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221 Capitolo 13 INSUFFICIENZA CARDIACA ACUTA IN UTI Il moto è causa d’ogni vita. Leonardo da Vinci Appunti, Vol. I L’insufficienza cardiaca acuta è responsabile ogni anno di circa 1 milione di ricoveri ospedalieri negli Stati Uniti (1), e l’80% circa dei ricoveri riguarda gli anziani (età 65 anni) (2). Il primo evento di insufficienza cardiaca acuta scompensata spesso segna l’inizio di un progressivo declino della situazione clinica. Sebbene la maggior parte dei pazienti (>95%) sopravviva all’iniziale ospedalizzazione per insufficienza cardiaca (5), il 50% dei pazienti è riammesso entro 6 mesi (2), e il 25-35% dei pazienti muore entro 12 mesi dalla dismissione ospedaliera (2). L’insufficienza cardiaca non è un’entità singola, ma può essere classificata a seconda della fase del ciclo cardiaco interessato (disfunzione sistolica o diastolica) e a secon- da del lato del cuore coinvolto (scompenso cardiaco destro vs sinistro). Questo capi- tolo descrive ciascuna sindrome e si concentra sugli stadi avanzati dell’insufficienza cardiaca che richiedono la gestione presso un’UTI. Molte raccomandazioni qui presentate sono tratte dalle linee guida di pratica clinica elencate nella bibliografia a fine capitolo (2-5). FISIOPATOLOGIA L’insufficienza cardiaca può avere origine da disturbi patologici che coinvolgono il pericardio, il miocardio, l’endocardio o i grandi vasi, come indicato nella Figura 13.1. La maggior parte dei casi di insufficienza cardiaca ha origine nel miocardio e sono il risultato di un danno ischemico o ipertrofia (2). Insufficienza cardiaca progressiva La Figura 13.2 rappresenta le alterazioni del funzionamento cardiaco che si verifica- no negli stadi successivi dell’insufficienza cardiaca. Si evidenziano tre stadi distinti,

INSUFFICIENZA CARDIACA ACUTA IN UTI - doctor33.it · Sistema nervoso simpatico ... Ciò che distingue l’insufficienza cardiaca diastolica è una diminuzione della distensi-

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Capitolo 13

INSUFFICIENZA CARDIACA ACUTA IN UTI

Il moto è causa d’ogni vita. Leonardo da Vinci

Appunti, Vol. I

L’insuffi cienza cardiaca acuta è responsabile ogni anno di circa 1 milione di ricoveri ospedalieri negli Stati Uniti (1), e l’80% circa dei ricoveri riguarda gli anziani (età ≥65 anni) (2). Il primo evento di insuffi cienza cardiaca acuta scompensata spesso segna l’inizio di un progressivo declino della situazione clinica. Sebbene la maggior parte dei pazienti (>95%) sopravviva all’iniziale ospedalizzazione per insuffi cienza cardiaca (5), il 50% dei pazienti è riammesso entro 6 mesi (2), e il 25-35% dei pazienti muore entro 12 mesi dalla dismissione ospedaliera (2).L’insuffi cienza cardiaca non è un’entità singola, ma può essere classifi cata a seconda della fase del ciclo cardiaco interessato (disfunzione sistolica o diastolica) e a secon-da del lato del cuore coinvolto (scompenso cardiaco destro vs sinistro). Questo capi-tolo descrive ciascuna sindrome e si concentra sugli stadi avanzati dell’insuffi cienza cardiaca che richiedono la gestione presso un’UTI. Molte raccomandazioni qui presentate sono tratte dalle linee guida di pratica clinica elencate nella bibliografi a a fi ne capitolo (2-5).

FISIoPATologIA

L’insuffi cienza cardiaca può avere origine da disturbi patologici che coinvolgono il pericardio, il miocardio, l’endocardio o i grandi vasi, come indicato nella Figura 13.1. La maggior parte dei casi di insuffi cienza cardiaca ha origine nel miocardio e sono il risultato di un danno ischemico o ipertrofi a (2).

Insufficienza cardiaca progressiva

La Figura 13.2 rappresenta le alterazioni del funzionamento cardiaco che si verifi ca-no negli stadi successivi dell’insuffi cienza cardiaca. Si evidenziano tre stadi distinti,

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222 Sezione IV – Problemi emodinamici

ciascuno riassunto di seguito (i numeri utilizzati qui di seguito corrispondono ai numeri cerchiati nella Figura 13.2). 1. Il segno più precoce di disfunzione ventricolare è l’aumento della pressione

di riempimento cardiaco (ovvero la pressione di incuneamento polmonare). La gittata sistolica è preservata, ma a spese di un’alta pressione di riempimento, che determina congestione venosa a livello polmonare e risulta in una sensazione di dispnea.

2. Il secondo stadio è caratterizzato da una marcata diminuzione della gittata sisto-lica e un aumento della frequenza cardiaca. La tachicardia compensa la riduzione della gittata sistolica, e ciò signifi ca che la gittata al minuto (la gittata cardiaca) è preservata.

3. Lo stadio fi nale è caratterizzato da una diminuzione della gittata cardiaca e un ulteriore aumento della pressione di riempimento. Il punto in cui la gittata car-diaca comincia a calare indica il passaggio dall’insuffi cienza cardiaca compensata a quella scompensata.

Risposte neuroumorali

L’insuffi cienza cardiaca innesca molteplici risposte endogene, alcune benefi che e altre controproducenti. Si riportano qui a seguito le risposte di maggiore rilevan-za clinica (6).

1

Fibrillazione atriale1

Ipertensione polmonare2

Blocco cardiaco completo3

CoronaropatiaIpertrofia ventricolareCardiomiopatia

4

Tamponamento cardiaco5

Valvulopatia mitralica6

Valvulopatia aortica7

Ipertensione graveDissecazione aortica

87

3

8

4

2

5

6

VD

VS

FIgURA 13.1 Possibili cause di insufficienza cardiaca, indicate secondo la regione anatomica coinvolta. VD = ventricolo destro; VS = ventricolo sinistro.

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Capitolo 13 – Insufficienza cardiaca acuta in UTI 223

Peptidi natriuretici

L’aumento della tensione della parete atriale e ventricolare è accompagnato dal rila-scio da parte delle cellule muscolari cardiache di quattro peptici natriuretici di struttu-ra simile. Questi peptidi “scaricano” i ventricoli promuovendo l’escrezione di sodio nell’urina (che riduce il precarico ventricolare) e dilatando i vasi sanguigni sistemici (che riduce il precarico e il postcarico ventricolare). I peptidi natriuretici stimolano anche la lipolisi nel tessuto adiposo (7), ma la rilevanza di questa azione non è chiara. I peptidi natriuretici svolgono un ruolo importante nella valutazione della sospetta insuffi cienza cardiaca, come descritto in seguito in questa sezione.

Sistema nervoso simpatico

La diminuzione della gittata sistolica è rilevata anche dai barorecettori a livello delle arterie carotidee e polmonari, e l’attivazione di questi recettori (attraverso mecca-nismi complessi) determina l’attivazione a livello del tronco cerebrale del sistema nervoso simpatico. Questo si verifi ca nei primi stadi dell’insuffi cienza cardiaca, e i risultati principali sono gli effetti inotropci e cronotopici positivi, vasocostrizione periferica e l’attivazione del sistema renina-aldosterone-angiotensina.

Sistema renina-angiotensina-aldosterone

Alcune cellule specializzate a livello delle arteriole renali rilasciano renina in rispo-sta alla ipoperfusione renale e alla stimolazione dei recettori β-adrenergici. Il rilascio di renina ha tre conseguenze: la formazione di angiotensina II, la produzione di

0 2Ore dopo l’intervento

4

30

10

60

20

3,5

1,5

120

80

mm

Hg

bpm

ml

l/min•m

2

Pressionedi incuneamento

Frequenza cardiaca

Gittata sistolica

Indice cardiaco

1

3

2

2

FIgURA 13.2 Variazioni della prestazione cardiaca nel corso degli stadi successivi di scompenso cardiaco sinistro in un paziente operato. Si veda il testo per ulteriori spiegazioni.

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224 Sezione IV – Problemi emodinamici

aldosterone nella corteccia surrenale, e il rilascio (innescato da angiotensina) di argi-nina vasopressina dalla neuroipofisi. L’angiotensina determina una vasocostrizione sistemica, l’aldosterone promuove la ritenzione renale di sodio e acqua, mentre la vasopressina promuove sia la vasocostrizione sia il risparmio renale di acqua.L’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAA) si completa al rag-giungimento degli stadi avanzati dell’insufficienza cardiaca (8), quando gli effetti principali (ovvero la vasocostrizione e la ritenzione di sodio e acqua da parte dei reni) divengono controproducenti. Un effetto benefico dell’attivazione del sistema RAA è la costrizione mediata dall’angiotensina delle arteriole efferenti del glomeru-lo, che promuove la filtrazione glomerulare aumentando la pressione di filtrazione attraverso lo stesso. Gli effetti negativi del sistema RAA sono confermati dagli effetti benefici degli inibitori dell’enzima convertitore dell’angiotensina (ACE) nel tratta-mento dell’insufficienza cardiaca (2).

Peptide natriuretico del tipo B

Uno dei peptidi natriuretici descritti in precedenza, il peptide natriuretico di tipo B (BNP) o encefalico, è rilasciato come precursore o preormone (proBNP) da entram-bi i ventricoli in risposta all’aumento della tensione parietale. Il preormone è cliva-to per formare il BNP (la forma attiva dell’ormone) e l’N-terminale (NT)-proBNP, metabolicamente inattivo. L’eliminazione di BNP e di NT-proBNP avviene prin-cipalmente per via renale. Anche i recettori peptidici presenti nel tessuto adiposo contribuiscono all’eliminazione di BNP (7), cosa che potrebbe spiegare perché i livelli plasmatici di BNP sono inversamente correlati all’indice di massa corporea (BMI) (8). L’NT-proBNP ha un’emivita più lunga rispetto al BNP, e per questo motivo i livelli plasmatici sono 3-5 volte superiori a quelli del BNP.

Uso clinico

I livelli plasmatici di BNP e NT-proBNP sono utilizzati come marcatori biologici nella valutazione della presenza e della gravità dell’insufficienza cardiaca (4). Il valo-re predittivo dei livelli di BNP e NT-proBNP nell’identificazione dell’insufficienza cardiaca è mostrato nella Tabella 13.1 (9-11). Come indicato, anche l’età avanzata e l’insufficienza renale possono aumentare i livelli di peptide natriuretico. Anche la sepsi grave aumenta i livelli di peptide natriuretico, in misura equiparabile a quella riscontrata nell’insufficienza cardiaca (12). Dal momento che i livelli elevati di pepti-de hanno una bassa specificità, i livelli di peptide natriuretico sono più adatti per escludere la presenza di insufficienza cardiaca (4).

Tabella 13.1 Valore predittivo del peptide natriuretico nella valutazione

della sospetta insufficienza cardiaca acuta

Dosaggio e condizioni

Probabilità di insufficienza cardiaca acutaImprobabile Incerta Probabile

BNP (pg/ml):

Età ≥18 anni

GFR<60 ml/min

<100

<200

100-500

200-500

>500

>500

NT-proBNP (pg/ml):

Età 18-49 anni

Età 50-75 anni

Età >75 anni

<300

<300

<300

300-450

300-900

300-1800

>450

>900

>1800

Dai riferimenti bibliografici nn. 9-11.

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Capitolo 13 – Insufficienza cardiaca acuta in UTI 225

Ruolo in UTI

I livelli di peptide natriuretico sono estremamente utili in Pronto Soccorso per la valutazione dei pazienti con sospetta insufficienza cardiaca. Per quanto riguarda i pazienti con insufficienza cardiaca ricoverati in UTI, l’utilizzo di misurazioni seriali dei livelli di peptide natriuretico per valutare la risposta alla terapia non è stato studiato. Tuttavia, è comune che i pazienti critici presentino innalzamenti spuri dei livelli di peptide natriuretico per insufficienza renale e sepsi grave, e per questo motivo sembra improbabile che i livelli di peptide natriuretico possano avere un ruolo clinico in ambiente UTI.

TIPI DI INSUFFICIENZA CARDIACA

Come accennato in precedenza, l’insufficienza cardiaca può essere classificata in base al ciclo cardiaco affetto (insufficienza cardiaca sistolica e diastolica) e secondo la parte del cuore coinvolta (scompenso cardiaco sinistro e destro). Queste distinzioni sono l’oggetto di questa sezione del capitolo.

Insufficienza cardiaca sistolica vs diastolica

Le prime descrizioni dell’insufficienza cardiaca attribuivano la maggior parte dei casi a un’insufficienza contrattile durante la sistole (ovvero insufficienza cardiaca sisto-lica). Tuttavia, le osservazioni condotte nel corso degli ultimi 30 anni indicano che la disfunzione diastolica è responsabile di fino al 60% dei casi di insufficienza cardiaca (2). Ciò che distingue l’insufficienza cardiaca diastolica è una diminuzione della distensi-bilità ventricolare associata a insufficiente riempimento ventricolare durante la dia-stole (13). Le cause comuni di insufficienza cardiaca diastolica includono ipertrofia ventricolare, ischemia del miocardio, stunning miocardio, cardiomiopatia restrittiva o fibrosi miocardica e tamponamento pericardico. Altre cause di insufficiente riem-pimento diastolico nei pazienti UTI sono la ventilazione a pressione positiva e la pressione positiva di fine espirazione (PEEP).

Prestazione cardiaca

I grafici della Figura 13.3 mostrano l’influenza della disfunzione sistolica e diastolica sulle misurazioni della prestazione cardiaca nell’insufficienza cardiaca scompensata. Il grafico in alto mostra la relazione tra la pressione telediastolica e la gittata sistolica (simile al grafico nella Figura 9.2). La curva che rappresenta l’insufficienza cardiaca presenta un’inclinazione minore, e il punto sulla curva indica che l’insufficienza cardiaca è associata a un aumento della pressione telediastolica e una diminuzione della gittata sistolica (simile allo stadio 2 e allo stadio 3 nella Figura 13.2). Il grafico in basso mostra la relazione tra la pressione telediastolica (EDP – End-Diastolic Pressure) e il volume telediastolico (EDV – End-Diastolic Volume). La curva che rappresenta la disfunzione sistolica presenta un’inclinazione minore, cosa che riflette una diminu-zione della compliance ventricolare (distensibilità) secondo la seguente relazione:

Compliance = ∆ EDV/∆ EDP (13.1)

I punti sulle curve della compliance ventricolare indicano che l’aumento della pressio-ne telediastolica nell’insufficienza cardiaca è associata a volumi telediastolici diversi, a seconda che la disfunzione sia sistolica o diastolica: una disfunzione sistolica deter-mina un aumento del volume telediastolico, mentre una disfunzione diastolica deter-mina una diminuzione del volume telediastolico. Quindi, il volume telediastolico (non la pressione telediastolica) è in grado di distinguere tra disfunzione sistolica e diastolica nei

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226 Sezione IV – Problemi emodinamici

pazienti con insuffi cienza cardiaca. Questo è evidente nei criteri diagnostici mostrati nella Tabella 13.2 dove un volume telediastolico ventricolare sinistro di 97 ml/m2 (misurato in relazione all’area di superfi cie corporea in m2) è il valore soglia per identifi care la disfunzione sistolica vs diastolica come causa dell’insuffi cienza cardiaca (14).

Frazione di eiezione

La frazione del volume telediastolico espulso durante la sistole, nota come frazione di eiezione (FE), è equivalente al rapporto tra la gittata sistolica (SV – Stroke Volume) e il volume telediastolico (EDV):

FE = SV/EDV (13.2)

La FE è direttamente correlata alla forza della contrazione ventricolare, ed è uti-lizzata per misurare la funzione sistolica. La FE normale del ventricolo sinistro è ≥ 55% (15,16), ma nella valutazione dell’insuffi cienza cardiaca si considerano norma-li valori più bassi, pari a 45-50%, perché un aumento del postcarico può ridurre la FE del 5-10% (16). Come mostrato nella Tabella 13.2, una FE >50% è segno di normale funzione sistolica, e una FE <45% è segno di funzione sistolica anomala (14,16). L’ecografi a transtoracica è un metodo accettato per misurare la FE e può essere ese-guito presso il letto del paziente in UTI.

Normale

Normale

Pressione telediastolica

Volu

me

tele

dias

tolic

oG

ittat

a si

stol

ica

Insufficienzacardiaca

Insufficienzasistolica

Insufficienzadiastolica

FIgURA 13.3 I grafici mostrano l’influenza della disfunzione sistolica e diastolica sulla misurazione della prestazione cardiaca nell’insufficienza cardiaca scompensata. Il grafico mostra le curve pressione-volumediastoliche (riquadro superiore), e le curve della funzione ventricolare (riquadro inferiore). Si veda il testo per ulteriori spiegazioni.

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Capitolo 13 – Insufficienza cardiaca acuta in UTI 227

Tabella 13.2 Misurazione della prestazione del ventricolo sinistro (VS)

nell’insufficienza cardiaca sistolica e diastolica

Misurazione della prestazione del VS

Insufficienza cardiaca sistolica

Insufficienza cardiaca diastolica

Pressione telediastolica >16 mmHg >16 mmHg

Volume telediastolico >97 ml/m2 ≤97 ml/m2

Frazione di eiezione <45% >50%

Dai riferimenti bibliografici nn. 14 e 15.

TERmINologIA Dal momento che molti casi di insufficienza cardiaca presentano un certo grado di disfunzione sistolica e diastolica, i termini “insufficienza cardiaca diastolica” e “insufficienza cardiaca sistolica” sono stati sostituiti dalla seguente terminologia: 1. L’insufficienza cardiaca che risulta in maniera predominante da una disfunzione

sistolica è chiamata insufficienza cardiaca con ridotta frazione di eiezione. 2. L’insufficienza cardiaca che risulta in maniera predominante da una disfunzione

diastolica è chiamata insufficienza cardiaca con normale frazione di eiezione.Dal momento che questa nuova terminologia è lunga e probabilmente non necessa-ria, i termini “insufficienza cardiaca diastolica” e “insufficienza cardiaca sistolica” sono utilizzati in questo capitolo e nel corso del libro.

Scompenso cardiaco destro

Nei pazienti UTI, lo scompenso cardiaco destro è più prevalente di quanto si sospetti (17) e può essere difficile da identificare precocemente. La maggior parte dei casi è determinata da ipertensione polmonare (ad esempio a causa di emboli polmonari o di patologia polmonare cronica) e da infarto della parete inferiore del miocardio.

Pressioni di riempimento cardiaco

Lo scompenso cardiaco destro acuto è un’insufficienza contrattile (sistolica) che deter-mina un aumento del volume telediastolico del ventricolo destro (RVEDV – Right Ventricular End-Diastolic Volume). Tuttavia, la pressione venosa centrale (CVP – Central Venous Pressure) si alza solo quando l’aumento del RVEDV è limitato dal pericardio (costrizione del pericardio) (17). Questo ritardo nell’innalzamento della CVP è una delle ragione per cui gli stadi precoci dell’insufficienza cardiaca destra spesso non sono identificati. Per la diagnosi di scompenso cardiaco destro sono stati proposti i seguenti criteri emodinamici (18): CVP >10 mmHg e CVP = PAWP o CVP entro 5 mmHg di PAWP (PAWP – Pulmonary Artery Wedge Pressure – pressione di incuneamento pol-monare) Anche l’equalizzazione delle pressioni di riempimento ventricolare destra e sinistra è caratteristica del tamponamento cardiaco, e ciò mostra l’importanza della costrizione pericardica nello scompenso cardiaco destro.

INTERDIPENDENZA INTERvENTRIColARE A causa della costrizione pericardica, la progressiva distensione del ventricolo destro spinge il setto interventricolare verso il ventricolo sinistro e riduce le dimensioni della camera ventricolare sinistra, come mostrato nella Figura 13.4. Questo spostamento del setto impedisce il riempimento del ventricolo sinistro e aumenta la pressione telediastolica dello stesso. In questa situazione, le pressioni di riempimento di entrambi i ventricoli si “equilibrano” per

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228 Sezione IV – Problemi emodinamici

produrre l’equalizzazione delle pressioni, come indicato dalle pressioni diastoliche nel ventricolo destro e sinistro nella Figura 13.4. Questo meccanismo, secondo il quale lo scompenso cardiaco destro può determinare una disfunzione diastolica nel ventrico-lo sinistro, è noto come interdipendenza interventricolare.

Normale

VD insufficiente

VD25/4 VS

120/8

VD54/18

VS

120/18

FIgURA 13.4 Interdipendenza interventricolare: ovvero, il meccanismo secondo il quale l’insufficienza cardiaca destra può impedire il riempimento ventricolare sinistro e determinare l’insufficienza cardiaca diastolica sinistra. I numeri in ciascuna camera rappresentano il picco delle pressioni sistolica e telediastolica. VD = ventricolo destro; VS = ventricolo sinistro.

Ecocardiografi a

L’ecografi a cardiaca è uno strumento prezioso per identifi care lo scompenso cardia-co destro in UTI. La varietà delle misurazioni utilizzate per valutare il cuore destro eccede gli scopi di questo capitolo, e le linee guida più recenti sull’argomento sono incluse nella bibliografi a a fi ne capitolo. (Riferimento bibliografi co n. 19.) Il diametro della camera ventricolare destra è una misura comunemente utilizzata per identi-fi care la dilatazione del cuore destro. Le misurazioni del volume telediastolico del ventricolo destro e della frazione di eiezione necessitano di una ecocardiografi a 3D, e sono attualmente in corso studi di validazione per determinare gli intervalli di riferimento affi dabili (19). Il limite inferiore normale per la frazione di eiezione del ventricolo destro è attualmente posto a 44% (19).

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Capitolo 13 – Insufficienza cardiaca acuta in UTI 229

STRATEgIE DI gESTIoNE

La gestione dell’insufficienza cardiaca acuta qui descritta si limita agli stadi avanza-ti, dove la gittata cardiaca è ridotta e la perfusione degli organi vitali è in pericolo. La gestione è descritta utilizzando misure della prestazione cardiaca piuttosto che la sintomatologia, e la maggior parte dei farmaci è amministrata tramite infusione endovenosa continua.

Insufficienza ventricolare sinistra

La seguente gestione si riferisce all’insufficienza cardiaca non valvolare determi-nata da disfunzione sistolica o diastolica, dove le variazioni emodinamiche sono caratterizzate da un aumento della pressione di incuneamento polmonare (PAWP), una diminuzione della gittata cardiaca (CO – Cardiac Output) e un aumento della resistenza vascolare sistemica (SVR – Systemic Vascular Resistance). Sono descritti tre approcci, sulla base della pressione sanguigna (ovvero, alta, normale e bassa).

Profilo: PAWP alta /CO bassa /SVR alta /PA alta.

Trattamento: Terapia con farmaci vasodilatatori a base di nitroglicerina, nitroprussiato o nesiritide, seguita da terapia diuretica con furosemide se c’è indicazione di sovraccarico volemico, o se la PAWP rimane al di sopra di 20 mmHg nonostante la terapia con farmaci vasodilatatori.

I dosaggi per la terapia con farmaci vasodilatatori a infusione continua sono mostrati nella Tabella 13.3 (21). I vasodilatatori in questa tabella sono in grado di dilatare sia le arterie sia le vene, e vanno a diminuire sia il precarico sia il postcarico ventricolare. La diminuzione del precarico riduce la congestione venosa nei polmoni, e la dimi-nuzione del postcarico migliora la gittata cardiaca. L’effetto generale è una diminu-zione della pressione arteriosa, un aumento della gittata cardiaca e una diminuzione della pressione idrostatica nei capillari polmonari.

Tabella 13.3 Dosaggio per la terapia con vasodilatatori a infusione continua

Vasodilatatori Dosaggi e precauzioni

Nitroglicerina 1. NON infondere attraverso deflussori in polivinilcloruro (PVC) (il farmaco si lega al PVC).

2. Iniziare l’infusione a 5 μg/min e aumentare di 5 μg/min ogni 5 minuti fino a ottenere l’effetto desiderato. Nella maggior parte dei casi la dose efficace è di 5-100 μg/min e non sono raccomandate dosi al di sopra di 200 μg/min.

Nitroprussiato 1. Iniziare l’infusione a 0,2 μg/min e titolare verso l’alto ogni 5 minuti fino a ottenere l’effetto desiderato. Nella maggior parte dei casi la dose efficace è 2-5 μg/min, e la dose massima consentita è 10 μg/min.

2. Per ridurre il rischio di intossicazione da cianuro, evitare infusioni prolungate >3 μg/min, ed evitare di somministrare il farmaco nei pazienti con insufficienza renale. È possibile aggiungere tiosolfato (500 mg) alla soluzione infusa per legare il cianuro rilasciato dal nitroprussiato.

Nesiritide 1. NON infondere attraverso cateteri impregnati di eparina (il farmaco si lega all’eparina).

2. Iniziare con un bolo di 2 μg/kg e infondere a 0,01 μg/kg/min. Se necessario, è possibile somministrare un secondo bolo di 1 μg/kg, seguito da un aumento della velocità di infusione di 0,005 μg/kg/min. Può essere ripetuto ogni 3 ore fino a una velocità massima di 0,03 μg/kg/min.

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230 Sezione IV – Problemi emodinamici

NITRoPRUSSIATo Gli effetti vasodilatatori del nitroprussiato derivano dal rilascio di ossido di azoto dalle molecole di nitroprussiato. Sfortunatamente, nel processo sono rilasciati anche ioni di cianuro (5 atomi per molecola) e il loro accumulo può produrre un’intossicazione da cianuro potenzialmente letale (22,23). Sia il fegato sia i reni par-tecipano all’eliminazione del cianuro e quindi il nitroprussiato non è raccomandato nei pazienti con insufficienza renale o epatica. Il tiosolfato si lega al cianuro e riduce il rischio di intossicazione (23), ed è possibile aggiungere sodio tiosolfato alle infusioni di nitroprussiato come misura preventiva (si veda la Tabella 13.3). Una descrizione detta-gliata dell’intossicazione da cianuro indotta da nitroprussiato è inclusa nel Capitolo 53.Il nitroprussiato rappresenta un ulteriore rischio nei pazienti con malattia cardiaca ischemica perché può produrre una sindrome del furto della coronaria deviando il flus-so ematico dai vasi sanguigni non dilatanti nelle regioni ischemiche del miocardio (24). A causa di questo rischio, il nitroprussiato non è raccomandato nei pazienti con malattia cardiaca ischemica.

NITRoglICERINA La nitroglicerina è un vasodilatatore a “ossido di azoto” come il nitroprussiato, ma si tratta di un farmaco molto più sicuro. Gli ioni nitrati rilasciati durante il metabolismo della nitroglicerina possono ossidare l’emoglobina e forma-re metemoglobina, ma è raro che si instauri una metemoglobinemia clinicamente significativa durante le infusioni terapeutiche di nitroglicerina (25). Il maggiore svantaggio delle infusioni di nitroglicerina è la tachifilassi, che può comparire da 16 a 24 ore dopo una somministrazione continua del farmaco (24). (Si veda il Capitolo 53 per maggiori informazioni sulla nitroglicerina.)

NESIRITIDE La nesiritide (non disponibile in Italia; N.d.C.) è un peptide natriuretico di tipo B umano ricombinante con gli stessi effetti natriuretici e vasodilatatori del BNP endogeno descritto in precedenza in questo capitolo. Sebbene la nesiritide possieda un potenziale vantaggio rispetto agli altri vasodilatatori promuovendo la diuresi così come la vasodilatazione, gli studi clinici non hanno mostrato benefici associati al trattamento con nesiritide nell’insufficienza cardiaca acuta scompensata (26). Le prime preoccupazioni in merito al peggioramento della funzione renale con la nesiritide non sono state confermate in studi più recenti (26).

QUAlE AgENTE PREFERIRE? La nitroglicerina dovrebbe essere il vasodilatatore da prefe-rire, in modo particolare nei pazienti che presentano coronaropatia. Il nitroprussiato è controindicato in presenza di ischemia del miocardio e non è consigliato nei pazienti con insufficienza epatica o renale. Il nitroprussiato è adatto per la gestione a breve termine delle crisi ipertensive, ma la velocità di infusione non dovrebbe eccedere i 3 μg/kg/min per limitare il rischio di intossicazione da cianuro. Attualmente la nesi-ritide non è raccomandata nella gestione di routine dell’insufficienza cardiaca acuta.

DIURETICI La terapia diuretica con furosemide endovena è indicata solo se la terapia vasodilatatoria non riduce la pressione di incuneamento al livello desiderato, o se c’è indicazione di un sovraccarico di volume (ad esempio recente aumento di peso). La furosemide per via endovenosa produce una risposta vasocostrittoria acuta (27) stimolando il rilascio di renina e promuovendo la formazione di angiotensina II, un potente vasocostrittore. Poiché questa risposta è controproducente nella stabilizza-zione dell’ipertensione, la somministrazione di furosemide dovrebbe essere postici-pata fino al controllo della pressione arteriosa con terapia vasodilatatoria. La pressione di incuneamento desiderata nello scompenso cardiaco destro è la pressione massima in grado di aumentare la gittata cardiaca senza determinare edema polmonare e corrisponde in genere a una pressione di incuneamento tra 18

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Capitolo 13 – Insufficienza cardiaca acuta in UTI 231

e 20 mmHg (28). Ciò significa che è possibile aggiungere una terapia diuretica solo se la pressione di incuneamento rimane al di sopra di 20 mmHg durante la terapia vasodilatatoria. Le caratteristiche della terapia diuretica per insufficienza cardiaca scompensata sono descritte più avanti.

Pressione arteriosa normale

L’insufficienza cardiaca scompensata con pressione arteriosa normale è una presen-tazione normale dell’insufficienza cardiaca cronica in fase acuta, e può coinvolgere una disfunzione diastolica e/o sistolica.

Profilo: PAWP alta /CO bassa /SVR alta /PA normale.

Trattamento: Terapia vasodilatatoria, se tollerata, o terapia inodilatatoria con dobutami-na, milrinone o levosimendano. Aggiungere terapia diuretica con furose-mide per il sovraccarico del volume, o per una persistente PAWP superiore a 20 mmHg.

La terapia con vasodilatatori (in genere nitroglicerina) è preferita per il trattamento dell’insufficienza cardiaca normotesa perché evita una stimolazione cardiaca non voluta, ma l’uso di vasodilatatori è limitato dal rischio di ipotensione. Quando una terapia con farmaci vasodilatatori non è possibile, la scelta successiva è l’uso di inodi-latatori, ovvero farmaci con azioni inotrope e vasodilatatorie positive. Questi farmaci hanno anche un’azione lusitropica positiva, ovvero promuovono il rilassamento del miocardio e migliorano il riempimento diastolico. Gli inodilatatori somministrati con infusione continua sono mostrati nella Tabella 13.4 assieme al dosaggio racco-mandato per ciascun farmaco.

Tabella 13.4 Dosaggio per terapia con inodilatatori a infusione continua

Inodilatatore Dosaggi e precauzioni

Dobutamina 1. NON infondere con soluzioni alcaline.

2. Iniziare a una velocità di infusione di 5 μg/kg/min e aumentare di volta in volta di 3-5 μg/kg/min, se necessario. L’intervallo di dosaggio comune è 5-20 μg/kg/min.

Levosimendan 1. La dose iniziale è 12 μg/kg (in 10 minuti), seguita da una velocità di infusione di 0,1 μg/kg/min. Se necessario, la velocità può essere aumentata a 0,2 μg/kg/min.

2. Le infusioni sono in genere limitate a 24 ore, ma i metaboliti attivi a lunga azione producono effetti salutari per almeno 7 giorni.

Milrinone 1. La dose iniziale è 50 μg/kg (in 10 minuti), seguita da una velocità di infusione di 0,375-0,75 μg/kg/min. Il dosaggio giornaliero non dovrebbe superare 1,13 mg/kg.

2. Le seguenti variazioni dei dosaggio sono raccomandate per i pazienti con insufficienza renale:

Clearance della creatinina Velocità di infusione

50 ml/min 0,43 μg/kg/min

40 0,38

30 0,33

20 0,28

10 0,23

5 0,20

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232 Sezione IV – Problemi emodinamici

DoBUTAmINA La dobutamina è un potente agonista dei recettori β1 e un debole agonista dei recettori β2: la stimolazione dei recettori β1 produce un effetto inotro-pico, lusitropico e cronotropico, mentre la stimolazione dei recettori β2 determina vasodilatazione periferica. L’effetto della dobutamina sulla prestazione cardiaca è descritto nel Capitolo 53 (si veda la Figura 53.1). Gli effetti avversi della dobutamina includono tachicardia e aumento del consumo di O2 da parte del miocardio (29); quest’ultimo effetto è negativo nel miocardio ischemico (in cui il sistema di apporto di ossigeno è alterato) e nel miocardio insufficiente (in cui il consumo di O2 è già aumentato).

mIlRINoNE Il milrinone è un inibitore delle fosfodiesterasi che aumenta la contrattili-tà e il rilassamento del miocardio attraverso lo stesso meccanismo della dobutamina (ovvero, tramite l’afflusso di AMP ciclico mediato da calcio nelle cellule muscolari cardiache). Il milrinone ha effetti simili a quelli della dobutamina sulla prestazione cardiaca, ma ha una maggiore probabilità di produrre ipotensione (29). Il dosaggio di milrinone necessita di aggiustamenti in caso di insufficienza renale, come indicato nella Tabella 13.4 (30).

lEvoSImENDANo Il levosimendan (Simdax®, Orion Pharma) aumenta la contrattilità cardiaca aumentando la sensibilità al calcio delle cellule muscolari cardiache (31) e migliora la vasodilatazione facilitando l’afflusso di potassio nella muscolatura vascolare liscia (32). Questo farmaco è particolarmente adatto nei pazienti con coro-naropatia perché dilata le arterie coronarie e non stimola il consumo miocardico di O2; gli studi su modello animale hanno confermato la sua capacità di proteggere il muscolo cardiaco da lesioni ischemiche (32). Le infusioni di levosimendano sono in genere limitate a 24 ore, ma i metaboliti attivi a lunga azione (il cui picco si verifica dopo 72 ore dall’inizio della terapia) producono effetti salutari per almeno 7 giorni (si veda la Figura 13.5) (33).

QUAlE INoDIlATAToRE PREFERIRE? Il levosimendan si sta affermando come inodilata-tore di preferenza, in modo particolare nel caso di ischemia o infarto del miocardio, ed è l’unico inodilatatore associato a un miglioramento della sopravvivenza (34). Il beneficio del levosimendan rispetto alla dobutamina per la riduzione dei livelli plasmatici di BNP è dimostrato nella Figura 13.5 (36). La dobutamina è l’inodilatato-re meno indicato a causa degli effetti deleteri della stimolazione adrenergica in caso di insufficienza cardiaca.

DIURETICI Le indicazioni per la terapia diuretica con furosemide sono le stesse indi-cate per l’insufficienza cardiaca con ipertensione arteriosa.

Bassa pressione sanguigna

L’insufficienza cardiaca acuta accompagnata da ipotensione è una condizione poten-zialmente letale che spesso rappresenta lo shock cardiogeno (se accompagnata da un livello elevato di lattato sierico). Questa condizione è, nella maggior parte dei casi, determinata da un infarto acuto del miocardio.

Profilo: PAWP alta / CO bassa / SVR alta / PA bassa.

Trattamento: Dobutamina o terapia con farmaci vasocostrittori con dopamina, combina-ta con supporto meccanico.

La dobutamina può spesso aumentare la pressione arteriosa (quando l’aumento del volume della gittata sistolica è maggiore rispetto alla diminuzione della resistenza vascolare sistemica); in caso contrario, è necessario somministrare un farmaco vaso-costrittore per aumentare la pressione arteriosa. Dal momento che la vasocostrizione

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Capitolo 13 – Insufficienza cardiaca acuta in UTI 233

sistemica è una caratteristiche prominente dello shock cardiogeno, la vasocostrizione indotta da farmaci può ulteriormente aggravare l’ipoperfusione tessutale. Per limita-re questo rischio, un farmaco vasocostrittore che promuova anche la gittata cardiaca sarà l’opzione da scegliere in caso di shock cardiogeno. La dopamina è uno di questi farmaci, se somministrato nell’intervallo di dosaggio appropriato.

DoPAmINA La dopamina stimola sia i β-recettori cardiaci (che promuovono la gittata cardiaca) sia gli α-recettori periferici (che promuovono la vasocostrizione sistemica). A dosi moderate (3-10 μg/kg/min), predomina l’effetto dei β-recettori, mentre a dosi più elevate (>10 μg/kg/min), predomina la stimolazione degli α-recettori. A un dosaggio di 5-15 μg/kg/min, la dopamina è in grado di migliorare la gittata cardia-ca e determinare vasocostrizione sistemica (29). Quindi l’infusione di dopamina a una velocità di 5-15 μg/kg/min è una scelta ragionevole nella gestione dello shock cardiogeno. (Si veda il Capitolo 53 per una descrizione più dettagliata della dopamina.)Il tasso di mortalità nello shock cardiogeno rimane alto (80% circa) con l’utilizzo dei soli farmaci emodinamici, e per migliorare l’esito è necessario adottare altre misure, come il supporto meccanico e la rivascolarizzazione coronarica. Il supporto meccanico con contropulsazione con pallone intra-aortico è descritto in seguito in questo capitolo.

Terapia diuretica

La terapia diuretica è la pietra angolare nella gestione dell’insuffi cienza cardiaca cronica. Tuttavia, le seguenti osservazioni indicano che la terapia diuretica con furosemide per via endovenosa deve essere utilizzata con cautela nei pazienti con insuffi cienza cardiaca acuta scompensata. 1. Nell’insuffi cienza cardiaca acuta la furosominde somministrata per via endovenosa causa una diminuzione della gittata cardiaca (36-38), come indicato nella Figura 13.6. Questo effetto è il risultato di una diminuzione del ritorno venoso e un aumen-to del postcarico del ventricolo sinistro; quest’ultimo effetto è determinato da una risposta vasocostrittoria acuta alla furosemide, menzionato in precedenza (31).

0

0

-800

-600

-400

-200

1 2 3Giorni dopo l’inizio dell’infusione

Varia

zion

i del

BN

P pl

asm

atic

o (p

g/m

l)

4 5

Dobutamina

Levosimendano

FIgURA 13.5 Variazioni nei livelli di BNP associate a infusioni a breve termine (24 ore) di dobutamina e levosimendano in pazienti con insufficienza cardiaca acuta scompensata. Il grafico è riprodotto dal riferimento bibliografico n. 35.

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234 Sezione IV – Problemi emodinamici

2. La presenza di edema polmonare nell’insuffi cienza cardiaca acuta NON è prova di un eccesso di volume extracellulare, e potrebbe essere determinata da un aumento acuto di PAWP a causa di una disfunzione diastolica (come osservato nell’edema polmonare “fl ash” prodotto dallo stordimento del miocardio ischemico).

Alla luce di queste osservazioni, la terapia diuretica con furosemide per via endo-venosa dovrebbe essere impiegata solo quando vi sia indicazione di ipervolemia (come un recente aumento di peso o edema periferico), o quando la PAWP rima-ne elevata (>20 mmHg) nonostante la terapia con vasodilatatori o inodilatatori. Inoltre, la furosemide per via endovenosa non dovrebbe mai essere utilizzata da sola nel trattamento dell’insuffi cienza cardiaca associata a bassa gittata cardiaca, e dovrebbe essere utilizzata in combinazione con terapia con vasodilatatori o ino-dilatatori.

Dosaggio della furosemide

Le caratteristiche principali del dosaggio convenzionale di furosemide sono indicate di seguito. 1. La furosemide è un sulfamidico, ma può essere utilizzato in sicurezza nei pazienti

allergici agli antibiotici sulfamidici (39). 2. Dopo la somministrazione di un bolo per endovena di furosemide, la diuresi

inizia entro 15 minuti, raggiunge il picco dopo un’ora e dura 2 ore (se la funzione renale è normale) (40).

3. Per i pazienti con un normale funzione renale, la dose iniziale di furosemide è 40 mg per via endovenosa. Se la diuresi non è adeguata (almeno 1 litro) dopo 2 ore, aumentare la dose a 80 mg per via endovenosa. La dose che produce una risposta soddisfacente deve essere poi somministrata due volte al giorno. L’assenza di una risposta a una dosa per endovena di 80 mg è prova di resistenza ai farmaci diuretici, e la sua gestione è descritta nella prossima sezione.

Pressione di incuneamento polmonare (mmHg)

Indi

ce c

ardi

aco

(l/m

in/m

2 )

Insufficienzacardiaca

Normale

1

2

3

00 10 20 30

Inotropio

vasodilatatori

Pressionedi riempimento

ottimale

Edemapolmonare

Diuresi

FIgURA 13.6 Curve di funzione ventricolare del ventricolo sinistro normale e insufficiente. Le frecce indicano le variazioni attese associate a ciascun tipo di terapia farmacologica. L’area ombreggiata indica la regione ad alto rischio di edema polmonare.

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Capitolo 13 – Insufficienza cardiaca acuta in UTI 235

4. Per i pazienti con insufficienza renale, la dose iniziale di furosemide dovrebbe essere di 100 mg per via endovenosa, che può essere aumentata a 200 mg per via endovenosa se necessario. La dose che produce una risposta soddisfacente deve essere poi somministrata due volte al giorno. L’assenza di risposta a una dose di 200 mg per endovena è indice di resistenza ai farmaci diuretici.

5. L’obiettivo della diuresi è una perdita di peso minima del 5-10% del peso corpo-reo (41).

Resistenza ai farmaci diuretici

I pazienti critici possono presentare una risposta attenuata ai diuretici dell’ansa come la furosemide, in modo particolare nel caso di utilizzo prolungato. Possono essere coinvolti molti fattori, tra cui il rimbalzo della ritenzione di sodio (rebound), ridotto flusso ematico renale e il “freno diuretico” (ovvero una diminuzione della risposta mano a mano che si risolve l’ipervolemia) (42). Se la risposta alla furosemide non è adeguata, è possibile aumentarla come segue.

AggIUNgERE UN FARmACo TIAZIDICo I diuretici tiazidici bloccano il riassorbimento di sodio nei tubuli renali distali, e possono migliorare la risposta diuretica alla furosemi-de (che blocca il riassorbimento di sodio nell’ansa di Henle). Il farmaco tiazidico pre-ferito nella resistenza alla furosemide è il metolazone perché mantiene la sua efficacia in caso di insufficienza renale (42). La dose di metolazone è 2,5-10 mg al giorno in una singola dose orale (il farmaco è disponibile solo come preparazione orale). La risposta al metolazone inizia dopo un’ora e raggiunge il picco dopo 9 ore, quindi la sommi-nistrazione di una dose di metolazone dovrebbe avvenire qualche ora prima della somministrazione di furosemide, per garantire un intervallo di tempo sufficiente in cui il riassorbimento del sodio possa essere efficacemente inibito nei tubuli distali.

FURoSEmIDE IN INFUSIoNE CoNTINUA Poiché l’effetto diuretico della furosemide è in funzione della velocità di escrezione urinaria e non della concentrazione plasmatica (43), il farmaco in infusione continua spesso (ma non sempre) determina una diuresi più vigorosa rispetto al bolo iniettato. Il dosaggio per l’infusione continua di furose-mide è influenzato dalla funzione renale, come mostrato in basso (41,42):

Clearance della creatinina Dose di carico Velocità iniziale di infusione

> 75 ml/min 100 mg 10 mg/h 25-75 ml/min 100-200 mg 10-20 mg/h < 25 ml/min 200 mg 20-40 mg/h

La velocità di infusione può essere aumentata secondo necessità per ottenere la diuresi desiderata (ad esempio ≥100 ml/h). La velocità di infusione massima racco-mandata è 240-360 mg/h (42), o 170 mg/h nei pazienti anziani (44).

Scompenso cardiaco destro

Le seguenti raccomandazioni riguardano la gestione dello scompenso cardiaco destro per infarto associato a instabilità emodinamica. Queste raccomandazioni si basano sulle misurazioni della pressione di incuneamento dell’arteria polmonare (PAWP) o del volume telediastolico del ventricolo destro (RVEDV). 1. Se la PAWP è inferiore a 15 mmHg, è necessaria l’infusione di volume fino ad

aumentare la PAWP o la CVP di 5 mmHg o fino a che una delle due raggiunge i 20 mmHg (45).

2. Se la PAWP o la CVP è superiore a 15 mmHg, iniziare terapia con inodilatatori con dobutamina (47) o levosimendan (48).

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236 Sezione IV – Problemi emodinamici

3. In presenza di una dissociazione AV o di blocco cardiaco completo, istituire la stimolazione sequenziale con un pacemaker A-V ed evitare la sola stimolazione ventricolare (45).

Il volume di infusione è il pilastro della terapia per lo scompenso cardiaco destro con instabilità emodinamica, ma deve essere attentamente monitorata per evitare lo spostamento del setto e la compromissione del riempimento ventricolare sinistro, come descritto in precedenza (si veda la Fig. 13.4). L’aumento della PAWP (che indi-ca spostamento del setto) o della CVP (che indica costrizione pericardica) può essere quindi utilizzato come riferimento per l’infusione nello scompenso cardiaco destro. Se una terapia volemica non è possibile o non corregge l’instabilità emodinamica, una terapia con inodilatatori (dobutamina o levosimendan) è da preferirsi rispetto alle infusioni di vasodilatatori (47).

SUPPoRTo CARDIACo mECCANICo

Contropulsazione con pallone intra-aortico

La contropulsazione con pallone intra-aortico è utilizzata come supporto cardiaco temporaneo nei casi di angina instabile o shock cardiogeno dove ci si aspetta che la funzione della pompa cardiaca migliori a seguito di un intervento, quale angioplasti-ca coronarica o bypass coronarico (49). Questa tecnica è controindicata nei pazienti con insufficienza della valvola aortica e dissecazione aortica.

Metodologia

Il pallone intra-aortico è un pallone allungato di poliuretano che viene inserito per via percutanea attraverso l’arteria femorale e fatto avanzare fino all’aorta, fino a che la sommità si trova appena sotto all’origine dell’arteria succlavia sinistra (si veda la Figura 13.7). Una pompa collegata al pallone utilizza elio, un gas a bassa densità, per gonfiare e sgonfiare rapidamente il pallone (il volume di insufflazione varia di solito da 35 ml a 40 ml). L’insufflazione comincia all’inizio della diastole, appena dopo la chiusura della valvola aortica (l’onda R sull’ECG è abitualmente usata come trigger). Il pallone viene quindi sgonfiato all’inizio della sistole ven-tricolare, appena prima dell’apertura della valvola aortica (durante la contrazione isovolumetrica). Questo schema di gonfiaggio e sgonfiaggio del pallone determina due modificazioni nella forma della curva di pressione aortica, come illustrato nella Figura 13.7. 1. L’insufflazione del pallone aumenta il picco della pressione diastolica e aumenta

quindi la pressione arteriosa media (equivalente al valore di pressione integrato sotto la curva della pressione aortica). L’aumento della pressione arteriosa media aumenta il flusso ematico sistemico, mentre l’aumento della pressione diastolica aumenta il flusso ematico coronarico (che si verifica principalmente durante la diastole).

2. Lo sgonfiaggio del pallone crea un effetto di aspirazione che riduce la pressione in aorta quando la valvola aortica si apre, e questo riduce l’impedenza al flusso e aumenta il volume di gittata ventricolare.

La pompa del pallone intra-aortico (IABP – Intra-Aortic Baloon Pump) migliora quindi il flusso ematico sistemico aumentando la pressione media arteriosa e riducendo il postcarico ventricolare, aumentando allo stesso tempo il flusso ematico coronari-co. Quest’ultimo effetto, combinato con il ridotto postcarico ventricolare, migliora l’equilibrio tra trasporto di O2 e consumo di O2 nel miocardio (50).

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Capitolo 13 – Insufficienza cardiaca acuta in UTI 237

Diastole Sistole

FIgURA 13.7 Contropulsazione con pallone intra-aortico: l’immagine mostra come il pallone si gonfia durante la diastole (immagine di sinistra) e si sgonfia durante la sistole (immagine di destra). Le frecce indicano la direzione del flusso ematico. Gli effetti sulla forma d’onda della pressione aortica sono indicati dalle linee punteggiate sulle forme d’onda sopra a ciascuna immagine.

Complicazioni

La preoccupazione principale del supporto IABP è il danno vascolare. L’ischemia degli arti si riporta nel 3% e fi no al 20% dei pazienti (49,51) e può comparire quando il pallone è in posizione o poco dopo la sua rimozione. La maggior parte dei danni vascolari è dovuta a una trombosi a livello della sede di inserzione del catetere, ma può essere causata anche da dissecazione aortica e da un danno aortoiliaco.Il rischio di ischemia agli arti impone un attento monitoraggio dei polsi distali e della funzione sensomotoria nelle gambe. La perdita del polso distale da solo non è motivo suffi ciente per rimuovere il pallone se la funzione sensomotoria nelle gambe è preservata (52). La perdita della funzione sensomotoria nelle gambe dovrebbe sempre indurre a un’immediata rimozione del dispositivo. L’intervento chirurgico è necessario nel 30-50% dei casi di ischemia agli arti (52). Altre complicanze del supporto IABP includono infezione, rottura del pallone, neuropatia periferica e pseudoaneurisma. La febbre è riportata nel 50% dei pazien-ti durante supporto con IABP, ma una batteriemia è riportata solo nel 15% dei pazienti (53).

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238 Sezione IV – Problemi emodinamici

ventilazione a pressione positiva

Come descritto nel Capitolo 9, una pressione intratoracica positiva riduce il precari-co del ventricolo sinistro diminuendo la pressione della parete transmurale svilup-pata dal ventricolo durante la sistole. Questo promuove lo svuotamento ventricolare facilitando il movimento verso l’interno della parete ventricolare durante la sistole. Di conseguenza, la ventilazione a pressione positiva può aumentare la gittata sisto-lica del ventricolo sinistro (si veda la Figura 9.8). Studi clinici hanno dimostrato che una ventilazione meccanica con pressione posi-tiva continua nelle vie aeree (CPAP – Continuous Positive Airway Pressure) riduce la pressione transmurale del ventricolo sinistro (54) e aumenta la gittata cardiaca (55) nei pazienti con scompenso cardiaco sinistro. Inoltre, nei pazienti con edema polmo-nare cardiogenico, la CPAP accelera il miglioramento clinico se aggiunta alla terapia convenzionale per l’insufficienza cardiaca acuta (56,57). A seguito di queste osser-vazioni, la CPAP (assieme alle tecniche di ventilazione non invasiva con pressione di supporto) si è affermata come modalità di trattamento per l’insufficienza cardiaca acuta associata a edema polmonare.

CoNClUSIoNI

La gestione dell’insufficienza cardiaca acuta soffre delle seguenti imperfezioni: 1. Nonostante l’aumento della prevalenza e la scarsa prognosi associata all’insuffi-

cienza cardiaca acuta scompensata, la gestione di questa condizione è cambiata molto poco negli ultimi 10-15 anni.

2. Il trattamento dell’insufficienza cardiaca tratta in realtà le sue conseguenze (ad esempio la congestione venosa polmonare) e ha poco impatto sullo squilibrio funzionale delle cellule del muscolo cardiaco (la rivascolarizzazione coronarica rappresenta un’eccezione).

3. Molte delle terapie farmacologiche per l’insufficienza cardiaca acuta producono effetti controproducenti (ad esempio i farmaci diuretici riducono la gittata car-diaca, promuovendo la ritenzione di sodio, i farmaci vasodilatatori stimolano il rilascio di renina, determinando vasocostrizione).

Sebbene questi difetti non siano gli unici dell’insufficienza cardiaca, essi sono più evidenti a causa dell’importanza delle malattie cardiovascolari in quanto principale causa di morte negli Stati Uniti.

BIBlIogRAFIA

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