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Sommario: 1. Premessa. - 2. La legge «Ciaffi» nel contesto del riformismo elettorale del 1993. - 3. Le caratteristiche essenziali dei sistemi di elezione dei Sindaci e dei Consigli nei Comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti. - 4. I sistemi di elezione dei Sindaci e dei Consigli nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti: considerazioni introduttive. - 5. (segue): i tratti fondamentali di tale sistema elettorale: l’elezione diretta del Sindaco. - 6. Il collegamento dei candidati Sindaci con una o più liste presentate per l’elezione del Consiglio comunale. - 7. La «tormentata» disciplina del premio di maggio- ranza e la disciplina del riparto dei seggi tra le liste. - 8. La controversa possibilità del voto disgiunto. - 9. Considerazioni conclusive: ripensare la «rivoluzione» del 1993? 1. Premessa Accanto al rinnovo dei Presidenti e dei Consigli di sette Regioni a statuto ordinario, nel turno elettorale del 31 maggio 2015 (con eventuale turno di ballottaggio svoltosi il 14 giugno successivo) sono stati rinnovati i Sindaci e i Consigli di 742 Comuni, di cui a) 512 Comuni facenti parte di Regioni a statuto ordinario; b) 167 Comuni sardi; c) 10 Comuni friulani; d) 53 Comuni siciliani. La disciplina del sistema di elezione per i Comuni di cui alla lett. a) è contenuta negli artt. 71 ss. del d.lgs. n. 267 del 2000; la sua ap- plicazione anche ai Comuni di cui alla lett. b) deriva dal fatto che la Sardegna, pur disponendo di una potestà legislativa in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» (art. 3, lettera b, dello statuto speciale) 1 , ai sensi della l. cost. n. 2 del 1993 1 Su tale competenza, cfr. anche Corte cost., sent. n. 48 del 2003, nella quale si afferma testualmente che la materia in questione comprende anche «le modalità di elezione degli organi rappresentativi» (considerato in diritto, n. 2.2). Su tale pronun- cia, cfr., in particolare, A. RUGGERI, Potestà legislativa primaria e potestà «residuale» a confronto (nota minima a Corte cost. n. 48 del 2003), in Giur. it. 2013, 1530 ss.; G. I sistemi elettorali comunali anche alla luce delle elezioni del maggio 2015: ripensare la «rivoluzione» del 1993? di GIOVANNI TARLI BARBIERI LE REGIONI / a. XLIII, n. 3, giugno 2015

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Sommario: 1. Premessa. - 2. La legge «Ciaffi» nel contesto del riformismo elettorale del 1993. - 3. Le caratteristiche essenziali dei sistemi di elezione dei Sindaci e dei Consigli nei Comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti. - 4. I sistemi di elezione dei Sindaci e dei Consigli nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti: considerazioni introduttive. - 5. (segue): i tratti fondamentali di tale sistema elettorale: l’elezione diretta del Sindaco. - 6. Il collegamento dei candidati Sindaci con una o più liste presentate per l’elezione del Consiglio comunale. - 7. La «tormentata» disciplina del premio di maggio-ranza e la disciplina del riparto dei seggi tra le liste. - 8. La controversa possibilità del voto disgiunto. - 9. Considerazioni conclusive: ripensare la «rivoluzione» del 1993?

1. Premessa

Accanto al rinnovo dei Presidenti e dei Consigli di sette Regioni a statuto ordinario, nel turno elettorale del 31 maggio 2015 (con eventuale turno di ballottaggio svoltosi il 14 giugno successivo) sono stati rinnovati i Sindaci e i Consigli di 742 Comuni, di cui a) 512 Comuni facenti parte di Regioni a statuto ordinario; b) 167 Comuni sardi; c) 10 Comuni friulani; d) 53 Comuni siciliani.

La disciplina del sistema di elezione per i Comuni di cui alla lett. a) è contenuta negli artt. 71 ss. del d.lgs. n. 267 del 2000; la sua ap-plicazione anche ai Comuni di cui alla lett. b) deriva dal fatto che la Sardegna, pur disponendo di una potestà legislativa in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» (art. 3, lettera b, dello statuto speciale)1, ai sensi della l. cost. n. 2 del 1993

1 Su tale competenza, cfr. anche Corte cost., sent. n. 48 del 2003, nella quale si afferma testualmente che la materia in questione comprende anche «le modalità di elezione degli organi rappresentativi» (considerato in diritto, n. 2.2). Su tale pronun-cia, cfr., in particolare, A. Ruggeri, Potestà legislativa primaria e potestà «residuale» a confronto (nota minima a Corte cost. n. 48 del 2003), in Giur. it. 2013, 1530 ss.; G.

I sistemi elettorali comunali anche alla luce delle elezioni del maggio 2015: ripensare la «rivoluzione» del 1993?

di Giovanni Tarli BarBieri

LE REGIONI / a. XLIII, n. 3, giugno 2015

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(art. 4), non è intervenuta con una propria legge in materia di ele-zioni comunali2; viceversa, la disciplina elettorale dei Comuni di cui alle lett. c) e d) è rinvenibile in apposite leggi regionali.

Le elezioni comunali del maggio scorso hanno rivestito una parti-colare importanza, non solo per il numero di elettori coinvolti (oltre cinque milioni)3 ma anche per il fatto che esse hanno riguardato i Sindaci e i Consigli comunali di 15 capoluoghi di Provincia4, cui si debbono aggiungere due (Agrigento ed Enna) siciliani.

L’obiettivo del presente lavoro è quello di valutare, anche alla stregua dei risultati delle elezioni del maggio 2015 nei Comuni delle Regioni a statuto ordinario e della Sardegna5, il funzionamento dei sistemi elettorali comunali6 alla luce dei mutamenti intervenuti a li-vello del sistema politico, e tenendo conto anche degli interessanti sviluppi giurisprudenziali intervenuti nel più recente periodo.

2. La legge «Ciaffi» nel contesto del riformismo elettorale del 1993

La riforma elettorale per i Comuni e per le Province ha costitui to nel 1993 (l. n. 81, c.d. legge «Ciaffi») il primo tassello di quella «ri-

Coinu, Sulla democrazia procedurale, in questa Rivista 2003, 872 ss.; D. Monego, Di un palese caso di ultrapetizione nel giudizio in via principale, ivi, 883 ss.

2 Sul punto, l’art. 1 della l. reg. n. 2 del 2005 prevede che «per lo svolgimento e le operazioni elettorali, fino a quando non sarà diversamente disciplinato con legge regionale, continuano ad applicarsi le norme statali in materia di elezioni negli enti locali». È in forza di tale previsione che la Regione Sardegna ha indetto le elezioni comunali nelle stesse date individuate per i Comuni nelle Regioni a statuto ordinario (Del. Giunta regionale 31 marzo 2015, n. 13/1). È da segnalare che la l. reg. n. 4 del 2012 prevede una composizione dei Consigli comunali parzialmente diversa da quella prevista dall’art. 37 del d.lgs. n. 267 del 2000 (come modificato, da ultimo dall’art. 1, comma 135, della l. n. 56 del 2014). In concreto, l’art. 1 di tale legge prevede che i Consigli comunali siano composti dal Sindaco e da un numero di Consiglieri variabile da un minimo di 10 (nei Comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti) a un massimo di 34 (nei Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti).

3 In totale 5.221.461, di cui 4.487.862 dei Comuni facenti parte delle Regioni a statuto ordinario e della Sardegna.

4 Si tratta di Lecco, Mantova, Rovigo, Venezia, Arezzo, Fermo, Macerata, Chieti, Andria, Trani, Matera, Vibo Valentia, Nuoro, Sanluri, Tempio Pausania (gli ultimi due con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti).

5 Si tratta di 679 Comuni, di cui 594 con popolazione fino ai 15.000 abitanti e 85 con popolazione superiore a questa soglia.

6 L’analisi sarà peraltro limitata ai soli sistemi elettorali in senso stretto, secondo la definizione rinvenibile, ad esempio, in F. Lanchester, Gli strumenti della demo-crazia, Milano 2004, 179 ss.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 707

voluzione» istituzionale che nell’arco di un biennio ha portato a nuove leggi elettorali per i due rami del Parlamento (ll. nn. 276 e 277, c.d. leggi «Mattarella») e per i Consigli delle Regioni a statuto ordinario (l. n. 43 del 1995, c.d. legge «Tatarella»)7.

Tuttavia, la l. n. 81 del 1993, diversamente dalle altre riforme elettorali coeve, riguarda «non solo la materia elettorale locale, ma, più in generale, la stessa forma di governo locale, configurando un primo esempio di modello neoparlamentare» e per questo è stata de-finita «un precedente che si può definire di portata storica»8.

In questo senso, la legge «Ciaffi» costituisce un modello insieme deviante e paradigmatico rispetto alle altre leggi di riforma elettorale coeve e successive.

È un modello deviante perché tale legge ha introdotto nuove re-gole elettorali nel contesto di una disciplina della forma di governo da essa profondamente innovata sulla base di un modello dominato dal noto simul (...) simul.

Come si è accennato, questo approccio non si riscontra nelle altre leggi di riforma elettorale, dati i vincoli costituzionali sussistenti in ma-teria di disciplina della forma di governo statale e regionale. Peraltro, date le difficoltà politico-istituzionali di addivenire a revisioni costitu-zionali in questo ambito, sulle leggi elettorali (e sulle loro riforme) si sono scaricate aspettative che queste ultime (da sole) non hanno po-tuto soddisfare: da qui, ad esempio, l’inserimento nelle leggi elettorali di disposizioni chiaramente incidenti sul terreno della forma di go-verno, quasi come anticipazioni di progettazioni costituzionali future e politicamente auspicate9.

7 Sulla genesi della l. n. 81 del 1993, anticipata di poco dalla l. reg. Siciliana n. 7 del 1992, peraltro assai diversa sul piano delle determinazioni sia in materia di forma di governo che di disciplina elettorale (da ultimo, P. Grimaudo, Governo locale e leggi elettorali in Sicilia, Milano 2008, 31 ss.), cfr., per tutti, P. Barrera, La nuova legge elettorale per i Comuni e le Province. La sfida della democrazia locale, Roma 1993, 1 ss.

8 C. Fusaro, Le regole della transizione. La nuova legislazione elettorale ita-liana, Bologna 1995, 52. Nel prosieguo del testo si parlerà in più di un’occasione di «forma di governo» riferita ai Comuni, anche se non sfugge che tale espressione sia problematica ove riferita ad un ente sub-statale: sul punto, in particolare, M. Lu-ciani, Governo (forme di), in Enc. dir., ann. III, Milano 2009, 538 ss.

9 Così, ad esempio, la l. n. 43 del 1995, prima dell’entrata in vigore della l. cost. n. 1 del 1999, aveva previsto i capilista regionali, sostanzialmente (ma non for-malmente) candidati alla carica di Presidente (art. 2), e una anomala fattispecie di scioglimento anticipato del Consiglio regionale (art. 8), qualificata come riduzione ad un biennio della sua durata, in ogni caso in cui nel corso di ventiquattro mesi il rapporto fiduciario tra Consiglio e Giunta fosse comunque posto in crisi (per tutti,

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La l. n. 81 del 1993 costituisce però anche un modello per la le-gislazione elettorale successiva laddove introduce, segnatamente per i Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, il premio di maggioranza in un sistema elettorale che resta a base proporzionale, ma in un contesto istituzionale ormai centrato sull’elezione diretta del Sindaco.

È stato giustamente osservato che il premio di maggioranza «è un pallino della classe politica italiana, di oggi e di ieri»10 ed oggi costituisce un istituto caratterizzante l’intera legislazione elettorale italiana (salvo solo alcune eccezioni), perché congeniale alle aspetta-tive del sistema politico italiano: nel caso dei Comuni (e, a partire dal 1999 per le Regioni), elezione diretta del vertice dell’Esecutivo e sistema elettorale a base proporzionale ma con il decisivo corret-tivo del premio di maggioranza hanno costituito di fatto un punto di equilibrio nel quale si è impiantato (almeno fino al più recente periodo) un assetto bipolare sostanzialmente frammentato: così, nell’ambito della l. n. 81 del 1993, «ai partiti, soprattutto quelli co-alizzati, viene garantita la rappresentanza in Consiglio. Ma questo organo perde la centralità che aveva nel sistema precedente. Ora sono gli elettori a scegliere il Sindaco ed è il Sindaco a scegliere la Giunta. Il Sindaco resta responsabile di fronte al Consiglio ma in caso di sfiducia si torna a votare. Le elezioni sono diventate decisive grazie alla garanzia di un premio di maggioranza alla lista collegata al candidato Sindaco vincente, a parte una aporia della legge. Ele-zione diretta del Sindaco e premio di maggioranza si sono dimostrati incentivi istituzionali molto efficaci nel favorire la formazione di co-

A. Pertici, La norma «antiribaltone» ed i suoi effetti sulla crisi di governo regionale, in questa Rivista 1998, 1055 ss.).

Per quanto riguarda le leggi elettorali per il Parlamento nazionale, nell’am-bito della l. n. 270 del 2005 è prevista l’indicazione del «capo unico della coali-zione» (la Corte costituzionale in più occasioni ha dovuto precisare che tale lo-cuzione non è tale da alterare l’inquadramento costituzionale del Presidente del Consiglio dei Ministri: sentt. nn. 262 del 2009 e 23 del 2011; dopo l’entrata in vigore della l. n. 52 del 2015 essa è stata mutata in «capo della forza politica») e l’obbligo per le coalizioni e i partiti di depositare, all’atto della presentazione dei contrassegni elettorali, il programma elettorale (art. 14-bis, d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, introdotto dall’art. 1, l. n. 270 del 2005). Su tali previsioni, sia consentito un rinvio al mio Il premio di maggioranza e gli sviluppi della forma di governo, in A. Chiaramonte, G. Tarli Barbieri (a cura di), Il premio di maggioranza, Roma 2011, 137 ss.

10 R. D’Alimonte, I rischi di una nuova riforma elettorale. In difesa del «matta-rellum», in Quad. cost. 2004, 516.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 709

alizioni pre-elettorali e quindi una competizione elettorale sostanzial-mente bipolare»11.

È allora in questo contesto che deve essere inquadrato il rilievo per cui la l. n. 81 del 1993 sarebbe «una legge di transizione in un periodo di transizione», in quanto figlia di un «compromesso tra la spinta maggioritaria del movimento referendario ed una maggioranza parlamentare che ha tentato di riproporre in ogni modo una logica proporzionalistica»12, evidente soprattutto a proposito del sistema elettorale per i Comuni più popolosi (a maggior ragione prima del 1999: cfr. infra, par. 7)13.

In realtà, lungi dall’avere avuto lo stesso destino delle Carte oc-troyées dell’ottocento14, la legge «Ciaffi» è riuscita congeniale anche al sistema politico che si è venuto definendo dopo il 1993; sistema politico certo non meno frammentato del precedente che ha pro-dotto, da subito, una normativa elettorale di contorno ispirata ad un «pluralismo estremo»15, in controtendenza con la svolta maggioritaria indotta dai referendum dell’aprile 199316.

In definitiva, la l. n. 81 del 1993 è stato il primo tassello del passaggio dalla «Repubblica dei partiti» alla «Repubblica delle coalizioni»17 che, da alleanze parlamentari successive al momento elettorale, sono divenute alleanze di tipo preventivo, per cui «i partiti in essa inclusi perdono una quota di identità e di “sovranità” poli-tica. L’elettorato al quale si rivolgono è infatti un melting pot tenuto

11 R. D’Alimonte, Rapporto introduttivo, in D. Nardella (a cura di), Per una nuova stagione delle riforme istituzionali. Atti del seminario di studi, Firenze, Fonda-zione Spadolini Nuova Antologia, 25 settembre 2006, Firenze 2006, 21.

12 A. Barbera, Una legge di transizione in un periodo di transizione, in Id. (a cura di), Elezione diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia, del Consiglio co-munale e del Consiglio provinciale. Commento alla legge 25 marzo 1993, n. 81, Ri-mini 1994, 19. Cfr. sul punto anche F. Lanchester, Il nuovo attraverso il vecchio: la legge n. 81/1993 sull’elezione degli enti locali, in Nomos 1993, in particolare 137.

13 Cfr., per tutti, S. Vassallo, Art. 7, in A. Barbera (a cura di), Elezione di-retta del Sindaco cit., 79 ss.

14 Così, A. Barbera, Una legge di transizione cit., 20.15 Si pensi, ad esempio, alla disciplina del rimborso delle spese elettorali, all’in-

troduzione delle componenti politiche del gruppo misto, alla disciplina della comu-nicazione politica.

16 Sul punto, per tutti, S. Merlini, Governo e forma di governo nella proposta della Bicamerale dalla filosofia del discorso di Bayeux a quella del «patto della cro-stata», in M.P. Chiti, L. Sturlese (a cura di), La riforma costituzionale. Atti del con-vegno di studi in ricordo di S. Tosi, Firenze 27-28 marzo 1998, Milano 1999, 73 ss.

17 A. Manzella, Il Parlamento, Bologna 2003, 81 ss.

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assieme da un programma e, soprattutto, da un leader, “candidato” a Presidente del Consiglio»18.

Già i primi commentatori della l. n. 81 del 1993 avevano messo in evidenza la difficoltà di inquadrare la forma di governo comunale attingendo alle classificazioni tradizionali, preferendo parlare di un «modello inedito, segnato dalla chiara tendenza monocratica riposta nel ruolo del Sindaco e da meccanismi di indirizzo, di controllo e di bilanciamento azionabili dall’organo assembleare-rappresentativo»19. Ma anche indagini più recenti hanno messo in evidenza l’assoluta «posizione di preminenza» dei Sindaci20 in un contesto c.d. «neo-parlamentare» nel quale la capacità di interlocuzione politico-istitu-zionale dei Consigli appare innegabilmente più debole21 (cfr. anche infra, par. 9).

Sicuramente, nella prassi, la forma di governo comunale ha ga-rantito un tasso sicuramente elevato di stabilità, garantito, per così dire, dal combinato disposto dell’elezione diretta dei Sindaci, del meccanismo c.d. simul (...) simul e della disciplina del sistema di ele-zione dei Consiglieri; nei Comuni è quindi del tutto recessiva la con-clusione anticipata delle consiliature, e, in questo contesto, del tutto eccezionale il ricorso alla sfiducia «distruttiva»: nel caso delle ele-zioni del 2015 su 679 Comuni interessati al voto solo in 125 (ovvero il 18,4%) il ricorso al voto si è imposto per cause diverse dalla fine naturale della consiliatura22.

18 A. Manzella, Il Parlamento cit., 34.19 M. Scudiero, L’elezione diretta del Sindaco tra riforme istituzionali e trasfor-

mazioni del sistema politico, in questa Rivista 1993, 636, richiamato da L. Vandelli, Sistemi elettorali e forma di governo negli enti locali, in M. Luciani, M. Volpi (a cura di), Riforme elettorali, Roma-Bari 1995, 254. Sul punto, cfr., per tutti, P. Co-stanzo, Art. 30-38, l. n. 142/1990, in Art. 128 Supplemento. Legge 8 giugno 1990, n. 142 – Ordinamento delle autonomie locali. Legge 25 marzo 1993, n. 81 – Elezione diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia, del Consiglio comunale e del Consi-glio Provinciale, Comm. cost., Bologna-Roma 1996, 583 ss.

20 Così, ad esempio, G. Baldini, La prima prova del modello neoparlamentare: il governo delle città italiane nel decennio 1993-2002, in S. Ceccanti, S. Vassallo (a cura di), Come chiudere la transizione. Cambiamento, apprendimento e adattamento nel sistema politico italiano, Bologna 2004, 151 ss.

21 Per tutti, A. Di Giovine, Sulla coerenza di un’originale forma di democrazia d’indirizzo, in questa Rivista 1996, 913 ss.

22 Il dato, desumibile dal Dossier Elezioni regionali e amministrative  –  31 mag-gio 2015 (rinvenibile in www.interno.it), è, non a caso, del tutto comparabile con quelli riportati da M. Achilli, Il premio di maggioranza nelle elezioni comunali, in A. Chiaramonte, G. Tarli Barbieri (a cura di), Il premio di maggioranza cit., 183

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 711

3. Le caratteristiche essenziali dei sistemi di elezione dei Sindaci e dei Consigli nei Comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti

La l. n. 81 del 1993 fu approvata in gran fretta per evitare un referendum abrogativo, già indetto, che aveva sostanzialmente ad og-getto l’estensione a tutti i Comuni del sistema elettorale di tipo mag-gioritario, in vigore solo in quelli con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.

Tale genesi contribuisce a spiegare, innanzitutto, il mancato ade-guamento alla l. n. 142 del 1990, allora in vigore, che pure sarebbe stato necessario (tanto che, come si dirà, adeguamenti successivi si sono imposti prima ancora dell’entrata in vigore del testo unico di cui al d.lgs. n. 267 del 2000) e, in secondo luogo, i non pochi pro-blemi interpretativi suscitati da alcune disposizioni della l. n. 81 del 1993, non ineccepibili sul piano redazionale, tanto che un’attività in alcuni casi quasi «integrativa» delle previsioni legislative è stata svolta nella prassi dalla giurisprudenza amministrativa23.

È poi da sottolineare che i contenuti della legge «Ciaffi» sono stati completati con l’adozione del d.P.R. n. 132 del 1993, con ciò su-scitando non pochi rilievi in punto di violazione della riserva di legge in materia elettorale24.

Ciò detto, la l. n. 81 del 1993 si fonda sulla distinzione tra i Co-muni con popolazione fino a 15.000 abitanti (art. 5) e i Comuni con popolazione superiore a questa soglia (artt. 6 e 7), prevedendo due sistemi elettorali assai diversi25.

La disciplina elettorale relativa ai primi è rimasta praticamente inalterata a partire dal 1993; trasfusa nel testo unico del 2000 solo

ss., riferiti al periodo 1993-2009 (con riferimento peraltro ai soli Comuni con più di 15.000 abitanti).

23 Non a caso, sempre puntualmente richiamata nelle pubblicazioni del Mi-nistero dell’Interno relative alle operazioni elettorali (ovvero le Istruzioni per le operazioni degli uffici elettorali di sezione), regolarmente pubblicate prima di ogni consultazione.

24 R. Balduzzi, Art. 34, l. n. 81/1993, in Art. 128 Supplemento cit., 1086 ss.25 Stante le variazioni della popolazione, è ben possibile, quindi, per i Comuni

che si trovino al limite dei 15.000 abitanti, «transitare» dall’uno all’altro sistema, a seguito dei risultati del censimento decennale della popolazione: nel caso delle ele-zioni del 2015, questa eventualità si è verificata per otto Comuni, due dei quali pas-sati nella fascia dei Comuni minori  –  si tratta di San Pietro Vernotico (Brindisi) e Maglie (Lecce)  –  e sei «promossi» nella fascia dei Comuni con popolazione supe-riore ai 15.000 abitanti  –  si tratta di Lonato Garda, Rovato (Brescia), Lonigo (Vi-cenza), Zagarolo (Roma), Orta di Atella (Caserta), Capurso (Bari).

712 G. TARLI BARBIERI

con marginali innovazioni (art. 71)26, essa non ha subito modifiche da allora, fatta eccezione per la disciplina del voto di preferenza, og-getto di un’importante innovazione, prima ad opera della l. n. 415 del 1993 e, quindi, dopo una complessa vicenda istituzionale, da ul-timo, ad opera della l. n. 215 del 2012 (cfr. infra).

Nei Comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti il legislatore ha optato per un modello di «voto unico categorico preferenziale»27.

È infatti previsto un meccanismo di contestualità rafforzata tra l’elezione del Sindaco e quella dei Consiglieri comunali (art. 71, comma 1, d.lgs. n. 267 del 2000)28: ogni candidato Sindaco è col-legato ad una e a non più di una lista di candidati Consiglieri (che debbono comprendere un numero di candidati non superiore al nu-mero di Consiglieri da eleggere e non inferiore ai 3/4: comma 3).

Insieme alle liste dei candidati deve essere presentato il pro-gramma amministrativo. Si tratta di una previsione interessante, nella misura in cui connette la disciplina elettorale con quella relativa alla forma di governo, anche se non si è mancato di dubitare non solo della natura vincolante di tale programma ma anche del livello di dettaglio di esso, trattandosi di un documento politico che potrebbe ben limitarsi (come in effetti sembra avvenire nella prassi) a «una ge-nerica enunciazione di intenti» (cfr. anche infra, par. 6)29.

Ciascun elettore ha il diritto di votare per un candidato alla ca-rica di Sindaco (comma 5); non è previsto il c.d. «voto disgiunto» per cui a ciascuna lista di candidati alla carica di Consigliere sono at-tribuiti tanti voti quanti sono quelli conseguiti dal candidato Sindaco ad essa collegato (comma 7).

Il Sindaco è eletto con metodo plurality per cui, ai fini del suc-cesso nella consultazione elettorale, è sufficiente lo scarto di un solo voto, come è avvenuto nelle elezioni del 2015 in due Comuni30.

26 L.A. Mazzarolli, Art. 71, in M. Bertolissi (a cura di), L’ordinamento degli enti locali. Commento al testo unico sull’ordinamento delle autonomie locali del 2000 alla luce delle modifiche costituzionali del 2001, Bologna 2002, 334.

27 L. Trucco, Democrazie elettorali e Stato costituzionale, Torino 2011, 430 ss.28 Contestualità rafforzata dal fatto che l’elezione del Sindaco e dei Consiglieri

avviene in un’unica scheda (art. 71, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000; tale soluzione è fatta propria anche per i Comuni maggiori: art. 72, comma 3).

29 S. Vassallo, Art. 71, in L. Vandelli, T. Tessaro, S. Vassallo, Organi e sistema elettorale (Commenti al T.U. sull’ordinamento delle autonomie locali), Rimini 2001, 731.

30 Si tratta dei Comuni di San Giacomo Filippo (Sondrio) e Castel Castagna (Teramo).

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 713

Il ballottaggio è previsto come un’ipotesi assolutamente eccezio-nale, ovvero solo nel caso in cui due candidati ottengano esattamente lo stesso numero di voti (nelle elezioni del maggio 2015 su 594 Comuni interessati al voto questa ipotesi si è verificata in un solo caso31)32.

Alla lista collegata al candidato Sindaco eletto sono attribuiti i 2/3 dei seggi assegnati al Consiglio (comma 8)33. I restanti seggi sono ripartiti proporzionalmente fra le altre liste con il metodo d’Hondt. Non è prevista alcuna soglia di sbarramento che peraltro in questo caso sarebbe risultata superflua, dati i pochi seggi spettanti alle liste di minoranza34.

Ai sensi del comma 9, nell’ambito di ciascuna lista sono procla-mati eletti Consiglieri i candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di preferenze (a parità di preferenze, sono proclamati eletti i candidati che precedono nell’ordine di lista). Il primo seggio spet-tante a ciascuna lista di minoranza è attribuito al candidato alla ca-rica di Sindaco della lista medesima.

È stato giustamente notato che, rispetto alla disciplina dei Comuni più popolosi, l’art. 71 del d.lgs. n. 267 del 2000 prevede un sistema elettorale maggiormente «costrittivo». Infatti: a) non esiste la possibilità per i candidati Sindaci di collegarsi a più liste; b) non è previsto per gli elettori la facoltà del voto disgiunto; c) di conse-

31 Si tratta del Comune di Silius (Cagliari) in cui al primo turno i due candidati Sindaci in competizione hanno ottenuto ciascuno 385 voti; al secondo turno è risul-tato eletto il candidato Mulas con 421 voti, contro i 417 del candidato Erriu.

32 È apprezzabile l’analiticità di quanto previsto nel comma 6, il quale specifica che il ballottaggio deve effettuarsi la seconda domenica successiva e che in caso di ul-teriore parità viene eletto il più anziano di età, anche se non può non osservarsi che la disposizione non regola il caso in cui più di due candidati ottengano lo stesso nu-mero di voti (l’art. 71, comma 6, infatti allude al caso di due candidati); ipotesi certo difficile ma non impossibile da realizzarsi soprattutto nei Comuni meno popolosi.

Tale analiticità, per inciso, non è presente nella riforma elettorale c.d. italicum, che prevede il ballottaggio tra le due liste più votate, nel caso in cui nessuna lista abbia ottenuto al primo turno almeno il 40% dei voti (art. 2, comma 1, l. n. 52 del 2015): la disciplina del ballottaggio è peraltro del tutto laconica e indeterminata.

33 È previsto che il numero di seggi (2/3) spettanti alla lista collegata al Sindaco eletto sia calcolata con arrotondamento all’unità superiore qualora il numero dei Con-siglieri da assegnare alla lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi.

34 L’art. 37 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato, da ultimo, implicita-mente, dall’art. 1, comma 135, della l. n. 56 del 2014, prevede che i Consigli co-munali siano composti, oltre che dal Sindaco: a) da 10 Consiglieri nei Comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti; b) da 12 Consiglieri nei Comuni con popolazione compresa tra 3.001 e 10.000 abitanti; c) da 16 Consiglieri nei Comuni con popola-zione compresa tra 10.001 e 30.000 abitanti.

714 G. TARLI BARBIERI

guenza, è sempre e comunque assicurata al candidato Sindaco una maggioranza consiliare ampia; d) non è previsto il ballottaggio, l’ele-zione del Sindaco avvenendo con metodo plurality35.

Si è discusso se la l. n. 81 del 1993 abbia introdotto una vera e propria elezione diretta, poiché tale espressione sarebbe riferibile «a quei procedimenti elettorali il cui esito non sia né subordinato, né indissolubilmente connesso con il risultato di altri procedimenti elettorali, contestuali o non»36: in questo senso, si dovrebbe parlare per il Sindaco (ma, a rigore, anche per i Consiglieri comunali) di un elezione «semidiretta»37.

Senza entrare nel merito di tale qualificazione, rimane il fatto che la Corte costituzionale, con riferimento alla l. cost. n. 1 del 1999  –  che qualifica nel titolo come «diretta» l’elezione del Presi-dente della Giunta regionale  –  ha affermato, con riferimento all’art. 5 della stessa, che «nella valutazione del legislatore costituzionale l’e-lezione del Presidente della Giunta è assimilabile, quanto a legittima-zione popolare acquisita dall’eletto, ad una vera e propria elezione a suffragio diretto» (sent. n. 304 del 2002)38 e successivamente ha precisato che «analogo sistema, anch’esso definito elezione “a suffra-gio universale e diretto” dall’art. 46 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (...) è invero da tempo previsto dalla legislazione rela-tiva all’elezione dei Sindaci e dei Presidenti delle Province (...), e ha preceduto largamente la legge costituzionale n. 1 del 1999, rispetto alla quale anzi ha sicuramente costituito un importante modello di riferimento» (sent. n. 2 del 2004)39.

Certamente si tratta di un punto controverso, come la dottrina non ha mancato di osservare40. Rimane il dato positivo costituito dal già citato art. 46 del d.lgs. n. 267 del 2000 che qualifica l’elezione del Sindaco «a suffragio universale e diretto», senza distinguere tra i Co-muni sino a 15.000 abitanti e quelli più popolosi.

35 S. Vassallo, Art. 71 cit., 729. Sulla connessione tra l’elezione del Sindaco a turno unico e l’obbligo di collegamento dei candidati Sindaci con una sola lista cfr. R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993, in Art. 128 Supplemento cit., 991.

36 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 987, nt. 4.37 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit.38 Considerato in diritto, n. 4.39 Considerato in diritto, n. 4.40 Si vedano, con ricostruzioni diverse, ad esempio, R. Bin, Un passo avanti

verso i nuovi Statuti regionali, in questa Rivista 2004, 909 ss.; L. Carlassare, La sent. n. 2 del 2004 tra forma di governo e forma di stato, ivi, 920 ss.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 715

Di fatto, l’elezione dei Sindaci e dei Consigli comunali nei Co-muni meno popolosi evidenzia un elemento forte di personalizza-zione, reso evidente anche dal fatto che nelle elezioni del maggio 2015, nei 293 casi in cui il Sindaco uscente si è ricandidato, in ben 205 (circa il 70%) è stato nuovamente eletto41 (a ciò si aggiunga che in ulteriori 64 casi il vincitore risulta essere stato candidato Sindaco non eletto nella consultazione precedente).

Come si è detto, l’art. 71, comma 1, del d.lgs. n. 267 del 2000 prevede che l’elezione dei Consiglieri si effettui «con metodo mag-gioritario», attribuendo alla lista collegata al Sindaco eletto i 2/3 dei seggi.

Si è già accennato al fatto che questa contestualità rafforzata co-stituisce il tratto fondamentale della riforma elettorale del 1993 con riferimento ai Comuni minori: la stessa Corte costituzionale ha par-lato di «consonanza obbligata fra Sindaco e maggioranza consiliare» e di «voto unico congiunto, con automatica attribuzione del premio di maggioranza» (sent. n. 304 del 1996)42; anche per questo essa ha dichiarato incostituzionale l’art. 5 della l. n. 81 del 1993 nella parte in cui non prevedeva il rinvio delle elezioni ed il rinnovo della pre-sentazione delle candidature a Sindaco ed a Consigliere comunale, in caso di decesso, intervenuto dopo la presentazione delle candidature e prima del giorno fissato per le elezioni, di un candidato alla ca-rica di Sindaco. In effetti, osserva la Corte, l’eventuale vittoria della lista, privata del candidato Sindaco perché deceduto, non sarebbe in grado di conseguire la maggioranza nel Consiglio comunale «an-che nel caso di raccolta di un consenso ampiamente maggioritario, non potendo essa anche in tal caso esprimere il (candidato) Sindaco eletto. La preclusione ex ante della possibilità di ottenere la maggio-ranza nel Consiglio comunale, quale conseguenza di un evento ca-suale, imprevedibile e non imputabile (come il decesso del candidato Sindaco), comporta un’irragionevole alterazione del risultato eletto-rale, alterazione che potrebbe risultare macroscopica nel caso dell’e-lezione del Sindaco con una percentuale di voti ampiamente inferiore a quella raccoltasi sul nome del diverso candidato Sindaco premorto e, di riflesso, attribuita alla lista (contrapposta) a questo collegata»43.

41 Ovviamente, su questo dato incide la dimensione demografica dell’ente: in-fatti, dei 205 casi ben 79 sono riferiti a Sindaci di Comuni con meno di 1.000 abi-tanti (a fronte di 13 casi di mancata rielezione).

42 Considerato in diritto, rispettivamente n. 2.3 e 2.4.43 Considerato in diritto, n. 2.4.

716 G. TARLI BARBIERI

In ossequio a tale pronuncia, l’art. 71, comma 11 del d.lgs. n. 267 del 2000 prevede ora che «in caso di decesso di un candidato alla carica di Sindaco, intervenuto dopo la presentazione delle can-didature e prima del giorno fissato per le elezioni, si procede al rin-vio delle elezioni con le modalità stabilite dall’art. 18, terzo, quarto e quinto comma del decreto del Presidente della Repubblica 16 mag-gio 1960, n. 570, consentendo, in ogni caso, l’integrale rinnovo del procedimento di presentazione di tutte le liste e candidature a Sin-daco e a Consigliere comunale»44.

Ciò detto, la sentenza in questione non appare condivisibile lad-dove afferma che il sistema elettorale per i Comuni minori sarebbe caratterizzato dall’assegnazione di un premio di maggioranza.

Viceversa, appare persuasiva la tesi che qualifica il premio di mag-gioranza come «un meccanismo complementare ad un sistema eletto-rale altrimenti diverso ma compiuto, volto a fabbricare o rafforzare una maggioranza (...) a favore della formazione politica che ha otte-nuto più voti (o seggi), così da consentire la formazione di un governo che ne sia espressione»; cosicché il premio è qualificato come un «in-sieme di norme specifiche che regolano, talvolta subordinandola al ri-spetto di certe condizioni, l’attribuzione alla formazione politica che ne acquisisce il diritto di una quota di seggi parlamentari supplemen-tare rispetto a quella assegnata con le altre norme del sistema eletto-rale e finalizzata al raggiungimento di un numero complessivo di seggi pari o superiore alla maggioranza assoluta del totale»45.

Alla luce di questa definizione, appare obiettivamente impossibile ricondurre entro lo schema del premio di maggioranza la disciplina dell’assegnazione dei seggi alla lista più votata nei Consigli dei Comuni fino a 15.000 abitanti: l’art. 71, comma 8, del d.lgs. n. 267 del 2000 attribuisce, infatti, una aliquota fissa di seggi (2/3), senza eccezioni e a prescindere dai voti conseguiti o da ogni altra considerazione.

Manca cioè il carattere della sussidiarietà del premio (che do-vrebbe scattare solo per modificare una distribuzione effettuata sulla base di altri meccanismi del sistema elettorale e di per sé com-piuta, come nel caso dei Comuni più popolosi46) sia, più a monte,

44 Sulle vicende relative all’inserimento nel testo unico del 2000 del comma 11, cfr., in particolare, L.A. Mazzarolli, Art. 71 cit., 337-338.

45 A. Chiaramonte, Il premio di maggioranza: cosa è, come varia, dove è (stato) applicato, in A. Chiaramonte, G. Tarli Barbieri (a cura di), Il premio di maggio-ranza cit., 29. Sul punto si veda già, G. Schepis, I sistemi elettorali, Empoli 1955, 248 ss.

46 A. Chiaramonte, Il premio di maggioranza cit., 27.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 717

la dimensione stessa del premio, visto che, di fatto, un’attribuzione «presuntiva» di seggi, come quella in esame, mette in conto anche l’eventualità che il numero di seggi attribuiti possa essere parados-salmente inferiore al numero dei voti ottenuti (non a caso, come si dirà, la giurisprudenza interpreta la scelta del legislatore per una ali-quota fissa di seggi nella misura dei 2/3 anche come uno strumento di garanzia delle minoranze). Solo con questa cautela è accettabile la definizione del sistema in questione come «incondizionatamente maggioritario»47.

In effetti, la prassi dimostra che la distorsione tra voti ottenuti dalla lista collegata al Sindaco eletto e numero di seggi ad essa asse-gnati, con riferimento alle elezioni del maggio 2015, non è così evi-dente: come si evince dalla tabella 1, solo in 5 casi su 594 la lista vincente ha ottenuto meno del 30% dei voti; più in generale, nei Co-muni con popolazione fino a 15.000 abitanti solo in 142 casi su 594 (ovvero nel 23,9%) la vittoria è ottenuta con meno del 50% dei voti e in 86 casi con più dei 2/3 dei voti48: in tali ultimi casi, la lista vin-cente ha ottenuto meno seggi rispetto ai voti ottenuti.

Ovviamente, questa tendenza deve essere interpretata anche alla luce della dimensione dell’ente: come si evince dalla tabella 1, col-pisce il fatto che, mentre nei Comuni meno popolosi (con meno di

47 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 986 ss.48 Il dato è ottenuto sommando ai Comuni che rientrano nelle fasce sopra il

70% (con esclusione di quella relativa al 100% nella quale evidentemente si è pre-sentata una sola lista) dieci Comuni della fascia 60-70% nelle quali la lista vincente ha ottenuto più dei 2/3 dei voti.

tab. 1. % di voti ottenuti dalla lista vincente in relazione alla dimensione demografica del Comune

% lista vincente

Dimensione del Comune

Totale n. Comuni

fino 1.000 ab. 1.001-3.000 3.001-6.000 6.001-10.000 10.001-15.000

20-30 – – 2 2 1 530-40 – 12 12 6 13 4340-50 2 28 33 19 12 9450-60 60 88 51 8 12 21960-70 31 27 18 6 2 8470-80 15 12 8 1 1 3780-90 14 5 1 – 1 2190-99 13 4 1 – – 18100 34 31 8 – – 73Totale 169 207 134 42 42 594

718 G. TARLI BARBIERI

1.000 abitanti) la distorsività appare minore (in 167 casi su 169 la li-sta vincente ha ottenuto più del 50% dei voti), il contrario avviene nei Comuni più popolosi (con almeno 10.000 abitanti) nei quali in 26 casi su 42 la vittoria è ottenuta con meno della metà dei voti validi.

È un dato che andrebbe apprezzato, anche in prospettiva di eventuali interventi di riforma, e che fattualmente si spiega con la maggiore articolazione dell’offerta elettorale49.

I seggi di minoranza, come detto, sono assegnati con il metodo proporzionale d’Hondt. Si tratta di una soluzione fortemente criticata da una parte della dottrina perché essa finirebbe, innanzitutto, per dare vita ad un assetto non equilibrato in quanto caratterizzato da una maggioranza consiliare coesa intorno al Sindaco eletto e dalla «polverizzazione», almeno potenziale, delle opposizioni; in secondo luogo, si è evidenziata la «mancata incentivazione di una dialettica bipolare e nei comportamenti prevedibili delle opposizioni»50.

Il rilievo non appare del tutto attenuato né dal ricorso al metodo d’Hondt, che presenta ceteris paribus, effetti più selettivi rispetto ad altre formule proporzionali51, né dal basso numero di seggi, in valore assoluto, spettanti alle minoranze, né, infine, dal basso numero di li-ste in competizione52.

Come si vede nella tabella 2, con riferimento alle elezioni del 2015, a fronte di 346 Comuni su 594 in cui si è avuta la presenta-zione di una sola lista (73) ovvero di due (273), negli altri casi (248, pari al 41,7%) sono state presentate da un minimo di 3 a un mas-simo di 7 liste53. In questi casi non è infrequente che ottengano seggi più di 2 liste (in 110 Comuni su 160 dove sono presentate 3 liste; in 48 Comuni su 59 dove sono presentate 4 liste; in 16 Comuni su 20 dove sono presentate 5 liste; in 4 Comuni su 7 dove sono presentate 6 liste; nei 2 Comuni dove sono presentate 7 liste)54.

49 In effetti, nei Comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti la media delle liste presentate sfiora il numero di 4 (esattamente 3,95).

50 G. Pasquino, I sistemi elettorali, Bologna 2006, 65; nello stesso senso, F. Ga-briele, Le nuove norme sulla elezione e sulle competenze degli organi dei Comuni e delle Province, Bari 1994, 90 ss.

51 Per tutti, A. Lijphart, Sul grado di proporzionalità di alcune formule propor-zionali, in Riv. it. sc. pol. 1983, 295 ss.

52 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 992.53 Il dato è in linea con quello delle elezioni precedenti negli stessi Comuni (in

42 Comuni era presentata un’unica lista; in 318, 2 liste; in 153, 3 liste; in 57, 4 liste; in 13, 5 liste; in 6, 6 liste).

54 Anche in questo caso non si registrano variazioni sostanziali rispetto alle pre-cedenti consultazioni negli stessi Comuni.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 719

Per inciso, il totale delle liste presentate e delle liste che hanno ottenuto seggi non ha subito variazioni apprezzabili se comparato con le precedenti consultazioni55.

In definitiva, occorre prendere atto che la l. n. 81 del 1993 ha individuato una linea per così dire più prudente rispetto ad un’altra (fatta propria dalla proposta di legge originaria) che avrebbe privi-legiato una logica insieme bipolarizzante e selettiva, limitando l’in-gresso nel Consiglio comunale alla sola minoranza più votata: in tal modo, tale legge ha dunque «costruito un sistema in grado, sia di ri-durre la frammentazione partitica, sia di migliorare la selezione del personale politico e la responsabilizzazione degli eletti»56.

Il comma 9 prevede che il primo seggio spettante a ciascuna lista di minoranza sia attribuito al candidato alla carica di Sindaco della lista medesima.

Sul punto, appare condivisibile il rilievo secondo il quale tale previsione, pienamente giustificabile nel contesto della proposta di legge originaria, perché in qualche modo avrebbe legittimato la pre-senza di un leader dell’opposizione, ha perso di significato alla luce del testo definitivo della legge che stabilisce, come detto, un riparto proporzionale dei seggi spettanti alle minoranze: in questo contesto, infatti, l’elettore può esprimere anche un voto «di bandiera» «dato nella consapevolezza che il candidato forse non ha chances per diven-tare Sindaco, ma potrebbe con ragionevole probabilità entrare a far parte del Consiglio comunale»57.

55 Nei 594 Comuni sono state presentate complessivamente 1.491 liste (a fronte di 1.466 delle precedenti consultazioni). Hanno ottenuto seggi 1.330 liste (a fronte di 1.346 delle precedenti consultazioni).

56 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 992-993.57 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 993.

tab. 2. Liste presentate e liste che hanno ottenuto seggi nelle elezioni comunali del maggio 2015

N. liste presentate

N. Comuni

1 lista con seggi

2 liste con seggi

3 liste con seggi

4 liste con seggi

5 liste con seggi

1 73 73 – – – –2 273 – 273 – – –3 160 – 50 110 – –4 59 – 11 27 21 –5 20 – 4 7 9 –6 7 – 3 1 3 –7 2 – – 1 – 1

720 G. TARLI BARBIERI

L’art. 5 della l. n. 81 del 1993 (ed ora l’art. 7 del d.lgs. n. 267 del 2000) consente all’elettore di esprimere una preferenza. Sul punto, la l. n. 215 del 2012 ha integrato tale previsione nel senso che nei Comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti è possibile esprimere una o due preferenze; in questo secondo caso, esse debbono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza.

La «doppia preferenza di genere» ha fatto quindi ingresso nella legislazione elettorale comunale, dopo che essa era stata prevista dapprima nella legge elettorale campana (art. 4, comma 3, l. reg. n. 4 del 2009) e quindi in diverse leggi elettorali regionali.

Tale istituto costituisce nel nostro ordinamento probabilmente la misura più efficace a tutela della c.d. «rappresentanza di genere»58 dopo che la prima disciplina delle c.d. «quote rosa» anche nelle ele-zioni comunali era stata dichiarata incostituzionale da una discussa sentenza della Corte costituzionale (sent. n. 422 del 1995)59.

La l. n. 215 del 2012 ha attuato con grande ritardo l’art. 51, comma 1, Cost. (come novellato dalla l. cost. n. 1 del 2003), il quale, come è noto, prevede che la Repubblica promuove «con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini»60.

58 Non a caso, anche la prassi a livello comunale, dopo l’introduzione della «doppia preferenza di genere», sembra confortante: sul punto, S. Leone, L’equili-brio di genere negli organi politici. Misure promozionali e principi costituzionali, Mi-lano 2013, 83-84.

59 Sulla sent. 422 del 1995, cfr., per tutti, U. De Siervo, La mano pesante della Corte sulle «quote» nelle liste elettorali, in Giur. cost. 1995, 3268 ss.; G. Brunelli, Elettorato attivo e passivo (e applicazione estesa dell’illegittimità conseguenziale) in due recenti pronunce costituzionale, ivi, 3272 ss.; G. Cinanni, Leggi elettorali e azioni positive in favore delle donne, ivi, 3283 ss.; S. Bartole, Una dichiarazione di ille-gittimità consequenziale qualificata dalla speciale importanza della materia, in questa Rivista 1996, 313 ss.

60 Che la «doppia preferenza di genere» costituisca un modo per attuare tale previsione, lo si deduce anche dalla nota sent. n. 4 del 2010 con la quale la Corte costituzionale ha «salvato» la legge campana sopra riportata, non ravvisando la fon-datezza dei dubbi di costituzionalità riferiti, in particolare, alla parità delle chances dei candidati e alla libertà di voto: sulla pronuncia in questione, cfr., per tutti, L. Carlassare, La legittimità della preferenza di genere: una nuova sconfitta della linea del Governo contro la parità, in Giur. cost. 2010, 81 ss.; S. Leone, La preferenza di genere come strumento per «ottenere, indirettamente ed eventualmente, il risultato di un’azione positiva», ivi, 93 ss.; M. Olivetti, La c.d. «preferenza di genere» al vaglio del sindacato di costituzionalità. Alcuni rilievi critici, ivi, 84 ss.; G. Ferri, Le pari op-portunità fra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive e la «preferenza di ge-nere» in Campania, in questa Rivista 2010, 902 ss.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 721

Oltre alla «doppia preferenza di genere», la l. n. 215 del 2012 (art. 2, comma 1, lett. c, n. 1) ha introdotto nell’art. 71 del d.lgs. n. 267 del 2000 un comma 3-bis del seguente tenore: «Nelle liste dei candidati è assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi. Nelle medesime liste, nei Comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati, con arrotondamento all’unità superiore qualora il numero dei candidati del sesso meno rappresentato da comprendere nella lista contenga una cifra decimale inferiore a 50 centesimi».

In tal modo, i Comuni fino a 15.000 abitanti vengono articolati in due gruppi: a) quelli con popolazione inferiore a 5.000 abitanti per i quali è previsto che nelle liste dei candidati sia assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi; b) quelli con popolazione com-presa tra 5.000 e 15.000 abitanti per i quali è disposto che nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura superiore ai 2/3 dei candidati e per i quali è consentita, come detto, la «doppia prefe-renza di genere».

Per quanto riguarda i Comuni più piccoli, la previsione legisla-tiva introdotta nel 2012, che individua una misura minimale (la pre-senza di almeno un candidato di uno stesso sesso), non è ritenuta cogente, mancando nella l. n. 215 del 2012 una sanzione nel caso di mancato rispetto61. Viceversa, per quanto riguarda i Comuni con po-polazione almeno pari a 5.000 abitanti è prevista la possibilità che la Commissione elettorale circondariale provveda anche a rettifi-care la composizione delle liste con la cancellazione dei nominativi appartenenti al genere sovra rappresentato (partendo dagli ultimi nominativi)62.

In ogni caso, la riduzione dei nominativi di una lista non può far scendere la stessa al di sotto del numero minimo di candidati pre-scritto per l’ammissione; anche se la ratio di tale limitazione è quella

61 Questa è la tesi fatta propria dal Ministero dell’Interno (Istruzioni per la pre-sentazione e l’ammissione delle candidature, Elezione diretta del Sindaco e del Consi-glio comunale, pubbl. n. 5, Roma 2015, 48), anche se qualche dubbio può nutrirsi alla stregua della giurisprudenza più recente che, anche prima dell’entrata in vigore della l. n. 215 del 2012, aveva interpretato in modo cogente le disposizioni statali, regionali e locali sulla tutela della rappresentanza di genere (si pensi alla ormai nu-trita giurisprudenza relativa alla composizione delle Giunte regionali e locali).

62 A tale proposito, il Ministero dell’Interno (Istruzioni cit., 48) interpreta, in linea con un ordine del giorno accolto dal Governo nella seduta della Camera dei deputati del 31 luglio 2014, il limite minimo di 1/3 con arrotondamento all’unità superiore in caso di cifra decimale.

722 G. TARLI BARBIERI

della «conservazione della candidatura del Sindaco che, altrimenti, essendo collegata a un’unica lista, verrebbe automaticamente travolta da un’eventuale ricusazione della suddetta lista»63, in tal modo l’ade-guamento alle previsioni a tutela dell’equilibrio della rappresentanza di genere, che, come si è detto, hanno un fondamento costituzionale nell’art. 51, comma 1, Cost., rischia di risultare parziale.

L’ultima considerazione riguarda il comma 10, ai sensi del quale «ove sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti tutti i can-didati compresi nella lista, ed il candidato a Sindaco collegato, pur-ché essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune. Qualora non si siano raggiunte tali percentuali, la elezione è nulla».

Tale disposizione, che non figurava nel testo della l. n. 81 del 1993, è stata inserita nell’art. 71 del d.lgs. n. 267 del 2000 a seguito della giurisprudenza del Consiglio di Stato la quale, in assenza di una previsione espressa contenuta nella legge «Ciaffi», ha ritenuto che non potesse trovare applicazione l’assegnazione alla lista colle-gata al Sindaco eletto dei 2/3 dei seggi quando fosse stata presentata un’unica lista; in questo caso, ha ritenuto legittima la proclamazione come eletti di tutti i candidati della lista stessa, non venendo in ri-lievo, in tale specifica evenienza, il principio della salvaguardia delle minoranze64 (in questo senso, è stata riproposta, con alcune peculia-rità, una soluzione analoga a quella contenuta nell’art. 60 del d.P.R. n. 570 del 196065).

A proposito di tale previsione, essa è stata ritenuta «tanto singo-lare (nel panorama comparato) quanto indispensabile ai fini di una

63 Ministero dell’Interno, Istruzioni cit., 49.64 Cons. St., sez. V, 4 ottobre 1994, n. 1118, in Cons. St., 1994, I, 1351 ss.;

Cons. St., sez. V, 16 dicembre 1994, n. 1527, in Cons. St., 1994, I, 1757 ss.65 Tale disposizione prevedeva infatti: «Ove sia stata ammessa e votata una sola

lista, nei Comuni con popolazione sino a 10.000 abitanti, si intendono eletti i can-didati che abbiano riportato un numero di voti validi non inferiore al 20 per cento dei votanti, purché il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento de-gli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune: nei Comuni con popolazione su-periore ai 10.000 abitanti si intendono eletti i candidati compresi nella lista purché essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiori al 50 per cento dei vo-tanti ed il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune. Qualora il numero dei votanti non abbia raggiunto la percentuale di cui al comma precedente, la elezione è nulla; è parimenti nulla la elezione nei Comuni con popolazione sino a 10.000 abitanti, qualora non sia risultata eletta più della metà dei Consiglieri assegnati».

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 723

qualche garanzia di democraticità dell’elezione», anche se giusta-mente si sono denunciati i rischi di aggiramento di essa con la pre-sentazione di liste fittizie66.

In concreto nelle elezioni del maggio 2015 sono stati 73 (12,3%) i Comuni nei quali è stata presentata un’unica lista e, significati-vamente, in 32 casi è risultato nuovamente candidato il Sindaco uscente. Come si è visto nella tabella 2, si tratta in prevalenza di Co-muni con un basso numero di abitanti, anche se otto di questi si col-locano in una fascia compresa tra 3.000 e 6.000 abitanti.

È da sottolineare che solo in 13 Comuni su questi 73 anche nelle precedenti consultazioni era stata presentata una sola lista67.

A questi si debbono aggiungere 13 Comuni nei quali non è stato raggiunto il quorum di partecipazione previsto dal comma 10 sopra riportato: anche in questo caso si tratta di Comuni prevalentemente piccoli68.

Il fenomeno delle liste fittizie allo scopo di aggirare la barriera del quorum di partecipazione non è facilmente dimostrabile: in ogni caso, è da sottolineare che nelle elezioni del maggio 2015 in 15 Co-muni in cui sono state presentate 2 liste e in 2 in cui sono state pre-sentate 3 liste, quella vincente ha superato (e talvolta non di poco) il 90% dei voti. Non mancano però casi, non assimilabili a questi, di «liste civetta» (cfr. anche infra).

Sempre a proposito dell’art. 71, comma 10, del d.lgs. n. 267 del 2000, è da ricordare che la Corte costituzionale (sent. n. 242 del 2012) lo ha mandato esente da censure nella parte in cui comprende nel 50% dei votanti anche i residenti all’estero iscritti all’AIRE (Ana-grafe italiana dei residenti all’estero)69. Secondo la Corte, infatti,

66 L. Trucco, Contributo allo studio del diritto elettorale. I. Fondamenti teorici e profili normativi, Torino 2013, 120.

67 Il dato è parzialmente «compensato» dal fatto che 30 Comuni, nei quali nelle precedenti elezioni era stata presentata un’unica lista, hanno visto nel 2015 una competizione articolata su più liste (peraltro, anche questo dato deve tenere conto dei non pochi casi in cui nelle precedenti elezioni si era ricandidato il Sindaco uscente).

68 In concreto, si tratta di cinque Comuni con popolazione fino a 1.000 abi-tanti; quattro con popolazione compresa tra 1.001 e 3.000 abitanti; quattro con po-polazione compresa tra 3.001 e 6.000 abitanti.

69 Sulla sentenza in questione, cfr. C. De Fiores, Questioni di quorum: le ele-zioni nei piccoli Comuni e il voto degli italiani all’estero, in Giur. cost. 2012, 3667 ss.; L. Ronchetti, La rappresentatività nei Comuni con più elettori che abitanti. Qualche postilla a margine della sentenza n. 242 del 2012 sul voto degli italiani all’estero, in www.forumcostituzionale.it.

724 G. TARLI BARBIERI

«nell’operare il bilanciamento del diritto elettorale degli abitanti con quello dei cittadini residenti all’estero, tra le due soluzioni pos-sibili  –  quella di garantire con pienezza il diritto dei non residenti iscritti all’AIRE alla appartenenza al corpo elettorale locale sì da con-correre al calcolo del quorum per la validità delle elezioni in con-dizioni di perfetta parità con i cittadini residenti, e quella di assicu-rare ampia ed incondizionata garanzia ai diritti politici di questi ul-timi – il legislatore del 2000 ha optato per la prima soluzione».

In tal modo, però, la Corte ha dovuto confrontarsi con un pro-prio precedente, relativo ad una legge friulana (art. 1, comma 2, l. reg. n. 21 del 2003) che aveva operato una scelta di segno diametral-mente opposto (sent. n. 173 del 2005)70: su questo punto, con un’ar-gomentazione francamente scivolosa e giustamente criticata71, la sent. n. 242 del 2012 si limita ad affermare che la diversa soluzione ope-rata dalla Regione è stata giustificata con l’«alto tasso di emigrazione che caratterizza alcune aree della Regione Friuli-Venezia Giulia». Viceversa, la disposizione legislativa nazionale, necessariamente rife-rita ad un quadro più generale, è ritenuta non manifestamente irra-gionevole, anche se il giudice delle leggi non nega gli «inconvenienti derivanti dalla assenza (cui è auspicabile che il legislatore ponga ri-medio) di una normativa agevolativa del voto dei residenti all’estero con riguardo alle elezioni amministrative», né la fondatezza dei rilievi del giudice a quo riferiti alla «non piena coerenza, nel testo attuale», dell’art. 71, comma 10, in oggetto con la disciplina di settore, che renderebbe «opportuna, da parte del legislatore, una rimeditazione del bilanciamento di interessi» attuato dalla disposizione stessa72.

Le elezioni del maggio 2015 evidenziano ulteriori elementi che meritano di essere segnalati, perché, almeno in parte, costituiscono altrettanti indizi della crisi politica alla quale anche i Comuni minori non sfuggono.

In primo luogo, emerge (ma non da oggi) una crisi della parteci-pazione politica, testimoniata dagli 86 Comuni nei quali è stata pre-sentata un’unica lista e, tra questi, dai 13 in cui è mancato il quorum di partecipazione.

70 Sulla quale, in particolare, E. Grosso, Italiani all’estero ed elezioni comunali. La retorica dell’uguaglianza e la ragionevole differenziazione, in questa Rivista 2005, 1228 ss.

71 C. De Fiores, Questioni di quorum cit., 3670 ss.72 Considerato in diritto, n. 5, della sentenza 242 del 2012.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 725

Colpisce poi il fatto che in alcuni dei Comuni minori siano rima-sti vacanti uno o più seggi consiliari73 perché l’unica lista presentata è risultata composta da un numero di candidati inferiore al numero di Consiglieri da eleggere74.

Un fenomeno che meriterebbe ulteriori approfondimenti è poi quello delle liste consiliari che alle elezioni ottengono 0 o 1 o 2 voti: si potrebbe parlare di «liste civetta» ma la ragione della loro presen-tazione non appare chiara, poiché solo in un caso essa è sicuramente servita allo scopo di aggirare il quorum del 50% degli aventi diritto, previsto quando sia presentata un’unica lista75: infatti, liste con nes-sun voto sono rinvenibili in 16 Comuni76, ma il fenomeno è più rile-vante se si allarga la prospettiva a liste con 1 o 2 voti (si arriva, in tal modo, a un totale di 29 Comuni).

Per quanto riguarda il tipo di competizione politica, solo in 100 Comuni su 594 risultano presentate liste di partito o, quantomeno, contrassegni riferibili a formazioni politiche o a coalizioni; negli al-tri casi, la competizione si svolge interamente tra liste civiche. Tutta-via – e anche questo può essere interpretato come indizio dell’attuale contesto di crisi politica – quando liste di partito o di coalizione en-trano nella competizione, raramente riescono vincenti: si tratta di soli 21 Comuni, collocabili prevalentemente (ma non esclusivamente) tra quelli più popolosi77.

Certo, non si può escludere che alcune liste civiche (specie nei Comuni più grandi) siano sostenute da partiti o che addirittura costi-tuiscano lo «schermo» dietro al quale vi siano formazioni politiche na-

73 Si tratta dei Comuni di Noragugume (Nuoro), Bessude, Bottidda, Laerru, Si-ligo (Sassari), Fordongianus (Oristano), Siddi (Medio Campidano) in cui non sono stati assegnati due seggi consiliari; Tiana (Nuoro), Burgos (Sassari), Bidonì, Zeddiani (Oristano), Elini (Ogliastra) in cui non è stato assegnato un seggio.

74 Come si è detto, l’art. 71, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000 prevede che le liste dei candidati debbano comprendere un numero di candidati non inferiore ai 3/4 dei Consiglieri da eleggere.

75 Si tratta del Comune di Castelmagno (Cuneo).76 Si deve ricordare che liste con 0 voti si rinvengono in 2 Comuni (su un totale

di 3 liste presentate); 4 Comuni (su un totale di 4 liste presentate); 5 Comuni (su un totale di 5 liste presentate); 5 Comuni (su un totale di 6 liste presentate). In 4 Comuni sono più di una le liste con 0 voti e in 8 Comuni vi sono più liste con 0, 1 o 2 voti.

77 In particolare, 5 Comuni sono conquistati dalla Lega Nord (1 da sola; 4 in liste comuni a formazioni locali); 7 da liste di centro-destra; 4 dal PD (1 da solo; 1 in una lista comune a formazioni locali; 2 in liste comuni con formazioni di sinistra); 4 da liste di centro-sinistra (di cui 1 in una lista comune a formazioni locali); 1 da una lista di sinistra.

726 G. TARLI BARBIERI

zionali. Ma questa impressione, se confermata, è un’ulteriore riprova del crescente distacco tra il sistema politico e il corpo elettorale.

Sullo sfondo (ma non tanto) rimane il problema della diminu-zione della partecipazione al voto (nelle elezioni del maggio 2015 hanno votato il 65,1%, con una diminuzione del 6,8% rispetto alle precedenti consultazioni), in misura significativa ma non certo pa-ragonabile a quella delle elezioni regionali e comunque inferiore a quella dei Comuni più popolosi.

4. I sistemi di elezione dei Sindaci e dei Consigli nei Comuni con po-polazione superiore a 15.000 abitanti: considerazioni introduttive

Diverse e più travagliate sono state le scelte della legge «Ciaffi» relative alla disciplina elettorale per i Comuni con popolazione supe-riore ai 15.000 abitanti.

Già i lavori preparatori attestano un dibattito serrato nel quale sono state esaminate diverse (e per molti aspetti opposte) opzioni, né sono mancate divisioni e distinguo all’interno dei diversi gruppi78.

Il testo della l. n. 81 del 1993 è quindi espressione di un faticoso compromesso che è stato valutato diversamente e talvolta in termini decisamente critici nella dottrina costituzionalistica79 e politologica80.

I capisaldi delineati dalla l. n. 81 del 1993 erano (e sono) i se-guenti: a) elezione del Sindaco con un sistema elettorale a doppio turno, contestualmente all’elezione del Consiglio; b) necessario col-legamento dei candidati Sindaci con una o più liste di Consiglieri; c) adozione di un sistema proporzionale per l’elezione del Consiglio, corretto dalla previsione di un premio di maggioranza eventuale in favore della lista o della coalizione di liste collegata al Sindaco eletto; d) possibilità per gli elettori di esprimere un voto disgiunto.

Questo modello si traduce per gli elettori in una eterogenea plu-ralità di possibilità di espressione del voto: infatti, esso consente: 1) di votare per un candidato Sindaco e per una lista ad esso collegata; 2) di votare solo per una lista presentata per il Consiglio comunale, ed in questo caso il voto si «trasmette» al candidato Sindaco ad essa

78 Sul punto, A. Grilli, La nascita del nuovo sistema elettorale per i Comuni ita-liani: l’iter parlamentare della legge 81/1993, in Quad. oss. elett. 1997, 125 ss.

79 Un’efficace sintesi è rinvenibile in A. Di Giovine, Sulla coerenza cit., 916.80 Si è parlato di «un sistema elettorale a formula variabile», «a volte propor-

zionale e a volte maggioritario», tale da dare luogo ad un «impossibile ibrido sul rapporto esecutivo-Consiglio»: S. Vassallo, Art. 7 cit., rispettivamente 72 e 79.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 727

collegato; 3) di votare solo per un candidato Sindaco, ed in questo caso il voto non si trasmette alla lista o alla coalizione collegata; 4) di votare per un candidato Sindaco e per una lista ad esso non colle-gata (voto disgiunto). Nei casi sub a), b) e d) è possibile esercitare la facoltà di esprimere un voto di preferenza (o due, secondo lo schema della «doppia preferenza di genere», a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 215 del 2012) (art. 72, comma 3, d.lgs. n. 267 del 2000).

Come si vede, si tratta di un modello non privo di complessità81 «data non soltanto dalla presenza del secondo turno eventuale (...), ma dalla circostanza che ogni attore (elettore, candidato Sindaco, liste e gruppi di liste), si trova a muoversi in una procedura com-plessa, che gli richiede scelte successive, quasi mai a costo zero, nelle quali permane sempre, in capo all’attore, un “velo di ignoranza” o almeno un’apprezzabile incertezza in ordine alle conseguenze della sua scelta, in cui cioè vantaggi e svantaggi si intersecano»82.

Il sistema elettorale delineato dalla legge «Ciaffi» è rimasto so-stanzialmente inalterato fino ad oggi, anche se alcune modifiche non irrilevanti sono state apportate dalla l. n. 120 del 1999 e dalla già ci-tata l. n. 215 del 2012.

La l. n. 120 del 1999 è intervenuta, in particolare: sulla durata (elevata da quattro a cinque anni) e sul rinnovo dei mandati (a pro-posito del quale è stato ammesso un terzo mandato per i Sindaci se uno dei due mandati precedenti ha avuto una durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volon-tarie); sulla disciplina del premio di maggioranza (cfr. infra, par. 7); sulle modalità di assegnazione dei seggi consiliari, per cui non sono ammesse all’assegnazione dei seggi le liste che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3% dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia83.

La l. n. 215 del 2012 ha introdotto, anche per i Comuni con po-polazione superiore ai 15.000 abitanti, la «doppia preferenza di ge-nere» (art. 2, comma 1, lett. d, n. 2).

Come per i Comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti (par. 3), è previsto che nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in ciascuna lista in misura superiore a due terzi

81 Resa evidente sul piano formale dal fatto che la disciplina in questione è sud-divisa in due articoli, tanto della legge n. 81 del 1993 (artt. 6 e 7), quanto ora del testo unico del 2000 (artt. 72 e 73).

82 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 1007-1008.83 G. Baldini, G. Legnante, Città al voto. I Sindaci e le elezioni comunali, Bo-

logna 2000, 241-242.

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dei candidati84. La differenza è che, in questo caso, la verifica del ri-spetto delle quote può portare non solo ad una riduzione della li-sta85, ma anche alla ricusazione della stessa, qualora dopo le suddette cancellazioni il rispetto della quota minima di 1/3 permanga non ri-spettato (art. 2, comma 2, lett. b, n. 1, l. n. 215 del 2012)86.

5. (segue): i tratti fondamentali di tale sistema elettorale: l’elezione diretta del Sindaco

Venendo ora all’analisi delle caratteristiche fondamentali del si-stema elettorale per i Comuni maggiori, come si è detto nel paragrafo precedente, la prima è data dall’elezione diretta del Sindaco conte-stuale a quella del Consiglio comunale (art. 6, l. n. 81 del 1993, so-stanzialmente «trasfuso» nell’art. 72 del d.lgs. n. 267 del 2000).

È proclamato eletto Sindaco il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi (art. 72, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000). Qualora nessun candidato ottenga detta maggioranza, si procede ad un secondo turno elettorale, che ha luogo la seconda do-menica successiva a quella del primo, ed al quale sono ammessi i due candidati che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti87.

L’art. 72, comma 6, del d.lgs. n. 267 del 2000 prevede che, in caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati am-messi al ballottaggio, partecipi al ballottaggio il candidato che segue

84 Anche in questo caso, con arrotondamento all’unità superiore, in caso di ci-fra decimale, per il terzo spettante al sesso meno rappresentato: Ministero dell’In-terno, Istruzioni cit., 50.

85 Con la cancellazione, partendo dall’ultimo della lista, dei nomi dei candidati appartenenti al genere rappresentato in misura eccedente i 2/3.

86 La commissione elettorale circondariale effettua un’analoga procedura di ri-duzione per le liste eccedenti il numero massimo di candidati; anche in tal caso, è necessario applicare il criterio di riequilibrio dei generi cancellando, ove necessario, gli ultimi nomi in lista del sesso più rappresentato, in modo da raggiungere la pre-vista proporzione tra i candidati definitivamente ammessi. Qualora ciò sia numeri-camente impossibile, la lista è ricusata (art. 2, comma 2, lett. b, n. 2, l. n. 215 del 2012): Ministero dell’Interno, Istruzioni cit., 50-51.

87 In caso di parità di voti tra i candidati, è ammesso al ballottaggio il candi-dato collegato con la lista o il gruppo di liste per l’elezione del Consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra eletto-rale, partecipa al ballottaggio il candidato più anziano di età.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 729

nella graduatoria88. Non è quindi prevista l’ipotesi della rinuncia89: si tratta di una scelta del tutto condivisibile, sia perché ogni paragone con elezioni politiche (quali quelle francesi) si rivela improprio, trat-tandosi in questo caso dell’elezione di una carica monocratica a li-vello locale, sia perché eventuali rinunce finirebbero per atteggiarsi come strumenti di impropria coazione nei confronti degli elettori90.

Al secondo turno è eletto Sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi91.

La scelta per l’elezione del Sindaco a doppio turno non aveva precedenti nella storia elettorale italiana e, come è stato giusta-mente sottolineato, «nella versione accolta dal legislatore italiano si fonda sull’idea che la legittimazione dell’eletto stia nella maggioranza assoluta dei suffragi, alla quale soltanto è dunque possibile raccordare il premio di maggioranza»92.

Tale sistema è stato salutato con favore da quella parte della dot-trina la quale ha evidenziato che il ballottaggio, oltre ad attribuire agli elettori la possibilità di esprimere un «voto utile», finisce per raf-forzare la legittimazione democratica del Sindaco93.

Peraltro, non sono mancate le critiche, non solo da parte di chi non si è dimostrato convinto dell’evoluzione in senso bipolare del nostro sistema politico, ma anche da parte di quanti hanno messo in evidenza, da un lato, il calo di partecipazione che connota il bal-lottaggio (cfr. infra, par. 9)94 e, dall’altro, l’introduzione nella legge

88 Sul punto, è stata evidenziata la non persuasività di tale previsione, che fi-nisce per danneggiare irreparabilmente una delle due coalizioni con possibilità di vittoria della competizione elettorale, oltre a rendere impossibile per il «ripescato» negoziare ulteriori apparentamenti (a meno che l’evento impeditivo non si sia verifi-cato a meno di sette giorni dal primo turno): S. Vassallo, Art. 72, in L. Vandelli, T. Tessaro, S. Vassallo, Organi e sistema elettorale cit., 746 ss.; nello stesso senso, F. Dal Canto, La morte del candidato Sindaco tra interesse alla prosecuzione del pro-cedimento elettorale, ratio della l. n. 81 del 1993 e diritti di elettorato attivo e passivo, in Giur. cost. 1997, 507 ss.

89 Che era contemplata invece dalla l. reg. Siciliana n. 7 del 1992 (art. 9, comma 2).

90 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 999.91 In caso di parità di voti, è eletto il candidato collegato, ai sensi del comma 7,

con la lista o il gruppo di liste per l’elezione del Consiglio comunale che ha conse-guito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è procla-mato eletto Sindaco il candidato più anziano d’età (art. 72, comma 9, d.lgs. n. 267 del 2000).

92 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 998.93 S. Vassallo, Art. 72 cit., 750-751.94 Contesta questo aspetto, A. Barbera, Una legge di transizione cit., 20.

730 G. TARLI BARBIERI

«Ciaffi» di istituti destinati a inquinare la linearità di funzionamento di un sistema a doppio turno (possibilità di ulteriori apparentamenti tra primo e secondo turno; voto disgiunto; assenza di limitazioni quantitative ai collegamenti).

Così, dopo appena un biennio dall’entrata in vigore della legge «Ciaffi», il corpo elettorale è stato chiamato a pronunciarsi su un quesito referendario che mirava ad estendere ai Comuni maggiori la disciplina elettorale di quelli con popolazione fino a 15.000 abitanti.

Nonostante che la prevalenza dei contrari alla proposta sia stata minima (50,6%), il sistema di elezione dei Sindaci nei Comuni più popolosi non è stata più rimessa in discussione95.

L’elezione del Sindaco e quella del Consiglio sono due elezioni concepite dal legislatore come fortemente compenetrate, dato che i candidati Sindaci sono tenuti a collegarsi con almeno una lista di Consiglieri96 e che l’elettore riceve un’unica scheda dove può espri-mersi secondo le modalità che si sono individuate in precedenza.

Come è stato persuasivamente affermato, con riferimento all’ana-loga previsione contenuta nella l. n. 165 del 2004 per le Regioni a statuto ordinario, la previsione della contestualità con l’elezione del Consiglio inserisce «nell’assetto di governo (...) una impronta finaliz-zata alla omogeneizzazione della colorazione politica dei due organi (che è più probabile se essi sono eletti contestualmente che separata-mente) e quindi un favor per l’evoluzione in senso neo-parlamentare (piuttosto che in senso neo-presidenziale) della forma di governo»97.

In effetti, tale contestualità-compenetrazione non si risolve in una pariordinazione delle due elezioni. È infatti l’elezione del Sindaco a costituire il perno del sistema elettorale, poiché è a partire da essa che si determina la composizione del Consiglio comunale: si è par-lato perciò di una sorta di «effetto di trascinamento» dell’elezione del Sindaco rispetto a quella dell’assemblea elettiva98. Certo, tale ef-

95 Come è stato esattamente osservato, se il referendum avesse avuto successo, «avrebbe condotto all’estensione a tutti i Comuni del sistema ipersemplificatore e ipermaggioritario previsto dalla legge n. 81 per i Comuni al di sotto dei 15.000 abi-tanti, equiparando in tal modo Roma ad Angrogna»: A. Di Giovine, Sulla coerenza cit., 924.

96 Tanto che non sarebbe ammissibile la presentazione di una lista di Consiglieri «scollegata» da un candidato Sindaco, così, come, al contrario, la presentazione di un candidato Sindaco senza un collegamento con almeno una lista di Consiglieri.

97 M. Olivetti, L’attuazione delle norme costituzionali in materia di sistemi elet-torali regionali, in Giorn. dir. amm. 2005, 18.

98 G. Silvestri, Trasformazione del sistema elettorale e prospettive di riforma, in M. Luciani, M. Volpi (a cura di), Riforme elettorali cit., 158. Anticipando quanto si

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 731

fetto non è spinto fino alle estreme conseguenze come nel caso della legge «Tatarella» che consegna al candidato Presidente eletto una maggioranza certa in Consiglio, a prescindere da ogni altra consi-derazione99, tanto da dare vita, in combinato disposto con l’assetto della forma di governo delineato dalla l. cost. n. 1 del 1999, ad un modello pienamente dominato da una «presunzione di consonanza» tra Presidente e maggioranza consiliare100.

Viceversa, come si dirà più oltre (par. 7), il sistema elettorale per il Consiglio comunale non è configurato come majority assuring e l’assenza di tale caratteristica, in uno con la possibilità del voto di-sgiunto, ha fatto dire alla Corte costituzionale che, con riferimento ai Comuni maggiori, la legge «Ciaffi» non interpreta la governabilità come un «valore assoluto» (sent. n. 107 del 1996)101, ma comunque tendenzialmente perseguito, vista la distorsione potenzialmente non irrilevante che può determinarsi tra voti ottenuti e seggi conseguiti dalla lista o dalla coalizione di liste collegate al Sindaco eletto102.

È alla luce delle considerazioni che precedono che si possono in-quadrare le pronunce del giudice amministrativo le quali hanno af-fermato che «nelle elezioni amministrative il turno di ballottaggio è stato quindi previsto non solo come modalità per l’elezione diretta del Sindaco, quanto, piuttosto, come metodo per la composizione dei Consigli, atteso che il gruppo di liste collegate al candidato vin-cente beneficia del premio di maggioranza, mentre il gruppo per-dente beneficia di quella relativa compattezza che gli torna utile per esercitare il proprio ruolo di opposizione e di controllo sulla maggioranza»103.

dirà più oltre, si è osservato che la prevalenza dell’elezione del Sindaco è dimostrata anche dal fatto che l’aliquota di seggi spettanti alle liste non beneficiarie del premio (40%) spetta sia alle liste collegate al candidato Sindaco sconfitto al ballottaggio, sia a tutte le altre: R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 1000.

99 Ovvero anche nel caso in cui la maggioranza dei voti sia andata alle liste collegate ad un altro candidato (tale eventualità si è effettivamente verificata nelle elezioni regionali del 2000 in Molise, poi ripetute a seguito dell’annullamento delle consultazioni elettorali, e nelle elezioni regionali del 2005 in Lazio: in entrambi i casi la coalizione di centro-destra ha superato il 50% dei voti ma il suo candidato Presi-dente è stato sconfitto).

100 Sul punto, in particolare, S. Catalano, La «presunzione di consonanza», Mi-lano 2010.

101 Considerato in diritto, n. 2.4.102 G. Silvestri, Trasformazione cit., 158-159.103 Così, Cons. St., sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1269; cfr. anche Cons. St., sez.

V, 26 ottobre 2011, n. 5721, entrambe rinvenibili in www.giustizia-amministrativa.it.

732 G. TARLI BARBIERI

Certamente, la compenetrazione tra elezione del Sindaco ed ele-zione del Consiglio comunale non giunge, come nel caso dei Comuni meno popolosi, ad una biunivoca trasmissione dei voti: infatti, men-tre il voto dato solo ad una lista di Consiglieri si «trasmette» auto-maticamente al candidato Sindaco collegato, il voto dato solo ad un candidato Sindaco non è utile, se non indirettamente (vale a dire per l’eventuale assegnazione del premio di maggioranza), per l’elezione del Consiglio.

Tale scelta si spiega forse con la previsione della possibilità di voto disgiunto; in ogni caso, non appare condivisibile né la tesi di chi ha sostenuto l’impossibilità di questa trasmissione, non essendo possibile in questo caso assegnare il voto104, né quella di chi ha rite-nuto che la scelta del legislatore si spieghi con il fatto che «il voto al Sindaco vale come tale, e non è indissolubilmente legato al voto per la lista»105: in contrario avviso, si possono ricordare alcune leggi elet-torali regionali che prevedono questa «comunicazione», pur contem-plando l’elezione diretta del Presidente della Regione (anche se, non a caso, nessuna di esse prevede la possibilità del voto disgiunto)106.

In ogni caso, l’elezione diretta del Sindaco orienta la competi-zione elettorale secondo due prospettive: personalizzazione e almeno tendenziale bipolarizzazione.

Come si vede nella tabella 3, in tutti i Comuni capoluoghi di Provincia interessati al voto nel maggio 2015 (ma in realtà nella to-talità degli 85 Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti) i voti ai candidati Sindaci superano quelli attribuiti alle liste, a ulte-riore dimostrazione della percezione anche nell’elettorato della deci-sività di tali voti.

Interessante in questo senso appare anche il fenomeno delle li-ste che espressamente si richiamano nel contrassegno a un candidato Sindaco: si tratta di un fenomeno presente in quasi tutti i Comuni, che in alcuni casi ha assunto un rilievo quantitativo assai significa-tivo107. Certo, talvolta la presentazione di una lista «del Sindaco» può rispondere a esigenze diverse, presupponendo in alcuni casi un

104 S. Vassallo, Art. 7 cit., 66.105 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 996, nt. 7.106 Così, art. 63, comma 2, l. prov. Trento n. 2 del 2003; art. 16, comma 7, l.

reg. Marche n. 27 del 2004; art. 13, l. reg. Umbria n. 4 del 2015.107 Si pensi a Venezia, dove la lista civica «Luigi Brugnaro Sindaco» è risultata

la più votata al primo turno con il 20,8% dei voti e la lista civica «Felice Casson Sindaco» è risultata al secondo posto con il 17,1%; in entrambi i casi, quindi, le due liste sono state le più suffragate delle due coalizioni principali.

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734 G. TARLI BARBIERI

candidato Sindaco politicamente tanto forte da riuscire a catalizzare consensi propri, distinti da quelli della coalizione di riferimento, ma in altri, al contrario, un candidato politicamente fragile, che usa la carta di una lista «personale» per procurarsi un proprio bacino di voti in Consiglio comunale.

Ovviamente, la personalizzazione della competizione nei Comuni in questione deve comunque fare i conti con la maggiore «politicità» della competizione, con le influenze del contesto nazionale sul com-portamento degli elettori (cfr. supra, par. 9), ed anche con il tasso più alto di mobilità nel voto: alla luce di queste considerazioni si spiega perché il c.d. effetto «incumbency» sia assai meno forte rispetto ai Comuni minori, superando di poco il 50% dei casi: in concreto, per quanto riguarda i Comuni nei quali si è votato il 31 maggio scorso, nei capoluoghi di Provincia in cui si è ripresentato il Sindaco uscente, questi è stato rieletto in 4 casi su 6, negli altri Comuni in 15 casi su 28.

Non è invece sicuro quanto operi quale «contrappeso» politico all’elezione diretta del Sindaco la competizione tra i candidati Consi-glieri sulla base dei voti di preferenza, e ciò sia per la difficoltà di re-perire, relativamente alle elezioni del maggio 2015, dati completi per tutti i Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti (anche in comparazione con le consultazioni precedenti), sia perché, dopo l’introduzione della «doppia preferenza di genere», essa risulta più difficilmente misurabile sul piano quantitativo.

L’altro elemento, la bipolarizzazione, è un dato rilevante ma or-mai tendenziale: le elezioni comunali del maggio 2015 lasciano in-travedere un tasso di concentrazione bipolare di voti (inteso come somma dei voti dei due candidati Sindaci più votati al primo turno) che in due casi (Rovigo e Fermo) è addirittura inferiore al 50% ed è superiore all’80% solo in due Comuni (Arezzo e Vibo Valentia), risultando, salvo eccezioni (in particolare, Vibo Valentia), general-mente in diminuzione rispetto alle elezioni precedenti. Il peso delle «terze forze» (e quindi dei terzi candidati Sindaci) è ormai significa-tivo (come si evince indirettamente dalla differenza con i dati delle consultazioni precedenti) (tab. 3).

Più alta, per le ragioni che saranno approfondite nel par. 7, è la concentrazione bipolare dei seggi (intesa come la somma dei seggi at-tribuita alle liste facenti parte delle prime due coalizioni): il sistema di elezione dei Consiglieri e la riduzione dei seggi consiliari, imposta a partire dall’art. 2, comma 184, della l. n. 191 del 2009, spiega come la differenza tra concentrazione bipolare di seggi e la concentrazione bipolare di voti sia in alcuni casi particolarmente evidente (nei casi

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 735

sopra citati di Rovigo e Fermo si passa da una concentrazione bipo-lare dei voti, rispettivamente del 42,63 e 47,76%, a una concentra-zione bipolare dei seggi superiore al 70%).

Anche in questo caso, i dati evidenziano una diminuzione ri-spetto alle elezioni precedenti, ma questa è meno forte (come eviden-zia anche la media dei Comuni non capoluogo di Provincia).

Come si dirà più oltre (par. 7) la tendenziale bipolarizzazione si accompagna al mantenimento di un assetto coalizionale che rende as-sai articolate e «plurali» (ma, in alcuni casi, decisamente eterogenee) le maggioranze consiliari a sostegno del Sindaco eletto.

Un’ultima considerazione riguarda l’art. 73, comma 11, del d.lgs. n. 267 del 2000 il quale, nell’ambito dell’elezione del Consiglio co-munale, prevede che «una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di liste collegate, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di Consigliere i candidati alla ca-rica di Sindaco, non risultati eletti, collegati a ciascuna lista che ab-bia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di più liste al medesimo candidato alla carica di Sindaco risultato non eletto, il seggio spettante a quest’ultimo è detratto dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di liste collegate».

Nelle elezioni del maggio 2015, negli 85 Comuni con popola-zione superiore ai 15.000 abitanti sono stati eletti Consiglieri comu-nali complessivamente 264 candidati Sindaci non eletti, con una me-dia di oltre 3 candidati Sindaci per Comune, ma in 20 Comuni ne sono stati eletti 4, in 10 ne sono stati eletti 5 e, infine, nel Comune di Portogruaro addirittura 6.

Oltre alla rilevanza quantitativa è da segnalare che, in non pochi casi (36 Comuni su 85), il candidato Sindaco battuto è l’unico Consi-gliere della propria coalizione a risultare eletto108.

Si sono già espressi nel par. 3 i dubbi relativi all’elezione come Consiglieri dei candidati Sindaci non eletti collegati a liste (o coali-zioni) che abbiano ottenuto almeno un seggio109.

108 Sono addirittura 4 a Venaria Reale, Seregno, Portogruaro. Si consideri poi che, almeno in teoria, l’elezione a Consigliere del candidato Sindaco potrebbe in-nescare una dinamica «competitiva» all’interno della coalizione tra quest’ultimo e i candidati Consiglieri (che in tal modo rischiano di rimanere fuori dal Consiglio no-nostante un risultato anche molto positivo in termini di preferenze ottenute).

109 Dubbi accentuati dal fatto che l’art. 5 della l. cost. n. 1 del 1999 ha previ-sto l’elezione al Consiglio regionale del solo candidato Presidente della Regione più votato dopo quello risultato eletto, nella logica, come si è detto, della valorizzazione della funzione dell’opposizione.

736 G. TARLI BARBIERI

Questi dubbi non sembrano però condivisi dalla giurisprudenza la quale ha evidenziato che la ratio dell’art. 73, comma 11, del d.lgs. n. 267 del 2000 «intesa ad accentuare il rilievo della figura del candi-dato Sindaco e della di lui attitudine a caratterizzare la stessa fisiono-mia dello schieramento politico collegato, implica che la candidatura a Sindaco contenga in sé, seppur in via subordinata, anche quella a Consigliere comunale, non diversamente dal fatto che il voto di lista implica a sua volta una sorta di preferenza anche per il candidato Sindaco, perlomeno in ordine alla di lui attitudine a svolgere i com-piti di Consigliere»110.

Tale disposizione, nella parte in cui prevede, in favore del candi-dato Sindaco non eletto, la prededuzione di un seggio da quelli spet-tanti alla propria lista (o coalizione), ha posto alcuni problemi nella prassi.

In primo luogo, il Consiglio di Stato ha osservato che, in caso di collegamento di un candidato Sindaco non eletto con più liste, la nomina a Consigliere di quest’ultimo «non dà luogo alla cessione di un seggio da parte di una delle liste del raggruppamento, perché il seggio viene detratto dal numero dei Consiglieri spettanti al raggrup-pamento, senza tener conto, dal punto di vista giuridico, della appar-tenenza politica del candidato Sindaco non eletto. La sottrazione del seggio quindi incide, proporzionalmente alle rispettive cifre elettorali, su tutte le liste raggruppate, che, nel loro insieme, dispongono di un minor numero di seggi»111.

Più controverso è il caso in cui il collegamento di un candidato Sindaco con più liste sia «alterato» dall’apparentamento di una o più di esse in un’altra coalizione in vista del ballottaggio (cfr. infra, par. 7). Sul punto, la Corte costituzionale ha correttamente affermato che «pur consentendo ad una lista, collegata con un candidato Sindaco non ammesso al ballottaggio, di collegarsi al secondo turno con uno dei due candidati ammessi al ballottaggio, in modo da favorire l’ag-gregazione di liste in base all’affinità di programma politico-ammini-strativo unitariamente rappresentata dal comune ed unico candidato Sindaco, la legge non prevede affatto il trascinamento nell’ambito del raggruppamento ammesso al ballottaggio anche del candidato Sin-daco non ammesso al ballottaggio, per il quale le altre liste del rag-gruppamento non hanno espresso, né potrebbero esprimere, alcuna dichiarazione di collegamento». Per cui, «se pur si ritiene, seguendo

110 Cons. St., sez. V, 18 giugno 1996, n. 726, in Foro amm. 1996, 1915.111 Cons. St., sez. V, 25 gennaio 2005, n. 146, in www.giustizia-amministrativa.it.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 737

l’interpretazione più diffusamente proposta, che debba permanere l’effetto del collegamento dichiarato per il primo turno tra candi-dato Sindaco e lista, anche quando quest’ultima modifichi la propria posizione e si colleghi per il secondo turno con altro candidato Sin-daco, ammesso al ballottaggio, la prededuzione del seggio di Consi-gliere da assegnare al candidato Sindaco non ammesso al ballottaggio non può che operare nell’ambito dei seggi da attribuire alla lista, o alle liste, collegate con tale candidato al primo turno» (sent. n. 135 del 1996)112. Analoga tesi era già stata fatta propria dalla giurispru-denza amministrativa la quale aveva ritenuto che l’art. 7, comma 7, della legge «Ciaffi» (ora art. 73, comma 11, d.lgs. n. 267 del 2000) «fa riferimento alle candidature alla carica di Sindaco e ai rispettivi collegamenti secondo lo schieramento del primo turno elettorale, al quale, quindi, all’esclusivo fine di procedere a detta proclamazione, dopo il turno di ballottaggio e l’assegnazione dei seggi a ciascuna li-sta o gruppo di liste, occorre necessariamente far riferimento»113.

6. Il collegamento dei candidati Sindaci con una o più liste presentate per l’elezione del Consiglio comunale

Un ulteriore pilastro della riforma del 1993 è dato dal necessario collegamento dei candidati Sindaci con una o più liste presentate per il Consiglio comunale.

È quindi centrale in questo modello, come già accennato (par. 5), la coalizione, (anche se questo termine non figura nella legge n. 81 ma nel regolamento attuativo: art. 9, comma 2, d.P.R. n. 132 del 1993114), destinataria del premio di maggioranza ove collegata al Sin-daco eletto e ove non ricorrano le condizioni ostative previste dalla legge stessa (come modificata sul punto dalla l. n. 120 del 1999: cfr. infra, par. 7)115.

112 Considerato in diritto, n. 2. Sulla pronuncia in questione cfr., in particolare, C. De Fiores, Coalizioni elettorali e candidati Sindaci tra primo e secondo turno: «a ciascuno il suo», in Giur. cost. 1996, 1190 ss.

113 Cons. St., sez. V, 13 maggio 1995, n. 762, in Foro amm. 1995, 961 ss.; cfr. anche Cons. St., sez. V, 18 giugno 1996, n. 726 cit., e Cons. St., sez. V, 27 settembre 1996, n. 1170, in Foro amm. 1996, 2643 ss.

114 Peraltro, la disposizione discutibilmente utilizza tale termine solo con riferi-mento alle liste non ammesse al ballottaggio.

115 Secondo A. Agosta, Sistema elettorale e governo locale; gli effetti politici e istituzionali della riforma del 1993, in S. Operto (a cura di), Votare in città. Rifles-sioni sulle elezioni amministrative in Italia, Milano 1999, 47, l’elezione diretta del

738 G. TARLI BARBIERI

La coalizione costituisce una scelta assolutamente dominante an-che nelle elezioni del maggio 2015: come si vede nella tabella 4, a sostegno dei Sindaci eletti vi è sempre più di una lista, in 9 casi le formazioni collegate al Sindaco eletto sono pari o superiori a 5, in due casi addirittura (Andria e Matera), il loro numero è pari o supe-riore a 10.

Per quanto riguarda gli altri Comuni, colpisce il dato che in ap-pena 4 Comuni solo una lista è collegata al Sindaco eletto e non a caso, in 3 casi su 4, si tratta dei Comuni nei quali è risultato eletto il candidato Sindaco espresso dal Movimento 5 Stelle116.

È poi da sottolineare che, quando un Sindaco si collega a più li-ste, almeno 2 ottengono seggi117, ma nelle elezioni del maggio 2015 si registrano anche casi decisamente estremi come quelli di Andria e Matera nei quali hanno ottenuto seggi, rispettivamente, 9 e 11 forma-zioni collegate al Sindaco eletto.

Anche per queste ragioni, facilmente prevedibili, la disciplina della legge «Ciaffi» su questo punto ha costituito oggetto di un di-battito che per molti aspetti ricorda quello recente in occasione dell’approvazione dell’italicum: così, l’opzione per le coalizioni anzi-ché, come nei Comuni più piccoli, per liste uniche collegate ai can-didati Sindaci, è stata interpretata come un fattore ostativo alla sem-plificazione del sistema politico, ed anzi tale da determinare la mol-tiplicazione delle formazioni politiche; si sono poi evidenziati i rischi di instabilità anche per le coalizioni vincenti, esaltate dalla scelta per una distribuzione proporzionale dei seggi sia tra le coalizioni (e li-ste singole), sia all’interno delle coalizioni, con il paradosso per cui «gli alleati diventano al tempo stesso concorrenti: una contraddizione ricca di potenzialità esplosive»118. Ed in effetti, che il meccanismo in questione finisca quantomeno per non sfavorire le forze minori (no-nostante il ricorso al sistema d’Hondt) è stato «ammesso» anche dalla

Sindaco e la disciplina del premio di maggioranza «hanno “creato le coalizioni”, prima ancora che le maggioranze» e tali coalizioni «si sono costituite alla vigilia della campagna elettorale, e non dopo il voto, e sono state sottoposte all’approvazione diretta dei cittadini».

116 Si tratta dei Comuni di Venaria Reale, Quarto e Porto Torres; l’altro Co-mune è quello di Pietrasanta dove ha prevalso un candidato Sindaco (Mallegni) ap-poggiato da un’unica lista che riunisce le formazioni di centro-destra.

117 Oltre al caso di cui alla tabella 3 (Comune di Fermo), si deve comunque ricordare che in appena 5 Comuni hanno ottenuto seggi solo 2 liste collegate al Sin-daco eletto (si tratta di Segrate, Vigevano, Saronno, Lonigo e Sestu). Negli altri 75 Comuni hanno ottenuto seggi almeno 3 liste collegate al Sindaco eletto.

118 A. Barbera, Una legge di transizione cit., 23.

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740 G. TARLI BARBIERI

Corte costituzionale che nella sent. n. 429 del 1995 ha osservato che «il criterio di determinazione della cifra elettorale consente an-che, con tale collegamento ed in ragione di esso, di attribuire talvolta alle formazioni minori una propria rappresentanza in un organo dal quale, altrimenti, potrebbero rimanere escluse»119.

Ma vi è di più.In effetti, la possibilità di collegamento con più liste (senza limiti

quantitativi) è stata sfruttata nella prassi soprattutto nel caso di com-petizioni incerte, nelle quali è stato esaltato il fenomeno delle coali-zioni «acchiappatutto», costituite appositamente perché, come detto (par. 4), il voto dato ad un contrassegno di lista vale anche come voto per il candidato Sindaco collegato; cosicché è un incentivo troppo evidente per le coalizioni allargarsi a dismisura allo scopo di intercettare anche quel pugno minimo di suffragi che però in alcuni contesti può essere determinante.

Questa «esplosione» di liste finisce per dare luogo a due effetti sistemici paradossali: da un lato, le liste minori di una coalizione, soprattutto quando non conseguono seggi, finiscono per atteggiarsi come mere «portatrici d’acqua» in favore di quelle più votate, che in tal modo ottengono un numero di seggi maggiore in forza anche della quantità di voti delle prime. D’altra parte, però, non si può escludere che le liste minori, proprio in quanto potenzialmente de-cisive per la vittoria della coalizione, ottengano «utilità» di diverso genere.

La tabella 4 illustra bene questo aspetto: nelle elezioni del mag-gio 2015 il numero di liste presentate nei Comuni capoluogo di Pro-vincia è stato particolarmente alto (addirittura pari o superiore a 20 nei Comuni di Venezia, Macerata, Chieti, Trani, Matera e Nuoro) e comunque in aumento rispetto alle elezioni precedenti. Ma tra gli al-tri Comuni i dati non sono diversi, anzi: così, nel Comune di Albano Laziale sono state presentate ben 34 liste (per inciso, il Consiglio di questo Comune è composto di 24 membri) e di queste 11 hanno ot-tenuto seggi; a ciò si aggiunga che in ben 35 Comuni su 62 non capo-luogo di Provincia è stato presentato un numero di liste pari o supe-riore a 15 e in 15 Comuni un numero di liste pari o superiore a 20.

Da questo punto di vista, la previsione di una soglia di sbarra-mento per le singole liste ad opera della l. n. 120 del 1999, peraltro assai bassa (essa è fissata al 3% dei voti validi per quelle liste che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale

119 Considerato in diritto, n. 4. Cfr. anche infra, nt. 132.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 741

soglia: art. 73, comma 7, d.lgs. n. 267 del 2000), non può essere rite-nuta risolutiva allo scopo di limitare questo fenomeno.

Il problema più rilevante posto da questa previsione non è dato certamente dalle modalità di calcolo del 3%, che pure hanno for-mato oggetto di diverse pronunce del giudice amministrativo120.

Infatti, a prescindere dal problema della compatibilità tra la previsione di un premio di maggioranza e l’inserimento di soglie di sbarramento selettive, la soglia in questione non risponde a una se-ria finalità di contenimento della frammentazione partitica, giacché non trova applicazione per le formazioni che siano apparentate in coalizioni sufficientemente suffragate121: anche questa previsione, in-somma, dimostra che l’intento del legislatore non è tanto quello di contenere la frammentazione quanto quello di incanalarla entro co-alizioni necessariamente eterogenee, recuperando le esigenze di go-vernabilità con l’elezione diretta del Sindaco ed il meccanismo simul (...) simul.

Di fatto, quindi, essa, al massimo, può mettere «fuori gioco» li-ste singole che non si apparentino a una delle coalizioni principali (il riferimento corre, in particolare, per le formazioni politiche che si collochino sulle «ali estreme» del sistema politico). In effetti, la ta-bella 4 dimostra che le liste con seggi sono comunque un numero cospicuo (per quanto riguarda i capoluoghi di Provincia, in 5 casi su 13 sono pari almeno a 10)122.

Ancora più chiaramente, l’ultima colonna della tabella 4 dimostra che la lista meno votata tra quelle che hanno ottenuto seggi in 6 casi su 13 ha ottenuto meno del 3%.

In realtà, i fattori di selettività più rilevanti derivano, in primo luogo, dalla riduzione del numero di Consiglieri comunali operato a partire dal 2009: non a caso, le liste meno votate tra quelle che

120 La giurisprudenza appare ancora oscillante sulla questione, invero deci-siva, del computo dei voti dei candidati Sindaci. Quella più recente sembra ritenere che, ai fini del superamento della soglia del 3%, occorre considerare i voti validi assegnati alle liste collegate e non già i voti validi conseguiti dal candidato Sindaco (Cons. St., sez. V, 17 aprile 2015, n. 1982, in www.giustizia-amministrativa.it); ciò sembra confermare i dubbi sulla plausibilità della tesi giurisprudenziale (cfr. infra, par. 7), secondo cui debbono essere computati anche i voti dei candidati Sindaci ai fini del calcolo del 50% in capo a una lista (o coalizione) che impedisce il consegui-mento del premio di maggioranza alla lista (o coalizione) collegata al Sindaco eletto.

121 S. Vassallo, Art. 73, in L. Vandelli, T. Tessaro, S. Vassallo, Organi e sistema elettorale cit., 771 ss.

122 A questi si debbono aggiungere 13 Comuni su 62 tra quelli non capoluoghi di Provincia.

742 G. TARLI BARBIERI

hanno ottenuto seggi fanno parte della coalizione collegata al Sin-daco eletto in tutti i Comuni indicati nella tabella 4, tranne Fermo; sono poi da considerare il numero dei partners coalizionali ma so-prattutto l’applicazione del sistema proporzionale d’Hondt123, che fa-vorisce le liste maggiori, tanto più in quanto la «forbice» in termini di voti rispetto alle liste più piccole sia ampia.

In questo contesto, la «polverizzazione» del voto è un dato che non può stupire: i dati della penultima colonna della tabella 4, appa-iono eloquenti perché dimostrano che ormai le competizioni a livello comunale vedono, da una parte, l’assenza di formazioni che possano costruire, in termini di suffragi ottenuti, la «spina dorsale» del si-stema politico locale (in 7 casi su 13 la lista più votata non raggiunge il 20% dei voti validi, peraltro in un contesto di ridotta partecipa-zione al voto), e dall’altra un consenso progressivamente ridotto per i partiti nazionali, costretti a convivere con una numerosa platea di formazioni civiche o di impronta localistica (cfr. anche infra, par. 9).

In definitiva, quindi, la possibilità di apparentamento a più liste, senza ricorrere a soglie di sbarramento selettive, è risultata un ele-mento decisivo del sistema elettorale ben al di là del fatto che esso corrisponde a quell’assetto bipolare frammentato che si è venuto de-lineando dopo il 1993 (non a caso, critiche simili sono state rivolte anche alla l. n. 43 del 1995 e a molte delle leggi elettorali regionali vigenti)124.

Un elemento che emerge dall’insieme di queste scelte del legi-slatore elettore è l’inevitabile eterogeneità delle coalizioni a sostegno dei Sindaci eletti: da questo punto di vista, la stessa previsione che fa obbligo, in sede di presentazione delle liste, di depositare un pro-gramma amministrativo, che deve essere comune in caso di collega-mento tra loro con un unico candidato Sindaco, non solo non ap-pare risolutiva, ma addirittura per molti versi discutibile, innanzitutto perché pone questo obbligo unicamente in capo alle liste e non già anche ai candidati Sindaci125.

123 Sul punto, cfr., in particolare, R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 1006 ss.

124 Sul punto, sia consentito un rinvio al mio La potestà legislativa regionale in materia elettorale alla luce delle più recenti novità legislative e giurisprudenziali, in questa Rivista 2013, 113 ss.

125 S. Vassallo, Art. 71 cit., 731. Minore pregio ha invece il rilievo secondo il quale non si comprenderebbe come tale programma si coordini con quelle «linee programmatiche» che il Sindaco deve presentare al Consiglio comunale ai sensi dell’art. 46, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000 (ed alla cui definizione, adeguamento e verifica periodica della loro attuazione quest’ultimo partecipa:

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 743

Se poi si conviene sul fatto che nella prassi il programma ammi-nistrativo è spesso non più di un mero «accordo politico»126, se ne ricava che la forma di governo comunale finisce per atteggiarsi come un modello nel quale «le elezioni costituiscono soltanto un proce-dimento a partecipazione collettiva per definire quale delle élites in competizione sia la vincitrice della gara per il governo»127.

Ciò detto, il mantenimento di un sufficiente livello di bipolarizza-zione è stato favorito anche (ma non solo) dalla scelta del legislatore per un sistema di elezione dei Sindaci fondato, come si è detto (par. 5), sul «doppio turno eventuale»; sistema che, stante gli elementi che sono stati analizzati sopra, appare una scelta di fondamentale im-portanza, visti gli alti livelli di frammentazione e di moltiplicazione dell’offerta politica.

Come si vede nella tabella 5, il ricorso al ballottaggio è netta-mente cresciuto, comparando le elezioni del 2015 con quelle prece-denti negli stessi enti: e ciò vale sia per i Comuni capoluoghi di Pro-vincia, sia per gli altri Comuni (sul ballottaggio cfr. anche par. 9).

Infine, una previsione assai contrastata in dottrina è quella che consente ai candidati Sindaci ammessi al ballottaggio di dichiarare il collegamento con ulteriori liste (le dichiarazioni in questione hanno efficacia solo se convergenti con analoghe dichiarazioni rese dai de-legati delle liste interessate: art. 72, comma 7, d.lgs. n. 267 del 2000).

Rinviando più oltre l’analisi delle problematiche relative all’as-segnazione dei seggi consiliari nel caso di questi ulteriori apparen-

art. 42, comma 3), potendo esse essere interpretate come uno strumento di concretizzazione ed integrazione del programma elettorale.

126 S. Vassallo, Art. 71 cit.127 A. Di Giovine, F. Pizzetti, Nuove leggi elettorali e sistema politico, in Giur.

cost. 1993, 4146.

tab. 5. Ballottaggi e apparentamenti tra il 1o turno e il ballottaggio

Comuni Elezioni 2015 Elezioni precedenti

Sì No Sì No

BallottaggioCapoluoghi di Provincia 11 2 7 6Altri 53 19 43 29

Apparentamenti tra 1o turno e ballottaggioCapoluoghi di Provincia 3 10 4 9Altri 10 62 9 63

744 G. TARLI BARBIERI

tamenti, la previsione in questione ha suscitato dubbi e perplessità in una parte della dottrina che ha visto in essa un elemento di in-quinamento della competizione128, di ulteriore esaltazione della fram-mentazione partitica e del carattere eterogeneo delle coalizioni129. Si è poi giustamente evidenziato il fatto che tali ulteriori collegamenti sono decisi dalle singole liste anche se coalizzate con altre al primo turno, in una logica quindi che consente ad esse di «recedere» dalla coalizione originaria (che, si badi, si dovrebbe fondare su un proprio programma amministrativo), senza che sia imposta l’acquisizione del consenso né del candidato Sindaco al primo turno130, né degli altri partners coalizionali (sia quelli collegati al candidato Sindaco escluso sia quelli collegati al candidato Sindaco che «riceve» in coalizione le nuove liste)131 e, per di più, senza consentire o imporre adeguamenti al programma amministrativo presentato in vista del primo turno.

128 Così, secondo S. Vassallo, Art. 72 cit., 751, la ratio del doppio turno sa-rebbe dissonante rispetto alla previsione in questione, anche perché «consentendo tale pratica si disincentivano almeno parzialmente le aggregazioni ex ante (rispetto alla scelta definitiva del Sindaco) e si affida ancora una volta al bargaining interparti-tico un’eccessiva e poco trasparente opportunità di aggiustamenti in corso d’opera, a tutto danno dell’incisività della scelta degli elettori e della chiarezza delle alternative cui essi sono posti di fronte».

129 A. Barbera, Una legge di transizione cit., 24, secondo il quale «si è dato vita a un mix tra le vecchie liste di partito e l’elezione diretta del Sindaco che finisce per cumulare la frammentazione del passato e una personalizzazione per alcuni versi sregolata, dato che al primo turno è possibile votare un candidato diverso da quello collegato alla lista votata e dato che, soprattutto, al secondo turno competono solo due candidati Sindaci più votati e si attenua quindi la responsabilità collettiva».

130 Particolarmente discutibile è l’assenza del coinvolgimento del candidato Sin-daco al primo turno, vista la giurisprudenza più recente secondo la quale, nel caso degli apparentamenti in questione, la coalizione destinataria del riparto dei seggi è quella risultante dal ballottaggio: in tal modo, il candidato Sindaco (o i candidati Sindaci) al primo turno possono risultare decisivi per il computo della maggioranza consiliare coerente con il Sindaco eletto: così, ad esempio, nelle elezioni del maggio 2015 nel Comune di Portogruaro la coalizione a sostegno del Sindaco eletto ha otte-nuto la maggioranza del 60% dei seggi, rientrando in tale quota 4 candidati Sindaci non eletti.

131 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 1000; nello stesso senso, S. Vassallo, Art. 72 cit., 749. Da parte sua, la giurisprudenza ritiene che «la dichiarazione di collegamento tra un candidato Sindaco e la lista o le liste di candi-dati instaura un rapporto, sia al primo turno, sia al ballottaggio, tra costui e ciascuna lista singolarmente considerata, a lui collegata (...) le ulteriori liste che intendano collegarsi al candidato Sindaco non sono soggette ad alcun assenso o a nuove di-chiarazioni di convergenza da parte delle liste già collegate al primo turno, appunto per la natura strettamente bilaterale del rapporto di collegamento e per la ratio del nuovo sistema elettorale che assicura preminenza alla capacità di aggregazione

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 745

In definitiva, la previsione in questione appare in controtendenza con un tratto caratterizzante della l. n. 81 del 1993 come ben rico-struito nella sent. n. 429 del 1995 della Corte costituzionale132. In essa si legge infatti che «il collegamento di più liste ad un candidato alla carica di Sindaco presuppone l’omogeneità del programma po-litico che si intende realizzare e prefigura, nell’ambito del Consiglio comunale, una coalizione che rispecchi il raggruppamento dichiarato prima della votazione per l’elezione del Sindaco», per cui «i gruppi di liste collegate manifestano dunque aggregazioni che si presentano come stabili. Sommare i voti ottenuti dalle singole liste collegate per comporre la cifra elettorale complessiva dei gruppi sia della maggio-ranza che delle minoranze ai fini della assegnazione dei seggi rispec-chia questa realtà e non costituisce un arbitrario trasferimento di voti da una lista ad un’altra»133.

Tuttavia, con riferimento alle elezioni del maggio 2015, in linea con le consultazioni precedenti, il ricorso agli apparentamenti tra il primo turno e il ballottaggio non appare un fenomeno esteso, ri-guardando 3 capoluoghi di Provincia e 10 altri Comuni: un’autentica eccezione è costituita dal Comune di Portogruaro nel quale vi sono stati ben 7 apparentamenti dopo il primo turno, dichiarati dal can-didato Sindaco poi risultato vincitore al ballottaggio: in questo caso, si è verificato il «dissolvimento» di ben 3 coalizioni presentatesi al primo turno.

A ciò si aggiunga che il ricorso a tale possibilità in ben 8 casi su 13 non ha condotto alla vittoria del Sindaco. Questo dato, peraltro, non stupisce, dato che la previsione degli «apparentamenti ulteriori» presuppone quantomeno formazioni politiche capaci di riuscire a «orientare» davvero le scelte dei propri elettori in vista del ballottag-gio: ma nell’attuale momento storico questa capacità sembra ormai venuta meno.

Infine, l’ammissibilità degli apparentamenti tra il primo e se-condo turno è stata oggetto di valutazioni complessivamente negative con riguardo a possibili revisioni dei sistemi elettorali per il Parla-

attorno alla figura del Sindaco»: Cons. St., sez. V, 3 giugno 1996, n. 631, in Foro amm. 1996, 1886 ss. Per inciso, ciò dà vita ad un fenomeno curioso quando la lista che entra a far parte della nuova coalizione rechi nel proprio simbolo un riferimento al candidato Sindaco appoggiato al primo turno (considerazione, questa, che certa-mente può generare confusione nell’elettorato).

132 Sulla quale, T.E. Frosini, Maggioranza e minoranze nella legge elettorale co-munale, in Giur. cost. 1995, 3357 ss.

133 Considerato in diritto, n. 2.

746 G. TARLI BARBIERI

mento nazionale. È infatti da ricordare che sia la Commissione per le riforme costituzionali istituita dal Governo Letta (Commissione «Quagliariello»)134, sia il testo di riforma della legge elettorale per la Camera, nel testo approvato in prima lettura, hanno escluso la pos-sibilità di apparentamenti tra il primo e secondo turno, anche se re-centi richieste di modifiche della l. n. 52 del 2015 vorrebbero ripri-stinare l’apparentamento in coalizione fin dal primo turno o, quanto-meno, consentirlo dopo il primo turno.

7. La «tormentata» disciplina del premio di maggioranza e la disci-plina del riparto dei seggi tra le liste

Un altro fondamentale elemento del sistema elettorale per i Co-muni maggiori è dato dalla disciplina del premio di maggioranza (pari al 60% dei seggi consiliari) che è stata oggetto di modifiche ad opera della l. n. 120 del 1999.

In primo luogo, per le ragioni che sono state indicate nel par. 3, è da ritenere che in questo caso di «vero» premio di maggioranza si tratti135, nonostante i dubbi avanzati in sede di lavori preparatori della l. n. 81 del 1993136. In particolare, è da rimarcare la caratteri-stica della «sussidiarietà» del premio, che scatta se, e solo se, la li-sta (o la coalizione di liste) collegata al Sindaco eletto non abbia già ottenuto, con un primo riparto proporzionale (effettuato con la for-mula d’Hondt) almeno il 60% dei seggi consiliari (art. 7, comma 4, l. n. 81 del 1993; ora, art. 73, comma 8, d.lgs. n. 267 del 2000). Né

134 Il testo della relazione finale è rinvenibile in Commissione per le riforme costituzionali, Per una democrazia migliore. Relazione finale e documentazione, Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, 2013 (il passo richiamato nel testo è a p. 72).

135 A. Chiaramonte, Il premio di maggioranza cit., 30 ss.136 Ci si riferisce in particolare all’intervento dell’on. Bassanini (Camera dei de-

putati, 9 dicembre 1992, res. sten., 36, riportato da R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 998, nt. 14) il quale ebbe ad osservare che il ballottaggio è «un meccanismo che non sottorappresenta una lista o una coalizione di liste rispetto al criterio generale adottato, ma che adotta un diverso criterio generale, che è quello maggioritario anziché proporzionale». In realtà, data la compenetrazione tra l’ele-zione del Sindaco e quella del Consiglio, in questo caso, di premio di maggioranza si può parlare nella misura in cui esso attribuisce una quota aggiuntiva di seggi a una lista o a una coalizione, dopo un primo riparto di tipo proporzionale, in dipendenza dell’esito della competizione per il Sindaco stesso.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 747

manca la «decisività», nel senso che il premio costituisce una mag-gioranza consiliare, salvo le eccezioni che si diranno più oltre137.

Come si è accennato (par. 5), sia prima che dopo le modifiche del 1999 il premio di maggioranza non è configurato come majority assuring, dato che la legge contempla ipotesi in cui esso non può tro-vare applicazione, tanto che si è parlato efficacemente di «sistema elettorale a formula variabile»138.

Secondo quanto previsto dall’art. 7 della legge «Ciaffi», il premio non poteva trovare applicazione qualora: a) la lista o la coalizione di liste collegata al Sindaco eletto al primo o al secondo turno avesse già conseguito nel riparto proporzionale (e quindi, si potrebbe dire, con le «proprie forze») il 60% dei seggi; b) il Sindaco fosse stato eletto al primo turno ma la lista o la coalizione di liste non avesse superato il 50% dei voti validi; c) il Sindaco fosse stato eletto al se-condo turno ma una lista (o una coalizione di liste) ad esso non col-legata avesse superato al primo turno il 50% dei voti validi.

Negli altri casi, il premio scattava, cosicché alle liste o alle coa-lizioni di liste non collegate al Sindaco eletto spettava globalmente il 40% dei seggi assegnato con metodo proporzionale d’Hondt (cfr. infra).

Nei tre casi sopra riportati, il riparto dei seggi consiliari rima-neva quello effettuato in prima battuta con il metodo d’Hondt, con il rischio quindi, nelle ipotesi sub b) e c) di lasciare il Sindaco eletto senza una maggioranza consiliare ad esso omogenea o addirittura con una maggioranza consiliare ostile139.

Questa disciplina era stata criticata da una parte della dottrina che aveva evidenziato il carattere non majority assuring del premio e i rischi di ingovernabilità dei Comuni, tanto più gravi in dipendenza delle radicali innovazioni alla forma di governo operate dalla legge «Ciaffi». A ciò si erano aggiunti i rilievi di irrazionalità soprattutto dell’ipotesi sub b) che avrebbe lasciato privo di maggioranza consi-liare un Sindaco particolarmente forte (perché eletto al primo turno),

137 A. Chiaramonte, Il premio di maggioranza cit., 26 e 27.138 S. Vassallo, Art. 7 cit., 72 ss.139 Da questo punto di vista, non costituisce un problema l’ipotesi sub a) per-

ché, come specificato anche dalla giurisprudenza amministrativa, laddove il gruppo di liste collegate al candidato alla carica di Sindaco proclamato eletto al primo turno abbia già conseguito oltre il 60% dei seggi del Consiglio, non sussiste il presupposto per l’applicazione della disposizione di cui al comma 10 dell’art. 73, d.lg. n. 267 del 2000 (TAR Puglia, Bari, sez. II, 20 dicembre 2013, n. 1721, in www.giustizia-ammi-nistrativa.it).

748 G. TARLI BARBIERI

anche se collegato ad una lista o coalizione elettoralmente più de-bole (ma che in ipotesi avrebbe ben potuto essere comunque la più votata)140. Diversamente, da parte di altri si era evidenziato come la disciplina del premio di maggioranza di cui alla legge «Ciaffi» tro-vasse una spiegazione nell’«enfasi sul majority» per l’elezione del Sindaco che avrebbe giustificato sia il caso di mancata assegnazione del premio in caso di elezione del Sindaco al primo turno, sia il caso di mancata assegnazione del premio in caso di Sindaco eletto al se-condo turno141.

Prima di entrare nel merito di questa problematica, occorre evi-denziare che l’articolata disciplina del premio di maggioranza si spie-gava (ma non necessariamente si giustificava) con la riconosciuta possibilità per gli elettori di votare il solo candidato Sindaco (senza effetti di trasmissione sulla lista o sulla coalizione ad esso collegata) o di praticare il voto disgiunto (cfr. infra, par. 8).

Anche per la sussistenza di queste possibilità, la Corte costitu-zionale aveva «salvato» la disciplina del premio di maggioranza, in particolare non ravvisando lesioni al principio di eguaglianza (sent. n. 107 del 1996), perché il primo e il secondo turno non sarebbero comparabili, rispondendo a logiche diverse142. In particolare, nel primo turno «l’elettorato è chiamato ad esprimersi sia per i candidati alla carica di Sindaco, sia per le liste che concorrono per la composi-zione del Consiglio comunale. Quindi, ancorché espresso in un’unica scheda, il voto è doppio e, secondo una precisa e consapevole op-zione del legislatore, può essere anche disgiunto»; questa possibilità «comporta conseguentemente che è ben possibile che in Consiglio vi sia una maggioranza contrapposta al Sindaco, come anche che vi sia una situazione di equilibrio tra Consiglieri eletti nella lista o nelle li-

140 Sul punto, per tutti, S. Vassallo, Art. 7 cit., 77 ss.; sul punto cfr. anche A. Di Giovine, Sulla coerenza cit., 918 ss.

141 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 1001 i quali rile-vano essenzialmente un’incertezza, all’interno della legge «Ciaffi», nella configura-zione del premio di maggioranza come beneficio alla capacità previsionale ovvero come premio alla maggioranza (p. 1002). Secondo M. Piazza, Riflessioni sul rap-porto fra sistemi elettorali e forma democratico-rappresentativa dello Stato. In mar-gine all’analisi del sistema elettorale e della forma di governo dei Comuni maggiori, in Giur. cost. 1996, 2041, la disciplina del premio di maggioranza nel caso di Sindaco eletto al primo turno si spiega anche con l’esigenza di salvaguardare il principio di proporzionalità che al primo turno si confronterebbe in modo quasi paritario con il principio personalistico-maggioritario.

142 Su tale sentenza, cfr., per tutti, A. Di Giovine, Sulla coerenza cit., 913 ss.; M. Piazza, Riflessioni cit., 2034 ss.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 749

ste collegate al Sindaco e Consiglieri eletti in altre liste»143. Viceversa, nel secondo turno, in cui si vota soltanto il candidato Sindaco col-legato ad una o più liste, «l’elettore quindi non può più esprimere il consenso al candidato, contemporaneamente, però, bocciando il collegamento dal medesimo prescelto: la sua manifestazione di vo-lontà è necessariamente unica e quindi più non sussiste alcun osta-colo intrinseco a valorizzare il collegamento  –  nuovamente espresso in questo secondo turno mediante l’abbinamento grafico tra il nome del candidato Sindaco ed i simboli delle liste a lui collegate – al fine di introdurre un più rigido effetto di trascinamento attribuendo alla lista collegata al Sindaco la maggioranza assoluta dei seggi nella per-centuale del 60% come premio di maggioranza. Salva solo in que-sto caso l’ipotesi del già avvenuto conseguimento, nel primo turno, della maggioranza assoluta da parte di una lista non collegata al Sindaco, eccezione questa che rappresenta la residua proiezione, an-che nel turno di ballottaggio, dell’esigenza di tener conto del voto disgiunto»144.

La sentenza in questione, peraltro, non negava la possibilità di interventi del legislatore che rendessero meno rigorose le condizioni per il conseguimento del premio.

Così, la l. n. 120 del 1999 è intervenuta modificando la disciplina del conseguimento del premio nel caso in cui il Sindaco sia eletto al primo turno: la nuova disciplina, tuttora vigente, prevede che il premio scatti purché la lista (o coalizione) collegata al Sindaco eletto abbia ottenuto almeno il 40% dei voti validi sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50% dei voti validi. La stessa legge, risolvendo un problema interpretativo posto dall’art. 7, comma 6, della l. n. 81 del 1993, ha chiarito che il pre-mio di maggioranza, nel caso di Sindaco eletto al secondo turno, non scatta solo se abbia superato il 50% dei voti validi un’altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno, in tal modo rendendo possibile il conseguimento del premio stesso nel caso in cui il 50% sia stato superato da liste apparentate solo dopo il primo turno145.

Nemmeno la nuova formulazione ha quindi valorizzato fino in fondo il Sindaco eletto al primo turno anche grazie ai voti «perso-nali» da esso ottenuti, essendo infatti rimasti casi in cui il premio non scatta146. Tuttavia, tali casi (giornalisticamente definiti come

143 Considerato in diritto, n. 2.2.144 Considerato in diritto, n. 2.3.145 In questo senso, cfr., peraltro, già l’art. 9, comma 1, d.P.R. n. 132 del 1993.146 S. Vassallo, Art. 73 cit., 762-763.

750 G. TARLI BARBIERI

«anatra zoppa») sono relativamente contenuti147: nelle elezioni del maggio 2015 nel solo Comune di Casalnuovo di Napoli la coalizione di liste civiche collegata al Sindaco eletto non ha conseguito il pre-mio di maggioranza, poiché al primo turno la coalizione di centro-destra (il cui candidato Sindaco è stato sconfitto al ballottaggio) ha ottenuto il 53% dei voti.

Un aspetto su cui è intervenuta a più riprese la giurisprudenza amministrativa attiene alla determinazione del numero di seggi cor-rispondente al premio di maggioranza qualora vi sia la necessità di operare un arrotondamento.

Sul punto, è prevalsa una tesi definita «estensivista»148 per cui il 60% deve essere comunque raggiunto dalla lista (o coalizione) colle-gata al Sindaco eletto, visto che detta aliquota, prevista per garantire la governabilità dei Comuni, costituisce una soglia minima149, in tal modo confermando il carattere fondamentale che il premio di mag-gioranza riveste nel sistema elettorale per i Comuni.

Un’altra questione riguarda l’interpretazione della locuzione «voti validi» riferita alla soglia del 50% che impedisce il conseguimento del premio di maggioranza alla lista (o coalizione) collegata al Sin-daco eletto. A questo proposito, in giurisprudenza sembra prevalere la tesi che comprende in tale aliquota anche i voti validi riferiti ai candidati Sindaci150: se quindi in tal modo si accoglie la tesi secondo la quale il voto al solo candidato Sindaco è in realtà, implicitamente, anche un voto alla coalizione che lo sostiene151, valorizzandosi ancora di più la compenetrazione tra elezione del Sindaco ed elezione del Consiglio, rimane però che in questo modo si minimizza, da un lato, un dato testuale (l’art. 73, comma 10, del d.lgs. n. 267 del 2010 al-lude a voti ottenuti dalle liste o dalle coalizioni di liste), e, dall’altro, si sottovaluta il fatto che i voti ai soli candidati Sindaci non si tra-smettono alle liste (o coalizioni) ad essi collegati152.

147 Nel periodo 1993-1999 assommano al 3,4%: M. Achilli, Il premio di mag-gioranza cit., 192 ss.

148 L. Trucco, Contributo cit., 126.149 Da ultimo, Cons. St., V, 30 giugno 2014, n. 3268, in www.giustizia-ammini-

strativa.it.150 Cons. St., sez. V, 14 maggio 2010, n. 822, in www.giustizia-amministrativa.

it; nello stesso senso, Cons. St., sez. V, 16 febbraio 2012, n. 802, ivi. Sul punto, in particolare, L. Trucco, Contributo cit., 127 ss.

151 Così, S. Vassallo, Art. 73 cit., 763.152 Tale considerazione appare decisamente prevalente rispetto alla motivazione,

invero un po’ formalistica, utilizzata dal Consiglio di Stato (sez. V, 14 maggio 2010, n. 822 cit.) secondo il quale, quando il legislatore ha inteso riferirsi ai soli voti di

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 751

Per quanto riguarda l’assegnazione dei seggi alle minoranze, l’art. 7, comma 4, della l. n. 81 del 1993 (ora, art. 73, comma 8, del d.lgs. n. 267 del 2000) è stato interpretato nel senso che il riparto avviene prima a livello di coalizioni e quindi a livello di singole liste, in en-trambi i casi con il metodo d’Hondt e quindi con un sistema che, a livello di singole liste, favorisce di più quelle più votate153.

Tale interpretazione è stata pienamente avallata dalla Corte costi-tuzionale nella già ricordata sent. n. 429 del 1995, la quale ha netta-mente affermato che «il collegamento di più liste ad un candidato alla carica di Sindaco presuppone l’omogeneità del programma po-litico che si intende realizzare e prefigura, nell’ambito del Consiglio comunale, una coalizione che rispecchi il raggruppamento dichiarato prima della votazione per l’elezione del Sindaco», per cui «l’aggre-gazione è destinata ad operare tanto per la maggioranza che per le minoranze. Difatti il candidato alla carica di Sindaco che non risulti eletto è il primo proclamato eletto alla carica di Consigliere, se il gruppo di liste a lui collegate ha ottenuto almeno un seggio»154.

Un caso problematico riguarda l’assegnazione dei seggi all’interno di una coalizione nel caso di ulteriori apparentamenti tra il primo e il secondo turno. Su questo punto155, la giurisprudenza sembra ormai assestata sulla tesi che ritiene rilevante la configurazione delle coali-zioni quali risultano a seguito del secondo turno.

Il presupposto, condivisibile, da cui muove il Consiglio di Stato sul punto, è dato dal fatto che il ballottaggio, come accennato (par. 5), costituisce un metodo non solo per l’elezione diretta del Sindaco, ma anche per la composizione dei Consigli comunali. In questo senso, anche gli ulteriori apparentamenti in vista del secondo turno sono concepiti ai fini dell’elezione del Sindaco e della eventuale at-tribuzione del premio di maggioranza: pertanto, poiché l’art. 73 del d.lgs. n. 267 del 2000 dà rilievo, ai fini dell’attribuzione dei seggi sia alla maggioranza che alla minoranza, non solo ai voti conseguiti dalle liste singole, ma anche a quelli conseguiti dai raggruppamenti delle

lista, ha usato l’espressione «cifra elettorale» (art. 73, comma 5), mentre, quando ha inteso riferirsi, quale base di calcolo di una percentuale, alla totalità dei voti espressi, compresi quelli per l’elezione alla carica di Sindaco, ha usato l’espressione «voti validi».

153 Cfr. supra, nt. 51. In realtà, come si è già detto (par. 5), un effetto selettivo è dato dalla recente riduzione del numero dei Consiglieri comunali che il legislatore più recente ha attuato.

154 Considerato in diritto, n. 2.155 Da ultimo, L. Trucco, Contributo cit., 124 ss.

752 G. TARLI BARBIERI

liste, sia nel primo turno elettorale, che nel successivo turno del bal-lottaggio «è evidente che, per la specifica rilevanza che la legge ha inteso assegnare alle coalizioni tra gruppi, sarebbe contraddittorio se ad esse coalizioni non fosse data rilevanza alcuna nella decisiva fase di riparto dei seggi a seguito di ballottaggio»156; e tale principio trova applicazione anche nell’ipotesi del «dissolvimento» della originaria coalizione157.

8. La controversa possibilità del voto disgiunto

Come accennato, diversamente da quanto previsto per i Comuni minori, il voto disgiunto costituisce un elemento caratterizzante del sistema elettorale per i Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, nonostante che la questione della «scheda unica con voto disgiunto» sia stata una delle più dibattute nel corso dell’esame par-lamentare della proposta di legge poi divenuta la l. n. 81 del 1993158.

Come si è detto (par. 7), è anche sulla base della previsione del voto disgiunto che la Corte costituzionale nella sent. n. 107 del 1996 ha giustificato la discussa disciplina del premio di maggioranza con-tenuta nell’art. 7 della legge «Ciaffi»: in tale sentenza si legge infatti che «l’ammissibilità del voto disgiunto comporta conseguentemente che è ben possibile che in Consiglio vi sia una maggioranza contrap-posta al Sindaco, come anche che vi sia una situazione di equilibrio tra Consiglieri eletti nella lista o nelle liste collegate al Sindaco e Consiglieri eletti in altre liste»159.

La previsione del voto disgiunto ha suscitato non poche criti-che in dottrina, da parte di quanti, in particolare, avrebbero prefe-rito una soluzione più lineare che avrebbe richiesto il collegamento chiaro e vincolante tra l’elezione del Sindaco e quella del Consiglio, quale quella fatta propria dalla l. n. 81 del 1993 (ora dal d.lgs. n. 267 del 2000) tanto per i Comuni piccoli (nella forma del collegamento rigido tra una e una sola lista di Consiglieri e un candidato Sindaco) tanto per i Consigli provinciali (per i quali era prevista la possibilità di un collegamento tra un candidato Presidente e una o più liste ma

156 Cons. St., sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1269 cit.; sez V, 26 ottobre 2011, n. 5721 cit.; cfr. anche sez. V, 5 marzo 2012, n. 1255, rinvenibile in www.giustizia-am-ministrativa.it.

157 Cons. St., sez. V, 21 giugno 2012, n. 3672, in www.giustizia-amministrativa.it.158 R. Balduzzi, P. Costanzo, Artt. 3-11, l. n. 81/1993 cit., 996.159 Considerato in diritto, n. 2.1.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 753

senza possibilità per gli elettori di «spezzare» il proprio voto)160. In senso parzialmente diverso, si è affermato che nella legge «Ciaffi» si prevede il voto disgiunto ma «si revoca parzialmente questa libertà di scindere le due scelte, allo scopo di evitare una contrapposizione dualistica paralizzante, se l’esercizio di tale facoltà non produce risul-tati compatibili con la pratica necessità di consentire al nuovo Sin-daco di amministrare con un minimo di serenità»161.

Anche con riferimento al livello regionale, questa modalità di voto è stata fortemente criticata e non solo perché essa può prestarsi ad un’utilizzazione localistico-clientelare: in effetti, come è stato no-tato, «l’accoppiata voto disgiunto-premio di maggioranza conduce a una sorta di rappresentanza schizofrenica dell’elettore che si vede costretto, volendo votare il candidato A presentatosi nella lista pro-vinciale B e un candidato alla presidenza C non collegato alla lista B, a favorire, con il suo voto, l’ingresso in Consiglio di candidati a lui potenzialmente sgraditi (...). D’altra parte l’elettore, per evitare la situazione appena descritta, non avrebbe altra scelta che votare il candidato Presidente dello schieramento da lui preferito, anche se ri-tenesse migliore  –  come Presidente della Regione  –  il candidato di altro schieramento»162.

Inoltre, l’abolizione del voto disgiunto comporta un effetto di ridimensionamento della personalizzazione del voto, già valorizzata dall’elezione diretta del Presidente, ed evita «il vassallaggio genetico e strutturale del Consiglio nei confronti del Presidente della Giunta, derivante dal fatto che la maggioranza consiliare e la sua consistenza possono dipendere dal voto dato al candidato della presidenza vincente»163.

Non a caso, quattro Regioni, nell’esercizio della loro autonomia legislativa in materia di elezioni regionali, hanno escluso espressa-mente questa modalità di voto164.

Purtroppo, nella letteratura giuridica come in quella politologica mancano studi approfonditi sul voto disgiunto, la cui dimensione

160 S. Vassallo, Art. 7 cit., 80 ss.161 G. Silvestri, Trasformazione cit., 158.162 A. Di Giovine, F. Pizzetti, Osservazioni sulla nuova legge elettorale per i

Consigli regionali, in questa Rivista 1996, 38, nt. 83.163 M. Volpi, Enti territoriali, forma di governo e sistemi elettorali: estensione e

limiti dell’autonomia, in Dir. pubbl. comp. eur. 2007, 1199.164 Si tratta della Provincia autonoma di Trento (art. 63, comma 2, l. prov. n. 2

del 2003), cui hanno fatto seguito Marche (art. 16, comma 9, l. reg. n. 27 del 2004), Abruzzo (art. 9, comma 3, l. reg. n. 9 del 2013), Umbria (art. 13, l. reg. n. 4 del 2015).

754 G. TARLI BARBIERI

non può essere apprezzata dalla mera lettura dei risultati elettorali: tuttavia, nei casi in cui un candidato Sindaco ottenga meno voti della sua coalizione, si può desumere che esso abbia subito gli effetti del voto disgiunto, anche se non è possibile quantificare esattamente il fenomeno.

Il fenomeno del voto disgiunto può «colpire» negativamente an-che candidati eletti Sindaci e talvolta, come si vede nella tabella 6, relativamente alle elezioni del maggio 2015, anche il secondo candi-dato più votato. Tra gli 8 Comuni colpisce, dal punto di vista della rilevanza quantitativa, il Comune di Frattamaggiore in cui appare particolarmente evidente la «penalizzazione» dei primi due candidati Sindaci165.

9. Considerazioni conclusive: ripensare la «rivoluzione» del 1993?

Dopo oltre venti anni dall’entrata in vigore della legge «Ciaffi» vi è da chiedersi se la «rivoluzione» da esso indotta mantenga ancora i connotati dell’attualità e della sostenibilità.

La domanda può apparire curiosa solo se si considera, da un lato, che la forma di governo da essa delineata è stata estesa nel 1999, senza sostanziali obiezioni, anche alle Regioni.

Eppure, come si è accennato (par. 2), proprio con riferimento alla forma di governo comunale, sono state avanzate consistenti obie-zioni da parte di non pochi autori.

165 Non a caso, nello stesso Comune è da segnalare un differenziale positivo tra i voti ottenuti dagli altri 3 candidati Sindaci e i voti delle rispettive liste o coalizioni.

tab. 6. Comuni in cui i due candidati Sindaci più votati hanno ottenuto meno voti delle rispettive coalizioni

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Voti coalizione

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Ceccano FR 4.901 5.031 –130 2.613 2.718 –105 San Nicola La Strada CE 3.921 4.001 –80 3.342 3.579 –237 Frattamaggiore NA 6.730 8.152 –1.422 4.964 6.032 –1.068 Terzigno NA 3.921 3.929 –8 2.585 2.871 –286 Altamura BA 14.034 14.535 –501 12.509 13.285 –776 Carovigno BR 3.646 3.799 –153 2.863 3.208 –345 Trani BAT 14.517 14.527 –10 4.452 4.741 –289 Lamezia Terme CZ 16.475 17.856 –1381 10.201 10.452 –251

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 755

In effetti, tale modello si basa sull’incrocio di due fattori di ri-gidità: l’elezione diretta del Sindaco e la previsione di un premio di maggioranza tale da assicurare tendenzialmente (e salvo eccezioni) alla coalizione collegata al Sindaco eletto una maggioranza di seggi. Sul piano politico-istituzionale, essi si traducono, da un lato, nell’immu-tabilità del Sindaco per l’intera durata della consiliatura e, dall’altro, nella cristallizzazione della maggioranza consiliare ad esso omogenea.

La sostanziale immutabilità del Sindaco, anche grazie al meccani-smo simul (...) simul, è l’elemento cardine del modello.

Da parte sua, il premio di maggioranza è l’istituto cardine della legislazione elettorale, il cui contrappeso è dato dall’assenza o dall’e-siguità di soglie di sbarramento per le liste che si colleghino ad una delle due coalizioni principali.

Sul piano dei rapporti tra gli organi, questo modello, espressivo di una «forma di governo della transizione»166, evidenzia un primato del Sindaco rispetto al Consiglio comunale (nonostante alcuni inter-venti normativi non irrilevanti operati dalla l. n. 265 del 1999167), an-che se appare riduttivo ricondurre solo alla legge «Ciaffi» il depo-tenziamento delle assemblee elettive locali che non pare addebitabile solo a ragioni istituzionali ma anche a più profonde ragioni di cul-tura politica168.

Tuttavia, l’ipotesi di estendere il modello comunale a livello sta-tale, avanzata già da oltre un ventennio (proprio a partire dal 1993 si è coniata l’espressione «Sindaco d’Italia»169), riproporrebbe quel modello di «premierato assoluto»170 già rigettato dagli elettori nel re-ferendum costituzionale del 2006, e assai criticabile, a tacer d’altro,

166 Per usare un’espressione di C. Fusaro, Elezione diretta del Presidente e forme di governo regionali, in A. Chiaramonte, R. D’Alimonte (a cura di), Il mag-gioritario regionale. Le elezioni del 16 aprile 2000, Bologna 2000, in particolare 49 ss.

167 Sulla l. n. 265 del 1999, per tutti, L. Oliveri (a cura di), La riforma delle autonomie locali: commento organico e indirizzi applicativi della Legge 3 agosto 1999, n. 265 (Napolitano-Vigneri), Rimini 1999; F. Pizzetti, La «nuova» autonomia dei Co-muni e delle Province nella legge n. 265 del 1999, in questa Rivista 1999, 627 ss.; E. Barusso, I rapporti tra gli organi politici. Loro evoluzione e innovazioni nella legge 265/99, in Ist. fed. 2000, 343 ss.

168 Per tutti, cfr. già A. Brasca, M. Morisi (a cura di), Democrazia e governo lo-cale. Il ruolo delle assemblee elettive, Bologna 2003; cfr. anche L. Vandelli, Il nuovo ruolo delle assemblee elettive, in Ist. fed. 2002, 917 ss.

169 Si veda, in questo senso, la proposta di legge costituzionale A.C. n. 2963 (on. Segni ed altri) recante «Elezione diretta del Primo Ministro e del Presidente della Regione», presentata il 22 luglio 1993.

170 Per usare le parole di L. Elia, Il premierato assoluto, in Id., La Costituzione aggredita, Bologna 2005, 61 ss.

756 G. TARLI BARBIERI

per la debolezza dei contrappesi che esso presenterebbe. Sono infatti evidenti le differenze tra l’applicazione di questo modello ad un li-vello sub-statale come quello comunale e la sua possibile estensione a livello statale171.

Ciò detto, la riforma del 1993, se in una prima fase, segnata dalla dissoluzione o dalla trasformazione dei partiti protagonisti del primo periodo dell’esperienza repubblicana, ha contribuito ad affermare personalità politiche nuove (si è parlato intorno alla metà degli anni Novanta di un «partito dei Sindaci»), a distanza di oltre venti anni dalla sua entrata in vigore non sembra essere riuscita a costruire un diverso rapporto tra politica «locale» e politica «nazionale»172.

Anzi: la crescente crisi politica, se continuerà nel tempo, po-trebbe valorizzare ancora di più la curvatura monocratica della forma di governo comunale, in un contesto nel quale, come dimostrano le elezioni del maggio 2015173, la scelta del formato coalizionale in-torno ai candidati Sindaci finisce, specie nei Comuni non capoluogo di Provincia, per rispondere a logiche localistiche174 e i partiti deb-bono fare i conti con liste civiche175 o, addirittura, con aggregazioni politicamente connotate ma «alternative» e concorrenti» con quelle ufficiali176.

Tali elementi non valgono certo ad escludere l’influenza di fattori nazionali sull’andamento del voto, ma certo ridimensionano, almeno

171 F. Pinto, Diritto degli enti locali. I. Parte generale, Torino 2005, 156.172 F. Biondi, G. Rivosecchi, Le forme della rappresentanza e il sistema dei par-

titi, in S. Sicardi, M. Cavino, L. Imarisio (a cura di), Vent’anni di Costituzione. Di-battiti e riforme nell’Italia tra due secoli, Bologna 2015, 212. Ma sul punto, cfr. già A. Di Giovine, F. Pizzetti, Nuove leggi elettorali cit., 4148.

173 M. Regalia, M. Valbruzzi, Per chi suona la campana dei ballottaggi comu-nali?, in www.cattaneo.org, 2-3.

174 Si pensi a quei Comuni nei quali la competizione non ha visto la presenta-zione di liste riconducibili a livello nazionale alle due coalizioni di centro-destra e di centro-sinistra (Orta di Atella; Quarto; Grumo Nevano) o a quelli in cui manca formalmente un riferimento, nelle liste o nelle coalizioni, ad un’area di centro-de-stra (così, ad esempio, Pietrasanta; Ceccano; Cardito; Modugno; Capurso; Matera; Nuoro; Porto Torres).

175 Da questo punto di vista, la vittoria di coalizioni non riconducibili né al cen-tro-destra né al centro-sinistra in 12 Comuni su 72 costituisce, da un punto di vista politico (ma forse non solo), un dato su cui riflettere.

176 Si pensi al caso del Comune di Viareggio nel quale è risultato vincitore al ballottaggio un candidato Sindaco (Del Gingaro) a capo di una coalizione di centro-sinistra concorrente con quella «ufficiale» (collegata al candidato Poletti) sconfitta al ballottaggio.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 757

in parte, la riconduzione delle elezioni comunali nel più recente pe-riodo a consultazioni «di secondo ordine»177.

Anche sul piano delle scelte in materia elettorale, rimangono i dubbi legati alla torsività dei sistemi elettorali, evidenziati dalla dot-trina già all’indomani dell’entrata in vigore della l. n. 81 del 1993, laddove si era parlato di una «distorsione rappresentativa molto forte», potendo accadere «che una lista con una bassa percentuale di voti ottenga il 60% dei seggi per il solo fatto che si è collegata ad un candidato Sindaco risultato vincente. Il che vanifica il voto di tutti quegli elettori che avevano espresso il loro gradimento per l’uno e il loro rifiuto per gli altri e mette in luce la contraddizione intrinseca del meccanismo»178.

Il tema è oggi particolarmente attuale alla stregua della sent. n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, in un contesto nel quale, come si è accennato, l’assetto bipolare del sistema politico non appare più un dato sicuro.

Peraltro, l’applicabilità della sentenza in questione al livello co-munale (così come al livello regionale179) è quantomeno insicura: in-fatti, in essa si è precisato che le previsioni della l. n. 270 del 2005, le quali consentono l’attribuzione di un premio di maggioranza a prescindere dal conseguimento di una soglia minima di voti e/o di seggi, «consentono una illimitata compressione della rappresentati-vità dell’assemblea parlamentare, incompatibile con i principi costi-tuzionali in base ai quali le assemblee parlamentari sono sedi esclu-sive della “rappresentanza politica nazionale” (art. 67 Cost.), si fon-dano sull’espressione del voto e quindi della sovranità popolare, ed in virtù di ciò ad esse sono affidate funzioni fondamentali, dotate di “una caratterizzazione tipica ed infungibile” (sentenza n. 106 del 2002), fra le quali vi sono, accanto a quelle di indirizzo e controllo

177 Sul punto, per tutti, K. Detterbeck, Regional Elections in Comparative Perspective: Variations in Political Space, in Governi locali e regionali in Europa fra sistemi elettorali e scelte di voto. Atti del X Convegno internazionale SISE, Torino 2010, 21 ss. ed i riferimenti bibliografici ivi riportati.

178 G. Silvestri, Trasformazione cit., 158-159; nello stesso senso, A. Di Gio-vine, F. Pizzetti, Nuove leggi elettorali cit., 4148-4149.

179 Cfr., per tutti, M. Massa, Dopo il premio di maggioranza nazionale, quello regionale?, in Quad. cost. 2014, 130 ss.; R. Bifulco, Brevissime considerazioni sul rapporto tra la sentenza della Corte costituzionale 1/2014 e le legislazioni elettorali re-gionali, in www.nomos-leattualitaneldiritto.it, 3, 2013; S. Catalano, I problemi posti dalla sentenza n. 1 del 2014 sulla legittimità costituzionale dei sistemi elettorali dei Consigli di Comuni e Regioni, in M. D’Amico, S. Catalano (a cura di), Prime ri-flessioni sulla «storica» sentenza 1 del 2014 in materia elettorale, Milano 2014, 78 ss.

758 G. TARLI BARBIERI

del governo, anche le delicate funzioni connesse alla stessa garanzia della Costituzione (art. 138 Cost.): ciò che peraltro distingue il Parla-mento da altre assemblee rappresentative di enti territoriali»180.

Anche sulla base di tale assunto, la più recente sent. n. 275 del 2014 ha «salvato» l’art. 87, comma 1, lett. h), del d.P.Reg. Trentino-Alto Adige/Südtirol 1 febbraio 2005, n. 1/L (Approvazione del testo unico delle leggi regionali sulla composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali), nella parte in cui dispone che, nelle elezioni dei Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, se la lista o la coalizione di liste collegate al candidato eletto Sindaco non abbia conseguito il 60% dei seggi del Consiglio, ad essa venga asse-gnato, oltre al seggio del Sindaco, il numero di seggi necessario per raggiungere quella consistenza (con eventuale arrotondamento all’u-nità superiore)181.

È da sottolineare che in tale pronuncia si ribadisce espressamente «la netta diversità delle due discipline», sottolineando che «la norma-tiva statale oggetto della richiamata sentenza n. 1 del 2014 riguarda l’elezione delle assemblee legislative nazionali, espressive al livello più elevato della sovranità popolare in una forma di governo parla-mentare. La legge regionale impugnata riguarda gli organi politico-amministrativi dei Comuni, e cioè il Sindaco e il Consiglio comunale, titolari di una limitata potestà di normazione secondaria e dotati cia-scuno di una propria legittimazione elettorale diretta. La legge sta-tale, inoltre, disciplina un’elezione a turno unico, mentre quella re-gionale prevede il doppio turno, secondo il modello della disciplina elettorale del TUEL. La legge statale, infine, fa riferimento, per l’at-tribuzione del premio di maggioranza, ad una sorta di collegio unico nazionale, che ha dimensioni non comparabili a quelle dei Comuni regolati dalla legge regionale»182.

Per giustificare l’infondatezza delle censure di costituzionalità, nella sentenza in questione è forte il richiamo all’istituto del ballottag-gio, anche con ampi, espressi richiami alla già ricordata sent. n. 107

180 Considerato in diritto, n. 3.1.181 Su tale pronuncia, cfr., in particolare, L. Trucco, Materia elettorale: la Corte

costituzionale tiene ancora la regia, anche se cambia la trama del film (riflessioni a margine della sent. n. 275 del 2014), in Rass. parl. 2015, 171 ss.; G. Delledonne, «Base proporzionale» e premio di maggioranza nella legge elettorale comunale del Trentino-Alto Adige, in Giur. cost. 2014, 4698 ss. D. Girotto, La Corte si pronuncia sulla legge del Trentino-Alto Adige per l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale: un’infondatezza prevedibile ma non scontata nelle motivazioni, in www.forumcostitu-zionale.it, 1o luglio 2015 (anche in questa Rivista 2015, in corso di pubblicazione).

182 Considerato in diritto, n. 3.1.

I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 759

del 1996, che portano la Corte a concludere che «nel dare il proprio voto al Sindaco, la manifestazione di volontà dell’elettore è espressa-mente legata alle liste che lo sostengono e ciò giustifica l’effetto di tra-scinamento che il voto al Sindaco determina sulle liste a lui collegate con l’attribuzione del premio del 60 per cento dei seggi. Il meccani-smo di attribuzione del premio e la conseguente alterazione della rap-presentanza non sono pertanto irragionevoli, ma sono funzionali alle esigenze di governabilità dell’ente locale, che nel turno di ballottaggio vengono più fortemente in rilievo»183. Anche le censure riferite al prin-cipio di eguaglianza del voto sono escluse (salvo un richiamo al princi-pio di ragionevolezza cui allude la sent. n. 107 del 1996) richiamandosi la giurisprudenza costante della Corte (ma tra queste non vi è la sent. n. 1 del 2014) secondo la quale esso non impone che il risultato con-creto della manifestazione di volontà dell’elettorato debba essere pro-porzionale al numero di consensi espressi.

Tuttavia, la forte legittimazione del ballottaggio, anche nella lo-gica della giustificazione della torsività del sistema elettorale, che emerge dalla sentenza in questione, in tanto può essere giustificata in quanto si valorizzi quella «presunzione di consonanza» tra Sindaco eletto e maggioranza consiliare di cui ha parlato, con riferimento alla forma di governo regionale la sent. n. 12 del 2006 della stessa Corte costituzionale184.

Certo, a seguire questa tesi non tutti i problemi possono dirsi risolti.

In primo luogo, nei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, il ballottaggio sconta il problema non irrilevante di un calo nella partecipazione al voto che in alcuni casi non appare affatto fi-siologico, come si vede nella tabella 7, con riferimento alle elezioni del maggio 2015.

Emerge infatti che il calo generalizzato della partecipazione al voto rispetto alle elezioni precedenti è riscontrabile in misura parti-colarmente significativa proprio in relazione al secondo turno: solo in due Comuni la partecipazione al voto supera la metà degli aventi diritto (peraltro in entrambi i casi con una flessione di quasi il 16% rispetto al primo turno), mentre nelle elezioni precedenti detta so-glia era stata sempre superata; addirittura, in due Comuni (Macerata e Trani) la partecipazione è inferiore al 40% (come del resto in altri sei Comuni non capoluoghi di Provincia, in tre dei quali essa si è at-

183 Considerato in diritto, n. 3.2.184 S. Catalano, I problemi cit., 85.

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I SISTEMI ELETTORALI COMUNALI 761

testata poco sopra il 30%185). Si tratta di un punto problematico, in termini di legittimazione del Sindaco eletto e della coalizione benefi-ciaria del premio di maggioranza, che, soprattutto nei casi di parteci-pazione particolarmente ridotta, non appare meno rilevante del fatto che nelle elezioni del maggio 2015 nell’82% dei casi i Sindaci eletti hanno ottenuto al ballottaggio più voti che nel primo turno186.

Non appare allora più suffragata dalla prassi la tesi secondo la quale personalizzazione e verticalizzazione della politica, indotte dalla l. n. 81 del 1993, sarebbero «forme di inclusione di strati sociali al-lontanatisi dalla politica tradizionale»187.

Rimane comunque il fatto che, mantenendo l’elezione diretta del Sindaco, anche alla stregua della sent. n. 275 del 2014 rimane dif-ficile immaginare di rinunciare all’istituto del ballottaggio: il turno unico finirebbe, oltre che per riproporre il problema della torsività del sistema elettorale, per legittimare Sindaci anche votati solo da una minoranza di elettori.

Nonostante questi problemi, la «democrazia locale» appare com-parativamente meno in crisi di quella regionale188, come testimoniato dal dato della partecipazione alle urne, in calo nelle elezioni comu-nali ma assai meno che in quelle regionali: nelle consultazioni del 2015, si registra, non a caso, un differenziale di poco meno di 10 punti percentuali tra la partecipazione al voto nelle elezioni comunali (64,92%) e quella nelle contemporanee elezioni regionali (53,90%).

In secondo luogo, anche dopo la sent. n. 275 del 2014 riman-gono alcuni dubbi sul funzionamento dei sistemi elettorali comu-nali: per i Comuni minori, l’attribuzione alla lista collegata al Sin-daco eletto dei 2/3 dei seggi a prescindere da ogni altra considera-

185 Si tratta dei Comuni di Bollate (36,47%), Cologno Monzese (39,07%), Viareggio (31,03%), Giugliano (30,61), Casamassima (35,22%), Quartu Sant’Elena (32,53%).

186 M. Regalia, M. Valbruzzi, Per chi suona la campana cit., 1. Non a caso, anche a proposito dell’italicum, non sono mancate critiche da quanti hanno os-servato che tale legge attribuisce al ballottaggio il premio di maggioranza alla lista più votata a prescindere dal livello di partecipazione al voto: così, ad esempio, M. Volpi, Italicum due: una legge elettorale abnorme, in Quest. Giust. 2015, 1, 12-13.

187 A. Manzella, Il parlamento federatore, in Quad. Cost. 2002, 42.188 Sul punto si è affermato, non senza ragione, che «sembra oggi riemergere

il ruolo dei Sindaci  –  spesso visti, a torto o a ragione, quali custodi della buona amministrazione locale e più rigorosi interpreti delle esigenze di coordinamento della finanza pubblica»: F. Biondi, G. Rivosecchi, Le forme della rappresentanza cit., 215-216.

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zione189 potrebbe essere corretta con una nuova e meno distorsiva disciplina dell’attribuzione dei seggi, forse anche senza l’introdu-zione del ballottaggio190.

Quanto ai Comuni maggiori, indubbiamente la sentenza in que-stione appare «salvare» l’impianto fondamentale del d.lgs. n. 267 del 2000: appare quindi difficile immaginare un superamento delle scelte fondamentali operate nel 1993, anche se sarebbe quantomeno auspi-cabile la correzione di alcuni degli aspetti più discutibili e criticati, quali la previsione del voto disgiunto e della possibilità di ulteriori apparentamenti tra il primo turno e il ballottaggio.

189 Così, F. Biondi, G. Rivosecchi, Le forme della rappresentanza cit., 210, che però ritengono che il sistema di elezione per i Comuni minori si sot-tragga ai dubbi di costituzionalità per il fatto che «la forma di governo locale «si regge» sul necessario e indefettibile abbinamento all’elezione diretta del Sindaco dell’attribuzione di un premio di maggioranza, che costituisce il proprium di quel sistema di governo».

190 Come sembra prefigurare S. Catalano, I problemi cit., 87-88.