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1 IL TRATTAMENTO IL TRATTAMENTO DEL RISCHIO NELLA DEL RISCHIO NELLA VALUTAZIONE VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI DEGLI INVESTIMENTI Università degli Studi di Parma Università degli Studi di Parma

IL TRATTAMENTO DEL RISCHIO NELLA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI

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IL TRATTAMENTO DEL RISCHIO NELLA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI Università degli Studi di Parma. L’incertezza nelle decisioni di investimento. INCERTEZZA # RISCHIO - PowerPoint PPT Presentation

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Page 1: IL TRATTAMENTO  DEL RISCHIO NELLA  VALUTAZIONE  DEGLI INVESTIMENTI

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IL TRATTAMENTO IL TRATTAMENTO

DEL RISCHIO NELLA DEL RISCHIO NELLA

VALUTAZIONE VALUTAZIONE

DEGLI INVESTIMENTIDEGLI INVESTIMENTI

Università degli Studi di ParmaUniversità degli Studi di Parma

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L’incertezza nelle decisioni di investimento

INCERTEZZA # RISCHIO

INCERTEZZA: Si ha incertezza nel caso in cui non sia possibile determinare a priori una distribuzione di probabilità da associare ai diversi esiti dell’evento.

RISCHIO: Un investimento è considerato rischioso quando gli esiti da esso prodotti non possono essere determinati con certezza.

Ai fini del presente capitolo INCERTEZZA = RISCHIO

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L’incertezza nelle decisioni di investimento

In generale, un investimento risulta tanto più rischioso quanto più i possibili risultati che da esso conseguono sono dispersi attorno alla media.

RISCHIO = DISPERSIONE = VARIABILITÁ

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Le determinanti del rischio

RISCHIO

OPERATIVOFINANZIARIO

Variabilità dei risultati che deriva dalla struttura

operativa aziendale ed in particolare dalle

sue attività.

Comprende una serie di elementi:

- rischio di credito;- rischio di tasso;

- rischio di cambio.

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Le determinanti del rischio: il rischio operativo

Definizione: per rischio operativo di intende la variabilità dei risultati che

deriva dalla struttura operativa dell’azienda, ed in particolare dalle sue attività.

COSTI

Fissi (es.: ammortamenti)

Variabili (es.: materie prime)

 Il peso assunto dai costi fissi (e dai costi variabili) è un indice della rischiosità operativa dell’azienda.

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Le determinanti del rischio: il rischio operativo

Il grado di rigidità di una struttura di costo condiziona in misura determinante la reattività del risultato operativo alla manovra della leva volumi.

La misura della reattività del risultato operativo è quantificabile rapportando il margine di contribuzione complessivo (MdC), inteso come differenza tra ricavi e costi variabili, al reddito operativo (RO).

Questo indicatore prende il nome di:

Grado di leva operativa (GLO):

GLO = MdC/RO

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Le determinanti del rischio: il rischio operativo

Quando più rigida è la struttura di costo, tanto maggiore è il valore del moltiplicatore e dunque la variabilità dei risultati.

Una struttura di costo pesantemente caratterizzata dalla presenza di costi fissi è dunque sinonimo di elevato rischio operativo.

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Le determinanti del rischio: il rischio operativo

Esempio:– tre aziende che operano nella stessa area d’affari, presento la

seguente struttura operativa:

Le tre aziende presentano lo stesso output e costo totale, ma una diversa ripartizione dei costi fissi.

ALFA BETA GAMMA1. Volume prod. (unità) 100 100 1002. Costi variabili totali 300 400 5003. Costi fissi totali 550 450 3504. Costi totali (2+3) 850 850 8505. C.fissi/C.totali (3/4) 0,65 0,53 0,41

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Le determinanti del rischio: il rischio operativo

Ipotizziamo un aumento della produzione pari a 10 ed un prezzo di vendita unitario pari a 10:

L’azienda ALFA, che presenta il GLO maggiore (pari a 4,66), è quella che sperimenta la maggiore oscillazione del risultato economico.

ALFA BETA GAMMAvariaz. volumi 10 10 10variaz. fatturato 100 100 100variaz. ris. oper. 70 60 50

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Le determinanti del rischio: il rischio finanziario

È possibile distinguere tre componenti fondamentali:

– rischio di credito;

– rischio di tasso;

– rischio di cambio.

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1. Il rischio di credito

È legato al concetto di leva finanziaria (o leverage), che esprime il rapporto tra indebitamento oneroso e mezzi propri.

La relazione principale è la seguente:

ROE = ROI + (ROI-i)*(D/E)

dove: i = costo dei mezzi di terzi; E = mezzi propri; D = mezzi di terzi.

Al crescere del livello di indebitamento il rischio aumenta.

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1. Il rischio di credito

L’evidenza empirica dimostra che, a parità di altre condizioni, una leva finanziaria elevata costituisce il principale fattore di rischio nella percezione degli interlocutori finanziari, il cui timore è che l’azienda possa risultare insolvente.

Un elevato ricorso alla leva finanziaria (D/E), generando elevati oneri finanziari, determina una struttura di costo rigida. Per meglio indagare questo aspetto, è bene introdurre il concetto di

Grado di leva finanziaria (GLF)

GLF = RO/RN

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1. Il rischio di credito

Esempio: due aziende, che presentano una diversa leva finanziaria

reagiscono diversamente ad una variazione del reddito operativo pari (ad esempio) al 10%:

L’esempio mostra come il grado di leva finanziaria esprima la misura in cui il risultato netto reagisce alle variazioni del risultato operativo.

ALFA BETAIndebitamento 500 300% oneri finanziari 10% 10%reddito operativo 100 100oneri finanziari 50 30Reddito netto 50 70GLF 2 1,42variaz. redd. op.vo 110 (+10%) 110 (+10%)variaz. redd. netto 60 (+20%) 80 (+14,2%)

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2. Il rischio di tasso

Definizione:

Il rischio di tasso ha origine nella possibilità che data la struttura per scadenze, una variazione de tassi di mercato trovi nella discrepanza tra tassi attivi e tassi passivi una fonte di costo imprevista per l'azienda.

La bassa correlazione tra le variazioni dei tassi attivi e passivi è detta mismatching tra attivo e passivo patrimoniali.

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3. Il rischio di cambio

Definizione:

il rischio di cambio attiene alle oscillazioni che si registrano nei tassi di cambio della valute in cui l’attivo ed il passivo aziendale sono espressi.

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Il grado di leva complessiva

Per sintetizzare i due concetti di rischio presentati, si ricorre al grado di leva complessiva.

Grado di leva complessiva:

GLC = GLO*GLF

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I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza

Due considerazioni sulla formula :

– il tasso di attualizzazione è assunto costante, ipotizzando implicitamente sia che per ogni progetto esista un livello di rischiosità noto e determinabile, sia che tale rischio non muta durante la vita del progetto.

– Il denominatore (flussi di cassa) è supposto unico e quindi certo.

n

tt

t

i

FREA

0 )1(

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I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza FIGURA

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I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza FIGURA

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I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza

Il REA è lo strumento eletto per il pricing dei titoli obbligazionari a reddito fisso, come risulta dalla formula:

in cui: Ct è la cedola periodale; r è il tasso di rendimento interno.

Le precedenti considerazioni ci portano a concludere che il REA mostra dei limiti qualora si debbano valutare degli investimenti in condizioni di incertezza (situazione comune per qualunque fenomeno aziendale).

n

tt

t

r

CVA

1 )1(

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I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza

I casi in cui l’utilizzo del REA sconta limiti accettabili:

pricing dei titoli azionari dall’andamento regolare;

valutazione di investimenti sostitutivi, per i quali si ritengono affidabili in ottica prospettica le performance di mercato verificate storicamente;

valutazione di business del tipo "cash-cow".

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I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza

REGOLA GENERALE

quando un’attività finanziaria o un progetto reale di investimento sono sprovvisti di una delle dimensioni necessarie ad accomodare la specificità strutturale del REA, il ricorso a tale metodologia sconta necessariamente tutti i limiti di un’analisi condotta in ipotesi di certezza.

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Strumenti statistici per la misurazione del rischio

3 misure fondamentali di rendimento e rischio:

la media (o tasso di rendimento atteso);

la varianza;

lo scarto quadratico medio.

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Strumenti statistici per la misurazione del rischio

 Attribuzione di probabilità ai diversi scenari

2 fattori fondamentali:

– disponibilità di dati oggettivi relativi al verificarsi di eventi che condizionano il manifestarsi degli scenari previsti;

– volontà o capacità del decisore di utilizzare i dati.

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Strumenti statistici per la misurazione del rischio

 TABELLA - Distribuzione di probabilità dei flussi di cassa relativi al progetto X

(1) Si assume un investimento pari a 100 all’anno zero

(2) Calcolato come: (Valore dopo 1 anno - 100) / 100

Probabilità Valori in L. al 1° anno (1) Tasso di rendimento (2)0.10 101 0.010.05 103 0.030.20 105 0.050.55 107 0.070.10 110 0.10

Page 26: IL TRATTAMENTO  DEL RISCHIO NELLA  VALUTAZIONE  DEGLI INVESTIMENTI

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La media (o tasso di rendimento atteso)

dove: R= rendimento atteso netto; s= scenario; n= numero complessivo di scenari previsti; Ps= probabilità associata a ciascuno scenario; Rxs= tasso di rendimento del progetto X al verificarsi dello

scenario s.

n

sRxsPsR

1

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La media (o tasso di rendimento atteso)

 Il tasso di rendimento atteso è una misura della tendenza centrale dei diversi valori che si prevede il progetto possa assumere.

La formula del tasso di rendimento atteso rappresenta la media ponderata dei diversi rendimenti che si ritiene il progetto possa generare; il fattore di ponderazione è in tal caso costituito dalle probabilità del verificarsi dei diversi scenari.

Sulla base dei dati di TABELLA si ha:0,10 (0,01) + 0,05 (0,.03) + 0,20 (0,05) + 0,55 (0,07) + 0,10 (0,10) =

= 0,001 + 0,0015 + 0,01 + 0,0385 + 0,01 = 0,0610

Il rendimento medio atteso per il progetto X è pari al 6,1%

Page 28: IL TRATTAMENTO  DEL RISCHIO NELLA  VALUTAZIONE  DEGLI INVESTIMENTI

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La media (o tasso di rendimento atteso)

Se si confida in una certa costanza dei fattori che hanno determinato le performance passate, il rendimento atteso di un progetto può essere calcolato come:

dove: R’y = tasso di rendimento atteso per il progetto Y N = numero di osservazioni; Ryt = tasso di rendimento del progetto y nell’anno t

N

RytyR

N

t 1'

Page 29: IL TRATTAMENTO  DEL RISCHIO NELLA  VALUTAZIONE  DEGLI INVESTIMENTI

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Tabella - Dati storici relativi al progetto YOsservazioni Anni Valori Rendimenti

1 1993 100 0,02042 1992 98 -0,02973 1991 101 0,06324 1990 95 0,01065 1989 94 0,03306 1988 91 0,07067 1987 85 -0,03418 1986 88 0,07329 1985 82 0,1081

10 1984 74 0,042311 1983 71 0,014312 1982 70 -0,027813 1981 72 0,161314 1980 62 0,069015 1979 58 0,183716 1978 49 0,042617 1977 47 0,068218 1976 44 0,047619 1975 42 0,200020 1974 35 0,0938

1973 3212.103

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La media (o tasso di rendimento atteso)

Il tasso di rendimento atteso è quindi il valore atteso di una distribuzione di probabilità.

Facendo riferimento alla tabella precedente:

R’y = 1.2103/20 = 0.060515

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La varianza La varianza può essere calcolata sia sui rendimenti attesi da un

progetto sia sui valori storicamente osservati. Nel primo caso:

dove: 2

x = varianza dei rendimenti dell’investimento X S = scenario N = numero complessivo degli scenari Ps = probabilità associata al verificarsi dello scenario s Rxs = tasso di rendimento del progetto x al verificarsi dello

scenario s R’x = tasso di rendimento atteso del progetto X

n

Sx xRRxsPs

1

22 )'(

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La varianza

Nel secondo caso:

dove: n = numero complessivo delle osservazioni Rxt = tasso di rendimento del progetto X riscontrato nel periodo

t

1

)'(1

2

2

n

xRRxtn

tx

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Lo scarto quadratico medio (o deviazione standard)

Definizione:

La deviazione standard è la radice quadrata della varianza ed ha il pregio di esprimere la rischiosità del progetto nella stessa unità di misura in cui sono espressi i valori attesi o osservati e la loro media.

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Il coefficiente di variazione (CV)

Si tratta di un altro indicatore di rischiosità, ottenuto mettendo a rapporto la deviazione standard ed il rendimento atteso da un investimento.

Il coefficiente esprime l’ammontare di rischio per unità di rendimento.

L’indicatore è utile nel caso in cui il decisore debba scegliere tra progetti alternativi che presentano misure di rendimento atteso e di deviazione standard tra loro molto diverse.

x

xx R

CV