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Il Giovedì Santo negli Scritti di San Francesco Fra Adelmo Vásquez Diaz Gerusalemme Introduzione Gesù, prima della sua gloriosa passione, si radunò con i suoi discepoli il giorno del Giovedì in cui, secondo la versione giovannea, manifestò il suo amore tramite il gesto della lavanda dei piedi. Nello stesso contesto cioè, nel contesto della cena pasquale ebraica, secondo la versione dei Vangeli Sinottici, istituì il sacramento dell’Eucarestia, raccomandando così di perpetuare la memoria dell’evento pasquale e perciò istituì il sacerdozio ministeriale nella comunità ecclesiale. Questi tre aspetti del Giovedì santo sono ben presenti nella vita del nostro padre san Francesco e se ne vedono chiari riferimenti nei suoi scritti. La vita di Francesco non era altro che una imitazione vera del Nostro Signore Gesù Cristo, non tanto a livello ideologico ma al livello della vita 1

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Il Giovedì Santo

negli Scritti di San Francesco

Fra Adelmo Vásquez Diaz

Gerusalemme

IntroduzioneGesù, prima della sua gloriosa passione, si radunò con i suoi

discepoli il giorno del Giovedì in cui, secondo la versione giovannea, manifestò il suo amore tramite il gesto della lavanda dei piedi. Nello stesso contesto cioè, nel contesto della cena pasquale ebraica, secondo la versione dei Vangeli Sinottici, istituì il sacramento dell’Eucarestia, raccomandando così di perpetuare la memoria dell’evento pasquale e perciò istituì il sacerdozio ministeriale nella comunità ecclesiale. Questi tre aspetti del Giovedì santo sono ben presenti nella vita del nostro padre san Francesco e se ne vedono chiari riferimenti nei suoi scritti.

La vita di Francesco non era altro che una imitazione vera del Nostro Signore Gesù Cristo, non tanto a livello ideologico ma al livello della vita quotidiana vissuta. Possiamo trovare tanti elementi di questa somiglianza fra la vita di Francesco e la vita di Gesù, vorrei ricordare un esempio molto noto: quello di Greccio nel 1223 in cui Francesco rappresentò la nascita del Salvatore in modo particolare e toccante, durante la celebrazione eucaristica. Dato che a quell’epoca c’era la distanza fra il mistero celebrato nella liturgia e la capacità della gente semplice di percepirlo, Francesco desiderava spiegare in modo teatrale la teologia del mistero celebrato in modo tangibile. Perciò, a Greccio, Francesco introduce gli animali nella stalla, e adatta la mangiatoia per l’uso liturgico, facendola diventare

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altare. Un altro segno è quello che accadde nel giorno del transito che sarà menzionato più avanti.

Francesco ci mostra il valore profondo dell’itinerario umano verso l’unità persa a causa del peccato. Ho cercato in questo piccolo lavoro di riflettere su quali sono le vie indicate, nei suoi scritti, per arrivare a quella unità, illustrata nel capitolo 22 della Regola non bollata, che divenne l’unica ansia per il nostro santo, che si realizzò di fatto a La Verna, quando ricevette le sacre stimmate, assomigliando così al nostro Salvatore, nel Venerdì Santo, sul Golgota. Francesco ci ha indicato tramite il suo modello che la nostra vita deve essere un ‘Giovedì Santo’, come via di preparazione, in cui il Signore Gesù mostrò ai discepoli le tre vie cardinali che conducono all’unità, spiegata nel capitolo 17 del Vangelo di Giovanni, fra l’uomo con sé, con l’altro e con Dio, cioè: l’amore fraterno, con riferimento particolare al gesto di Gesù che lava i piedi dei discepoli; l’Eucarestia nel contesto della cena pasquale e il ministero sacerdotale.

Come primo approccio ad altri approfondimenti ulteriori, voglio basare questo lavoro sugli scritti di Francesco nelle sue Regole, nel Testamento, nelle Ammonizioni e nelle Lettere perché dimostrano, come punto di partenza, lo spirito con cui viveva e la consapevolezza con cui Francesco mostrava l’aspetto spirituale ed esistenziale più di quello teologico e dottrinale. Il mio intento è comunque quello di approfondire tali aspetti, nei prossimi lavori, usando le Fonti agiografiche dei secoli XII° e XIII°, che danno già una interpretazione più teologica alle semplici azioni dell’imitazione del Santo nel suo itinerario verso Cristo.

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I. L’amore fraterno

L’amore fraterno è il nuovo comandamento di Gesù Cristo, dato nell’ultima cena ai suoi discepoli, dicendogli: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 14,34). Però prima di dare tale comandamento, e prima di manifestarlo in modo completo sulla croce, mostrò ai suoi discepoli quale fosse la via santa di quell’amore divino attraverso la lavanda dei piedi.

L’evangelista nel c.13 cioè, prima della lavanda dei piedi, dice: “Prima della festa di pasqua Gesù, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). L’amore è creativo e ha spinto Gesù ad un gesto di amore esagerato: “lavare i piedi”. Questo è ricordato liturgicamente ogni Giovedì Santo, quando il celebrante imita esattamente tutti i gesti che furono fatti dal maestro divino: si alzò da tavola, depose le vesti, preso un asciugatoio, versò l’acqua, cominciò a lavare i piedi (cfr. Gv 13, 4-5). Questi gesti indicano che Gesù si rende uno schiavo per servire. Così egli attua una rivelazione della sua kénosis, abbassamento: il maestro, il grande, serve lo schiavo, il piccolo (cfr. Gv 13,12-17). Francesco che non è grande più del suo Signore, Lo imitò sino alla fine.

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1. Il dono del “fratello...minore”

Francesco dichiarava nel Testamento che il fratello è un dono datogli dal Signore1 e questo non è che una conseguenza della scoperta della paternità del Padre celeste. Per questa ragione, i fratelli vengono chiamati “Frati”2.

Francesco, nella maggior parte dei suoi Scritti, presenta se stesso come “servo e ministro”, soffermandosi non sul fatto che siamo “fratelli” ma di più, minori3; imitando così il Signore che si è fatto schiavo lavando i piedi. Francesco raccomandava fermamente ai frati di imitare questo gesto di “lavare i piedi”4. Qui vorrei sottolineare che “lavare i piedi” è una espressione particolare della kénosis fraterna. Le Fonti Francescane non raccontano che Francesco lavò i piedi ai suoi fratelli, però riconoscendo che egli dava l’esempio con i fatti prima di predicare, posso affermare che l’abbia fatto veramente.

Sarebbe meglio aggiungere un altro aspetto della lavanda dei piedi, cioè che Francesco supplicava i frati in qualche esortazione a “baciare i piedi”5; anche nel caso del dimostrare rispetto e

1 S. FRANCESCO, Testamento 14, in Fonti Francescane. Nuova Edizione, a cura di E. Caroli, Editrici Francescane, Padova 2004, numero marginale 116 [Test 116 (FF 116)]: “E dopo che il Signore mi donò dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare.”2 Rnb 6,3 (FF 23): “E nessuno sia chiamato priore, ma tutti allo stesso modo siano chiamati frati minori. E l’uno lavi i piedi dell’altro (Gv 13,14)”; RegB 1,1 (FF 75): “La Regola e vita dei frati minori”.3 Rnb 6,3 (FF 23), e 7,2 (FF 24): “Siano minori e sottomessi a tutti coloro che sono in quella stessa casa”.4 Am 4 (FF 152): “Non sono venuto per essere servito, ma per servire (Mt 20,28), dice il Signore. Coloro che sono costituiti sopra gli altri, tanto devono gloriarsi di quell’ufficio prelatizio, quanto se fossero deputati all’ufficio di lavare i piedi (Gv 13,14) ai fratelli. E quanto più si turbano se viene loro tolta la prelatura che se fosse loro tolto il compito di lavare i piedi, tanto più mettono insieme per sé un tesoro fraudolento (Gv 12,6) a pericolo della propria anima”.5 2Lf 87 (FF 206): “Io frate Francesco, il minore dei vostri servi, vi prego e vi scongiuro, nella carità che è Dio (1Gv 4,8.16), e con il desiderio di baciare i vostri piedi, che queste e le altre parole del Signore nostro Gesù Cristo con umiltà e amore le dobbiate accogliere e mettere in opera e osservare”.

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onore verso l’Eucaristia6. Questo tono umile, riflette la benignità e lo spirito della minorità verso l’altro. È vero che nel vangelo non è scritto che Gesù baciò i piedi degli apostoli, tuttavia nella Messa del Giovedì Santo si nota questo gesto fatto dal celebrante.

2. L’amore reciproco

Quando Francesco descrive il modo di vivere concretamente questo amore fraterno, fa un paragone dicendo: “ciascuno ami e nutra il suo fratello, come la madre ama e nutre il proprio figlio”7, e non si fermò qui, ma va ad un livello più alto, raccomandando: “ciascuno manifesti all’altro - al fratello - con sicurezza le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, quanto più premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale”8.

Questo amore reciproco viene ricordato costantemente, nella Regola non bollata9, nel Testamento di Siena10, come anche l’avere pietà verso il fratello11, chiedere le elemosine per i fratelli malati e per una necessità del corpo12. Allora, l’amore vero non si 6 LOrd 12 (FF 217): “Perciò vi scongiuro tutti, o fratelli, baciandovi i piedi e con tutto l’amore di cui sono capace, che prestiate, per quanto potrete, tutto il rispetto e tutta l’adorazione al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo”.7 Rnb 9,11 (FF 32).8 Rb 6,8 (FF 91).9 Rnb 11,4-6 (FF 37): “E non si adirino, perché chiunque si adira con il suo fratello, sarà condannato al giudizio; chi avrà detto al proprio fratello «raca», sarà condannato nel sinedrio; chi gli avrà detto «pazzo», sarà condannato al fuoco della Geenna (Mt 5,22). E si amino scambievolmente, come dice il Signore: Questo è il mio comandamento: che vi amiate scambievolmente come io ho amato voi (Gv 15,12). E mostrino con le opere (cf. Gc 2,18) l’amore che hanno fra di loro, come dice l’apostolo: Non amiamo a parole né con la lingua, ma con le opere e in verità”.10 TestSen 3 (FF 133): “in segno e memoria della mia benedizione e del mio testamento, sempre si amino gli uni gli altri”.11 Am 18,1 (FF 167): “Beato l’uomo che sostiene il suo prossimo nelle sue debolezze come vorrebbe essere sostenuto dal medesimo, se fosse in caso simile”.12 Rnb 10 (FF 34-35); Rnb 8,3 (FF 28): “Perciò nessun frate, ovunque sia e dovunque vada, in nessun modo prenda o riceva pecunia o denaro, né col pretesto di acquistare vesti, libri, né per

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ferma sul livello affettivo, ma va oltre, alla kénosis, allo “svuotarsi”, ad aprire il cuore verso il fratello per servirlo13, perché come il Padre celeste ha dato il suo Figlio unigenito per amore del mondo (cfr. Gv 3,16) allo stesso modo dà il fratello come un dono per me.

Dall’altra parte, non si può dimenticare la prima missione di Francesco quella cioè di servire i lebbrosi: “il Signore dette a me .... e usai con essi misericordia”14, il servire i lebbrosi gli viene rivelato dal Signore stesso, notiamo le espressioni: “il Signore dette a me; il Signore stesso mi conducesse fra di loro”. Questa missione benedetta è un patto sacro tra Francesco e Dio; così anche l’amore illimitato verso i poveri, il servirli con gioia15, perché il Signore si è fatto povero per noi.

Voglio, necessariamente parlando del Giovedì Santo, dimostrare un esempio sull’amore che è il massimo, che supera la nostra logica umana che è appunto l’amore verso i nostri persecutori. Si può pensare che cosa c’entra questo argomento? Direi, come si può ricordare l’ultima Cena senza ricordare il traditore “Giuda” che fu amato, fu scelto, al quale furono lavati i piedi dall’Amore Eterno, Gesù Cristo nostro Salvatore. Francesco, vero imitatore di Lui, su questa immagine ci dà questo esempio sull’amore verso chi ci perseguita e ci ostacola sul nostro cammino verso il cielo, dicendo: “O frati tutti, riflettiamo attentamente che il Signore dice: “Amate i vosrti nemici e fate del bene a quelli che vi odiano”, poiché il Signore nostro Gesù Cristo, del quale dobbiamo seguire le orme, chiamò amico il suo traditore compenso di alcun lavoro, insomma per nessuna ragione, se non per una manifesta necessità dei frati malati”. 13 Rnb 8,7 (FF 28) :“E se per caso, Dio non voglia, capitasse che un frate raccogliesse o avesse della pecunia o del denaro, eccettuato soltanto per la predetta necessità relativa agli ammalati, tutti i frati lo ritengano un falso frate...” 14 Test 1-2 (FF 110); Rnb 8,10 (FF 28): “I frati tuttavia, per manifesta necessità dei lebbrosi, possono per essi chiedere l’elemosina”.15 Rnb 9,2 (FF 30): “E devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi e tra i mendicanti lungo la strada”.

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e si offrì spontaneamente ai suoi crocifissori. Sono dunque nostri amici tutti coloro che ingiustamente ci infliggono tribolazioni e angustie, vergogna e ingiurie, dolori e sofferenze, martirio e morte, e li dobbiamo amare molto perché, a motivo ci ciò che essi ci infliggono, abbiamo la vita eterna”16.

3. La preghiera di Gesù per l’unità

La preghiera che Gesù fa nel capitolo 17 di Giovanni è una grande preghiera d’intercessione rivolta al Padre. E una delle componenti di questa è “l’unità” fra quelli che credono in Gesù, come Salvatore, e in chi lo ha mandato, nel Padre celeste, affinché “siano una cosa solo, come noi” (Gv 17.11b)

La preghiera di Gesù viene raccontata nel contesto dell’ultima Cena, anche se qualche esegeta dice che questo capitolo viene aggiunto dopo. Anche se questo fosse vero, indica che la preghiera di Gesù è una conseguenza dell’amore fraterno, dimostrato nel capitolo 13, e di più, diventa il frutto del sacrificio divino tramite l’Eucarestia.

La preghiera di Gesù per l’unità trova il suo posto anche nella Regola non bollata capitolo 22, raccomandata da Francesco ai suoi fratelli, e che cade proprio prima del capitolo 23, che è chiamato “la preghiera e rendimento di grazie”. Notiamo che essa forma l’ultimo desiderio sia di Gesù prima dell’arresto - salvaguardata l’opinione degli esegeti - sia pure, di Francesco prima di concludere la Regola non bollata.

Quello che vorrei sottolineare è “l’unità”, l’ansia esistenziale sia di Gesù che del suo imitatore Francesco. E che l’amore fraterno è la prima via per raggiungerla, perché è l’amore fondato sulla persona di Gesù che porta veramente all’unione, allo stato 16 Rnb 22,1-4 (FF 56).

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dell’uomo prima del peccato, nel quale l’uomo è diventato straniero a se stesso; tra se e il fratello; tra l’uomo e Dio. L’unità è il punto finale escatologico, come dice l’apostolo “quando Dio diventa tutto in tutti” (1Cor 15,28). Una unità che si è realizzata concretamente sulla croce che già anche fu gustata da Francesco sul La Verna, quando è diventato “altro Cristo”.

II. Il ministero sacerdotale

Veniamo adesso al secondo aspetto dell’ultima cena, al ministero sacerdotale. Nella teologia del Giovedì Santo, questo giorno viene chiamato “la festa del ministero sacerdotale”, perché il Signore Gesù, in questo giorno, e prima dell’ultima ora, istituì il sacerdozio ministeriale, affidandolo ai suoi discepoli,

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raccomandando: “fate questo in memoria di me”, indicando così l’Eucarestia (Mt 26,19b; 1Cor 11,24b).

È bello ricordare come la Chiesa, e cioè il Papa, successore di Pietro, i suoi collaboratori, tutti i vescovi e, in modo particolare i sacerdoti, nel giorno del Giovedì Santo rinnovano le promesse sacerdotali.

Francesco non era sacerdote ma diacono. Il suo amore era così forte verso i tre aspetti del Giovedì Santo: l’amore fraterno, il ministero sacerdotale e l’Eucarestia. Alla fine della sua vita fece memoria dell’ultima cena, benedicendo il pane, spezzandolo e distribuendolo ai suoi fratelli e figli17. Il gesto non comportava la consacrazione del pane, che è possibile solo per il sacerdote ordinato. Però, d’altra parte questo gesto porta in sé un valore di grande importanza del ministero sacerdotale, per il fatto che Francesco ha ripresentato e imitato le stesse azioni di Cristo.

Presento il ministero sacerdotale prima nel contesto dell’Eucarestia, appunto perché l’Eucarestia si celebra dentro il quadro ecclesiale e ha il sacerdote come suo ministro.

1. Vivere cattolicamente in obbedienza alla chiesa.

Francesco “vero cattolico e tutto apostolico” teneva amore assai grande verso la madre Chiesa, quella cattolica18. È questo proprio che lo distingueva da tutti i movimenti eretici di suo 17 2Cel 217 (FF 808): “Mentre i frati versavano amarissime lacrime e si lamentavano desolati, si fece portare del pane, lo benedisse (Mt 14,9), lo spezzò e ne diede da mangiare un pezzetto a ciascuno (Gv 6,53). Volle anche il libro dei Vangeli e chiese che gli leggessero il Vangelo secondo Giovanni, dal brano che inizia: Prima della festa di Pasqua ecc (Gv 13,1). Si ricordava in quel momento della santissima cena, che il Signore aveva celebrato con i suoi discepoli per l’ultima volta, e fece tutto questo appunto a veneranda memoria di quella cena e per mostrare quanta tenerezza di amore portasse ai frati”.

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tempo19. Egli non vedeva per niente l’efficacia e la grazia della sua missione fuori della Chiesa, partendo dalle chiese povere che egli restaurò, e che per lui diventarono segni tangibili della Chiesa di Cristo: “Il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo”20. Francesco parla anche della Chiesa “delle anime”, cioè del corpo mistico di Cristo, rappresentato nella persona del Papa21.

Per cui Francesco accoglieva le persone che volevano intraprendere questa vita nella condizione di esaminare la loro fede accanto ai sacramenti22. Notiamo che l’intera Regola è stata scritta nel contesto dell’unità della fraternità con la Chiesa espressa tramite la bolla papale. Addirittura, Francesco rigettava tutti i frati che non vivano cattolicamente, e quelli che non pregavano l’ufficio secondo il rito della Chiesa romana23, perché essi sono i gesti, secondo Francesco, con cui il frate manifesta l’unione legittima con la Chiesa.

18 TestSen 5 (FF 135): “sempre siano fedeli e sottomessi ai prelati e a tutti i chierici della santa madre Chiesa”.19 2Lf 32 (FF 193): “Dobbiamo anche digiunare e astenerci dai vizi e dai peccati (Sir 3,22), e dal superfluo nel mangiare e nel bere ed essere cattolici”.20 Test 4-5 (FF 111).21 Rb 1,2 (FF 76): “Frate Francesco promette obbedienza e ossequio al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana”.22 Rb 2,2 (FF 77): “I ministri poi diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa”. 23 Test 30-31 (FF 126: “E tutti gli altri frati siano tenuti ad obbedire così ai loro guardiani e recitare l’ufficio secondo la Regola. E se si trovassero dei frati che non recitano l’ufficio secondo la Regola o volessero comunque variarlo, o non fossero cattolici, tutti i frati, ovunque sono, siano tenuti per obbedienza, appena trovato uno di essi, a consegnarlo al custode più vicino al luogo dove l’avranno trovato”.

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2. La dignità del ministero sacerdotale

Ancora una volta, Francesco considera la fiducia nei sacerdoti “una grazia di fede” data a lui dal Signore. Troviamo nel Testamento024 tanti elementi molto interessanti, ad esempio: amare quelli tra i sacerdoti che lo perseguitano; non predicare contro la loro volontà, anche se il Papa Onorio III, nella lettera Pro dilectis, il 29 maggio 1220, già gli aveva concesso il permesso di predicare in qualsiasi diocesi senza essere impedito lui e i suoi fratelli; rispettarli come “Signori”; da loro solo la Sacra Scrittura e l’Eucarestia vengono amministrati... ecc.

Imitatore di Cristo, San Francesco dava l’esempio del buon cristiano di come si rispettano i sacerdoti, addirittura non solo loro ma tutti i chierici e religiosi. Per cui ripeteva costantemente il dovere di rispettarli. Chiamandoci a vederli con gli occhi della fede, perché rispettandoli, noi onoriamo il Signore stesso: “riteniamo tutti i chierici e religiosi per signori in quelle cose che riguardano la salvezza dell’anima e che non deviano dalla nostra religione”25. Ecco il motivo del rispetto verso di loro, perché in essi, con l’occhio della fede, vediamo il Signore Gesù che lavora per la nostra salvezza; cioè, in loro c’è la presenza reale di Cristo26.

24 Test 6-10 (FF 112-113): “Poi il Signore mi dette e mi dà tanta fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a causa del loro ordine, che se mi dovessero perseguitare voglio ricorrere ad essi. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie dove abitano, non voglio predicare contro la loro volontà. E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori, e non voglio in loro considerare il peccato, poiché in essi io vedo il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dell’altissimo Figlio di Dio nient’altro io vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il sangue suo che essi soli consacrano ed essi soli amministrano agli altri; E dobbiamo onorare e rispettare tutti i teologi e coloro che annunciano la divina parola, così come coloro che ci danno lo spirito e la vita”.25 Rnb 19,3 (FF 52).26 Test 9 (FF 113).

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Francesco non ci raccomanda di rispettare i sacerdoti soltanto, ma di contemplare il loro ufficio, comparandoli con Maria santissima, Giovanni Battista e il Santo Sepolcro, per il fatto dell’onore ricevuto dal toccare il corpo di Cristo. Questo privelegio non è stato concesso a nessuno, neanche agli angeli, ma esclusivamente ai sacerdoti27.

3. Il sacerdote come via all’unità

Dio, dopo la caduta dell’uomo, è entrato nell’ansia di salvare l’uomo, non perché il peccato tocca l’essenza di Dio o perché Lui si sente disperato e fallito nel Suo progetto che è l’uomo, ma perché Esso è l’Amore, in cui si commuove profondamente, desiderando di salvarlo. Tutta la storia della Sacra Scrittura non è altro che la storia della salvezza, la storia che racconta questo amore: creativo, redentivo e santificativo. Perché l’amore è la via per eccellenza, anzi è l’unica via che conduce alla santità, come lo afferma il Concilio Vaticano II, e ovviamente la santità è l’unità con Dio, perché l’uomo dopo il peccato, come abbiamo detto, è diventato straniero da se stesso, al suo fratello e a Dio stesso.

Gesù, il Figlio di Dio incarnato, rivelò il volto di Dio agli uomini, presentandolo come “Padre” che cerca i suoi figli dispersi. Offre se stesso sulla croce come vittima immolata per i nostri peccati. Qui si riferisce al Venerdì Santo. E dopo la Sua gloriosa risurrezione, affidò agli apostoli e alla Chiesa il compito di continuare la Sua missione nel mondo mostrando che sarà

27 LOrd 21-22 (FF 220): “Udite, fratelli miei, se la beata Vergine Maria è così onorata, come è giusto, perché lo portò nel suo santissimo seno; se il Battista beato tremò di gioia e non osò toccate il capo santo del Signore (cfr Mt 3,13-14); se è venerato il sepolcro, nel quale per qualche tempo Egli giacque; quanto deve essere santo, giusto, degno, colui che Lui non già morituro, ma eternamente vivente e glorioso, Lui, sul quale gli angeli desiderano volgere lo sguardo (1Pt 1,12), accoglie nelle proprie mani, riceve nel cuore e con la bocca, offre agli altri perché lo ricevano”.

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sempre con loro quando annunciano la Sua parola, riconciliando gli altri con Dio e venerandolo nell’Eucarestia come presenza reale.

San Francesco, figlio unito alla Chiesa cattolica, vedeva nel sacerdote il mezzo con cui è possibile raggiungere questa unità con tutti. Perché non vedeva dal Signore Gesù, in questo mondo corporalmente, se non l’Eucarestia, e solo ai sacerdoti è stato affidato questo ministero, e da essi solo si rifugia per essere riconciliati con Dio e pure dalla loro bocca esclusivamente Francesco ascoltava la parola del Signore, come dice nelle Ammonizioni28, nella Regola non bollata,29 e nella Seconda Lettera ai Fedeli30. Addirittura, Francesco osa dire che il peccato commesso contro il sacerdote è un peccato che supera i peccati contro tutti gli uomini31. E dall’altra parte: “Beato il servo che ha

28 Am 26,1-3 (FF 176): “Beato il servo di Dio che ha fede nei sacerdoti che vivono rettamente secondo le norme della santa romana Chiesa. E guai a coloro che li disprezzano; quand’anche, infatti, siano peccatori, nessuno li deve giudicare, poiché solo il Signore si è riservato di giudicarli. Perciò, quanto di ogni altra cosa più grande è il ministero che svolgono nell’amministrare il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che essi solo consacrano e amministrano agli altri”.29 Rnb 20,1-4 (FF 53): “I frati miei benedetti sia chierici che laici confessino i loro peccati ai sacerdoti della nostra Religione. E se non potranno, si confessino ad altri sacerdoti prudenti e cattolici certi e sicuri che da qualsiasi sacerdote cattolico riceveranno la penitenza e l’assoluzione, saranno senza dubbio assolti dai peccati, se procureranno di osservare umilmente e devotamente la penitenza loro imposta. Se invece talora non potranno avere il sacerdote, si confessino a un loro fratello come dice l’apostolo Giacomo: Confessate l’uno all’altro i vostri peccati (Gc 5,16). Tuttavia, per questo, non tralascino di ricorrere ai sacerdoti, poiché solo ai sacerdoti è concessa la potestà di legare e sciogliere”.30 2Lf 22,33.35 (FF 193-194): “Dobbiamo poi confessare al sacerdote tutti i nostri peccati e ricevere da lui il corpo e il sangue del Signor nostro Gesù Cristo; Dobbiamo anche visitare frequentemente le chiese e riverire i sacerdoti, non tanto per loro stessi, se sono peccatori, ma per il loro ufficio di ministri del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che essi consacrano sull’altare e ricevono e distribuiscono agli altri. E ricordiamoci bene tutti che nessuno può essere salvo se non per il sangue del Signore nostro Gesù Cristo e per il ministero della parola di Dio che i sacerdoti proclamano e annunciano e amministrano, ed essi soli debbono amministrare, non altri”.31 Am 26,4 (FF 176): “Tanto maggiore peccato hanno coloro che peccano contro di essi che se peccassero contro tutti gli altri uomini di questo mondo”.

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fede nei chierici che vivano rettamente secondo la forma della Chiesa romana”32.

4. Il dovere del sacerdote verso l’Eucarestia

Bisogna anche mostrare il dovere dei sacerdoti, in modo particolare fra tutti gli altri, che è quello di rispettare l’Eucarestia. Quello che vorrei dire qui non è legato a un’omelia di morale fatta per i sacerdoti, ricordando a loro i propri doveri, ma di mostrare la dimensione francescana che è legata al Giovedì Santo. La figura di Giuda che tradì il Signore, nel medesimo giorno, Francesco l’ha comparata al sacerdote che non si rende conto del mistero dell’Eucarestia. Infatti le raccomandazioni di Francesco ai suoi fratelli sacerdoti, presentate nella Lettera a tutto l’Ordine33 sulla preparazione per la santa Messa e come celebrarla degnamente con una intenzione pura, mostra la dignità di quel ministero. E come un risultato del fatto contrario cioè, il caso del sacerdote che non sta attento a ciò che sta celebrando, il quale è paragonato con il traditore Giuda che consegnò il Signore alla condanna, e la morte come il suo merito34.

Ecco perché è grande il ministero affidato dal Signore ai sacerdoti, e grande pure è la loro dignità. Per cui, tanto è stato dato così anche sarà chiesto: “Guardate la vostra dignità, fratelli 32 Am 26,1 (FF 176).33 LOrd 14-15 (FF 218): “Prego poi nel Signore tutti i miei frati sacerdoti che sono e saranno e che desiderano essere sacerdoti dell’Altissimo, e quando vorranno celebrare la Messa, puri, in purità offrano con profondo raccoglimento il vero sacrificio del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, con intenzione santa e monda, non per motivi terreni o per timore o amore di alcun uomo, come se dovessero piacere agli uomini (Ef 6,6; Col 3,22). Ma ogni volontà, per quanto l’aiuta la grazia di Dio, si orienti a Lui, desiderando con la Messa di piacere soltanto al sommo Iddio, poiché nella Messa Egli solo opera, come a Lui piace; sue infatti, sono le parole: Fate questo in memoria di me (Lc 22,19)”.34 LOrd 16 (FF 218): “Se uno farà diversamente diventa un Giuda traditore e si fa reo del corpo e del sangue del Signore (1Cor 11,27)”.

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sacerdoti, e siate santi perché egli è santo. E come il Signore Iddio vi ha onorato sopra tutti gli uomini, con l’affidarvi questo ministero, così anche voi più di tutti amatelo, riveritelo e onoratelo”35.

III. L’Eucarestia

L’ultimo aspetto essenziale dell’ultima cena e che riguarda la maggior parte negli scritti di S. Francesco è quello dell’Eucarestia. Prima di esporre questo argomento fondamentale vorrei presentare un piccolo pensiero che riflette un significato simbolico della mensa ricordato nel racconto della prima caduta dell’uomo (cfr. Gen 2,16-3,19), comparandolo con il racconto della cena del Signore.

Il fatto del primo peccato viene menzionato nel contesto di un invito a una mensa simbolica il cibarsi dall’albero della conoscenza del bene e del male che sta in mezzo al giardino di Eden. Così l’uomo ascoltando liberamente l’invito di Satana di mangiare dell’albero, nonostante l’avvertimento di Dio, cadde 35 LOrd 23-24 (FF 220).

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nella perdizione, nell’allontanamento da Dio, nell’odio dell’altro, la maledizione della terra a causa sua e ovviamente nella morte. Invece, vediamo che il Signore stesso fece un’altra mensa alla quale chiama l’uomo a mangiare non un cibo terrestre, carnale e insignificante, ma lo invita a comunicarsi con il Suo corpo e il Suo sangue, cioè Se Stesso. Così l’uomo che mangia il corpo di Cristo e beve il Suo Sangue avrà la vita eterna (cfr. Gv 6, 54).

La mensa, durante la lunga storia dell’umanità, fa parte essenziale della vita sociale dell’uomo e anche rappresenta uno strumento simbolico con cui l’uomo chiama il divino alla comunione. Questo elemento si trova in qualche modo rappresentato nell’Antico Testamento, specialmente nel segno dell’agnello pasquale come “tipo negativo” di Cristo “l’anti-tipo” e che viene attualizzato nell’eucarestia “tipo-positivo”.

Alla stessa maniera troviamo questa dimensione nella vita di Francesco che raccomandava i suoi fratelli di ricevere l’Eucarestia come segno di comunione con gli altri e con Dio e nello stesso tempo come via della salvezza. Questo ci dimostra un’altra volta l’ansia assoluta dell’unità da parte Dio con l’uomo che ormai è diventata l’unica preoccupazione di Francesco.

C’è un legame inseparabile, giustamente, fra l’ultima cena e le raccomandazioni eucaristiche di Francesco derivate dal fatto dell’ultima cena36, questo indica che lui basa i suoi insegnamenti

36 2Lf 6-13 (FF 183-184): “E prossimo alla sua passione, celebrò la pasqua con i suoi discepoli, e prendendo il pane rese grazie, lo benedisse e lo spezzò dicendo: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. E prendendo il calice disse: Questo è il mio sangue del nuovo testamento, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati (Mt 26,26-28; Lc 22,19-20; 1Cor 11,24-25). Poi, rivolto al Padre pregò dicendo: Padre, se è possibile, passi da me questo calice. E il suo sudore divenne simile a gocce di sangue che scorre per terra (Mt 26,39; Lc 22,44). Depose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre dicendo: Padre, sia fatta la tua volontà, non come voglio io, ma come vuol tu (Mt 26, 39)”.

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sulla beatissima imitazione cristologica sia nelle sue parole sia nella sua vita37.

1. Il Cristo eucaristico

Vorrei in questo paragrafo mostrare quale visione cristologica aveva Francesco a riguardo dell’Eucarestia. È vero che Francesco seguiva con convinzione la fede della madre Chiesa, però non solo come un insegnamento morale e dottrinale, bensì come esperienza viva con Cristo basata sulla Sacra Scrittura, ciò si evince ovviamente nelle citazioni abbondanti che fa nei suoi scritti.

Inizio la mia analisi con ciò che Francesco ha scritto nella prima ammonizione, di cui l’Eucarestia è l’oggetto38. Francesco

37 2Cel 217, FF 808.38 Am 1 (FF 141-145): “Il Signore Gesù dice ai suoi discepoli: Io sono la via, la verità e la vita; nessuno può venire al Padre mio se non per me. Se aveste conosciuto me, conoscereste anche il Padre mio; ma d’ora in poi voi lo conoscete e lo avete veduto. Gli dice Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. Gesù gli dice. Da tanto tempo sono con voi, e voi non mi avete conosciuto? O Filippo, chi vede me, vede il Padre mio (Gv 14,6-9). Il Padre abita una luce inaccessibile (1Tm 6,16), e Dio è spirito, e nessuno ha mai veduto Dio (Gv 4,24). Poiché Dio è spirito (Gv 1,18), non può essere visto che con lo spirito; è infatti lo spirito che dà la vita, la carne invece non giova a nulla (Gv 6,63). Anche il Figlio, in ciò che è uguale al Padre, non e visto da alcuno diversamente dal Padre e diversamente dallo Spirito Santo. Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù Cristo secondo l’umanità e non videro né credettero, secondo lo Spirito e la divinità, che Egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati; e così ora tutti quelli che vedono il sacramento del corpo di Cristo, che viene consacrato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare per le mani del sacerdote sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono secondo lo spirito e la divinità, che sia veramente il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, perché l’Altissimo stesso ne dà testimonianza e dice: Questo è il mio corpo e il sangue del nuovo testamento (Mc 14,22-24); e ancora: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ( Gv 6,55). Percio lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, egli stesso riceve il santissimo corpo e sangue del Signore; Tutti gli altri, che hanno la presunzione di riceverlo senza participare dello stesso spirito, mangiano e bevono la loro condanna (1Cor 11,29). Percio: Figli degli uomini, sino a quando avrete duro il cuore (Sal 4,3)? Perché non riconoscete la verità e non credete nel Figlio di Dio (Gv 9,35)? Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale (Sap 18,15) discese nel grembo della Vergine; ogni giorno viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal

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paragona la fede del cristiano nell’Eucarestia alla fede degli apostoli nel Signore Gesù, dandoci così l’esempio da seguire. Spiega che il punto di partenza è la fede, per cui il suo dialogo in questa ammonizione non è basato su un discorso filosofico, ma piuttosto sulle parole di Gesù e il riconoscimento da parte degli apostoli. Vi si trovano certi elementi fondamentali:

a. Cristo è come sacramento visibile del mistero invisibile del Dio Padre (cfr. Am 1,1-4).

b. L’umanità di Cristo nasconde in sé il mistero del Figlio di Dio (cfr. Am 1,5-8).

c. Il sacramento dell’Eucarestia rivela e nasconde nello stesso tempo il mistero del Gesù Cristo (cfr. Am 1,9-11).

d. L’Eucarestia come realizzazione della promessa di Cristo, cioè la Sua continua presenza reale fra noi sotto gli aspetti del pane e del vino consacrati (cfr. Am 1,22).

Possiamo aggiungere altri elementi essenziali di cui parla questa ammonizione, che sono:

a. Il ruolo dello Spirito Santo che agisce nell’uomo e lo porta a credere nel mistero eucaristico, senza però superare la libertà umana (cfr. Am 1,11-13).

b. L’Eucarestia è l’attualizzazione dell’opera salvifica di Cristo cominciando dall’incarnazione, cioè dalla kenosis, alla risurrezione, comprendendo ovviamente la Sua morte, fino all’ascensione e finalmente al compimento escatologico (cfr. Am 1,14-22).

seno del Padre (Gv 1,18; 6,38) sopra l’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli apparve in vera carne, così ora si mostra a noi nel pane consacrato; e come essi con lo sguardo fisico vedevano solo la sua carne ma, contemplandolo con gli occhi della fede, credevano che egli era Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, vediamo e fermamente crediamo che il suo santissimo corpo e sangue sono vivi e veri. E in tale modo il Signore è sempre presente con i suoi fedeli così come egli dice: Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo (Mt 28,20)”.

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A conclusione di questo tema, vediamo che la prima ammonizione rappresenta un trattato teologico dell’Eucarestia basato sulla Sacra Scrittura in cui Francesco, uomo semplice e profondo, chiama l’uomo a contemplare con gli occhi della fede il mistero salvifico.

2. La salvezza tramite l’Eucarestia

Le due lettere di Francesco ai fedeli contengono il pensiero di Francesco sul rapporto fra l’Eucarestia e la vita morale del cristiano. Perciò, studiandole arriviamo alla verità che l’Eucarestia è la via della salvezza e rivela come l’uomo debba prepararsi davanti a questo mistero. Questo risultato viene mostrato tramite le due vie che vi sono indicate, cioè: la via di quelli che fanno la penitenza i quali avranno la vita eterna come merito e li chiama come: “sposi, fratelli e madri”39; e la via di quelli che non vivono la penitenza i quali avranno la morte eterna40.

Francesco, basandosi sulla fede della Chiesa, mostra l’Eucarestia come la via della salvezza41. Si nota la costante affermazione della necessità assoluta della comunione per la salvezza che si vede evidentemente nei suoi scritti sia nel modo affermativo, come per esempio nella esortazione coraggiosa ai 39 1Lf 1,1-7 (FF 178/1-2): “Nel nome del Signore. Tutti coloro che amano il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e la mente, con tutta la forza e amano i loro prossimi come se stessi, e hanno in odio i loro corpi con i vizi e i peccati, e ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e fanno frutti degni di penitenza: oh, come sono beati e beneditti quelli e quelle, quando fanno tale cose e perseverano in esse, perché riposerà su di essi lo Spirito del Signore, e farà presso di loro la sua abitazione e dimora, e sono figli del Padre celeste del quale compiono le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo”.40 1Lf 2,1-7 (FF178/4): “Tutti quelli e quelle, invece, che non vivono nella penitnza, e non ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e praticano vizi e peccati e camminano dietro la cattiva concupiscenza e i cattivi desideri della loro carne, e non osservano delle cose che hanno promesso al Signore, e con il proprio corpo servano il mondo attraverso gli istinti carnali e le sollecitudini mondane e le preoccupazioni di questa vita, prigionieri del diavolo del quale sono figli e fanno le opere: costoro sono ciechi, poiché non vedono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cristo”. 41 2Lf 34 (FF 194).

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reggitori dei popoli42 e ai vescovi43; sia in modo negativo cui il non mangiare il Santissimo Corpo e bere il preziosissimo Sangue porta come finalità alla perdizione della vita eterna44.

Ancora un’altra dimensione importantissima, basata sull’esortazione di San Paolo nella lettera ai Corinzi, è quella circa lo stato della grazia con cui l’apostolo comanda di prendere il corpo e il sangue di Cristo (cfr. 1Cor 11,27-28) citata da Francesco45, addirittura lui chiama quelli chi comunicano all’Eucarestia indegnamente come “maledetti”46. Francesco insiste sul rapporto forte fra il sacramento dell’Eucarestia con il sacramento della confessione che presenta come via di preparazione per ricever degnamente il Santissimo eucaristico47.

3. Il rispetto alla Eucarestia

Le fonti che riguardano il devoto rispetto all’Eucarestia e agli oggetti sacri si trovano principalmente nelle due Lettere ai Chierici e le due Lettere ai Custodi. Nella seconda lettera, in modo speciale, troviamo Francesco influenzato dal documento del Papa 42 Lrp 6 (FF 212): “Perciò vi consiglio, signori miei, di mettere da parte ogni cura e preoccupazione e di ricevere devotamente la comunione del santissimo corpo e sangue del Signor nostro Gesù Cristo in sua santa memoria”.43 2Lcus 4-5 (FF 247): “Perciò vi supplico, per quanto posso, davanti al Signore Dio nostro, che vogliate consegnare ai vescovi e agli altri chierici quelle lettre – le due lettre ai chierici – che trattano del santissimo corpo e sangue del Signore nostro, e riteniate nella memoria le cose che su questo argomento abbiamo raccomandato a voi”.44 2Lf 23 (FF 189): “Chi non mangia la sua carne e non beve il suo sangue non può entrare nel regno di Dio (cfr. Gv 6,54)”.45 2Lf 2 (FF 180): “Tuttavia lo deve mangiare e bere degnamente, poiché chi indegnamente lo riceve, mangia e beve la sua condanna (1Cor 11,29), non riconoscendo il corpo del Signore, cioè non distinguendolo dagli altri cibi”. 46 2Lf 16 (FF 186): “Coloro che non vogliono gustare quanto sia soave il Signore (Sal 33,8) e preferiscono le tenebre alla luce (Gv 3,19); non volendo osservare i comandamenti di Dio, sono maledetti; di questi dice il profeta: Maledetti coloro che si allontanano dai tuoi comandamenti (Sal 118,21)”.47 2Lf 22 (FF 189): “Dobbiamo poi confessare al sacerdote tutti i nostri peccati e ricevere da lui il corpo e il sangue del Signor nostro Gesù Cristo”.

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Onorio III “Sane cum olim” del 22 ottobre 1219 circa la raccomandazione di applicare le decisioni del Concilio Lateranese IV del 1215 a riguardo del rispetto dell’Eucarestia di cui cito:

Il Crisma e l'Eucarestia devono essere custoditi sotto chiave. Ordiniamo che in tutte le chiese il crisma e l'Eucarestia debbano esser conservati scrupolosamente sotto chiave, perché nessuna mano temeraria possa impadronirsi di essi profanandoli con usi innominabili. Se il custode li abbandona, sia sospeso dall'ufficio per tre mesi; e se per la sua negligenza accadesse qualche cosa di abominevole, sia assoggettato ad una pena più grave (Con. Lateranese IV, cap. XX)48.

Infatti, il tono con cui Francesco esorta i chierici è imperativo, che li obbliga severamente a osservarlo, come dice lui: “ e sappiamo che tutte queste cose siamo tenuti ad osservarle, sopra ogni cosa, in forza dei precetti del Signore e delle costituzioni della santa madre chiesa. E chi non farà questo, sappia che dovrà renderne ragione davanti al Signore nostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio” (2Lch 13-14; cfr. 1Lcus 4).

Il rispetto voluto da Francesco non è limitato solo sul fatto esteriore e con i gesti, ad esempio ‘inginochiarsi’ (cfr. 1Lcus 7) , ma in modo profondo sul lodarlo, perchè Cristo è presente pienamente nell’Eucarestia (cfr. 1Lcus7-8). C’è una cosa molto interessante che si trova nella Parafrasi del «Pater noster» cui il pane richiesto dal Padre celeste è Suo Figlio stesso, ricordandoci di tutto quello che detto, fatto il Salvatore per noi49. Questa indicazione del Gesù eucarestico è presentata nella forma orientale del Padre Nostro cui il centro è Gesù e non il pane terreno come viene presentato dalla forma occidentale della preghiera.

48 http://www.cristiani.altervista.org/teologia/storia/laterano4.htm49 Pater 6 (FF 271) “ il nostro pane quotidiano: il tuo diletto Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: a ricordo e a riverente comprensione di quell’amore che ebbe per noi, e di tutto ciò che per noi disse, fece, e patì”.

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Francesco, un’altra volta, ci ribadisce della trascendenza e nello stesso tempo dell’immanenza che s’incontrano nel mistero eucarestico. Vediamo nella lettera a tutto l’Ordine questa contraddizione fra sublimità e umiltà; altezza e degnazione che si abbracciano meravigliosamente in Esso quando dice: “O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!”50.

ConclusioneBasandosi sullo studio degli scritti di san Francesco, si riscontra il Santo

come persona coerente fra quello che dice e quello che vive imitando il nostro Signore Gesù Cristo. Dall’altra parte è possibile affermare che la sacra scrittura abbia formato parte integrante del suo pensiero al punto che lo spingeva ad incarnarLa nella sua vita, al punto da poterlo definire senza falsa adulazione un « alter Christus». In questo lavoro ho voluto mostrare che Il Giovedì santo che include i tre aspetti teologici dell’ultima cena, realizzati dal Signore, cioè: l’amore fraterno, simboleggiato nel gesto della lavanda dei piedi; l’Eucaristia durante la cena pasquale e il ministero sacerdotale, hanno riempito la maggior parte degli scritti di S. Francesco per il motivo esistenziale che il santo aveva in cuore e cioè la sua ansia per l’unità.

In primo luogo ho cercato di dimostrare l’amore fraterno di Francesco, estrapolando quali ne siano gli importanti elementi: nel Testamento troviamo il fratello come dono dato a lui dal Signore, il servizio ai lebbrosi come prima missione con i frati e l’elemosina ; nella Regola non bollata, nella Regola bollata e nelle Ammonizioni si contempla l’amore reciproco descritto come l’amore di una madre verso suo figlio, la minorità come segno concreto dell’abbassamento ‘kénosis’ e per il sevizio fraterno, l’amore verso i persecutori simboleggiati nella figura del traditore Giuda, lavare i piedi e addirittura baciarli quando Francesco voleva ammonire i suoi fratelli come troviamo nella Seconda Lettera ai Fedeli e nella Lettera a tutto l’Ordine, è un gesto compiuto dal fatto celebrante nella liturgia della lavanda

50 LOrd 27 (FF 221).22

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dei piedi e alla fine La preghiera di Gesù per l’unità nella Regola non bollata.

In secondo luogo ho analizzato il ministero sacerdotale, anticipandolo all’Eucarestia per il motivo che Essa viene celebrata solamente da sacerdoti ed possibile trovare una certa insistenza dottrinale circa questo aspetto nella Regola non bollata, nelle Ammonizioni e nella Seconda Lettera ai Fedeli; infatti Francesco stesso considera la fede nei sacerdoti e nella Chiesa come doni ricevuti dal Signore, come si legge nel suo Testamento. Dal fatto che il Signore istituì questo sacramento, nasce il dovere di rispettare i sacerdoti come ‘signori’ perché in loro si vede il Signore stesso come lui scrive nella Lettera a tutto l’Ordine; un altro aspetto nella stessa lettera è quello del dovere dei sacerdoti, in modo particolare, di rispettare l’Eucarestia per non essere traditori del corpo di Gesù Cristo come Giuda.

Infine, un ultimo aspetto: quello del Santissimo Sacramento dell’Eucarestia. La mensa é stata durante tutta la storia dell’umanità il modo con cui l’uomo ha espresso il suo desiderio di comunicarsi con la divinità e la via concreta con cui gli uomini esprimono l’unità fra di loro.

Partendo dalla Prima Ammonizione, Francesco ha esposto il suo pensiero teologico riguardo l’eucarestia. Certamente la sua visione non è il risultato di uno studio teologico ma piuttosto nasce dall’esperienza viva con Cristo, da cui emerge chiara la vita morale del cristiano descritta nella seconda lettera ai fedeli. Nella Regola non bollata troviamo il legame insuperabile fra tutte le opere salvifiche di Cristo cioè, l’Eucarestia non è solo la persona storica di Cristo bensì la sua storia salvifica partendo dall’incarnazione, passione, morte e il suo stato glorioso vivo nel cielo da cui proviene il rapporto vivace di Francesco con Cristo. Un altro punto molto importante riguarda l’insistenza che Francesco ha per il dovuto onore e il rispetto verso l’Eucarestia che nasce come conseguenza della riforma del post-Concilio Lateranense IV (1215).

Dopo aver rilevato i tre elementi teologici del Giovedì santo, vissuti da Francesco ed espressi nei suoi scritti, vorrei come secondo passo approfondire lo studio con la visione teologica, analizzando gli episodi salienti della vita di

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Francesco con riferimento a ciò che Francesco ha sperimentato con la sua vita come un imitatore del Signore nell’ultima cena.

Riferimenti

I. L’amore fraterno1. Il dono del fratello (cfr. 2Test 14).2. La minorità (cfr. 2Lf 26.42-44.47; RegNB 5,9-13.7,2).3. Lavare i piedi (cfr. RegNB 6,3-4; Am 4).4. Bacciare i piedi (2Lf 87; Lord12).5. Le lemosine per i frati malati e librosi (cfr. RegNB 8,3.7.10;

9,2; 10; 2Test 1-3).6. L’amore del fratello è come la madre al figlio (cfr. RegNB

9,10-11; RB 6,7-9).7. Il comandamento dell’amore reciproco(cfr. RegNB 11,4-6;

Pater 4; 1Test 4; Am18,1: la pietà verso il fratello).

8. Il fratello per servire (cfr. RB 10,6).9. L’amore verso i persecutori (cfr. RegNB 22,1-4).10. La preghiera di Gesù per l’unità (cfr. RegNB 41-55).

II. Il ministero sacerdotale1. Vivere cattolicamente (cfr. RegNB 19,1-2).2. L’obbedienza alla chiesa (cfr. RB1; 2,1-2; 12,3-4; 2Test 4-5;

1Test 5).

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3. Il sacerdote è il ministro della confesione, Eucarestia e la Parola di Dio (cfr. 2Lf 22,33-35; RegNB 20,1-4; Am 26, 3).

4. Il rispetto per i chierici e religiosi (cfr. Regnb 19,3; Am 26,1-2.4; 2Test 6-13).

5. Il dovere del sacerdote verso l’Eucarestia (cfr. LOrd 14-16: il tradimento di Giuda; 17-20. 23-29).

6. Dignità del ministero sacerdotale (cfr. Lord 21-22).

III. L’Eucarestia1. Cristo eucaristico (cfr. Am 1; Pater 6).2. Eucarestia – penitenza (cfr. 1Lf 1,1.3; 2,2; 2Lf 63; RegNB

20,5-6; 1Lcus 6).3. La salvezza tramite l’Eucarestia (cfr. 2Lf 14-16.23-24.34; Lrp

6; 2Lcus 4).4. Esaltazione nell’Eucarestia(cf. LOrd 26-29).5. L’ultima cena del Signore e il Getsemani (cfr. 2Lf 6-13).6. Il rispetto per l’Eucarestia (cfr. 1Lch 1-3.8-11; 2Lch 1-3.8-11;

Lord 12-13.17-20.43-37; RegNB 20,5-6; 1Lcus 2.4.7; 2Lcus 4-6).

7. Il rispetto per gli oggetti sacri (cfr. 1Lch 2-5.7; 2Lch 4; Lord 34-37; 2Test 11).

IV. I riferimenti al Giovedì Santo1. La preghiera di Gesù (cfr. 1Lf 1,13-19; 2Lf 56-60).2. L’ultima cena (cfr. 6-13).3. Lavanda dei piedi (cfr. 2Lf 87; LOrd 12; Am 4).

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BibliografiaCAROLI, E., ed., Fonti francescane, Editrici francescane, Padova 2004.CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, La Bibbia. Via Verità e Vita, San Paolo, Milano 2009.

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Indice

Introduzione................................................................................1I. L’amore fraterno.......................................................................3

1. Il dono del “fratello...minore”...............................................32. L’amore reciproco................................................................43. La preghiera di Gesù per l’unità...........................................6

II. Il ministero sacerdotale...........................................................81. Vivere cattolicamente in obbedienza alla chiesa.................92. La dignità del ministero sacerdotale..................................103. Il sacerdote come via all’unità...........................................114. Il dovere del sacerdote verso l’Eucarestia.........................12

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III. L’Eucarestia..........................................................................141. Il Cristo eucaristico.............................................................152. La salvezza tramite l’Eucarestia.........................................173. Il rispetto alla Eucarestia....................................................18

Conclusione...............................................................................20Riferimenti.................................................................................22Bibliografia................................................................................24

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