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INDICE

Cos'è questo opuscolo?.................................................................................................................5

Il progetto QUALIFORM "Strategie ecosostenibili per la produzione di

formaggi a pasta filata lucani di qualità" ........................................................................7

I partner di QUALIFORM .............................................................................................................9

1. Migliorare la qualità di filiera a partire dall’allevamento: strumenti di

verifica del benessere animale ......................................................................................... 19

2. Innovazioni impiantistiche e per l’automazione nel caseificio ........................... 24

3. Colture starter e aggiuntive, microbiologia delle paste filate. ............................ 52

4. Valutazione della qualità in termini di composizione e impatto aromatico.

........................................................................................................................................................ 74

5. L’analisi sensoriale: uno strumento per la definizione delle caratteristiche

percepibili di un prodotto e per la verifica della sua accettabilità. ............... 103

6. Sviluppo di formaggi a pasta filata ad elevata valenza salutistica ................. 114

7. Impiego di atmosfere protettive per il prolungamento della shelf-life di

prodotti lattiero-caseari freschi ................................................................................... 120

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Cos'è questo opuscolo?

Quest'opuscolo ha lo scopo di presentare i principali risultati scientifici ed applicativi del progetto QUALIFORM "Strategie ecosostenibili per la produzione di formaggi a pasta filata lucani di qualità", cofinanziato dalla Regione Basilicata e dalla UE nell'ambito della Misura 124HC del FEASR. Come tale l'opuscolo non è una pubblicazione scientifica (è opinione di chi scrive che i risultati scientifici di buona qualità debbano essere pubblicati, nella forma adeguata, su riviste scientifiche di alto impatto) e non può comprenderne in dettaglio gli elementi (analisi bibliografica e di contesto, materiali e metodi, risultati e loro discussione, bibliografia) ma presenta piuttosto un riassunto delle attività svolte dalle diverse unità di ricerca coinvolte, destinato ad un pubblico con competenze tecniche di base e ai valutatori del progetto. Al momento della scrittura di questo volume i risultati sono già stati sottoposti per la pubblicazione sotto forma di 2 articoli scientifici, il cui processo di revisione è in via di completamento, e presentati ad un convegno internazionale (LAB11, Egmond an Zee, NL). Il nostro obiettivo, entro circa 6 mesi dalla conclusione del progetto, è di pubblicare i risultati in almeno 6 articoli su riviste internazionali, un risultato più che discreto, dato il carattere prevalentemente applicativo del progetto. D'altra parte questo volume rappresenta solo una parte delle attività di divulgazione del progetto. Il materiale è organizzato in 7 sezioni, relative all'attività svolta dai diversi gruppi di ricerca, generalmente in collaborazione fra loro:

1. Migliorare la qualità di filiera a partire dall’allevamento: strumenti di verifica del benessere animale

2. Innovazioni impiantistiche e per l’automazione nel caseificio 3. Colture starter e aggiuntive, microbiologia delle paste filate 4. Valutazione della qualità in termini di composizione e impatto

aromatico 5. L’analisi sensoriale: uno strumento per la definizione delle

caratteristiche percepibili di un prodotto e per la verifica della sua accettabilità

6. Sviluppo di formaggi a pasta filata ad elevata valenza salutistica 7. Impiego di atmosfere protettive per il prolungamento della shelf-life

di prodotti lattiero-caseari freschi Da oltre 6 mesi abbiamo avviato la pubblicazione dei risultati e le attività di divulgazione su un sito web (http://qualiform.wordpress.com) e verranno presentati durante il convegno di chiusura del progetto, che si svolgerà presso

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la Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali dell'Università degli Studi della Basilicata il 3/10/2014, con una platea di ricercatori, organizzazioni di produttori e trasformatori, tecnici del settore, studenti, e rappresentanti del governo regionale. Per assicurarne la massima diffusione, quest'opuscolo, oltre ad essere prodotto in forma cartacea, verrà distribuito in formato elettronico durante il convegno e reso disponibile sul sito del progetto. Confidiamo che l'output del progetto, nelle sue diverse forme (opuscolo, convegno, sito web) possa stimolare l'interesse dei produttori verso l'innovazione tecnologica nel settore dei formaggi a pasta filata tipici e del sistema della ricerca e della produzione verso nuove iniziative di ricerca e sviluppo nell'ambito del PO FESR 2014-2020. A tutti coloro che hanno contribuito attivamente alla realizzazione di questo opuscolo va il mio più vivo ringraziamento. Il responsabile scientifico Prof. E. Parente

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Il progetto QUALIFORM \"Strategie ecosostenibili per la

produzione di formaggi a pasta filata lucani di qualità

Acronimo: QUALIFORM Partnership: aziende agricole: Masserie Saraceno, Atella e Az. Bochicchio Rocco, Filiano; aziende di trasformazione: Fattorie Donna Giulia S.r.l., Atella; enti di ricerca: Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali, Università degli Studi della Basilicata; Consiglio per la Ricerca e sperimentazione in Agricoltura CRA-ZOE, Bella; Istituto di Scienze dell'Alimentazione - CNR - Avellino. Misura di finanziamento: Misura 124HC Comparto: Ristrutturazione del settore lattiero-caseario Ambito geografico di intervento: area D.1 della Regione Basilicata “Area ad agricoltura con modelli organizzativi più avanzati”, Distretto Agro-alimentare del Vulture Contributo pubblico ammesso: € 671.759,61 (di cui circa il 40% per attività di ricerca) Costo totale progetto: € 959.656,59 QUALIFORM prevede la cooperazione tra soggetti economici regionali che partecipano a filiere produttive del comparto lattiero caseario e tre enti di ricerca (Università degli Studi della Basilicata, CRA-ZOE, ISA-CNR) per migliorare la qualità, la sostenibilità ambientale e il valore aggiunto delle produzioni casearie tradizionali lucane attraverso interventi su benessere e salute degli animali, investimenti per il completamento di una struttura di trasformazione esistente, miglioramento dei processi di lavorazione e dei sistemi di colture starter e della logistica di distribuzione, il tutto supportato da tecnologie innovative nella progettazione e realizzazione d’impianti da caseificio. Le aziende di produzione primaria coinvolte ricadono nel Distretto Agro-alimentare del Vulture, vocato alla zootecnia da latte ed alla trasformazione lattiero-casearia, dispongono di significativi quantitativi di latte di alta qualità ed appartengono a l’unica O. P. Latte riconosciuta in Basilicata (ca. 500 q.li di latte al giorno di alta qualità). Gran parte di questo latte è commercializzato fuori regione per carenza di strutture di trasformazione e di logistica di distribuzione. Gli interventi previsti hanno lo scopo principale di garantire migliori condizioni di competitività e di sbocchi su nuovi mercati. Il progetto è articolato, per le aziende partner, in interventi di acquisto di attrezzature da destinare alla produzione primaria ed alla trasformazione, che saranno inseriti nelle OR1 e 2. La parte relativa alla ricerca e divulgazione è organizzata in 5 Obiettivi Realizzabili (OR), coordinati dal Responsabile

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scientifico e divise in azioni corrispondenti a prodotti materiali e immateriali: OR1. Miglioramento degli aspetti qualitativi, nutrizionali ed etici della produzione del latte; OR2. Sviluppo di macchine innovative; OR3. Ottimizzazione della produzione di paste filate fresche e stagionate; OR4. Prove di trasformazione pilota con i sistemi tradizionali e innovativi per confrontare i prodotti da un punto di vista qualitativo e sensoriale; OR5. Divulgazione e trasferimento I risultati avranno ricadute immediate per le aziende coinvolte ma possono essere rapidamente trasferiti a tutte le aziende Lucane del comparto, e riguardano: a. miglioramento della qualità del latte (sistemi di alimentazione e allevamento); b. miglioramento dell'efficienza del processo di trasformazione, dell'impatto ambientale e della qualità e sicurezza del prodotto finito (macchine e impianti, sistemi di colture starter e di confezionamento); c. miglioramento delle performance economiche ed ambientali delle aziende (qualità dei prodotti, shelf-life, sbocchi di mercato). La divulgazione sarà articolata in: corsi di formazione (aziende di produzione primaria) per trasferire le innovazioni relative al benessere animale e ai sistemi di alimentazione e gestione del benessere animale; lavorazioni dimostrative per trasferire le innovazioni relative al processo di trasformazione (macchine, processi, sistemi di colture starter) per casari e aziende di trasformazione; Congresso Tecnico-Scientifico ed attività di degustazione presso punti vendita ed attività di Fattorie Didattiche per illustrare la filiera.

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I partner di QUALIFORM

Le aziende. Az. Masserie Saraceno di D.e M. Società Semplice Agricola (AMS), di tipo coltivatrice-capitalistica, ha il proprio centro nel Comune di Atella (PZ), in C.da Cartofiche; dista circa 5 km dal centro abitato di Atella. Il centro aziendale è l’intera SAU aziendale che ammonta ad Ha 93.78.19 ricadono in catasto sul

foglio 45 del Comune di Atella. L’azienda dispone di una quota individuale di produzione di latte pari a 19596 q.li, produce latte di alta qualità ed è strutturata e gestita nel pieno rispetto delle norme igienico sanitarie, di benessere degli animali e di tutela dell’ambiente e del territorio. L’azienda da sempre si è orientata verso l’allevamento di bovine

da latte di razza Frisona Italiana; tutti i capi allevati sono regolarmente iscritti al LL.GG. e sottoposti ai controlli funzionali ufficiali. Nel corso di questi ultimi anni, sono stati realizzati alcuni interventi che hanno interessato il settore zootecnico: l’azienda, infatti, ha ammodernato tutte le strutture volte all’allevamento degli animali. L’azienda è dotata di una sala di mungitura con un impianto da 20 poste, una sala latte e una di attesa per le vacche. Inoltre è stata realizzata una pre-vasca nella quale le deiezioni confluiscono, attraverso l’utilizzo delle ruspette e di nastro trasportatore di liquame. Successivamente, queste vengono inviate, attraverso una pompa autoadescante, al separatore: la parte liquida viene poi inviata alla vasca per lo stoccaggio dei liquami e la parte solida all’annessa concimaia. Le deiezioni vanno a costituire il liquame ed il letame che, opportunamente stoccati, vengono cosparsi direttamente sugli appezzamenti dell’azienda. Contatti: Dott. M. Saraceno [email protected] Az. Bochicchio Rocco (PROPONENTE PRINCIPALE) è di tipo coltivatrice, situata in parte nel Comune di Filiano (PZ), ed in parte nel comune di Atella (PZ). Il centro aziendale ricade nel comune di Filiano, alla C.da Inforchia n°39. La SAU totale tra terreni condotti in affitto e

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terreni in proprietà ammonta a circa Ha 22,00. L’azienda dispone di una quota individuale di produzione di latte di 5.445 q.li, produce latte di alta qualità ed è strutturata e gestita nel pieno rispetto delle norme igienico sanitarie, di benessere degli animali e di tutela dell’ambiente e del territorio. L’azienda da sempre si è orientata verso l’allevamento di bovini da latte: attualmente sono allevati circa 120 capi di razza Frisona Italiana e Jersey. L’azienda è dotata di strutture idonee, di recente costruzione, per l’allevamento dei bovini da latte a stabulazione libera con cuccette. Inoltre, dispone di un sistema di mungitura di elevata tecnologia VMS De Laval (Sistema volontario di mungitura). Tale sistema consente una riduzione dei costi di produzione ed una attenta gestione della mandria con ripercussioni positive sul benessere degli animali e sullo stato di salute degli stessi. Contatti: Dott. Agr. Rocco Bochicchio [email protected]

La società Fattorie Donna Giulia S.r.l. è stata costituita il 22-01-2000; la base sociale è rappresentata da Saraceno Marco, Saraceno Paola e Bochicchio Rocco. Legale rappresentante della società è il socio Saraceno Marco il quale detiene il 51% delle azioni, la Socia Saraceno Paola detiene il 19% ed il socio Bochicchio Rocco detiene il 30%. L’azienda è iscritta nel registro delle

imprese della Camera di Commercio CCIAA di Potenza con il numero REA 109126, P.iva 01405840768, ed opera nel settore agro-alimentare, ai sensi del regolamento CE 178/2002 con la piena applicazione di tutti i requisiti previsti dai Regolamenti CE 852/2004 ed 853/2004, dal 02-01-2008. L’azienda ha attivato le seguenti tipologie di attività: TRASFORMAZIONE (10.51.1 – trattamento igienico e confezionamento latte fresco; 10.51.2- produzione derivati del latte).LogoFDGL’azienda ad oggi produce Latte e yogurt. Per quanto riguarda la tipologia latte, si produce Latte Fresco di Alta qualità, Latte Fresco Parzialmente scremato confezionati in bottiglie di PET da lt. e ½ lt., in bottiglie di vetro da 750 ml. ed in dame da 5 lt. Per quanto riguarda la tipologia Yogurt si producono ben 12 gusti di Yogurt da bere in confezioni PET da ½ lt., PET da 200 ml ed in dame da 3 lt.. L’azienda dispone di una struttura suddivisa in un blocco industriale ed un blocco a servizi ed uffici. La superficie è suddivisa nelle seguenti aree: area ricevimento e stoccaggio latte, area C.I.P. di lavaggio; area trattamento e confezionamento latte e Yogurt; area lavorazione latte; aree magazzino materie prime di confezionamento; area

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celle refrigerate; aree imballaggi e spedizione; locale quadri elettrici Servizi igienici e spogliatoi, locale caldaie area uffici tecnici/amministrativi/laboratorio. In azienda, inoltre, sono presenti tutti i servizi ausiliari, necessari per la produzione di Formaggi a Pasta Filata Lucani di Qualità, quali tank di stoccaggio latte, CIP di Lavaggio, Centrale Termica, Centrale acqua gelida e celle di stoccaggio dei prodotti finiti. Contatti: Dott. Agr. Rocco Bochicchio [email protected] http://www.fattoriedonnagiulia.it/it/home.asp

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Gli enti di ricerca. La Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali dell'Università della Basilicata è coinvolta nel progetto con tre gruppi di ricerca dalle competenze fortemente integrate.

Il Laboratorio di microbiologia industriale ha un esperienza più che ventennale nella microbologia degli alimenti fermentati, con particolare enfasi sulle produzioni tipiche, e in microbiologia industriale. Il laboratorio dispone di una nutrita collezione di ceppi di microrganismi utili isolati da alimenti fermentati lucani, ed ha sviluppato colture starter o aggiuntive per formaggi (mozzarella, caciocavallo, Canestrato di Moliterno stagionato in fondaco IGP), salumi (salsiccia e soppressata lucana) e pani tipici (Cornetto di Matera

IGP). Il respponsabile del laboratorio, Prof. Eugenio Parente, è il responsabile scientifico del progetto QUALIFORM, nell'ambito del quale il laboratorio ha fornito il supporto microbiologico alle OR3, OR4 e OR5, progettando starter a composizione definita per la produzione di paste filate a breve stagionatura (scamorze, silani) per la realizzazione di prove di caseificazione; ha sviluppato colture naturali per la produzione di mozzarelle tradizionali, seguendo la dinamica delle comunità microbiche e valutando la variabilità delle proprietà tecnologiche, e sta conducendo uno studio su qualità microbiologica e shelf-life della mozzarella. Il laboratorio di Microbiologia industriale, anche grazie agli investimenti realizzati in questo progetto, è in grado di formire un ampio spettro di servizi conto terzi per lo sviluppo di nuovi prodotti e processi e per il controllo e l'assicurazione qualità nelle produzioni casearie. Contatti Prof. Eugenio Parente [email protected] http://www2.unibas.it/parente/wordpress/ Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e Ambientali (SAFE), Università degli Studi della Basilicata - Via dell’Ateneo Lucano, 10 – 85100 Potenza Il gruppo DiSPA, promuove da tempo, con la propria attività sperimentale e di divulgazione dei risultati in ambito internazionale, nazionale e regionale, l'adozione di tecniche di allevamento che migliorino il benessere animale e le caratteristiche qualitative dei prodotti. In particolare, lo studio delle tematiche relative allo sviluppo compatibile della zootecnia lucana ha consentito la rivalutazione del rapporto "animale - ambiente" come strumento di

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miglioramento della qualità reale e percepita delle produzioni. Le attività di questo gruppo hanno riguardato in primo luogo la valutazione del benessere dei bovini nelle aziende coinvolte direttamente nel progetto, applicando differenti metodi e comparando i risultati con quelli rilevati in altre aziende di bovine da latte. Dal punto di vista della qualità, il gruppo si è impegnato nella valutazione sensoriale di alcuni prodotti a pasta filata, in relazione a diverse tecnologie di processo, quali l’uso di starter e tipi di latte differenti, il tempo diverso di stagionatura e un liquido di governo innovativo. La valutazione sensoriale ha riguardato l’analisi descrittiva, mirata a caratterizzare i diversi prodotti, e i test sui consumatori per valutare il grado di accettabilità degli stessi, studiare la preferenza individuale per gruppi omogenei di consumatori e identificare specifici descrittori sensoriali quali driver della preferenza. Sono state svolte, inoltre, alcune indagini sui consumatori volte a individuare quale prodotto venisse associato preferibilmente al marchio delle aziende coinvolte e quali fossero i fattori “determinanti” del comportamento del consumatore al momento dell’acquisto e del consumo dei prodotti oggetto di studio. Contatti Prof. F. Napolitano [email protected]; Prof. Ada Braghieri [email protected]; Dott.ssa Amelia Riviezzi [email protected]; Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e Ambientali (SAFE), Università degli Studi della Basilicata - Via dell’Ateneo Lucano, 10 – 85100 Potenza Il gruppo di lavoro che opera sulle Macchine e Impianti per le Industrie

Agroalimentari è coordinato dal Prof. G.C. Di Renzo ed afferisce alla Scuola di

Scienze Agrarie Forestali Ambientali ed Alimentari dell’Università degli Studi

della Basilicata, da oltre 20 anni cura la ricerca e la didattica su tematiche relative

alle Macchine e Impianti per le Industrie Alimentari, curando lo sviluppo di

innovazioni impiantistiche e di processo nella meccanizzazione dei principali

processi agroindustriali, con particolare riferimento al settore lattiero-caseario,

oleario, vitivinicolo e della post raccolta di frutti e vegetali. Il gruppo dispone di 2

laboratori ove vengono svolte le attività di ricerca, le tesi sperimentali e le

esercitazioni dei corsi, utilizzando prototipi da laboratorio generalmente

autocostruiti o modificati per soddisfare specifiche necessità di processo

(ultrafiltrazione, osmosi inversa, centrifugazione, filtrazione, liofilizzazione, ecc.).

Inoltre, all’esterno delle strutture universitarie, presso aziende che collaborano

all’attività di ricerca, sono installati diversi impianti pilota in scala industriale. Nei

laboratori sono disponibili tutte le strumentazioni per analisi chimiche e misure di

grandezze fisiche finalizzate al controllo di processo e della qualità della

lavorazione relativamente alle macchine e impianti utilizzati per le prove

sperimentali.

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La composizione del gruppo è la seguente: Prof. Giovanni Carlo Di Renzo, Professore Ordinario di Meccanica Agraria, Docente del Corso di Macchine e Impianti per le Industrie Alimentari nel C.d.L. in Tecnologie Alimentari e del Corso “Engineering for quality food production – Machines and plant for the mediterranean hig quality agro-food industry productions nel C.d.L. Magistrale Edamus. Prof. Ing. Giuseppe Altieri, Ingegnere elettronico esperto nella progettazione di

impianti, Professore Associato del Gruppo di Meccanica Agraria della Scuola di

Scienze Agrarie,Forestali, Alimentari e Ambientali dell’Università degli Studi della

Basilicata, docente del corso di “Automazione e Controllo dei processi agro-

industriali”;

Dott. Francesco Genovese, Tecnologo Alimentare, Ricercatore di Meccanica

Agraria della Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e Ambientali

dell’Università degli Studi della Basilicata, esperto dei processi produttivi agro-

alimentari;

Dott.ssa Antonella Tauriello (collaboratrice esterna), Dottore di Ricerca in

Economia e Ingegneria Agro-alimentari, Forestali e Ambientali, Tecnologa

Alimentare, esperta nel controllo dei prodotti e processi dell’industria alimentare;

Sig. Luciano Scarano, Perito industriale e tecnico del Laboratorio di Proprietà

fisico-meccaniche degli alimenti, esperto in assemblaggio di impianti alimentari e

frigoriferi.

Contatti: tel.: +390971205470 - +390971205256 Prof. Giovanni Carlo Di Renzo [email protected]

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CRA-ZOE – Unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva

L’Unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva nasceva a Bella nel 1911, come Regio Istituto Zootecnico, per espressa volontà del lucano Francesco S. NITTI, Ministro dell’Agricoltura. Nel 1924, sotto la direzione di Nicola Stigliani, il Regio Istituto si costituisce in Ente morale consortile con gli Enti locali. Nel 1955 il Ministero intervenne per dare nuovo slancio all’attività sperimentale, dotando la sede di un’azienda sperimentale a Potenza, Viale del Basento (laboratori e centro di fecondazione artificiale), un osservatorio avicolo e di un’azienda di monticazione a monte Li Foy (nel comune di Potenza), a 1236 m slm. Nel 1967, in applicazione del DPR 1318, l’Istituto Zootecnico per la Lucania entra a far parte dell’Istituto Sperimentale per la Zootecnia di Roma. Dal 1999 con Decreto Legislativo n. 454, la sede è confluita nel CRA, Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura, ed ha acquisito le strutture e le competenze della Sezione periferica di Foggia dell’Istituto Sperimentale per la Zootecnia (nasceva nel 1921 come Ovile Nazionale). L’Unità di Ricerca, nell’attuale organizzazione del CRA, si occupa dell’allevamento, del benessere, dell’alimentazione, della riproduzione e della conservazione della biodiversità nei piccoli ruminanti, con attività prevalenti nei settori della produzione e trasformazione dei loro prodotti, in particolare per la valorizzazione delle razze ovine e caprine italiane nonché delle razze bovine autoctone dell'Italia meridionale e della qualità delle loro produzioni tipiche e dei loro sottoprodotti.

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Il CRA-ZOE ha partecipato alla realizzazione delle attività previste nell’ambito dell’OR3 “Ottimizzazione della produzione di paste filate fresche e stagionate”, curando le lavorazioni sperimentali e fornendo supporto (caseificio, analisi di laboratorio, ecc.) alle attività delle altre Unità. Si è occupato, inoltre, della “oggettivizzazione” della “alta qualità” di scamorze, Caciocavallo Silano e mozzarella, effettuando analisi chimiche e gascromatografiche (VOC e profilo acidico), ecc. Sta mettendo a punto un metodo rapido di valutazione della shelf-life del fior di latte utilizzando misurazioni effettuate con naso elettronico e colorimetro. Contatti: Dott. Salvatore Claps CRA-ZOE – Unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva Via Appia, Bella Scalo 85054 Muro Lucano (Pz) Tel. 0976/72915 http://www.entecra.it [email protected]

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L’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ISA-CNR, con sede nel centro della citta’ di Avellino, è uno dei più grandi istituti di ricerca nel campo delle scienze dell’alimentazione e della nutrizione dell’Italia meridionale. La sua missione e’ svolgere attività di ricerca, di valorizzazione, trasferimento tecnologico e formazione relativamente alle seguenti tematiche: studi sulla

composizione e qualita’ nutrizionale degli alimenti; valutazione degli effetti dell’alimentazione sulla salute umana; caratterizzazione e valorizzazione di alimenti tipici della dieta mediterranea; genomica, proteomica e bioinformatica delle scienze dell’alimentazione. L’Istituto vanta competenze multidisciplinari orientate sia all'approfondimento delle conoscenze di base sia all'elaborazione di metodologie innovative per la produzione e l'analisi dei prodotti agro-alimentari. Le aree di ricerca spaziano dalle tecnologie alimentari al controllo della qualità e della sicurezza degli alimenti, dalla caratterizzazione del modello alimentare mediterraneo agli studi in popolazioni. Nell’ambito del progetto QUALIFORM l’Istituto è stato conivolto nell’OR3 - Ottimizzazione della produzione di paste filate fresche e stagionate, per la realizzazione delle azioni 3.2. Sviluppo di starter primari, aggiuntivi e probiotici per paste filate fresche e stagionate e 3.3. Sviluppo di sistemi di bio-conservazione e confezionamento della Mozzarella. Contatti: Dott.ssa A. Reale Via Roma, 64 83100 – Avellino (Italia) 0825 299 111 – Fax 0825 78158 [email protected] http://www.isa.cnr.it

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Le attività di ricerca e sviluppo del progetto.

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1. Migliorare la qualità di filiera a partire dall’allevamento:

strumenti di verifica del benessere animale

F. Napolitano, A. Braghieri, A. Riviezzi - Scuola SAFE, Università degli Studi della Basilicata, Potenza (PZ) Nei paesi economicamente più avanzati la percezione di qualità da parte dei consumatori ha subito una progressiva trasformazione, passando dal concetto di “qualità di prodotto” a quello di “qualità di processo produttivo”. Controllare il processo produttivo significa non solo garantire elevati standard nutrizionali, salutistici e igienico-sanitari di un prodotto, prerequisiti fondamentali per i consumatori, ma anche poter fornire informazioni relative ad altri aspetti “etici” della filiera, quali la sostenibilità ambientale del processo produttivo e il benessere degli animali utilizzati. A questo riguardo, la certificazione di filiere rispettose del benessere animale è un tema ampiamente dibattuto a livello comunitario (EC, 2009); in altri paesi sono già diffuse produzioni certificate a garanzia del benessere animale. A titolo di esempio si può ricordare la “Humane Farm Animal Care”, un’organizzazione statunitense no profit impegnata a garantire il benessere degli animali nel corso della loro carriera produttiva; oppure la filiera “Animal Welfare Approved”, che certifica e sostiene le aziende che allevano i propri animali rispettando elevati standard di benessere in Canada; mentre in Europa sono presenti marchi relativi al benessere in Francia (Label Rouge), Regno Unito (Freedom Food, Red Tractor), Svizzera (Naturafarm), Germania (Neuland) e Olanda (Beter Leven).

La garanzia di elevati standard etici della filiera produttiva rappresenta una valida strategia di marketing per differenziare il prodotto e aumentarne la

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competitività commerciale. L’adozione di schemi di monitoraggio del benessere animale permette sia di individuare problematiche di benessere all’interno dell’azienda, sia la certificazione del livello di benessere. L’indagine bibliografica svolta nelle fasi iniziali del progetto ha permesso di individuare tre sistemi di monitoraggio del benessere a livello aziendale tutti potenzialmente utilizzabili ai fini della certificazione del benessere in azienda. L’Animal Needs Index 35 L (ANI) è il primo schema di valutazione specificamente messo a punto per i bovini ed è stato ampiamente utilizzato in Austria e in Germania già a partire dagli anni ’90 per certificare le aziende biologiche in materia di benessere animale (Bartussek et al., 2000). L’Indice Benessere Sata (IBS) è una scheda di valutazione molto snella, la prima sviluppata in Italia per i bovini da latte, messa a punto dal Servizio di Assistenza Tecnica agli Allevamenti (S.A.T.A.) della Regione Lombardia. Il sistema di monitoraggio messo a punto nell’ambito del progetto Welfare Quality (WQ) è il più recente e l’unico che sia stato anche validato scientificamente (Welfare Quality®, 2009). Inoltre, lo schema WQ è l’unico a essere prevalentemente basato su misure rilevate direttamente sugli animali, poiché tutti gli altri metodi disponibili sono, invece, essenzialmente basati sull’uso di indicatori relativi alle strutture e alle tecniche di allevamento. L’ANI è un sistema a punti che prende in considerazione cinque aspetti fondamentali del sistema di allevamento: deambulazione; interazioni sociali; pavimentazione; luce e aria; management. Teoricamente, il punteggio ANI può assumere ogni valore compreso tra –9 e +46. Le categorie di punteggio previste dall’ANI sono le seguenti: <11 (Non rispettoso del benessere); 11 - <16 (Poco rispettoso del benessere); 16 - <21 (Non del tutto rispettoso del benessere); 21 – 24 (Mediamente rispettoso del benessere); >24 – 28 (Rispettoso del benessere); >28 (Molto rispettoso del benessere). Per la valutazione del benessere secondo la scheda IBS si dispone complessivamente di 100 punti, da ripartire in 8 aspetti principali: Cuccette (30), Ventilazione (15), Acqua (10), Corsie (10), Mungitura (10), Sovraffollamento (10), Struttura (10), Pavimento (5). Gli autori della scheda ripartiscono le aziende in funzione delle seguenti classi di merito: 0-40 (Insufficiente), 41-60 (Sufficiente), 61-100 (Buono). Il sistema di valutazione WQ per bovini da latte si basa sul rispetto di 4 Principi, articolati in 12 Criteri: Alimentazione corretta (soddisfacimento delle esigenze nutrizionali, soddisfacimento delle esigenze idriche), Stabulazione adeguata (comfort durante il riposo, comfort termico, facilità di movimento), Buona salute (assenza di lesioni, assenza di patologie, assenza di dolore indotto da pratiche manageriali), Comportamento appropriato (espressione del comportamento sociale, espressione di altri comportamenti, rapporto uomo-animale, stato emotivo). Ciascun criterio prevede la registrazione di vari indicatori che in totale sono 30. I punteggi totali sono variabili da 0 a 100 e il giudizio globale prevede 4 classi di merito: Not classified, Acceptable,

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Enhanced, Excellent. Per verificare l’affidabilità dei tre sistemi è stata condotta una sperimentazione che ha coinvolto sia le aziende partecipanti al progetto, sia altre aziende bovine da latte. Le rilevazioni sono state condotte da un unico rilevatore addestrato, su 20 aziende lucane e campane. Il tempo medio impiegato per la raccolta dei dati è stato approssimativamente di 1 ora per l’ANI, 1 ora per l’IBS e 4 ore per WQ. In tutte le aziende visitate, la razza prevalentemente allevata è la Frisona italiana ad eccezione di alcune aziende, in cui è stata rilevata anche la presenza di capi appartenenti ad altre razze da latte (Bruna, Jersey, Pezzata Rossa). Tutte le aziende adottano come sistema di allevamento la stabulazione libera con cuccette. Si tratta pertanto di un campione abbastanza omogeneo dal punto di vista sia del tipo genetico, sia del sistema di allevamento adottato. Considerando il metodo di valutazione IBS, le due aziende partecipanti al progetto non presentano carenze gravi in nessuno degli aspetti considerati, ad eccezione della pavimentazione nell’azienda 2 (il punteggio pari a 0 per questo aspetto è dovuto alla presenza di cemento liscio; va, tuttavia, sottolineato che il punteggio massimo per questo aspetto è pari a 5), e ciò si riflette in un punteggio totale che per entrambe è superiore a 50 (punto centrale dei punteggi teoricamente assegnabili con il metodo IBS) e simile o superiore a quello medio delle aziende visitate (media ± ds = 58,2 ± 13,4). La maggior parte di esse presenta punteggi superiori a 60 (categoria Buono); solo 4 delle aziende visitate hanno evidenziato punteggi totali inferiori a 50 (Figura 1.1).

Figura 1.1 Distribuzione delle aziende per categoria di benessere secondo i tre metodi di valutazione utilizzati. Nel caso del metodo di valutazione ANI, analogamente a quanto osservato per il metodo IBS, le due aziende partecipanti al progetto non presentano carenze gravi in nessuno degli aspetti considerati, ad eccezione della pavimentazione nell’azienda 2 (il punteggio pari a 2 per questo aspetto è dovuto in questo caso alla scivolosità del piano di calpestio) e ciò si riflette in un punteggio totale abbastanza elevato che fa ricadere l’azienda 2 nella categoria “Rispettoso del benessere” (punteggio superiore a 24) e l’azienda 17 nella categoria “Molto rispettoso del benessere” (punteggio superiore a 28). Anche in questo caso il punteggio totale, che per entrambe è superiore a 18,5 (punto centrale dei punteggi teoricamente assegnabili con il metodo ANI), è simile o superiore a

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quello medio delle aziende visitate (media ± ds = 58,2 ± 13,4). Nessuna delle aziende visitate ha evidenziato punteggi totali inferiori a 18,5, (Figura 1.1) mentre la maggior parte di esse presenta punteggi superiori a 24 (categoria “Rispettoso del benessere”). Applicando il sistema WQ, sebbene le aziende partecipanti al progetto abbiano ottenuto dei punteggi superiori a 70 per i principi Corretta alimentazione e Stabulazione adeguata, nessuna delle due ha raggiunto il giudizio globale massimo (Excellent), poiché entrambe sono risultate carenti per i principi Buona salute e Comportamento appropriato (valori inferiori a 55). Tali aziende, tuttavia, sono rientrate nella categoria immediatamente inferiore (Enhanced) che corrisponde al giudizio globale più elevato riscontrato nel campione delle aziende visitate (Figura 1.1). Scendendo nel dettaglio delle singole variabili registrate, gli aspetti più critici per l’azienda 17 sono risultati la percentuale di zoppie pari al 12%, di cui il 4% gravi, e la percentuale di lesioni del tegumento (43%, di cui 16% gravi). Viceversa, per l’azienda 2 la percentuale di animali sporchi (ad esempio, il 73% degli animali presenta fianchi e porzione superiore degli arti posteriori sporchi) e i sintomi da raffreddamento (animali con tosse = 5%, animali con scolo nasale = 13%) sembrano gli aspetti da tenere sotto controllo. Un risultato interessante è che entrambe le aziende partecipanti al progetto hanno evidenziato valori più elevati rispetto alla media del campione se valutate con il sistema WQ, mentre i giudizi sono simili alle altre aziende se valutate con gli altri due metodi. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che queste due aziende, pur non adottando particolari accorgimenti a livello di strutture di allevamento, riescono ad assicurare elevati standard di benessere agli animali grazie a superiori capacità manageriali e tecniche. Pertanto, anche in queste due aziende, ottimizzando alcuni aspetti strutturali si potrebbero probabilmente ottenere ulteriori miglioramenti delle condizioni di benessere delle bovine allevate. Il calcolo del coefficiente di correlazione di Spearman (rs), utilizzato per verificare il grado di associazione esistente tra coppie di schemi (punteggi totali), ha evidenziato l’esistenza di una correlazione positiva fra i punteggi totali di ANI e IBS (rs=0.568; P=0.0174). Tali metodi di valutazione, pertanto, hanno classificato le aziende in maniera simile (Figura 1.1), probabilmente perchè entrambi si basano prevalentemente sull’impiego di variabili tecnico-strutturali (resource-based measures). Viceversa, non sono state osservate correlazioni significative tra WQ e ANI (rs =-0.002) così come tra WQ e IBS (rs

=0.173), probabilmente perché il sistema WQ è prevalentemente basato su variabili rilevate direttamente sugli animali (animal-based measures). Da un punto di vista operativo tutti e tre i sistemi risultano applicabili alla realtà zootecnica lucana, sebbene il WQ sembra più attendibile in quanto prevalentemente basato su indicatori animal-based. Tra i servizi che potrebbero essere potenzialmente offerti alle aziende rientra quello dell’applicazione di schemi di valutazione finalizzato alla

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verifica delle condizioni di benessere, sia per individuare fattori di rischio e risolvere problemi legati a condizioni di allevamento inadeguate, sia ai fini della certificazione del prodotto e l’acquisizione di fette di mercato sensibili a queste problematiche. Riferimenti bibliografici Bartussek H., Leeb C.H., Held S. 2000. Animal needs index for cattle. ANI 35

L/2000—cattle. Federal Research. Carlucci A., Monteleone E., Braghieri A., Napolitano F. 2009. Mapping The

Effect Of Information About Animal Welfare On Consumer Liking And Willingness To Pay For Yogurt. J. Sens. Stud. 24: 712–730.

Commissione delle Comunità Europee. 2009. Opzioni di etichettatura relative al benessere animale e l’istituzione di una rete europea di centri di riferimento per la protezione e il benessere degli animali. Brussels, 28.10.2009.

Napolitano, F., Pacelli C., Girolami A., Braghieri A. 2008. Effect of information about animal welfare on consumer willingness to pay for yogurt. J. Dairy Sci. 91: 910–917.

Steptoe A., Pollard T., Wardle J. 1995. Development of a Measure of the Motives Underlying the Selection of Food: the Food Choice Questionnaire. Appetite 25: 267–284.

Welfare Quality®. 2009. Welfare Quality assessment for cattle. Lelystad, Netherlands: Welfare Quality Consortium.

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2. Innovazioni impiantistiche e per l’automazione nel

caseificio

G. C. Di Renzo, G. Altieri, F. Genovese, A. Tauriello - Scuola SAFE, Università degli Studi della Basilicata, Potenza (PZ) Premessa Il mercato dei prodotti a pasta filata, con particolare riferimento alla mozzarella o fior di latte, è gestito a livello nazionale e internazionale da grandi produttori in grado di lavorare ingenti quantità di latte, con modalità tali da soddisfare la richiesta del mercato di prodotti con qualità e con caratteristiche costanti nel tempo. La problematica di mantenere nel tempo le caratteristiche qualitative e organolettiche del prodotto finito dipende dalla stretta correlazione che esiste tra la qualità finale della pasta filata e le caratteristiche della materia prima utilizzata (il latte) per la produzione e le scelte operative e tecnologiche adottate per la realizzazione del processo di produzione. La materia prima presenta un’elevata variabilità legata all’andamento stagionale e alla tipologia degli allevamenti di provenienza, mentre le scelte operative e tecnologiche dipendono da protocolli di produzione più o meno stabiliti e dalle decisioni del responsabile di produzione, che sulla base di rilievi e analisi dei campioni prelevati durante la lavorazione, valutati alla luce della propria esperienza, decide tempi e modi per l’esecuzione del processo. In tali condizioni, le grandi aziende sono favorite dalla dimensione economica del fatturato, che consente la promozione e l’esecuzione di attività ricerca e sviluppo interne, volte all’innovazione di prodotto e di processo e soprattutto alla definizione di protocolli che hanno l’obiettivo di rendere quanto meno è possibile “soggettivo” il processo decisionale del responsabile di produzione, poiché con tali decisioni si ottiene un prodotto che risulta difficilmente ripetibile e, quindi, non standardizzabile nel tempo. Pertanto, l’ingresso sul mercato di nuove realtà produttive di dimensioni medio piccole, quali quelle che possono nascere nel contesto produttivo della Regione Basilicata, risulta molto difficile se non viene supportato da una forte azione di ricerca e sviluppo che abbia la definizione del processo e del prodotto come obiettivo principale. Inoltre, tenendo conto della tradizione maturata in decenni di produzione di mozzarella e fior di latte e di paste filate in generale, appare necessario che una nuova realtà produttiva nel contesto regionale lucano sfrutti, come componente determinante della produzione, l’esperienza delle maestranze addette, con riferimento al casaro, per ottenere un prodotto di alta qualità che si differenzi dai prodotti industriali in termini di caratteristiche

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qualitative e organolettiche, ma che garantisca al consumatore una costanza nel tempo di tali caratteristiche. Con tale obiettivo la ricerca sull'innovazione impiantistica è stata articolata secondo le tre linee di attività: 1. la definizione di modelli per l’analisi on-line delle caratteristiche della

materia prima in ingresso all’impianto di produzione, per consentire al “casaro” un monitoraggio in continuo e in tempo reale di tutte le caratteristiche del latte in ingresso e quindi di avere un supporto di informazioni tale da poter arrivare a un processo decisionale con la maggiore quantità di informazioni possibile, senza dover attendere i tempi tecnici di un campionamento e di un’analisi nel laboratorio aziendale o addirittura in un laboratorio esterno all’azienda;

2. la definizione delle caratteristiche delle superfici di contatto tra la macchina filatrice e la cagliata. Tale attività è scaturita dall’esigenza di verificare la possibilità di eliminare dalle superfici di contatto con la cagliata il teflon, materiale inerte a bassissimo coefficiente di attrito, ma che nel lungo periodo, a causa dell’usura, può dar luogo a micro cessioni di frammenti con conseguente inquinamento del formaggio trattato;

3. il monitoraggio di tutti i parametri operativi dell’operazione di filatura, nonché delle condizioni di funzionamento della macchina filatrice, al fine di verificare e monitorare sia i parametri di processo che le condizioni operative decise dal responsabile di produzione per ottenere la tipologia di formaggio stabilita. In particolare durante la lavorazione della macchina filatrice sono stati monitorati: pH, conducibilità e temperatura dell’acqua di filatura, coppia e numero di giri degli organi di filatura, caratteristiche reologiche della pasta inviata alla formatrice.

Quindi, partendo dalla disponibilità a basso costo di nuove tecnologie per la realizzazione di sensori, controllori e software di monitoraggio, nonché da una vasta esperienza maturata con la produzione tradizionale, l’attività di ricerca ha consentito di realizzare due obiettivi: 1. fornire un supporto di informazioni al responsabile di produzione per

poter intervenire in modo consapevole e, di conseguenza, trasformare una decisione basata prevalentemente sull’esperienza e spesso in modo empirico, in un processo decisionale basato su informazioni certe e ripetibili;

2. creare una banca dati di conoscenza per preservare e accrescere nel tempo la conoscenza del responsabile di produzione, fino ad arrivare ad un software per il controllo del processo di produzione di tipo esperto che utilizzando le informazioni e le esperienze accumulate nel corso del tempo costituisca la base della conoscenza di una nuova generazione di tecnologi che si dedicano al settore della produzione delle paste filate.

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2.1 Sistema per il controllo non distruttivo della qualità del latte vaccino al ricevimento Questa attività ha l’obiettivo di acquisire nuove conoscenze utili alla definizione di modelli di analisi non distruttive per il controllo di qualità del latte al ricevimento, tramite l’implementazione di sensori a basso costo operanti nel campo del vicino infrarosso (NIR). Le determinazioni basate su spettroscopia NIR sono ampiamente conosciute ed utilizzate per la determinazione di diversi parametri per il latte vaccino fra cui proteine, lattosio, residuo secco, lipidi, acidi grassi saturi, acidi grassi insaturi, conducibilità elettrica, pH, urea, contenuto di cellule somatiche e contaminazione batterica tuttavia sono scarse le applicazioni su scala industriale. Pertanto, sono stati definiti gli algoritmi di calibrazione che, operando una selezione tra i vari modelli statistici disponibili anche in bibliografia scientifica, e con il supporto del software Matlab, portano all’individuazione del miglior modello di calibrazione da utilizzare per il parametro scelto. Grazie alla sua versatilità, la spettroscopia NIR può essere considerata una tecnica dall’enorme potenziale applicativo in un settore particolare come quello lattiero caseario, caratterizzato da un’elevata diversificazione di prodotti. Inizialmente questa tecnica, che consente di effettuare numerose analisi di composizione dei prodotti, era impiegata solo per analizzare alimenti a basso contenuto d’acqua, mentre attualmente è possibile analizzare tutte le tipologie di prodotti alimentari per ottenere risultati di carattere qualitativo e quantitativo. Le prime applicazioni nel settore lattiero caseario si limitavano al latte in polvere (Barabassy, 2001; Nagarajan et al., 2006), al fine di verificarne il possibile utilizzo per determinazioni quantitative dei maggiori costituenti quali grasso, proteine, lattosio. Queste stesse analisi sono condotte ancora oggi in merito alla possibilità di definire la regione spettrale ottimale. Wu et al. (2008) hanno evidenziato come l’utilizzo della regione ad onde corte dell’infrarosso (700-1100 nm) (short-wave) dia ottimi risultati perché capace di penetrare più profondamente nel campione. Col passare degli anni, gli sviluppi tecnologici, che hanno interessato sia la parte hardware che software degli strumenti, hanno permesso di estendere il campo applicativo della spettroscopia NIR anche ai formaggi e ad altri derivati del latte (burro) e risulta possibile valutare eventuali alterazioni o adulterazioni. Ad esempio Adamopulos et al. (2001) hanno effettuato sei campionature del tradizionale formaggio greco, il Feta, che sono state oggetto di studio al fine di poterne controllare l’intero processo produttivo e di caratterizzarle mediante calibrazione di tre parametri: umidità, proteine e grasso.

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I campioni di latte, prelevati da allevamenti della provincia di Potenza, mantenuti a 4°C prima delle analisi, sono stati omogeneizzati e portati a 25°C per l’effettuazione delle letture spettrometriche. Il campione, prelevato per mezzo di una pipetta Pasteur, è stato posto in cuvetta di quarzo (cammino ottico 1mm) e alloggiata nell’apposita sede per la lettura. Acqua demineralizzata è stata usata come riferimento. Per la messa a punto dei modelli predittivi è stato impiegato uno spettrofotometro AvaSpec NIR256 a fibre ottiche e gli spettri ottenuti sono stati acquisiti mediante il software AvaSoft-Basic (Figura 2.1).

Figura 2.1. Componenti del sistema di lettura impiegato per l’attività sperimentale. Lo spettrofotometro modello AvaSpec-NIR256 prodotto da Avantes basato sul design Czerny-Turner con un detector InGaAs Array con 256 pixel. AvaSpec-NIR256 include un convertitore analogico/digitale 16 bit ed un’interfaccia USB2.0 ad alta velocità. Una scelta di tre reticoli con diverse dispersioni e angoli d’inclinazione permette applicazioni in un intervallo di 900-2500 nm. Una connessione digitale IO permette l’azionamento e il controllo delle sorgenti di luce pulsante. L’interfaccia USB2.0 permette un’elevata velocità di campionamento, pari a 940 spettri al secondo, e di trasferimento dei dati pari a 1.56 msec. La sorgente luminosa utilizzata è AvaLight-HAL tungsteno alogeno, essa è connessa al connettore SMA mediante fibre ottiche. Le fibre ottiche sono utilizzate per trasportare la radiazione luminosa, queste dispongono di un nucleo centrale dallo spessore tra 50 micron e 1 mm. Il cuore della fibra è costruito in silice pura. Lo spettrofotometro è collegato tramite una porta USB ad un computer sul quale è installato il software di gestione dello strumento, l’Avasoft BASIC. Il segnale registrato dal sensore viene digitalizzato e acquisito da un computer tramite il software di gestione. Il software registra e permette di visualizzare in forma grafica lo spettro NIR del campione. La regione grafica del display posiziona i dati in un sistema di assi cartesiani xy inserendo sull’asse delle x la lunghezze d’onda in nm e sull’asse delle y

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l’intensità del segnale registrata dal detector (counts). Dopo aver caricato lo spettro del riferimento e del nero altre grandezze possono essere selezionate sull’asse delle y: assorbanza, trasmittanza o irradianza. Il programma di gestione inoltre permette di variare alcuni parametri durante le fasi di acquisizione degli spettri. Le principali funzioni sono quelle di regolare il tempo di integrazione, ovvero regolare la quantità di luce che raggiunge il sensore in un intervallo di tempo di durata fissata. Un maggiore intervallo d’integrazione consente una più lunga esposizione del detector alla luce durante una singola scansione ottenendo un segnale più intenso. Se si imposta un intervallo di integrazione troppo lungo, al detector giunge troppa luce, il risultato di tale fenomeno, per alcuni intervalli di lunghezza d’onda è che il segnale si estende al massimo valore o in casi estremi mostra una linea dritta ad una altezza arbitraria, questo problema può essere risolto lavorando con tempi di integrazione più brevi. Un’altra importante funzione è quella di impostare il numero di ripetizioni dell’acquisizione, con questa funzione è possibile scegliere il numero di acquisizioni spettrali utilizzate per estrapolare lo spettro medio. Pertanto lo spettro visualizzato e registrato dal software è in realtà uno spettro medio ottenuto sulla base di un dato numero di acquisizioni spettrali. Per le prove sperimentali è stato impiegato un tempo di integrazione pari a 50 ms ed un numero di acquisizioni pari a 100. L’analisi chemometrica dei dati è stata eseguita mediante il pacchetto analisi statistica di MATLAB, ed è consistita nella ricerca di un modello di correlazione multilineare fra i dati spettrofotometrici e ciascuna delle proprietà chimico-fisiche dei campioni (grasso, proteine, lattosio, caseina, solidi totali, indice citologico e urea). In Figura 2.2 è riportato uno spettro ottenuto da un campione di latte vaccino nell’intervallo di misurazione 900-2500 nm. Dallo spettro si evince la presenza in questo intervallo di almeno cinque picchi ai quali corrisponde un segnale elevato (1050nm, 1450nm, 1900nm, 2100nm, 2250nm). Per la ricerca in esame non è stato eseguito nessun pretrattamento (es. derivata o correzione per "scattering") sugli spettri collezionati, ma le letture allo spettrofotometro sono state ridotte applicando una media secondo il criterio del numero di intervalli minore del numero dei campioni. E' stato utilizzato il software Matlab e due dei suoi algoritmi di correlazione, "Least Squares Regression Fit" (LSRF) e "Stepwise Regression Fit" (SRF) al fine di cercare il modello multilineare che meglio si adattasse ai dati acquisiti. La validazione dei modelli è stata saggiata con il metodo "Leave One Out Cross Validation" (Figure 2.3 - 2.9).

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Figura 2.2. Tipico spettro acquisito mediante spettrometro NIR durante le prove sperimentali, in modalità scope. Tale modalità riporta sull’asse x le lunghezze d’onda alle quali è stato acquisito il segnale, e sull’asse y il segnale rilevato (counts). I dati di validazione dei modelli sono:

il coefficiente di correlazione (R2V); la radice quadrata dell'errore quadratico medio di validazione

(RMSEV); l'errore percentuale relativo medio di validazione al 95% di

significatività (RMSEVP@95). I dati ottenuti sono riassunti nella Tabella 2.1. Tabella 2.1. Dati ottenuti dall'analisi statistica multilineare applicata agli spettri nel vicino infrarosso ed alle proprietà chimico-fisiche.

Least Squares Regression Fit Stepwise Regression Fit R2V RMSEV RMSEVP@95 R2V RMSEV RMSEVP@95

Grasso 0.879 0.474 12.6 % 0.890 0.479 12.7 % Proteine 0.785 0.360 11.5 % 0.793 0.532 17.0 % Lattosio 0.833 0.322 7.1 % 0.920 0.283 6.2 % Caseina 0.633 0.387 16.5 0.906 0.406 17.3 %

Solidi Totali 0.881 0.522 4.2 % 0.852 0.573 4.6 %

Urea 0.863 11.272 38.3 % 0.953 9.797 33.3 % Indice

Citologico 0.728 108.632 355.8 % 0.410 175.860 575.9 %

Dall’elaborazione dei dati misurati sono stati ottenuti modelli ampiamente confortanti per i parametri lattosio e solidi totali, mentre risultano mediamente buoni i modelli ottenuti per il contenuto di grasso, proteine e

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caseina. In ogni caso è sicuramente necessario ampliare il numero di campioni rispetto a quello utilizzato per avere modelli più robusti.

Figura 2.3. Analisi multilineare degli spettri acquisiti nel campo del vicino infrarosso per il contenuto di grasso nel latte. Sopra "Least Squares Regression Fit", sotto "Stepwise Regression Fit". Per quanto riguarda il contenuto di urea e per l'indice citologico i modelli ottenuti sono pessimi; ciò è dovuto sia al numero dei campioni considerati che evidentemente per questi due parametri risulta insufficiente, sia alla presenza di numerosi dati anomali riscontrati nell'analisi statistica forse a causa della difficoltà di analisi riscontrata nei campioni che è risultata imprecisa. Infatti

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l'errore persevera alto soprattutto per l'indice citologico nonostante che siano stati già rimossi 5 campioni segnalati come anomali nel grafico del "Residual Case Order Plot" (Figura 2.9).

Figura 2.4. Analisi multilineare degli spettri acquisiti nel campo del vicino infrarosso per il contenuto di proteine nel latte. Sopra "Least Squares Regression Fit", sotto "Stepwise Regression Fit".

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Figura 2.5. Analisi multilineare degli spettri acquisiti nel campo del vicino infrarosso per il contenuto di lattosio nel latte. Sopra "Least Squares Regression Fit", sotto "Stepwise Regression Fit".

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Figura 2.6. Analisi multilineare degli spettri acquisiti nel campo del vicino infrarosso per il contenuto di caseina nel latte. Sopra "Least Squares Regression Fit", sotto "Stepwise Regression Fit".

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Figura 2.7. Analisi multilineare degli spettri acquisiti nel campo del vicino infrarosso per il contenuto di solidi totali nel latte. Sopra "Least Squares Regression Fit", sotto "Stepwise Regression Fit".

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Figura 2.8. Analisi multilineare degli spettri acquisiti nel campo del vicino infrarosso per il contenuto di urea nel latte. Sopra "Least Squares Regression Fit", sotto "Stepwise Regression Fit".

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Figura 2.9. Analisi multilineare degli spettri acquisiti nel campo del vicino infrarosso per l'indice citologico del latte. Sopra "Least Squares Regression Fit", sotto "Stepwise Regression Fit". I modelli statistici multilineari ottenuti hanno permesso di testare un sensore in linea per l'analisi dei parametri chimico-fisici del latte. Il sensore è collegato tramite fibre ottiche ad uno spettrofotometro nel vicino infrarosso (NIR) ed ad una sorgente luminosa. L'apparato messo a punto consente di misurare in tempo reale i parametri del latte che fluisce nel condotto, consentendone in tal modo il monitoraggio istantaneo delle caratteristiche qualitative (Figura 2.10).

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Figura 2.10. Spettri rilevati tramite lo spettrofotometro nel campo del vicino infrarosso (a sinistra). Sensore ottico montato in linea per l'analisi dei parametri chimico-fisici del latte. Il sensore è collegato tramite fibre ottiche ad uno spettrofotometro nel vicino infrarosso (NIR) (a destra).

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2.2 Sistema di controllo della macchina filatrice e ottimizzazione dei consumi di energia. L'utilizzo di sistemi automatizzati per la misura, il controllo e la gestione dei parametri produttivi della macchina filatrice-formatrice consente l'ottimizzazione energetica della macchina stessa nella fase di filatura, formatura e raffreddamento del prodotto. Un vantaggio ulteriore, in termini energetici, si raggiunge utilizzando materiali alternativi/innovativi per la vasche di filatura nonché per la testata della macchina formatrice. Il controllo della temperatura della pasta nella macchina filatrice è oggi attuato manualmente dall'operatore senza nessuna garanzia della corretta applicazione del trattamento termico e senza nessuna possibilità di ottimizzazione e risparmio sia energetico che dell'acqua di processo e dei reflui prodotti. Al contrario, la regolazione e la gestione della temperatura della pasta, tramite un sistema di controllo automatizzato, consente sia l'ottimizzazione dell'energia termica richiesta che la minimizzazione dell'acqua di processo ed un globale miglioramento qualitativo della pasta. Infatti, la gestione standardizzata ed ottimale della temperatura di filatura e del tempo di lavorazione della pasta, assieme alla regolazione del livello di acqua di processo utilizzata, rende possibile il controllo del grado di desalinizzazione della pasta, attraverso la misura della conducibilità elettrica dell'acqua di processo o tramite il suo riutilizzo, ottimizzando così l'utilizzo dell'energia termica, minimizzando il refluo prodotto e standardizzando il prodotto ottenuto che non dipenderà più in maniera preponderante dall'esperienza dell'operatore. Inoltre, va considerato che il controllo della temperatura della pasta in filatura costituisce una barriera essenziale alla sopravvivenza di patogeni (Listeria monocytogenes) in prodotti ottenuti da latte crudo; pertanto il controllo della temperatura consente di aumentare le garanzie di sicurezza igienica. I parametri misurati nel corso delle prove sono stati: pH, temperatura, contenuto salino e consistenza della pasta (determinata indirettamente tramite la misura dello sforzo di rotazione del motore elettrico trifase che muove gli organi della filatrice), tali parametri sono misurati sia nella sezione di filatura con le coclee controrotanti sia in quella di di filatura con impastatrice a braccia tuffanti. Per il monitoraggio del funzionamento della macchina filatrice è stato necessario l'utilizzo di sensori con intervallo funzionamento ad alta temperatura (90°C), nonché l’impiego di strumenti multiparametrici universali che in un solo strumento avessero la possibilità di collegare le tre sonde fisiche richieste: temperatura, pH e conducibilità elettrica. Per la misura della coppia e della potenza meccanica dei motori elettrici trifase sono stati utilizzati due inverter elettronici Altivar ATV312 (della Schneider Electric) e

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due strumenti multiparametrici HD-2156-2 (della DeltaOhm) equipaggiati con le seguenti sonde(Figura 2.11): -sonda combinata di temperatura e di conducibilità a 4 elettrodi SP06T,

0..90°C, 5us/cm .. 200ms/cm, K=0.7; sonda di pH, KP50, -5..100°C, 0..14pH, 3 bar, elettrolita GEL, corpo in

vetro.

(a) (b) (c) Figura 2.11. Coppia di strumenti multiparametrici HD-2156-2 (della DeltaOhm) utilizzati per la misura di pH, temperatura e conducibilità elettrica (a). Coppia di inverter elettronici (Altivar ATV312 della Schneider Electric) per il comando degli attrezzi nella sezione di taglio/alimentazione della pasta e nella sezione di filatura tramite braccia tuffanti (b). Coppia di sensori di pH (KP50), temperatura e conducibilità (SP06T) utilizzati (c). Inoltre, è stato necessario programmare dei software proprietari basati sulla piattaforma di sviluppo LabView (della National Instruments) per poter realizzare il programma software di acquisizione e controllo dei parametri provenienti dalla strumentazione della macchina. L'interfaccia elettrica utilizzata è stata basata su collegamenti elettrici fra i sensori tramite cavi USB collegati su un unico Hub USB. Il protocollo software utilizzato è stato basato su una API HID (Application Programming Interface for Human Interface USB Device) per i due strumenti multiparametrici HD-2156-2. Per i due inverter ATV312 è stato invece utilizzato il protocollo di comunicazione basato su bus Modbus traslato su interfaccia USB/RS232 (Figura 2.12). Le coppie di sensori di pH e conducibilità sono stati posizionati in alloggiamenti protetti da una grata forata in modo da poter venire a contatto con l'acqua di processo sia nella sezione di alimentazione a coclee sia nella sezione di filatura vera e propria a braccia tuffanti, in tal modo i sensori riuscivano a misurare correttamente i parametri di interesse (Figura 2.13). Per la prova sono stati utilizzati 1000 kg di latte portati da 6°C a 37°C aggiungendo fermenti e successivamente caglio, la cagliata è stata lasciata maturare sotto siero fino ad un pH di 5.39 ottenendo 153.2 kg di pasta con densità apparente di 0.97 kg/dm3, di questa sono stati preparati e pesati tre lotti da 50 kg da passare alla filatura. I tre lotti sono stati differenziati per il diverso tempo di lavorazione nella macchina filatrice rispettivamente di 10,

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15 e 20 minuti.

Figura 2.12. Schema del collegamento del sistema di misura al programma di acquisizione dei parametri di funzionamento della macchina.

Figura 2.13. Posizionamento dei sensori di pH, temperatura e conducibilità a bordo della macchina, e posizionamento dei misuratori multiparametrici. Durante la lavorazione di ciascun lotto sono stati acquisiti i dati provenienti dai sensori a bordo della macchina filatrice, alla fine di ciascuna lavorazione la pasta filata è stata sottoposta a prove di allungamento a rottura e sforzo di taglio (Figura 2.14).

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y = -0.405x + 12.792R² = 0.959

2

3

4

5

6

7

8

9

10

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

0 5 10 15 20 25 30

Sfo

rzo

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agl

io (

kg)

Allu

nga

me

nto

alla

Ro

ttu

ra (

mm

)

Minuti di filatura

Allungamento alla Rottura (mm) Sforzo al Taglio (kg)

Figura 2.14. Prove di allungamento a rottura e sforzo al taglio della pasta filata e relazioni esistenti fra allungamento alla rottura, sforzo al taglio e tempo medio di filatura. I valori misurati medi ottenuti dalla lavorazione della cagliata dei tre lotti sono riassunti in tabella 2.2. Dai valori si evince che i due motori elettrici trifase di comando degli attrezzi sono sovradimensionati, in particolare il motore che muove la taglierina e le coclee di prima filatura; in tal modo i due motori elettrici lavorano per tutto il tempo a bassi valori di rendimento elettromeccanico con conseguente elevato consumo energetico per unità di massa di prodotto lavorato.Inoltre dai dati si rileva una dipendenza sia dell'allungamento alla rottura della pasta lavorata sia dello sforzo al taglio in funzione del tempo di lavorazione della pasta nella macchina, in particolare mentre lo sforzo al taglio diminuisce all'aumentare del tempo di lavorazione, l'allungamento alla rottura presenta un massimo per poi decrescere. Ottimale è la tesi L2 che presenta una consistenza adeguata ed una migliore capacità di filatura con conseguente migliore possibilità di lavorazione. Per la determinazione della spesa energetica necessaria per unità di massa di prodotto lavorato si è considerato un calore specifico della pasta pari a 3.265 kJ/kg/°C e per il latte 3.885 kJ/kg/°C, una resa di lavorazione del latte pari al 12.5%. Il latte in ingresso è stato considerato a 4°C e portato a 37°C, la pasta filata lavorata a 70°C con aggiunta del 60% di acqua di processo, infine la pasta raffreddata a 25°C tramite l'utilizzo di acqua gelida a 4°C. Il rendimento dei motori elettrici trifase è stato determinato tramite simulazioni dei motori elettrici nel loro punto di lavoro misurato dalla strumentazione a bordo macchina utilizzando il software Matlab ed il toolbox SimPowerSystems specifico per la simulazione dei motori elettrici trifase e delle reti di distribuzione elettrica di potenza (Figura 2.15). Il rendimento degli inverter è stato posto pari a 0.97.

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Tabella 2.2. Valori medi misurati ottenuti dalla lavorazione dei tre lotti di cagliata.

Taglio/Alimentazione (coclee),

valori nominali del motore elettrico: 0.75 kW, 5 N.m

pH Conduc.

(mS/cm) Temp.

(°C)

Potenza (W)

[%nom]

Coppia (N.m)

[%nom]

Capacità Lavoro (kg/h)

pH Iniziale

L1 (10

min) 5.69 3.129 60.2

105.71 [14.1 %]

0.63 [12.6 %]

300 5.33

L2 (15

min) 6.17 2.872 69.9

79.19 [10.6 %]

0.44 [8.8 %]

200 5.12

L3 (20

min) 5.34 2.561 62.4

65.59 [8.7 %]

0.35 [7.0 %]

150 5.12

Filatura (braccia tuffanti), valori nominali motore elettrico: 1.5 kW, 10 N.m

pH Conduc.

(mS/cm) Temp.

(°C)

Potenza (W)

[%nom]

Coppia (N.m)

[%nom]

Allungamento alla rottura

(mm)

Sforzo

al taglio (kg)

L1 (10

min) 5.60 1.949 56.8

516.77 [34.5 %]

4.37 [43.7 %]

510 8.50

L2 (15

min) 5.93 2.563 64.0

307.92 [20.5 %]

2.70 [27.0 %]

825 7.20

L3 (20

min) 5.15 3.507 53.8

311.58 [20.8 %]

4.18 [41.8 %]

480 4.45

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Figura 2.15. Modello Matlab Simulink utilizzando il toolbox SimPowerSystems per la determinazione del rendimento di funzionamento dei motori asincroni trifase della filatrice in modalità "sensorless speed control" utilizzando i parametri misurati durante le prove di filatura. In tabella 2.3 sono riportati i valori determinati tramite simulazione dei rendimenti dei motori elettrici nelle diverse condizioni di funzionamento della macchina filatrice durante le prove. Dalla variazione del rendimento dei motori, che è stato misurato compreso nell’intervallo da 0.40 a 0.63, è possibile evincere l’ampia possibilità di miglioramento delle condizioni di lavorazione per arrivare a un risparmio energetico nella lavorazione. Da tali considerazioni scaturisce che la prima azione da intraprendere, ai fini del risparmio energetico, è l'ottimizzazione della potenza dei motori elettrici trifase da utilizzare come motrici per gli organi della filatrice a bordo della macchina. Dai dati ottenuti sono state determinate relazioni logaritmiche fra la potenza meccanica erogata dai motori elettrici trifase a bordo della macchina filatrice, il rendimento globale degli stessi e la durata della fase di filatura (Figura 2.16).

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Tabella 2.3. Valori determinati tramite simulazione dei rendimenti dei motori elettrici nelle condizioni di funzionamento misurate durante le prove.

Taglio/Alimentazione (coclee),

valori nominali del motore elettrico: 0.75 kW, 5 N.m

Potenza

(W) [%nom]

Coppia (N.m)

[%nom]

Rendimento Nominale

Rendimento Motore trifase

Rendimento Globale

Motore Trifase + Inverter

Riduzione rendimento globale vs.

nominale (%)

L1 (10

min)

105.71 [14.1 %]

0.63 [12.6 %]

0.730 0.342 0.332 54.52 %

L2 (15

min)

79.19 [10.6 %]

0.44 [8.8 %]

0.730 0.308 0.299 59.04 %

L3 (20

min)

65.59 [8.7 %]

0.35 [7.0 %]

0.730 0.288 0.279 61.78 %

Filatura (braccia tuffanti),

valori nominali del motore elettrico: 1.5 kW, 10 N.m

Potenza

(W) [%nom]

Coppia (N.m)

[%nom]

Rendimento Nominale

Rendimento Motore trifase

Rendimento Globale

Motore Trifase + Inverter

Riduzione del rendimento

globale rispetto al

nominale (%)

L1 (10

min)

516.77 [34.5 %]

4.37 [43.7 %]

0.813 0.503 0.488 39.98 %

L2 (15

min)

307.92 [20.5 %]

2.70 [27.0 %]

0.813 0.387 0.375 53.87 %

L3 (20

min)

311.58 [20.8 %]

4.18 [41.8 %]

0.813 0.307 0.298 63.35 %

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y = -0.077ln(x) + 0.5083R² = 0.9982

y = -0.274ln(x) + 1.1193R² = 0.9999

y = -58.37ln(x) + 239.29R² = 0.9926

y = -310.4ln(x) + 1207.2R² = 0.8177

0

100

200

300

400

500

600

700

800

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0 5 10 15 20 25 30 35

Po

ten

za m

oto

ri (

W)

Ren

dim

ento

glo

bal

e m

oto

ri

Minuti di filatura

eta coclee eta braccia P coclee P braccia

Figura 2.16. Relazioni esistenti fra la potenza meccanica erogata dai motori elettrici trifase a bordo della macchina filatrice, il rendimento globale degli stessi e la durata della fase di filatura. Queste relazioni sono state utilizzate per calcolare la potenza elettrica assorbita globale durante le tre lavorazioni ed il consumo di energia elettrica per unità di massa di cagliata filata durante ciascuna delle tre lavorazioni effettuate (Tabella 2.4). Esiste una relazione lineare fra il consumo di energia elettrica per unità di massa di cagliata lavorata da parte motori elettrici trifase a bordo della macchina filatrice e la durata della fase di filatura (Figura 2.17).

y = 0.3324x + 1.1381R² = 0.9978

3.00

4.00

5.00

6.00

7.00

8.00

9.00

5 10 15 20 25

Co

nsu

mo

ele

ttri

co p

er

un

ità

di m

ass

a d

i ca

glia

ta

(Wh

/kg)

Minuti di filatura

Figura 2.17. Relazione lineare esistente fra il consumo di energia elettrica per unità di massa di cagliata lavorata da parte motori elettrici trifase a bordo della macchina filatrice e la durata della fase di filatura.

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Tabella 2.4. Determinazione della potenza elettrica assorbita globale durante le tre lavorazioni ed il consumo di energia elettrica per unità di massa di cagliata durante ciascuna delle tre lavorazioni effettuate.

Lx eta coclee eta braccia Pm coclee Pm braccia

10 0.332 0.488 105.71 516.77

15 0.299 0.375 79.19 307.92

20 0.279 0.298 65.59 311.58

Lavorazione L1 L2 L3

Durata 10 15 20 min

Capacità di Lavoro Cagliata 300 200 150 kg/h

Cs pasta 3265 3265 3265 J/kg/°C

Cs latte 3885 3885 3885 J/kg/°C

Cs acqua 4186 4186 4186 J/kg/°C

Resa di lavorazione cagliata 0.125 0.125 0.125 kg/kg

T latte ingresso 4 4 4 °C

T latte lavorazione 37 37 37 °C

T lavorazione filatura 70 70 70 °C

Acqua aggiunta filatura 0.6 0.6 0.6 kg/kg

T raffreddamento pasta 25 25 25 °C

T acqua gelida 4 4 4 °C

Potenza motore coclee 700 700 700 W

Potenza motore braccia 1500 1500 1500 W

Potenza Meccanica Coclee 104.89 81.22 64.43 W

Rendimento Globale Coclee 0.331 0.300 0.278

Potenza elettrica assorbita Coclee 316.88 270.94 232.07 W

Potenza Meccanica Braccia 492.48 366.62 277.32 W

Rendimento Globale Braccia 0.488 0.377 0.298

Potenza elettrica assorbita Braccia 1008.37 971.71 929.16 W

Potenza Elettrica Assorbita Globale 1325.25 1242.65 1161.23 W

Consumo Elettrico per Unità di Cagliata 4.42 6.21 7.74 Wh/kg Il consumo di energia elettrica specifico, ossia per unità di massa di cagliata lavorata dalla macchina, è minimo per bassi tempi di filatura, e si assesta a 4.42 Wh/kg per capacità di lavoro di 300 kg/h, e risulta massimo per i tempi di filatura più elevati, attestandosi a 7.74 Wh/kg per una capacità di lavoro pari a 150 kg/h.

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2.3 Impiego di materiali innovativi in caseificio

Una fase della sperimentazione prevista nell’ambito del progetto QUALIFORM (OR2.3) ha riguardato lo studio di materiali alternativi al Teflon, generalmente utilizzato per la realizzazione della superficie di diverse macchine ed utensili e potenzialmente responsabile di cessione di contaminanti in seguito ad usura meccanica. Le prove effettuate hanno investigato le problematiche operative relative all’interazione tra cagliata in filatura e superficie del materiale di rivestimento della filatrice, e la fattibilità di soluzioni innovative in relazione a umidità e temperature operative, velocità del rullo e forma degli alveoli in funzione del taglio desiderato sulla pasta.

Le prove sono state condotte in collaborazione con l’Unità di ricerca per la zootecnia estensiva di Bella (CRA-ZOE) mentre l’assemblaggio di tutti i componenti necessari per effettuare le prove è stato realizzato presso il laboratorio di “Macchine ed Impianti” della Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e Ambientali (SAFE) dell’Università degli Studi della Basilicata.

In particolare le prove aziendali sono state organizzate in maniera tale da simulare ciò che realmente avviene all’interno della filatrice allorquando la pasta in filatura riempie la macchina e viene impastata fino al raggiungimento di un adeguato livello di plasticità e consistenza tale da consentire la successiva formatura. Per tale finalità sono state effettuate prove impiegando ciascuna volta circa 500 g di pasta alla temperatura di 60°C continuamente sommersa da acqua a 92°C e sono state condotti dei test per valutare il comportamento su due piani di diverso materiale (Teflon ed Acciaio), variando anche altezza ed angolo di inclinazione (Figura 2.18).

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(a) (b)

(c) (d) Figura 2.18. Test aziendali di filatura con diversi materiali tradizionali ed innovativi. Preparazione del campione per il test (a). Peso del campione per il test (b). Prova su Teflon (c). Prova su Acciaio (d). Una sintesi dei risultati conseguiti è riportata in tabella 2.5.

Tabella 2.5. Risultati della determinazione dei coefficienti di attrito statico (F) relativi alla superficie in teflon e in acciaio.

Test Teflon Acciaio

Altezza del piano (mm)

F

Altezza del piano (mm)

F

I 310 0.45 390 0.79

II 263 0.30 410 0.87

III 250 0.25 400 0.83

IV 248 0.24 310 0.50

V 235 0.20 301 0.46

Dai risultati delle prove si evince la presenza di problematiche. in alcune condizioni operative e per alcune tipologie di pasta (in funzione delle

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caratteristiche del latte lavorato). a contatto con il materiale innovativo. In particolare sono state evidenziati fenomeni di eccessiva adesione della pasta sulla superficie del materiale innovativo. come si evince dalle immagini riportate (cfr. Figura 2.19).

(a) (b)

(c) (d)

Figura 2.19. Prove preliminari per la verifica del comportamento della pasta a contatto con i materiali proposti (a, b, acciaio; c, d, Teflon).

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2.4 Conclusioni Le attività di ricerca sviluppate nel corso del progetto QUALIFORM sono state progettate pensando al bisogno di ricerca e sviluppo di una piccola/media azienda operante nel settore della produzione delle paste filate in Basilicata, pertanto i risultati ottenuti sono caratterizzati da un elevato contenuto applicativo e si prestano all’implementazione nella quasi totalità delle numerose realtà produttive del settore lattiero caseario in Basilicata. Il sistema per il controllo dei consumi di energia durante la filatura rappresenta un utile strumento per modulare l’energia assorbita dalla macchina adattandola alle caratteristiche della pasta filata che si intende produrre, pertanto risulta di interesse sia dal punto di vista della qualità del prodotto finale che in termini di sostenibilità del processo. Nello specifico, gli algoritmi, la strumentazione e le attrezzature utilizzate per la sperimentazione e messe a punto presentano un basso costo e risultano di facile utilizzazione da parte dell’utente. Inoltre, il sensore per il controllo on-line non distruttivo della qualità del latte può diventare un importante strumento di supporto per il controllo e la gestione del processo produttivo di tutti i prodotti che utilizzano come materia prima il latte, infatti ulteriori sviluppi potrebbero consentire di eseguire misure non distruttive on-line anche di formaggi a pasta filata, dello yogurt e di altre bevande a base di latte. In conclusione, i risultati del progetto consento di fornire alle imprese un supporto di informazioni che messe a disposizione del responsabile di produzione gli consentono di poter intervenire in modo consapevole e, di conseguenza, trasformare una decisione eseguita sulla base dell’esperienza e spesso in modo empirico, in un processo decisionale basato su informazioni certe e ripetibili. Inoltre, i risultati acquisiti consentiranno di creare la base per una banca dati di conoscenza volta a preservare e accrescere nel tempo la conoscenza del responsabile di produzione, fino ad arrivare ad un software per il controllo del processo di produzione di tipo esperto che utilizzando le informazioni e l’esperienze accumulate nel corso del tempo costituisca la base della conoscenza di una nuova generazione di tecnologi che si dedicano al settore della produzione delle paste filate.

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2.5 Bibliografia

Barabassy. S. The application of near infrared spectroscopy NIR technique for non destructive investigation of mixed milk powder products. Mljekarstvo. 2001; 51(3): 263-272. Nagarajan. R.. Singh. P.. Mehrotra. R. Direct determination of moisture in powder milk using near infrared spectroscopy. J. Autom. Methods Manag. Chem. 2006; Article ID 51342: 1–4. Wu. D.. He. Y.. Feng. S. Short-wave near-infrared spectroscopy analysis of major compounds in milk powder and wavelength assignment. Anal Chim ACTA. 2006; 610: 232–242. Adamopulos. K. G.. Goula. A. M.. Petropakis. H. J. Quality Control During Processing Of Feta Cheese-Nir Application. Journal Food Compos. Anal.. 2001; 14: 431-440.

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3. Colture starter e aggiuntive, microbiologia delle paste

filate.

E. Parente - Scuola SAFE, Università degli Studi della Basilicata, Potenza (PZ) La funzione principale dei microrganismi nei formaggi a pasta filata è l'acidificazione della cagliata in modo che sia possibile raggiungere il pH necessario per la filatura. La velocità di acidificazione richiesta, la temperatura di "maturazione" della cagliata e altre funzioni (produzione di aromi e di esopolisaccaridi nella mozzarella e in altri formaggi freschi; proteolisi e produzione di aromi dagli aminoacidi e dai grassi nei formaggi a pasta filata stagionati, caratteristiche funzionali del prodotto finito nella mozzarella per pizza) possono portare alla scelta di combinazioni di specie batteriche diverse, anche se Streptococcus thermophilus è sempre presente, mentre i lattobacilli termofili (L. delbrueckii subsp. lactis, L. delbrueckii subsp. bulgaricus, L. helveticus), più proteolitici e peptidolitici possono essere presenti in varie proporzioni.

Figura 3.1. Fotografie al microscopio ad epifluorescenza di cellule di S. thermophilus (sinistra) e L. delbrueckii subsp. bulgaricus (destra). Tutti i principali formaggi DOP e STG a pasta filata (Provolone Valpadana, Mozzarella di Bufala Campana, Caciocavallo Silano, Ragusano, Provolone del Monaco, Mozzarella STG) dovrebbero essere prodotti, secondo i rispettivi disciplinari, con colture starter artigianali (siero innesti; colture naturali in latte), ma la difficoltà di ottenere performance costanti (anche per imperizia e superficialità nella gestione delle colture artigianali) porta spesso i produttori a integrare le colture naturali con colture selezionate del commercio (una pratica sbagliata e pericolosa, perché i due sistemi sono, per varie ragioni, alternativi).

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I siero innesti sono riprodotti semplicemente incubando una parte del siero della lavorazione precedente in condizioni possibilmente controllate (meglio se la temperatura è mantenuta a valori compresi fra 39 e 45°C, più bassi per la mozzarella, più alti per formaggi a lunga stagionatura e se l'incubazione è interrotta quando il pH scende al di sotto di 4, refrigerando la coltura per impedire un'acidificazione eccessiva e il danneggiamento dei microrganismi) e riutilizzando la coltura il giorno successivo con inoculi che vanno dal 3 al 5% (anche in funzione del pH iniziale del latte richiesto e della velocità di acidificazione desiderata). La composizione delle colture varia molto con la temperatura d’incubazione e con il pH finale raggiunto: a temperature più

basse è dominante S. thermophilus ed è talvolta presente Lactococcus lactis. Alle temperature più alte possono essere presenti in proporzioni crescenti lattobacilli termofili. Le colture naturali in latte sono ottenute dall'incubazione in condizioni controllate di latte crudo termicamente trattato eventualmente reinoculato con un batch di una coltura precedente. Le condizioni selettive durante il trattamento termico e durante l'incubazione favoriscono la presenza di S. thermophilus e lattobacilli termofili, che però si affermano solo dopo diversi cicli d’incubazione. Anche in questo caso le condizioni d’incubazione sono critiche nel determinare la composizione delle colture e le loro performance tecnologiche. Il progetto QUALIFORM ha messo in atto azioni specifiche per la valutazione della composizione di colture

naturali in latte e per il loro uso nella produzione di mozzarella. Poiché il siero deriva dal latte, qualsiasi sostanza ad azione antimicrobica presente nel latte influisce sulla coltura e può determinarne, in maniera più o meno permanente, il fallimento. Per questa ragione è sempre opportuno avere a disposizione una coltura attiva (conservata in precedenza o ottenuta da un altro caseificio) per poter riprendere le lavorazioni. Sebbene le condizioni di asepsi (prevenzione di contaminazioni indesiderate) non siano strettamente necessarie, è sicuramente importante usare attrezzature di acciaio inox, possibilmente sanificate con il calore o con soluzioni a base di cloro attivo, 100 ppm, e accuratamente risciacquate). La cattiva igiene e, soprattutto, la cattiva qualità del latte possono portare a una presenza eccessiva di microrganismi indesiderati, soprattutto coliformi. Data l'importanza dei formaggi a pasta filata da tempo sono disponibili in commercio ottime combinazioni di colture per la produzione di paste filate. Anche in questo caso, S. thermophilus è sempre presente e i lattobacilli

Figura 3.2. Diagramma di flusso per la produzione di colture in latte.

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termofili sono presenti in proporzioni diverse soprattutto per i formaggi a maggiore stagionatura. Le proprietà rilevanti delle colture, oltre alla capacità acidificante e al profilo di crescita a diverse temperature sono diverse: a. proteolisi e peptidolisi: i ceppi di S. thermophilus sono in genere meno

proteolitici mentre i lattobacilli termofili sono molto più attivi; quest’attività è importante soprattutto per le paste filate semi stagionate e stagionate mentre è meno richiesta o indesiderata per le paste filate fresche. Profili di proteolisi particolari possono essere necessari per ottenere le caratteristiche funzionali ideali (comportamento al taglio, filabilità, attitudine alla fusione) per la mozzarella per pizza.

b. produzione di esopolisaccaridi: la produzione di esopolisaccaridi capsulari da parte di S. thermophilus e L. delbrueckii subsp. bulgaricus può migliorare la resa di formaggi freschi (trattenendo una maggiore quantità di acqua nella cagliata) e può migliorare le caratteristiche funzionali di formaggi a ridotto contenuto in grasso.

c. capacità di fermentare il galattosio: il lattosio, lo zucchero più abbondante nel latte, è un disaccaride composto di glucosio e galattosio. A differenza di altri fermenti lattici S. thermophilus e L. delbrueckii subsp. bulgaricus generalmente non fermentano il galattosio, che residua nella cagliata. Il galattosio residuo può reagire con gli aminoacidi liberati per proteolisi e peptidolisi durante la cottura e causare un imbrunimento della pizza, che è generalmente indesiderato (la mozzarella fresca imbrunisce poco perché la proteolisi è limitata). Alcuni ceppi di S. thermophilus e tutti i ceppi di L. helveticus sono in grado di fermentare il galattosio (in genere dopo l'esaurimento del lattosio nella cagliata): questo determina un pH finale più basso (con un formaggio più duro) e una minore tendenza all'imbrunimento.

Un aspetto importante della gestione delle colture selezionate sono le rotazioni: diverse combinazioni di ceppi devono essere utilizzate in rotazione perché S. thermophilus ha pochi meccanismi geneticamente trasferibili di resistenza ai fagi (anche se le infezioni fagiche sono in genere più specifiche che in Lactococcus per la presenza di un particolare meccanismo di resistenza, il sistema CRISPR-CAS). Benché sia possibile selezionare ceppi di S. thermophilus resistenti con diverse tecniche, il monitoraggio delle infezioni di batteriofagi e le precauzioni di asepsi sono particolarmente importanti. Oltre alle colture starter primarie, le colture aggiuntive (spesso composte da lattobacilli mesofili, come L. paracasei, L. casei, L. plantarum, ma anche da lattobacilli termofili, come L. helveticus), che svolgono funzioni nel controllare ed accellerare la maturazione, possono fornire un ulteriore strumento per modulare le proprietà del prodotto e per diversificare l'offerta dei singoli caseifici. Parte dell'attività di QUALIFORM è stata dedicata all'uso di colture aggiuntive per diversificare la qualità di formaggi a pasta filata a breve stagionatura (scamorze, silani).

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3.1 Sviluppo di colture naturali in latte per la produzione di Mozzarella STG. E. Parente, A. Ricciardi, A. Guidone, A. Romaniello, S. Cioffi - Scuola SAFE, Università degli Studi della Basilicata, Potenza (PZ) S. Claps, G. Morone, CRA-ZOE, Bella (PZ) I formaggi a pasta filata possono essere prodotti con una varietà di colture starter o per acidificazione diretta per aggiiunta di acido citrico o lattico. La seconda opzione, frequente per i formaggi prodotti da caseifici industriali, pur garantendo una maggiore resa e semplicità della lavorazione, rende il prodotto completamente piatto da un punto di vista organolettico (ed è per questo interessante soprattutto per formaggi destinati ad essere usati come ingredienti) e facilmente deteriorabile. Uno degli obiettivi di QUALIFORM è tutelare la tradizionalità e tipicità delle produzioni migliorando nel contempo il controllo di processo e la qualità del prodotto, anche con interventi sui sistemi di colture starter. Le colture naturali in latte sono colture a composizione indefinita che sono state tradizionalmente usate per la produzione di mozzarella da latte di vacca e per una varietà di altri formaggi della tradizione casearia italiana (Taleggio, Asiago, Stracchino e simili, etc.). In particolare, il disciplinare della Mozzarella STG, uno dei formaggi italiani protetti da marchio di qualità UE, descrive in dettaglio le modalità di preparazione del lattoinnesto. Questo formaggio, insieme alla Mozzarella di Bufala Campana, è l'unico che può essere usato per la preparazione della Pizza Napoletana STG. Purtroppo, la scarsa riproducibilità delle colture naturali ha spinto molti caseifici ad abbandonarle a favore delle colture starter ad inoculo diretto. L'obiettivo di questa attività è stato quello di valutare la fattibilità della produzione di colture a composizione indefinita dalle performance riproducibili utilizzando procedure compatibili con il disciplinare di produzione della mozzarella STG. Approccio sperimentale e risultati. Come prova di concetto, latte crudo ottenuto da un caseificio artigianale della provincia di Potenza è stato utilizzato per la produzione di una coltura naturale in latte utilizzando una procedura simile a quella prevista per la produzione di Mozzarella STG: inizialmente il latte crudo è stato pastorizzato a 63°C per 15 min. e incubato a 42°C fino al raggiungimento di un'acidità titolabile di 14-24°SH (corrispondenti ad un pH di 4-4,2) e conservato a 4°C; nei cicli successivi, prima del trattamento di termizzazione il latte crudo è stato inoculato con il 5% del lattoinnesto del giorno precedente, ripetendo la procedura di incubazione. Molto rapidamente, a causa dello sviluppo della

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microflora tipica, si è reso necessario ridure il livello di inoculo (0,5-1%) per evitare un'acidificazione eccessiva (in alternativa occorre ridurre la durata dell'incubazione o refrigerare prontamente al raggiungimento del pH desiderato). La procedura è stata ripetuta per 13 cicli successivi e, parallelamente, è stato analizzato il lattoinnesto prodotto dal caseificio (in condizioni significativamente meno controllate). Per tutti i cicli sono state condotte semplici analisi microbiologiche (tenore in streptococchi termofili e in lattobacilli, tenore in coliformi, tenore in enterococchi), analisi del pH e dell'acidità titolabile e prove di acidificazione a 42°C. Per alcuni cicli è stata valutata la composizione della comunità microbica con metodi molecolari (PCR-DGGE) e il profilo aromatico con naso elettronico, mentre per il ciclo finale è stata condotto un'isolamento dei ceppi microbici dominanti e dei batteriofagi presenti. Sia le colture riprodotte in laboratorio che, soprattutto, quelle riprodotte in caseificio (spesso contaminate da microrganismi indesiderati) mostravano una certa variabilità del pH e acidità titolabile, della presenza di microrganismi e delle componenti aromatiche. Anche se le performance tecnologiche erano variabili, con il progredire dei cicli di riproduzione tendevano a stabilizzarsi, e il potere acidificante delle colture era comunque sufficiente ad ottenere un'acidificazione della cagliata in tempi compatibili con la produzione di Mozzarella. I principali risultati sono riportati nelle figure 3.3-3.4. La Figura 3.3 mostra l'evoluzione del pH finale delle due colture riprodotte in laboratorio (LCA e LCB) e della coltura del caseificio (NMC): benchè il pH finale fosse prevalentemente compreso fra 3,8 e 4,4 era possibile osservare una significativa variabilità, che però non correlava in maniera significativa nè con il numero di microrganismi starter presenti nè con la presenza di batteriofagi (vedi dopo).

Figura 3.3. Evoluzione del pH (sinistra) e della conta di streptococchi termofili (destra) di due colture in latte di laboratorio (LCA, LCB) e di una coltura artigianale preparata da un caseificio durante 13 cicli di riproduzone.

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Figura 3.4. carta di controllo EWMA per medie per il potere acidificante (espresso come diminuzione del pH dopo 4 h in latte) per la coltura LCA (sinistra) e analisi delle componenti principali del profilo aromatico condotto con naso elettronico delle colture dopo 4, 7 e 13 gg di riproduzione. La variabilità delle performance tecnologiche è stata valutata utilizzando strumenti di analisi statistica di processo. Il particolare la Figura 3.4 mostra un tipo di carta di controllo per medie per la coltura LCA. Il fatto che molti dei punti (corrispondenti alla diminuzione del pH in 4 h a 42°C in latte inoculato con il 5% della coltura di ciascun ciclo) cadano al di fuori delle linee di controllo tratteggiate, mostra che l'acidificazione è relativamente poco riproducibile, specie all'inizio, mentre tende a stabilizzarsi in seguito. Anche il profilo aromatico delle colture tende ad evolvere con i cicli di riproduzione, come mostrato dalla Figura 3.4, che rappresenta con una tipologia di analisi statistica multivariata, il profilo aromatico rilevato dai 10 sensori del naso elettronico (indicati dalle linee contrassegnate da Wxx) delle colture in latte di laboratorio (cerchi e triangoli) e di quella riprodotta in caseificio quadrati (ai cicli 4, 7 e 13). E' possibile notare che le due colture di laboratorio siano molto più simili fra di loro (specie nelle fasi iniziali di riproduzione: i punti per ciascuna coltura sono vicini fra di loro nel grafico) che con la coltura del caseificio, che è molto più variabile nei due cicli misurati. La composizione della comunità microbica è stata studiata con metodi molecolari. La Figura 3.5 mostra i profili PCR-DGGE della regione V3 del 16S rDNA (che rappresentano la composizione in specie microbiche delle singole colture) e di una regione dell'operone lacSZ di S. thermophilus (una misura della composizione in ceppi). Il profilo in specie delle due colture di laboratorio è più semplice e più simile, anche se subisce un'evoluzione dal 4° al 13° ciclo di riproduzione. Il profilo in biotipi è relativamente semplice per tutte le colture, anche in questo caso con una variazione nel tempo.

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Figura 3.5. Profili PCR-DGGE della regione V3 del 16S rDNA (sinistra) e di un frammento dell'operone lacSZ di S. thermophilus (destra) per colture naturali in latte dopo 4 e 13 cicli di riproduzione. L'analisi della presenza di DNA fagico ha permesso di mostrare che batteriofagi attivi contro S. thermophilus erano presenti fin dai primi cicli di incubazione a livelli superiori a 103 pfu/ml ma non sembravano disturabare in maniera significativa l'attività delle colture (assenza di correlazione fra numero di batteri e capacità di acidificazione con la presenza di fagi), probabilmente perché erano presenti numerosi biotipi resistenti o tolleranti all'infezione fagica. L'isolamento e la caratterizzazione dei ceppi nelle colture al termine dell'ultimo ciclo ha permesso di raccogliere un singificativo numero di ceppi di S. thermophilus (da utilizzare potenzialmente per lo sviluppo di nuove colture starter a composizione definita) e di confermare ed espandere i risultati delle analisi non basate sulla coltivazione. Infine, i ceppi isolati sono stati usati per ottenere una migliore valutazione della presenza di batteriofagi. A conferma della resistenza intrinseca di questi ceppi, per poter isolare batteriofagi è stato necessario ricorrere a tecniche di arricchimento. Tuttavia, è stato possibile isolare un certo numero di fagi virulenti (evidentemente presenti a basso livello nelle colture originarie), che sono stati caratterizzati per spettro d'ospite e caratteristiche molecolari. Principali conclusioni e aspetti applicativi. In definitiva, questo studio ha permesso di mostrare che è relativamente facile sviluppare, a partire da latte crudo, una coltura naturale in latte che, dopo un numero sufficiente di cicli di riproduzione (tipicamente almeno 4, preferibilmente 7) tende a stabilizzarsi nelle performace tecnologiche, anche se la variabilià della sua attività non è ancora del tutto soddisfacente. Le colture sono dominate da ceppi di S. thermophilus, ma altre specie microbiche (in particolare Lc. lactis and L. delbrueckii) sono presenti e possono essere importanti nel rendere più complesso l'aroma delle colture rispetto a quelle a composizione definita. I batteriofagi, seppure presenti, non sembrano essere

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un elemento di disturbo importante (essi in realtà fungono da agente selettivo, eliminando sistematicamente i ceppi sensibili, mentre nuovi ceppi resistenti si evolvono spontaneamente). Le colture sono relativamente facili da conservare: benché il disciplinare STG permetta soltanto la conservazione refrigerata per un periodo breve, nella nostra esperienza, colture congelate o liofilizzate possono essere conservate per periodi superiori ai 6 mesi: questo è importante in caso la coltura preparata in caseificio fallisca. In effetti, una delle colture sviluppate durante questi esperimenti è stata utilizzata, con ottimi risultati, in lavorazioni pilota successive. La riproduzione delle colture naturali in latte è relativamente semplice ma, per ottenere i risultati ottimali, occorre esercitare un certo controllo sulle condizioni di trattamento termico e di incubazione e l'uso di fermentiere temporizzate o automatiche (che permettano la refrigerazione al raggiungimento di un determinato pH e delle cautele di asepsi sono sicuramente necessarie. Il Laboratorio di Microbiologia Industriale offre attività di consulenza e ricerca applicata a supporto dei caseifici che vogliano sviluppare, conservare e caratterizzare colture artigianali. Con gli strumenti della microbiologia classica e con i moderni strumenti della biologia molecolare, è possibile ottenere, a costi relativamente contenuti, una caratterizzazione della propria coltura. E' inoltre possibile depositare (a pagamento) le proprie colture presso il laboratorio che ne assicurerà la conservazione e la riproduzione su richiesta del caseificio. I risultati di questo lavoro sono stati presentati (come poster) ad un convegno internazionale e verranno presto sottoposti per la pubblicazione su una rivista internazionale.

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3.2 Uso di colture aggiuntive per la produzione di paste filate a breve stagionatura. E. Parente, A. Ricciardi, A. Guidone, A. Romaniello, S. Cioffi- Scuola SAFE, Università degli Studi della Basilicata, Potenza (PZ) S. Claps, G. Morone, CRA-ZOE, Bella (PZ) I formaggi a pasta filata a breve stagionatura (scamorze, silani, trecce, etc.) sono fra i prodotti più comuni dei caseifici dell'Italia Meridionale. Sono caratterizzati da una pasta semi dura e da una stagionatura breve (anche se in genere superiore alle due settimane). Possono essere prodotti per acidificazione diretta o, più frequentemente, con l'uso di colture starter artigianali o selezionate. Oltre ad essere consumati come formaggi da tavola, sono utilizzati come ingredienti in diverse preparazioni gastronomiche. Per questa ragione, il loro profilo organolettico non è particolarmente interessante ed è relativamente difficile differenziare i diversi tipi di prodotti, che spuntano prezzi di mercato abbastanza bassi. Uno degli obiettivi di QUALIFORM è quello di diversificare la produzione di formaggi a pasta filata, preservandone elementi di tradizionalità. Approccio sperimentale e risultati. Sono stati condotte una serie di lavorazioni pilota nelle quali sono stati confrontati diversi sistemi di colture starter (ST, uno starter selezionato commerciale ad inoculo diretto, composto esclusivamente da S. thermophilus; ST+A starter commerciale integrato con colture aggiuntive composte da ceppi peptidolitici di Lactococcus lactis, Lactobacillus helveticus e L. paracasei, isolati da formaggi tipici lucani in un progetto precedente) e diverse miscele di latte (latte di Frisona Italiana da solo, F, o addizionato di latte di Jersey). Le prove sperimentali (tre repliche) sono state condotte presso il caseificio pilota del CRA-ZOE di Bella e i formaggi (scamorze del peso di circa 500 g) sono state stagionate fino ad un mese, ed analizzate in diversi momenti durante la stagionatura mentre l'analisi sensoriale è stata condotta solo alla fine. L'uso di colture starter aggiuntive influenzava significativamente, oltre alla composizione della comunità microbica, il pH e il contenuto in aminoacidi liberi (precursori della formazione di aromi) mentre il tipo di latte aveva un effetto limitato (Tabella 3.1). L'andamento del pH e delle conte microbiche è mostrato nella Figura 3.6 mentre un esempio di un gel PCR-DGGE (utilizzato per accertare la composizione della comunità microbica) è mostrato nella Figura 3.7. La specie dello starter aggiuntivo che colonizzava più efficacemente il formaggio è L. paracasei (ceppi selvatici di questa specie comparivano anche nei

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formaggi senza colture aggiuntive, ma solo in una fase successiva), seguita da L. helveticus, mentre Lc. lactis non mostrava una buona capacità di colonizzazione (probabilmente a causa della letalità causata dal trattamento di filatura). Tabella 3.1. Composizione, pH e popolazioni microbiche nella "Scamorza" a 30 dagiorni di maturazione. I formaggi sono stati prodotti con due tipi di latte (F: 100% Frisona Italiana; M: 90% F + 10% Jersey,) e due tipi di colture starter (ST: una coltura a composizione definita di S. thermophilus, usata da sola; ST+A: ST + coltura aggiuntiva contenente Lact. lactis, L. paracasei e L. helveticus). Sono mostrati i risultati della ANOVA fper tipo di latte (MT), starter (S), blocco (B, giorno di lavorazione) e interazione (MTxS).

Figura 3.6. evoluzione del pH (destra), delle conte di S. thermophilus (LM17, 42°C, al centro) e degli starter aggiuntivi (mMRS-BPB, 37°C, destra) durante la maturazione. Il formaggio è stato prodotto con due tipi di latte (F, cerchi; M, triangoli) e due tipi di colture starter (ST, simboli vuoti; ST+A, simboli pieni).

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Figura 3.7. Un esempio di gel mostrante i pattern PCR-DGGE della regione V3 del 16S rDNA estratto dalla Scamorza a 7 e 30 gg di maturazione. Mentre la coltura aggiuntiva aveva un effetto marcato sulla proteolisi secondaria (con un maggiore rilascio di aminoacidi liberi per degradazione della caseina già a partire da 15 gg di maturazione) aveva un effetto limitato e probabilmente indiretto sulla proteolisi primaria (degradazione delle caseine in frammenti di maggiori dimensioni). A causa della forte variabilità fra le repliche le analisi degli aromi eseguite sullo spazio di testa dei formaggi non hanno dato una chiara discriminazione fra le diverse tesi mentre l'uso del naso elettronico ha permesso una discriminazione dell'effetto delle colture starter; maggiori dettagli su questi aspetti sono forniti nella sezione 4. Il tipo di latte ha influito in maniera limitata sul profilo sensoriale delle scamorze; il tipo di starter impiegato ha differenziato i prodotti in modo significativo, soprattutto per alcuni parametri relativi alla consistenza (adesività, elasticità, tenerezza, granulosità, umidità), all’aspetto (compattezza fetta, oleosità, uniformità colore) e al gusto/flavour (salato, acido, dolce, burro). I consumatori hanno espresso una maggiore preferenza generale per le scamorze prodotte con starter tradizionale, anche se un gruppo significativo di consumatori mostrava una preferenza maggiore per il formaggio prodotto con lo starter aggiuntivo, confermando che la differenziazione delle colture starter può consentire la diversificazione del prodotto, conquistando gruppi specifici di consumatori (maggiori dettagli su questo aspetto nella sezione 5.

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Ulteriori prove sperimentali sono state condotte utilizzando uno starter aggiuntivo semplificato (contenente prevalentemente Lact. lactis) e un sono tipo di latte, con produzione di formaggi a pasta filata tipo silano. La semplificazione dello starter aggiuntivo, pur risultando in un formaggio con un ottimo livello qualitativo, ed eliminando i problemi precedenteente riscontrati sulla eccessiva consistenza del formaggio riduceva la diversità fra i due sistemi (starter acidificante da solo e con coltura aggiuntiva) al punto tale che i consumatori non erano più in grado di distinguerli. Principali conclusioni e aspetti applicativi. La manipolazione dei sistemi di colture starter ed aggiuntive è un modo semplice ed efficace per differenziare le produzioni, in modo da ottenere prodotti che, dal punto di vista chimico e sensoriale si discostano in maniera riconoscibile da quelli presenti sul mercato. Benché questo possa portare a prodotti che sono graditi solo da particolari nicchie di consumatori, l'approccio consente alle aziende di diversificare la propria produzione in un modo economico (il costo aggiuntivo delle colture è simile a quello degli starter primari ed incide per 5-10 €cent sul costo finale) ed efficace e di ottenere prodotti a stagionatura relativamente breve (15-30 gg) che si avvicinano a formaggio sostanzialmente più maturi (60 gg) con potenziali riduzioni dei costi di stagionatura ed aumento delle potenzialità dell'impianto. Oltre alle colture autoctone (isolate da formaggi tipici lucani) disponibili presso la collezione del Laboratorio di Microbiologia Industriale, tutte le principali aziende produttrici di colture starter offrono una varietà di soluzioni che possono soddisfare tuttele esigenze di diversificazione dei produttori.

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3.3 Impatto della conservazione refrigerata sul microbiota e sulla shelf-life del fior di latte. E. Parente, A. Ricciardi, A. Guidone, A. Romaniello, S. Cioffi - Scuola SAFE, Università degli Studi della Basilicata, Potenza (PZ) La mozzarella di vacca, o firo di latte, a causa dell'elevato tenore in umidità e del pH relativamente elevato è un formaggio altamente deteriorabile. Inoltre, la mozzarella è prodotta con una varietà di tecnologie di acidificazione, che possono influenzare significativamente la sua qualità sensoriale e il suo potere di deterioramento Uno degli obiettivi di QUALIFORM era di sviluppare metodi oggettivi per la valutazione della qualità della mozzarella di latte vaccino e individuare le strategie per prolungarne la shelf-life. A questo scopo è stata avviata un'indagine su prodotti del commercio ottenuti con diverse modalità produttive e da caseifici di diversa dimensione. Gli aspetti relativi alla microbiologia del prodotto sono descritti in questa sezione, mentre gli aspetti relativi alla valutazione della componente aromatica sono descritti nella sezione 4. Approccio metodologico e risultati. 20 campioni di 14 produttori diversi sono stati analizzati a 0 gg dall'acquisto e 5 gg dall'acquisto. La shelflife dichiarata sulle confezioni variava molto, ma era frequentemente 5 gg, con punte di 20 gg. Dei 14 produttori 5 erano industriali, 9 artigianali. In etichetta 5 produttori dichiaravano l'uso di acido citrico e 4 (esclusivamente industriali) dichiaravano l'uso di fermenti. Per quelli che non indicavano in etichetta il sistema di acidificazione (1 industriale, 4 artigianali), l'analisi del microbiota con tecniche NGS (vedi dopo) lasciava sospettare l'uso di starter selezionati (3 campioni) o artigianali (2 campioni). Su tutti i campioni sono stati determinati il pH (mozzarella e liquido di governo), la proteolisi con metodo OPA (mozzarella), tenore in Enterobacteriaceae, psicrotrofici, Pseudomonas (mozzarella), componente aromatica con naso elettronico (su mozzarella e liquido di governo, vedi sezione 4) e colore interno ed esterno del formaggio (con colorimetro Minolta), ed è stata determinata la composizione del microbiota per analisi del 16S rDNA estratto dalla mozzarella a 5 gg. I risultati analitici, anche a tempi equivalenti di conservazione, erano estremamente variabili.

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Figura 3.8. Relazione fra alcuni parametri chimici (pH del formaggio e del liquido di governo, proteolisi misurata con metodo OPA) e microbiologici (tenore in Enterobacteriaceae, LVRBGA; tenore in psicrotrofici, LGE; tenore in Pseudomonas, LPSM; risultati espressi come logaritmo decimale del numero di unità formanti colonie) e il tempo dalla scadenza dichiarata in etichetta. (cerchi, prodotti artigianali, triangoli, prodotti industriali) Le principali variabili microbiologiche mostrano una buona correlazione con il tempo alla scadenza, ma è evidente per diversi prodotti un livello inaccettabile delle conte (espresse come logaritmo nel numero di unità formanti colonie) di Enterobacteriaceae, psicrotrofici e Pseudomonas (il principale gruppo di psictrotrofici deterioranti i prodotti freschi). In particolare, dopo 5 gg di conservazione in numero di psicrotrofici variava da 106 a oltre 108 ufc/g, mentre il numero di Pseudomonas variava fra 106 e 108 ufc/g, e il tenore in Enterobacteriaceae (che riflette la qualità igienica del prodotto variava moltissimo) fra 102 e 107 ufc/g, con valori più alti nei prodotti artigianali). Il livello di proteolisi (misurato con il saggio OPA) mostra una scarsa correlazione con la shelf-life residua. Dal momento che su ogni prodotto sono state eseguite un gran numero di valutazioni analitiche, la presentazione dei risultati delle singole analisi è tediosa e poco indicativa. Per ottenere una valutazione complessiva degli andamenti delle determinazioni analitiche è stata condotta un'analisi delle componenti principali sulla matrice di correlazione delle variabili relative alle analisi microbiologiche e alle analisi chimiche. A causa della grande varietà di tipologie di prodotto e della diversa contaminazione iniziale, tentativi di

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correlare le risposte dei sensori con la presenza dei microrganismi e con il tempo mediante modelli di regressione parziale hanno avuto poco successo. Tuttavia, un semplice modello di analisi discriminante separava con un buon livello di successo (82% di classificazioni corrette) i prodotti all'inizio della shelf-life da quelli a 5 gg di conservazione. I sensori più importanti nel determinare questa separazione erano W3C, W5C (che rispondono a sostanze organiche aromatiche), W6S (idrogeno), W1S (broad range), W2S (alcohol, broad range). Sui soli campioni a 5 gg erano disponibili inoltre i dati sulla composizione del microbiota, che hanno fornito interessanti risultati, soprattutto nello spiegare la complessità della componente microbica. La Figura 3.9 mostra il logaritmo della frequenza (2=100%, -2=≤0.01%) delle specie riscontrate più importanti nei diversi campioni. La separazione dei campioni in questo caso è soprattutto sulla base del sistema di colture starter utilizzate (le ultime tre righe mostrano la frequenza delle specie normalmente usate come starter nella mozzarella). E' interessante notare come la maggior parte dei campioni prodotti con fermenti lattici selezionati (A, L e M) si raggruppano insieme,mentre il campione H si separa, probabilmente per l'uso di uno starter comprendente anche Lattobacilli. I campioni artigianali sono caratterizzati da una maggiore diversità del microbiota, mentre per i campioni prodotti con acido citrico (B, E, G, J, K) dominano gli agenti di deterioramento (Acinetobacter, Moraxella, Flavobcterium, Pseudomonas). L'affidabilità della tecnica NGS è anche testimoniata dalla similitudine delle repliche tecniche (campioni dello stesso produttore, con lo stesso numero) e biologiche (lettere finali A e B). La vicinanza delle diverse comunità microbiche sulla base della loro composizione tassonomica è mostrata nella Figura 3.10. L'immagine separa molto chiaramente i campioni sulla base del sistema di acidificazione utilizzato e mostra, in maniera simile alla figura precedente, diversi gruppi di prodotti. In particolare, a causa della varietà della contaminazione, i campioni prodotti per acidificazione artificiale, sono chiaramente separati dagli altri, come sono separati i campioni presumibilmente prodotti con colture a composizione indefinita (F).

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Figura 3.9. Pseudo heat map mostrante la frequenza (come gradazione di colore; rosso frequenza maggiore, blu frequenza minore) di diversi microrganismi in diversi campioni di mozzarella di latte di vacca conservati per 5 gg a 10°C. I diversi campioni (A1A, A1B etc.) sono indicati con una lettera iniziale che indica il produttore, un numero che indica la replica biologica (il lotto di produzione) e una lettera (A, B) che indica la replica tecnica (due campioni dello stesso lotto).

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Figura 3.10. Analisi delle coordinate principali della matrice di distanza Weighted Unifrac (rappresentante la distanza tassonomica fra le diverse comunità microbiche) in campioni di mozzarella di latte di vacca conservati per 5 gg a 10°C. I cerchi indicano prodotti artigianali e i triangoli prodotti industriali, mentre il livello di riempimento (bianco, lu chiaro e blu scuro) indicano il sistema di acidificazione (rispettivamente acido citrico, non dichiarato e fermenti lattici selezionati). Se i diversi gruppi tassonomici vengono raggruppati per gruppi funzionali (Figura 3.11), si osservano chiaramente i diversi pattern di contaminazione. Le mozzarelle prodotte con acido citrico sono caratterizzati da bassi livelli di microrganismi utilizzati come starter (che sono probabilmente contaminanti derivanti dall'ambiente di caseificio, in cui presumibilmente vengono ottenuti altri formaggi a pasta filata con altri sistemi di colture starter); nei prodotti che dichiarano l'uso di colture starter queste ultime dominano in modo assoluto il microbiota, mentre nel gruppo che non dichiara l'uso di colture starter né di acido citrico non esiste un pattern preciso, anche se, a causa della frequenza elevata di specie usate come starter è presumibile che questi prodotti vengano ottenuti con colture naturali (contaminate con altri fermenti lattici, oltre a quelli normalmente usati come starter).

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Figura 3.11. Distribuzione di diversi gruppi funzionali di microrganismi sulla base dei risultati del NGS in campioni di mozzarella prodotti con diversi sistemi di acidificazione a 5 gg di conservazione a 10°C. I tentativi di correlare la composizione del microbiota con altre proprietà del prodotto non sono stati particolarmente fruttuosi; la correlazione fra la frequenza di psicrotrofici o di Pseudomonas con le relative conte è certamente significativa ma bassa, con diversi outliers. Il risultato non è sorprendente perché l'analisi NGS misura la frequenza (non il numero) delle diverse tipologie di DNA presente (indipendentemente dal fatto che i microrganismi siano coltivabili o meno) mentre i terreni di coltura mostrano, con gradi diversi di selettività, il numero di microrganismi in grado di formare colonie. Principali conclusioni e aspetti applicativi. Le mozzarelle presenti sul commercio hanno un'elevata variabilità delle caratteristiche chimiche e microbiologiche e sono prodotte su sistemi di acidificazione della pasta molto diversi, anche se è possibile identificare abbastanza semplicemente quale sia stato utilizzato con tecniche molecolari, indipendentemente dalla dichiarazione i etichetta. La shelf-life più frequentemente indicata in etichetta era intorno ai 5 gg ed è probabile che, almeno dal punto di vista microbiologico, la conservazione refrigerata a 4°C (una temperatura incompatibile con la qualità sensoriale del prodotto) possa consentire il mantenimento di una discreta qualità del prodotto. L'uso della valutazione rapida dello spazio di testa è sicuramente un metodo vantaggioso e rapido per correlare la qualità del prodotto con la durata della conservazione, ma deve essere tarato su un prodotto specifico. Infatti, in presenza di prodotti molto diversi da un punto di vista microbiologico e tecnologico, lo strumento può fornire indicazioni di massima perché le

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variabili diverse dalla sola durata della conservazione confondono le possibilità di discriminazione. L'analisi del microbiota con tecnologie basate sul Next Generation Sequencing, per quanto costoso, è uno strumento completo per caratterizzare i prodotti ma la correlazione dei risultati ottenuti sulla base di questo approccio con le variabili chimiche e sensoriali richiedono l'esecuzione di un numero di analisi molto maggiore di quello utilizzato in questo studio. I risultati confermano comunque che i prodotti ottenuti per acidificazione naturale possono essere discriminati (sia sulla base del tipo di coltura utilizzato, sia separandoli nettamente da quelli ottenuti con acidificazione artificale), permettendo di individuare con facilità eventuali truffe e false dichiarazioni in etichetta. Benché la comunità microbica di deterioramento possa variare significativamente da un prodotto all'altro (in funzione della tipologia di contaminazione iniziale, piuttosto che in funzione delle caratteristiche ecologiche, abbastanza simili nei diversi prodotti) essa è di solito dominata da psicrotrofici appartenenti ai generi Pseudomonas, Acinetobacter, Flavobacterium (derivanti probabilmente dalla contaminazione del latte e dell'acqua) e per alcuni campioni da Enterobacteriaceae. Diversi microrganismi chiaramente associati al microbiota delle vacche da latte possono essere presenti e svilupparsi. Altre fonti di contaminazioni significative sono probabilmente l'ambiente di caseificio. Queste informazioni confermano da una parte che prodotti artigianali sono caratterizzati da una maggiore biodiversità (sia in termini di microrganismi starter, che di fermenti lattici non starter, che di altri contaminanti), legata probabilmente all'uso di colture starter artigianali, alla minore attenzione alle norme di igiene e, in qualche caso, alla mancata pastorizzazione del latte. Da un punto di vista microbiologico, la sola refrigerazione, anche accoppiata alla conservazione in atmosfere protettive, può svolgere un ruolo importante nel prolungare la shelf-life, ma incrementi significativi di questo parametro richiedono sicuramente un maggior controllo della contaminazione iniziale del latte, del caseificio e del liquido di governo.

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3.4 Effetto del sistema di colture starter e del liquido di governo sulle proprietà microbiologiche del fior di latte. E. Parente, A. Ricciardi, A. Guidone, A. Matera - Scuola SAFE, Università degli Studi della Basilicata, Potenza (PZ) Le colture starter ad inoculo diretto sono certamente le colture più utilizzate per le mozzarelle di produzione industriale. Benché il loro uso garantisca una buona riproducibilità delle performance tecnologiche ed una costanza della qualità possono determinare un'appiattimento della qualità dei prodotti. Per questa ragione, nell'ambito del progetto QUALIFORM sono state condotte una serie di lavorazioni pilota per valutare l'impatto di: • sistemi di colture starter (starter ad inoculo diretto vs coltura naturale in latte) • tipologia di liquido di governo sulla qualità microbiologica, chimica e sensoriale di mozzarella di latte vaccino. Approccio metodologico e risultati. Le lavorazioni sono state condotte presso l'azienda Fattorie Donna Giulia Srl, partner del progetto, usando una tecnologia standard per la produzione di mozzarella da latte vaccino. Le colture starter utilizzate sono una coltura ad inoculo diretto gentilmente fornita dalla Sacco srl e una coltura naturale in latte selezionata dal Laboratorio di Microbiologia Industriale in precedenti cicli di sperimentazione. Entrambe le colture sono state utilizzate in modo tale da raggiungere il pH di filatura in circa 4 h. La maturazione della cagliata è stata condotta a 42°C sotto siero. Sono stati confrontati due tipi di liquido di governo: un liquido di governo composto acqua potabile (la salature è stata fatta nella pasta con acqua salata al 3,5%) e un liquido di governo innovativo addizionato di fermenti lattici aromatizzanti. Latte, mozzarelle e liquido di governo sono stati monitorati con un insieme di analisi microbiologiche (tenore in Enterobacteriaceae, psictrofici e Pseudomonas come indicatori del potenziale di deterioramento, tenore in colture starter), chimiche (analisi dello spazio di testa mediante naso elettronico), fisiche e chimico fisiche (pH, colore interno ed esterno della mozzarella). Le analisi chimiche e fisiche sono state condotte presso il CRA-ZOE di Bella. Infine, il gruppo di ricerca sul Benessere animale e valutazione

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della qualità dei prodotti ha condotto analisi sensoriali descrittive e consumer test sui prodotti all'inizio della conservazione. In tutte le lavorazioni la cagliata raggiungeva il pH necessario per la filatura entro circa 3-3.5 h dall'aggiunta del caglio: mentre l'acidificazione con la coltura per inoculo diretto era estremamente riproducibile quella con la coltura naturale richiedeva un attento monitoraggio, con aggiustamento dei livelli di inoculo ed era, in qualche caso, lievemente più lenta, anche se non si notavano differenze statisticamente significative fra il numero di cellule vitali della coltura starter nel latte inoculato nè in funzione del tipo di starter nè della data di lavorazione. La coltura ad inoculo diretto garantiva un numero più alto di cellule al termine della maturazione, menre il livello di alcuni contaminanti era più alto per il prodotto ottenuto con le colture naturali. Le mozzarelle sono state trasferite in due liquidi di governo diversi (uno dei quali conteneva fermenti lattici mesofili aromatizzanti) e analizzate immediatamente dopo il confezionamento o dopo 5 gg di conservazione a 10°C. Le analisi sono state eseguite sia sul liquido di governo che sulla mozzarella. Il liquido di governo al tempo 0 aveva un pH identico a quello della mozzarella per i campioni conservati in acqua potabile e di 5.3 per il liquido di governo inoculato. Il tempo, il tipo di coltura starter e il tipo di liquido di governo avevano tutti effetti altamente significativi sul pH del liquido di governo dopo 5 gg, con i valori più bassi per il liquido di governo inoculato, che era caratterizzato anche da un maggior numero di fermenti lattici mesofili (come era da aspettarsi) mentre il tenore in psicrotrofici non era diverso per i due liquidi di governo a 5 gg di conservazione. Per quanto rigaurda il pH della mozzarella, al tempo 0, quella prodotta con la coltura ad inoculo diretto aveva un valore significativamente più basso mentre, dopo 5 gg di conservazione, l'uso del liquido di governo inoculato determinava un pH significativamente più basso (che potrebbe aver contribuito alla maggior consistenza del prodotto e alla maggiore inibizione degli psicrotrofici che si riscontrava unicamente dopo 5 gg di conservazione). Le mozzarelle conservate nel liquido di governo inoculato avevano, dopo 24 h di conservazione un colore significativamente diverso, con valori meno tendenti al giallo. Il naso elettronico permetteva un'ottima discriminazione dei prodotti sia sulla base del sistema di colture starter utilizzato che sulla base del liquido di governo. I risultati dell'analisi sensoriale sono descritti in dettaglio nella sezione 5.2. A 24 h l'effetto della coltura starter, valutato indipendentemente da liquido di governo e dalla durata della conservazione, sui soli parametri di aspetto e colore mostrava che la coltura naturale in latte dava valori significativamente più intensi per la consistenza al taglio, mentre la coltura selezionata ad inoculo

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diretto aveva una maggiore intensità per gli attributi lucentezza e uniformità del colore. Per le analisi condotte a 24 h di conservazione, si conferma l'impatto positivo della coltura ad inoculo diretto su alcuni parametri relativi all'aspetto, come uniformità di colore, lucentezza, alveolature e rilascio di latticello. La coltura naturale dà un prodotto con un odore/flavour di latte più intenso, mentre sono più evidenti per la coltura ad inoculo diretto alcuni difetti come acido e amaro. Per la consistenza la coltura naturale in latte sembra mostrare alcuni aspetti positivi, come la maggiore consistenza al taglio, e maggiore tenerezza. Il liquido di governo tradizionale mostra un'intensità significativamente maggiore per i parametri colore, alveolature e lucentezza, mentre il liquido di governo innovativo mostra intensità maggiori per la resistenza al taglio. Indipendentemente dalla coltura starer e dal liquido di governo, la conservazione determina una diminuzione della percezione dell'uniformità del colore, l'uniformità della pelle, l'alveolatura, il rilascio di latticello, la resistenza e la consistenza al taglio. Questi fenomeni sono probabilmente dovuti sia ad una perdita di calcio ionico nel liquido di governo che, almeno parzialmente, alla crescita di deterioranti psicrotrofici. La coltura naturale in latte determina una maggiore accettabilità generale (relativa soprattutto all'accettabilità per gusto/flavour) rispetto alla coltura a composizione definita, mentre il liquido di governo innovativo determina una maggiore gradevolezza per il gusto/flavour, mostrando l'importanza dell'aggiunta delle colture aromatizzanti. Principali conclusioni e aspetti applicativi. Questo esperimento pilota conferma che, seppur di più difficile gestione, le colture naturali possono portare significativi vantaggi in termini di proprietà sensoriali della mozzarella fresca e che, interventi mirati sul liquido di governo (anche mediante l'aggiunta di colture starter specifiche), possono contribuire a prolungare la shelf-life della mozzarella e a migliorarne significativamente la qualità sensoriale.

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4. Valutazione della qualità in termini di composizione e

impatto aromatico.

Claps S., Caputo A.R., Di Napoli M.A., Paladino F., Morone G. CRA-ZOE – Unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva Via Appia, Bella Scalo 85054 Muro Lucano (Pz)

4.1 Premessa. Il CRA-ZOE ha partecipato alla realizzazione delle attività previste nell’ambito del progetto al fine di “Ottimizzare la produzione di paste filate fresche e stagionate”, “Oggettivare” l’alta qualità delle stesse e valutare la “Shelf-life” del fior di latte. Ha curato le caseificazioni sperimentali e pilota, fornendo supporto e collaborazione alle attività delle altre Unità Operative. Ha effettuato, inoltre, analisi chimiche di base, gas-cromatografiche (VOC e profilo acidico) e, infine, ha testato l’impiego del naso elettronico per la discriminazione “rapida” delle diverse tesi. Il CRA ha concentrato la propria attenzione nell’uso del “Naso Elettronico” (NE), in quanto è uno strumento che cerca di imitare il naso umano e di valutare un prodotto dal suo odore. In particolare, con i suoi sensori, “fotografa” le sostanze che vengono rilasciate dal prodotto oggetto dello studio e si accumulano nello spazio di testa del vial. Si parla di impronta olfattiva della sostanza analizzata. Il NE, a differenza del GC-MS, non da un nome alle sostanze volatili, ma esegue solo dei confronti, quindi non ci dice se ci sono più acidi o terpeni, ma nello stesso tempo, dopo una adeguata elaborazione statistica, ci indica, con un valore di probabilità, se l’insieme delle sostanze volatili registrate per un campione appartengono alla stessa classe o meno delle sostanze volatili di un altro campione che stiamo confrontando, oppure potremmo dire che le due impronte registrate appartengono alla stessa classe e quindi a una matrice simile ovvero possono essere considerate diverse. Quindi come strumento è meno completo rispetto al GC-MS, ma per contro effettua analisi in modo notevolmente più veloce e non necessità di un operatore particolarmente specializzato, una volta messa a punto una metodica adeguata. Per l’uso routinario, es. per valutare se un formaggio DOP rispetta gli standard olfattivi del disciplinare, non è necessario sapere quali sostanze sono diverse ma solo se il campione rientra nei parametri registrati per quella DOP.

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Di seguito vengono riportati i risultati delle diverse prove effettuate durante lo svolgimento del progetto, in particolare le risposte del NE e il confronto per alcune tesi con i risultati del GC-MS, non si riportano nel dettaglio i protocolli utilizzati per ogni singola tesi, informazioni quest’ultime che vengono riportate nella relazione del capofila, quindi per esempio parleremo di Standard Tradizionale (ST) senza specificare in modo dettagliato la composizione, ecc. Le analisi chimiche e GC sulla componente lipidica verranno riportante nella relazione conclusiva del progetto. Le prove sperimentali eseguite, in collaborazione con gli altri partners e nel rispetto di quanto previsto nelle azioni progettuali, sono :

1) Sviluppo di starter primari, aggiuntivi e prebiotici per paste filate fresche e stagionate

2) Scamorze - Confronto Starter Tradizionale vs Innovativo 3) Shelf-Life Fior di Latte - Prova Preliminare 4) Shelf-Life Fior di Latte in commercio – Fior di Latte locale e della

grande distribuzione 5) Lavorazioni pilota - Effetto di sistemi di colture starter e formulazioni

di liquidi di governo sulla qualità microbiologica, chimica e sensoriale di mozzarella

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4.2 Sviluppo di starter primari, aggiuntivi e prebiotici per paste filate fresche e stagionate Introduzione L’obiettivo è stato quello di sviluppare sistemi di colture starter a composizione definita per migliorare la qualità igienica, sensoriale e nutrizionale di paste filate fresche e stagionate. Gli starter selezionati sono stati utilizzati anche nelle successive prove sperimentali e le lavorazioni pilota. Sono state realizzate quattro caseificazioni, presso il caseificio del CRA-ZOE, con lo scopo di mettere a confronto diversi tipi di latte e diverse colture starter per la produzione di paste filate a breve stagionatura (vedi sezione 3.1) Lo scopo di questa attività, infatti, era di valutare l’impatto di due tipologie di latte (Frisona (F) e Misto (M), con una quantità di latte, per il misto, 10% di Jersey e 90% di Frisona ) e due tipologie di colture starter: una coltura starter del commercio (ST) e una coltura a composizione definita di starter selezionati (SI) sulla qualità dei formaggi a pasta filata a breve-media stagionatura. La coltura a composizione definita è stata sviluppata da Unibas-DipBio in un precedente progetto e aveva mostrato di influenzare positivamente aroma e sapore del Caciocavallo Silano. In particolare, la coltura è caratterizzata dalla capacità di minimizzare i difetti di amaro e produrre un sapore dolce con un piacevole aroma di burro. Lo schema tecnologico utilizzato, per le diverse caseificazioni, è riportato nella Tabella 4.1. Il CRA-ZOE ha eseguito le analisi chimico fisiche sul latte e sulle scamorze a diversi stadi di stagionatura (cagliata, scamorza 7, 15 e 30 giorni) delle diverse tesi a confronto, per verificare l’influenza del tipo di latte (Frisona o Misto) e del tipo di fermento (ST e SI), principalmente sulle caratteristiche aromatiche e sul profilo acidico, fattori questi che influenzano in modo determinante il gusto del consumatore e la scelta nel consumo di un determinato formaggio. In particolare, si è voluto verificare se l’aggiunta di un 10% di latte di razza Jersey può determinare una variazione nella componente volatile e acidica delle scamorze tali che il consumatore ne percepisca la differenza e riconoscendola possa preferirla ad un prodotto senza l’aggiunta. Inoltre, si è voluto verificare se i diversi fermenti acidificanti usati (ST e SI) hanno la stessa o un influenza simile sul prodotto finito, in particolare se lo standard innovativo (SI) sviluppi un aroma più marcato ed apprezzato dal consumatore.

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Tabella 4.1. Schema tecnologico caseificazione FST

(Frisona Starter

Tradizionale)

FSI (Frisona Starter

Innovativo)

MST (Misto Starter Tradizionale)

MSI (Misto Starter

Innovativo) Latte (Lt) 40 40 40 40 pH latte 6,77 6,77 6,76 6,79

T° termizzazione

65 65 65 65

T° inoculo fermenti

42 38 42 42

PH dopo aggiunta fermenti

6,57 6,55 6,58 6,53

T° coagulazione

38 38 38 38

Quantità caglio (ml)

12 12 12 12

Ora aggiunta caglio

10:03 10:05 10:34 10:36

Tempo di presa (min)

13 10 13 11

Rassodamento (min)

20 20 22 20

Ora rottura 10:36 10:35 11:09 11:07 Tipo rottura Nocciola Nocciola Nocciola Nocciola

Riscaldamento (°C)

42 / 42 /

Orario di filatura

12:50 13:45 13:30 14:00

PH di filatura 5.15 5.18 5.15 5.15 Resa (kg) (cagliata)

3,75 4,0 4,1 4.450

N. scamorze 8 8 8 8 Risultati. Nelle Tabelle 4.2 - 4.4 viene riportata la componente organica volatile (VOC) totale nel latte, latte trattato e prodotto trasformato. L’analisi della varianza non ha evidenziato differenze significative.

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Tabella 4.2. VOC Totali (Unità arbitraria) nel latte di razza Frisona, Jersey e Misto (90% Frisona e 10% Jersey)

Latte Frisona Jersey Misto

x Es X Es x Es

Aldeidi 346,9 42,1 325,6 42,1 282,7 42,1

Chetoni 15,4 10,3 7,8 10,3 25,9 10,3

Esteri 49,1 25,9 56,4 25,9 28,3 25,9

Idrocarburi 36,9 12,2 57,3 12,2 28,3 12,2

Alcoli 153,2 27,8 146,2 27,8 48,7 27,8

Terpeni 174,4 28,4 194,4 28,4 132,1 28,4

Tabella 4.3. VOC Totali (Unità arbitraria) nel latte intero e misto trattato con l’aggiunta di starter diversi (FSI, FST, MSI e MST)

Latte FSI FST MSI MST

trattato x Es x Es x Es x Es

aldeidi 291,7 22,2 288,4 22,2 282,0 22,2 278,1 22,2

chetoni 15,7 4,3 9,0 4,3 15,9 4,3 12,5 4,3

esteri 43,8 16,1 42,5 16,1 38,6 16,1 46,0 16,1

idrocarburi 66,0 10,8 59,9 10,8 34,3 10,8 48,4 10,8

alcoli 150,0 26,3 69,4 26,3 121,2 26,3 68,9 26,3

terpeni 169,9 26,5 170,3 26,5 147,8 26,5 139,8 26,5

Nel latte, anche considerando la componente organica volatile (VOC) per singolo composto e non per classe, non sono state osservate differenze tra i vari elementi, tranne per un idrocarburo (Undecano) che è significativamente diverso tra il latte di Frisona, Jersey e Misto. In particolare è da notare la quasi completa assenza di Undecano nel Misto pur essendo presente nel latte di Frisona e Jersey. Il latte trattato, invece, non ha mostrato differenze significative per nessun componente.

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Tabella 4.4. VOC Totali (Unità arbitraria) nelle cagliate, scamorze a 7, 15 e 30 giorni ottenute con l’aggiunta di starter diversi (FSI, FST, MSI e MST)

Cagliata FSI FST MSI MST

x Es x Es x Es x Es

Aldeidi 243,9 49,3 233,2 49,3 347,7 49,3 238,2 49,3

Chetoni 13,9 5,6 23,3 5,6 27,1 5,6 12,4 5,6

esteri 37,6 5,9 31,6 5,9 41,5 5,8 29,9 5,9

idrocarburi 82,3 20,4 71,2 20,4 56,8 20,4 59,4 20,4

alcoli 45,8 7,3 44,1 7,3 57,8 7,3 40,9 7,3

lattoni 3,7 2,0 4,8 2,0 14,5 2,0 6,6 2,0

terpeni 134,1 25,3 111,5 25,3 140,0 25,3 122,3 25,3

Scamorza 7 gg FSI FST MSI MST

x Es x Es x Es x Es

aldeidi 264,8 35,6 281,2 35,6 267,1 35,6 283,0 35,6

chetoni 48,7 14,0 21,2 14,0 21,0 14,0 25,4 14,0

esteri 42,7 3,4 38,4 3,4 47,1 3,4 37,7 3,4

idrocarburi 69,4 18,5 59,4 18,5 71,6 18,5 52,2 18,5

lattoni 8,7 3,7 4,6 3,7 8,0 3,7 7,3 3,7

alcoli 52,9 11,6 52,1 11,6 53,7 11,6 53,7 11,6

terpeni 134,3 14,8 136,9 14,8 141,4 14,8 117,9 14,8

Scamorza 15 gg FSI FST MSI MST

x Es x Es x Es x Es

aldeidi 237,4 22,9 237,4 22,9 252,7 22,9 192,6 22,9

chetoni 19,1 3,3 22,1 3,3 23,2 3,3 18,3 3,3

esteri 34,7 3,9 38,1 3,9 34,9 3,9 30,4 3,9

idrocarburi 53,5 11,9 77,1 11,9 68,2 11,9 59,9 11,9

lattoni 0,0 0,9 1,1 0,9 2,1 0,9 2,0 0,9

alcoli 42,4 8,4 55,3 8,4 50,0 8,4 35,7 8,4

terpeni 124,7 15,9 131,3 15,9 129,1 15,9 114,1 15,9

Scamorza 30 gg FSI FST MSI MST

8 Es x Es x Es x Es

aldeidi 347,9 39,9 251,9 39,9 291,9 39,9 280,7 39,9

chetoni 23,9 3,8 20,8 3,8 21,4 3,8 21,7 3,8

esteri 52,5 5,6 52,6 5,6 57,6 5,6 62,7 5,6

idrocarburi 105,1 15,2 50,5 15,2 71,8 15,2 58,9 15,1

alcoli 85,8 18,9 66,8 18,9 85,8 18,9 96,6 18,9

terpeni 157,3 7,4 147,8 7,4 180,6 7,4 138,7 7,4

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80

Nella Figura 4.1 vengono riportati i grafici del naso elettronico ottenuti mediante l’elaborazione statistica multivariata “Discriminant analysis” che considera le variabili (in questo caso i 10 sensori) nel loro insieme allo scopo di evidenziare differenze o meno tra le diverse tesi. La Figura mostra come l’impronta olfattiva riconosca il latte di Jersey rispetto a quello di Frisona o Misto, mentre con l’aggiunta degli starter, dal latte trattato fino alla scamorza a 15 giorni, MSI è la tesi che risulta ben distinta. A 30 giorni invece è il trattamento con starter tradizionale (FST) a essere ben distinto dagli altri due con starter innovativo (FSI e MSI). Sembrerebbe che i due gruppi di starter (ST e SI) con il procedere della stagionatura, indipendente dal latte di partenza, tendano a indirizzare i processi di maturazione in modo differente.

Canonical Scores Plot

misto_sifrisona_st

frisona_si

RAZZA_TR$

-4 -1 2 5

FACTOR(1)

-4

-1

2

5

FA

CT

OR

(2)

Scamorza 15g

Canonical Scores Plot

misto_sifrisona_st

frisona_si

TRATTAMENTO$

-6,0 -3,4 -0,8 1,8 4,4 7,0

FACTOR(1)

-6,0

-3,4

-0,8

1,8

4,4

7,0

FA

CT

OR

(2)

Scamorza 7g

Canonical Scores Plot

misto-sifrisona-st

frisona-si

TRATTAMENTO$

-5 -3 -1 1 3

FACTOR(1)

-5

-3

-1

1

3

FA

CT

OR

(2)

Scamorza 30g

Latte

Canonical Scores Plot

mistojersey

frisona

RAZZA1$

-4 -2 0 2 4 6

FACTOR(1)

-4

-2

0

2

4

6

FA

CT

OR

(2)

Latte trattato

Canonical Scores Plot

misto_sifrisona_st

frisona_si

TRATTAMENTO$

-5 -2 1 4

FACTOR(1)

-5

-2

1

4

FA

CT

OR

(2)

cagliata

Canonical Scores Plot

misto_sifrisona_st

frisona_si

TRATTAMENTO$

-6 -2 2 6

FACTOR(1)

-6

-2

2

6

FA

CT

OR

(2)

Figura 4.1. Naso Elettronico – grafici elaborazione statistica multivariata “Discriminant analysis” dal latte alla scamorza a 30 giorni

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81

Nella Figura 4.2 viene riportata l’elaborazione PCA (Principal Component Analysis), che conferma la netta separazione del latte di Jersey rispetto a quello di Frisona e Misto. Infatti il potere discriminante (DP), l’indice che misura la capacità di discriminazione delle classi del modello, è superiore a 0,5 che rappresenta il valore soglia per una buona separazione.

Figura 4.2. Naso Elettronico – grafici elaborazione statistica multivariata “PCA” confronto latte

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82

Aspetti divulgativi. I risultati ottenuti, per i parametri presi in considerazione (VOC, naso elettronico, ecc.) non hanno evidenziato differenze statistiche significative tra le diverse tesi e i diversi tipi di latte utilizzati, anche se appare evidente che il NE riesca ad individuare il latte proveniente da razze diverse e tenda a separare, almeno fino ad una stagionatura di 15 g, la scamorza prodotta con latte misto e con l’aggiunta di standard innovativo. A 30 giorni è lo standard innovativo, indipendentemente dal latte utilizzato, a separarsi dallo standard tradizionale. Da un punto di vista pratico applicativo, sicuramente, si può ipotizzare l’uso del NE per un primo screening della provenienza e composizione del latte (specie, razza, annacquamento, ecc), rimandando ad approfondimenti successivi, con metodiche classiche, in caso di dubbi.

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83

4.3 Silani - confronto starter tradizionale vs innovativo Introduzione L’obiettivo è stato quello di ritestare gli starter innovativi (SI) (coltura a composizione definita composta da: Lactobacillus nelveticus, Lactococcus Lactis subsp. lactis e Lactobacillus paracasei subsp. paracasei) con starter tradizionali (ST) (coltura starter del commercio). Sono state realizzate tre caseificazioni, presso il caseificio del CRA-ZOE, mettendo a confronto due colture starter per la produzione di paste filate a breve stagionatura (Scamorzone o Silano), utilizzando, in questa prova, solo latte di vacca Frisona. Lo schema tecnologico utilizzato, per le diverse caseificazioni, è riportato nella Tabella 4.5. Tabella 4.5. Schema tecnologico caseificazione – confronto ST vs SI FST

(Frisona starter tradizionale)

FSI (Frisona start. trad. +

innovativo)

Latte (Lt) 100 100

PH latte 6.81 6.81

T° termizzazione (°C) 65 65

Inoculo ml/100lt 1 bustina ST da 1 uc 1 bustina ST da 1 uc + SI (10

ml)

T° inoculo fermenti (°C) 38 38

PH dopo aggiunta fermenti

6.60 6.60

T° coagulazione (°C) 38 38

Quantità caglio (ml) 35 35

Ora aggiunta caglio 9:09 9:02

Tempo di presa (min) 12 12

Rassodamento (min) 20 20

Ora rottura 9:41 9:34

Tipo rottura nocciola nocciola

Riscaldamento (°C) / /

Orario di filatura 12:30 12:15

PH di filatura 5.18 5.16

Resa (kg) (cagliata) 12,3 12,5

N. scamorze 12 12

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84

Il CRA-ZOE ha eseguito le analisi chimico fisiche sul latte e sulle scamorze a diversi stadi di stagionatura (cagliata, scamorza 7, 15 e 30 giorni) delle diverse tesi a confronto, per verificare l’influenza del tipo di fermento (ST e SI), principalmente sulle caratteristiche aromatiche. In questa prova, per ottimizzare la base statistica e migliorare la ripetibilità, è stata aumentata la numerosità dei campioni prelevati. Per ogni tesi sono stati prelevati ben 27 campioni, infatti sono state effettuate 3 caseificazioni, per ogni caseificazione sono state prelevate 3 scamorze per tesi e per ogni scamorza sono stati prelevati 3 campioni, analizzati separatamente ed in parallelo. Risultati. Analizzando i dati della prova, il NE non ha rilevato differenze tra le due tesi a confronto, con valori di discriminazione molto al disotto di 0,5. Il NE, confrontando scamorze a 15 giorni di stagionatura con quelle a 30 giorni, sovrappone le due tesi di 15 giorni separandole con quelle di 30 giorni. Nella Figura 4.3 è possibile osservare il grafico prodotto dalla elaborazione PCA e nella Figura 4.4 l’analisi discriminate (DA). Entrambe mostrano nettamente la separazione tra le scamorze a tempi diversi di stagionatura.

sc15sisc15si

sc15si

sc15si

sc15sisc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15sisc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15stsc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15stsc15st

sc15st

sc15stsc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30sisc30si

sc30si

sc30sisc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30st

sc30st sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30stsc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30stsc30st

sc30st

sc30st

-2,0 -1,6 -1,2 -0,8 -0,4 0,4 0,8 1,2 1,6

Component 1

-0,4

-0,3

-0,2

-0,1

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

Com

ponent

2

Scamorze 30 giorni

Scamorze 15 giorni

sc15sisc15si

sc15si

sc15si

sc15sisc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15sisc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15si

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15stsc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc15stsc15st

sc15st

sc15stsc15st

sc15st

sc15st

sc15st

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30sisc30si

sc30si

sc30sisc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30si

sc30st

sc30st sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30stsc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30st

sc30stsc30st

sc30st

sc30st

-2,0 -1,6 -1,2 -0,8 -0,4 0,4 0,8 1,2 1,6

Component 1

-0,4

-0,3

-0,2

-0,1

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

Com

ponent

2

Scamorze 30 giorni

Scamorze 15 giorni

Figura 4.3. Naso Elettronico – grafici elaborazione statistica multivariata “PCA” – confronto scamorze 15 gg vs 30gg

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85

Canonical Scores Plot

sc30st

sc30si

sc15st

sc15si

SIGLA1$

FACTOR(1)

FA

CT

OR

(1)

FACTOR(2)

FA

CT

OR

(1)

FACTOR(3)

FA

CT

OR

(2) F

AC

TO

R(2

)

FACTOR(1)

FA

CT

OR

(3)

FACTOR(2) FACTOR(3)

FA

CT

OR

(3)

Scamorze 30 giorni

Scamorze 15 giorni

Canonical Scores Plot

sc30st

sc30si

sc15st

sc15si

SIGLA1$

FACTOR(1)

FA

CT

OR

(1)

FACTOR(2)

FA

CT

OR

(1)

FACTOR(3)

FA

CT

OR

(2) F

AC

TO

R(2

)

FACTOR(1)

FA

CT

OR

(3)

FACTOR(2) FACTOR(3)

FA

CT

OR

(3)

Scamorze 30 giorni

Scamorze 15 giorni

Figura 4.4. Naso Elettronico – grafici elaborazione statistica multivariata “DA” confronto scamorze 15 gg vs 30 gg. Dalla elaborazione dei dati della componente organica volatile (VOC), la DA sovrappone le diverse classi, anche se la classe scamorza a 30 giorni prodotta con SI (sc30si) tende ad allontanarsi dalle altre 3 (Figura 4.5), tendenza che viene messa in risalto con la PCA (Figura 4.6).

Canonical Scores Plot

st30

st15

si30si15

SIGLA1$

FACTOR(1)

FA

CT

OR

(1)

FACTOR(2)

FA

CT

OR

(1)

FACTOR(3)

FA

CT

OR

(2) F

AC

TO

R(2

)

FACTOR(1)

FA

CT

OR

(3)

FACTOR(2) FACTOR(3)

FA

CT

OR

(3)

Figura 4.5. GC-MS – grafici elaborazione statistica multivariata “DA” confronto scamorze 15g vs 30g

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86

La PCA, mediante i loading fornisce una misura del contributo di ogni variabile alle componenti principali, la Figura 4.7 mostra che i terpeni, in particolar modo, aldeidi, alcoli e idrocarburi sono tra le variabili originarie che più pesano sulla determinazione della grandezza di quelle latenti. L’analisi della varianza ha evidenziato che diverse classi di composti presentano differenze significative tra le diverse tesi. I terpeni presentano un area doppia nella tesi si30 (102,81) rispetto alle altre 3 (si15 = 60,44; st15 = 60,02; st30 = 66,21), con una significatività superiore allo 0,001. Considerando non la classe, ma i singoli componenti, diversi composti hanno evidenziato differenze significative, ma in particolare il limonene e il p-cimene mostrano un comportamento particolare nella si30 rispetto alle altre. Il limonene è pari a 58,99 (si30) mentre nelle altre è meno della metà (si15 = 22,19; st15 = 19,16; st30 = 13,30). Il p-cimene ha invece un andamento inverso (si30 = 0,00; si15 = 6,85; st15 = 5,75; st30 = 1,91). Nella tabella 6 è possibile osservare i dati per i singoli componenti dei terpeni, con la relativa significatività statistica.

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87

si15si15

si15

si15

si15

si15

si15si15

si15

si15si15

si15

si15

si15

si15 si15

si15si15

si15

si15

si15si15

si15si15si15si15 si15

si30

si30

si30

si30

si30

si30si30

si30

si30

si30 si30si30

si30 si30

si30

si30

si30

si30

si30si30si30

si30si30si30

si30

si30

si30

st15st15

st15st15

st15st15 st15

st15

st15

st15

st15

st15

st15st15st15 st15

st15st15

st15

st15 st15

st15

st15 st15

st15

st15

st15

st30

st30

st30st30st30

st30 st30st30st30

st30

st30st30

st30

st30

st30st30

st30st30

st30

st30

st30

st30

st30

st30

st30

st30

st30

-200 -160 -120 -80 -40 40 80 120 160

Component 1

-200

-160

-120

-80

-40

40

80

120

160

Com

po

nent

2

Scamorze 30 giorni

Standard Innovativo

si15si15

si15

si15

si15

si15

si15si15

si15

si15si15

si15

si15

si15

si15 si15

si15si15

si15

si15

si15si15

si15si15si15si15 si15

si30

si30

si30

si30

si30

si30si30

si30

si30

si30 si30si30

si30 si30

si30

si30

si30

si30

si30si30si30

si30si30si30

si30

si30

si30

st15st15

st15st15

st15st15 st15

st15

st15

st15

st15

st15

st15st15st15 st15

st15st15

st15

st15 st15

st15

st15 st15

st15

st15

st15

st30

st30

st30st30st30

st30 st30st30st30

st30

st30st30

st30

st30

st30st30

st30st30

st30

st30

st30

st30

st30

st30

st30

st30

st30

-200 -160 -120 -80 -40 40 80 120 160

Component 1

-200

-160

-120

-80

-40

40

80

120

160

Com

po

nent

2

Scamorze 30 giorni

Standard Innovativo

acidi

alcoli

aldeidi

chetoniesteri

idrocarburi

terpeni

-90 -60 -30 30 60 90 120 150 180

Component 1

-90

-60

-30

30

60

90

120

150

180

Com

ponent 2

Figura 4.6. GC-MS – grafici elaborazione statistica multivariata “PCA” confronto scamorze 15g vs 30g

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88

Figura 4.7. GC-MS – grafici elaborazione statistica multivariata “PCA loading” confronto scamorze 15 gg vs 30 gg.

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89

Tabella 4.6. GC-MS – Tabelle analisi della varianza - confronto scamorze 15 gg. vs 30 gg.

Analysis Varianceterpeni

campione x e.s.

si15 60.44 5.81

si30 102.81 5.81

st15 60.02 5.81

st30 66.21 5.81

as

0.000

campione x e.s.

si15 3.27 0.88

si30 12.60 0.88

st15 5.14 0.88

st30 13.14 0.88

as

0.000

campione x e.s.

si15 22.19 6.08

si30 58.99 6.08

st15 19.16 6.08

st30 13.30 6.08

as

0.000

campione x e.s.si15 1.13 0.23

si30 2.27 0.23

st15 1.57 0.23

st30 2.28 0.23

as

0.001

mentolo

isobornilacetato

limonene

Analysis Varianceterpeni

campione x e.s.

si15 60.44 5.81

si30 102.81 5.81

st15 60.02 5.81

st30 66.21 5.81

as

0.000

campione x e.s.

si15 3.27 0.88

si30 12.60 0.88

st15 5.14 0.88

st30 13.14 0.88

as

0.000

campione x e.s.

si15 22.19 6.08

si30 58.99 6.08

st15 19.16 6.08

st30 13.30 6.08

as

0.000

campione x e.s.si15 1.13 0.23

si30 2.27 0.23

st15 1.57 0.23

st30 2.28 0.23

as

0.001

mentolo

isobornilacetato

limonene

campione x e.s.

si15 27.00 1.66

si30 28.95 1.66

st15 28.40 1.66

st30 35.59 1.66

as

0.002

campione x e.s.

si15 6.85 0.57

si30 0.00 0.57

st15 5.75 0.57

st30 1.91 0.57

as

0.000

nerilacetone

p cimene

si15 st30 -8.591 0.002 -14.73 -2.451

si30 st30 -6.638 0.029 -12.778 -0.499

nerilacetone

si15 st30 -8.591 0.002 -14.73 -2.451

si30 st30 -6.638 0.029 -12.778 -0.499

nerilacetone

si15 si30 6.848 0.000 4.733 8.964

si15 st30 4.944 0.000 2.828 7.059

si30 st15 -5.75 0.000 -7.866 -3.635

st15 st30 3.845 0.000 1.73 5.961

p cimene

si15 si30 6.848 0.000 4.733 8.964

si15 st30 4.944 0.000 2.828 7.059

si30 st15 -5.75 0.000 -7.866 -3.635

st15 st30 3.845 0.000 1.73 5.961

p cimene

Tukey's Honestly-Significant-Difference TestSIGLA$(i) SIGLA$(j) Difference p-Value

Lower Upper

si15 si30 -42.371 0.00 -63.83 -20.912

si30 st15 42.791 0.00 21.332 64.25

si30 st30 36.594 0.00 15.135 58.053

95% Confidence Interval

si15 si30 -9.331 0.000 -12.577 -6.086

si15 st30 -9.874 0.000 -13.12 -6.629

si30 st15 7.459 0.000 4.213 10.704

st15 st30 -8.002 0.000 -11.247 -4.756

isobornilacetato

si15 si30 -9.331 0.000 -12.577 -6.086

si15 st30 -9.874 0.000 -13.12 -6.629

si30 st15 7.459 0.000 4.213 10.704

st15 st30 -8.002 0.000 -11.247 -4.756

isobornilacetato

si15 si30 -36.8 0.000 -59.232 -14.368

si30 st15 39.829 0.000 17.397 62.261

si30 st30 45.689 0.000 23.257 68.12

limonene

si15 si30 -36.8 0.000 -59.232 -14.368

si30 st15 39.829 0.000 17.397 62.261

si30 st30 45.689 0.000 23.257 68.12

limonene

si15 si30 -1.135 0.003 -1.975 -0.296

si15 st30 -1.144 0.003 -1.983 -0.304

mentolo

si15 si30 -1.135 0.003 -1.975 -0.296

si15 st30 -1.144 0.003 -1.983 -0.304

mentolo

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90

Aspetti divulgativi. Malgrado il naso elettronico non evidenzi particolari differenze, i VOC elaborati nel loro insieme mostrano solo una tendenza, vale a dire che le scamorze a 30 giorni di stagionatura prodotte con l’uso di SI si differenziano dalle altre 3 tesi, anche se non in modo netto. Invece, considerando le diverse classi di composti l’analisi della varianza ha evidenziato differenze significative. Tutto questo può essere interpretato con un diverso comportamento delle sostanze volatili, cioè prese singolarmente hanno un comportamento diverso rispetto a quando vengono considerate in una miscela di composti, o meglio i sensori si comportano in modo diverso se vengono a contatto con una sostanza singola rispetto ad un insieme di sostanze. Da un punto di vista pratico, sicuramente si può concludere che il NE, pur non riconoscendo differenze tra i due trattamenti, è in grado di riconoscere scamorze a un diverso grado di stagionatura. Quindi il NE potrebbe essere usato per stabilire quando un prodotto ha raggiunto il giusto grado di stagionatura.

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91

4.4 Valutazione della componente aromatica durante la shelf-life del fior di latte. Shelf-life fior di latte - prova preliminare. Introduzione. Tra gli obiettivi del progetto era previsto la messa a punto di un metodo rapido di valutazione della shelf-life del Fior di latte, il CRA-ZOE prima di eseguire la prova, vera e propria, con un elevato numero di campioni provenienti da caseifici locali e della grande di distribuzione, ha testato l’andamento della shelf-life su tre vaschette di Fior di latte acquistate in un caseificio artigianale, conservando i campioni metà a 10 °C per 10 giorni e metà congelati a – 20 °C. Sono state effettuate analisi con il NE, GC-MS, colorimetro e pHmetro. La prima vaschetta è stata metà analizzata fresca e metà congelata. La seconda, mantenuta a 10 °C per 5 giorni (data scadenza), è stata metà analizzata e metà congelata. La terza è stata trattata allo stesso modo dopo 10 giorni (data scadenza + 5 giorni).

Figura 4.8. Naso Elettronico – “PCA” – confronto Fior di latte fresco 1 gg vs 5 gg vs 10 gg. Risultati. Nella Figura 4.8 si può osservare come il NE riesce a distinguere il Fior di latte di un giorno rispetto a 5 giorni (DP = 0,624) e 10 giorni (DP = 0,998), mentre tra 5 e 10 vi è una sovrapposizione parziale (DP = 0,289). Da notare che i primi due assi della PCA spiegano la quasi totali della varianza (96,1%) e quindi il risultato può essere considerato attendibile. Dall’elaborazione dei

Fg1

Fg5

Fg10

Fg1

Fg5

Fg10

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92

risultati del GC-MS (Tabella 4.7), tra i composti che presentano differenze significative, si osserva l’ottanale (odore di frutta e di grasso), che tra 1 giorno e 5 giorni, passa da 11,33 a 0, analogamente il p-cimene (odore agrumi) scompare, mentre il limonene (odore agrumi) si riduce di un terzo, passando da 30,89 a 10,58. Anche l’1,2,4-trimetilbenzene scompare, odore questo legato molto probabilmente al confezionamento in quanto è associato a odore di plastica e colla. Tra i composti che a 5 giorni compaiono vi sono il 6-metil-5-epten-2-one (odore di formaggio) e l’1-dodecene, idrocarburo, che in letteratura, viene associato all’odore di tappeto e di materasso. Nel confronto 0 giorni rispetto a 10 giorni, si ha una riduzione con valori statistici significativi, dei seguenti composti: metil-nonanoato, 1,2,4-trimetilbenzene, eucalipto, p-cimene e metilcaprilato e la presenza, in traccia, del nonanolo e del dodecanale. Confrontando i composti tra 5 e 10 giorni non si osservano differenze significative. Tabella 4.7. GC-MS – Confronto VOC Fior di latte fresco - 0 gg vs 5 gg e 5 vs 10 gg. n. classe composto tesi1 tesi2 significatività area1 area2

1 alcoli nonanolo Fg1 Fg5 0,034 0,00 1,164

2 aldeidi ottanale Fg1 Fg5 0,032 11,33 0,00

3 chetoni 6 metil 5 epten 2 one Fg1 Fg5 0,030 0,00 6,78

4 esteri metilcaprilato Fg1 Fg5 0,010 3,10 0,00

5 idrocarburi 1,2,4-trimetilbenzene Fg1 Fg5 0,000 7,67 0,00

6 idrocarburi 1-Dodecene Fg1 Fg5 0,047 0,00 5,92

7 terpeni eucaliptolo Fg1 Fg5 0,000 13,24 1,04

8 terpeni limonene Fg1 Fg5 0,051 30,89 10,58

9 terpeni p Cimene Fg1 Fg5 0,004 8,01 0,00 n. classe composto tesi1 tesi2 significatività area1 area2

1 alcoli nonanolo Fg1 Fg10 0,001 0,00 1,85

2 aldeidi dodecanale Fg1 Fg10 0,000 0,00 2,88

3 esteri metil nonanoato Fg1 Fg10 0,024 21,93 4,92

4 esteri metilcaprilato Fg1 Fg10 0,010 3,10 0,00

5 idrocarburi 1,2,4-trimetilbenzene Fg1 Fg10 0,000 7,67 0,00

6 terpeni eucaliptolo Fg1 Fg10 0,000 13,24 2,25

7 terpeni p Cimene Fg1 Fg10 0,004 8,01 0,00 Per le vaschette con Fior di latte congelato (NE - Figura 9) si osserva, rispetto al fresco, una netta separazione tra congelato 1 giorno (Cg1), congelato 5 giorni (Cg5) e congelato 10 giorni (Cg10), infatti il potere discriminate è superiore a 0,90 e il primo asse spiega più del 96% della varianza. I dati del GC-MS (tabella 4.8) mostrano, 1 gg vs 5 gg, che tra i componenti che diminuiscono in modo significativo vi sono il nonanolo e l’eucaliptolo, presenti in traccia, mentre il decanale (odore di buccia d’arancia) si dimezza passando da 49,42 a 24,37. I composti, invece, che compaiono a 5 giorni sono l’acido

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butirrico (odore sgradevole che ricorda quello del burro rancido) e il benzonitrile (mandorla dolce). Il nonanolo e l’eucaliptolo, passando da 1 giorno a 10 giorni, scompaiono mentre il dodecanale (odore forte, grasso) passa da 0 a 2,79. Inoltre, tra 5 e 10 giorni non vi sono differenze significative tra i diversi composti presenti, malgrado, il NE evidenzia una netta differenza tra i due periodi.

Figura 4.9. Naso Elettronico – “PCA” – confronto Fior di latte congelato 1 gg vs 5 gg vs 10 gg. Tabella 4.8. GC-MS – Confronto VOC Fior di latte congelato - 0g vs 5g e 5 vs 10g n. classe composto tesi1 tesi2 significatività area1 area2

1 acidi acido butirrico Cg1 Cg5 0,046 0,00 37,46

2 alcoli Nonanolo Cg1 Cg5 0,003 2,63 0,99

3 aldeidi decanale Cg1 Cg5 0,048 49,42 24,37

4 idrocarburi Benzonitrile Cg1 Cg5 0,033 0,00 21,29

5 terpeni eucaliptolo Cg1 Cg5 0,008 3,06 0,00

n. classe composto tesi1 tesi2 significatività area1 area2

1 alcoli Nonanolo Cg1 Cg10 0,000 2,627 0,00

2 aldeidi dodecanale Cg1 Cg10 0,000 0,00 2,79

3 terpeni eucaliptolo Cg1 Cg10 0,008 3,06 0,00 Facendo un controllo incrociato fresco vs congelato, della stessa mozzarella, il NE distingue nettamente quelle di 1 giorno e quelle di 10, mentre a 5 non evidenzia differenze, in quanto l’impronta olfattiva del Fior di latte fresco è molto allargata, probabilmente è avvenuta una contaminazione. Nella Figura 10 è riportato il grafico del NE con il valore del DP che è quasi al massimo (0,974). Tra le sostanze, considerate singolarmente, che hanno una differenza

C1g

C5g

C10g

C1g

C5g

C10g

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statisticamente significativa (tabella 9), quasi tutte, tranne 6-metil-5-epten-2-one e nonanolo, tendono a diminuire passando dal fresco al congelato, in particolare l’acetoina (76,32 vs 0,00) e il limonene (30,89 vs 10,18). L’acetoina ha un odore che ricorda il burro o la mandorla. A 5 e 10 giorni, la differenza tra fresco e congelato si ha per una sola sostanza, l’acetoina nel primo caso (66,36 vs 0,00) e il nonanolo nel secondo caso (1,85 vs 0,00).

Figura 4.10. Naso Elettronico – “PCA” – confronto Fior di latte fresco vs congelato di un giorno. Tabella 4.9. GC-MS – Confronto VOC Fior di latte fresco vs congelato di un giorno. n. classe composto tesi1 tesi2 significatività area1 area2

1 alcoli Nonanolo Fg1 Cg1 0,000 0,00 2,61

2 chetoni 6 metil 5 epten 2 one Fg1 Cg1 0,021 0,00 7,18

3 chetoni acetoina Fg1 Cg1 0,000 76,32 0,00

4 esteri metilcaprilato Fg1 Cg1 0,010 3,10 0,00

5 idrocarburi 1,2,4-trimetilbenzene Fg1 Cg1 0,000 7,67 0,00

6 terpeni eucaliptolo Fg1 Cg1 0,000 13,24 3,06

7 terpeni limonene Fg1 Cg1 0,045 30,89 10,18

8 terpeni p Cimene Fg1 Cg1 0,004 8,01 0,00 Aspetti divulgativi. In conclusione questa prova preliminare, eseguita per verificare se il congelamento compromette la verifica dell’andamento del shelf-life, ha evidenziato che il NE distingue bene il Fior di latte a diversi giorni di conservazione, sia sul fresco che sul congelato, con classi più compatte e meglio distinte sul congelato, mentre i VOC sul fresco sono più numerosi. Il NE distingue bene anche tra fresco e congelato. Da un punto di vista organizzativo, soprattutto quando si vogliono analizzare moltissimi campioni, è sicuramente da preferire il congelamento, anche perché blocca i processi di maturazione al punto in cui il campione, secondo il

F1g

C1g

F1g

C1g

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protocollo, deve essere analizzato, anche se verrà in effetti trattato in un momento successivo.

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4.5 Shelf-life fior di latte in commercio: Fior di latte locale e della grande distribuzione Introduzione. L’obiettivo della prova è stata quello di testare il naso elettronico (NE) per validare un metodo rapido per determinare la shelf-life del Fior di latte. A tal fine sono state acquistate confezioni di mozzarella di 14 caseifici, di cui 2 marchi della grande distribuzione e 12 locali. Tra i marchi locali 2 caseifici si possono considerare di medie capacità produttive, mentre gli altri di piccole dimensioni. Ogni confezione è stata testata con il NE, sia la mozzarella che il siero, all’acquisto (T0) e alla data di scadenza (Tsc), per 2 caseifici si è analizzato anche a più 5 giorni dalla scadenza (Tsc+5), si sono effettuate per ogni marchio almeno 2 repliche. Risultati. Il NE ha riconosciuto in modo chiaro le mozzarella al T0 rispetto al Tsc, con “classe” molto compatta nel primo caso mentre nel secondo molto ampia (Figura 4.11), per quanto riguarda la maggior parte dei piccoli caseifici. Per i due marchi della grande distribuzione (Figura 4.12) il T0 e Tsc si sovrappongono. I due caseifici locali di medie dimensioni hanno un comportamento che si potrebbe definire intermedio tra le due precedenti situazioni, separazione parziale di T0 e Tsc (Figura 4.13).

Figura 4.11. Naso Elettronico – “PCA” – confronto Fior di latte caseifici locali (T0 vs Tsc).

T0

Tsc

T0T0T0

T0

T0

T0 Tsc

Tsc

Tsc

Tsc

Tsc

Tsc

-3 -2 -1 1 2 3 4 5

Component 1

-2,0

-1,6

-1,2

-0,8

-0,4

0,4

0,8

1,2

1,6

Com

ponent 2

T0

Tsc

T0

Tsc

T0T0T0

T0

T0

T0 Tsc

Tsc

Tsc

Tsc

Tsc

Tsc

-3 -2 -1 1 2 3 4 5

Component 1

-2,0

-1,6

-1,2

-0,8

-0,4

0,4

0,8

1,2

1,6

Com

ponent 2

-0,06241

0,5869

-0,06483

0,09604

-0,07517

0,4268

0,01598

0,6591

0,1254-0,002974

W1C

W5S

W3C

W6S

W5C

W1S

W1W

W2S

W2W

W3S

-1,0

-0,8

-0,6

-0,4

-0,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

Loadin

g

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Figura 4.12. Naso Elettronico – “PCA” – confronto Fior di latte caseifici grande distribuzione (T0 vs Tsc).

Figura 4.13. Naso Elettronico – “PCA” – confronto Fior di latte caseifici locali medie dimensioni (T0 vs Tsc). I liquidi di governo hanno un comportamento simile. Un aspetto da considerare, forse non secondario, è il contributo dei diversi sensori alle componenti principali (loading). Generalmente i sensori che più sono sensibili sono il 2, 6 e 8, come si può osservare dalla tabella 4.10, tutti i sensori MOS sono ad ampio spettro, ma alcuni sono più sensibili a determinate sostanze rispetto ad altre. Dalle figure di cui sopra si evince che per i caseifici locali di piccole dimensioni la sequenza dei sensori più sensibili è 8-2-6, per la grande distribuzione è 6-2-8 e per i caseifici di medie dimensioni è 8-6-2. Inoltre, vi sono stati casi particolari, i cui grafici non sono riportati, un caseificio che ha

T0

T0

T0

T0

T0

T0

Tsc Tsc

Tsc

Tsc Tsc

Tsc-0,8 -0,6 -0,4 -0,2 0,2 0,4 0,6 0,8

Component 1

-0,80

-0,64

-0,48

-0,32

-0,16

0,16

0,32

0,48

0,64

Com

ponent 2

T0

Tsc

T0

T0

T0

T0

T0

T0

Tsc Tsc

Tsc

Tsc Tsc

Tsc-0,8 -0,6 -0,4 -0,2 0,2 0,4 0,6 0,8

Component 1

-0,80

-0,64

-0,48

-0,32

-0,16

0,16

0,32

0,48

0,64

Com

ponent 2

T0

Tsc

T0

Tsc

-0,09179

0,6159

-0,077970,02176

-0,1008

0,6451

-0,002987

0,4214

0,0098840,04134

W1C

W5S

W3C

W6S

W5C

W1S

W1W

W2S

W2W

W3S

-1,0

-0,8

-0,6

-0,4

-0,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

Loadin

g

T0

T0

T0

T0

T0

T0

T0T0

T0T0T0T0

T0

T0

T0

T0

T0T0

Tsc

TscTscTsc

TscTsc

TscTsc

TscTsc

Tsc

Tsc

Tsc

Tsc

Tsc

Tsc Tsc

Tsc

-4 -3 -2 -1 1 2 3 4

Component 1

-2,4

-1,6

-0,8

0,8

1,6

2,4

3,2

4,0

Com

ponent 2

T0

Tsc

T0

T0

T0

T0

T0

T0

T0T0

T0T0T0T0

T0

T0

T0

T0

T0T0

Tsc

TscTscTsc

TscTsc

TscTsc

TscTsc

Tsc

Tsc

Tsc

Tsc

Tsc

Tsc Tsc

Tsc

-4 -3 -2 -1 1 2 3 4

Component 1

-2,4

-1,6

-0,8

0,8

1,6

2,4

3,2

4,0

Com

ponent 2

T0

Tsc

T0

Tsc

-0,06378

0,2659

-0,06702

0,1038

-0,08502

0,6294

-0,01449

0,7106

0,035480,009676

W1C

W5S

W3C

W6S

W5C

W1S

W1W

W2S

W2W

W3S

-1,0

-0,8

-0,6

-0,4

-0,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

Loadin

g

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98

attivato solo il sensore 2 e tre, caseifici locali, con la sequenza 2-8-6 e molti altri sensori attivati. Tabella 4.10. Sensori MOS e limiti di sensibilità

Sensor

number

Sensor

namea Sensor description and sensitivities Detection limitsb

1 W1C Aromatic organic compounds Toluene, 10 mg kg-1

2 W5S Very sensitive, broad range sensitivity, reacts to nitrogen oxides,

very sensitive with negative signal NO2, 1 mg kg-1

3 W3C Ammonia, also used as sensor for aromatic compounds Benzene, 10 mg kg-1

4 W6S Detects mainly hydrogen gas H2, 0.1 mg kg-1

5 W5C Alkanes, aromatic compounds, and nonpolar organic compounds Propane, 1 mg kg-1

6 W1S Sensitive to methane. Broad range of organic compounds detected CH3, 100 mg kg-1

7 W1W Detects inorganic sulfur compounds, e.g. H2S. Also sensitive to many terpenes and

sulfurcontaining organic compounds H2S, 1 mg kg-1

8 W2S Detects alcohol, partially sensitive to aromatic compounds, broad range CO, 100 mg kg-1

9 W2W Aromatic compounds, inorganic sulfur and organic compounds H2S, 1 mg kg-1

10 W3S Reacts to high concentrations (>100 mg/kg) of methane

and aliphatic organic compounds n.d.

a As reported in the ‘‘sensors options’’ of the e-nose software (Winmuster 1.6.2.5, Airsense Analytics GmbH, Schwerin, Germany).b From a previous work of Gomez et al., 2007.

Sensor

number

Sensor

namea Sensor description and sensitivities Detection limitsb

1 W1C Aromatic organic compounds Toluene, 10 mg kg-1

2 W5S Very sensitive, broad range sensitivity, reacts to nitrogen oxides,

very sensitive with negative signal NO2, 1 mg kg-1

3 W3C Ammonia, also used as sensor for aromatic compounds Benzene, 10 mg kg-1

4 W6S Detects mainly hydrogen gas H2, 0.1 mg kg-1

5 W5C Alkanes, aromatic compounds, and nonpolar organic compounds Propane, 1 mg kg-1

6 W1S Sensitive to methane. Broad range of organic compounds detected CH3, 100 mg kg-1

7 W1W Detects inorganic sulfur compounds, e.g. H2S. Also sensitive to many terpenes and

sulfurcontaining organic compounds H2S, 1 mg kg-1

8 W2S Detects alcohol, partially sensitive to aromatic compounds, broad range CO, 100 mg kg-1

9 W2W Aromatic compounds, inorganic sulfur and organic compounds H2S, 1 mg kg-1

10 W3S Reacts to high concentrations (>100 mg/kg) of methane

and aliphatic organic compounds n.d.

a As reported in the ‘‘sensors options’’ of the e-nose software (Winmuster 1.6.2.5, Airsense Analytics GmbH, Schwerin, Germany).b From a previous work of Gomez et al., 2007.

Aspetti divulgativi. La prova ha sicuramente fornito ottime indicazioni circa l’uso del NE come strumento per una rapida valutazione del shelf-life del Fior di latte, in quanto riesce a distinguere le mozzarelle fresche da quelle a data di scadenza, questo almeno per i prodotti artigianali, mentre per i prodotti industriali il problema è complicato dalla tecnologia utilizzata, meglio studiata e guidata alla durata di un prodotto con caratteristiche organolettiche costanti. Il NE, inoltre, riesce a valutare e a registrare l’insieme delle componenti volatili e le loro variazioni sui prodotti artigianali, mentre per quelli industriali si dovrà ripetere la prova con un maggior numero di campioni e per un periodo più lungo di conservazione. Inoltre, sarà opportuno, in prove future, l’utilizzo anche del GC-MS per cercare le cause della sensibilizzazione sistematica di sensori diversi, probabilmente legata alla diversa composizione della componente volatile dei Fior di latte provenienti da caseifici diversi (artigianali locali e industriali).

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99

4.6 Lavorazioni pilota: Effetto di sistemi di colture starter e formulazioni di liquidi di governo sul profilo aromatico del fior di latte Introduzione Sono state condotte tre lavorazioni sperimentali in tre giorni successivi, presso l’azienda Fattorie Donna Giulia Srl di Atella, con lo scopo di mettere a confronto Fior di latte prodotto con 2 tipi di starter e mantenuti in 2 liquidi di governo. I dettagli dei trattamenti sono riportati nella sezione 3.4 mentre i risultati dell'analisi sensoriale sono riportati nella sezione 5.2. Il CRA-ZOE ha effettuato analisi con il naso elettronico, colorimetro e pHmetro. Di seguito si riportano i risultati del NE, sui diversi tipi di Fior di latte e di liquido di governo. Risultati. Il NE, sia in liquido tradizionale che innovativo (Figure 4.14 e 4.15), mostra una sovrapposizione parziale delle mozzarelle prodotte con i due tipi di starter, con “classi” più compatte per quelle prodotte con CL13a e molto più ampie per quelle prodotte con ST0511. Il contributo dei diversi sensori alle componenti principali (loading) è quasi esclusivamente legato al sensore numero 2 (W5S), mentre il contributo di 6 e 8 è molto limitato, diversamente da quello che si osserva generalmente.

Figura 4.14. Naso Elettronico – “PCA” – confronto Fior di latte ST051 vs CL13a in liquido di governo tradizionale

cl13a

cl13a

cl13acl13a

cl13a

cl13a

cl13a

cl13a

cl13a

st051

st051

st051

st051

st051st051

st051

st051

st051

-4 -3 -2 -1 1 2 3 4

Component 1

-0,48

-0,32

-0,16

0,16

0,32

0,48

0,64

Com

ponent 2

Liquido di governo

TRADIZIONALE

ST051

CL13a

cl13a

cl13a

cl13acl13a

cl13a

cl13a

cl13a

cl13a

cl13a

st051

st051

st051

st051

st051st051

st051

st051

st051

-4 -3 -2 -1 1 2 3 4

Component 1

-0,48

-0,32

-0,16

0,16

0,32

0,48

0,64

Com

ponent 2

Liquido di governo

TRADIZIONALE

cl13a

cl13a

cl13acl13a

cl13a

cl13a

cl13a

cl13a

cl13a

st051

st051

st051

st051

st051st051

st051

st051

st051

-4 -3 -2 -1 1 2 3 4

Component 1

-0,48

-0,32

-0,16

0,16

0,32

0,48

0,64

Com

ponent 2

Liquido di governo

TRADIZIONALE

ST051

CL13a

ST051

CL13a

-0,0495

0,9599

-0,038480,0005617-0,0441

0,2148

0,016950,16

0,02751-0,003432

W1C

W5S

W3C

W6S

W5C

W1S

W1W

W2S

W2W

W3S

-1,0

-0,8

-0,6

-0,4

-0,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

Loadin

g

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100

Figura 4.15. Naso Elettronico – “PCA” – confronto Fior di latte ST051 vs CL13a in liquido di governo innovativo

Figura 4.16. Naso Elettronico – “PCA” – confronto Fior di latte ST051 vs CL13a in liquido di governo tradizione vs innovativo Considerando tutte e 4 le tesi insieme, Figura 4.16, è chiaro che le mozzarelle prodotte con lo stesso starter tendono a sovrapporsi indipendentemente in quale liquido di governo siano state immerse. È ancora più evidente cambiando tipo di grafico, quello di tipo “convex hulls” che unisce i punti più esterni di ogni classe mostra la quasi totale sovrapposizione dei Fior di latte ottenuti con starter CL13a.

cl13acl13a

cl13a

cl13a

cl13acl13a

cl13a

cl13a

cl13a

st051st051

st051

st051

st051

st051

st051

st051

st051-4,8 -3,6 -2,4 -1,2 1,2 2,4 3,6 4,8

Component 1

-0,5

-0,4

-0,3

-0,2

-0,1

0,1

0,2

0,3

0,4C

om

ponent 2

Liquido di governo

SPERIMENTALE

ST051

CL13a

ST051

CL13a

-0,05008

0,9694

-0,039760,001076-0,04282

0,1819

0,030220,1337

0,04891-0,006354

W1C

W5S

W3C

W6S

W5C

W1S

W1W

W2S

W2W

W3S

-1,0

-0,8

-0,6

-0,4

-0,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

Loadin

g

ST051 + LQT

CL13a + LQT

ST051 + LQS

CL13a + LQS

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQSCL13a_LQS

CL13a_LQS

CL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQSCL13a_LQS

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQTST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQSST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS-5 -4 -3 -2 -1 1 2 3 4

Component 1

-0,48

-0,32

-0,16

0,16

0,32

0,48

0,64

Com

ponent 2

95% ELLIPSESST051 + LQT

CL13a + LQT

ST051 + LQS

CL13a + LQS

ST051 + LQT

CL13a + LQT

ST051 + LQS

CL13a + LQS

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQSCL13a_LQS

CL13a_LQS

CL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQSCL13a_LQS

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQTST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQSST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS-5 -4 -3 -2 -1 1 2 3 4

Component 1

-0,48

-0,32

-0,16

0,16

0,32

0,48

0,64

Com

ponent 2

95% ELLIPSES

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQSCL13a_LQS

CL13a_LQS

CL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQS

CL13a_LQS

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQSST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

-1,0 -0,5 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5

Component 1

-0,24

-0,16

-0,08

0,08

0,16

0,24

0,32

Com

ponent 2

CONVEX HULLS

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101

Il NE ha un comportamento simile, anzi è ancora più marcato, se viene utilizzato per “annusare” lo spazio di testa dei diversi liquidi di governo in cui sono state immerse le paste filate prodotte con fermenti diversi, con gli ellissi simili, in particolare per i Fior di latte ST051. Nel caso dei liquidi di governo i sensori sensibilizzati sono molti, oltre al 2, come per le mozzarelle, 6 e 8, ma anche 1, 3 e 5, probabilmente legato ad un flavour ricco e variegato.

Figura 4.17. Naso Elettronico – “PCA” – confronto liquidi di governo di Fior di latte ST051 vs CL13a e LQT vs LQS Aspetti divulgativi. Per concludere, da un punto di vista pratico, il NE evidenzia che l’impronta olfattiva è influenzata dagli starter che vengono utilizzati per la produzione del Fior di latte, mentre il liquido di governo incide poco sulla composizione dello spazio di testa. Sarebbe opportuno ripetere la prova per confermare questi dati ed eseguire, in parallelo, un confronto con i risultati ottenuti con un panel di degustatori, per verificare se naso umano ed elettronico arrivano alle stesse conclusioni.

CL13a_LQT

CL13a_LQTCL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQTCL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQS

CL13a_LQS

CL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQS

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQTST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQSST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

-2,0 -1,6 -1,2 -0,8 -0,4 0,4 0,8 1,2 1,6

Component 1

-0,60

-0,48

-0,36

-0,24

-0,12

0,12

0,24

0,36

0,48

Com

ponent 2

ST051 + LQT

CL13a + LQT

ST051 + LQS

CL13a + LQS

CL13a_LQT

CL13a_LQTCL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQT

CL13a_LQTCL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQS

CL13a_LQS

CL13a_LQS

CL13a_LQSCL13a_LQS

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQTST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQT

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQSST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

ST051_LQS

-2,0 -1,6 -1,2 -0,8 -0,4 0,4 0,8 1,2 1,6

Component 1

-0,60

-0,48

-0,36

-0,24

-0,12

0,12

0,24

0,36

0,48

Com

ponent 2

ST051 + LQT

CL13a + LQT

ST051 + LQS

CL13a + LQS

ST051 + LQT

CL13a + LQT

ST051 + LQS

CL13a + LQS -0,1296

0,8277

-0,095840,02366

-0,09535

0,4847

0,03125

0,204

0,0411-0,002736

W1C

W5S

W3C

W6S

W5C

W1S

W1W

W2S

W2W

W3S

-1,0

-0,8

-0,6

-0,4

-0,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

Loadin

g

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5. L’analisi sensoriale: uno strumento per la definizione

delle caratteristiche percepibili di un prodotto e per la

verifica della sua accettabilità.

F. Napolitano, A. Braghieri, A. Riviezzi, N. Piazzolla - Scuola SAFE, Università degli Studi della Basilicata, Potenza (PZ) È ormai dimostrato che le aspettative indotte dall'indicazione di condizioni di benessere ottimali possono influenzare positivamente la percezione della qualità dei prodotti lattiero-caseari e la predisposizione dei consumatori a pagare. Nel caso dello yogurt, ad esempio, le informazioni relative a maggiori standard di benessere degli animali hanno prodotto una migliore disponibilità a pagare da parte dei consumatori, soprattutto se a queste informazioni erano associati prodotti con le migliori qualità sensoriali (Napolitano et al., 2008; Carlucci et al., 2009). E’ noto quanto le proprietà sensoriali, che per definizione sono quelle caratteristiche percepite dagli organi di senso (aspetto, colore, odore, gusto, aroma e consistenza), svolgano un ruolo fondamentale nel complesso concetto di qualità del consumatore. Queste, infatti, influenzano l’accettabilità del prodotto al momento dell’acquisto (influenzato, ad esempio, dall’aspetto), del riacquisto (dipendente, ad esempio, dalle performance sensoriali), sono importanti per caratterizzare, differenziare e promuovere il prodotto a livello commerciale, possono codificare caratteri di tipicità dei prodotti da tutelare e rappresentano, infine, un utile strumento consuntivo per verificare la conformità del prodotto e del processo. Malgrado si disponga di sofisticate tecniche analitiche e strumentali per la determinazione delle caratteristiche degli alimenti, queste, in realtà, possono sostituire solo parzialmente quelle sensoriali. Infatti, nel caso della valutazione delle caratteristiche olfattive o di consistenza di un prodotto, solo i sensi, durante la masticazione, permettono di considerare il sinergismo, tra le sensazioni percepibili, mentre le analisi strumentali tendono ad analizzare gli stimoli singolarmente. La valutazione sensoriale di un alimento può essere affrontata secondo due diversi approcci: edonico e analitico. Nel primo caso (test edonici) si utilizzano gruppi molto numerosi (80-100 persone), rappresentativi dei consumatori, per stabilire come questi reagiscano al prodotto in termini di accettabilità, esprimendo una preferenza (piace, non piace). La preferenza, inoltre, è una caratteristica dinamica, che deve essere verificata nel lungo periodo. Nel secondo caso (test analitici), si vogliono valutare gli attributi sensoriali dei prodotti, descrivendoli e misurando quantitativamente la loro intensità, e verificarne le caratteristiche distintive.

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5.1. Uso di starter aggiuntivi per la produzione di Scamorze e Silani: i risultati dell'analisi sensoriale. Sono state condotte lavorazioni pilota per la produzione di Scamorze (vedi sezioni 3.2 e 4.1) e Silani (vedi sezione 4.1) a breve stagionatura, confrontando starter industriali a composizione definita da soli (Tradizionale, ST) o addizionati con colture aggiuntive per accelerare il processo di maturazione (Innovativo, ST+A). In particolare, nel caso delle Scamorze, sono stati confrontati prodotti ottenuti utilizzando latti differenti (Frisona, F vs Misto, M) e due diversi tipi di starter (ST vs ST+A). Le Scamorze sono state stagionate per 30 d e, successivamente, conservate sottovuoto a 4°C per 2-3 d fino allo svolgimento delle valutazioni sensoriali. L’analisi qualitativa descrittiva (QDA) è stata condotta nel corso di 3 repliche impiegando 10 panellisti opportunamente addestrati, i quali hanno valutato l’intensità delle proprietà sensoriali dei 4 prodotti (2 tipi di latte x 2 tipi di starter) utilizzando una scala non strutturata di 100 mm in cabine sensoriali individuali. Il Consumer test ha coinvolto 87 consumatori (età media 42 anni, bilanciati per genere). Ogni consumatore ha valutato 4 fette di scamorza di 15-20 g (2 tipi di latte x 2 tipi di starter) e ha espresso 4 giudizi riguardanti l’accettabilità complessiva, l’accettabilità relativa all’aspetto, l’accettabilità relativa al gusto/flavour e l’accettabilità relativa alla consistenza utilizzando una scala a nove punti (da estremamente gradevole a estremamente sgradevole, con punteggio neutro pari a 5). Su queste è stata applicata la regressione lineare, per valutare le pendenze individuali (k1), che mettono in relazione la preferenza totale con quelle per i diversi input sensoriali. Sui valori delle pendenze reali per ciascun input sensoriale, è stata condotta l’analisi della varianza (ANOVA). Lo studio delle relazioni fra i dati di preferenza e i dati sensoriali è stato effettuato applicando la regressione PLS tra 87 giudizi edonici (Y) e 18 attributi sensoriali (X). L’analisi è stata condotta sui dati standardizzati usando SIMCA-P 11, 2005, UMETRICS. E’ stata inoltre condotta un’Analisi delle Componenti Principali (PCA, The Unscrambler X version 10.1 – Camo) sul profilo sensoriale, sul pH, sugli aminoacidi liberi e sul contenuto di sale del formaggio, per studiare le relazioni fra le variabili. Il tipo di latte ha influito in maniera limitata sul profilo sensoriale delle scamorze (Figura 5.1), mentre lo Starter impiegato ha differenziato i prodotti in modo significativo (Figura 5.2), soprattutto per alcuni parametri relativi alla consistenza (adesività, elasticità, tenerezza, granulosità, umidità), all’aspetto (compattezza fetta, oleosità, uniformità colore) e al gusto/flavour (salato, acido, dolce, burro).

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Fig.5.1.ProfilosensorialedelleScamorzeinfunzionedel podila e

Fig.5.2.ProfilosensorialedelleScamorzeinfunzionedel podiStarter

La PCA (Figura 5.3) ha confermato la differenziazione sensoriale dei prodotti in funzione dello starter impiegato: sulla parte destra della prima componente sono posizionate le scamorze ST, caratterizzate da una maggiore tenerezza, flavour di burro, gusto dolce, gusto salato e umidità. I prodotti ST+A, al contrario, si trovano nella parte sinistra della prima componente, insieme ad attributi quali la compattezza, il flavour di latte, l’acidità e l’oleosità. Si osserva, inoltre, una relazione positiva tra il pH e la tenerezza, il dolce e il salato, mentre per altri attributi, quali granulosità, oleosità, colore, compattezza e acidità, la relazione col pH è negativa. La tenerezza del prodotto, inoltre, presenta una relazione negativa con il contenuto in sale. Questo parametro, infatti, può influenzare la consistenza del formaggio direttamente, agendo sulla struttura della matrice proteica o, indirettamente, condizionando l’attività microbica. Malgrado tutti i punteggi di accettabilità siano risultati al di sopra del valore neutro di 5, i consumatori hanno espresso una maggiore gradevolezza

Fig.5.3.Analisidellecomponen principali(PCA)bi-plot(TheUnscramblerXversione10.1–Camo)frailprofilosensorialedelleScamorze,ilpH,gliaminoacidiliberi(leuk)eilcontenutodisale(NaCl).

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generale per le scamorze ST (P<0,05), più gradite anche per quanto riguarda la consistenza (P<0,01), il gusto/flavour (P<0,01) e l’aspetto (P<0,05). Tuttavia, un gruppo più ristretto di consumatori (15%) ha preferito le scamorze ottenute con Starter innovativo (quadrante IV, Figura 5.4). L’impiego di tale tecnologia di trasformazione, pertanto, potrebbe permettere di venire incontro alle esigenze di altri segmenti di mercato caratterizzati da preferenze diverse. Non sono state evidenziate differenze significative fra le pendenze grezze dell’aspetto (0,87), del gusto/flavour (0,78) e della consistenza (0,74), ma i loro valori elevati suggeriscono che tutti e tre gli input sono importanti nell’influenzare l’accettabilità della scamorza.

Fig. 5.4. Correlazione fra Prodo , Proprietà sensoriali e Giudizi di preferenza deiconsumatorieleprimeduecomponen dellaregressionePLS.

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5.2. Impatto di colture starter e liquidi di governo sulle proprietà sensoriali del fior di latte. Nel caso del fior di latte, le analisi sensoriali (QDA e Consumer test) sono state effettuate su prodotti che si differenziavano per le colture starter (Coltura ad inoculo diretto, ST051 vs Coltura naturale in latte, CL13A) e per il tipo di liquido di governo (Liquido di governo composto da salamoia allo 0.4% di NaCl, LT vs Liquido di governo innovativo addizionato di CaCl2 e fermenti lattici aromatizzanti, LI) utilizzati (vedi sezione 3.4 e 4.3). Anche in questo caso, per la QDA è stato impiegato un panel composto da 10 giudici addestrati che hanno valutato l’intensità delle proprietà sensoriali su 4 fiordilatte di 60 grammi (2 tipi di starter x 2 liquidi di governo), in cabine sensoriali individuali, in 3 repliche. Ai fini della valutazione della shelf-life del fiordilatte, i panellisti hanno testato nuovamente i prodotti dopo 5 d di conservazione a 4 C°, considerando solo gli attributi relativi all’aspetto e alla consistenza al taglio. Il Consumer test ha coinvolto 82 consumatori. Prima della valutazione ogni consumatore ha ricevuto un questionario, descritto con maggior dettaglio nella sezione seguente. Per quanto riguarda la valutazione dei prodotti, anche in questo caso i consumatori hanno espresso il suo giudizio per l’accettabilità complessiva e per quella relativa all’aspetto, al gusto/flavour e alla consistenza, al fine di identificare i driver dell’accettabilità. Il tipo di starter impiegato (Figura 5.5) ha influito in maniera significativa su alcune caratteristiche dell’aspetto quali la lucentezza, l’uniformità del colore (P<0,001) e il rilascio di latticello (P<0,05), che sono risultati più elevati nei prodotti ST051; in questi prodotti, inoltre, i panellisti hanno percepito una maggiore intensità di acido (P<0,001) e di amaro (P<0,05). I formaggi ottenuti con CL13A hanno mostrato, invece, una maggiore intensità di flavour di latte (P<0,05) e una maggiore consistenza al taglio (P<0,01), nonostante questi siano stati valutati più teneri durante la masticazione (P<0,05). Il tipo di liquido di governo impiegato (Figura 5.6) ha influito sul numero di alveolature (P<0,001) e sul rilascio di latticello (P<0,05), che sono risultati maggiori nei prodotti conservati nella soluzione di governo tradizionale. Questi hanno inoltre presentato un maggiore flavour di fruttato e un gusto amaro più intenso (P<0,001). Al contrario, la conservazione in liquido innovativo ha prodotto un maggiore flavour di burro (P<0,05), una maggiore resistenza al taglio (P<0,001) e, per quanto riguarda la consistenza, un’umidità (P<0,05) e una granulosità maggiori (P<0,001).

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Fig.5.5.Profilosensorialedei fiordila e infunzionedel podiStarter

Fig.5.6.Profilosensorialedeifiordila einfunzionedel podiliquidodigoverno

La conservazione per 5 d ha influenzato (P<0,001) l’aspetto (riduzione dell’uniformità del colore e dell’uniformità della superficie, delle alveolature e del rilascio di latticello) e la consistenza (diminuzione della consistenza al taglio e della resistenza al taglio). Tali riduzioni sono particolarmente accentuate per il rilascio di latticello e per il numero di alveolature, nel caso di impiego di starter tradizionale (Figura 5.7), e per la resistenza e la consistenza al taglio, con l’impiego di soluzione di governo innovativa (Figura 5.8),.

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Fig. 5.7. Profilo sensoriale dei fiordila e infunzionedeltempodiconservazioneedel podistarter

Fig. 5.8. Profilo sensoriale dei fiordila e infunzionedeltempodiconservazioneedel podiliquidodigoverno

Per quanto riguarda il Consumer test, i formaggi prodotti con lo starter CL13A sono risultati più graditi (6,70 ± 0,11 vs 6,24 ± 0,11, P<0,01) rispetto a quelli ottenuti con ST051, in particolar modo per il gusto/flavour (6,40 ± 0,13 vs 5,84 ± 0,13, P<0,01). Questo parametro ha ricevuto punteggi più elevati (6,30 ± 0,13 vs 5,94 ± 0,13, P<0,05) anche quando è stato impiegato il liquido di governo innovativo.

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5.3. Monitoraggio delle caratteristiche che influenzano le scelte dei consumatori nell’acquisto e nel consumo di Fior di latte. Il questionario somministrato agli 82 consumatori prima del consumer test era strutturato in 3 sezioni principali: la prima ha consentito di acquisire informazioni sulle caratteristiche demografiche e sulle abitudini alimentari (tipo di dieta, frequenza dei pasti fuori casa, ruolo rivestito nell’acquisto e nella preparazione delle pietanze) dei soggetti reclutati; la seconda sezione ha permesso di ottenere informazioni inerenti alla frequenza di consumo e di acquisto del fiordilatte e di valutare l’importanza di alcune variabili (aspetto, colore, marca, origine, aspetti etici, etc.) impiegando una scala a 7 punti (da 1, per niente importante, a 7, molto importante); la terza sezione del questionario, che ha consentito di acquisire informazioni sulle scelte alimentari, è stata articolata secondo la metodologia di Steptoe, Pollard e Wardle (1995) che prevede l’impiego di un Free Choice Questionnaire (FCQ) strutturato in 36 “item” (motivi) raggruppati in 9 fattori: salute, stato d’animo, convenienza, aspetti sensoriali, naturalezza, prezzo, controllo del peso, familiarità e eticità. Considerando il profilo demografico dei consumatori che hanno risposto al questionario, questi sono equamente distribuiti per genere, il 57% si trova nel range di età di 20-30 anni, il 63% è laureato e parzialmente responsabile nell’acquisto degli alimenti e nella preparazione delle pietanze. Per quanto riguarda la tipologia di prodotti freschi a pasta filata, la prevalenza dei soggetti è orientata sul consumo di mozzarelle, meno di bocconcini e treccine; più raro è risultato il consumo di ciliegine. In ogni caso, l’acquisto di questi prodotti avviene prevalentemente nei supermercati. L’analisi della seconda parte del questionario ha evidenziato l’esistenza di differenze significative tra i motivi di scelta, di acquisto e di consumo di fiordilatte e ha permesso di ordinare tali motivi in quattro gruppi (Tabella 5.1). Nel primo gruppo, che ha ricevuto punteggi più elevati, troviamo il sapore, l’assenza di conservanti e la consistenza dei prodotti. Questa è una conferma di come i parametri sensoriali siano determinanti per le scelte dei consumatori (Napolitano et al., 2008; Carlucci et al., 2009) e, pertanto, anche le analisi che ne permettono la valutazione rappresentano un importante strumento di verifica e differenziazione. Anche l’origine della materia prima rientra nel gruppo con maggiore priorità e tale risultato può rappresentare un punto di forza per le aziende coinvolte nel progetto. Nel secondo gruppo, ma con punteggi comunque elevati, è collocato il benessere animale, a conferma dell’importanza di questo aspetto che è stato oggetto di studio nella prima fase del progetto. In questo gruppo rientrano anche gli aspetti nutrizionali e l’area di produzione, in altre parole la tipicità. Questa è basata sull’identificazione dell’immagine del prodotto con le caratteristiche ambientali, storiche e culturali del territorio di provenienza e costituisce un importante strumento

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per la differenziazione e la valorizzazione dei formaggi. Nel terzo gruppo di variabili rientrano aspetti che riguardano il processo produttivo (sostenibilità, sistema di allevamento, dieta dell’animale) ma anche il luogo di acquisto, l’apporto energetico e l’aspetto. Meno importanti risultano invece il tipo di confezionamento e la marca. Tabella 5.1 Valori medi e differenze significative tra le variabili determinanti nella scelta, nell’acquisto e nel consumo di fior di latte

Variabile Valore medio

Sapore 6,77Aa Provenienza materia prima (latte locale o importato) 6,49A Assenza di conservanti 6,33A Consistenza 6,28Ab Benessere animale 6,13B Benefici per la salute 6,12B Colore 5,95B Area produzione/Origine 5,79B Apporto nutrizionale 5,79B Aspetto 5,46C Apporto energetico 5,39C Processo produttivo a basso impatto ambientale 5,26C Tipo di allevamento (stalla vs pascolo) 5,24C Dieta dell’animale 5,07C Luogo di acquisto 5,00C Tipo di confezionamento 4,34Dc Marca 3,83Dd

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5.4. Appropriatezza dell’associazione prodotto - marchio aziendale Al fine di valutare l’effetto del marchio sull’appropriatezza di alcuni prodotti lattiero-caseari ad essere associati al marchio Donna Giulia (MDG), sono stati considerati anche 2 marchi locali (M1 e M2), quali possibili competitor. L’appropriatezza è stata valutata in termini di percezione dei consumatori (quanto comprerebbero un determinato prodotto associato ad uno specifico marchio). Sono stati pertanto selezionati 32 consumatori “consapevoli” dei prodotti lattiero caseari locali e abituali utilizzatori degli stessi. Questi hanno testato i seguenti prodotti: Mozzarella, Scamorza, Provolone, alquanto diffusi sul mercato locale, e Silano (forma allungata), non noto come prodotto tipico locale. In tutto sono stati considerati 12 campioni (4 prodotti x 3 marchi). La valutazione è stata effettuata non su campioni reali bensì su immagini presentate sul monitor del computer (Figura 5.9).

! !! !MozzarellaScamorza SilanoProvolone

Figura 5.9. Immagini mostrate ai 32 consumatori durante il test. Ciascun campione era costituito, quindi, dalla foto del prodotto associata all’immagine del marchio. Durante l’esecuzione del test sono state fornite le seguenti istruzioni: “ Ti vengono mostrate le immagini di alcuni prodotti lattiero-caseari accompagnati da un marchio aziendale specifico. Osserva attentamente ciascuna immagine, fai le tue considerazioni ed esprimi quanto compreresti ciascun prodotto a marchio impiegando la scala da 1 (per niente) a 9 (moltissimo)”. Per valutare l’effetto del tipo di prodotto e del marchio sulla disponibilità ad acquistare è stata condotta l’ANOVA a due fattori (prodotti, marchio) con relativa interazione.

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MOZZARELLA

PROVOLONE

SCAMORZA

SILANO

Prodotti

2

3

4

5

6

7

Ap

pro

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Figura 5.10. Effetto del tipo di prodotto sulla disponibilità all’acquisto. I risultati hanno evidenziato che il tipo di prodotto influenza significativamente (P<0,001) la disponibilità all’acquisto. I prodotti che hanno ricevuto i punteggi più elevati (Figura 5.10) sono la Scamorza e la Mozzarella, seguiti dal Provolone (che comunque non differisce significativamente dalla mozzarella). Tra tutti i prodotti considerati, il Silano risulta essere quello che i consumatori comprerebbero meno, indipendentemente dal marchio. Il marchio ha influenzato significativamente (P<0,001) la disponibilità all’acquisto: MDG e M2 hanno evidenziato punteggi più alti rispetto a M1 (Tabella 5.2). Analizzando la disponibilità all’acquisto entro il marchio, risulta che Donna Giulia può essere associato a tutti i prodotti considerati, poiché tutti hanno ricevuto punteggi superiori a 5 (punteggio neutro). Va, tuttavia, rilevato che, per questo marchio, i consumatori hanno espresso una minore disponibilità all’acquisto del Silano e quindi una minore appropriatezza dell’associazione marchio – prodotto (Tabella 5.3). L’andamento relativo all’appropriatezza dell’associazione marchio – prodotto per M2 è simile a quello osservato per MDG. La disponibilità all’acquisto per i vari prodotti entro il marchio M1 è sostanzialmente la stessa rispetto a quella espressa per gli altri marchi, malgrado tutti i punteggi medi risultino sostanzialmente più bassi. Tra i servizi che potrebbero essere potenzialmente offerti attraverso l’analisi sensoriale, ci sono quelli relativi alla caratterizzazione dei prodotti caseari tipici lucani, allo sviluppo di nuovi prodotti da parte delle aziende di trasformazione e allo studio dei potenziali sbocchi di mercato per varie tipologie di prodotto.

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Tabella 5.2 – Valori medi e minima differenza significativa tra i Marchi

Marchi Media

MDG 6,32a M2 6,23a M1 4,31b LSD 0,33

Tabella 5.3 – Appropriatezza dell’associazione prodotto – marchio aziendale Prodotti Valori medi

MDG Mozzarella 6,81a Scamorza 6,78a Provolone 6,56a Silano 5,13b LSD 0,40

M2 Scamorza 6,84 a Mozzarella 6,56 ab Provolone 6,41b Silano 5,13c LSD 0,35

M1 Scamorza 5,25 a Provolone 4,50 b Mozzarella 4,38 b Silano 3,13 c LSD 0,39

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6. Sviluppo di formaggi a pasta filata ad elevata valenza

salutistica

Reale A.*, Di Renzo T.*, Preziuso M.*, Succi M. §, Tremonte P. §, Sorrentino E. *§, Coppola R*§. *Istituto di Scienze dell’Alimentazione - CNR, Via Roma 64, 83100 Avellino § DIAAA, Università degli Studi del Molise, Via de Sanctis, 86100 Campobasso [email protected]; [email protected] La crescente attenzione del consumatore verso un’alimentazione che vada oltre il solo valore nutrizionale e che sia mirata al miglioramento dello stato di benessere ha determinato lo sviluppo del mercato degli alimenti funzionali. Un alimento viene definito funzionale se, al di là delle proprietà nutrizionali, è scientificamente dimostrata la sua capacità di influire positivamente su una o più funzioni biologiche, contribuendo a preservare o migliorare lo stato di salute e benessere e/o a ridurre il rischio di insorgenza delle malattie correlate al regime alimentare. Nell’ambito degli alimenti funzionali i probiotici costituiscono un’area di crescente interesse scientifico. In una delle più recenti definizioni, i probiotici sono considerati “supplementi microbici vitali che, introdotti con la dieta in numero sufficiente, sono in grado di esercitare un effetto benefico sulla salute dell’uomo, tramite la modulazione dell’immunità mucosale e sistemica, così come il miglioramento del bilanciamento nutrizionale e microbico nel tratto intestinale”. Su queste basi si sta sviluppando negli ultimi anni il tentativo terapeutico di utilizzare gli alimenti come veicolo di microrganismi probiotici, introducendoli nell’organismo direttamente con la dieta. Sulla base di queste premesse, uno degli obiettivi del progetto QUALIFORM è stato quello di produrre formaggi freschi o stagionati ad elevato valore salutistico mediante l’aggiunta di probiotici. E' importante, tuttavia, che il microrganismo probiotico, affinchè possa considerarsi tale, mantenga la sua attività e vitalità all’interno della matrice alimentare e raggiunga l’intestino umano vitale ed in elevata concentrazione. La vitalità dei probiotici in una matrice alimentare può essere infatti ingiuriata da numerosi fattori, quali pH, temperatura, livelli di ossigeno, presenza di microrganismi antagonisti, nonché dalla tecnologia di produzione e/o conservazione. Le difficoltà riscontrate nella produzione di formaggi probiotici a pasta filata sono riconducibili principalmente alla tecnologia di produzione degli stessi, che richiede temperature elevate per la filatura della pasta. L’acqua di filatura

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può, infatti, raggiungere temperature comprese tra 70°C e 90°C, determinando una drastica riduzione della carica microbica presente. Al fine, quindi, di produrre formaggi a pasta filata con caratteristiche probiotiche sono stati selezionati, tra i microrganismi probiotici già presenti in commercio, quelli con una maggior resistenza alle alte temperature e con una bassa capacità acidificante. Successivamente i liofilizzati selezionati sono stati impiegati in lavorazioni sperimentali per accertare la capacità di sopravvivere al processo di caseificazione e conservazione. Per il raggiungimento di tale obiettivo sono stati reperiti dal commercio cinque colture starter liofilizzate contenenti ceppi di batteri lattici con provate caratteristiche probiotiche (Tab. 6.1). Tab. 6.1 – Caratteristiche dei liofilizzati probiotici oggetto dello studio NOME

COMMERCIALE AZIENDA

PRODUTTRICE Ceppi microbici SIGLA

1 ENTEROLACTIS SOFAR S.P.A.

Milano L. casei DG CAS DG

2 GENEFILUS F19 SIFFRA

FARMACEUTICI L. paracasei F19 PAR F19

3 FLORTEC BRACCO L. paracasei

B21060 PAR

B21060

4 DICOFLOR 30 DICOFARM

S.P.A. L. rhamnosus GG RHAM GG

5 SYNBIO 100 CLERICI-SACCO

group

L. rhamnosus IMC 501 e L. paracasei ssp. par. IMC 501

SYNBIO

I liofilizzati sono stati quindi valutati per la capacità di crescere ed acidificare in substrato sintetico (MRS broth, Oxoid) e in latte a 37°C. Inoltre i ceppi sono stati valutati per la capacità di sopravvivere in latte sottoposto a differenti trattamenti termici (Tab. 6.2).

Tab. 6.2 – Trattamenti termici Tempo Temperatura

1 5’ 70°C 2 10’ 70°C 3 5’ 80°C 4 10’ 80°C 5 5’ 90°C 6 10’ 90°C

Dall’analisi dei risultati è emerso che tutti i liofilizzati oggetto dello studio erano caratterizzati da una bassa capacità acidificante (Figure 6.1 e 6.2).

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Quindi tutti i ceppi sono stati considerati idonei per l’impiego, in qualità di colture adjunct, in processi di caseificazione in quanto incapaci di interferire nel normale processo di acidificazione delle colture starter primarie.

Figura 6.1 Variazione del pH del latte inoculato per 24 ore a 37°C con i ceppi oggetto dello studio.

Figura 6.2 Variazione dell’acidità del latte inoculato per 24 ore a 37°C con i ceppi oggetto dello studio

Il liofilizzato SYNBIO, tuttavia, è risultato il più idoneo da impiegare in qualità di coltura adjunct probiotica in prove di caseificazione in quanto dalle prove di sopravvivenza ai differenti trattamenti termici è risultato quello più termoresistente e quindi potenzialmente in grado di sopportare le temperature di filatura. Sono state quindi condotte lavorazioni su scala pilota per la produzione di mozzarelle e scamorze probiotiche utilizzando lo starter S. thermophilus ST051 e la coltura adjunct probiotica SYNBIO (costituita dai ceppi L. rhamnosus IMC 501 e L. paracasei ssp. par. IMC 501). L’accertamento della sopravvivenza dei probiotici durante il processo di caseificazione e la stagionatura è stato realizzato mediante conta in piastra utilizzando un substrato differenziale in grado di discernere le specie microbiche oggetto di studio (Ricciardi et al., sottomesso per la pubblicazione) e successivo isolamento ed identificazione degli isolati mediante analisi DGGE della regione 16s rDNA (Reale et al., 2011). Dai conteggi microbici è emerso che la filatura ha determinato una riduzione delle cariche microbiche di circa 2 cicli logaritmici (Figura 6.3). I prodotti appena formati (F) hanno fatto registrare una carica di microrganismi probiotici pari a circa 4,5 log UFC/g. Nel caso della mozzarella conservata a 4°C, la concentrazione di probiotici è rimasta pressocchè costante durante la conservazione. Invece, nel caso della scamorza stagionata alla temperatura di 15°C, è stato possibile registrare un aumento delle cariche fino a raggiungere 8.0 log UFC/g a fine stagionatura (30gg). In Fig. 6.4 e 6.5 sono riportati i risultati dell’identificazione genetica dei ceppi isolati dalle scamorze dopo 22 e 30 giorni di stagionatura che confermano la presenza dei ceppi SYNBIO nel prodotto. I risultati conseguiti dimostrano che la scamorza, un formaggio a pasta filata caratterizzato da breve stagionatura, può essere considerato un’ottima

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matrice per veicolare microrganismi probiotici. Questo può essere considerato un risultato interessante per i produttori del settore lattiero–caseario in quanto consentirebbe di ampliare la gamma dei prodotti lattiero–caseari offrendo al consumatore un nuovo formaggio ad elevato valore aggiunto.

Figura 6.3. Batteri lattici probiotici durante il processo di caseificazione di mozzarelle e scamorze.I, inoculo; CM, cagliata matura; DF, prodotto dopo filatura; F, prodotto formato; gg, giorni di refrigerazione o stagionatura in cella.

Pearson correlation [0.0%-100.0%]

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100

95

90

85

80

dgge

S22b

S22a

SS2

SYN3

SYN1

S30-2

S30-1 Figura 6.4. Profilo DGGE di isolati da scamorza a 22 e 30 gg di stagionatura e del ceppo L. paracasei sub. par. (SYN1 e SYN3) isolato dal substrato differenziale.

Pearson correlation [0.0%-100.0%]

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100

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S30c

S30b

S22d

S30a

SYN6 Figura 6.5. Profilo DGGE di isolati da scamorza a 22 e 30 gg di stagionatura e del ceppo di L. rhamnosus (SYN6) isolato dal substrato differenziale.

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Riferimenti bibliografici Reale, A., Di Renzo, T., Succi, M. Tremonte, P., Coppola, R., and Sorrentino E. 2011. Identification of lactobacilli isolated in traditional ripe wheat sourdoughs by using molecular methods. World J. Microbiol. Biotechnol. 27:237–244. Ricciardi, A., Parente, E., Tramutola A., Guidone, A., Ianniello, R., Pavlidis, D., Tsakalidou E., and Zotta T. 2014. Evaluation of a differential medium for the preliminary identification of members of the L. plantarum and L. casei groups. Sottomesso per la pubblicazione.

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7. Impiego di atmosfere protettive per il prolungamento

della shelf-life di prodotti lattiero-caseari freschi

Reale A.*, Di Renzo T.*, Preziuso M.*, Ialicicco M., Sacco E., Storti V., Lopez F.§, Messia MC. §, Coppola R*§. [email protected]; [email protected] *Istituto di Scienze dell’Alimentazione - CNR, Via Roma 64, 83100 Avellino § DIAAA, Università degli Studi del Molise, Via de Sanctis, 86100 Campobasso I prodotti lattiero-caseari freschi sono caratterizzati da una ridotta shelf-life in virtù delle molteplici alterazioni di tipo microbiologico, strutturale e sensoriale. La velocità con cui si realizzano tali alterazioni dipende da diversi fattori, tra cui le condizioni igieniche dell'ambiente di mungitura e dei serbatoi di raccolta del latte, il grado della contaminazione microbica della materia prima, la tecnologia di trasformazione nonchè la tipologia e la qualità dell’imballo utilizzato per il confezionamento dei prodotti finiti. Tradizionalmente i prodotti lattiero-caseari freschi, quali la mozzarella e il fiordilatte, vengono conservati in liquido di governo costituito da “acqua di filatura” a cui viene aggiunto sale e/o siero acido diluito. In alcuni casi viene utilizzata acqua salata addizionata di acido citrico e/o lattico che consente di prolungarne la vita commerciale di qualche giorno. Tale modalità di conservazione, tuttavia, costituisce un costo di produzione e distribuzione non irrilevante per l’azienda. Per questo motivo, la possibilità di individuare nuove modalità di conservazione della mozzarella suscita grande interesse nelle industrie lattiero-casearie. Rispetto alla tecnica convenzionale di conservazione della mozzarella in liquido di governo, il packaging in atmosfera modificata (MAP, Modified Atmosphere Packaging) potrebbe risultare un sistema di confezionamento efficace nell’estensione della durata commerciale del prodotto. Il confezionamento in MAP consiste nella rimozione dei gas atmosferici presenti nella confezione e nella loro sostituzione con una miscela predeterminata di gas in differenti proporzioni. I gas immessi nella confezione possono influenzare la shelf-life degli alimenti in maniera diretta, attraverso la riduzione o l’eliminazione dell’ossigeno responsabile di reazioni di decadimento delle caratteristiche sensoriali, o in maniera indiretta, attraverso la riduzione o eliminazione del vapor acqueo (effetto essiccante), dei contaminanti di natura biologica (effetto igienizzante o disinfestante), e dei potenziali contaminanti chimici dispersi nell’aria (effetto disinquinante) (Fino et al., 2014). Tale sistema di confezionamento è stato già utilizzato con successo per il prolungamento della shelf-life di differenti prodotti lattiero-

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caseari (Floros et al., 2000; Gammariello et al. 2009; Gonzalez-Fandos et al., 2000) ma mai per la conservazione di mozzarella fresca. Uno degli obiettivi del progetto QUALIFORM è stato quello di valutare la possibilità di conservare la mozzarella in packaging in atmosfera modificata. A tale scopo, nell’ambito dell’OR3 – Ottimizzazione della produzione di paste filate fresche e stagionate, l’Azione 3.2 ha previsto lo studio dell’effetto di miscele gassose sulle caratteristiche igienico-sanitarie e qualitative di mozzarelle. Per la sperimentazione, campioni di mozzarella vaccina appena prodotti sono stati confezionati in atmosfera modificata utilizzando differenti combinazioni di gas (A, B, C, Tabella 7.1) al fine di individuare quella in grado di conseguire i migliori risultati in termini di integrità del prodotto, caratteristiche igienico-sanitarie e sensoriali. A scopo comparativo sono stati prodotti anche campioni di controllo, rappresentati da mozzarelle confezionate nei medesimi imballi impiegati per le MAP ma contenenti un'atmosfera ordinaria, non selezionata (D) e da mozzarelle confezionate nella modalità di vendita solitamente utilizzata dall’azienda produttrice (E) (Tabella 7.1).

Tabella 7.1 – Descrizione delle modalità di confezionamento utilizzate per la conservazione delle mozzarelle Lotto Tipologia di confezionamento

A Atmosfera modificata* costituita da 70% N2 e 30% CO2 B Atmosfera modificata* costituita da 60% N2 e 40% CO2; C Atmosfera modificata* costituita da 50% N2 e 50% CO2. D Atmosfera ordinaria*; E Vaschette in polistirene contenente 300 ml di acqua

*Il confezionamento è stato realizzato mediante film coestrusi multistrato ad alta barriera a base di poliammide

caratterizzati da termoformabilità, proprietà di barriera ai gas, macchinabilità e saldabilità.

L’atmosfera modificata è stata realizzata mediante pompa da vuoto CS30 (Vacuum pump SpA., Breverate di Brivio, Milano) corredata di un sistema di miscelazione e dosaggio dei gas WITT KM300-3M (WITT-GASETECHNIK). Prima dell’iniezione delle differenti miscele di gas è stato creato il vuoto nelle confezioni. Ogni lotto è stato conservato a 4°C e 12°C per 24 giorni. A tempo zero e dopo 2, 7, 14, 21 e 24 giorni di conservazione ciascun campione è stato sottoposto alle seguenti analisi: determinazione di pH, attività dell'acqua, analisi microbiologiche (conta microbica totale, mesofili psicrotrofici, Pseudomonas spp., lieviti, muffe, coliformi totali e fecali, Enterobacteriaceae, enterococchi) (Gammariello et al. 2009). Inoltre, i campioni sono stati sottoposti ad analisi sensoriale impiegando il modello Etana opportunamente modificato (Chiavari et al., 2006) ed analisi reologiche utilizzando il Texture Analyzer TA-XT2 Stable Micro Systems. Tutte le analisi sono state realizzate in triplo e i risultati sono riportati come media e deviazione standard.

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I risultati delle analisi microbiologiche, sensoriali e chimico-fisiche hanno messo in evidenza che le miscele gassose utilizzate hanno consentito di rallentare lo sviluppo di microrganismi alteranti e indesiderati per tutto il periodo della conservazione e di preservare le caratteristiche sensoriali e di texture della mozzarella. E’ stato evidenziato che tra le due temperature saggiate la temperatura ideale di conservazione della mozzarella risulta 4°C in quanto è la condizione che limita maggiormente la crescita batterica, permettendo una maggior estensione della shelf-life del prodotto. La miscela gassosa C (costitutita da CO2 al 50% e N2 al 50%) ha fatto registrare i migliori risultati sia in termini igienico-sanitari sia in termini di texture e accettabilità del prodotto. In Fig. 1 si riportano alcuni dei risultati relativi alle analisi microbiologiche realizzate sulle mozzarelle conservate a 4°C.

Figura 7.1 Cariche microbiche durante la conservazione delle mozzarelle a 4°C. Legenda: ♦ = MAPA; ■= MAPB, ▲= MAP C; x= ATM D;

La miscela gassosa C, rispetto ai campioni di controllo, ha consentito di contenere in maniera più marcata lo sviluppo dei principali gruppi microbici indesiderati, quali Pseudomonas spp., Enterobacteriaceae, lieviti e coliformi, rallentando i processi di decomposizione e permettendo di garantire la conservazione delle caratteristiche qualitative per un tempo maggiore. Dall’analisi sensoriale è emerso che le mozzarelle conservate in MAP C a 4°C dopo 14 giorni di conservazione si presentavano compatte, elastiche, dall'odore poco intenso ma aromatico, mentre quelle di riferimento, D ed E, mostravano superficie piuttosto viscida, consistenza molle, sfaldabilità, bassa persistenza dell'aroma tipico (Figura 7.2). I risultati delle analisi di texture delle mozzarelle hanno confermato che i campioni conservati in atmosfera modificata (A, B e soprattutto C) evidenziavano migliori caratteristiche rispetto ai campioni controllo (D ed E).

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Figura 7.2 Caratteristiche sensoriali di mozzarelle dopo 14 giorni di conservazione a 4°C (a sinistra); caratteristiche di texture (consistenza) di mozzarelle conservate a 4°C per 21 giorni (a destra).

L’analisi della consistenza, espressa come la Forza massima (g) esercitata dalla sonda cilindrica durante il ciclo di compressione, ha evidenziato che i campioni A, B, C e D erano caratterizzati, in generale, da un aumento di consistenza durante le conservazione mentre il campione E ha fatto registrare una riduzione di tale parametro. Tale risultato è stato confermato anche dall’esame visivo e dall’analisi al taglio che hanno evidenziato un accentuato rammollimento dei campioni di mozzarella E che, dopo 14 giorni di conservazione, non erano più idonei al consumo. Dopo 21 giorni di conservazione i campioni E hanno presentato la comparsa di colorazioni atipiche, segno della produzione di pigmenti colorati da parte di microrganismi alteranti. Evidente è invece risultata l’assenza di colorazioni anomale, la persistenza della lucidità e della compattezza negli altri campioni di mozzarelle anche dopo 21 giorni di conservazione (Figura 7.3).

Figura 7.3 Mozzarelle conservate a 4°C dopo 21 giorni di conservazione.

I risultati conseguiti in tale sperimentazione hanno dimostrato che il packaging in atmosfera modificata permette in maniera efficace di preservare le caratteristiche qualitative della mozzarella e prolungarne la vita commerciale. La sperimentazione realizzata in tale attività ha individuato nell’atmosfera modificata C (costitutita da CO2 al 50% e N2 al 50%) un potenziale sistema innovativo per la conservazione della mozzarella, prodotto lattiero-caseario caratterizzato da alta deperibilità e da breve shelf-life.

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L'importanza commerciale di questa tipologia di alimento, tipico della tradizione italiana, risiede nel fatto che buona parte della produzione nazionale è destinata al mercato estero. Quindi, lo sviluppo di una tecnologia di confezionamento in grado di garantire una maggiore durabilità del prodotto da una parte e di salvaguardarne le proprietà igienico-sanitarie e sensoriali dall'altra, potrebbe consentire una migliore razionalizzazione della distribuzione, una diffusione sul territorio più ampia, oltre a riscuotere l'approvazione dei consumatori finali.

Riferimenti bibliografici - Chiavari, C., Nanni, M., Ferri, G., Morara, B., and Qualizza, G. 2006. Formare

assaggiatori per la valutazione sensoriale della Mozzarella di bufala. Il Latte 11:66–70.

- Fino, M., Torri, L., and Porto, G. 2014. L’atmosfera protettiva. In: Food packages. Più che gas alimenti, ed.Artek Snc, ISBN 978-88-907159-5-2. pg.32-35.

- Floros, J.D., Nielsen, P.V., Farkas, JK. 2000. Advances in modified atmosphere and active packaging with applications in the dairy industry. Packaging of milk products. Bulletin of the IDF. 346:22–28. International Dairy Federation, Brussels, Belgium.

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