oggettivadi un’epoca, tradotta in spazio

L’architettura è la volontà soggettiva di un progettista, tradotta in immagine

L’architettura è compito oggettivo,impersonale e collettivo

L’architettura è arbitrio soggettivo, personalistico ed individuale

L’architettura è chiarezza L’architettura è ambiguità

L’architettura è costruzione L’architettura è creazione

Il senso riposa nell’architettura Il senso sorge nella contemplazionedell’architettura

L’architettura è, cioè sussiste L’architettura appare, sfugge

L’architettura deve accogliere il fruitore L’architettura deve stupire l’osservatore

L’architettura tende a migliorarsi L’architettura tende a superarsi

L’architettura è una RVFTUJPOF�UFDOP�FUJDB

L’architettura è una RVFTUJPOF�UFDOP�FTUFUJDB

Assumendo come valido tale sistema di rapporti tra forma e struttura, ne derivano conseguentemente una serie di corollari legati BJ�HSBOEJ�UFNJ�jDBMEJx�EFMM�BSDIJUFUUVSB�NPEFSOB��1PJDIÏ�JOGBUUJ�MB�DP-TUSV[JPOF�OPO�QVÛ�JO�PHOJ�DBTP�QSFTDJOEFSF�EBMMF�RVFTUJPOJ�funzionali ed estetiche�o�E�BMUSB�QBSUF �DPNVORVF� MB�TJ� JOUFOEB�P�DPODFQJTDB �l’opera dovrà pur sempre essere fruita ed osservata – evidentemente le due contrapposte metodologie progettuali si presteranno ad intera-HJSF�DPO�RVFTUJ�UFNJ�JO�NPEP�NPMUP�EJWFSTP��4F�MB�concezione struttu-rale, come principio primo dell’operatività architettonica nel rapporto con la forma si relaziona all’idea vitruviana di mSNJUBT, alle diverse concezioni strutturali dovranno necessariamente corrispondere di-verse idee di architettura, e cioè, diversi rapporti con utilitas e venu-stas. Temi come l’ornamento, il rivestimento, la materia, la funzione, la distribuzione, si declineranno allora in modo molto diverso nei due metodi, insieme alle diverse logiche di forma e struttura. In particolare, poiché nel GPSN�mOEJOH la forma è struttura, le tematiche relative al concetto di venustas verranno tendenzialmente meno, in virtù del fatto che i materiali e le forme strutturali si impongo-no per le propria essenza necessaria, senza bisogno di rivestimento alcuno. Poiché inoltre la struttura è ciò che determina lo spazio, ed essendo la funzione il TJHOJmDBUP dello spazio, risulta evidente la cen-USBMJUË�EFMMB�RVFTUJPOF�utilitas in un approccio progettuale di tipo form mOEJOH. Di norma accade invece il contrario nel free form. Poiché la GPSNB�Ò �RVJ �BMM�PSJHJOF�EFM�QSPDFTTP�DSFBUJWP �FE�JM�QSPDFTTP�IB�DP-stantemente bisogno di novità, evidentemente la forma tenderà a su-bordinare a sé le necessità funzionali dell’organismo architettonico. La funzione è allora adattata�BMMB�GPSNB �DPTÖ�DIF�RVFTUB�QPTTB�FTTFSF�

158

TFNQSF�OVPWB�F�TUVQFGBDFOUF��3JTVMUB�JO�FGGFUUJ�BCCBTUBO[B�EJGmDJMF�EJ-stinguere ad una primo sguardo due opere di Zaha Hadid, siano esse musei, ponti, tavoli o scarpe. La funzione è diventata cioè accessoria, rispetto ad un progetto che tende ad imporre la meraviglia tecno-for-male sugli scopi reali cui invece dovrebbe essere destinato. Trovano RVJ �BM�DPOUSBSJP �HSBOEF�SJOOPWBNFOUP� MF� UFNBUJDIF�SFMBUJWF�BM� UFNB�della venustas. La struttura è nella gran parte dei casi nascosta e la forma stessa non può che sussistere esclusivamente di rivestimento. Ecco allora svilupparsi un grande interesse verso i nuovi materiali da costruzione, che collaborano prepotentemente all’imporsi di un’idea diffusa di innovazione, OPOPTUBOUF� TJBOP�NFSF�BQQMJDB[JPOJ� TVQFSm-DJBMJ �F �EJ�GBUUP � JOUFSDBNCJBCJMJ��$PO�TFNQSF�NBHHJPSF�GSFRVFO[B�TJ�incontrano oggi architetture rivestite di particolari leghe metalliche, tessuti, legni, materie plastiche colorate e traslucide. Concludiamo allora il nostro schema con i corollari relativi ai temi della funzione e dell’involucro.

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La forma è struttura La forma è rivestimento

I materiali sono veri, JO�RVBOUP�TUSVUUVSBMJ

I materiali sono falsi, JO�RVBOUP�JOWPMVDSJ

I materiali sono necessari, JO�RVBOUP�TUSVUUVSBMJ

I materiali sono liberi, JO�RVBOUP�JOWPMVDSJ

La funzione è interna al processo progettuale

La funzione è esterna al processo progettuale

La funzione è legata alle logiche strutturali La funziona è forzata nelle logiche formali

Due funzioni sono sempredue strutture

Due funzioni possono essere la stessa forma

Il rivestimento è accessorio, o assente Il rivestimento è essenza

La funzione è essenza La funzione è accessoria

Abbiamo ripercorso brevemente l’ultima parte del nostro viag-HJP�FE�Ò�HJVOUP�JOmOF�JM�NPNFOUP�EJ�UJSBSF�MF�TPNNF��4J�Ò�DFSDBUP�TJ-nora di mantenere una posizione tendenzialmente neutrale in merito BMMF�EVF�NFUPEPMPHJF�BOBMJ[[BUF � DPTÖ�EB� GPSOJSF�VOB� MFUUVSB�RVBOUP�più oggettiva possibile del panorama contemporaneo, prescinden-EP�EB�RVBMVORVF�HJVEJ[JP�EJ�WBMPSF�QFSTPOBMF��1SFOEFSF�QPTJ[JPOF �PSB �Ò�DPNVORVF�VO�DPNQJUP�BSEVP �F�QSPQSJP�QFSDIÏ�VOB�valutazio-ne critica non può e non deve essere un semplice giudizio di valore personale – «mi piace», «non mi piace»�o �RVBOUP�QJVUUPTUP �JOFWJUB-bilmente, una netta scelta di campo, radicale ed esclusiva, che miri a decretare l’oggettiva e intrinseca qualità di una delle due forme a discapito dell’altra, che si esprima, cioè, nei termini critici tenden-zialmente assoluti di: «è buona architettura», «non è buona archi-tettura». Non un giudizio soggettivo di preferenza � RVJOEJ �NB� VOB�EFUFSNJOB[JPOF�QFS�RVBOUP�QPTTJCJMF�PHHFUUJWB�EJ�correttezza. Prima impasse. Come è possibile valutare oggettivamente due espressioni,

159

7.1. Zaha Hadid, Melissa Shoes, 2008.7.2. Zaha Hadid, Mesa Table, 2005.7.3. Zaha Hadid, Pavilion Bridge, Saragozza, 2008.7.4. Zaha Hadid, Performing Arts Center, Abu Dhabi, 2007. Progetto.

7.1. 7.2.

7.3.

7.4.

160

MB�QSJNB�EFMMF�RVBMJ�Ò�QFS�QSPQSJB�OBUVSB�oggettiva mentre la seconda intrinsecamente e dichiaratamente soggettiva? Si dovrà determinare in prima istanza un piano critico�DPNVOF�TVM�RVBMF�FGGFUUVBSF�MB�TDFMUB �circoscrivendo, cioè, il giudizio di valore all’intero di un ambito com-parativo che sia necessariamente univoco e coerente per entrambe le espressioni. E già non è compito facile. Quale piano dovremmo scegliere? Andiamo con ordine. La rivendicazione di soggettività del free form è pienamente legittimata da una precisa prospettiva ideologica, da un modo spe-DJmDP�EJ�WFEFSF�JM�NPOEP�OBUVSBMF�F�MB�SFBMUË�EFMMF�DPTF �MB�TPDJFUË�EJ�PHHJ�F�M�VPNP�DPOUFNQPSBOFP��$PTÖ�Ò �E�BMUSB�QBSUF �QFS�M�PHHFUUJWJUË�del GPSN�mOEJOH, anche se, evidentemente, da un punto di vista mol-UP�EJWFSTP��1SPWJBNP�RVJOEJ� BE�PSJFOUBSF� MB� TDFMUB � QJá� JO�HFOFSBMF �sul piano epistemologico, DPTÖ�DIF�VOB�DPNQBSB[JPOF�DSJUJDB�QPTTB�avere effettivamente luogo. Dovremmo chiederci, allora, se sia pos-sibile affermare la correttezza di una delle due prospettive. Ciò signi-mDIFSFCCF �OBUVSBMNFOUF �MB�non-correttezza dell’altra. L’epistemolo-gia contemporanea, in effetti, sembra esprimere una crisi profonda della tradizionale concezione deterministica, dipingendo una natura TFNQSF�QJá�DBPUJDB�FE�JODPOPTDJCJMF �SBEJDBMNFOUF�EJWFSTB�EB�RVFMMB�limpidamente logica e sistematica su cui si era costituita la scienza NPEFSOB��-B�mTJDB�DMBTTJDB�OFXUPOJBOB�Ò�BODPSB�WBMJEB �DFSUP �NB�non più esaustiva. Il principio di indeterminazione (Heisenberg) ed il teorema di incompletezza (Gödel) dimostrano incontrovertibilmente i limiti�EFMMB�DPOPTDFO[B�VNBOB�OFM�NPOEP�TVCBUPNJDP�FE�JO�RVFMMP�logico-matematico. Parallelamente, si vanno affermando con sempre maggiore fortuna sistemi di pensiero assai problematici come la teo-ria del caos (Lorenz) e l’epistemologia della complessità (Morin) che, se non demoliscono del tutto la prospettiva deterministica, mettono UVUUBWJB� JO� TFSJB� DSJTJ� MB� mO� USPQQP� JOHFOVB� mEVDJB�EFMMB� mTJDB� DMBT-sica nella comprensione lineare e diretta dei fenomeni naturali. La scienza del secolo scorso, ancora, sembra aprirsi per la prima volta alla possibilità radicalmente anti-epistemica di verità molteplici e con-traddittorie��$PTÖ �MB�relatività generale (Einstein) può convivere con la meccanica quantistica�1MBODL��FOUSBNCF�BUUVBMNFOUF�valide anche se, paradossalmente, inconciliabili. Decisamente sintomatico, peral-USP �JM�GBUUP�DIF�MB�QJá�QSPNFUUFOUF�JQPUFTJ�EJ�VOJmDB[JPOF�TJTUFNBUJDB�dei due impianti, la celebre ed assai controversa teoria delle stringhe 7FOF[JBOP �TJ�QPOHB�JO�UFSNJOJ�NPMUP�QJá�DPNQMFTTJ�F�GBOUBTDJFOUJm-ci rispetto, ad esempio, alla formulazione lineare e prettamente de-terministica dell’elettromagnetismo�.BYXFMM�o�DPO�MB�RVBMF�TJ�FSBOP�appunto conciliati i lavori di Faraday ed Ampère –, risolvendo bril-MBOUFNFOUF�MP�TQFDJmDP�QSPCMFNB�EFMMB�contraddizione, ma al prezzo TDJFOUJmDP�TBMBUJTTJNP�EJ�BQSJSOF�NPMUJ�BMUSJ �F�CFO�QJá�JORVJFUBOUJ��4VMMB�stessa linea di pensiero, inoltre, si può citare la storica controversia relativa alla doppia natura della luce, attualmente nota come dualismo onda-particella � MB�DVJ�QBSBEPTTBMF� UFPSJ[[B[JPOF�Ò�TDJFOUJmDBNFOUF�comprovata dall’esperimento della doppia fenditura (Young), che av-valora la tesi ondulatoria, e dalla dimostrazione dell’effetto fotoelettri-co (Einstein), che deve ammettere la tesi corpuscolare. Questo è, in

161

sintesi, il magma epistemologico�DPO�JM�RVBMF�TJ�EFWPOP�DPOGSPOUBSF�J�GPOEBNFOUJ�EJ�VOB�RVBMVORVF�QSPTQFUUJWB�DVMUVSBMF�DPOUFNQPSBOFB��E’ possibile, allora, decretare l’effettiva correttezza di un impianto ide-PMPHJDP�SJTQFUUP�BE�VO�BMUSP �$PTÖ�OPO�DJ�QBSF��-P�TUBUP�EJ�DSJTJ�EFM�de-terminismo�TVM�QJBOP�TDJFOUJmDP�Ò�VO�EBUP�EJ�GBUUP �DFSUP �NB�M�JNQJFHP�di una visione deterministica nell’ambito della progettazione architet-tonica e strutturale è ancora, inevitabilmente, FGmDBDF. Nessun tela-io, nemmeno il più complesso, d’altra parte, dovrà confrontarsi mai con il mondo dei fenomeni subatomici o astronomici. Nel microcosmo terrestre valgono ancora, e presumibilmente continueranno a valere nel futuro, i principi della scienza moderna, galileiana e newtoniana. Lo stato epistemologico attuale, allora, legittima senza dubbio pie-OBNFOUF�JM�WFSJmDBSTJ�EJ�FTQSFTTJPOJ�free form, ma non ne decreta, in EFmOJUJWB �M�BTTPMVUB�validità rispetto ad una prospettiva GPSN�mOEJOH DIF�GBDDJB�BODPSB�BGmEBNFOUP�TV�SBQQSFTFOUB[JPOJ�TDJFOUJmDIF�deter-ministiche��F�QSPQSJP�QFSDIÏ�UBMJ�SBQQSFTFOUB[JPOJ �QFS�RVBOUP�UFPSFUJ-camente limitate o ingenue, continuano a GVO[JPOBSF�FGmDBDFNFOUF. Sul piano epistemologico, d’altra parte, l’FGmDBDJB tecnica ha ormai sostituito la WFSJUË� TDJFOUJmDB3, e decretare l’assoluta correttezza di una sola prospettiva teoretica contravviene evidentemente allo statu-to pluri-epistemico della scienza contemporanea. Seconda impasse.� 1SPWJBNP�RVJOEJ�B�SFTUSJOHFSF�JM�DBNQP�EJ�BOBMJTJ�OFMM�BNCJUP�QJá�limitato di un confronto tra ideologie operative, cioè tra modi diversi di guardare all’architettura, prescindendo stavolta dagli impianti cultura-MJ�DIF�WJ�TPHHJBDDJPOP��%PWSFNNP�DPNVORVF�EFMJNJUBSF�VMUFSJPSNFOUF�il campo critico, per evitare di ricadere nella contrapposizione inso-lubile tra oggettività e soggettività. Determinare un piano ideologico TQFDJmDP � UVUUBWJB � JNQMJDB�comunque una netta presa di posizione QSFWFOUJWB��4F�JM�QJBOP�EJ�HJVEJ[JP�QSFTDFMUP�GPTTF�JOGBUUJ�RVFMMP�etico, la nostra analisi sarebbe già terminata. Evidentemente, «buona archi-tettura»�JO�RVFTUP�TFOTP �Ò�RVFMMB�DIF�QFS�QSPQSJB�DPTUJUV[JPOF�SJDFSDB�MB�OFDFTTJUË�TUSVUUVSBMF�F�GVO[JPOBMF��DIF�TJ�QPOF�DJPÒ �F�EJDIJBSBUB-mente, nei termini vincolanti di un compito etico del costruire. Quindi GPSN�mOEJOH. Analogamente, se scegliessimo il metro di giudizio este-tico, dovremmo dichiarare «buona architettura» RVFMMB� DIF� SJDFSDB�primariamente il compito percettivo �BODIF�B�EJTDBQJUP�EFHMJ�BMUSJ�mOJ��Quindi free form��$JÛ�OPO�TJHOJmDB�UVUUBWJB �USPQQP�TFNQMJDJTUJDBNFO-UF �DIF�RVFTUB�FTQSFTTJPOF�BSDIJUFUUPOJDB�TJB�JO�BTTPMVUP�TVQFSJPSF�BM�GPSN�mOEJOH da un punto di vista estetico – tale giudizio spetterebbe BMMB�DSJUJDB �F�TPMP�OFMMP�TQFDJmDP�EJ�DJBTDVO�BVUPSF�F�EJ�DJBTDVOB�PQF-ra, poiché è evidente che nessun critico d’arte si azzarderebbe mai a dichiarare, per esempio, l’informale «migliore» dell’espressionismo astratto, se non per propria personale «simpatia» – �RVBOUP�QJVUUPTUP�che, tra i due universi architettonici in analisi, il free form è l’unico a palesare una dichiarata volontà estetica��BE�JODBSOBSF�DJPÒ�OFMMB�DP-struzione, più o meno consapevolmente, una rappresentazione per-DFQJCJMF�F�EFDPEJmDBCJMF�EFMMB�SFBMUË�EFM�OPTUSP�UFNQP��4UFTTP�UJQP�EJ�QSPCMFNB� JODPOUSFSFNNP�TDFHMJFOEP�VOB�RVBMVORVF�BMUSB� JNQPTUB-zione ideologica come piano di giudizio. Qual è «buona architettura»

3 Cfr. cap.2., cap.3.

162

in quanto fatto d’arte? Quale in quanto fatto tecnico? Quale come espressioni poetica? Quale come espressione logica? E’ evidente, RVJOEJ �DIF�JM�OPTUSP�QJBOP�EJ�HJVEJ[JP�OPO�QVÛ�F�OPO�EFWF�DPJODJEFSF�DPO�JM�EJDIJBSBUP�QSPHSBNNB�JEFPMPHJDP�EJ�VOB�EFMMF�EVF�GPSNF��QFOB�la non oggettività della valutazione. Determinare con pretese logico-deduttive una «buona architettura»� JO� RVFTUP� TFOTP � TBSFCCF� DJPÒ�pura tautologia, poiché la scelta del metro pre-determinerebbe già l’esito del giudizio. Terza impasse.� 7BHMJBNP�RVJOEJ�MB�via strumentale. Dovremmo chiederci, allo-ra, se sia possibile decretare la correttezza di un impiego della tec-nica come mezzo, piuttosto che come mOF. Sembra, in effetti, una WJB�QFSDPSSJCJMF �P�RVBOUPNFOP�QSJWB�EJ�DPOUSBEEJ[JPOF��1SPDFEFSF�JO�RVFTUP�TFOTP �UVUUBWJB �JNQMJDB�MB�OFDFTTJUË�EJ�EFmOJSF�DPO�QSFDJTJPOF�cosa intendiamo per «tecnica», compito che – come si è visto4 – ri-sulta tutt’altro che semplice. La questione della tecnica, d’altra par-UF �Ò�TUBUP�VOP�EFJ�HSBOEJ�UFNJ�QFS�MB�mMPTPmB�EFM�TFDPMP�TDPSTP �CFO�MVOHJ �QFSBMUSP �EBMM�FTTFSF�BQQSPEBUP�BE�VOB�DPODMVTJPOF�EFmOJUJWB��&WJEFOUFNFOUF �OPO�Ò�RVFTUP� JM� MVPHP�QFS�QSPTFHVJSF�VO�EJCBUUJUP�EJ�tale complessità. Ci limiteremo pertanto ad assumere come valida la QPTJ[JPOF�FTQSFTTB�OFM�QFOTJFSP�EJ�4FWFSJOP �BMMB�RVBMF�TJ�Ò�HJË�GBUUP�riferimento in precedenza5�� *O� RVFTUB� QSPTQFUUJWB � M�FWPMV[JPOF�EFMMB�tecnica moderna da mezzo in mOF non è, in sé, né un bene, né un male. Va piuttosto assunta come un necessario dato di fatto, a partire EB�DVJ�TWJMVQQBSF�VOB�SJnFTTJPOF�DSJUJDB�TVMMF�JOFWJUBCJMJ�USBTGPSNB[JPOJ�della società, della cultura e dell’uomo nel nostro tempo6. Applicando RVFTUP�QSJODJQJP�OFMM�BNCJUP�BSDIJUFUUPOJDP � UVUUBWJB �DJ� SJUSPWFSFNP�BM�punto di partenza. E’ vero, certo, che la trasformazione della tecnica costruttiva in mOF rappresenta una degenerazione rispetto al suo sen-so originario di mezzo, ma è anche vero che lo strumento virtuale è profondamente diverso dagli strumenti di progetto che l’uomo era abi-tuato ad impiegare. La tecnica informatica è, oggi, un mezzo davvero VOJWFSTBMF�FE�POOJQPUFOUF �FE�Ò�RVJOEJ�GPOEBNFOUBMNFOUF�JOFWJUBCJMF�che la sua natura strumentale vada stravolgendosi. Una trasformazio-OF�TJHOJmDBUJWB�OFMMB�quantità, infatti, determina per forza di cose una trasformazione della qualità, ossia dell’essenza stessa e della natura del mezzo7. Il free form, allora, è certamente una devianza generata dallo strapotere dei nuovi strumenti, e certamente non rispetta il sen-so storico del processo generativo e produttivo delle forme strutturali, NB�OPO�Ò�QFS�RVFTUP�JOUSJOTFDBNFOUF�MFDJUP�DPOEBOOBSF�UBMF�devianza come errore, e proprio perché era inevitabile che avvenisse, e perché, di fatto, lo stesso è avvenuto anche negli altri ambiti culturali e sociali del nostro tempo, là dove la tecnica contemporanea ha trovato appli-DB[JPOF��/PO�Ò�RVJOEJ�QPTTJCJMF�BGGFSNBSF� JO�BTTPMVUP� MB�correttezza dell’approccio tecnico-strumentale GPSN�mOEJOH � QPJDIÏ �QFS�RVBOUP�UFOEFO[JBMNFOUF�BOUJ�TUPSJDB �MB�MPHJDB�UFDOJDP�mOBMJTUJDB�EFM�free form Ò�BNQJBNFOUF�HJVTUJmDBCJMF�o�F�HJVTUJmDBUB�o�EBMM�PSJFOUBNFOUP�JEFPMP-4 Cfr. nota 38, cap.4., cap.5., cap.6.5 Cfr. note 22,33,34, cap.2., nota 38, cap.4.6 2VFTUP�Ò �JOGBUUJ �DJÛ�DIF�6NCFSUP�(BMJNCFSUJ�TJ�QSFmHHF�EJ�GBSF�Psiche e Techne, l’uomo nell’età della tecnica �DJU��B�QBSUJSF�EBMMF�SJnFTTJPOJ�TFWFSJOJBOF�DGS��OPUB��� �DBQ����7 Cfr. nota 46, cap.2.

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gico potentemente tecnocratico che, negli ultimi decenni, ha assunto la società occidentale. Anche il piano strumentale, allora, si è rivelato inconsistente. Non è possibile determinare la correttezza universale di VOB�EFMMF�EVF�NFUPEPMPHJF�BUUSBWFSTP�VOB�SJnFTTJPOF�DJSDB�JM�EJGGFSFOUF�impiego dello strumento. Quarta impasse. La tecnica, tuttavia, non è ovviamente solo un problema teo-retico��1FS�RVBOUP�TJ�QPTTB�TQFDVMBSF � JO�BSDIJUFUUVSB �«tecnica» si-HOJmDB�QSJNBSJBNFOUF�«costruzione». La domanda sulla correttezza EFMMB�UFDOJDB�JO�RVBOUP�mezzo o mOF, ossia in merito alla sua essenza, può diventare allora domanda sulla correttezza del suo impiego ef-fettivo nelle procedure di progetto, al di là della natura speculativa EFM�QSPCMFNB��4J�QBTTB �RVJOEJ �EB�VO�QJBOP�EJ�HJVEJ[JP�strumentale, orientato cioè alla determinazione dell’essenza della tecnica in una e nell’altra forma, ad un piano più strettamente tecnico, che valuta, RVJOEJ �JM�NPEP�JO�DVJ�UBMF�FTTFO[B�TJ�concreta nella costruzione. La TJUVB[JPOF �RVJ �Ò�CFO�EJWFSTB��/FM�free form il problema tecnico c’è – si è già segnalato8 –, ed è evidente laddove l’intrinseca tendenza BMM�BVUP�TVQFSBNFOUP�QPSUJ�B�jTBDSJmDBSFx�MB�TUBCJMJUË�EFMM�PSHBOJTNP�resistente ad un esito formale pre-determinato, impiegando «perico-lose incertezze» strutturali pur di suscitare il tanto agognato «stupore tecnologico»��*O�RVFTUP�DBTP �OBUVSBMNFOUF �OPO�TJ�QVÛ�DIF�DPOEBO-OBSF�JM�QSPHFUUJTUB �BODIF�TF �QFS�RVBOUP�TJB�VO�GFOPNFOP�BCCBTUBO[B�EJGGVTP� F� TVJ� HSBOEJ� OVNFSJ� UFOEFO[JBMNFOUF� JOFWJUBCJMF � Ò� GPSTF� mO�troppo semplice – e semplicistico – generalizzarlo per demonizzare JO�BTTPMVUP�RVBMVORVF�FTQSFTTJPOF�BOBMPHB�EJ�free form. Fintantoché l’indeterminatezza� SJNBOF� VOB� RVFTUJPOF� EJ� forma il problema non TVTTJTUF��B�QBUUP�QFSÛ�DIF�OPO�TJ�USBEVDB�JO�FGGFUUJWB�incertezza strut-turale��/FMM�BNCJUP�EFMMB�QSFTFOUF�BOBMJTJ �RVJOEJ �OPO�QPTTJBNP�DIF�segnalare il rischio�DIF�UBMF�UFOEFO[B�PDDBTJPOBMF�EJWFOUJ�VOB�QSBTTJ��rischio certamente evidente e fondato, anche se – ci pare – non anco-SB�TVGmDJFOUFNFOUF�DPODSFUP�QFS�QPUFS�EFDSFUBSF �JO�HFOFSBMF �M�BTTP-MVUB�jOPO�DPSSFUUF[[Bx�EFM�free form. Siamo però sulla strada giusta. Il piano di giudizio strettamente tecnico ha mostrato le prime crepe in un impianto generale sinora apparentemente solido e ben radicato. 1FS�RVBOUP�QPTTBOP�FTTFSF�OPO�DPOEJWJTJCJMJ�JOGBUUJ �J�QSFTVQQPTUJ�epi-stemologici, ideologici e strumentali hanno confermato al free form una piena legittimazione teoretica nell’ambito del sistema culturale contemporaneo. Il piano tecnico, tuttavia, ne ha dimostrato un princi-pio di fallibilità, non certo assoluto, ma intrinsecamente presente per propria natura e ben radicato in seno alle sue logiche produttive più JOUJNF��$PTÖ�OPO�Ò �BM�DPOUSBSJP �QFS� JM� GPSN�mOEJH. Proviamo allora a QSPTFHVJSF�TV�RVFTUB�QJTUB�BOBMJUJDB�� /PO�DJ�SFTUB�DIF�BGGSPOUBSF�JM�QJBOP�QJá�PTUJDP �JM�QJá�TQFDJmDP�F�TDJWPMPTP�BE�VOB�MFUUVSB�DIF�QSFUFOEB�EJ�QPSTJ �QFS�RVBOUP�QPTTJCJMF �JO�UFSNJOJ�HFOFSBMJ�FE�BTTPMVUJ��&� �RVFTUP �JM�QJBOP�DSJUJDP�SFMBUJWP�BMM�e-TJUP�mOBMF dell’iter di progetto, alla forma che inevitabilmente ciascun metodo�QSPEVDF�JO�RVBOUP�processo. A tale piano, in realtà, appartie-OF�BODIF�MB�SJnFTTJPOF�tecnica sul rischio dell’incertezza strutturale; SJnFTTJPOF�DIF �QFS�M�BQQVOUP �TFO[B�QSFUFOEFSF�EJ�HFOFSBMJ[[BSF�FD-

8 Cfr. cap.6.

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cessivamente, prendeva in considerazione fenomeni singoli e spe-DJmDJ �NB�SJTDPOUSBCJMJ�o�F�SJTDPOUSBUJ�o�JO�VO�OVNFSP�TVGmDJFOUFNFOUF�ampio di casi da poterli assumere come tendenza, universalmente valida, anche se non assoluta. D’altra parte, si è sempre parlato in RVFTUJ�UFSNJOJ�mOP�BE�PSB �F�DJ�QBSF�QJá�DIF�MFDJUP�DPOUJOVBSF�B�GBSMP �QVSDIÏ�DPNF�jUFOEFO[Bx�TJ�BTTVNBOP�GFOPNFOJ�DPO�VO�DFSUP�HSBEP�di reale sistematicità e soprattutto pienamente comprensibili e legitti-NBUJ�OFMM�BNCJUP�EFMMB�QSPTQFUUJWB�UFPSFUJDB�EJ�DJBTDVO�NFUPEP��"�RVF-TUP�QVOUP�QPTTJBNP�RVJOEJ�BOBMJ[[BSF�HMJ�esiti formali JO�RVBOUP� ten-denze comprovate, senza il rischio di generalizzare eccessivamente, prescindendo dall’«aura» ideologica del metodo e valutando solo se, SFMBUJWBNFOUF�B�RVFTUP�TQFDJmDP�QJBOP�DSJUJDP �TJB�QPTTJCJMF�JOmOF�EF-cretare ciò che è oggettivamente «buona architettura». Questo signi-mDB �UVUUBWJB �WBMVUBSF�MB�GPSNB�QFS�RVFMMP�DIF�è �DJPÒ�JO�RVBOUP�forma, indipendentemente dalla volontà progettuale che vi soggiace. Un tale metro di giudizio SJTVMUB�B�RVFTUP�QVOUP�JOFWJUBCJMF�QFS�OPO�SJDBEFSF�nella precedente condizione di impasse rispetto ad un’auspicabile valutazione oggettiva. Fintantoché prenderemo in analisi la forma come esito di un processo orientato, infatti, la pre-determinazione del QJBOP� EJ� HJVEJ[JP� SJTFOUJSË� JOFWJUBCJMNFOUF� EJ� RVFMM�PSJFOUBNFOUP � EB�una parte o dall’altra, rendendoci impossibile una valutazione neutra-le. Ma se prescinderemo dall’orientamento ideologico e guarderemo alla forma� DPNF� TFNQMJDF� FTJUP� GBUUVBMF � BWSFNP � GPSTF � RVFM� QJBOP�DSJUJDP�mOBMNFOUF�PSJ[[POUBMF�TV�DVJ�DPTUSVJSF�VO�HJVEJ[JP�PHHFUUJWP��$PTÖ�Ò�TUBUP �JO�QSFDFEFO[B �QFS�JM�QSPCMFNB�EFMM�incertezza struttura-le. Assunta come tendenza�HFOFSBMF�F�MFHJUUJNBUB�JO�RVBOUP�tendenza dall’impianto teoretico del free form, è stato possibile condannarla oggettivamente come espressione «non-corretta», indipendente-mente dalla sua preventiva legittimazione ideologica. Ciò è dovuto al semplice fatto che il piano tecnico non risente più dei presupposti UFPSFUJDJ �NB�HVBSEB�BM�TJOHPMP�QSPCMFNB�TQFDJmDP�EJ�TVB�DPNQFUFO-za, che è problema intrinseco alla forma prodotta. Dovremo trovare, allora, un piano di giudizio altrettanto asettico, che possa assumere gli esiti formali come semplici realtà autonome, per valutare la loro JOUSJOTFDB� RVBMJUË� EJ� forme architettoniche�� $JÛ� TJHOJmDB � JO� EFmOJUJ-WB �BCCBOEPOBSF�VOB�RVBMVORVF�SJWFOEJDB[JPOF�JEFPMPHJDB �FUJDB�FE�estetica, per ricercare il senso immanente delle cose.� 6O�QSF[JPTP�TVHHFSJNFOUP �B�RVFTUP�QSPQPTJUP �DJ�WJFOF�GPSOJUP�dal solito Mies. Egli racconta: «una volta un esperto mi chiese: perché ogni cosa dovrebbe essere dritta? Risposi: perché dovrebbe essere curva?»9. La risposta dell’architetto tedesco è lapidaria. Soprattutto, non è la risposta ovvia che ci saremmo aspettati: «perché funziona meglio». Il soggetto delle due proposizioni, peraltro, è «ogni cosa», e non jM�BSUFmDF�EJ�PHOJ�DPTBx. La domanda e la risposta, cioè, non sono formulate secondo il tradizionale schema causa-effetto, altrimenti suo-nerebbero: «perché dovremmo progettare ogni cosa dritta? [...] per-ché dovremmo progettarla curva?». Sono allora le cose stesse, ossia le forme, a dover essere�ESJUUF�P�DVSWF��$JÛ�TJHOJmDB�DIF �BM�EJ�MË�EJ�VOB�TQFDJmDB� WPMPOUË� GPSNBUJWB � EFMM�PSJFOUBNFOUP� JEFPMPHJDP� EJ� DJBTDVO�9 ludwig Mies van der rohe, All’Architectural Association di Londra (1959), in, Ludwig Mies van der Rohe. Gli scritti e le parole, cit.

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progettista, delle ragioni intenzionalmente indotte nella forma, è essa stessa a recare in sé il proprio dover essere. Questo dover essere è, cioè, il suo TJHOJmDBUP �DIF �BMMB�mOF �TVTTJTUF�EJ�QFS�TÏ�F�DPOUJOVB�B�QFSNBOFSF�OFM�UFNQP�JO�BVUPOPNJB �QFS�RVBOUP�TJB�TUBUP�WFJDPMBUP�P�introdotto forzatamente dal progettista nel processo di produzione. Al di là delle volontà culturalmente e ideologicamente connotate allora, la forma vive�EJ�WJUB�QSPQSJB�BM�UFSNJOF�EFMMB�TVB�DSFB[JPOF�BSUJmDJPTB �QVÛ�essere staccata dal proprio autore e dalle proprie circostanze pro-duttive, dalla propria «aura», per dirla ancora con Benjamin. Cosa ne SFTUB �RVJOEJ �3FTUB�VO�TFOTP �VO�TJHOJmDBUP�DIF�MF�Ò�JOUJNBNFOUF�QSP-QSJP �DIF�QBSBEPTTBMNFOUF�QVÛ�OPO�DPJODJEFSF�DPO�RVFMMP�SJDFSDBUP�F�introdotto dal progettista, e che consiste nel suo autonomo prestarsi ad essere impiegata in un qualche modo. Ciò�vale per le architetture come, d’altra parte, per gli oggetti tut-ti. E’�il ©�ƯƿDžNJƿ�Ljǂƺ�ƯDžNJƿª�di Protagora10. Vale, allora, anche per le cose naturali, per ciò che esiste di per sé, e che l’uomo impiega dopo averne individuato il senso profondo. E’ il «Bestand» heideggeriano11. Ciò che, sin dalle origini, ha permesso di impiegare la caverna per tro-WBSF�SJQBSP �JM�CBTUPOF�QFS�GBSF�GVPDP �MF�QJFUSF�QFS�FEJmDBSF �MB�DBTDBUB�per produrre energia. C’è un senso intimo nelle cose, laddove l’uomo lo individua, e lo individua perché ne ha bisogno. Può essere lecito e MFHJUUJNP�mODIÏ�TJ�WVPMF �BMMPSB �PQFSBSF�OFMM�BNCJUP�EJ�VOB�RVBMVORVF�volontà progettuale ideologicamente orientata, può essere valido cia-scun metodo produttivo ed ogni senso che intenzionalmente vorremo JOUSPEVSSF�OFMMF�GPSNF�DIF�DPTUSVJBNP �NB�BMMB�mOF �RVBOEP�M�PQFSB�TBSË�mOJUB�F�SJQPTFSË�OFM�TJMFO[JP�POUPMPHJDP�EFMMF�DPTF�DIF�esistono, tutte le volontà, le intenzioni, le ideologie, ed i processi formativi scompariran-OP �FE�B�QFSNBOFSF�TBSË�TPMUBOUP�RVFTUP�senso profondo che giace intimamente nelle radici della forma. Dovremo decretare, allora, il form mOEJOH�VO�BSDIJUFUUVSB�jNJHMJPSFx�EFM�free form perché ricerca insisten-temente tale senso, perché pretende di giungere all’essere necessario delle cose? Forse no. Quantomeno, non in assoluto. Ricercare intenzio-OBMNFOUF�VO�TJHOJmDBUP �E�BMUSB�QBSUF �OPO�JNQMJDB�QFS�GPS[B�JM�SJVTDJSF�B�USPWBSMP��%PWSFNP�QFSÛ�EFDSFUBSMB�VO�BSDIJUFUUVSB�jNJHMJPSFx �VOB�jCVP-OB�BSDIJUFUUVSBx �QFSDIÏ�TJ�predispone a trovarlo, riconoscendone l’esi-stenza e ponendosi verso il progetto con l’atteggiamento consapevol-mente umile di chi non vuole creare la forma, ma lascia che sia la forma a trovare da sé la via del senso che le è proprio. Dovremo decretarla, JO�EFmOJUJWB �VOB�jCVPOB�BSDIJUFUUVSBx �OPO�UBOUP�QFS�M�intenzionalità che WJ�TPHHJBDF�o�M�JOUFO[JPOBMJUË �E�BMUSB�QBSUF�Ò�RVFTUJPOF�etica�o �RVBOUP�piuttosto perché, in linea di tendenza �DJÛ�DIF�DPTUSVJTDF�Ò�jNJHMJPSFx�nel suo «fondo», ha un senso proprio �JOEJQFOEFOUF�EBMM�BSUFmDF�F�EBM�processo produttivo, può essere impiegato per ciò che essenzialmente è�o�F�RVFTUB �BMMPSB �Ò�RVFTUJPOF�ontologica. Una sedia di Marcel Breuer sarà sempre migliore di una sedia di Zaha Hadid, e non tanto sul piano etico – opinabile –della volontà formativa, ma perché, «nel fondo», sarà TFNQSF�jQJá�TFEJBx �VOB�GPSNB�ontologicamente predisposta a servire RVFMMP�TDPQP �DPTÖ�DPNF�MB�DBWFSOB �JM�CBTUPOF �MB�QJFUSB �MB�DBTDBUB�

10 Cfr. nota 34, cap.2.11 Cfr. nota 41, cap.2.

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Rimane da chiedersi se sia effettivamente legittimo istituire una SFMB[JPOF�DPTÖ�JOEJTTPMVCJMF�USB�forma e senso. Il senso, d’altra parte, è sempre frutto di un’interpretazione, l’interpretazione di un codice, il codice di un sistema di convenzioni, il sistema di convenzioni di un impianto sociale e culturale. E’ vero. Ma è vero anche – ed è innega-bile – che esistono sensi�DIF �QFS�RVBOUP�DJ�TJ�TGPS[J �non possono JOFWJUBCJMNFOUF�FTTFSF�BUUSJCVJUJ�BMMF�DPTF��$PTÖ �QFSNVUBOEP�M�FTFN-pio precedente, nessuna caverna mai potrà produrre energia, nes-sun bastone offrire riparo, nessuna pietra prendere fuoco, nessuna DBTDBUB� GPSOJSF�TUSVNFOUJ�QFS�FEJmDBSF��-F�DPTF�TJ�prestano, allora, per propria natura, ad essere impiegate JO�VO�NPEP��&�RVFTUP�Ò�JM�MPSP�senso «nel fondo». %PWSFNP�EPNBOEBSDJ �RVJOEJ �TF�MP�TUFTTP�WBMHB�per le opere costruite dall’uomo. Esiste un senso, intrinseco, per cui «ogni cosa dovrebbe essere dritta»? Evidentemente no. Che lo sia VOB�QBSFUF�Ò �DFSUP �GSVUUP�EJ�VOB�DPOWFO[JPOF��1FSDIÏ�J�OPTUSJ�RVBESJ�TPOP�ESJUUJ �F�DPTÖ�MF�OPTUSF�MJCSFSJF��.B�DIF�MP�TJB�JM�QBWJNFOUP�Ò�GSVUUP�di una precisa necessità umana, di un bisogno ontologico, di un sen-so intrinsecamente legato alla forma piana, che non è mai cambiato JO�RVBUUSP�NJMMFOOJ�EJ�TUPSJB�EFMMF�DPTUSV[JPOJ�F�QSFTVNJCJMNFOUF�NBJ�DBNCJFSË�OFM�GVUVSP��5SPWBUB �RVJOEJ �BMNFOP�VOB�GPSNB�DIF�non può essere convenzionale, il cui senso è ontologicamente necessitato, il resto viene da sé. Dovremo chiederci, allora, se il morbido gioco di JOGPSNF�EFM�OPTUSP�UFNQP �QFS�RVBOUP�UFPSFUJDBNFOUF� MFHJUUJNBUP�F�comprensibile, non sia, di fatto, che un mero esercizio di stucchevole retorica pseudo-semantica. Ci sono cose «come il cucchiaio, il mar-tello, la ruota, le forbici. Una volta che li hai inventati non puoi fare di meglio»12��'PSTF�M�BSDIJUFUUVSB �MB�jCVPOB�BSDIJUFUUVSBx �Ò�EBWWFSP�VOB�EJ�RVFTUF�

12 uMberto eco, jean-claude carrière, Non sperate di liberarvi dei libri, Milano, Bompiani, 2009.

1671.1. Macchina di Anticitera, ii sec. a.C.1.2. Raimondo Lullo, «Ars Magna», 1274.1.3. Blaise Pascal, Pascalina, 1642.1.4. Charles Babbage, Macchina Analitica, 1833.1.5. Alan Turing, Macchina universale, 1936.1.6. eniac, 1946.1.7. edvac, 1951.1.8. ibM 650, 1953.1.9. sieMens 2002, 1957.1.10. aPPle ii, 1977.1.11. xerox star, 1981.1.12. aPPle lisa, 1983.1.13. ibM 5150, 1981.1.14. aPPle Macintosh, 1984.1.15. Ridley Sott, «1984».1.16. whirlwind, 1951.1.17. an/fsq-7, 1958.1.18. Computer sage, 1946.1.19. sketchPad, 1963.1.20. dac-1, 1964.1.21. ibM 2250, 1970.1.22. on line systeM, 1968.1.23. on line systeM, 1968.1.24. cati, 1981.1.25. autocad, su Pc ibM, 1982.1.26. archicad, su aPPle Macintosh, 1984.1.27. Macchina a controllo numerico computerizzato (cnc).1.28. catia v5, modello in fase cad.1.29. catia v5, modello in fase cae.

2.1. Frank Gehry, Fish, Kobe, 1986.2.2. Frank Gehry, Fish, Barcellona, 1989.2.3. Claes Oldenburg, Spoonbridge and cherry, 1988.2.4. Constantin Brancusi, Maiastra, 1912.

INDICE DELLE IMMAGINI*

1515151515171717171717191919191919212121212121252525252525

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168

2.5. Constantin Brancusi, Bird in space, 1927.2.6. Frank Gehry, Fish, Barcellona, 1989.2.7. Frank Gehry, Guggenheim, Bilbao, 1997.2.8. Frank Gehry, Guggenheim, Bilbao, 1997.2.9. Frank Gehry, Claes Oldenburg, Binoculars Building, Los Angeles, 1985.2.10. Victor Vasarely, Vega-nor, 1969.2.11. Lygia Clark, Bicho, 1962.2.12. Enrico Castellani, 4VQFSmDJF�WJPMB 1960.2.13. Allan Kaprow, Fluids, 1967.2.14. Jeff Koons, Balloon Flowers Blue, 1995.2.15. Damien Hirst, Pills, 2002.2.16. James Cameron, Avatar, 2009.2.17. assassin’s creed, 2008.2.18. second life, 2003.2.19. cineMa4d, modellazione.2.20. cineMa4d, modellazione.2.21. cineMa4d, modellazione.2.22. cineMa4d, modellazione.2.23. realflow �TJNVMB[JPOF�EJ�nVJEPEJOBNJDB��2.24. Marcos Novak, Driven Forms, 1997.2.25. Greg Lynn, Embriological Housing, 2000.2.26. Kolatan/McDonald, Forms, 1999.2.27. Nox, Beachness, 1997.2.28. R&sie(n), Forms, 2000.2.29. Stephen Perrella, Moebius House, 1996.2.30. Marcos Novak, Liquid Process, 1997.2.31. Karl Chu, X Phylum, 1999.2.32. Zaha Hadid, 7PSUFYY�$IBOEFMJFS, 2005.2.33. Daniel Liebeskind, Royal Ontario Museum, Toronto, 2006.2.34. Frank Gehry, Marqués de Riscal Vineyard Hotel, Elciego, 2006.

�����4JNVMB[JPOF�EJ�nVJEPEJOBNJDB������4JNVMB[JPOF�EJ�nVJEPEJOBNJDB������4JNVMB[JPOF�EJ�nVJEPEJOBNJDB������4JNVMB[JPOF�EJ�nVJEPEJOBNJDB�3.5. Porta dei Leoni, Micene, xii sec. a.C.3.6. Chiesa del Carmo, Lisbona, xiv sec.3.7. Cattedrale di Notre-Dame, Chartres, xiii sec.3.8. Ponte ai Frari, Venezia, xv sec.3.9. Pergamena di Giovanni da Prato.3.10. Ricostruzione del sistema costruttivo del Brunelleschi.3.11. Eugène Freyssinet, Hangar.3.12. Eugène Freyssinet, Hangar.3.13. Eugène Freyssinet, Hangar, Orly, 1923.3.14. Tacoma Bridge, Tacoma, 1938-1940.3.15. Palazzetto dello sport, Milano, 1976-1988. 3.16. Stadio Olimpico, Montral, 1976.3.17. fea, fase di meshing.3.18. fea, fase di meshing.3.19. fea, fase di meshing.3.20. fea, fase di meshing.3.21. fea, fase di solving.3.22. fea, fase di meshing.3.23. fea, fase di solving.3.24. Motore fisico, fase di pre-pass.3.25. Motore fisico, fase di rendering.

4.1. Stonehenge, Inghilterra, iii millennio a.C.4.2. Tempio di Menaidra, Malta, iii millennio a.C.4.3. Tiwanaku, Bolivia, iii secolo a.C.4.4. Pier Luigi Nervi, Aviorimessa, Orvieto, 1935.4.5. Pier Luigi Nervi, Capannone Nervi, Porto Recanati, 1940.4.6. Pier Luigi Nervi, Schema A (tav. iv di «Scienza o arte del costruire?»).4.7. Pier Luigi Nervi, Schema B (tav. iv di «Scienza o arte del costruire?»).4.8. Eduardo Torroja, Mercado de Abastos.4.9. Eduardo Torroja, Mercado de Abastos, Algeciras, 1933.4.10. Pier Luigi Nervi, Palazzetto dello sport.

293131313333333333373737373741414141414545454545474747494949

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73737379797979818181

169

4.11. Pier Luigi Nervi, Palazzetto dello sport, Roma, 1956.4.12. Robert Venturi, Casa Vanna Venturi,�'JMBEFMmB ������4.13. Aldo Rossi, Cimitero di San Cataldo, Modena, 1971. 4.14. Michael Graves, Center Library, Denver, 1996.4.15. 4VQFSmDJF�NJOJNB�B�QBSUJSF�EB�QSPmMP�SB[JPOBMF�4.16. 4VQFSmDJF�NJOJNB�B�QBSUJSF�EB�QSPmMP�JSSB[JPOBMF�4.17. Frei Otto, Musikpavillion, Kassel, 1955.4.18. Frei Otto, Tanzbrunnen Pavillion, Colonia, 1957.4.19. Shigeru Ban, Centre Pompidou, Metz, 2003.

5.1. Le Corbuier, Notre Dame du Haut, Ronchamp, 1955.5.2. Le Corbuier, Unité d’habitation, Marsiglia, 1952.5.3. Le Corbuier, Ville Savoye, Poissy, 1928.5.4. Erich Mendelsohn, Einsteinturm, Potsdam, 1924.5.5. Jørn Utzon, Chiesa, Bagsværd, 1976.5.6. Peter Eisenman, Città della Cultura della Galizia, Santiago de Compostela, 1999.5.7. Francesco Borromini, Sant’Ivo alla Sapienza, Roma, 1660.5.8. Vladimir Tatlin, Monumento alla iii internazionale, 1919.5.9. Leonardo da Vinci, Vite aerea, Codice Atalntico, 1480 ca.5.10. Francesco Borromini, Sant’Ivo alla Sapienza, Roma, 1660.5.11. Hermann Finsterlin, Architectural Drawing, 1920.5.12. Hermann Finsterlin, Architectural Drawing, 1922.5.13. Hermann Finsterlin, Architectural Drawing, 1922.5.14. Santiago Calatrava, 1BMB[[P�EFMMF�BSUJ�3FHJOB�4PmB, Valencia, 2005.5.15. Santiago Calatrava, Auditorium, Tenerife, 2003.5.16. Santiago Calatrava, Stazione, Lione, 1994.5.17. Skidmore, Owings and Merrill, Burj Khalifa, Dubai, 2010.5.18. Honshu Shikoku, Akashi-Kaikyô Bridge, Kobe, 1998.5.19. Moshe Safdie, Marina Bay Sands, Singapore, 2010.5.20. Jørn Utzon, Opera House.5.21. Jørn Utzon, Opera House.5.22. Jørn Utzon, Opera House, Sydney, 1973.5.23. Jørn Utzon, Opera House.5.24. Jørn Utzon, Opera House.5.25. Jørn Utzon, Opera House.5.26. Jørn Utzon, Opera House.5.27. Jørn Utzon, Opera House.5.28. Frank Gehry, Lou Ruvo Center for Brain Health.5.29. Frank Gehry, Lou Ruvo Center for Brain Health.5.30. Frank Gehry, Lou Ruvo Center for Brain Health, Las Vegas, 2010.5.31. Frank Gehry, Wal Disney Concert Hall.5.32. Frank Gehry, Wal Disney Concert Hall, Los Angeles, 2003.5.33. Frank Gehry, Guggenheim, Bilbao, 1997.5.34. Frank Gehry, Guggenheim.5.35. Frank Gehry, Guggenheim.5.36. Frank Gehry, Guggenheim.5.37. Frank Gehry, Wal Disney Concert Hall.5.38. Foster+Arup, Millenium Bridge.5.39. Foster+Arup, Millenium Bridge.5.40. Foster+Arup, Millenium Bridge, Londra, 2000.5.41. Santiago Calatrava, Alamillo Bridge.5.42. Santiago Calatrava, Alamillo Bridge.5.43. Santiago Calatrava, Alamillo Bridge, Siviglia, 1992.

6.1. Frank Gehry, Guggenheim, Bilbao, 1997.6.2. Frank Gehry, Gehry Tower, Hannover, 2001.6.3. Frank Gehry, 8 Spruce Street, New York, 2011.6.4. Berlin Iron Bridge Company, 1891.6.5. Thomas Pritchard, John Wilkinson, Ironbridge, Coalbrookdale, 1779.6.6. Arco catenario.6.7. Cupola catenaria. �����"OUPOJ�(BVEÖ �Casa Batllo, Barcellona, 1907. 6.9. Gustave Eiffel, Viadotto di Garabit, Cantal, 1882.6.10. Robert Maillart, Schwandbach Bridge. Berna, 1933.6.11. SVQFSmDJF�NJOJNB con membrana saponata.6.12. Frei Otto, Padiglione Tedesco.6.13. Frei Otto, Padiglione Tedesco.

818383838787878787

91919193939397979797999999999999

103103103107107107109109109109109111111111113113113115115115115117117117119119119

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170

* Tutte le immagini impiegate nel corso del testo sono facilmente reperibili in rete, eccetto 2.19., 2.20., 2.21., 2.22., 3.6., 3.24., 3.25., 4.6., 4.7., realizzate o ridsegnate dall’autore. L’im-NBHJOF�������Ò�USBUUB �JOmOF �EB��eduardo torroja, La concezione strutturale, cit.

6.14. Frei Otto, Padiglione Tedesco, Montreal, 1967.6.15. Frei Otto, Copertura dell’Area Olimpica, Monaco, 1972.6.16. Frei Otto, Copertura dell’Area Olimpica.6.17. Frei Otto, Copertura dell’Area Olimpica.6.18. Frei Otto, Copertura dell’Area Olimpica.6.19. Frei Otto, Copertura dell’Area Olimpica.6.20. «Costruzione leggera» naturale.6.21. «Costruzione leggera» naturale.6.22. SVQFSmDJF�NJOJNB con membrana saponata. Catenoide.6.23. SVQFSmDJF�NJOJNB con membrana saponata. Elicoide.6.24. SVQFSmDJF�NJOJNB con membrana saponata. Sella.6.25. SVQFSmDJF�NJOJNB con membrana saponata. Ipercubo.6.26. Eduardo Torroja, Ippodromo Zarzuela, Madrid, 1935.6.27. Félix Candela, 0DFBOPHSËmD, Valencia, 1994.6.28. Kenzo Tange, Yoyogi National Gymnasium, Tokyo, 1964.6.29. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento.6.30. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento.6.31. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento.6.32. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento.6.33. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento.6.34. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento.6.35. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento.6.36. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento, Potenza, 1967-1976.6.37. Sergio Musmeci, Viadotto sul Basento.6.38. SVQFSmDJF�NJOJNB con surface evolver.6.39. SVQFSmDJF�NJOJNB con surface evolver.6.40. SVQFSmDJF�NJOJNB con surface evolver.6.41. Sergio Musmeci, Ponte sullo stretto.6.42. Sergio Musmeci, Ponte sullo stretto.6.43. Sergio Musmeci, Ponte sullo stretto, Messina, 1969.6.44. Massimo Majowiecki, Passerella pedonale sul Reno.6.45. Massimo Majowiecki, Passerella pedonale sul Reno.6.46. Massimo Majowiecki, Passerella pedonale sul Reno, Casalecchio, 2003.������+JSŁ�4USËTLZ �River Trail Footbridge, Redding, 1990.6.48. Jörg Schlaich, Passerella pedonale, Enzauen, 1989.6.49. Jürg Conzett, Passerella pedonale di Suransuns, Viamala, 1996.6.50. Jürg Conzett, Passerella pedonale di Suransuns, Viamala, 1996.6.51. Jürg Conzett, Passerella pedonale sulla Traversina, Viamala, 2005.

7.1. Zaha Hadid, Melissa Shoes, 2008.7.2. Zaha Hadid, Mesa Table, 2005.7.3. Zaha Hadid, Pavilion Bridge, Saragozza, 2008.7.4. Zaha Hadid, Performing Arts Center, Abu Dhabi, 2007.

131133133133133133135135135135135135137137137139139139139139141141141143143143143147147147149149149151151151151151

159159159159

171

INDICE DEI NOMI CITATI*

adorno, theodor, 7-9agàtone, 72agostino d’iPPona, 150aMPère, andré-Marie, 160argan, giulio carlo, 77, 82, 89, 90, 92, 94,

98, 122, 126, 128aristotele, 51, 52, 54, 60, 61, 72, 134aruP, ove, 75, 106, 117

babbage, charles, 14, 15baldini, MassiMo, 13ban, shigeru, 87, 144barry, robert, 44bathe, k. j., 65beltraMi, luca, 58benjaMin, walter, 43, 85, 86, 165benvenuto, edoardo, 60, 61, 64, 65, 66, 70,

76, 77, 82, 126, 134, 142, 150berg, alban, 8bernini, gian lorenzo, 56boole, george, 14borroMini, francesco, 58, 95, 96, 97braMante, donato, 56brancusi, constantin, 28, 29breuer, Marcel, 165brunelleschi, filiPPo, 57-60, 126,bruno, giordano, 14buonarroti, Michelangelo, 56, 57

cage, john, 32, 44, 76calatrava, santiago, 98, 99, 118, 119calder, alexander, 32calvino, italo, 105, 114caMeron, jaMes, 35, 37

candela, félix, 136, 137caPoMolla, rinaldo, 132, 140carlson, wayne, 18castellani, enrico, 33choMsky, noaM, 12chiggio, ennio ludovico, 43chu, karl, 47, 48clark, lygia, 32, 33colonnetti, gustavo, 136conzett, jürg, 148, 151croce, benedetto, 35

derrida, jacques, 40, 42, 46, 57, 89, 95descartes, rené, 54dreyfus, PhiliPPe, 13duchaMP, Marcel, 32

eco, uMberto, 14, 32, 35, 142, 166eiffel, gustave, 128, 129einstein, albert, 160, 161eisenMan, Peter, 48, 93, 95engelbart, douglas, 16, 20eschilo, 54, 61euler, leonhard, 126

faraday, Michael, 160fetter, williaM, 18finsterlin, herMann, 98, 99foster, norMan, 117freyssinet, eugène, 59fuksas, MassiMiliano, 144fuller, buckMinster, 128, 130

gadaMer, hans-georg, 34

172

galiMberti, uMberto, 12, 42, 54, 84, 162gaudì, antoni, 121, 128, 129gehry, frank, 28-33, 48, 49, 75, 108, 110, 111, 113-115, 123-125gödel, kurt, 160graves, Michael, 82, 83groPius, walter, 98gutaj, 32

hadid, zaha, 48, 49, 159, 165hegel, friedrich, 48, 84helMcke, gerhard, 130heidegger, Martin, 34, 40, 44, 46, 61, 82, 84,

85, 105, 155heisenberg, werner k., 160hirst, daMien, 35, 37hollerith, herMan, 14huygens, christiaan, 126

jakobson, roMan, 12jonas, hans, 84

kant, iMManuel, 46, 85, 150kaProw, allan, 32, 33keats, john, 150kelly, kevin, 12kircher, athanasius, 14klee, Paul, 43kolatan/Mcdonald, 45koons, jeff, 35, 37

le corbusier, 62, 90, 92, 98, 110leibniz, gottfried, 14leonardo da vinci, 96, 97leoPardi, giacoMo, 105liebeskind, daniel, 49lorenz, edward n., 160lullo, raiMondo, 14, 15lyotard, jean-francois, 36, 40lynn, greg, 45, 48, 104

Maillart, robert, 128, 129Majowiecki, MassiMo, 74, 84, 94, 95, 100, 101,

108, 116, 134, 136, 146, 149Masiero, roberto, 8, 34, 43, 44, 74Maxwell, jaMes c., 160Mendelsohn, erich, 92-94, 110Mcluhan, Marshall, 12, 34Mies van der rohe, ludwig, 7, 11, 57, 62, 71,

75, 76, 80, 82, 84, 86, 90, 92, 95, 98, 100, 105, 121, 124, 144, 145, 150, 154, 164

Mondrian, Piet, 142Monteverdi, claudio, 76Moore, charles, 82Morandi, riccardo, 84More, thoMas, 35Morellet, francois, 32Morin, edgar, 160MusMeci, sergio, 84, 88, 132, 134, 136, 138-141,

143, 145-147

nervi, Pier luigi, 54, 62, 65, 70, 75-82, 84, 85, 88, 98, 104, 122, 123, 128, 134, 136, 138, 150

nietzsche, friedrich, 38, 40, 42novak, Marcos, 44, 45, 47, 48nox, 45

oden, j. t., 65oldenburg, claes, 28, 29, 32, 33ong, walter j., 12orazio, 32orwell, george, 16, 18otto, frei, 87, 128, 130-134, 136, 150, 154

Palladio, andrea, 58PaPi, fulvio, 153Pareyson, luigi, 32, 71ParMenide, 34Pascal, blaise, 14, 15Perrella, stePhen, 47Piranesi, giaMbattista, 58Planck, Max, 160Plateau, josePh, 128, 138Platone, 5, 27, 42, 51, 77, 80, 121, 150, 155Poinsot, louis, 126Portoghesi, Paolo, 82Pritchard, thoMas, 127Protagora, 42, 165

rauschenberg, robert, 44r&sie(n), 44, 45ricci, MassiMo, 59riley, bridget, 32rogers, ernesto nathan, 90roMano, giulio, 58rossellino, bernando, 56rossi, aldo, 82, 83

saarinen, jarno, 128sanzio, raffaello, 56, 58scott, ridley, 16seMPer, gottfried, 74severino, eManuele, 12, 34, 38, 42, 84, 85, 162shannon, claude, 12, 14, 16skidMore, owings and Merrill, 103socrate, 121sofocle, 121sPengler, oswald, 36sPinoza, baruch, 85stirling, jaMes, 82stravinskij, igor, 8, 9safdie, Moshe, 103schlaich, jörg, 151schönberg, arnold, 8, 9shikoku, honshu, 103453®4,: �+*3œ ���� ����sutherland, ivan, 20, 22

tange, kenzo, 136, 137tarrago, norberto, 134tatlin, vladiMir, 96-98tinguely, jean, 32toMMaso d’aquino, 150, 152torroja, eduardo, 75-77, 80-82, 84, 101, 134,

136, 137, 142, 150turing, alan, 14-16, 53, 148

untersteiner, Mario, 42utzon, jørn, 74, 75, 92, 93, 98, 105-110, 114

vasarely, victor, 32, 33veneziano, gabriele, 160venturi, robert, 82, 83vettese, angela, 44

173

vitruvio, Marco Pollione, 58, 122, 136, 157volPi, franco, 44von neuMann, john, 16

weisberg, david, 18wiener, norbert, 12wilkinson, john, 127wright, frank lloyd, 96, 102

young, thoMas, 160

zuMthor, Peter, 105

archicad, 22, 25autocad, 22, 25bubble skin soaP, 140cad, 18, 20, 22-25, 27, 30, 35, 48, 51, 58, 66,

75, 140cae, 24, 25, 27, 30, 48, 51, 58, 66, 68, 70, 72,

75-77, 140

caM, 24, 27, 30, 34, 48, 51, 58, 66, 75, 114cadaM, 24cati, 24catia, 22, 24-26, 28, 30, 31, 64, 66, 110, 112,

114cineMa4d, 39, 41dac-1, 20-22digital Project, 30fea/feM, 24, 51, 66-69hyPerMesh, 68Motore fisico, 68, 69nastran, 68nx-unigraPhics, 26Preview, 22Pro-engineering, 26sketchPad, 20, 21, 24solid-edge, 30solidworks, 30surface evolver, 140radar/ch, 22

��4J�JOEJDJ[[BOP�JOEJTDSJNJOBUBNFOUF�QSPHFUUJTUJ �BSUJTUJ �mMPTPm �NBUFNBUJDJ�FE�BVUPSJ�UVUUJ�DIF�sono stati citati nel corso della trattazione. Segue un breve indice di software e tipologie software. Questo secondo elenco avrebbe potuto essere molto più lungo, ma si è scelto, per brevità, di citare i soli pionieri ed i programmi attualmente più rappresentativi per ciascuna delle categorie analizzate.

174

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE*

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��5SB�J�OVNFSPTJ�UFTUJ�DJUBUJ�F�DPOTVMUBUJ �TJ�JOEJDBOP�RVJ�TPMP�RVFMMJ�SJUFOVUJ�GPOEBNFOUBMJ�QFS�MP�sviluppo ed una piena comprensione delle tematiche affrontate. Segue una TJUPHSBmB �altret-UBOUP�FTTFO[JBMF �QFS�J�NBUFSJBMJ�QJá�TJHOJmDBUJWJ�OPO�SFQFSJCJMJ�JO�GPSNBUP�DBSUBDFP�

«Non vi deve esser sazietà nell’amicizia, come v’è in altre cose. Quanto più è vecchia, tanto più dovrà esser cara, come quei vini che por-tano gli anni. [...] Grandissima è infatti la forza di una consuetudine antica.»

cicerone, De amicitia, xix 67-68

Un sentito ringraziamento a tutti coloro che mi IBOOP�BDDPNQBHOBUP� JO�RVFTUP�WJBHHJP�QSP-DFMMPTP��B�DIJ�IB�JMMVNJOBUP�MB�WJB�DPO�QSF[JPTJ�DPOTJHMJ�� B� DIJ� IB� DVTUPEJUP� J�NJFJ� QBTTJ� DPO�paziente premura. Meriterebbero ben più di una nota a mezza colonna.