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Integrazione
narrativa
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Senza futuro
Il cinema delle origini, a cinque anni dalla nascita, entra nel
nuovo secolo ancora incerto sulla propria identità e con deficit
che gli impediscono d’essere un’espressione artistica o una
forma di spettacolo ben determinata. I film, troppo corti, muti e
monchi, mischiati a mille altre cose e poco adatti a veicolare
contenuti decenti, costituiscono nel complesso un
intrattenimento «minore», spesso volgare e pericoloso.
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Finché il cinematografo resta un passatempo per buzzurri, i
contenuti – nell’opinione dei benpensanti ma anche nei fatti -
sono solo sconcezze e fesserie. Tuttavia si tratta anche di un
bel giro di soldi e chi ha investito nel nuovo settore non appare
in vena di mollare la presa.
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La tecnica funziona e promette miglioramenti straordinari: si
possono ingrandire le bobine allungare le pellicole, farle
scorrere in modo più fluido, allargare lo schermo e ottenere
una qualità delle immagini sempre migliore. Qualcuno già
pensa al sonoro, al cinerama, alla tridimensionalità, al colore.
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Ma è come disporre di miliardi di megabyte e saper fare solo il
Pacman. Il cinema c’è, ma non si sa ancora a che cosa serve.
E i problemi sono tanti. Il film deve trovare la sua dimensione, i
produttori la formula vincente, il cinema il suo linguaggio. Sono
tanti anche gli ostacoli da rimuovere.
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Sono molte le strade diverse che si intersecano nella ricerca di
un’identità meno precaria: bisogna dare qualità al prodotto
film, definire una cifra espressiva autonoma e accettabile,
richiamare un pubblico diverso che non si accontenti di
«guardare le figure», instillare nuove abitudini di consumo.
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Il calo dell’attrazione
E neppure c’è tempo da perdere perché nello stesso tempo
entra irreversibilmente in crisi il rapporto del cinematografo col
suo principale terreno di coltura, il sistema delle attrazioni
mostrative, che da un lato non è in grado di assorbire l’enorme
potenziale produttivo del nuovo medium e dall’altro rischia di
affossarlo in un processo di inesorabile marginalizzazione.
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L’integrazione narrativa
Le notevoli risorse imprenditoriali tese a sfruttare la popolarità
di un cinematografo ancora indeciso tra la liberazione della
fantasia e la registrazione tachigrafica della realtà, lo spingono
a «cambiare pelle» e ad affrontare una seria «crisi di crescita»,
interpretata dagli studiosi come avvicendamento fra «attrazioni
mostrative» e «integrazione narrativa».
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Trasformazione complessa
È quindi in buona misura la paura degli affaristi, preoccupati
per il discredito e la precarietà del settore, per la pochezza dei
contenuti, che spinge il cinematografo a una «emancipazione»
che gli insegna a raccontare «storie» e lo mette al passo coi
tempi nuovi, consolidando la fisionomia di «fabbrica dei sogni»
che gli verrà poi universalmente riconosciuta e facendone in
breve tempo il pilastro della nascente «industria culturale».
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Visione sistemica
È infatti nell’ambito di un’imprenditoria «rampante», capace di
trasformare in pochi anni un banale passatempo in un’industria
fiorente e redditizia, che balena istintivamente l’abbozzo di una
visione «sistemica» del cinematografo, in grado di articolare le
misure che, sebbene scaturite perlopiù dal banale interesse,
favoriscono l’emergere di una più specifica identità del mezzo.
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Trasformazione complessa
Naturalmente è difficile stabilire date precise per un turnover
così cruciale e complesso - senza considerare che l’“attrazione”
non scompare mai del tutto e ritorna spesso in generi come il
Musical o negli effetti speciali dei film odierni – ma il momento
in cui l’integrazione narrativa inizia a delinearsi può essere
approssimativamente collocato nel periodo 1905-1908.
Avatar (James Cameron, 2009) e Gold Diggers of 1933 (Mervyn LeRoy, 1933)
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•
L’industria culturale
Sebbene si compia nel giro di appena qualche anno, e sia
animata da un combattivo spirito imprenditoriale anziché da
precise istanze teoriche, questa evoluzione tecnica e stilistica
non può essere inquadrato in un’ottica di furbo e fortunato
adeguamento allo spirito del tempo o di naturale «progresso».
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Trasformazione complessa
È una metamorfosi complessa, che integra diversi fattori
(logiche produttive e commerciali, sviluppi tecnici, modalità di
consumo, paradigmi espressivi, considerazione sociale del
mezzo ed evoluzione della domanda), tra cui è spesso difficile
istituire relazioni lineari e omogenee, a loro volta intersecati
con un imponente cambiamento sociale, in cui vengono
felicemente a coincidere il successo di un medium «moderno»
e l’approdo della civiltà occidentale alla società di massa.
,
1909. Negli studi Selig si gira The Hearth of a Race Tout
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Dal cinematografo al cinemaIl passaggio dall’esitante
caleidoscopio degli esordi alle
grandi costruzioni narrative è stato
sintetizzato anche da Edgar Morin,
nel 1956 (Il cinema o l’uomo
immaginario), come la
trasformazione del “cinematografo”
in “cinema”, cioè del fenomeno da
baraccone in spettacolo di svago e
intrattenimento di notevole rilievo
sociale e di grande importanza
culturale.
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Linee guida
Un impulso decisivo alla metamorfosi del cinematografo viene
dalla razionalizzazione del circuito complessivo (dall’ideazione
del film alla visione in pubblico) che sancisce il prevalere
definitivo del software sull’hardware muovendosi lungo due
importanti direttrici:
• la distinzione netta delle fasi di produzione, distribuzione ed
esercizio;
• la concentrazione del consumo e la nascita di apposite sale
per la proiezione di film, che fidelizzano il pubblico e lo
attirano tramite una fruizione ordinata e confortevole.
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Produzione
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Mercato
La «stabilizzazione» del consumo e l’«eccitazione» della
domanda si rafforzano a vicenda e generano una serie di
effetti a catena, vincolando la produzione cinematografica, già
in grado di realizzare una valanga di film di una certa durata,
ad arricchire la propria merce. La nuova forma assunta dallo
spettacolo cinematografico (programma «esclusivo» con
proiezioni a ore fisse, più volte al giorno, in apposite sale)
impone infatti un adeguamento del prodotto, nei contenuti e
nella confezione, e l’invenzione di un «progetto espressivo».
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Gli interventi «strutturali» concepiti per spezzare il legame con
l’inefficienza del sistema delle attrazioni e scongiurare il calo
del pubblico assecondano dunque l’approdo all’«integrazione
narrativa» vera e propria, intersecandosi con due aspetti che
connotano la rapida evoluzione del prodotto:
• Il costante miglioramento della qualità complessiva dei film e
la ricerca di contenuti meno banali e più «specifici»;
• la progressiva conquista di una peculiare “autonomia”, che
dal piano del consumo presto contagia quello espressivo.
Interno di uno studio Gaumont, 1905
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Autonomia
L’aumento della durata dei film, che sfocia nei primi
lungometraggi, s’intreccia quindi con l’incremento di alcune
loro qualità intrinseche e con i tentativi di innovare e variare i
contenuti, di conferire alle nuove produzioni un tessuto
narrativo meno naïf, di far loro raccontare una storia in modo
autonomo, senza intermediazioni.
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Verso il lungometraggio
La proposta di scene più lineari ed esplicite e l’uso delle
didascalie mettono finalmente le pellicole in grado di
raccontare autonomamente le storie. L’aumentata leggibilità e
la rinuncia ad «aiutare» il consumo in sala consentono di
accontentare meglio il pubblico, che reclama film di durata
sempre maggiore.
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Professione cinema
La rinuncia alla riproduzione «passiva» della realtà per
attingere a un piano narrativo più maturo comporta però la
trasformazione del cinema in uno spettacolo a tutti gli effetti,
sul piano produttivo e commerciale, con attori, scenografie,
ambienti, storie da raccontare e metodi «professionali».
Lubinville, il moderno stabilimento della Lubin costruito a Filadelfia nel 1910
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Professione cinema
La rinuncia alla riproduzione «passiva» della realtà per
attingere a un piano narrativo più maturo comporta però la
trasformazione del cinema in uno spettacolo a tutti gli effetti,
sul piano produttivo e commerciale, con attori, scenografie,
ambienti, storie da raccontare e metodi «professionali».
Lubinville, il moderno stabilimento della Lubin costruito a Filadelfia nel 1910
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AutonomiaIl legame fra l’alimentazione di una
filiera industriale in caotico sviluppo
e l’incremento delle quote di
popolarità raggiunte passa quindi
attraverso un processo che
affranca e distingue il cinema dalle
forme confinanti di spettacolo e una
«alfabetizzazione narrativa» che lo
mette in grado di raccontare storie
in modo «autonomo», dando vita a
un prodotto sempre più avvincente
e accessibile.
Non è permesso fischiare o
parlare a voce alta
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Trasformazione complessa
Il primo pegno della nuova alleanza è il sacrificio della
chiassosa interazione degli antichi spettacoli di «proiezioni»
sull’altare di una fruizione collettiva di tipo rituale, anonima e
impersonale.
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Il lungometraggio
La grande mutazione può essere sintetizzata dallo sviluppo
del «lungometraggio» e si snoda attraverso l’evoluzione
parallela di alcuni caratteri con importanti risvolti pratici e
operativi. Il superamento del limite frapposto dalla brevità dei
film implica la ricerca di contenuti e di modalità espressive
appropriate; insieme ai cambiamenti nella distribuzione e nel
consumo si specializzano le filiere produttive e diventa più
professionale la parte «creativa» del lavoro. A questo punto si
compie l’autonomia espressiva del nuovo mezzo.
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Autonomia
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L’Assalto al treno, così come il Viaggio nella luna (1902) di
Méliès e altri film di successo del periodo, denunciano ancora i
limiti di un mezzo frenato da remore culturali (linguaggio
legnoso, soggezione al gusto popolare), dalla occasionalità
della produzione e da evidenti limiti tecnici, ma nello stesso
tempo rivelano con chiarezza l’aspirazione verso una
superiore qualità cinematografica.
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Alla ridefinizione dell’offerta a un livello superiore si
frappongono i soliti ostacoli:
• la cattiva fama alimentata dal matrimonio fra la superficialità
dei prodotti, spesso pedestri, e la volgarità del pubblico
• la tecniche di ripresa ancora esitanti e casuali
• la difficoltà a escogitare contenuti specifici e
«autoreferenziali»
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Troppo corti
Nonostante il rapido consolidamento dell’impianto economico
e commerciale, i contenuti del cinematografo sono ancora
impantanati nei trucchi e nelle gag degli esordi, con i drammi
ispirati alla cronaca, in film confusi e molto brevi, dai 6 ai 15
minuti, dall’articolazione narrativa elementare e incerta.
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Il modellamento di
una fisionomia più
specifica, favorito
dal consumo in
sala e dal favore
del pubblico,
passa in primo
luogo attraverso
la realizzazione di
film sempre più
lunghi.
Teatro Varietà Cinematografo di Mendrisio, 1908
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Nuovi contenuti
Ma l’aumento della durata, che approda in pochi anni al
formato classico del «lungometraggio», s’intreccia con altri
fattori collegati fra loro: la ricerca di un tessuto narrativo più
intrigante e di contenuti nuovi, il perfezionamento delle
tecniche, il perseguimento di un’immagine sociale decente e di
una maggiore «credibilità artistica».
Wharton Inc. studio, 1915
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•
Il montaggio
Intorno al 1909 dunque la produzione di film in più rulli sarà
ormai una prassi consolidata e il trionfo del lungometraggio
(full-lenght o feature film), decreterà il dominio su tutte le altre
forme di cinema del film «a soggetto», confinando i formati più
brevi al rango di cortometraggio, riservato a settori particolari
come i documentari o le «comiche». Ma sarà la «scoperta» del
montaggio a dilatare la gamma espressiva e stimolare quella
miglior organizzazione delle scene che nell’arco d’un decennio
condurrà i film alla loro fisionomia matura.
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Il montaggio
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L’integrazione narrativa
l’integrazione narrativa, (che si ritiene conclusa nel 1915 con
l’uscita del film di Griffith Nascita di una nazione (considerato il
primo film interamente «narrativo», in cui cioè l’elaborazione
delle immagini appare del tutto funzionale alla storia
raccontata). Dopo il 1915 inizierà il corso del «modo di
rappresentazione istituzionale».
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Narrami, o diva…
Si capisce che l’«apprendistato»
è finito quando, nell’arco di sei-
sette anni, dall’insieme
frammentario e informe di vedute
e sketch cominciano ad
emergere film che usano una
grammatica e una sintassi
specifiche, con inquadrature più
lunghe, che organizzano una
storia e articolano forme più
compiute di narrazione.