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Indice
Prefazione
1. La performance: aspetti generali
1. Imprese di servizi e controllo di gestione
2. La performance aziendale
3. Obiettivi e categorie di misure
4. I tradizionali sistemi di misurazione: problematiche
4.1 Il valore e la misura
4.2 Le problematiche specifiche nelle imprese di servizi
5. La performance e l’organizzazione aziendale
2. Misure di performance “tradizionalmente” utilizzate in azienda
Premessa
1. Le misure economiche
2. Le misurazioni economiche di sintesi
2.1 Le misurazioni economiche globali di analisi
2.2 Le misure economiche parziali
2.3 Le misure economiche parziali articolate in base alla
complessità strategico/organizzativa
3. Critica al modello contabile
3. Creazione di valore: tecniche di valutazione della performance
globale
Premessa
1. L’azienda valuta se stessa
2. Il reddito normalizzato
I
3. Il reddito residuale
4. Il Risultato Economico Integrato (Rei) e il Risultato Integrato
Residuale (Reir)
5. Economic Value Added (Eva)
5.1 .Il calcolo dell’EVA
5.2 I limiti dell’EVA
4. Le componenti della performance: misurazioni e strutturazioni
Premessa
1. La competitività
2. I risultati economico-finanziari
3. La qualità
3.1 .Le misure
4. La flessibilità
4.1 Le misure
5. L’utilizzo di risorse
6. L’innovazione
6.1 Le misure
6.2 I problemi nell’innovazione dei servizi
7. Sviluppo di un sistema integrato di misurazione della
performance
8. Balanced Scorecard (BSC)
Bibliografia
NOTA REDAZIONALE
La presente tesi si compone di 131 pagine
II
Prefazione
Il settore dei servizi costituisce nell’economia dei paesi avanzati un
aspetto importante ed in continua crescita, che opera in un ambiente
sempre più competitivo.
Per capirne l’importanza, basta ricordare che tali imprese hanno avuto, a
partire dagli anni ’70, un tasso di crescita pari a due volte quello della
restante parte dell’economia e che gran parte dei servizi connessi al
turismo sostengono sempre più la bilancia dei pagamenti dei vari paesi.
In questo quadro, le aziende si trovano ad affrontare una forte pressione
competitiva che non è più basata sui prezzi ma su altri fattori come:
la qualità
l’innovazione
la flessibilità
il grado di soddisfazione del cliente.
Tale cambiamento ha fatto nascere l’esigenza, per i responsabili
aziendali, di sviluppare delle strategie necessarie per operare in ambienti
dinamici. Queste strategie scaturiscono da una serie di strumenti messi a
disposizione del management, ovvero i tradizionali sistemi di
pianificazione e controllo (bilancio budget….), trattati nel secondo
capitolo con riferimento alle aziende turistiche e, più in particolare, i
sistemi di misurazione della performance, oggetto di tale trattazione, i
III
quali rappresentano un fattore per un’efficace realizzazione della
strategia aziendale.
Bisogna tener presente, in ogni caso, che alla base di tali strumenti deve
esserci un adeguato sistema informativo manageriale (management
information system) in grado di supportare i dirigenti nel prendere le
decisioni all’interno delle loro organizzazioni.
Nel primo capitolo del presente lavoro si è cercato di definire il concetto
di performance, determinando il ruolo assunto all’interno
dell’organizzazione e nel controllo di gestione, delineando il legame tra
gli obiettivi e le rispettive misure e, infine, trattando le problematiche
specifiche delle imprese di servizio.
Lo sviluppo di un efficace sistema di misura permette non solo di
valutare la strategia e controllarne l’implementazione, ma anche di
raggiungere:
un vantaggio competitivo sostenibile
una gestione fondata su criteri di economicità
una vita economica duratura
la creazione di valore.
Tradizionalmente, il controllo e la misurazione della performance sono
stati analizzati con riferimento più al settore manifatturiero che a quello
dei servizi, a causa forse di una più rapida crescita sia in termini di
dimensione degli impianti che di complessità, nonché dell’esistenza di
avanzati sistemi informativi.
Resta il fatto che attualmente non è possibile trasferire i principi di
misurazione da un settore all’altro, per una serie di motivi che possono
IV
essere sintetizzati e ricondotti a quattro aspetti tipici delle imprese di
servizi: intangibilità, eterogeneità, contestualità e deperibilità.
Tali specificità finiscono, quindi, per condizionare il processo di
misurazione della performance, non solo per quanto riguarda cosa deve
essere misurato, ma anche per come la misurazione stessa deve essere
fatta.
La diffusione, inoltre, delle logiche di gestione fondate sull’obiettivo
della “creazione del valore”, intesa come accrescimento del valore del
capitale economico dell’impresa, ha contribuito ad evidenziare
l’inadeguatezza dei sistemi di reporting tradizionali.
A riguardo, nel terzo capitolo, sono stati introdotti dei nuovi indicatori
espressivi di tale valore, ma bisognosi ancora di affinamenti e verifiche
per dimostrarsi pienamente affidabili.
Numerose sono state le critiche verso i sistemi tradizionali: per quanto
riguarda la focalizzazione dei risultati a consuntivo, essi non permettono
la necessaria tempestività nei processi informativi e decisionali; la
misurazione dei risultati viene fatta più in termini economico-finanziari
che operativi; vi è un’eccessiva attenzione data agli aspetti tangibili del
servizio dimenticando quelli intangibili.
In particolare, è stata messa in discussione l’importanza delle misure di
performance globali di tipo tradizionale, basate su indicatori di tipo
contabile o su indicatori di redditività.
Questi ultimi sono, infatti, manovrabili, influenzati da politiche di
bilancio, orientati al passato e essendo espressi in termini economico-
finanziari, sono monodimensionali e non permettono quindi di
diagnosticare i cash flow futuri; inoltre, essi favoriscono uno
V
scostamento tra il momento della formulazione delle strategie/piani e
quello della loro implementazione.
Tenendo presenti tali problematiche, le logiche emergenti in tema di
reporting considerano importante integrare le misure tradizionali di tipo
contabile con altre misure globali, progettate in ottica finanziaria, e con
indicatori di tipo fisico-tecnico in grado di responsabilizzare i manager
sulle singole determinanti del valore da essi controllabili.
Queste teorie considerano importante impiegare sia misure di tipo
strategico, finalizzate al controllo del piano, sia misure di tipo operativo
più attente ai risultati di breve periodo.
Le misure operative consentono di tenere sotto controllo non solo gli
aspetti tangibili della gestione, ma anche quelli intangibili (soddisfazione
del cliente e del personale, qualità dei prodotti/servizi, immagine
aziendale, competenze e know-how); devono, inoltre, essere rilevanti,
integrate fra loro e tempestive in modo da poter essere progettate in
un’ottica storica e comparabile.
Numerose sono state le novità proposte dagli studiosi sul tema della
revisione dei sistemi di misurazione della performance e di reporting: il
cd. “Balanced Scorecard”, proposto da Kaplan e Norton1, o il sistema
avanzato da Fitzgerald e altri2, comprendente un insieme integrato di
indicatori, progettato per le imprese di servizi, prendono in
considerazione sia risultati di tipo finanziario e competitivo sia le
principali determinanti delle performance.
1 R. Kaplan, D. Norton “The Balance Scorecard” Harvard business School Press, Boston, 1996 2 L. Fitzgerald, R. Jonson, S. Brignall, R. Silvestro, C.Voss “Misurare la performance nelle imprese di servizi” EGEA, Milano 1998
VI
Queste “novità” sono trattate nel quarto capitolo, con particolare
riferimento al modello proposto da Fitzgerald.
Il compito di tale trattazione è proprio quello di fare il punto della
situazione, cercare di capire e spiegare quali sono attualmente gli
strumenti più idonei e innovativi messi a disposizione delle aziende, in
particolar modo quelle turistiche, per affrontare la crescente
problematica della misurazione delle performance e più in generale del
controllo di gestione.
VII
CAPITOLO 1
La performance: aspetti generali
1. Imprese di servizi e controllo di gestione
Il settore dei servizi turistici ha assunto un ruolo determinante all’interno
delle economie dei paesi avanzati; anche per quelli in via di sviluppo,
esso rappresenta una possibilità di crescita e di ripresa.
Il livello d’importanza che questi servizi hanno raggiunto, e la forte
competizione che le imprese devono affrontare, non ha fatto altro che
aumentare la complessità e, di conseguenza, le problematiche connesse
al controllo.
Pensare di poter gestire queste realtà per i manager può diventare cosa
molto ardua senza un adeguato sistema.
Il controllo di gestione è generalmente considerato, per citare una
definizione, “l’attività di guida svolta dai manager, applicando il
meccanismo di retroazione e fondandosi sulla contabilità direzionale, per
assicurarsi l’acquisizione e l’impiego delle risorse in modo efficace ed
efficiente al fine di conseguire gli obiettivi prestabiliti”3.
In sostanza, esso permette all’azienda di gestire in modo razionale le
risorse da impiegare per il raggiungimento degli obiettivi di breve
periodo stabiliti in sede di programmazione, indispensabili poi per il
3 G. Brunetti “Il Controllo di gestione in condizioni ambientali perturbate” Franco Angeli, Milano, 1999 pag. 11
1
conseguimento degli obiettivi di lungo periodo definiti attraverso il
processo di pianificazione strategica.
Nella definizione si fa riferimento al meccanismo di retroazione: esso
rappresenta un dispositivo che permette al sistema di autoregolarsi,
ovvero di capire gli errori che sta compiendo e di correggerli attraverso il
confronto ex-post (feedback) tra i risultati conseguiti e quelli attesi.
Strutturare un buon sistema di controllo non è cosa facile; il punto di
partenza è la definizione di indicatori e parametri giusti nonché la
misurazione di fenomeni rilevanti dal punto di vista aziendale
Nel testo di Fitzgerald4 e altri ci viene proposta una “teoria delle
contingenze” secondo la quale il sistema informativo gestionale -che
include anche quello contabile- dovrebbe adeguarsi ad una vasta gamma
di variabili, nell’ambito delle quali la strategia prescelta avrebbe un peso
importante.
Come evidenziato dal grafico le informazioni oggetto di tale sistema, di
natura finanziaria e non, includerebbero sia quelle necessarie al controllo
di tipo ex-ante (feedforward), realizzato attraverso i piani aziendali, i
budget, la definizione di standard e di obiettivi; sia quelle connesse ad un
controllo a retroazione (feedback), ovvero l’analisi degli scostamenti, il
quale utilizza una vasta gamma di indicatori di performance sia di natura
competitiva sia focalizzati sul cliente.
4 L. Fitzgerald, R. Jonson, S. Brignall, R. Silvestro, C.Voss “Misurare la performance nelle imprese di servizi” EGEA, Milano 1998 pag.39
2
Controllo feedforward
Strategia
Obiettivi
Piani Aziendali
Budget, standard target
Le informazioni fornite dovrebbero, inoltre,
manageriale cui sono destinate e nel p
intervengono.
Esiste una sostanziale differenza tra inf
diagnosi e informazioni destinate al contro
performance.
Trattasi di informazioni diverse per scopi div
Nel controllo, infatti, il fine principale è
obiettivi stabiliti dall’azienda siano esegui
operativi; mentre, nel sistema di misurazion
si cerca di poter decidere e agire coer
attenzione all’azienda nel suo complesso e
per questo scopo tutto il personale dirigenzia
3
Controllo feedback
Misure
variare in relazione al livello
rocesso decisionale in cui
ormazioni per l’attività di
llo e alla misurazione della
ersi.
quello di verificare che gli
ti coerentemente in termini
e e valutazione dei risultati,
entemente, dando maggior
alle strategie, coinvolgendo
le e operativo.
2. La performance aziendale
La misurazione e la valutazione della performance sono aspetti
fondamentali per l’azione di controllo e consistono sostanzialmente nel
cercare una risposta a tre quesiti di base:
- Cosa è accaduto?
- Perché si è verificato?
- Cosa si ha intenzione di fare?
Quindi, nell’analisi e progettazione di un sistema di misurazione, hanno
importanza due fattori fondamentali: il primo riguarda la scelta delle
variabili strategiche su cui focalizzare la misurazione e il controllo
aziendale in modo tale da conseguire un determinato livello di
performance; il secondo si riferisce, invece, alla definizione di parametri
adeguati per rappresentare e gestire la performance aziendale.
Il sistema di misurazione va considerato come unico e specifico così da
riflettere la specifica realtà aziendale, gli obiettivi perseguiti, le esigenze
e le caratteristiche degli utilizzatori.
Il management che si trovi ad affrontare misure e parametri differenti, in
relazione alle specificità aziendali, dovrà quindi avere uno strumento
flessibile e adattabile alle proprie esigenze che supporti l’analisi, la
gestione e il controllo.
Inizialmente, i manager dovranno conoscere e comprendere i caratteri
della performance aziendale e, successivamente, disporre di uno schema
interpretativo del funzionamento dell’azienda e delle modalità
organizzative e strategiche per il raggiungimento non solo di un
determinato livello di performance, ma anche per un’efficace
realizzazione della strategia d’impresa.
4
Il sistema di misurazione delle performance aziendali è uno strumento di
gestione complesso e articolato; per comprenderlo è importante,
innanzitutto, cercare di definirne il concetto.
In generale, possiamo affermare che essa è costituita dalla misura del
grado di raggiungimento degli obiettivi economici prestabiliti sia in
termini di efficacia sia di efficienza.
Silvi5 la interpreta come “il risultato sistemico dell’interazione di una
pluralità di prestazioni e rendimenti intermedi e spesso frammentati,
interdipendenti nel tempo e nello spazio, conseguenti all’attuazione delle
decisioni aziendali”.
Quindi esiste una relazione causa – effetto tra le prestazioni economiche
complessive (effetto) e prestazioni parziali, di carattere intermedio,
realizzate in momenti e luoghi differenti (causa).
Per capire la natura complessa, differenziata e variabile della
performance facciamo riferimento alla “Metafora dell’albero” di Lebas6
5 R. Silvi “La progettazione del sistema di misurazione della performance aziendale”, Giappichelli, Torino 1995, pag. 25 6 R. Silvi “La misurazione delle performance" in “Economia&Management”, n.4, 1996, pag.16
5
Processi
Politica degli investimenti
Qualità delle risorse umane
soddisfazione della clientela innovatività
costi qualità
flessibilità attributi del servizio
Sviluppo delle risorse umane
Flussi
informativi Conoscenza del mercato
Relazioni sociali
Competenze tecnologiche
Relazioni con i clienti
Manutenzione
Se il reddito (effetto) è dato dalla differenza tra ricavi e costi (cause), gli
stessi ricavi saranno conseguenti a diversi fattori quali la soddisfazione
della clientela, la qualità del prodotto-servizio, dalla tempestività e
puntualità, dall’innovatività e dalla flessibilità.
I costi, a loro volta, sono il risultato di processi che originano queste e
altre variabili riconducibili, ad esempio, alla qualità delle risorse umane,
alla conoscenza del mercato o alla politica formativa attuata.
6
Da quanto detto, la misurazione della performance deve essere condotta
su quelle variabili che la determinano anche se non sono sempre
pienamente rappresentabili tramite parametri contabili. 3. Obiettivi e categorie di misure
L’obiettivo di questo paragrafo è quello di fornire un quadro di
riferimento sul tema delle misure della performance, partendo dalla
constatazione per cui “principi e teorie, nel campo dell’impresa, hanno
scarsa o nulla utilità pratica se non si prestano a misurazioni attendibili”7.
Le misure sono indispensabili per:
1. Fissare gli obiettivi del processo di miglioramento, ad esempio
riduzione dei costi del processo di una certa percentuale,
miglioramento di standard di qualità, aumento di valore creato;
2. Misurare, durante l’attuazione del processo o al termine di esso, il
concreto raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Le misure possono essere classificate in vario modo. Una prima
distinzione suddivide le misure in base alla grandezza economica oggetto
della misurazione, da questo punto di vista occorre osservare che le
performance sono sempre numerose e differenziate.
Alcune di esse possono essere di carattere generale e sono dunque
riscontrabili in tutti i processi: rientrano in questa categoria le prestazioni
in termini di costo, di tempo, di qualità e di valore.
7 D. Pierantozzi “La valutazione dei processi operativi aziendali” in “La Valutazione delle aziende” n. 11, 1997, FV, Milano, pag. 28
7
Altre sono invece tipiche di processi specifici ad esempio le prestazioni
di produttività, di elasticità, e flessibilità nell’ambito di processi
produttivi.
Un’altra classificazione ricorrente è quella tra misure di carattere
economico-finanziario e misure di carattere operativo. Al primo gruppo
appartengono le misure di costo e di valore ed al secondo le misure di
tempo e di qualità.
Altri autori propongono infine di distinguere le misure hard da quelle
soft: sono definite hard le misure che hanno un’oggettiva e tangibile
evidenza, in quanto rappresentano dei fatti univocamente e direttamente
rilevabili.
Le misure soft sono invece collegate a elementi che non si prestano a una
misurazione oggettiva.
Volendo fare degli esempi nell’ambito delle misure di qualità coesistono
misure hard (es. numero di reclami pervenuti) con misure soft
(rilevazione della customer satisfaction tramite interviste).
8
4. I tradizionali sistemi di misurazione: problematiche
Le prestazioni che determinano la performance economica non possono
essere sempre rappresentabili o rilevabili tramite valori monetari; in altre
parole, per la loro misurazione potrebbero essere utilizzati parametri
quantitativi o qualitativi che esprimono la dimensione e la criticità del
fenomeno; tanto più significativa sarà la misura di questo fenomeno,
tanto maggiore saranno le opportunità di gestione e miglioramento della
performance.
I dati contabili, non avendo il requisito della tempestività, non
consentono la ricostruzione dei fenomeni e quindi rilevano solo in parte
e in ritardo la dimensione strategica aziendale.
Il manager che utilizza tradizionali misure di performance non riesce a
capire quali sono gli ambiti su cui puntare maggiormente per diventare
più competitivi.
Uno studio compiuto da Lynch e Cross8, su svariate imprese, ha
riassunto diversi problemi e critiche collegate ai tradizionali metodi:
Le misure non si rivolgono specificamente al piano d’azione e
possono fornire informazioni irrilevanti o fuorvianti o, ancor
peggio, mettere a rischio il raggiungimento degli obiettivi
strategici.
I metodi tradizionali non tengono conto delle esigenze e punti di
vista dei clienti (interni ed esterni).
Le misure di bottom-line (quali la redditività) vengono definite
troppo tardi per effettuare correzioni e intraprendere nuove
azioni.
8 R. Lynch, K. Cross “Migliorare la performance aziendale” Franco Angeli, Milano, 1992, pag. 32
9
La maggior parte dei metodi tradizionali trascura gli indicatori
chiave della performance non economica.
I metodi vengono spesso utilizzati per dare punizioni più che per
promuovere l’apprendimento.
La maggior parte dei sistemi sono rigidi e limitati in ciò che
possono fare.
Queste carenze hanno portato a tre conclusioni circa il compito che tali
metodi devono svolgere:
1. Le misure devono collegare le attività agli obiettivi strategici. I
vari reparti devono sapere in che modo stanno contribuendo,
singolarmente o insieme, a soddisfare la propria mansione
strategica.
2. Il sistema deve integrare le informazioni di natura contabile e
non in modo che sia utilizzabile dai manager operativi. Inoltre, il
management e i dipendenti hanno bisogno delle informazioni
giuste al momento giusto per supportare le decisioni.
3. Il vero valore di un sistema di misurazione risiede proprio nella
sua capacità d’incentrare tutte le attività dell’impresa sulle
esigenze del cliente.
4.1 Il valore e la misura
Le imprese esistono per creare valore: la creazione del valore è il fattore
che spinge a far nascere una nuova azienda e ne garantisce l’esistenza e
la continuità; è l’eventuale incapacità di crearlo che ne determina la
morte.
L’azienda, dunque, è al centro di un insieme di giudizi di valore: i clienti
giudicano se i prodotti e servizi valgono il prezzo da pagare, i dipendenti
10
giudicano se le ricompense valgono il loro lavoro, i finanziatori
giudicano se il ritorno atteso vale il rischio del loro investimento nel
capitale. Quindi, l’impresa deve soddisfare le aspettative di ognuno dei
suoi interlocutori (stakeholders), ove non fosse in grado di farlo,
verrebbe abbandonata a favore di altre imprese giudicate capaci di creare
valore.
Questa premessa va fatta per dire che negli ultimi anni si è diffusa in
modo preponderante la cosiddetta “teoria di creazione del valore” o
“Creating Shareholder Value” con la quale si indica l’accrescimento del
capitale economico dell’impresa.
In sintesi, secondo tale teoria il termine valore va considerato in
riferimento al “valore per l’azionista”; se questo è vero la sua
applicazione può essere assai problematica: basti pensare ad aziende che
non hanno un azionariato diffuso o alle organizzazioni no profit.
La diffusione della teoria ha contribuito a sviluppare metodologie di
valutazione e controllo del valore, focalizzate, da un lato, sulle
problematiche di misurazione del valore globalmente generato da
un’impresa, dall’altro sui fattori generatori di valore, i cosiddetti “value
driver”.
I filoni di studio che si sono sviluppati, a conseguenza di ciò, sono
essenzialmente due.
Il primo è focalizzato sui limiti, sui vantaggi e sugli aspetti critici dei vari
metodi utilizzabili per misurare il valore dell’impresa: metodi reddituali,
patrimoniali, misti e finanziari.
Il secondo filone, invece, ha portato ad individuare nuovi approcci nella
progettazione dei sistemi di misurazione della performance, in grado di
11
monitorare i fattori critici dai quali dipende la capacità dell’impresa di
generare valore economico nel tempo.
Nonostante l’attualità del tema, gli studiosi che si sono occupati di tali
problematiche, si sono per lo più focalizzati o sulle problematiche di
misurazione in senso generale, senza fare quindi particolare riferimento a
specifiche tipologie di imprese, oppure su alcune organizzazioni
complesse, quali, ad esempio, le imprese multidivisionali o
multinazionali.
Poca attenzione è stata rivolta, purtroppo, alla misurazione delle
prestazioni nelle imprese di servizi.
4.2 Le problematiche specifiche nelle imprese di servizio
La misurazione delle performance è un elemento essenziale in qualsiasi
sistema di controllo a retroazione; purtroppo le caratteristiche tipiche
delle imprese di servizi rendono problematico e particolare tale
approccio.
Tali specificità sono in sintesi:
1. INTANGIBILITÀ caratterizza la maggior parte dei servizi e
rende difficile l’identificazione degli aspetti ai quali il cliente
attribuisce maggior valore, in fase di erogazione;
2. ETEROGENEITÀ dei risultati delle attività che poco si prestano
ad essere standardizzate; ciò porta a variazioni significative nei
livelli di performance, principalmente nei servizi ad alto
contenuto di lavoro (ex. Due turni al ricevimento);
3. CONTESTUALITÀ delle fasi di produzione e consumo del
servizio che non consente di misurare, controllare e valutare in
12
anticipo, rispetto alla vendita, la prestazione del processo di
erogazione,
4. DEPERIBILITÀ per la quale i servizi non possono essere
immagazzinati; questo provoca delle ripercussioni sulla
programmazione delle attività e sul controllo qualitativo,
tenendo conto del fatto che il cliente è presente durante tutto il
processo di erogazione.
Queste particolarità finiscono, quindi, per condizionare il processo di
misurazione della performance, non solo per quanto riguarda cosa deve
essere misurato, ma anche per come la misurazione stessa deve essere
fatta.
Nella strutturazione di un efficace sistema di misure, fondamentale resta
la scelta degli indicatori che deve essere fatta secondo gli obiettivi
strategici prescelti, tenendo presente l’ambiente competitivo in cui si
opera e il tipo di servizio erogato.
Nella selezione è, tuttavia, necessario trovare un equilibrio, in modo da
impedire un’eccessiva focalizzazione su un aspetto della performance
che porti poi a sottovalutarne qualche altro.
Decidere di promuovere, ad esempio, la qualità può avere, nel breve
periodo, un effetto negativo sulla redditività, a causa dei maggiori costi
che di solito comporta, ma a lungo termine questa può portare ad un
aumento della fedeltà della clientela oltre alla crescita del market share e
dei profitti e, in definitiva, alla copertura definitiva del costo iniziale.
Un’enfasi eccessiva sul grado di redditività a breve termine potrebbe
eliminare questi benefici nella strategia.
13
Anche Kaplan9 a tale proposito afferma:
“L’effetto maggiormente negativo prodotto da una eccessiva
focalizzazione sui profitti di breve periodo è l’incentivo a ridurre le spese
in beni intangibili. Quando diventa difficile raggiungere gli obiettivi di
profitto, i responsabili aziendali tentano di ridurre al minimo la spesa per
lo sviluppo di nuovi beni e/o servizi, per la promozione, per la
distribuzione, per il miglioramento della qualità e delle risorse
umane…..”.
Per le imprese turistiche, gli aspetti intangibili del servizio, difficilmente
rilevabili contabilmente, rappresentano importanti fonti di vantaggio
competitivo.
Come affermato precedentemente, la misurazione dei risultati aziendali
spesso si focalizza su aspetti facilmente quantificabili, quali il costo e la
produttività, trascurando altre dimensioni necessarie per il
raggiungimento del successo competitivo.
Le aziende di servizi attualmente competono sulla base di fattori non
legati al prezzo, quali la qualità e l’innovazione il che rende necessario
un cambiamento nel modo di vedere il risultato, ovvero un passaggio da
indicatori interni di performance, ad esempio l’efficienza, a indicatori
esterni basati sul rapporto con il mercato, come la soddisfazione dei
clienti rispetto alla qualità.
La performance, come affermato nel testo di Fitzgerald10, potrà quindi
essere analizzata sotto sei diverse dimensioni:
Risultato competitivo
9 R. S. Kaplan “The evolution of management accounting “ in “The Accounting Review” n.3 1984b 10 L. Fitzgerald, R. Jonson, S. Brignall, R. Silvestro, C.Voss “Misurare la performance nelle imprese di servizi” EGEA, Milano 1998 pag. 42
14
Risultato finanziario
Qualità del servizio
Flessibilità
Grado di utilizzo delle risorse
Innovazione
I primi due indicatori riflettono l’esattezza della strategia scelta, mentre
gli altri determinano il successo competitivo.
La tabella successiva mostra alcune tipologie di indicatori per ciascuna
delle dimensioni suddette
DIMENSIONI DI PERFORMANCE
TIPOLOGIA DI INDICATORI
R I SULTAT I
Competitività
Risultati Finanziari
- Quota di mercato relativa e
conseguente posizione - Grado di crescita delle vendite - Indicatori relativi alla clientela - Redditività - Grado di liquidità - Struttura del capitale - Indicatori di mercato
finanziario
15
FATTOR I
DETERMINANT I
Qualità del servizio
Flessibilità
Utilizzo delle risorse
Innovazione
- Affidabilità - Capacità di risposta - Estetica/Immagine - Cordialità - Comunicazione - Cortesia - Competenza - Sicurezza - Flessibilità di volume - Flessibilità nella velocità di
distribuzione - Flessibilità nella realizzazione
delle specifiche - Produttività - Efficienza - Risultati conseguiti nelle
innovazioni di processo - Risultati conseguiti nelle
innovazioni specifiche
16
5. La performance e l’organizzazione aziendale
Nello sviluppo e nella gestione del sistema di misurazione, così per ogni
progetto organizzativo rilevante per l’azienda, deve esistere un marcato
interesse della direzione, la quale deve trasmettere interesse a tutte le
figure organizzative coinvolte in modo da orientare e motivare i
comportamenti aziendali.
Ai fini dell’analisi, della misurazione e del miglioramento della
performance globale, diventa importante comprendere i risultati e i
contributi di tali comportamenti posti in essere dalle varie unità
organizzative.
Bisogna quindi avere a disposizione uno strumento informativo capace
di individuare e rappresentare:
gli enti aziendali coinvolti nel raggiungimento di determinati
livelli di performance,
le relazioni esistenti tra i vari enti aziendali e tra questi e
l’ambiente esterno.
Tutto questo può essere sufficientemente evidenziato con un modello che
interpreta l’azienda come “una rete di scambi” ovvero un sistema dove si
incrociano relazioni interne ed esterne finalizzate alla creazione di utilità
per il mercato o per il cliente (soddisfare i bisogni) in modo economico.
17
Il seguente grafico illustra tale concetto:
AMBIENTE
ORGANIZZAZIONE
ISTITUZIONI
FINANZA & CONTROLLO
PERSONALE
R&S
MKT & VENDITE PRODUZIONE
CLIENTI FINALI
FORNITORI
CONCORRENTI
VALORI CULTURALI
Per meglio comprendere le modalità di funzionamento aziendale, occorre
rivolgere l’attenzione alle relazioni esistenti tra le unità organizzative.
Queste non sono sempre semplici o lineari ma, come afferma Segne11,
complesse e circolari cioè che si influenzano a vicenda e dove quindi
diventa difficile distinguere cause ed effetti.
Tale quadro dimostra che tanto più le relazioni saranno efficaci ed
efficienti – in termini di servizi attesi o ricevuti per effettuare una
prestazione – tanto maggiore sarà la capacità dell’azienda di ottenere
adeguati livelli di performance economica.
11 R. Silvi “La misurazione delle performance" in “Economia&Management”, n.4, 1996, pag.18
18
Di conseguenza, l’aumento della capacità delle unità organizzative di
fornire o scambiare servizi adeguati ed utili comporterà per l’azienda una
maggiore produzione di valore per il mercato e quindi creazione di
valore economico.
Dal punto di vista organizzativo, oltre a definire gli obiettivi strategici,
occorrerà individuare le unità o enti rlevanti, le relazioni tra loro esistenti
e le attività da questi svolte.
Le unità organizzative sono centri elementari di responsabilità limitata,
significative però ai fini della performance.
Tali enti devono essere rilevanti, per cui la scelta tra le diverse unità deve
essere fatta, inizialmente, in relazione agli obiettivi strategici, poi ai
fattori critici di successo e ai connessi sistemi operativi.
ESEMPIO OBIETTIVO PROCESSO UNITÀ STRATEGICO CRITICO ORGANIZZATIVA Soddisfazione Servizio in camera Approvigionamento del cliente Gestione del personale
Una volta individuati gli enti rilevanti dell’organizzazione, occorre
definire le relazioni tra loro esistenti in termini di scambi di servizi e
attributi.
Il servizio rappresenta l’oggetto dello scambio, la relazione che lega le
unità direttamente o indirettamente alle altre.
Affinchè questi producano valore, devono essere il più possibile
conformi alle esigenze del destinatario o “cliente” del servizio; occorre
indicare la loro livello di criticità (importanza attribuita dal cliente al
servizio in oggetto ai fini della realizzazione del proprio scopo) e qualità
19
(conformità del servizio ricevuto rispetto alle aspettative dei clienti) in
termini di puntualità, economicità, tempestività…..
RELAZIONE
CRITICITÀ
UNITÀ “CLIENTE”
UNITÀ “FORNITORE”
QUALITÀ (Attributi)
Le unità organizzative svolgono, al loro interno, determinate attività le
quali possono essere definite come “l’esercizio di una funzione aziendale
che si realizza con la conbinazione di risorse (persone, tecnologie,
materie prime, procedure, metodologie) finalizzate alla produzione di
beni e/o servizi”12.
L’attività, quindi, descrive il lavoro svolto dall’unità, il modo in cui
utilizza il tempo e le risorse assegnate.
Ai fini dell’analisi, bisogna comprendere quali sono i compiti specifici
dell’attività, il risultato atteso e come questo può essere raggiunto e
migliorato.
Ogni parte di tale sistema organizzativo fornisce quindi informazioni
distinte; l’integrazione di tali parametri non farà altro che evidenziare un
quadro completo circa il livello di performance globale.
12 J. A. Brimson “Contabilità per attività” Franco Angeli, Milano, 1992, pag.45
20
CAPITOLO 2
Misure di performance “tradizionalmente” utilizzate
in azienda
Premessa
Nel primo capitolo ci si è occupati dell’analisi del concetto di
performance e si è accennato alle problematiche connesse alla misura
di quest’ultima, menzionando più volte i cosiddetti metodi tradizionali
di rilevazione e misurazione.
Compito, invece, di questo capitolo sarà di approfondire gli strumenti
e i documenti comunemente utilizzati per far fronte a tale scopo,
evidenziando i limiti che maggiormente si riscontrano.
21
1. Le misure economiche
L’attività di governo di un’impresa richiede l’impiego di processi di
misurazione economica riferiti, innanzitutto, alla generale
combinazione produttiva (misurazioni economiche globali) ed
eventualmente – in funzione del grado di complessità
strategico/organizzativa – l’adozione di misurazioni di carattere
analitico ed esplicativo, articolate per aspetti distinti della gestione,
per centri di responsabilità organizzativa e per aree (ovvero aree
relative a componenti elementari) di risultato significative
(misurazioni economiche parziali).
Aspetti distinti della gestione
Aree di responsa-bilità
Aree dirisultato
CO. GE. e BILANCIO
BUDGETS MISURE GLOBALI
CO. AN.
SISTEMA DELLE VARIAZIONI
STANDARDS
La necessaria misurazione economica degli obiettivi e delle
prestazioni, su cui si fonda l’efficace adozione di processi di controllo,
è orientata all’analisi dei differenti elementi gestionali ritenuti idonei
22
ad esprimere l’economicità gestionale secondo un’articolazione
coerente con le finalità di governo.
Salvioni13 afferma che: “La contabilità direzionale rappresenta il
sistema di strumenti mediante i quali si perviene alle misurazioni, cioè
l’insieme coordinato di norme e procedure per mezzo delle quali si
raccolgono, si modificano e si elaborano i valori d’azienda,
nell’intento di pervenire a significative misurazioni economiche per il
corretto svolgimento dei processi di governo”.
La contabilità direzionale tende pertanto a riflettere - nei suoi elementi
strutturali e di funzionamento - la dinamica ambientale, i fattori
settoriali tipici e la complessità d’impresa, idonei a definire la
tipologia e la tempificazione delle informazioni strumentali, al fine di
assicurare l’efficace ed efficiente ottenimento ed impiego delle risorse
per il raggiungimento delle finalità aziendali.
In sintesi, questa fornisce informazioni che aiutano i manager a
svolgere i propri compiti.
Le informazioni sono contenute, infatti, in qualunque dato, fatto o
percezione che possa agevolare o influenzare le decisioni.
L’agevolazione agisce su decisioni specifiche; un’informazione
potrebbe, per esempio, agevolare le decisioni per stabilire prezzi di
vendita più adeguati, per ridurre i costi in maniera conveniente o per
giungere ad una migliore allocazione delle risorse. Le informazioni
che influenzano le decisioni, invece, agiscono sul comportamento dei
membri dell’organizzazione. Per esempio potrebbero motivare i
13 D. M. Salvioni “Le imprese alberghiere complessità strutturale e meccanismi di controllo” Giuffrè, Milano, 1988, pag. 118
23
dirigenti a selezionare, tra le possibili alternative, quelle più
convenienti per l’impresa.
“Il numero 1000 in quanto tale non costituisce un’informazione ma se
affermo che 1000 imprese utilizzano la stessa tecnologia, questo
potrebbe costituire un’informazione se facilitasse o influenzasse il
processo decisionale”14.
In un’ottica strettamente di controllo, le misurazioni economiche
possono distinguersi in:
1. Misurazioni economiche globali di sintesi, in altre parole
correlabili all’osservazione del grado di raggiungimento delle
finalità dell’impresa considerata nel suo complesso;
2. Misurazioni globali di analisi, riconducibili a rielaborazioni
mirate delle misure di sintesi con riguardo al livello di
soddisfacimento delle attese dei portatori degli interessi
istituzionali ovvero di chi investe nell’impresa;
3. Misurazioni economiche parziali orientate al governo delle
differenti unità organizzative elementari (centri di
responsabilità)
4. Misurazioni economiche parziali finalizzate al controllo delle
diverse aree di risultato e delle relative componenti elementari.
14 R. Antony, D. Hawkins, D. Macrì, K. Merchant “Sistemi di controllo, analisi economiche per le decisioni aziendali” McGraw-Hill, Milano, 2001, pag. 10
24
2. Le misurazioni economiche di sintesi
“La gestione alberghiera si attua mediante lo svolgimento di un
numero più o meno ampio di processi produttivi, finalizzati
principalmente alla fornitura del servizio di ospitalità ed aventi
manifestazione esterna grazie ad una serie di scambi, che pongono in
relazione l’azienda con l’ambiente presiedendo alla formazione delle
quantità economiche”15.
I valori reddituali, patrimoniali e finanziari trovano, quindi, origine
con il perfezionarsi degli scambi (di tipo volontario o coercitivo),
destinati a produrre differenti fenomeni, di significato tendenzialmente
opposto ma che evidenziano la stessa misurazione (prezzo/costo –
prezzo/ricavo), aventi ripercussioni sull’economicità dell’azienda.
A livello di strumentazione tecnico-contabile e di rappresentazione,
assumono rilevanza:
A. La contabilità generale, o sistema globale di rilevazione dei
valori d’azienda;
B. Il bilancio d’esercizio o di periodo infrannuale;
C. I prospetti di sintesi delle variazioni e dei flussi di capitale
circolante netto e di cassa;
D. I budget per le previsioni globali di gestione.
15 D. M. Salvioni “Le imprese alberghiere”, op. cit. pag. 124
25
A. LA CONTABILITÀ GENERALE
Dato il capitale di funzionamento esistente all’inizio del periodo di
osservazione, la contabilità generale considera le modificazioni
prodotte nei valori d’azienda da tutti gli scambi monetari con terze
economie per giungere, mediante opportune elaborazioni, a
misurazioni economiche di bilancio (conto economico e stato
patrimoniale) e complementari dello stesso (prospetti delle variazioni
e dei flussi di capitale circolante netto e monetari).
Scambi Monetari con
Terze Economie
Capitale di funzionamento iniziale del periodo successivo
CONTO ECONOMICO
Rilevazioni di fine periodo
Informazioni sullo stato di avanzamento dell’attività
Prospetto dei Flussi e delle
Variazioni Monetarie
Prospetto dei Flussi e delle Variazioni di
CCN
STATO PATRIMONIALE
BILANCIO
Contabilità generale manifestazione
numeraria
26
Alla formazione delle misure economiche globali di controllo
connesse al bilancio concorrono:
- Valori di periodo, condizioni patrimoniali-produttive che
hanno esaurito la loro utilità nel periodo di acquisizione o che,
comunque, sono riconducibili a scambi intervenuti in tale
intervallo temporale;
- Valori comuni a due periodi consecutivi; riguardanti cicli
reddituali iniziati in un periodo e che si concludono in quello
successivo (ratei e risconti attivi e passivi; rimanenze iniziali e
finali,…..);
- Valori comuni a più periodi, che partecipano alla
combinazione economico produttiva per più intervalli
temporali (immobilizzazioni, fondi di accantonamento per
rischi e spese future,….).
B. IL BILANCIO
Dato quanto affermato in precedenza, risulta logico configurare il
bilancio come un insieme ordinato di valori aventi differente natura,
formalmente composto dai seguenti prospetti contabili:
Il conto economico, destinato ad accogliere i valori dei
componenti positivi e negativi di reddito fra loro correlati
con riferimento all’unità temporale; il conto determina il
risultato economico globale di periodo;
Lo stato patrimoniale che esprime la struttura del capitale
di funzionamento (beni, diritti, impegni derivanti dalla
27
gestione passata e destinati a condizionare quella futura) al
momento della redazione del bilancio;
La nota integrativa che integra per l’appunto le
informazioni contenuti nei prospetti precedenti.
STATO PETRIMONIALECONTO ECONOMICO
Componenti Negativi di Reddito
RISULTATO di PERIODO
Componenti Positivi di Reddito
PASSIVO - Corrente - Consolidato Mezzi Propri
ATTIVO - Corrente - Fisso
Amigoni16 afferma a tale proposito che:
“Reddito di esercizio e patrimonio di funzionamento sono il perno del
processo di misurazione economica nei processi di controllo, perché
sono le grandezze sintomatiche prese a riferimento dai portatori di
interessi istituzionali e interessi esterni per apprezzare il grado di
soddisfacimento delle attese dei conferenti capitale proprio, e in
connessione a ciò, del rischio connesso alla cessione di capitale di
credito.”
I prospetti di sintesi presentano, pertanto, valenze sia interne che
esterne, assumendo funzioni di misurazione delle ripercussioni
economiche dei fatti aziendali rispetto a vaste categorie di utenti
operanti nell’ambito aziendale, ovvero interagenti con l’albergo
mediante rapporti di scambio.
A livello di analisi, è utile sottolineare che nei piani dei conti e nei
prospetti di sintesi delle imprese alberghiere sono normalmente
presenti alcuni conti settoriali tipici.
16 F. Amigoni “Misurazioni d’azienda. Programmazione e controllo” vol. 1, Unicopli, Milano, 1987, pag.72
28
Tra questi sono annoverabili:
- i debiti e i crediti verso le agenzie di viaggio (nel caso in cui
l’impresa faccia ricorso ad aziende di intermediazione);
- le rimanenze (la cui incidenza relativa è normalmente
contenuta e la cui composizione prevede di solito alimenti non
deperibili, vini, liquori….);
- i ricavi di vendita del servizio alloggio, del servizio ristorante
(ove esistente), del servizio bar e di eventuali servizi
proporzionali alla complessità strategica dell’impresa e del
livello qualitativo dell’offerta (parcheggio custodito,
lavanderia…).
Per quanto riguarda, invece, i fenomeni e gli andamenti caratteristici
occorre sottolineare che:
- la struttura degli investimenti evidenzia un’elevata incidenza
delle attività fisse, mentre l’attivo corrente è generalmente
contenuto (es. scorte molto ridotte);
- alcuni costi (combustibili, energia elettrica….), tendono a
riflettere, nella loro incidenza relativa, il periodo di attività
dell’impresa alberghiera;
- nella formazione dei componenti negativi di reddito assumono
rilevanza i costi del personale, i consumi di materiale, nonché
gli ammortamenti, ovvero gli affitti passivi (nel caso in cui
l’immobile sia in locazione);
- la rigidità strutturale trova, inoltre, concreti riscontri
nell’elevata incidenza dei costi fissi rispetto ai costi totali
d’impresa.
29
Circa l’ultimo punto, Campanini17sostiene che:
“La capacità ricettiva determina un’offerta rigida di fronte ad una
domanda più o meno elastica secondo i casi (ad esempio nei beauty
farm o negli alberghi delle città d’arte). Questo comporta una
preponderanza di costi fissi, cioè dei costi che devono essere sostenuti
ugualmente anche nei periodi di scarsa affluenza dei clienti. Fra tali
costi fissi vanno menzionati, per la maggior parte, anche quelli del
personale, oltre ai costi relativi all’uso degli impianti e delle
attrezzature, alle assicurazioni, alla pubblicità, ai finanziamenti, alle
imposte e tasse non sul reddito e in genere quelli relativi
all’amministrazione generale.”
17 C. Campanini “Economia e tecnica dell’impresa alberghiera”, Clueb, Bologna, 1982, pag. 38/39
30
C. PROSPETTI DI SINTESI
PROSPETTO DEI FLUSSI E DELLE VARIAZIONI DI CCN 200X 200X + 1
FONTI DI FINANZIAMENTO: Gestione corrente
Risultato di periodo + rettifiche in aumento relative a
componenti negativi di reddito che non comportano variazioni nel CCN o che comportano variazioni non collegate alla gestione corrente
…….. ……...
- rettifiche in diminuzione per componenti positivi di reddito che non comportano variazioni non collegate alla gestione corrente
…….. ……..
Totale flusso della gestione corrente …….. …….. Disinvestimenti
Accensioni di debiti a medio/lungo termine
Aumento di mezzi propri
…….. …….. ……..
…….. …….. ……..
TOTALE FONTI DI FINANZIAMENTO (a) …….. …….. FABBISOGNI FINANZIARI Investimenti in immobilizzi
Rimborso dei debiti a medio/lungo termine
Diminuzione dei mezzi propri
…….. …….. ……..
…….. …….. ……..
TOTALE FABBISOGNI FINANZIARI (b) …….. …….. VARIAZIONI DI CCN (a-b) …….. ……..
Incrementi di attività correnti …….. …….. Diminuzioni di passività correnti …….. ……..
TOTALE VARIAZIONI POSITIVE …….. …….. Diminuzioni di attività correnti …….. …….. Incrementi di passività correnti …….. ……..
TOTALE VARIAZIONI NEGATIVE …….. ……..
31
Tale schema riassume i principali fattori determinanti le
movimentazioni positive e negative intervenute nell’attivo e nel
passivo corrente e le relative variazioni, ponendo l’attenzione su:
- la gestione corrente;
- le operazioni di investimento e disinvestimento in
immobilizzazioni;
- le accensioni e i rimborsi dei debiti a medio e a lungo termine;
- le variazioni (estranee alla gestione corrente) intervenute nei
mezzi propri.
In sede di analisi della situazione finanziaria d’impresa pare, infatti,
opportuno considerare la dinamica delle diverse componenti del
circolante relativamente alle scelte di gestione, in modo da
comprendere meglio la capacità di sopravvivenza e di espansione di
ogni particolare realtà alberghiera.
Lo schema di rendiconto finanziario soddisfa specifiche esigenze
informative in quanto evidenzia:
- il contributo offerto dalla gestione corrente alla formazione del
circolante e quindi l’autofinanziamento globale di periodo;
- gli investimenti in immobilizzi e le relative fonti di
finanziamento;
- alcuni significativi collegamenti tra gestione reddituale,
patrimoniale e monetario/finanziaria;
- i diversi fattori di vincolo caratterizzanti la dinamica
finanziaria di breve periodo.
Lo schema assume proprie valenze informative, di completamento
degli altri prospetti, evidenziando le relazioni esistenti tra struttura
32
finanziaria e gestione di periodo, caratterizzanti le decisioni reddituali,
patrimoniali, monetarie e finanziarie.
PROSPETTO DEI FLUSSI E DELLE VARIAZIONI MONETARIE 200X 200X + 1
ENTRATE MONEARIE: Gestione corrente
Flusso di CCN della gestione corrente + Diminuzioni intervenute nel periodo
nell’attivo corrente da gestione corrente Aumenti intervenuti nel periodo nel passivo corrente da gestione corrente
…….. ……...
- Aumenti intervenuti nel periodo nell’attivo corrente da gestione corrente Diminuzioni intervenute nel periodo nel passivo corrente da gestione corrente
…….. ……..
ENTRATE MONETARIE DELLA GESTIONE CORRENTE …….. ……..
Disinvestimenti in immobilizzi
Accensioni di debiti di finanziamento
Aumento di mezzi propri
…….. …….. ……..
…….. …….. ……..
TOTALE ENTRATE MONETARIE (a) …….. …….. USCITE MONETARIE Investimenti in immobilizzi
Rimborso dei debiti di finanziamento
Diminuzione dei mezzi propri
…….. …….. ……..
…….. …….. ……..
TOTALE USCITE MONETARIE (b) …….. …….. VARIAZIONE MONETARIA (a-b) …….. ……..
RISERVE DI FIDO INUTILIZZATE …….. ……..
Questo prospetto focalizza l’attenzione sulla gestione della liquidità di
periodo, sottolineando i principali fattori determinanti le
movimentazioni intervenute nelle disponibilità liquide.
33
In particolare fornisce informazioni circa:
- l’assolvimento degli impegni sorti nel periodo precedente a
quello di osservazione e, attualmente, non ancora
monetariamente conclusi;
- l’ottenimento di mezzi di pagamento necessari e sufficienti al
sostenimento degli investimenti di periodo, in linea con lo
sviluppo strategico d’impresa;
- il mantenimento di adeguati livelli di attività tali da consentire
un’idonea elasticità della gestione complessiva.
L’adozione di misurazioni economiche globali di programmazione e
di controllo con quattro prospetti di sintesi (stato patrimoniale, conto
economico, prospetto dei flussi e delle variazioni di CCN, prospetto
dei flussi e delle variazioni monetarie) tende pertanto a rappresentare
un insieme di informazioni per la determinazione e l’osservazione del
grado di raggiungimento degli obiettivi d’impresa.
Le misurazioni in oggetto rappresentano, comunque, un riferimento
completo ed esauriente solo per le imprese alberghiere a struttura
relativamente semplice con unità decisionali fortemente accentrate.
2.1 Le misurazioni economiche globali di analisi Questo tipo di misurazioni si fonda prevalentemente su informazioni
di sintesi e costituiscono un’elaborazione dei rapporti elementari tra
valori, con riguardo alle finalità di governo ed ai fenomeni tipici di
gestione.
L’integrazione delle informazioni riportate nei vari prospetti di sintesi,
mediante l’evidenziazione di particolari indicatori – definiti dai
34
rapporti tra valori – consente, infatti, di attribuire al bilancio un più
completo valore informativo nell’ambito dei processi di controllo.
La numerosità dei quozienti che possono costituire oggetto di
misurazione può dipendere da un pluralità di condizioni, anche se il
loro numero tende a ridursi quando si fa riferimento a misure globali
finalizzate all’osservazione del grado di raggiungimento degli
obiettivi d’impresa.
In considerazione del contenuto, della trasparenza dei prospetti di
sintesi e dell’orientamento delle informazioni di analisi, assumono
significato alcuni indicatori che rispecchiano gli obiettivi sociali ed
economici dell’impresa quali:
- Redditività del capitale proprio (rp) o ROE;
- Saggio di dividendo (sd);
- Saggio di autofinanziamento (sa);
- Redditività del capitale investito (rc) o ROI;
- Redditività delle vendite o ROS.
Le prime tre misure – come mostra la figura – si presentano
strettamente interconnesse, nel senso che la prima è la risultante della
somma algebrica delle altre due, le quali, sono direttamente
ricollegabili al grado di soddisfacimento di coloro che conferiscono
capitale di risparmio.
35
D = dividendo distribuito
rp = CNRN
sd = CND sa =
CND-RN+
RN = reddito netto
CN = capitale netto
La redditività del capitale proprio (ROE), espressa dal rapporto
percentuale tra reddito netto e mezzi propri, agevola l’interpretazione
della dinamica d’impresa con riferimento a:
a. l’efficacia con cui la direzione ha coerentemente coordinato
l’attività di periodo verso il raggiungimento degli obiettivi, date
le caratteristiche d’ambiente, di mercato, di settore, la struttura
produttiva d’impresa e le differenti dimensioni qualificanti la
stessa (localizzazione, concorrenza…), nonché la composizione
delle fonti di finanziamento;
b. il grado di soddisfacimento potenziale delle attese di chi
conferisce capitale di rischio costituendo, quindi, una misura
importante per un preliminare apprezzamento dell’investimento
effettuato.
Il saggio di dividendo offre invece una misura della remunerazione
effettiva percepita dai conferenti capitali di rischio, opportunamente
36
confrontabile anche con remunerazioni connesse ad investimenti
alternativi.
Tale saggio assume pertanto specifico interesse interpretativo per i
conferenti capitale “esterni”, il cui processo decisionale di
investimento è collegato alla redditività dello stesso ed al relativo
saggio di crescita.
Nella realtà alberghiera italiana, dove proprietà e gestione spesso si
confondono questo tipo di indicatore non trova, a mio avviso, una
concreta applicazione.
Comunque, esso assume specifica rilevanza (quale parametro di
successo imprenditoriale) quando sussiste una netta separazione tra
gestione e proprietà dell’impresa alberghiera essendo, tale saggio,
espressivo della capacità di attrazione di capitale con vincolo di
“pieno rischio”.
Il saggio di autofinanziamento si correla direttamente alle politiche di
finanziamento dell’impresa.
Questo indice esprime le politiche di equilibrio monetario/finanziario
perseguite rispetto alle esigenze di manutenzione, ammodernamento o
espansione della capacità produttiva durevole.
Il tasso di redditività del capitale investito (ROI), rappresenta un
indicatore globale di equilibrio economico di primaria importanza.
“Esprime la misurazione dell’efficienza aziendale ottenuta mediante il
controllo di quelle attività principali impiegate dall’impresa per
produrre un reddito almeno normale.” 20
18 G. Cavazzoni “Il controllo di gestione”, Giappichelli, Torino, 1992, pag, 266
37
E’ determinato dal rapporto percentuale tra il reddito operativo (al
lordo degli oneri finanziari espliciti, degli oneri fiscali, e dei
componenti reddituali straordinari) ed il capitale globalmente investito
nella gestione.
Questo tasso assume significato del tutto particolare per
l’osservazione dell’economicità dell’impresa alberghiera, potendosi
ricondurre al cosiddetto “effetto di leva operativo”, cioè alla
variazione prodotta nel reddito operativo da una modificazione nel
volume dei servizi ceduti per effetto della struttura dei costi della
gestione tipica.
In effetti, all’aumentare dei costi fissi di periodo aumenta l’effetto
indotto sul risultato economico da una variazione dei volumi di
attività; i costi fissi assumono quindi la funzione di moltiplicatore o
“leva operativa”.
Le imprese alberghiere sostengono costi che in misura significativa
prescindono dal volume di servizi erogati, con una netta
preponderanza dei costi fissi rispetto a quelli variabili (60 – 80% del
costo totale).
D’altra parte, le vendite del settore tendono a registrare frequenti ed
intense oscillazioni (si pensi a quello che è successo dopo l’11
settembre 2001) spesso dipendenti da eventi difficilmente governabili.
Tutto ciò enfatizza da una parte le difficoltà di predeterminazione del
livello di reddito conseguibile, e dall’altra l’utilità di avere indicatori
idonei ad evidenziare l’effetto di leva operativo.
Il ROI è dato da due componenti primarie le quali riflettono:
1. le relazioni esistenti tra prezzi di vendita dei servizi, costi di
predisposizione degli stessi e volumi di attività, ovvero la
38
redditività delle vendite (ROS) espressa dal rapporto tra reddito
operativo e fatturato;
2. il grado di sfruttamento della capacità ricettiva, riconducibile al
tasso di rotazione del capitale investito, cioè dal rapporto tra
fatturato netto e capitale impiegato nella gestione dell’impresa
Redditività delle vendite (ROS)
netto Fatturatooperativo Reddito
Tasso di rotazione del capitale investito
investito Capitalenetto Fatturato
x
rc = investito Capitaleoperativo Reddito
È interessante osservare che “il turnover degli investimenti netti”
esprime la relazione tra una “dimensione operativa” dell’azienda
(espressa dal fatturato netto) e una “dimensione strutturale” (capitale
investito).
La redditività delle vendite, invece, è un indicatore che misura il grado
in cui l’attività svolta è remunerata.
Confronto fra ROE e ROI
Il confronto è diretto a consentire l’individuazione dell’eventuale
“effetto di leva finanziaria” collegato alla scelta delle fonti di
39
finanziamento necessarie per l’attuazione degli investimenti, come
evidenziato dalla seguente figura.
rp = rc TD = 0 oppure rc = i TD ≠ 0
TD = 1
TD = 2
TD = 1
0
-5 -10 10 155 20 25
rp%
rc%
TD = 3
TD = 2
0 i = 20
TD = 3
i = 1
25
20
15
10
5
-5
-10
40
La relazione che lega tra loro questi indicatori sintetici di redditività è
data dalla funzione:
rp = Td (rc - i) + rc
Td = tasso di indebitamento, dato dal rapporto fra finanziamenti a
titolo di credito e finanziamenti a titolo di capitale;
i = costo del capitale di credito.
La differenza principale tra i due tassi dipende, principalmente, dalle
fonti di finanziamento selezionate rispetto alle esigenze di
investimento e all’incidenza degli oneri finanziari prodotti dalla
formazione del reddito.
Come evidenziato dal grafico, all’aumentare di i, per ottenere un
effetto positivo sulla redditività del capitale proprio, l’impresa deve
poter contare su un aumento più che proporzionale del saggio di
redditività del capitale investito (nel breve periodo realizzabile
prevalentemente con incrementi di fatturato).
Quindi:
se rc = i
se rc > i
se rc < i
allora rc = rp
allora rc < rp
allora rc > rp
La retta (rc = rp) indica i “punti d’indifferenza” o “punti critici di
separazione” per i quali non c’è disuguaglianza tra i due indicatori.
41
Al di sotto di tale retta, per ciascun livello di redditività di capitale
investito, si ha un effetto negativo su rp, la cui entità dipende dal tasso
di indebitamento; al di sopra, invece, tale effetto è positivo.
Le variabili che condizionano la gestione alberghiera tendono ad
evidenziare come sia facile spostarsi da una zona ad effetto positivo a
una ad effetto negativo e viceversa, in particolar modo nelle imprese
non strutturate sotto forma di catena.
Tutto questo porta elevata instabilità del livello potenziale di
soddisfacimento delle attese dei conferenti capitale, per cui è sempre
preferibile contenere il ricorso all’indebitamento.
Le misurazioni economiche globali di analisi trovano poi concreto
sviluppo in una serie di indicatori parziali che esplicano specifici
fenomeni di gestione, di carattere economico e non economico, idonei
ad agevolare l’osservazione di aspetti critici dell’attività alberghiera.
2.2 Le misure economiche parziali
Tra le misure economiche parziali di facile determinazione fanno
parte le rielaborazioni delle sintesi reddituali.
Le configurazioni effettivamente determinabili sono molteplici in
funzione delle diverse aggregazioni di valori adottabili.
Attribuendo classificazioni e sequenze specifiche ai componenti
positivi e negativi di reddito del conto economico, è possibile porre la
necessaria enfasi su misurazioni significative e segnaletiche per una
migliore interpretazione delle condizioni di sviluppo dell’attività
alberghiera, con riferimento a determinati sotto – insiemi o aree
42
gestionali interdipendenti che caratterizzano differenti funzioni o
aspetti distinti della gestione.
In questo modo, si distinguono la gestione caratteristica, l’eventuale
gestione complementare ed accessoria, gli aspetti reddituali connessi
alle operazioni passive di gestione finanziaria, i valori delle possibili
gestioni straordinarie e quelle attinenti il prelievo tributario.
Tale strutturazione produce una serie di indicatori parziali di risultato:
Il reddito operativo della gestione caratteristica,
Esso esprime direttamente la capacità dei servizi alberghieri di
coprire adeguatamente i costi della gestione caratteristica,
considerati i fattori di rigidità strutturale e di irregolare
andamento della domanda.
È dipendente pertanto:
- dal volume di presenze riscontrate nel periodo oggetto di
osservazione;
- dai prezzi operati in periodi omogenei per la fornitura di servizi;
- dalle caratteristiche qualitative delle condizioni produttive
impiegate;
- dai costi di acquisizione delle condizioni produttive;
- dai criteri adottati per la ripartizione dei costi attinenti le
condizioni produttive a lento ciclo di utilizzo (ammortamento);
- dalle condizioni di efficienza realizzate nella combinazione dei
diversi fattori produttivi per la fornitura dei servizi;
- dai costi di commercializzazione e da quelli amministrativi.
Il reddito operativo complessivo
43
Esso comprendente anche i valori della gestione complementare e
accessoria, necessaria per la salvaguardia nel tempo della capacità di
adattamento dell’impresa alle condizioni ambientali e per il
mantenimento di determinati livelli quali – quantitativi.
La frequente discontinuità negli investimenti in adeguamento o
espansione della capacità produttiva tendono a implicare l’adozione di
adeguate politiche di autofinanziamento correlabili alla pianificazione
degli investimenti.
La differenza sostanziale tra reddito operativo complessivo e reddito
operativo della gestione caratteristica è da ricercarsi nella capacità
dell’albergo di mantenere le condizioni di conveniente equilibrio
monetario/finanziario, garantendo inoltre un’adeguata remunerazione
dei mezzi di pagamento, momentaneamente disponibili.
Il reddito lordo
È il risultato della differenza tra il reddito operativo e gli oneri
finanziari prodotti da operazioni passive di gestione finanziaria.
Il valore in oggetto, tende ad evidenziare l’onerosità dei finanziamenti
ottenuti e deve essere interpretato alla luce delle misurazioni di tipo
finanziario e delle analisi di redditività.
Il reddito ante imposte
Comprende anche gli oneri e i proventi propri della gestione
straordinaria, ovvero minusvalenze, plusvalenze, sopravvenienze e
insussistenze attive e passive.
44
Questi valori sono componenti di reddito operativo che non sono
attribuibili ad uno specifico periodo ma competono a più esercizi
successivi.
Il reddito netto
Questo indicatore aiuta ad evidenziare gli effetti prodotti dagli oneri
tributari sul reddito, ovvero separa i valori derivanti dalle scelte di
gestione (utile) da quelli aventi determinazione coercitiva (imposte).
Le misurazioni parziali, per essere pienamente efficaci, richiedono il
riferimento a più periodi consecutivi e l’integrazione con le misure
economiche globali, di cui rappresentano una significativa
rielaborazione (per le misure di sintesi) e una fonte informativa di
base (per le misure di analisi).
2.3 Le misurazioni economiche parziali articolate in base alla complessità strategico/organizzativa
I processi di controllo, per unità alberghiere che hanno raggiunto
livelli medio alti di complessità, hanno bisogno di elaborazioni
(previsionali e consuntive) volte a orientare i comportamenti dei
differenti organi e le diverse combinazioni parziali, verso l’ordinato
raggiungimento degli obiettivi complessivi, oltre a verificare
coerentemente le modalità di effettiva realizzazione degli stessi.
Si rendono, quindi, indispensabili determinazioni parziali dei costi e
dei risultati focalizzate sui processi produttivi, sui servizi e sui centri
di responsabilità.
45
Le misurazioni in oggetto assumono importanza in quanto:
- tendono a rappresentare l’essenza dei processi di
intermediazione, di coordinamento e di supporto decisionale;
- richiedono ampi riferimenti alle caratteristiche specifiche di
settore e ai fattori di differenziazione che contraddistinguono le
diverse unità operanti nello stesso settore.
D. Il BUDGET
Tra i meccanismi di rilevazione e controllo gestiti dalla funzione
amministrativa e volti a supportare il processo di direzione
dell’impresa, un ruolo primario è assegnato al budget, considerato uno
dei fondamentali strumenti tramite il quale si esplica l’attività di
governo della gestione aziendale.
Attraverso il sistema di budget, gli organi aziendali formalizzano un
accordo “sull’impiego e l’allocazione delle risorse disponibili,
definiscono gli obiettivi che ciascuno di essi deve perseguire ed
analizzano le differenze tra obiettivi e risultati, al fine sia di valutare le
prestazioni di ogni organo sia di migliorare il processo decisionale”19.
Tale strumento assume, quindi, un ruolo importante nell’orientare i
comportamenti all’interno dell’organizzazione e agevolare la
risoluzione dei conflitti esistenti.
19 F. Amigoni, “Misurazioni d’azienda programmazione e controllo”, Giuffrè, Milano, 1995, pag. 477
46
Si può, inoltre, attribuirgli funzioni di:
- coordinamento tra organi,
- motivazione,
- segnalazione di aree critiche,
- valutazione delle prestazioni
- formazione.
Schema logico del sistema di budget in un’impresa alberghiera
OBIETTIVI DI BREVE PERIODO
OBIETTIVI DI MEDIO E LUNGO PERIODO
FATTORI AMBIENTALI INFLUENTI SULLE CONDIZIONI EVOLUTIVE DELLA GESTIONE
Condizioni operative
programmabili
Complessità d’impresa
Fattori sociali e motivazionali
GRADO DI ARTICOLAZIONE SPAZIO/TEMPORALE DEL SISTEMA
DI BUDGETING
BUDGET FUNZIONALI BUDGET SETTORIALI
BUDGET COMPLESSIVI • Reddituali • Patrimoniali • Finanziari
CARATTERISTICHE D’IMPRESA E FATTORI CRITICI DI SUCCESSO
47
I budget settoriali e funzionali rappresentano delle misure economiche
di carattere programmatico, dirette ad esprimere (in termini fisici e
monetari) gli standard di riferimento per lo svolgimento dell’attività
delle diverse aree.
Le misure di budget – fondate sulla pianificazione a medio e lungo
termine, su informazioni di mercato e sull’elaborazione di valori
stimati e di standard – rappresentano un sostegno quantitativo
monetario, per le decisioni e per l’attribuzione di responsabilità ai
diversi centri.
L’efficace elaborazione di budget settoriali e funzionali, richiede
un’articolazione coerente con le caratteristiche dell’attività e con il
suo interagire con l’ambiente, in modo da realizzare le necessarie
condizioni di congruenza tra misure previsionali e consuntive.
Date le caratteristiche della gestione alberghiera, la realizzazione di un
efficace sistema di budgeting implica la costruzione di previsioni
flessibili e preferibilmente tempificate per periodi molto brevi e
significativi rispetto alle necessità dell’impresa.
E. Il REPORTING
Una componente importante nel sistema del controllo è costituita dal
reporting o, per utilizzare la terminologia francese, “tableaux de
bord”.
48
Questo tipo di documento rappresenta lo strumento con cui il
management può guidare l’azienda nella giusta direzione,
interpretando i fenomeni di gestione rispetto agli obiettivi, economici
e non, consentendo di intervenire per correggere i comportamenti
futuri e/o gli obiettivi.
Il reporting non è uno dei tanti prospetti per controllare il management
ma per essere effettivamente utile deve essere usato per dirigere le
operazioni e, in particolare, deve essere:
- Orientamento al futuro;
- Destinato ai responsabili operativi, basato su indicatori e parametri
contabili e fisici specifici per ogni livello di controllo;
- Uno strumento che spinga al cambiamento attraverso
l’autocontrollo.
Aspetto molto importante del “tableaux de bord”, oltre alle misure in
esso contenute, è la forma con cui questi dati vengono rappresentati.
A tale proposito, si possono individuare quattro forme tipiche:
1. Consuntivi. Si tratta di rappresentazioni di risultati economici
in cui l’attenzione è rivolta, almeno esplicitamente, soltanto a
quanto è avvenuto. Qui vengono rappresentati i risultati che
derivano dalle azioni realizzate e dal loro impatto
sull’ambiente;
2. Preconsuntivi. Sono consuntivi stimati, ovvero, risultati di
periodi redatti durante lo stesso, e quindi prima che si sia
concluso. Questa forma di rappresentazione è utilizzata
soprattutto nel caso in cui ci sia un periodo “principale”, come
l’anno, e degli “infraperiodi” come i mesi o i trimestri. In
49
questi casi, di solito al termine dell’anno, si accompagnano i
consuntivi di infraperiodo con un preconsuntivo a finire;
3. Reporting di ipotesi alternative di eventi o azioni future.
Questa forma di rappresentazione non viene proposta con
regolarità. Si basa su tecniche di simulazione idonee a
descrivere la situazione gestionale dopo il verificarsi
alternativo di potenziali eventi o azioni;
4. Reporting per varianti. I consuntivi e preconsuntivi possono
essere arricchiti con misure che scaturiscono dal confronto tra
risultati contenuti nei report e altri valori di riferimento, quali
consuntivi di anni precedenti, obiettivi di budget…..
Tali confronti sono opportunamente elaborati, così da
evidenziare le cause degli scostamenti o varianti.
Le forme di reporting indicate non sono esclusive; anzi, quando
nell’impresa c’è carenza informativa, si possono utilizzare
combinazioni di reports.
Questa unione avviene comunque con gradualità, ovvero con
l’accrescere della complessità gestionale in modo da migliorare il
processo di osservazione dei risultati e, di conseguenza, il
“linguaggio” aziendale.
Nelle imprese alberghiere, la criticità delle risorse umane e le
caratteristiche degli obiettivi tipici specifici di alcune aree enfatizzano
l’importanza dello sviluppo di rapporti di gestione focalizzati non solo
su misure economiche.
50
Infatti, nei reporting alberghieri si dà molta importanza ad
informazioni che non derivano direttamente dalla contabilità
direzionale, ma esprimono indicatori di economicità prospettica.
Tra questi ricordiamo:
- Gli indicatori intermedi di produttività, come l’indice di
saturazione della capacità ricettiva, i rapporti di produttività
del personale, il valore aggiunto per addetto, la durata media
dei soggiorni;
- Gli indicatori di qualità, ad esempio il numero di clienti che ha
rinnovato la prenotazione o che hanno lasciato l’albergo prima
del previsto, il grado di corrispondenza tra i bisogni espressi e
soddisfatti.
Infine, è opportuno considerare come i fattori di rigidità e
discontinuità dell’attività alberghiera possano rendere utile
l’integrazione dell’analisi di governo con elaborazioni riguardanti più
periodi consecutivi (analisi di trend), volte a fornire indicazioni utili
per l’osservazione dei collegamenti tra fenomeni esterni e risultati
d’impresa.
51
3. Critica al modello contabile
Molti studiosi hanno messo “sotto accusa” tali sistemi di contabilità e
forti argomentazioni sono a loro favore.
Parlando di bilancio, ad esempio, o meglio del suo potere informativo,
soprattutto all’esterno, questo ha perso molto terreno.
L’indagine condotta da alcuni studiosi20 circa l’utilità percepita da
investitori e analisti riguardo a tale prospetto, ha evidenziato quanto
segue:
INVESTITORI
(N. 50) %
ANALISTI
(N. 30) %
Molto utili 28* 30
Abbastanza utili 34 30
Non particolarmente utili 32 33
Del tutto inutili 6 7
Nessuna opinione 0 0
Solo circa un terzo dei membri di entrambi i gruppi considera i bilanci
molto utili e un numero equivalente li trova non particolarmente utili o
per niente utili.
Su tutti i paesi su cui è stata condotta l’indagine, gli analisti e gli
investitori italiani, così come quelli svizzeri, hanno espresso pareri
negativi riguardo il valore che ricavano dalle informazioni contenute
nei bilanci forniti dalle società.
20 R. Eccles, L. Lupone, “Alla ricerca del valore: il divario informativo tra società e mercato” in “La Valutazione delle Aziende” Dicembre 1998, n. 11, FV, Milano, pag. 24
52
Al contrario negli USA nessun analista e solo l’8% degli investitori
ritiene i bilanci non particolarmente utili o inutili.
Appare dunque chiaro che è necessario iniziare un processo di
miglioramento dei bilanci, a fronte delle carenze informative in esso
contenute.
Il modello contabile tradizionale, infatti, equipara la produttività della
manodopera e la piena utilizzazione degli impianti al livello ottimale
di performance.
Secondo tali studiosi le misure impiegate per la valutazione delle
scorte e il reporting contabile esterno (il bilancio), sono contro
produttivi quando sono utilizzati anche per guidare e misurare la
performance dell’impresa.
Questo sistema non considera la prestazione al di fuori della semplice
erogazione di servizi e limita l’attenzione solo a poche misure quali:
- Vendite aggregate
- Spese amministrative
- Scostamento rispetto al budget
In sintesi, essi sostengono che i metodi tradizionali di misurazione non
riescono ad isolare i costi che non danno valore aggiunto e non
quantificano in modo adeguato gli indicatori non economici, quali
l’output, la qualità e la flessibilità.
53
ESEMPIO Problemi rilevati in alcune misure nel ristorante X
MISURE AZIONE RISULTATO
Prezzo
D’acquisto
L’economo
aumenta gli
ordinativi per
ottenere prezzi
più bassi,
ignorando la
qualità e i tempi
di consegna
Eccessive
scorte; aumento
costi di
mantenimento
Reporting Per
Centro Di Costo
L’attenzione del
management è
sui centri di
costo e non sulle
attività
Quando attività
comuni
vengono
trascurate non
si evidenziano
le occasioni per
ridurre i costi
Riassumendo, quindi, per migliorare i reporting della performance, i
manager dovrebbero seguire determinate regole:
1. Elaborare un sistema di misurazione gerarchico che colleghi la
performance dell’impresa alle altre business unit, in modo da
non frammentare le informazioni e conseguentemente
perderle;
2. Individuare e quantificare i fattori guida del costo/rendimento
dell’impresa;
3. Individuare le attività che non forniscono valore aggiunto e
provvedere alla loro eliminazione o minimizzazione;
4. Eliminare le misure che costituiscono un ostacolo.
54
E’ certo che il modello contabile attualmente vigente non è più valido,
deve essere aggiornato in modo da rispecchiare le attività dell’impresa
nonché la strategia perseguita.
55
CAPITOLO 3
Creazione di valore: tecniche di valutazione della
performance globale
Premessa
Da diversi anni è cresciuto notevolmente il tema della creazione di
valore.
Nel nostro paese e nella letteratura dell’Europa Continentale, si è diffuso
inizialmente quale principio guida nella valutazione delle alternative
strategiche, per poi assumere un ruolo crescente nelle decisioni di
management.
Per avere un’idea di tale concetto si può citare Donna21 “Ma cosa
significa creare valore? Significa realizzare qualcosa che valga la pena,
cioè che meriti gli sforzi, le energie, le risorse impiegate per ottenerla.
Appare subito che un’azienda si trova al centro di una complessa catena
di giudizi di valore: i suoi clienti potenziali giudicheranno se i prodotti
che essa offre valgono il prezzo da pagare; i suoi dipendenti, se l’insieme
delle ricompense (monetarie e non) che ricevono valgono l’impegno e i
sacrifici loro richiesti; i finanziatori, se il ritorno atteso dal loro impegno
di capitale vale il rischio connesso all’incertezza dei risultati reddituali”.
21 G. Donna “La creazione di valore nella gestione dell’impresa” Carocci, Roma, 1999, pag.25
56
Secondo questa impostazione, la creazione di valore costituisce un
obiettivo la cui realizzazione assicura lo sviluppo e la sopravvivenza nel
lungo termine dell’impresa.
Le imprese che non creano valore sono destinate a decadere, rallentando
e diminuendo la produzione di ricchezza e di beni per l’intera collettività.
Tale impostazione privilegia l’ottica degli azionisti, in considerazione di
quanto affermato dagli americani, secondo cui “creare valore per
l’azionista significa creare valore per tutti”22.
Altri sostengono che la creazione di nuovo valore non deve esaurirsi
nella prospettiva dei soli azionisti, ma deve tenere in considerazione
l’ottica degli altri stakeholder, e in particolare del personale, cosicché si
giunge a riqualificare la creazione di nuovo valore nell’accrescimento
del benessere dell’impresa.
In questa prospettiva, e fermo restando che il fine ultimo dell’impresa è
il soddisfacimento, in via indiretta, degli interessi istituzionali delle
persone membri del soggetto economico, la creazione di valore può
essere vista come fine “strumentale” (o inferiore) rispetto al
raggiungimento del fine ultimo (o superiore) dell’impresa.
L’ampia diffusione di questa impostazione pone il problema di
qualificare effettivamente il concetto di “valore”: la nozione più
appropriata sembra essere quella del “capitale economico o valore
economico”, una definizione che esprime anche la produzione di valori
non direttamente monetari ma che sono attribuiti nell’apprezzamento
globale che l’ambiente esprime sull’impresa.23
22 L. Guatri “Trattato sulla valutazione delle aziende”, Milano, Egea, 1998, pag. 54 23 C. Demattè “Teoria del valore: serve davvero per guidare meglio le imprese” in “Economia & Management”, n. 2, 1997, pag.11
57
Il contesto anglosassone è caratterizzato da una consolidata efficienza
dei mercati di capitali delle imprese espressa da coefficienti prossimi
all’unità, il concetto di valore economico è, quindi sostituito da quello di
valore di mercato del capitale.
L’attenzione del management è focalizzata sulla massimizzazione del
valore, poiché questo costituisce l’interesse primario degli azionisti e la
condizione principale di stabilità del management stesso.
Il dibattito circa l’importanza della massimizzazione del valore del
capitale dell’impresa ha determinato un significativo cambiamento nel
concetto di performance d’impresa; in tal modo, occorre trovare
indicatori sintomatici dei processi di creazione/distruzione di valore in
atto.
Gli indicatori di seguito illustrati costituiscono proposte atte a migliorare
il significato dei tradizionali strumenti di misurazione.
58
1. L’azienda valuta se stessa
L’idea che l’azienda debba valutare periodicamente se stessa nasce
dall’opinione che solo la dinamica del valore rappresenti un’efficace
misura della performance.
Per esprimere questo è necessario svolgere un percorso che si sviluppa in
più fasi, trasformando così i puri dati contabili in più efficaci e moderne
misure.
Tale percorso, come mostra lo schema, procede ad una normalizzazione-
integrazione-depurazione e si realizza in tre fasi:
I. Lo stadio della normalizzazione, con il quale si eliminano gli
effetti distorsivi delle politiche di bilancio, di alcuni vincoli
giuridico-formali che ostacolano un’efficace misura dei risultati
effettivi, la redistribuzione nel tempo o l’esclusione di componenti
straordinari o “estranei alla gestione”.
II. Lo stadio dell’integrazione, consistente nella ricerca di
strumenti idonei per esprimere quantitativamente, in aggiunta ai
valori contabili normalizzati, la variazione di stock di beni
immateriali (∆BI) e le variazioni delle plus-minusvalenze
inespresse nei conti (∆P). Questo conduce ad esprimere il
Risultato Economico Integrato (REI).
Il problema centrale di questa analisi è l’individuazione di criteri
condivisi e possibilmente standardizzati per stimare la dinamica
del valore dei beni immateriali.
III. Lo stadio della depurazione del risultato di periodo al costo di
tutti i capitali investiti.
59
Questa depurazione può avvenire con vari strumenti e modalità a
partire dal risultato contabile, previo un processo di
normalizzazione e integrazione di tipo economico finanziario,
oppure dal risultato economico integrato (REI).
I risultati ottenuti con questo metodo sono, anche se con diverse misure e
significati, indicatori di creazione/distruzione di valore.
Salvo il reddito residuale (RR), le altre e più recenti formulazioni si
collegano alla teoria di creazione di valore. In ogni caso il principio
ispiratore è l’attribuzione di un costo figurativo anche ai mezzi propri
(capitali, riserve, …).
Correttivi ed integrazioni delle performance contabili Performance contabile (R)
Normalizzazione Eliminazione degli effetti distorsivi delle
politiche di bilancio Redistribuzione di componenti straordinari; Eliminazione di componenti estranei
Integrazioni economiche ∆ Plusvalenze e minusvalenze ∆ Beni immateriali Depurazione del costo dei capitali Del costo del capitale proprio Del costo del capitale proprio, previe
integrazioni Del costo del capitale proprio, previe
integrazioni economiche
Reddito normalizzato (RN)
I. Performance contabile normalizzata
Risultato economico integrato
(REI) II. Performance economica Reddito Residuale (RR) Economic Value Added (EVA) Risultato economico integrato
residuale (REIR) III. Indicatori periodici di creazione/distruzione di valore
60
2. Il reddito normalizzato
Il reddito normalizzato rappresenta uno strumento di misurazione della
performance strettamente collegato con le accennate questioni di stima
del capitale economico d’impresa.
Tale parametro, indicato anche con la dicitura di reddito medio-normale
atteso, costituisce la principale variabile presa in considerazione dai
cosiddetti metodi reddituali di stima del capitale economico aziendale; in
altre parole, esprime la capacità dell’azienda di generare reddito in
prospettiva futura.
La grandezza in esame manifesta il risultato reddituale riferibile ad un
dato periodo amministrativo, e viene “corretto” per renderlo significativo
della capacità prospettica dell’impresa di generare reddito.
Per giungere a tale scopo, si utilizza il processo di normalizzazione che
procede a rettificare i risultati storici al fine di neutralizzare quei
componenti di reddito che:
a. sono estranei rispetto allo svolgimento della gestione tipica
d’impresa;
b. sono straordinari, nel senso che si presume non si manifestino
con una regolare scadenza temporale;
c. sono il riflesso di comportamenti che, ancorché legittimi, sono
ispirati a tecniche di convenienza fiscale;
e ad integrare i medesimi risultati storici al fine di:
d. riflettere il costo effettivo dei fattori produttivi consumati nello
svolgimento della gestione;
61
e. allineare a condizioni di mercato i riferimenti di eventuali
investimenti che, pro tempore, appaiono penalizzati;
f. ridistribuire nel tempo gli effetti di alcune operazioni di
carattere straordinario e/o esprimere i riflessi prospettici.
Per meglio comprendere come si realizza il processo di normalizzazione,
di seguito si faranno alcuni esempi con riferimento a ciascun punto.
Le rettifiche del sub a riguardano i componenti di reddito legati ad asset
estranei al normale svolgimento dell’attività aziendale, per un’impresa
alberghiera, può essere un bene mobile o immobile ad elevato contenuto
artistico.
Nel sub b, si ricordano le perdite su crediti di entità eccezionale e le
sopravvenienze o insussistenze che dipendono da furti, incendi, ecc.
Si tratta di componenti, quindi, non significativi per la stima della
redditività prospettica dell’impresa.
Nella categoria sub c rientrano le rettifiche di neutralizzazione di
accantonamenti al Fondo Svalutazioni Crediti; questo permette di
riconoscere un’utilità futura a costi quali quelli di ricerca e sviluppo o
quelli di pubblicità.
Le rettifiche sub d più tipiche sono costituite dalla riformulazione degli
ammortamenti, non più calcolati in base al costo storico ma parametrati
ai rispettivi valori correnti.
Parlando, invece, di integrazioni nel sub e rientrano i rendimenti di
investimenti che appaiono sacrificati e che possono essere la
riespressione, secondo criteri di mercato, degli affitti attivi generati da
immobili civili non strumentali.
62
Nella categoria sub f si può citare la ripartizione di un onere straordinario
sostenuto in un anno per spese di pubblicità, sul numero di esercizi che
normalmente sono interessati da investimenti di quella specie.
Il reddito normalizzato che si ricava, è configurato in modo tale da
rappresentare le attese di risultato (reddituale) ricavabili
dall’investimento nel capitale aziendale.
Questo indicatore di performance, per alcuni aspetti supera i limiti
tradizionali; per altri, invece, esso rappresenta un indicatore ancora
incompleto, anche per la misurazione del valore creato in un dato
esercizio.
Tra i limiti superati dal reddito normalizzato rispetto al reddito di
esercizio vi è la cosiddetta “miopia” che impedisce di riflettere
l’attitudine dell’impresa a produrre reddito in prospettiva futura.
Ciò è dovuto alla presenza, nel reddito di esercizio, dei cosiddetti
componenti straordinari, e al fatto che l’assenza di investimenti per il
futuro, paradossalmente, libera oggi risultati positivi mentre
contemporaneamente decreta il declino prospettico dell’impresa.
Il reddito normalizzato, invece, procedendo alla rettifica e
all’integrazione dei redditi di esercizio, tramite il processo di
normalizzazione, “destoricizza” tali risultati e li esprime in chiave
prospettica, sottolineando ciò che essi esprimono in termini di capacità
dell’impresa di produrre in futuro risultati reddituali e limando, invece,
quei componenti che appartengono ormai solamente alla storia.
La principale differenza riscontrabile tra i due valori è l’opposto
orientamento temporale. Mentre, infatti, il reddito di esercizio assume il
significato di misura del risultato riferibile a un dato periodo,
storicamente concluso, il reddito normalizzato rielabora un dato risultato
63
passato per enfatizzare la performance prospettica; in altre parole, per
ricavare la più probabile e più ragionevole previsione della performance
reddituale attesa.
Il reddito normalizzato è, quindi, la rilettura, in chiave evolutiva, di ciò
che è stato.
Si tratta, però, sempre di una performance reddituale la quale presenta
ancora tutti i limiti tipici del reddito.
Esso, infatti, riflette non solo quantità economiche, ma anche stime e
congetture, in alcuni casi ancora maggiori rispetto al reddito d’esercizio,
e ciò è proprio per il suo significato prospettico.
Questo evidenzia che l’indicatore in esame non può essere uno strumento
oggettivo di misurazione della performance d’impresa.
Altri aspetti comuni al reddito d’esercizio sono l’assenza della
considerazione della congrua remunerazione del capitale proprio
investito per la produzione di quel reddito e poi del profilo di rischio
associato allo stesso flusso di risultato (almeno finché non si procede
all’attualizzazione/capitalizzazione, in questo caso si entra nel campo
delle valutazioni del capitale economico e non della misurazione della
performance).
Il reddito normalizzato non costituisce una grandezza finanziariamente
prelevabile e, dunque, fruibile da parte degli azionisti; se però si
prescinde da vincoli monetari, nel senso che se si assume la possibilità
finanziaria di procedere alla distribuzione del reddito, allora si può
osservare come il reddito normalizzato rappresenti una grandezza in
linea di principio distribuibile.
Infatti, il prelievo dall’impresa della misura di reddito normalizzato
rappresenta la capacità attuale dell’azienda di produrre redditi.
64
Questo perché il processo di normalizzazione, da un lato, tiene conto
degli investimenti necessari per mantenere in prospettiva l’attuale assetto
produttivo in senso ampio, dall’altro elimina i profitti effimeri, generati
cioè da condizioni valide solo pro tempore, e i componenti di reddito che
non si ripeteranno in prospettiva.
Da questo punto di vista, dunque, il reddito normalizzato rappresenta una
grandezza più significativa, rispetto al reddito contabile, al fine di
impostare una consapevole politica di dividendi.
65
3. Il reddito residuale
Uno dei limiti più diffusi delle misure di performance consiste nel non
evidenziare esplicitamente, ma spesso neanche implicitamente, la
necessaria remunerazione del capitale proprio investito nell’iniziativa
imprenditoriale.
Questo limite ha portato allo sviluppo, da parte di alcuni studiosi come
Anthony, del concetto di reddito residuale.
Tale concezione discende da una rilettura dello stato patrimoniale
secondo la prospettiva che lo stesso Anthony24 così sintetizza: “La mia
tesi è che il lato destro dello stato patrimoniale della società a fini di
lucro dovrebbe essere modificato in quanto il patrimonio netto dovrebbe
essere suddiviso in due componenti: patrimonio netto degli azionisti e
patrimonio netto dell’entità”.
Quindi, secondo questa impostazione, l’impresa ha tre e non due fonti di
finanziamento. Alcuni finanziamenti sono forniti dai creditori, altri dagli
azionisti e altri ancora sono generati mediante gli sforzi dell’impresa
stessa. I primi due sono le passività e il patrimonio netto degli azionisti;
mentre il terzo tipo può essere chiamato patrimonio netto dell’entità.
Il patrimonio netto degli azionisti costituisce una fonte di finanziamento
esterna; occorre, quindi, assicurarle una congrua remunerazione che è
rappresentata dall’interesse sul patrimonio netto.
L’interesse è il costo che l’entità sostiene per l’utilizzo dei fondi.
L’interesse sul patrimonio netto è il costo per l’uso dei fondi derivanti
dal patrimonio netto degli azionisti.
24 R. N. Anthony “Contabilità e bilancio” Franco Angeli, Milano, 1986, pag. 160
66
Essendo un elemento di costo, esso dovrebbe essere computato nel
calcolo del reddito di esercizio.
Il reddito di esercizio, a questo punto, assume la configurazione del
reddito residuale, in quanto esprime ciò che residua dopo aver
remunerato tutte le condizioni di produzione impiegate nella
combinazione economica d’impresa, compresa la risorsa capitale
apportata dagli azionisti.
La formula che esprime tale concetto è la seguente:
Rr = Rn – i × Pna
dove:
Rr = Reddito Residuale
Rn = Reddito netto di Bilancio
i = Costo del capitale proprio
Pna = Patrimonio netto «degli azionisti» all’inizio del periodo
Da quanto osservato, deriva che il patrimonio netto dell’entità è uguale
alla sommatoria di tutti i risultati residuali generati dall’impresa.
Rimane, in questa impostazione, ancora piuttosto indeterminato il tema
della misurazione del costo del capitale degli azionisti, ossia il saggio di
interesse da considerare nei calcoli.
Secondo Anthony questo dovrebbe essere scelto prendendo come
riferimento i tassi sui prestiti finanziari ottenuti dalla società, ovvero può
67
essere desunto da pubblicazioni finanziarie specializzate in tema di costo
medio di finanziamenti.
Tra i principali meriti che possono essere attribuiti al reddito residuale
c’è, sicuramente, quello di rappresentare una risposta all’esigenza di
misurare le performance aziendali prescindendo dagli effetti indotti dal
grado di leva finanziaria.
Il reddito residuale produce gli stessi effetti del reddito operativo, nel
senso che neutralizza gli effetti delle differenti composizioni di struttura
finanziaria (in termini di rapporto tra capitale proprio e di terzi),
eliminando la distorsione contabile che porta a determinazioni
quantitative (di reddito, appunto) che non riflettono il fatto che il capitale
proprio è una fonte di finanziamento onerosa.
Il reddito residuale presenta tutti i caratteri propri del reddito di esercizio
ma anche i limiti; ovviamente, resta il fatto che il reddito residuale
introduce nelle misurazioni periodali di performance il discorso della
congrua remunerazione del capitale di proprietà impiegato, fatto non
considerato nel reddito di esercizio.
Infine, occorre rilevare come il reddito residuale presenti un significativo
limite quale strumento di misurazione della performance d’impresa, esso
non riflette nelle misurazioni uniperiodali la crescita di valore che
interessa alcuni asset particolarmente rilevanti quali i beni immateriali.
L’incapacità di registrare la dinamica di valori che maturano sul piano
del capitale economico, ma non sul piano del reddito di esercizio,
determina inevitabilmente una performance aziendale parziale.
68
4. Il Risultato Economico Integrato (Rei) e il Risultato
Integrato Residuale (Reir)
Il tema dell’integrazione dei risultati è molto complesso; l’argomento
parte dell’osservazione che la dinamica di alcuni valori, riferiti sia a beni
materiali che soprattutto a beni immateriali, non è adeguatamente
rilevata dalla contabilità e questa carenza, talvolta, può far perdere
significatività ai puri risultati contabili.
In generale, si può partire dall’osservazione che su alcune categorie di
beni si costituiscono plusvalenze (o minusvalenze), che solo in parte
vengono via via realizzate, mentre per un’altra parte il realizzo si protrae
nel tempo.
PR
PG
Plusvalenze
n0t
∆P
Gradualmente si forma così una differenza, talvolta con oscillazioni nel
tempo, fra le plusvalenze generate e quelle realizzate, come mostrato dal
grafico nel punto “n”.
∑∑ ∑ −=∆n
1i
n
1
n
1ii PRPGP
69
in cui:
PG = plusvalenze generate;
PR = plusvalenze realizzate;
P = plusvalenze accumulate.
Detto questo, mentre le tecniche di normalizzazione si occupano della
razionale distribuzione nel tempo delle plusvalenze realizzate (perciò
contabilizzate), il grafico evidenzia, invece, le plusvalenze inespresse
che nel tempo potrebbero riflettersi in misura determinante sui redditi
futuri.
Riassumendo, la sommatoria delle plusvalenze accumulate ( ) in un
periodo t
PΣ∆
0 - tn esistente al momento tn, ha un doppio significato:
1. esprime valori patrimoniali “latenti”,
2. esprime, di conseguenza, possibili correzioni/integrazioni da
portare ai redditi annuali compresi nel periodo, attribuendo ai
singoli anni (tn) la quota di ∆Pi maturata.
Lo scopo per cui è stato formulato il Rei è quello di superare un altro
limite del reddito di esercizio, ovvero il fatto che quest’ultimo, nella
misurazione uniperiodale, riflette soltanto gli utili realizzati e non anche
quelli in corso di formazione.
Il Rei si propone di abbandonare il principio di prudenza per poter tenere
conto, nelle misurazioni di esercizio, anche di questi utili.
La formula per l’applicazione del Rei è la seguente:
Rei = R ± ∆P ± ∆l
70
dove:
Rei = Risultato Economico Integrato
R = Reddito normalizzato
∆P = Variazione, nel periodo considerato, delle plus/minusvalenze
latenti rispetto ai valori contabili su alcune categorie di asset
∆l = Variazione, nel periodo considerato, del valore di beni immateriali,
per la parte non rappresentata nel reddito normalizzato (per effetto della
capitalizzazione dei costi).
Si facciano ora alcune considerazioni operative: innanzitutto, il punto di
partenza per la determinazione del Rei non è il reddito di esercizio ma
quello normalizzato. Questo significa che alcuni limiti già in partenza
sono superati, in particolare la cosiddetta “miopia” trova, da subito, un
correttivo.
Per capire e quanto possa essere rilevante tale indicatore, si considerino
due esempi: il primo non tiene conto dei beni immateriali, il secondo
invece li esamina, valutandoli con il metodo dei costi storici previa
deduzione degli ammortamenti.
Esempio 1
L’albergo XXX ha un utile di bilancio che oscilla tra 80.000-95.000 €,
nel corso degli anni ha accumulato un Fondo Svalutazione Crediti che
eccede di 100.000 € di cui 50.000 € formatisi negli ultimi 3 anni.
Procedendo ad un’integrazione stimata nella misura di 16.700 € per
anno, il livello del reddito potrebbe passare da 80.000-95.000 a 96.700-
111.700.
71
Esempio 2
L’albergo XXX in 10 anni ha investito 100.000 € in intangibles quali
pubblicità, promozione e sponsorizzazione; negli ultimi tre anni,
l’azienda ha speso complessivamente 50.000 €.
Sulla base dei costi storici rivalutati è possibile ricostruire la dinamica
dello stock di beni immateriali dell’albergo, calcolando anno per anno il
«∆ valore beni immateriali».
Si considera un ammortamento dei costi storici pari al 4%,
corrispondente ad una vita utile degli investimenti pari a 25 anni.
Gli investimenti nel triennio sono stati così effettuati: 23% nel primo,
35% nel secondo, 42% nel terzo anno.
Lo stock di capitale dell’anno i è = lo stock dell’anno precedente
+ gli investimenti dell’anno i
– gli ammortamenti dell’anno i
(aliquota del 4%)
ANNI
(a)
Risultato di
bilancio
(b)
Stock di beni
immateriali
(c)
∆ Valore beni
immateriali
(d)
REI
(a + c) c/d
1999 55.000 2000 168.000 66.040 11.040 179.040 0,062 2001 197.000 82.840 16.800 213.800 0,079 2002 186.000 103.000 20.160 206.160 0,098
Come evidenziato nell’ultima colonna, il «∆ valore beni immateriali»,
nel triennio, ha un’incidenza del 6%-9% sul reddito globale.
72
L’esigenza di integrare, in questo modo, il reddito nasce dalla crescente
importanza attribuita ai beni immateriali nelle economie delle imprese,
soprattutto negli ultimi anni.
Tutto questo ha portato gli studiosi a chiedersi se è possibile adeguare i
tradizionali strumenti di misurazione della performance d’impresa anche
alla dinamica dei beni immateriali.
Il Rei ha come obiettivo quello di riflettere, nelle determinazioni
quantitative di esercizio, anche le variazioni delle altre plusvalenze.
In particolare, i dati di reddito dovrebbero essere integrati in funzione
della dinamica delle plusvalenze, rispettando alcune condizioni:
le plusvalenze devono essere attendibilmente misurabili sia
complessivamente, sia nella loro maturazione nel tempo;
si deve trattare di plusvalenze realizzabili;
l’esplicitazione delle plusvalenze latenti in quote di risultati
economici annuali accumulate, non deve determinare, nell’ambito
delle stime di capitale, fenomeni di duplicazione di valori.
Le integrazioni più rilevanti e più complesse, che interessano il reddito
normalizzato, sono costituite dalle plusvalenze relative a beni
immateriali.
La complessità dipende da due ragioni principali: la prima è che le stime
del valore economico dei beni immateriali sono scarsamente attendibili,
infatti, nonostante la dottrina abbia da tempo migliorato la
strumentazione disponibile, esistono elevati margini di incertezza.
Il secondo problema si ricollega all’utilizzo che si intende fare del
Risultato Economico Integrato.
Se, infatti, esso viene impiegato per la stima del capitale economico
d’impresa, sostituendo il reddito normalizzato, si rischia di imbattersi in
73
processi duplicativi. Se le integrazioni del reddito normalizzato, che
esprimono la dinamica delle plusvalenze di beni immateriali, sono basate
su valutazioni dei flussi attesi da loro stessi generati; si verifica che tali
flussi partecipino al processo valutativo due volte: prima nella
determinazione delle plusvalenze dei citati beni e poi nel calcolo del
valore del capitale economico dell’impresa.
La soluzione al problema di duplicazione potrebbe essere quella fornita
dallo stesso Pozza25, ovvero fondare la stima dei beni immateriali non su
criteri valutativi orientati all’attualizzazione dei flussi futuri, quanto
piuttosto su metodologie basate sui costi, storici o di ricostruzione.
La questione assume un altro significato nel caso in cui il Rei venga
impiegato soltanto quale strumento di misurazione della performance e
non per la stima del capitale economico.
In questo caso non si presentano rischi di duplicazioni di valori.
Tali beni, perciò, possono essere valutati con le metodologie fondate sui
flussi di risultato attesi le quali, sul piano contabile, appaiono
decisamente migliori rispetto a quelle basate sui costi.
Il Risultato Economico Integrato costituisce, quindi, un miglioramento
del reddito normalizzato poiché abbandona la cosiddetta prudenzialità.
Il riconoscimento delle plusvalenze in corso di formazione consente,
infatti, di trasferire nel risultato di esercizio anche gli incrementi che
tradizionalmente maturano soltanto “in conto capitale”.
Rimangono, tuttavia, alcuni limiti, tra questi vi è il fatto che il risultato
economico integrato non considera la congrua remunerazione del
capitale proprio investito per la produzione di quel risultato.
25 L. Pozza “La misurazione della performance d’impresa, strumenti e schemi” EGEA, Milano, 2000, pag. 56
74
Una variante del Rei che consente di superare il già citato limite è
costituto dal Risultato Economico Integrato Residuale (Reir)26
Tale indicatore può essere espresso dalla seguente formula:
Reir = Rei – i × K
dove:
Reir = Risultato Economico Integrato Residuale
Rei = Risultato Economico Integrato
i = Costo del capitale proprio, stimato con il criterio del costo
opportunità
K = Patrimonio netto rettificato, espresso cioè a valori correnti, al netto
della fiscalità differita.
Il patrimonio netto rettificato (K) è definito, escludendo valutazioni di
beni immateriali, dalla somma del capitale netto contabile (C) e delle
plusvalenze/minusvalenze accertate:
K = C + (P1 + P2 +...) – (M1 + M2 +…)
Quando il REI comprende invece variazioni periodiche dello stock di
beni immateriali (∆BI), si ammette una differente versione del REIR,
comprensiva di tale integrazione ovvero:
REIR = REI – iK'
26 L. Guatri “Trattato sulla valutazione delle aziende”, Milano, Egea, 1998, pag. 463 - 467
75
Il concetto espresso dal Reir può essere visto come un’evoluzione del
reddito residuale; tale indicatore, infatti, neutralizza l’effetto
“indebitamento” nel senso che, attribuendo un onere figurativo al
capitale proprio, considera nel calcolo anche il costo di quest’ultima
fonte di finanziamento.
In pratica, il Reir è il risultato della sottrazione dal Rei del costo del
capitale proprio espresso a valori correnti, dopo cioè aver esplicitato tutte
le plusvalenze latenti che lo riguardano, sia di natura materiale che
immateriale, ovviamente al netto dei connessi effetti fiscali differiti.
Il Reir costituisce, così, un indicatore di performance sintonizzato sulla
creazione/distruzione di valore economico; scaturendo dalla differenza
tra il risultato maturato nel periodo e il costo del capitale, espresso in
termini reali, costituisce una misurazione rappresentativa del valore
creato o distrutto in un definito periodo amministrativo.
Esempio 3
Si prenda in considerazione l’albergo XXX il quale, nell’anno 200x, ha
registrato un capitale netto pari a 800.000 €, plusvalenze realizzate
20.000 € e minusvalenze pari a 10.000 €; il costo del capitale proprio,
calcolato con il metodo del costo opportunità, è del 5% e il REI è di
215.000 €. Il REIR risulterà pari a:
[215.000 – (0.05 × 810.000)] = 174.500 €
Naturalmente, anche per il Reir valgono le stesse incertezze riguardo al
problema della stima dei beni immateriali.
76
5. Economic Value Added (Eva)
L’Economic Value Added è uno strumento di misurazione della
performance d’impresa nato agli inizi degli anni Novanta grazie al
contributo di alcuni studiosi quali Stewart27.
Il metodo Eva si basa sulla determinazione del valore generato (o
distrutto) ogni anno dall’azienda, dedotto un carico figurativo espressivo
della remunerazione media del capitale investito necessario per produrre
tale valore.
In termini puramente contabili, l’Eva è una metodologia assolutamente
equivalente allo sconto dei flussi di cassa (Discounted Cash Flow, DCF)
in termini di risultato finale.
Infatti, come osserva Poli28 “benché la nozione di valore generato ogni
esercizio sia concettualmente diversa (valore reddituale nel caso
dell’Eva, flusso di cassa nel caso del DCF), il valore complessivo
dell’azienda (espresso come sommatoria del valore attuale dei flussi
periodici e di un valore terminale rappresentativo della capacità
dell’azienda di produrre valore in perpetuo, cioè al di là dell’orizzonte di
proiezione analitica) deve per forza coincidere”.
Prima di analizzare le varie componenti dell’Eva, si esamineranno quali
sono le caratteristiche che distinguono questa innovativa metodologia nel
campo della gestione delle aziende e delle risorse umane, nonché la sua
potenziale superiorità rispetto alle altre misure di performance e di
valore.
27 G. B. Stewart “The Quest For Value” HarperCollins, New York, 1991 28 A.Poli “L’Eva e la determinazione degli incentivi al management: gli argomenti a favore” in “La Valutazione delle aziende” n 12, 1997, FV, Milano, pag. 53
77
Tali caratteristiche possono essere così riassunte:
obbliga il management a valutare ogni progetto di investimento
non solo in funzione della sua redditività assoluta, ma anche del
costo necessario per finanziare sia i nuovi investimenti necessari
che lo stock di capitale esistente;
correla le politiche di allocazione delle risorse aziendali (capital
budgeting) alla creazione di valore e di ricchezza per gli azionisti
(forzando il management a tutti i livelli a pensare in termini di
creazione di valore);
consente di fissare obiettivi chiari, facilmente comprensibili e
condivisibili, e di controllare ex post il grado di raggiungimento
degli stessi;
permette di correlare la remunerazione del management ad una
misura unica, quantitativa ed esaustiva che sintetizzi il livello di
successo individuale nel raggiungimento degli obiettivi posti;
consente di individuare le leve chiave per ogni tipo di azione
manageriale e di collegare le responsabilità organizzative al
conseguimento dei risultati attesi.
Molte aziende, soprattutto di origine anglosassone, stanno cominciando a
guardare con sempre maggior interesse all’utilizzo dell’Eva come
strumento unitario di direzione ed orientamento strategico.
L’Eva presenta, infatti, la caratteristica (diversamente da tutte le altre
misure di performance e di valore) di poter essere utilizzato, con
modifiche marginali, per il conseguimento di una serie di obiettivi
diversi: dal supporto alla pianificazione strategica, alla valutazione di
78
strategie alternative, alla determinazione dei valori per operazioni di
finanza straordinaria, alla misurazione della performance di singole
divisioni/unità di business e del management responsabile, alla
correlazione tra le compensazioni globali del management e la creazione
di ricchezza per gli azionisti.
Per utilizzare l’Eva come driver per la creazione di valore, è necessario
seguire un processo composto di cinque fasi fondamentali:
1. accettazione e condivisione della metodologia da parte del senior
management;
2. ri-formulazione di processi di management finanziario (reporting,
budgeting) e di pianificazione (strategica ed operativa), al fine di
incorporare le grandezze base nel calcolo dell’Eva all’interno del
sistema di comunicazione interno;
3. sviluppo, condivisione ed accettazione di piani di compensazione
che colleghino la remunerazione del management alla creazione di
Economic Value Added;
4. diffusione della metodologia a tutto il management e training
all’utilizzo delle leve per la creazione di valore in ogni
funzione/divisione/unità di business;
5. comunicazione, comprensione ed accettazione della nuova
metodologia da parte degli investitori (azionisti, finanziatori) e
coinvolgimento delle controparti dell’azienda (clienti, fornitori,
ecc;).
Il collegamento tra massimizzazione di Eva annuale e,
conseguentemente, massimizzazione della ricchezza degli azionisti, è
79
oggi empiricamente dimostrato, almeno sui mercati finanziari, dato il
legame fra creazione di valore e prezzo dell’azione.
Poli29, al riguardo, sostiene che “Secondo ricerche condotte su campioni
molto vasti di imprese americane quotate al NYSE e al Nasdaq, le
variazioni nell’Eva spiegano ogni anno circa il 50% delle variazioni del
corso dell’azione; in confronto, le misure tradizionali di performance
(utile, cash flow, dividendo per azione, crescita del fatturato, ROE)
spiegano appena il 20-25% di tale variazione, giustificando l’assunzione
che l’Eva non sia migliore solo come misura concettuale di valore, ma
anche come veicolo di trasmissione delle informazioni alla business
comunity”.
5.1 Il calcolo dell’Eva
Il risultato annualmente preso in considerazione per esprimere il valore
prodotto o meno dall’azienda, è costituito dal cosiddetto Nopat, ossia Net
Operating Profit After Taxes.
Si tratta di un reddito operativo che precede il computo degli oneri
finanziari, calcolato al netto dell’onere fiscale a esso relativo.
Le formule per il calcolo dell’Eva sono le seguenti:
Eva = Nopat – (Cmpc × Ci)
29 A.Poli “L’Eva e la determinazione degli incentivi al management: gli argomenti a favore” in “La Valutazione delle aziende” n 12, 1997, FV, Milano, pag. 50
80
oppure:
Eva = (r – Cmpc) × Ci
dove:
Eva = Economic Value Added
Nopat = Net Operating Profit After Taxes
Cmpc = Costo Medio Ponderato del Capitale
Ci = Capitale Investito Operativo (quantificato all’inizio del periodo
considerato)
r = Ci
Nopat
Il Nopat, non è una grandezza contabile direttamente determinabile sulla
base del conto economico ma deve essere determinato apportando alcuni
correttivi ai valori reddituali sintetizzati nel conto economico.
Il modello applicativo di Eva identifica 164 rettifiche, detti anche
«Increase in Equity Equivalents» se riguardano il reddito contabile e
«Equity Equivalents» se interessano il capitale investito.
Tali rettifiche devono:
produrre un impatto significativo sull’Eva;
neutralizzare scelte discrezionali del management;
essere facilmente comprensibili;
81
essere determinabili sulla base di informazioni facilmente
reperibili
Le principali rettifiche sono:
la capitalizzazione di alcuni costi finalizzati allo sviluppo di
intangibles, quali i costi di ricerca e sviluppo e quelli legati al
marketing, e conseguentemente ammortamento sulla base di
criteri spesso definiti in via convenzionale (cinque anni);
la rideterminazione di alcuni componenti di reddito sulla base del
criterio di cassa in luogo di quello di competenza. Questo per
esempio per il Fondo Imposte, per il Fondo Svalutazioni Crediti,
per gli accantonamenti ai fondi in generale;
la ri-espressione della cosiddetta riserva Lifo: nell’Eva il reddito e
il capitale vengono misurati come se le giacenze fossero vendute
ai prezzi di fine esercizio e immediatamente riacquistate.
l’eliminazione dal risultato di periodo dell’ammortamento
dell’avviamento e la riespressione di quest’ultimo quale
componente del capitale investito, come se esso, una volta
acquistato, non fosse mai stato ammortizzato. Il valore di
acquisizione dal quale discende quello di avviamento è parte,
82
infatti, nella prospettiva dell’Eva, del capitale investito
nell’impresa.
Per facilitare la determinazione delle grandezze Ci e Nopat, impiegate per il calcolo dell’Eva, si può utilizzare il seguente schema:
Capitale investito contabile Reddito Operativo Contabile
+ fondo imposte differite + avviamento ammortizzato in passato + fondi rischi e oneri +cosiddetta riserva Lifo + costi relativi a intangibles, spesati in passato, al netto dei costi di mantenimento dagli intangibles stessi ± effetto cumulato dei componenti straordinari di reddito passati = Capitale investito operativo (Ci)
- imposte determinate secondo il criterio della cassa, al netto dello scudo fiscale collegato alla deducibilità fiscale degli oneri fiscali + accantonamento fondo imposte differite + ammortamento dell’avviamento + accantonamento a fondi rischi e oneri (quali fondo obsolescenza magazzino) ± variazione della cosiddetta riserva Lifo nell’esercizio + costi relativi a intangibles, spesati nell’esercizio al netto della quota espressiva del mantenimento dagli intangibles stessi ± componenti straordinari di reddito = Net Operating Profit after Taxes (Nopat)
Esempio 4
L’albergo XXX nel 2002 ha prodotto un utile pari a 200.000 €.
Il costo medio ponderato, applicato dall’albergo, è del 11%.
83
Inizialmente si procede al calcolo del Nopat e di Ci seguendo lo schema
seguente.
Capitale investito contabile (Capitale netto + Debiti finanziari)
1.000.000 Risultato Contabile 200.000
+ riserva Lifo + avviamento ammortizzato in passato + fondo imposte differite +Valore attuale dei beni in leasing = Capitale investito operativo (Ci)
15.600
6.000
26.000
42.000
1.062.400
+ accantonamento fondo imposte differite + variazione della cosiddetta riserva Lifo nell’esercizio + ammortamento dell’avviamento = RISULTATO RETTIFICATO + Interessi passivi + Interessi passivi su operazioni di leasing - Benefici fiscali sugli interessi = Net Operating Profit after Taxes (NOPAT)
9.200
2.690
1.500
213.390
45.00033.000
10.000
299.390
Ora si calcolerà il rendimento dell’investimento (r):
r = 400.062.1
309.299 ·100 = 28,17%
da qui:
EVA = (0,2817-0,11) · 1.062.400 = 182414 €
Nel caso specifico, quindi, l’albergo ha “creato” valore per gli
stakeholder nella misura di 182.414 €.
84
È da notare il fatto che se l’utile risulta positivo, il valore di EVA può
essere negativo; con riferimento al precedente esempio, si supponga che
l’utile netto sia di 30.000 €; conseguentemente il coefficiente r sarebbe
del 10,48% così che:
EVA = (0,1048-0,11) · 1.062.400 = -5.524 €
L’albergo in questo caso, pur conseguendo un utile positivo, ha
“distrutto” valore nella misura di 5.524 €.
L’Eva si differenzia rispetto ai tradizionali strumenti di misurazione
della performance d’impresa per tre principali ragioni:
1. rappresenta il risultato che residua dopo aver detratto il costo di
tutti i capitali impiegati per ottenere quel risultato;
2. riflette, nel calcolo del costo del capitale impiegato, la
remunerazione che spetta agli investitori in funzione del rischio
specifico dell’impresa, calcolato secondo i principi del Capital
Asset Pricing Model;
3. corregge le tipiche distorsioni contabili che inquinano la
rappresentazione della vera performance economica;
La misurazione proposta dall’Eva si apprezza per il fatto di essere una
quantificazione assoluta, e non relativa, che riflette la considerazione
dell’intero costo del capitale investito nell’impresa.
La formula, infatti, detrae dal risultato di periodo (Nopat) il costo del
capitale investito determinato sulla base di come questo viene finanziato,
ovvero capitale proprio e di terzi.
85
Inoltre, la quantificazione del costo del capitale proprio, implica la
valutazione e la quantificazione, in termini di remunerazione
soddisfacente del capitale proprio, del profilo di rischio dell’impresa
finanziata con tale capitale.
Un ulteriore aspetto positivo è costituito dal fatto che l’Eva è costruita
intorno al Nopat, ovvero sul risultato operativo che prescinde dai
componenti straordinari di reddito, i quali potrebbero portare, come
accade negli indicatori tradizionali, a rappresentazioni distorte e
soprattutto caratterizzate da una certa “miopia”.
Altro aspetto importante da considerare è che l’Eva viene determinato in
modo meno soggettivo; infatti, esso sostituisce nel Nopat molte
valutazioni fondate sul criterio di competenza (per esempio gli
accantonamenti) con componenti di reddito determinati con il criterio di
cassa (per esempio le perdite su crediti), quindi certi e oggettivi.
In questo modo, Eva riflette un minor contenuto di stime e congetture, e
dunque una minore soggettività.
5.2 I limiti dell’EVA
Fin qui si è parlato dei pregi che caratterizzano questo innovativo
strumento di misurazione; ora si osserveranno i limiti, teorici e pratici,
che vi sono stati riscontrati.
Il primo limite riscontrabile risiede nel rapporto tra Nopat e Ci; infatti, va
osservato che le imprese caratterizzate da un elevato tasso di crescita, da
cospicui investimenti e quindi da aumenti di capitale investito,
86
probabilmente presentano Eva non rappresentativi dell’effettiva
dinamica del valore creato.
Questo perché esistono dei naturali scostamenti temporali tra gli
investimenti e i rispettivi ritorni che si riflettono nel citato rapporto
rendendolo poco attendibile; infatti, mentre il Ci esprime da subito
l’effetto degli investimenti, il Nopat richiede tempo per tradurre in flussi
di risultato gli investimenti effettuato.
Tale limite potrebbe portare, paradossalmente, a ridurre gli investimenti
per poter massimizzare gli Eva di breve periodo, a discapito però del
successo dell’impresa nel medio lungo termine.
Un altro limite che caratterizza Eva come strumento di misurazione della
performance d’impresa riguarda la configurazione del capitale investito
operativo (Ci).
Esso, infatti, è di matrice contabile, vale a dire, a prescindere dai
correttivi presenti, si fonda sempre su determinazioni quantitative di
natura contabile, legate alla nozione di costo storico e non di valore
corrente.
In altri termini, il Ci che partecipa al calcolo dell’Eva recupera, con i
correttivi, la dimensione del capitale investito nell’impresa al costo
sostenuto al momento dell’investimento.
Questo significa che anche l’Eva presenta alcune rilevanti distorsioni
contabili tipiche dei tradizionali strumenti di misurazione, in particolare
il Return on Investment (Roi).
Infatti, quanto maggiore è la presenza, nel capitale d’impresa, di attività
soggette al processo di ammortamento, tanto più il Roi tende a
sovrastimare la performance d’impresa; lo stesso si verifica con l’Eva
87
che confronta un risultato «corrente» e il costo del capitale investito
misurato su grandezze contabili e dunque «storiche».
La letteratura ha già fatto significativi sforzi per trovare gli appropriati
correttivi, giungendo a proporre il Refined Economic Value Added
(Reva), dove il capitale investito è espresso al valore corrente (di
mercato o di sostituzione) e non al costo storico di formazione.
D’altra parte c’è chi sostiene la superiorità, nel modello Eva,
dell’impiego del valore contabile nel capitale investito rispetto al valore
corrente, questo perché l’aggiornamento periodico dei valori correnti del
capitale renderebbe molto incerto, soggettivo e volatile il calcolo
dell’Eva.
Infine, va osservato che tale strumento non risolve il problema della
misurazione della performance ma si limita a proporne un modello
interpretativo; infatti, i processi di creazione/distruzione di valore si
formano e quantificano sulla base di principi e criteri generalmente
convenzionali.
Ad esempio, il principio di procedere alla capitalizzazione dei costi di
ricerca e sviluppo e al loro successivo ammortamento in cinque anni è
del tutto usuale, non è dimostrato che sia il criterio migliore.
Questo esprime come il giudizio positivo o negativo che si forma intorno
alla performance d’impresa, determinata con il modello dell’Eva,
dipenda da una serie di assunti ancora tutti da dimostrare nella
prospettiva della “corretta rappresentazione” della performance stessa.
88
CAPITOLO 4
Le componenti della performance:
Misurazioni e Strutturazioni
Premessa
Nel primo capitolo sono state introdotte sei diverse dimensioni di
performance articolate in due gruppi: il primo esprime i risultati del
successo competitivo e l’altro, invece, è composto dalle quattro
dimensioni che determinano tale successo.
In questo capitolo, si analizzeranno le modalità di misurazione dei
risultati conseguiti e le loro determinanti in modo da ottenere un insieme
integrato di indicatori.
Nella parte finale sarà introdotto un sistema di orientamento dei
comportamenti manageriali e di valutazione delle prestazioni che ha
recentemente ottenuto ampia diffusione, anche nella prassi, denominato
“Balanced Scorecard”
89
1. La Competitività
La competitività e i risultati finanziari sono le determinanti del successo
competitivo, il quale può essere realizzato e mantenuto, secondo alcuni
autori, seguendo due diverse strade: focalizzando l’attenzione sulle
esigenze dei clienti, o confrontandosi con aziende concorrenti di una
certa significatività.
Una delle ragioni che giustificano l’utilizzo di indicatori di competitività,
quali la crescita delle vendite e la quota di mercato, è proprio la loro
capacità di fornire informazioni in grado di integrare le indicazioni date
dai risultati economico-finanziari.
I ricavi contabilizzati, infatti, possono essere considerati un punto di
partenza per stimare i ricavi futuri, che verranno calcolati tenendo conto
anche delle aspettative di evoluzione nei volumi di vendita futuri, nei
costi da sostenere e nei prezzi di vendita.
In questo senso, gli indicatori di competitività sono utili, perché
forniscono informazioni veloci con riferimento a queste aspettative, che
si rifletteranno sui ricavi solo dopo un certo periodo di tempo.
Qui di seguito sono riportati alcuni esempi di indicatori con i relativi
meccanismi di gestione; ciascuno di essi comprende sia misure legate al
confronto con i concorrenti, che misure orientate ai clienti.
MISURE Albergo XXX
Focus sul cliente Prenotazioni ripetute Focus sui concorrenti Quota di mercato relativa rispetto
ai clienti MECCANISMI Focus sul cliente Indagini sui clienti Focus sui concorrenti Confronto tra i tassi di
occupazione delle camere
90
2. I risultati economico-finanziari
Le analisi finanziarie tradizionali portano a definire quattro diverse
tipologie di indicatori:
- Di redditività
- Di liquidità
- Di struttura finanziaria
- Di mercato
Tali indicatori sono stati ampiamente descritti nei precedenti capitoli;
con riferimento all’attività alberghiera però si possono calcolare degli
indici particolari, come ad esempio30:
Indice di composizione dell’attività alberghiera =
ricaviTotaleAlloggio servizio Ricavi
che esprime, in percentuale sui ricavi totali, l’incidenza dei ricavi del
servizio alloggio; per analogia si possono avere altri rapporti di
composizione;
Indice di composizione della clientela =
ClientiNumeroTotaleecc.) Italiani, (o Tedeschi Clienti Numero
che esprime, sempre in percentuale sul totale clienti, l’incidenza di un
particolare gruppo;
Indice di elasticità dei costi =
LavorodelCostoRicavi
30 M. Lupidi “Elementi di economia aziendale e contabilità per le imprese turistiche”, Franco Angeli, Milano, 1996, pag. 176
91
Esprime quanto i ricavi sono correlati e condizionati dal costo del
personale dipendente.
3. La qualità
Si analizzeranno ora quali sono le determinanti del successo competitivo,
partendo dalla qualità del servizio.
Prima di tutto si cercherà di definire che cosa si intende per qualità e
secondo poi si identificheranno le caratteristiche che un servizio deve
avere per soddisfare i bisogni e le aspettative della clientela.
Questa dimensione, sviluppatasi molto negli ultimi venti anni, è
un’importante arma competitiva, specialmente in campo turistico; essa
non si ottiene semplicemente avendo il giusto prodotto e le giuste
attrezzature ma dipende anche dalle capacità di far passare al cliente un
buon soggiorno.
Molte aziende tendono ad avere una visione della qualità abbastanza
semplicistica, qualificabile nella sindrome del “buongiorno!” che,
conseguentemente, ne sminuisce il concetto stesso.
La qualità può essere intesa come la capacità di assicurare l’erogazione
di un buon servizio, con riferimento a tutti gli elementi che lo
compongono; essa si concreta nelle caratteristiche del servizio offerto
che condizionano la capacità di soddisfare una certa richiesta del cliente.
Le aziende sono in grado di controllare e misurare la qualità
internamente; il problema si manifesta all’esterno, quando si crea un
divario tra ciò che è stato erogato e quello che il cliente si aspetta.
92
La qualità del servizio si configura come un fenomeno caratterizzato da
una molteplicità di sfaccettature; quindi, coloro che hanno la
responsabilità di gestire un servizio devono monitorare e controllare tutte
queste diverse dimensioni, considerando che clienti diversi possono
avere aspettative diverse (cosiddetta eterogeneità).
Se un manager, ad esempio, domanda un servizio alberghiero, la
tranquillità, il comfort nonché la presenza di un collegamento internet
possono essere elementi di fondamentale importanza per il suo
soggiorno.
Diversamente, se ad alloggiare è un giovane in vacanza gli aspetti
rilevanti del suo soggiorno saranno il divertimento, la possibilità di
comunicazione e così via.
Non si dimentichi, inoltre, che il servizio è intangibile e questo fattore
incide sulla gestione della qualità.
In un ristorante, ad esempio, particolarmente costoso i clienti non
acquistano solo il cibo ma anche altri elementi intangibili quali la
presentazione dei piatti, l’atteggiamento dei camerieri e l’atmosfera del
ristorante.
È evidente che, in questo contesto, formulare delle specifiche di qualità
può diventare difficile e conseguentemente anche misurare la qualità e
stabilire degli obiettivi rispetto ai quali confrontare il servizio
effettivamente erogato, diviene difficile.
Una ricerca31 condotta negli Stati Uniti, ha evidenziato 10 fattori che
possono qualificare la qualità, poi passati a 12, riferiti sia ad aspetti
tangibili che intangibili del servizio oltre che all’ambiente esterno nel
quale il servizio è erogato.
31 A. Parasuraman, V. A. Zeithaml, L. L. Berry, “A Conceptual Model of service quality and its applications for future research” in “Journal of Marketing”, Vol. 49, n. 4, 1985, pag. 41-50
93
Se si prende in considerazione il ristorante X, si possono sviluppare alcuni esempi riferiti a ciascun fattore.
Fattori di qualità
Esempi rispetto al prodotto
Esempi rispetto al servizio
Esempi rispetto all’ambiente
Accesso Comodità della localizzazione Facilità di
raggiungimento e chiarezza del percorso
Estetica/Immagine Immagine delle portate Gusto del cibo
Modo di apparire del personale
Estetica delle strutture Tipologia di
allestimento Disponibilità Disponibilità
del prodotto Gamma di
prodotto Varietà di
prodotto
Disponibilità del personale Reperibilità
del personale Accessibilità
della struttura
Pulizia/ordine Delle portate Del personale
Delle attrezzature
Comfort Ambiente Atmosfera Ambientazione Affollamento
Comunicazione Chiarezza delle informazioni
Chiarezza nei contatti personale-clienti
Chiarezza nella segnaletica
Competenza Personale specializzato, esperto, capace, preciso
Cortesia Educazione, rispetto e decoro del personale rispetto ai clienti
94
Spirito di servizio Capacità di essere di aiuto Sollecitudine
Affidabilità Affidabilità del prodotto
Puntualità Affidabilità
del servizio e del personale
Affidabilità dell’ambiente
Capacità di risposta
Velocità di erogazione Tempi di
risposta
Sicurezza Sicurezza fisica Sicurezza del
prodotto
Riservatezza Sicurezza delle persone
3.1 Le misure
Dopo aver identificato i fattori di qualità rilevanti per un’impresa, si
possono misurare i risultati conseguiti con riferimento a tutti i fattori o
solo a quelli “chiave”; la scelta è normalmente legata non solo alle
esigenze dei clienti, ma anche agli obiettivi strategici e al
posizionamento competitivo dell’impresa.
I fattori chiave, ad esempio, per un albergo possono essere:
pulizia: camere, luoghi comuni;
disponibilità (cordialità) del personale soprattutto nei confronti dei
clienti;
comfort delle strutture;
estetica: modo di apparire del personale.
95
Realizzando un quadro generale, includendo tutti i fattori, le misure tipo
da prendere in considerazione e i relativi meccanismi di rilevazione sono
quelle di seguito elencate:
MISURE MECCANISMI
Accesso - Distanze da percorrere a piedi;
- Facilità di orientamento
- Indagini presso i clienti;- Dati di mercato;
Immagine - Aspetto dei dipendenti; - Estetica dell’albergo e/o
ristorante; - Modo di sistemare le
camere o di predisporre il cibo;
- Indagini presso i clienti;- Controlli interni;
Disponibilità - Attrezzature; - Personale;
- Indagini presso i clienti;- Controlli interni;
Pulizia - Delle camere; - Della cucina; - Delle sale comuni;
- Indagini presso i clienti;- Controlli interni;
Comfort - Dei letti; - Grado di rumorosità;
- Indagini presso i clienti;- Controlli interni;
Comunicazione - Chiarezza delle informazioni e dei prezzi;
- Indagini presso i clienti;- Controlli interni;
Competenza - Efficienza del personale - Controlli interni;
Cortesia - Del personale; - Indagini presso i clienti;- Controlli interni;
Cordialità - Capacità di venire in aiuto alla clientela;
- Indagini presso i clienti;- Controlli interni;
Affidabilità - Numero di errori fatti dal servizio di prenotazione;
- Numero reclami;
- Sistemi di monitoraggio degli errori;
Capacità di Risposta - Del personale; - Indagini presso i clienti;
Sicurezza - Efficienza dei controlli di sicurezza;
- Numero reclami;
- Indagini presso i clienti;- Dati interni.
I meccanismi utilizzati per rilevare tali misure possono essere i sistemi di
controllo interno (ad es. monitoraggio degli errori del personale) oppure
96
meccanismi orientati alla clientela che fanno uso di valutazioni, raccolte
attraverso indagini o questionari.
La qualità del servizio (interno o esterno) può essere misurata con
riferimento a ciascuna delle fasi del processo di erogazione: INPUT –
PROCESSO – OUTPUT.
Nel caso si voglia misurare la soddisfazione del cliente esterno si partirà
dalla fase iniziale, dove il cliente può essere coinvolto nella definizione
delle caratteristiche del servizio, seguirà il processo, e la fase finale,
quando il cliente potrà valutare la qualità del servizio ricevuto.
Nel caso di misure interne, per le aziende è di fondamentale importanza
monitorare gli input del processo di erogazione; si pensi, ad esempio,
alla qualità degli alimenti in un ristorante o alla pulizia delle lenzuola in
un albergo.
Durante il processo, invece, molte aziende impiegano i loro dipendenti
per controllare locali, beni e servizi forniti facendo uso di una lista di
controllo che può comprendere il corretto pricing degli articoli,
l’adeguata sistemazione dei locali e l’atteggiamento dei dipendenti con i
clienti.
La qualità del servizio può essere, infine, misurata nella fase di output,
prendendo sempre come esempio l’albergo, registrando il numero di
ritorni al fine di verificare il grado di fedeltà.
Molte imprese di servizi non fanno affidamento esclusivamente su
misure interne o esterne della qualità, ma combinano queste due
tipologie di indicatori in modo da facilitare la scelta degli obiettivi di
qualità, per rendere più agevole le valutazioni circa la sensibilità dei costi
al variare dei livelli qualitativi e infine creare un legame tra le
retribuzioni dei dirigenti e la performance qualitativa realmente ottenuta.
97
Per capite meglio il concetto, si ponga il caso di un ristorante che voglia
aumentare la propria customer satisfaction con riferimento alla velocità
del servizio prestato. Se attualmente l’indice di soddisfazione è pari al
80%, in considerazione del numero di camerieri, l’impresa può decidere
di fissare come obiettivo di qualità l’aumento di tale indice fino all’83%.
Per raggiungere tale scopo, il management può acquistare nuove
attrezzature o assumere più personale.
Per ciascuna alternativa, sarà possibile misurare l’impatto in termini di
soddisfazione dei clienti, che si rifletterà poi sui costi da sostenere. In
questo modo, diventa possibile calcolare le risorse necessarie per
raggiungere un certo obiettivo.
È possibile, inoltre, legare il sistema delle retribuzioni al raggiungimento
degli scopi di customer satisfaction; ad esempio, l’erogazione di un
bonus del 20% che sarà detratto dallo stipendio in caso di mancato
raggiungimento dell’obiettivo stabilito.
98
4. La flessibilità
Il concetto di flessibilità ha trovato negli ultimi anni una crescente
popolarità, sia in campo manifatturiero che dei servizi (basta pensare allo
sviluppo di tecniche quali il just in time).
Questa crescita si è avuta grazie all’importanza attribuita alla capacità di
adattarsi velocemente ai cambiamenti delle esigenze e delle aspettative
dei clienti.
Si può affermare, a tale proposito, che la flessibilità può diventare un
importante fonte di differenziazione competitiva.
Sono state riscontrate tre tipologie di flessibilità:
1. di volume
2. nei tempi di erogazione
3. nella definizione delle specifiche del servizio.
Il primo tipo esprime la capacità di far fronte a livelli di domanda
variabili nel tempo. Il volume in un albergo potrà essere definito dal
numero di stanze occupate.
Il secondo tipo di flessibilità si riferisce: alla capacità di soddisfare le
esigenze del cliente in termini di appropriati tempi di risposta, di
erogazione di un servizio o di consegna di un bene, e al processo di
consumo.
Per il servizio in camera, ad esempio, il cliente cerca tempi di risposta
relativamente veloci.
Il terzo tipo di flessibilità, infine, consiste nella capacità di soddisfare le
peculiari esigenze del cliente (personalizzazione del servizio). Nel caso
99
in cui ci sia un elevato livello di personalizzazione e diverse esigenze del
cliente, può diventare importante, nella definizione delle specifiche del
servizio, riuscire a garantire una integrazione fra le aspettative
dell’utente e le capacità del personale.
In un ristorante di alto standard qualitativo c’è un basso livello di
standardizzazione, rispetto ad un fast food e un alto livello di
personalizzazione.
Le flessibilità di tempo e di volume, nelle imprese di servizio, non sono
sempre ottenibili, poiché produzione e consumo sono spesso contestuali,
con la conseguenza che l’incapacità di rispondere a cambiamenti di
volume della domanda si riflette sui tempi di erogazione.
4.1 Le misure
La flessibilità può essere misurata utilizzando dati quantitativi (misure
hard), qualitativi (soft) particolarmente utili per misurare tale
caratteristica nelle specifiche del servizio, interne ed esterne.
La seguente tabella fornisce degli esempi di indicatori.
100
TIPI DI FLESSIBILITÀ MISURE
Di volume - Numero di clienti/ordini persi a causa dell’incapacità di soddisfare la domanda;
- Composizione del personale a disposizione (% di dipendenti part-time, di collaboratori occasionali, ecc.);
Nei tempi di erogazione - Velocità di risposta; - Tempi di consumo, di richiesta e di
erogazione; - Percentuale di ritardata consegna; - Soddisfazione del cliente con
riferimento alla capacità di risposta e ai tempi di erogazione;
Nella definizione delle specifiche del servizio
- Numero di differenti servizi offerti; - Numero di giorni riservati alla
formazione del personale; - Composizione del personale in termini
di competenze; - Soddisfazione del cliente con
riferimento alla gamma di prodotti e servizi offerti.
Molti di questi indicatori sono misure indirette di flessibilità perché si
riferiscono o ai risultati o alle determinanti.
Per quanto riguarda i meccanismi utilizzati per garantire la flessibilità,
un albergo può utilizzare sistemi di prenotazione on-line, formazione
comune dei dipendenti, utilizzo di personale part-time, estensione
dell’orario della 1° colazione, nonché l’utilizzo di tecniche di yield
management per ridurre la variabilità della domanda.
101
5. L’Utilizzo di Risorse
Il grado di utilizzo delle risorse è una dimensione di performance che
permette di valutare l’efficienza nell’impiego delle risorse durante il
processo di erogazione ovvero quanti servizi sono forniti dato un certo
livello di capitale e di risorse in genere.
Se l’azienda riesce a fornire un certo livello di servizi, facendo uso di
una quantità di input inferiori rispetto ai suoi concorrenti, essa riuscirà a
produrre degli effetti positivi in termini di aumento di margini di profitto
o di riduzione dei prezzi di vendita, con una conseguente crescita della
quota di mercato.
Uno strumento che viene in aiuto dei dirigenti, per ottimizzare la
gestione delle risorse umane, fisiche e finanziare, è il budget.
Esso si riferisce ad un certo arco temporale ed è predisposto prima che lo
stesso abbia inizio; per questo è parte integrante del controllo di tipo
feedforward descritto nel 1° capitolo.
Uno degli scopi del budget è quello di fornire degli obiettivi rispetto ai
quali possono essere misurati i risultati effettivamente conseguiti.
Gli scostamenti tra valori di budget e valori effettivi sono dovuti a
cambiamenti nel livello di attività (quantità di servizi erogati) o nei
costi/quantità utilizzate.
Generalmente, nelle imprese manifatturiere, tale dimensione di
performance è misurata in termini di produttività rapportando l’output
con l’input.
Produttività: Input
Output
102
Anche nelle imprese di servizi può essere utilizzato questo parametro
tenendo presente però che la loro attività non sempre consiste in una
trasformazione, in senso stretto, di input in output e, inoltre, il cliente è
presente attivamente nel processo di servizio.
Le misure che possono essere utilizzate da un’impresa di servizi per gli
input e gli output possono essere di due tipi, come evidenziati nella
figura seguente:
INPUT PROCESSO OUTPUT
Costo delle risorse umane
Costo delle altre risorse
Unità di risorse umane
Numero di clienti
Costo totale
Profitto Valore Aggiunto
Ricavi
Unità di risorse umane
consumate
Unità di altre
risorse consumate
Numero di clienti
Numero di
prodotti/servizi venduti
Unità di altre risorse
1. Le misure indicate nella parte alta della figura sono
espresse in termini monetari;
2. Le misure indicate nella parte bassa, sono valutate in
termini di unità.
103
Con riferimento all’output, questo può essere misurato solo ricorrendo a
indicatori alternativi quali il numero dei clienti serviti o il numero dei
servizi forniti; dal momento che esso non si identifica effettivamente con
i prodotti realizzati, la sua quantificazione può risultare difficile.
Un albergo, ad esempio, può utilizzare come indicatore di output il
numero di camere occupate.
In termini monetari, invece, si possono avere i ricavi, il profitto e il
valore aggiunto definito, quest’ultimo, come valore dei ricavi al netto dei
costi di materiali e servizi acquistati da organizzazioni esterne,
contrapposti a quelli prodotti internamente.
Esistono, comunque, dei problemi riferiti alle caratteristiche tipiche dei
servizi, uno su tutti è l’intangibilità: il cibo e le bevande sono prodotti
tangibili di un ristorante, ma essi rappresentano solo una parte del
prodotto complessivo pagato dal cliente che comprende le modalità di
presentazione dei piatti e un certo tipo di ambiente, aspetti questi
intangibili e quindi di difficile quantificazione.
Per quanto riguarda l’input, è interessante notare nella precedente figura,
che è presente, tra gli altri (lavoro, materiali, attrezzature, impianti),
anche il cliente essendo parte integrante del processo.
I responsabili di aziende di servizi devono individuare gli input
maggiormente rilevanti per capire come strutturare il proprio sistema di
misurazione.
In un albergo, le risorse umane rappresenteranno una parte integrante
delle risorse globalmente utilizzate e quindi sarà lo stesso lavoro a
rappresentare una misura di input, valutabile in termine di costo o di
unità fisiche, quali il numero di giorni o di ore uomo.
104
La misurazione delle altre risorse può essere svolta considerando le unità
di tempo o le quantità impiegate; alternativamente è possibile ricorrere
ad indicatori monetari sia per le persone sia per le altre risorse.
Anche per l’input si trovano dei problemi di quantificazione, ma il fatto
che non sia facile misurare il grado di utilizzo delle risorse non deve
sottovalutare l’importanza di tale dimensione di performance.
Le imprese di servizi, per sviluppare il loro sistema, devono scegliere
uno o più rapporti input/output a completamento delle altre misure di
performance utilizzate; ciascuno degli indicatori presenti nella seguente
figura è relazionato ad una misura di output, tenendo conto della struttura
di costo aziendale e della natura degli input/output legati al processo.
Schematizzando si possono fare degli esempi considerando un albergo
che rapporta il lavoro utilizzato con il lavoro complessivamente
disponibile, per misurare il grado di utilizzo della risorsa umana:
Unità di risorse umane
e
INPUT OUN° Camerieri Tempo ded
105
Unità di risorse umane
consumat
TPUT icato alle camere
Oppure misurare il grado di utilizzo delle altre risorse:
a
IN° Cam
Se viene utilizzata
IN°
Infine si può calco
C
I
Co
Unità dialtre
risorse
NPUT OUere disponibili N° Cam
, come misura di output, il num
Nd
NPUT OUPersonale N°
lare il costo per cliente:
osto totaleNd
NPUT OUsto totale N°
106
Unità di ltre risorse consumate
TPUT ere occupate
ero di clienti si avrà:
umero i clienti
Unità dirisorse umane
TPUT Presenze
umero i clienti
TPUT Clienti
e il ricavo:
Numero di clienti
Ricavi
INPUT OUTPUT N° Clienti Ricavi
Tutte queste misure vengono riportate nei sistemi di budget e, grazie a
questi, si procede confrontando sistematicamente i risultati effettivi e i
valori previsti.
In alcune imprese, vengono fatti anche confronti tra unità di business
diverse e i risultati che se ne ricavano sono rappresentati nei reports.
107
6. L’Innovazione L’intensa competizione, oggi esistente, rende necessaria la nascita
costante di nuovi servizi che determinino il successo delle imprese; tutto
questo attraverso un processo di innovazione.
In riferimento a questa misura si stanno compiendo solo ora i primi passi
nella ricerca di adeguate definizioni e di idonee misure.
L’innovazione è l’utilizzo di idee e di conoscenze per soddisfare bisogni
di mercato già esistenti o futuri, più precisamente nel settore dei servizi,
può essere legata al prodotto, al servizio o al processo stesso di
erogazione.
Questa può essere di due tipi:
Front-Office: idonea per sviluppare nuovi servizi;
Back-Office: riguarda lo sviluppo di nuove tecnologie capaci di
migliorare la produttività.
“Nel settore dei servizi si possono riscontrare, soprattutto, piccole
innovazioni incrementali, piuttosto che cambiamenti radicali; queste
sono in grado, nel loro insieme, di dare un impatto considerevole sui
prodotti, i servizi e i sistemi di erogazione esistenti”32
Un’idea innovativa non è di per sé sufficiente a garantire il successo:
l’idea deve essere trasformata in prodotto/servizio, che sarà poi
sviluppato, messo a punto, testato e infine lanciato sul mercato.
32 J. B. Quinn, C. E. Gagnon, “Will services follow manufacturing into Decline?” in “Harvard Business Review”, Vol. 64, N°6, Novembre-Dicembre 1986, pag. 95-103
108
SVILUPPO IDEA E ANALISI
REALIZZAZIONE DEL PROTOTIPO DEL SERVIZIO
TEST DEL SERVIZIO
LANCIO DEL NUOVO SERVIZIO
MIGLIORAMENTO DEL SERVIZIO
La realizzazione di un nuovo servizio è il risultato di un processo, quindi,
a prove ed errori. I progettisti, normalmente, traducono la descrizione
soggettiva di un bisogno in un concetto operativo che spesso ha solo una
vaga somiglianza con l’idea originale. Nessuno monitora
sistematicamente il processo o gli sforzi fatti per garantire che il servizio
sia completo, fondato e in grado di soddisfare il bisogno originario.
6.1 Le misure
L’innovazione può essere misurata in due modi:
1. con riferimento ai risultati della sua realizzazione;
2. con riferimento alle determinanti di successo e insuccesso del
processo di innovazione.
109
Considerando il primo metodo, sicuramente l’indice più diretto per la
misura del successo dell’innovazione è il profitto; ma questo da solo non
fornisce informazioni dettagliate che permettano di valutare il livello di
successo o insuccesso raggiunto.
Un’idea potrebbe essere quella di valutare i risultati del processo facendo
riferimento alle altre cinque dimensioni di performance: economico-
finanziaria, competitività, qualità, flessibilità e utilizzo della capacità
produttiva.
In questo modo, l’impresa potrebbe misurare il successo di
un’innovazione semplicemente rispondendo a delle domande, come di
seguito indicato.
Dimensione finanziaria L’innovazione ha migliorato i risultati economico-finanziari?
Competitività L’innovazione ha migliorato la competitività dell’azienda?
Qualità L’innovazione ha migliorato la qualità?
Flessibilità La capacità di essere flessibili è migliorata?
Utilizzo di risorse Il grado di utilizzo di risorse è aumentato?
Ogni dimensione è allacciata ad una serie di misure di risultato, volendo
fare degli esempi si avranno:
Indicatori economico-finanziari = riduzione sostanziale dei costi
aziendali, raggiungimento di un elevato livello di redditività
presente e/o futura;
Indicatori di competitività = raggiungimento degli obiettivi di
quota di mercato e/o di crescita nelle vendite/consumi, capacità di
ottenere impatti positivi sull’immagine dell’azienda;
110
Indicatori di qualità = miglioramento dell’affidabilità, della
capacità di erogare benefici unici percepiti come superiori rispetto
a quelli della concorrenza;
Indicatori di flessibilità = diminuzione del numero di clienti persi
a causa dell’incapacità di soddisfare la domanda o le specifiche
esigenze, aumento della velocità di risposta;
Indicatori dell’utilizzo di risorse = diminuzione del costo per
cliente, aumento di produttività, aumento del ricavo per cliente.
Per quanto riguarda il secondo metodo che misura la performance del
processo di innovazione, occorre considerare innanzitutto le determinanti
del successo, ovvero quelle caratteristiche che, associate a tali processi,
aiutano il raggiungimento di tale successo.
Le determinanti sono:
- L’attenzione al mercato (capacità di soddisfare i bisogni e le attese
dei clienti chiaramente definiti, l’espansione del mercato di
riferimento);
- Lo sviluppo di un adeguato processo (tempi brevi, disponibilità
delle risorse, coinvolgimento dei dipendenti);
- L’orientamento strategico (strategia di innovazione piuttosto che
di risposta alle azioni degli altri, strategia aperta al rischio,
compatibilità con le risorse finanziare).
Un volta definite le determinanti, il processo di innovazione può essere
misurato con riferimento a tre dimensioni: il costo (quanto è costato
realizzare il nuovo servizio?); l’efficacia (quanto è efficiente il
111
processo?); la velocità (quanto tempo è necessario per realizzare un
nuovo servizio?).
La seguente tabella fornisce degli esempi circa le misure maggiormente
utilizzate da ciascuna dimensione:
DIMENSIONE ESEMPI
Costo - Costo di sviluppo medio per servizio;
- Percentuale di costo sul fatturato sostenuto per la realizzazione di nuovi servizi;
Efficienza - Numero di nuovi servizi realizzati;
- Percentuali di nuovi servizi di successo;
Velocità - Tempo intercorrente tra la fase di ideazione e quella di lancio;
- Tempo necessario per realizzare nuove idee provenienti dall’ambiente esterno.
6.2 I problemi nell’innovazione dei servizi
Gestire l’innovazione non è semplice e costringe le imprese di servizi ad
affrontare molteplici problemi.
L’utilizzo di indicatori di performance inadeguati può avere un impatto
negativo sull’innovazione; in particolare, l’impiego di misure volte a
verificare la conformità del servizio rispetto ad un processo standard di
112
erogazione può, da un lato, portare ad un miglioramento nei livelli
qualitativi, e, dall’altro, scoraggiare i responsabili aziendali a ripensare al
processo, migliorandolo facendo leva sull’innovazione.
Nel caso in cui l’innovazione sia una priorità aziendale, gli indicatori di
qualità dovranno essere dinamici, in grado di adeguarsi ai cambiamenti
di mercato e capaci di identificare le nuove esigenze della clientela.
113
7. Sviluppo di un sistema integrato di misurazione della
performance
Nel corso del capitolo, si è affermato che la performance può essere
misurata lungo sei differenti dimensioni; in molte imprese di servizi
turistici esistono le informazioni relative a ciascuna di esse, ma spesso
queste non sono integrate in un sistema capace di supportare l’attività di
controllo e di sviluppo della strategia aziendale.
Questa mancanza di integrazione porta ad una forte focalizzazione sui
risultati di competitività e su quelli economico-finanziari, che finisce per
trascurare le cause di successo, ovvero le determinanti qualità,
flessibilità, utilizzo di risorse e innovazione.
Un sistema integrato di misurazione dovrebbe essere reso disponibile a
tutto il corpo dirigenziale, in modo tale da incoraggiare un confronto con
riferimento a tutte le dimensioni di performance, sottolineandone
l’interfunzionalità.
Questi principi possono essere rinforzati, ad esempio, chiedendo al
responsabile del marketing di presentare i risultati economico-finanziari
al consiglio d’amministrazione e al responsabile amministrativo di
presentare i risultati commerciali.
Nonostante l’esigenza di un tale sistema, rimane il problema di stabilire
chi debba farsi promotore del suo sviluppo.
È opportuno ricordare, in questo senso, che i responsabili della
contabilità direzionale hanno per molto tempo avuto il ruolo di
conduttori e di distributori delle informazioni contabili; la tipologia di
dati a sopporto delle attività di gestione è, tuttavia, molto più ampia dei
dati normalmente contenuti nei tradizionali report di natura contabile,
114
poiché finiscono per comprendere dati di natura finanziaria e non,
qualitativi e quantitativi.
Da ciò deriva che molte delle informazioni necessarie sono estranee ai
meccanismi e ai sistemi di raccolta dei dati utilizzati dai controller; ad
esempio, molte misure di competitività, quali la quota di mercato o il
tasso di crescita, possono essere raccolte, controllate e adeguatamente
interpretate solo dalla funzione marketing; così come è vero che alcune
misure relative all’utilizzo delle risorse possono essere fornite dai
contabili, è altrettanto vero che altre misure di questo tipo sono
normalmente a disposizione dei dirigenti di linea o della funzione
personale.
Per questa ragione è possibile affermare che se i controller possono
rimanere i principali distributori di informazioni, molte di queste
potrebbero essere acquisite, controllate e valutate da quelli che ne sono i
principali utilizzatori.
Affinché l’introduzione di un nuovo sistema informativo abbia successo
è, quindi, necessario che tutti i responsabili aziendali ne siano coinvolti; i
controller saranno i principali custodi, ma non devono avere diritti
esclusivi di accesso o di proprietà.
In questo senso, essi hanno l’opportunità di giocare un ruolo sempre più
importante nell’integrazione e nel coordinamento di informazioni,
finanziarie e non; è un’opportunità che non può essere ignorata.
115
8. Balanced Scorecard (BSC)
Concludendo, si esaminerà brevemente anche un altro sistema di
valutazione della performance avanzato nel 1990 dal Nolan Norton
Institute33 attraverso uno studio realizzato in collaborazione con diverse
società americane di primaria importanza.
Il risultato principale è stato uno schema, semplice ed efficace, che può
essere utilizzato per fissare le riflessioni riguardo alle misure dei risultati
più adatte per un’azienda.
Lo schema è stato chiamato Balanced Scorecard e la seguente figura lo
rappresenta:
Visione
Processi aziendali
“Quali procedure aziendali sono le determinanti di
valore aggiunto?”
Apprendimento dell’organizzazione
“Si è capaci di sostenere innovazione, cambiamento
e miglioramento?”
Prospettive contabili
“Come ci si pone nei confronti degli azionisti?”
Prospettiva dei clienti
“Come ci si pone nei confronti dei clienti?”
Le BSC combinano misurazioni monetarie e non monetarie imponendo
ai manager di considerare le prestazioni dell’impresa e quelle delle
singole divisioni che la costituiscono, secondo quattro prospettive, come 33 M. Morrow “Gestire per attività-Come valutare i risultati aziendali e controllare i costi con le tecniche dell’Activity Based Management”, Il sole 24 ore Edizioni, 1996, pag. 173-175
116
evidenziato nello schema, che rendono per l’appunto “bilanciata” la
valutazione:
1. la prospettiva economico-finanziaria (Come ci vedono i nostri
azionisti? Che risultati di bilancio dobbiamo conseguire affinché
gli azionisti continuino ad investire nel capitale di rischio
dell’impresa?);
2. la prospettiva del cliente (Come ci vedono i nostri clienti? Quali
sono le prestazioni che più apprezzano?);
3. la prospettiva di processi interni (Quali processi producono valore
per l’impresa migliorando la performance nei confronti dei
clienti?);
4. la prospettiva dell’apprendimento e dello sviluppo organizzativo
(Siamo in grado di sostenere l’innovazione e i processi di
cambiamento?).
Affinché tale metodologia abbia successo è necessario che i manager
comprendano come ciascuna delle variabili misurate contribuisce agli
obiettivi complessivi dell’organizzazione.
In particolare, la BSC si prefigge di rendere esplicita la strategia in
termini di relazioni di causa-effetto che legano tra loro le singole
variabili.
Ogni variabile esplicitata deve, quindi, appartenere ad una specifica
“catena” di azioni orientate al perseguimento di un determinato obiettivo.
All’interno di queste catene sono presenti sia misure di risultato
conseguite, sia, come detto, misure di fattori che determineranno in
futuro le prestazioni auspicate (performance drivers).
117
Un assunto centrale della BSC è che le tradizionali misure economiche
di risultato (come la rilevazione dell’utile di esercizio) non sono in grado
di fornire, qualora non integrate da corrispondenti performance drivers,
indicazioni su quali azioni porre in atto per migliorare la prestazione
economica.
Analogamente, le misurazioni delle sole performance drivers (come i
tempi di risposta, il tasso di errori ecc.) non sono in grado, se non
integrate da misure di risultato economico, di spiegare le variazioni di
performance, di ricondurla cioè alle cause sottostanti.
Nel settore dei servizi una tipica catena circolare virtuosa è:
maggiore soddisfazione dei dipendenti
soddisfazione dei clienti
fedeltà e anzianità dei clienti
quota di mercato
minori costi di gestione del singolo cliente
migliore performance economica
soddisfazione dei dipendenti
118
Il modo migliore per costruire una BSC è quello di partire da obiettivi
generali (la destinazione) e mappare i mezzi e i legami di causa-effetto
(le vie) che si ritiene possano condurre a quegli obiettivi.
Esempio 1
L’albergo XXX potrebbe ritenere che la determinante principale del ROI
(la misura giudicata dall’impresa come centrale della prestazione
economica-finanziaria) sia un aumento delle vendite da conseguire
soprattutto attraverso una maggiore fedeltà dei clienti. Il management
potrebbe altresì ritenere che la principale determinante della fedeltà sia
una maggiore capacità di risposta del personale alle esigenze del cliente.
Quindi, le due variabili, capacità di risposta e fedeltà dei clienti (causa la
prima, effetto la seconda), misurerebbero il modo in cui il cliente “vede”
l’impresa.
Per migliorare la capacità di risposta il management potrebbe ritenere
necessario riformulare il processo di gestione delle prenotazioni
(prospettiva dei processi interni) e, conseguentemente, avviare delle
specifiche attività di formazione per aumentare la professionalità degli
addetti (prospettiva dell’apprendimento).
Rilevando nel tempo i risultati ottenuti rispetto a ciascuna dimensione e
variabile, risulta possibile misurare il processo di miglioramento
delineato e rilevare prestazioni manageriali non riconducibili alla sola
dimensione monetaria.
È, dunque, implicita una catena di causa effetto del tutto generale:
l’apprendimento organizzativo è la causa dello sviluppo di processi
adeguati attraverso i quali si soddisfano i bisogni dei clienti.
119
Quanto precedentemente esposto può essere così schematizzato:
ROI
Fedeltà del cliente
Capacità di risposta
Processo di gestione della prenotazione
Competenze
Prospettiva dei processi interni
Prospettiva del cliente
Prospettiva economico-finanziaria
Prospettiva dell’apprendimento
Una seconda condizione affinché le BSC abbiano successo è che tale
sistema, come nel caso del modello precedentemente analizzato, sia
fortemente condiviso dal top management.
Tutti i sistemi di rilevazione della performance, per concludere, devono
essere parte integrante del sistema di controllo direzionale complessivo e
non, invece, sistemi indipendenti.
120
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