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In molti contesti l’arboricoltura da legno rappresenta un’opportunità per valorizzare la proprietà agricola, specie nei terreni marginali di collina, così diffusi nel nostro Paese. In questa Guida vi forniamo le indicazioni tecniche per l’impianto e la gestione di tre diversi tipi di arboreto da legno per la produzione di legname pregiato. FEDERAZIONE ITALIANA Vita in Campagna non è in vendita nelle edicole, viene inviata solo su abbonamento Accertamento Diffusione Stampa Certificato n. 4629 del 26/11/2002 EDITORI GIORNALI Guida illustrata all’arboricoltura da legno a cura di: Mario Brocchi Colonna (dottore forestale) Giustino Mezzalira (dottore forestale) C on il termine «arboricoltura da legno» si intende la creazione di piantagioni temporanee di alberi, coltivate in modo intensivo per rendere il più elevata pos- sibile la produzione legnosa. Si tratta quindi di colture specializzate destina- te a produrre, in tempi relativamente brevi e con l’adozione di razionali criteri di coltivazione (lavorazione del terreno, concimazioni, difesa antiparassitaria, irriga- zione, ecc.), prodotti legnosi di pregio (tronchi da sfogliatura, tranciatura) e legna da ardere. L’impianto di un arboreto da legno trova una sua giustificazione negli indirizzi del- la politica agricola e della politica ambientale dell’Unione europea che sostiene le colture legnose da circa un decennio attraverso vari regolamenti comunitari. Anche la crisi di alcune colture agricole tradizionali contribuisce a rendere appetibile que- sta forma di agricoltura. Non possiamo dimenticare poi che l’arboricoltura da legno contribuisce a valoriz- zare i terreni in aree marginali, specie in ambienti collinari dove spesso costituisce l’unico modo per mantenere viva un’attività agricola. Infine un arboreto può essere facilmente seguito anche da chi dispone di poco tempo, perché complessivamente richiede un ridotto impegno di lavoro. Lo scopo di questa Guida è quello di fornire utili indicazioni tecniche ai piccoli agri- coltori che si avvicinano al mondo dell’arboricoltura da legno e vogliono effettuare un investimento di medio-lungo termine partendo con il piede giusto. 4 L’arboricoltura da legno è un’opportunità per la piccola e media azienda agricola 8 Le analisi preliminari necessarie per partire «con il piede giusto» 13 L’impianto dell’arboreto da legno 20 Le cure colturali e la raccolta del legname 24 La vendita dei prodotti 25 Le piccole macchine e le attrezzature necessarie per il lavori nell’arboreto 27 Le principali specie di alberi utilizzabili in Italia per l’arboricoltura da legno 33 Schema riassuntivo del ciclo di coltivazione di un arboreto consociato 34 I contributi e i finanziamenti pubblici a sostegno dell’arboricoltura da legno Questa Guida esce come supplemento del mensile «Vita in Campagna» n. 10/2003 VITA IN CAMPAGNA Mensile di agricoltura pratica e di educazione ambientale Direttore Responsabile: Alberto Rizzotti Vice Direttore: Giorgio Vincenzi Redattori: Giuseppe Cipriani, Silvio Caltran Redazione: Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133 Verona Tel. 045 8057511 - Fax 045 8009240 E-mail: [email protected] Internet: www.vitaincampagna.it Editore: Edizioni L’Informatore Agrario spa - Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133 Verona Presidente: Alberto Rizzotti Vice Presidente: Elena Rizzotti Amministratori delegati: Elena Rizzotti - Pier Giorgio Ruggiero Direttore editoriale: Giovanni Rizzotti Direttore commerciale: Luciano Grilli Abbonamenti: Direzione Rossana Rizzotti Vice Direttore: Marco Tomelleri Casella Postale 467 - 37100 Verona - Tel. 045 8057511 - Fax 045 8012980 E-mail: [email protected] Abbonamento annuale 2003: Italia euro 32,50; Estero euro 50,00. Sono previste speciali quote di abbonamento per studenti di ogni ordine e grado Una copia euro 4,00 (arretrata il doppio, per gli abbonati euro 6,00) più spese postali Conto corrente postale n. 11024379 Pubblicità: Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133 Verona - Tel. 045 8057511 - Fax 045 8009378 - E-mail: [email protected] Fotocomposizione: pre.grafic snc - Verona Stampa: Mediagraf spa - Noventa Padovana Registrazione Tribunale Verona n. 552 del 3-11-1982 - Sped. in A.P. - 45% - Art. 2 Comma 20/B Legge 662/96 - Filiale di Verona Copyright © 2003 Vita in Campagna di Edizioni L’Informatore Agrario spa Vietata la riproduzione parziale o totale di testi e illustrazioni - ISSN 1120-3005

Guida illustrata all’arboricoltura da legno · Guida vi forniamo le indicazioni ... fesa antiparassitaria, irrigazione, ecc.) prodotti legnosi di pregio (tronchi da sfogliatura,

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In molti contesti l’arboricoltura da legnorappresenta un’opportunità per valorizzare la proprietà agricola, specienei terreni marginali di collina, così diffusi nel nostro Paese. In questaGuida vi forniamo le indicazioni tecniche per l’impianto e la gestione ditre diversi tipi di arboreto da legno perla produzione di legname pregiato.

FEDERAZIONE ITALIANA

Vita in Campagna non è in vendita nelleedicole, viene inviata solo su abbonamento

Accertamento Diffusione StampaCertificato n. 4629 del 26/11/2002

EDITORI GIORNALI

Guida illustrata all’arboricoltura da legno

a cura di: Mario Brocchi Colonna (dottore forestale)Giustino Mezzalira (dottore forestale)

Con il termine «arboricoltura da legno» si intende la creazione di piantagionitemporanee di alberi, coltivate in modo intensivo per rendere il più elevata pos-sibile la produzione legnosa. Si tratta quindi di colture specializzate destina-

te a produrre, in tempi relativamente brevi e con l’adozione di razionali criteri dicoltivazione (lavorazione del terreno, concimazioni, difesa antiparassitaria, irriga-zione, ecc.), prodotti legnosi di pregio (tronchi da sfogliatura, tranciatura) e legnada ardere.L’impianto di un arboreto da legno trova una sua giustificazione negli indirizzi del-la politica agricola e della politica ambientale dell’Unione europea che sostiene lecolture legnose da circa un decennio attraverso vari regolamenti comunitari. Anchela crisi di alcune colture agricole tradizionali contribuisce a rendere appetibile que-sta forma di agricoltura.Non possiamo dimenticare poi che l’arboricoltura da legno contribuisce a valoriz-zare i terreni in aree marginali, specie in ambienti collinari dove spesso costituiscel’unico modo per mantenere viva un’attività agricola.Infine un arboreto può essere facilmente seguito anche da chi dispone di poco tempo,perché complessivamente richiede un ridotto impegno di lavoro.Lo scopo di questa Guida è quello di fornire utili indicazioni tecniche ai piccoli agri-coltori che si avvicinano al mondo dell’arboricoltura da legno e vogliono effettuare uninvestimento di medio-lungo termine partendo con il piede giusto.

4 L’arboricoltura da legno è un’opportunità per la piccola e media azienda agricola

8 Le analisi preliminari necessarie per partire «con il piede giusto»

13 L’impianto dell’arboreto da legno

20 Le cure colturali e la raccolta del legname

24 La vendita dei prodotti

25 Le piccole macchine e le attrezzature necessarie per il lavori nell’arboreto

27 Le principali specie di alberi utilizzabili in Italia per l’arboricoltura da legno

33 Schema riassuntivo del ciclo di coltivazione di un arboreto consociato

34 I contributi e i finanziamenti pubblici a sostegno dell’arboricoltura da legno

Questa Guida esce come supplemento del mensile «Vita in Campagna» n. 10/2003

VITA IN CAMPAGNAMensile di agricoltura pratica e di educazioneambientale Direttore Responsabile: Alberto RizzottiVice Direttore: Giorgio VincenziRedattori: Giuseppe Cipriani, Silvio CaltranRedazione: Via Bencivenga/Biondani, 16 -37133 VeronaTel. 045 8057511 - Fax 045 8009240 E-mail: [email protected]: www.vitaincampagna.itEditore: Edizioni L’Informatore Agrario spa - Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133 Verona Presidente: Alberto Rizzotti Vice Presidente: Elena RizzottiAmministratori delegati: Elena Rizzotti - Pier Giorgio RuggieroDirettore editoriale: Giovanni RizzottiDirettore commerciale: Luciano GrilliAbbonamenti: Direzione Rossana RizzottiVice Direttore: Marco TomelleriCasella Postale 467 - 37100 Verona - Tel. 045 8057511 - Fax 045 8012980 E-mail: [email protected] annuale 2003: Italia euro 32,50;Estero euro 50,00. Sono previste speciali quote diabbonamento per studenti di ogni ordine e gradoUna copia euro 4,00 (arretrata il doppio,per gli abbonati euro 6,00) più spese postaliConto corrente postale n. 11024379Pubblicità: Via Bencivenga/Biondani, 16 -37133 Verona - Tel. 045 8057511 - Fax 0458009378 - E-mail: [email protected]: pre.grafic snc - Verona Stampa: Mediagraf spa - Noventa PadovanaRegistrazione Tribunale Verona n. 552 del 3-11-1982 - Sped. in A.P. - 45% - Art. 2Comma 20/B Legge 662/96 - Filiale di VeronaCopyright © 2003 Vita in Campagna di Edizioni L’Informatore Agrario spa Vietata la riproduzione parziale o totale di testie illustrazioni - ISSN 1120-3005

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4 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

Il legno è una straordinaria materiaprima rinnovabile che l’uomo utiliz-za per svariati fini: come materiale

di costruzione, fonte di energia, ecc. Ilsuo consumo nel mondo è in costantecrescita ed è proporzionale al redditopro capite (un italiano consuma media-mente più legno di un cinese). Per pro-durre legno si possono adottare fonda-mentalmente tre sistemi:– tagliare i boschi naturali senza adotta-re criteri che garantiscano la loro perpe-tuazione. Si parla in questo caso di«sfruttamento» non sostenibile (cioè chenon può durare) delle risorse forestali;– coltivare i boschi (naturali o artificia-

li) seguendo criteri che garantiscano perun tempo illimitato la loro conservazio-ne e la messa a disposizione dei beni edei servizi che i boschi forniscono al-l’uomo: legno, protezione del suolo, ri-creazione, vita selvatica, ecc. L’insiemedelle pratiche di buona gestione dei bo-schi, dall’impianto al taglio finale deglialberi, prende il nome di «selvicoltura»;– creare delle piantagioni temporaneedi alberi, coltivandole in modo intensi-vo per rendere il più elevata possibile la

L’arboricoltura da legno è un’opportunità per la piccola e media azienda agricola

Legenda. 1-Pioppeto consociato. 1a-Fascia di interesse naturalistico. 2-Noceto consociato. 3-Arboreto di noce comune e ci-liegio selvatico. 4-Centro aziendale

La coltivazione del pioppo è la più comuneforma di arboricoltura da legno praticatain Italia. Nella foto un giovane pioppeto

Progetto di un’azienda agricola che coltiva arboreti da legno

Azienda agricola Giono (ettari 10): profilo trasversale (in alto) e localizzazione (in basso) delle diverse particelle convertite ad arboreto da legno

1

1a

2

3

4

1 1a 2

3

Rio Raboso

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 5

produzione legnosa (sia in termini quan-titativi che in termini qualitativi). Inquesto terzo caso si parla di «arboricol-tura da legno».

Gli arboreti da legno sono dunquedelle colture legnose specializzate de-stinate a produrre, in tempi relativa-mente brevi e con l’adozione di criteridi coltivazione di tipo agronomico (la-vorazione del terreno, concimazioni, di-fesa antiparassitaria, irrigazione, ecc.)prodotti legnosi di pregio (tronchi dasfogliatura, tranciatura) oppure ingentiquantitativi di legno.

Parlando di arboricoltura da legno siincontrano, come accade per la selvicol-tura, molte definizioni che specificano divolta in volta quali specie sono coltivate,con che obiettivo, con che turno, in cheforma. Le più in uso in Italia sono:a) in base alla specie coltivata– pioppicoltura: coltivazione specializ-zata di cloni ibridi di pioppo, diffusanelle pianure dell’Italia settentrionale;b) in base all’obiettivo– arboricoltura di qualità: il cui obietti-vo è quello di produrre tronchi di gran-de pregio;

– arboricoltura di quantità: il cui obiet-tivo è quello di produrre ingenti quanti-tativi di legno utilizzabile a fini energe-tici o per altri fini;c) in base al turno– arboricoltura a «ciclo lungo»: turnosuperiore ai 15 anni; l’obiettivo è laproduzione di tronchi di grande pregio;le principali specie coltivate sono i noci(comune, nero), il ciliegio selvatico, ifrassini (maggiore, ossifillo);– arboricoltura a «ciclo breve»: turnoinferiore ai 15 anni; l’obiettivo è la pro-duzione di tronchi di pregio; le princi-

L’azienda agricola Giono si trovanell’Italia nord-occidentale, in un’areacaratterizzata da dolci rilievi collinari. Ifondovalle sono coperti da depositi allu-vionali recenti caratterizzati da terreni dimedio impasto e sono solcati da corsid’acqua dalla portata molto discontinuache necessitano, per ragioni di sicurezzaidraulica, di vaste aree di rispetto.L’azienda possiede terreni sia nel fondo-valle, sia in collina. Nel fondovalle i terre-ni sono irrigui mentre in collina sono pri-vi di irrigazione. Le colture tipiche dellacollina sono, sui versanti meridionali, ivigneti, sui versanti settentrionali i pratistabili ed i cereali vernini. Nel fondovalledomina invece la coltura del mais.Il sig. Giono, valutate le prospettive del-le diverse colture e visti i finanziamentiesistenti a livello regionale, ha deciso diconvertire ad arboreto tre parcelle del-l’azienda.

1) Lungo il Rio Raboso, soggetto a fortipiene, l’azienda possiede un appezza-mento di ettari 2,30 di forma allungata,periodicamente allagato con gravi dannialle colture, contiguo al corpo aziendaleprincipale. Visti i contributi per la fore-stazione delle fasce fluviali, finalizzatianche a creare delle aree di espansionein caso di piena e delle aree filtro per di-fendere le acque del fiume dall’inquina-mento di origine agricola generato nellearee ad agricoltura intensiva del fondo-valle, in questo appezzamento verràpiantato un pioppeto. Per poter un do-mani vendere il legname con un marchiodi qualità – certificazione secondo lostandard Forest Stewardship Council(FCS) che garantisce il rispetto dell’am-biente – l’impianto sarà multiclonale(costituito da più cloni), piantato a gran-de spaziatura (metri 8x8), misto con unaspecie da legna adatta a terreni freschi(carpino bianco) e con una specie arbu-stiva di interesse officinale e di grandeinteresse naturalistico (frangola), pian-tate sia lungo i filari principali che lungo

i filari intermedi (vedi figura a pag. 6).La fascia a diretto contatto con il fiume,(1a) per una profondità di metri 10, verràinvece piantata a salice bianco ed ontanonero consociati ad un ricco accompagna-mento di specie arbustive, come fascia diinteresse naturalistico-venatorio e per laproduzione di legna da ardere. Il turno della piantagione sarà di 18 an-ni, con un unico taglio finale a raso chedarà grossi tronchi da trancia di pioppo,legna da ardere a pezzi di carpino bian-co e legno da triturazione da tutto il re-sto (chiome dei pioppi, arbusti di ac-compagnamento, salici ed ontani). Oltre al valore del legno, la piantagionebeneficerà dei contributi previsti dal«Piano di sviluppo rurale» (PSR) dellaRegione per gli arboreti a ciclo lungo epermetterà all’azienda di godere di uncontributo fornito dal locale «Ambitoterritoriale di caccia» (ATC) finalizzatoalla realizzazione di miglioramenti am-bientali. Tutte le specie presenti sonoanche di interesse apistico e dalla fran-gola potrà essere raccolta verso il 6°-7°anno la corteccia di interesse officinale.

2) A 4 km di distanza dal corpo azienda-le principale l’azienda possiede un ap-pezzamento di fondovalle di ottima ferti-lità ma di modesta superficie (ettari0,7). Nell’ottica di ridurre i costi di ge-stione dell’azienda, il Sig. Giono ha op-tato per l’imboschimento con latifogliea legname pregiato. La vicinanza conun’azienda agricola che pratica anchel’apicoltura e l’agriturismo, nonché lapresenza di terreni ottimamente drenatie a falda freatica relativamente superfi-ciale e stabile (attorno a 2,5-3 metri diprofondità) hanno portato alla scelta diun modulo di impianto misto (vedi figu-ra a pag. 6), sempre a ciclo lungo, basa-to sul noce nero come specie principale(turno 35 anni) e sulla paulownia comespecie arborea di accompagnamento(turno 10 anni); l’accompagnamento ècompletato dal carpino bianco (piantato

alternato alle paulownie) e dall’elea-gno, piantato alternato al noce nero. I filari di noce e di paulownia sono alter-nati tra loro e distanziati di 6 metri. Lapaulownia è piantata a sesto definitivolungo i filari (metri 6) mentre il noce èpiantato a doppia densità (metri 6) cosic-ché ci si potrà eventualmente permetteredi perdere alcuni alberi a causa di avver-sità meteoriche o parassitarie. Il sesto de-finitivo del noce sarà di metri 12x12. Eliminata la paulownia con taglio a ra-so dell’intero filare e recupero di tutto illegno (tronchi di paulownia, legna daardere di carpino, legno da triturazio-ne), la piantagione si presenterà su duepiani alternati: noce nero nello stratodominante, carpino bianco nello stratodominato. I prodotti della piantagionesaranno: tronchi di paulownia al 10° an-no, tronchi di noce nero al 35° anno; le-gna da ardere di carpino e legno da tri-turazione al 10° ed al 35° anno; dal 3° efino al 10° anno la piantagione avrà an-che un elevato valore apistico (fiorituredella paulownia e dell’eleagno).

3) Il corpo principale dell’azienda Gio-no comprende anche una parte del Colledel vento; sul suo versante settentriona-le, su terreni non irrigui e tradizional-mente coltivati a cereali vernini e medi-ca ma sempre con risultati poco soddi-sfacenti ed incerti, l’azienda ha pianta-to, su una superficie di ettari 1,5, un ar-boreto di noce comune e ciliegio, conso-ciati. Entrambe le specie sono adatte al-le locali condizioni pedologiche (terreniprofondi a reazione leggermente acida,a tessitura limoso-argillosa, ben drena-ti). Lo schema (vedi figura a pag. 6) pre-vede che il noce comune sia la specieprincipale, il ciliegio selvatico la specie«paracadute» (può diventare principalese il noce dovesse avere problemi impre-visti) e che assieme a loro nei primi annivengano coltivati ontano napoletano(specie arborea di accompagnamento)ed eleagno.

Ecco un caso concreto di conversione di alcune superfici agricole ad arboreto da legno di qualità

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pali specie coltivate sono i pioppi ibridie la paulownia;– cedui a cortissima rotazione o «ShortRotation Forestry» (SRF): turno di 2-6anni; l’obiettivo è la produzione di gran-di quantitativi di legno (per energia, perl’industria della carta; per l’industria deipannelli, ecc.); le principali specie colti-vate sono i pioppi ibridi, la robinia, ilplatano ibrido;d) in base alla forma– a pieno campo: la coltivazione inte-ressa l’intera superficie;– lineare: la coltivazione riguarda solodei filari di alberi;– puntiforme: la coltivazione interessa so-lo singoli individui o piccoli gruppi di in-dividui, inseriti in un contesto forestale.

In questa Guida, che segue la pubbli-cazione di altri due supplementi dedica-ti alla coltivazione degli alberi («Guidaillustrata alla coltivazione delle siepicampestri», supplemento al n. 10/1999 e«Guida illustrata alla coltivazione delbosco», supplemento al n. 4/2001) cioccupiamo solo di arboricoltura da le-gno di qualità a pieno campo. Di arbori-coltura lineare si è già parlato nella«Guida illustrata alla coltivazione dellesiepi campestri», mentre l’arboricolturapuntiforme rientra nel contesto dellacoltivazione dei boschi. Il tema dei ce-dui a cortissima rotazione (arboricolturadi quantità) necessita invece di una trat-tazione particolare.

Un investimento chefornisce reddito nel

lungo periodo

A tutti gli effetti l’arboricoltura dalegno è un settore dell’agricoltura che sioccupa della coltivazione di alberi perottenere un preciso prodotto agricolo: illegno. Se anche le specie sono le stesse

6 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

Legenda. = noce nero = paulownia = eleagno = carpino bianco

Azienda Giono: schema planimetrico del noceto consociato (particella n. 2)

Legenda. = noce comune = ciliegio selvatico= ontano napoletano = eleagno

Azienda Giono: schema planimetrico dell’arboreto di noce comune e ciliegio selvatico (particella n. 3)

2

2 m

6 m

4 m 4 m

1,5 m

2,5 m

2,5 m

1,5 m

12 m

2 m

2 m

2

8 m

etri

2 2

met

ri

Legenda. = pioppo ibrido = carpino bianco = frangola = salice bianco = ontano nero = arbusti vari

Azienda Giono: schema planimetrico del pioppeto consociato (particella n. 1) e della fascia di interesse naturalistico e venatorio (particella n. 1a)

Fascia di interesse naturalistico

argine

Pioppeto

4 m

6 m

12 m 6 m 6 m

2 2 2metri

8 m

4 m

8 m

Page 5: Guida illustrata all’arboricoltura da legno · Guida vi forniamo le indicazioni ... fesa antiparassitaria, irrigazione, ecc.) prodotti legnosi di pregio (tronchi da sfogliatura,

che si trovano nei boschi, le differenzetra arboricoltura da legno e selvicolturasono sostanziali:– nell’arboricoltura da legno di qualitàcontano gli individui (singoli alberi),generalmente selezionati, spesso molti-plicati per via vegetativa (cloni), pianta-ti a sesto ampio (spesso definitivo), po-tati regolarmente;– nell’arboricoltura da legno si adottanosistematicamente pratiche agronomicheper favorire il rapido sviluppo degli al-beri ed accorciare così il turno di coltiva-zione: utilizzo di terreni agricoli di buo-na qualità, preparazione accurata del ter-reno prima dell’impianto, concimazione,irrigazione, difesa antiparassitaria.

L’arboricoltura da legno presenta co-munque aspetti che l’avvicinano allaselvicoltura, tanto che è impossibiletracciare una linea netta di demarcazio-ne tra le due: i cicli di coltivazione sonolunghi (minimo 10 anni) se comparati aquanto avviene con qualsiasi altra coltu-ra agraria; le specie a legname pregiatosono spesso consociate con specie di ac-compagnamento (vedi pag. 11), dandonel complesso l’immagine di un «bo-sco», ricco di specie diverse sulla stessasuperficie; l’intensità della coltivazione,salvo che nella pioppicoltura, è moltobassa e spesso si riduce drasticamentedopo i primi anni dall’impianto, così co-me succede ordinariamente in un bosco.

Tutto ciò rende l’arboricoltura unaforma di agricoltura «strana» che sfug-ge alle logiche ordinarie che regolano lescelte degli imprenditori. Ciò che è ano-malo in particolare è il fattore tempoche distanzia, in modo difficile da ac-cettare, il momento degli investimentidal momento dei ricavi. Nondimenol’arboricoltura da legno presenta di-versi aspetti di grande interesse perchi possiede dei terreni agricoli, so-prattutto per chi è proprietario di pic-coli appezzamenti in aree collinari enon esercita l’attività agricola a titoloprincipale. In molti contesti l’arbori-coltura da legno rappresenta un’oppor-tunità da non sottovalutare per valoriz-zare la proprietà agricola.

I vantaggi economici della coltivazione

dell’arboreto da legno

Vediamo le principali ragioni chepossono giustificare l’impianto di unarboreto da legno:– indirizzi della politica agricola edella politica ambientale dell’Unio-ne Europea: le colture legnose sonosostenute da circa un decennio attra-verso vari regolamenti comunitari enegli indirizzi della Politica agricolacomunitaria, contenuti in «Agenda

2.000», è chiaramente indicato chel’Unione europea intende continuare asostenere le colture arboree da legno(riduzione delle eccedenze, migliora-mento del rapporto agricoltura-ambien-te, creazione di nuove opportunità direddito per gli agricoltori, sviluppo ru-rale); anche la politica ambientaledell’Unione europea favorisce le pian-tagioni di alberi sui terreni agricoli per inumerosi vantaggi ambientali legati al-la presenza degli alberi (fissazione del-l’anidride carbonica, miglioramentodella qualità dell’acqua, protezione del-la vita selvatica). Per conoscere i fi-nanziamenti economici che l’Unioneeuropea elargisce agli agricoltori tra-mite le Regioni occorre rivolgersi agliUffici indicati a pag. 34.– crisi delle colture agricole tradiziona-

li: soprattutto nel caso dei piccoli ap-pezzamenti, anche di pianura, è semprepiù incerta la convenienza economicadelle colture estensive (cereali, prati);in particolare non vi sono garanzie sul-la disponibilità di sostegni comunitarinel prossimo futuro (dopo il 2013);– valorizzazione di terreni in aree mar-ginali: soprattutto in collina dove risul-ta poco conveniente raggiungere degliappezzamenti lontani, disgiunti, nonsempre di facile accesso, l’impianto diun arboreto è una valida soluzione chepermette di non abbandonare il terreno,dandogli un valore economico che siaccresce con il tempo;– intensità colturale: un arboreto può es-sere facilmente seguito anche da chi di-spone di poco tempo, perché l’insiemedelle diverse pratiche colturali è tra i più

bassi per unità di superficie;– valore del legno: il legno è una ma-teria prima il cui valore in terminireali è in costante aumento;– valore degli altri prodotti degli ar-boreti: oltre al legno un arboreto, so-prattutto se consociato (cioè costitui-to da diverse specie arboree ed arbu-stive piantate assieme), produce nu-merosi altri beni e servizi (miele, sel-vaggina, paesaggio, depurazione del-l’acqua, ecc.) che in certi contestipossono trovare un’interessante re-munerazione; alcuni di questi benipossono dare un reddito anticipato:– legna da ardere;– piccoli frutti e prodotti officinali;– funghi e tartufi;– spazio per l’allevamento di anima-li domestici e di selvaggina;– habitat per la fauna selvatica;– difesa del suolo.Chi si accinge a piantare un nuovo ar-boreto deve aver quindi ben presentigli obiettivi che intende perseguire. Apag. 4 e 5 proponiamo un esempioconcreto che servirà da riferimentoper la nostra esposizione. ❏

SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 7

Un tipico ambiente collinare ricco di terreni agricoli destinabili all’arboricolturada legno: in molti contesti nel nostro Paese praticare l’arboricoltura da legno èl’unico modo per mantenere viva un’attività agricola

legna da ardere

tronco da carpenteria (edilizia)

tronco da falegnameria (mobili)

tronco da trancia o sfogliatura

1

5

10

100

Destinazione

Dall’albero si ottiene legno di valore assaidiverso, a seconda della qualità e destina-zione d’uso: la ramaglia può valere ancheun centesimo del legno da destinare all’in-dustria dei tranciati, ma comunque ogniprodotto ha un suo vivace mercato

Valore relativo

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8 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

Prima di realizzare una piantagionedi alberi dovete ponderare attenta-mente quanto state per intrapren-

dere. I benefici, ma soprattutto gli erro-ri, si faranno sentire a distanza di annidalla decisione.

L’accessibilità dell’appezzamento

L’arboreto deve essere dotato di unarete di piste di manutenzione e di esbosco che consenta l’accesso

dei mezzi meccanici

Un appezzamento da imboschire do-vrebbe consentire un facile accesso aimezzi meccanici utilizzati per la conse-gna dei prodotti che entrano in foresta(piante forestali, concimi, ecc.), perpercorrere i sentieri (ripuliture, tagli diformazione e tagli di produzione), perl’uscita dei prodotti (tondame, tondelli)e per un intervento rapido in caso d’in-cendio (accessibilità verso la piantagiovane e verso i punti d’acqua dallevie pubbliche).

Anche la circolazione al suo internodev’essere facilitata: buon orientamentodei filari, interfilari sufficientemente lar-ghi, aree di inversione, percorsi di esbo-sco. Durante i primi anni l’accesso allepiante è agevolato dalla realizzazione di

un reticolo di piste di manutenzione. Eal primo diradamento si traccerà un reti-colo di piste di esbosco per ridurre al mi-nimo i danni al suolo e agli alberi.

Le potenzialità del sito prescelto

La disponibilità d’acqua, la fertilitàdel terreno e il clima sono fattori

determinanti per la scelta delle specieforestali adatte. Dall’osservazione della flora spontanea si possono

ricavare utili informazioni

Le potenzialità forestali di un terre-no sono soprattutto condizionate da trefattori: la qualità della sua dotazioned’acqua, la disponibilità in elementi nu-tritivi e la presenza o assenza di fattorilimitanti di ordine climatico (ambientemolto ventilato o fortemente esposto al-le gelate tardive) o legati al suolo (suolopoco profondo, troppo secco, troppoumido, troppo compatto che costituisco-no un ostacolo al radicamento).

Vanno poi valutati gli elementi mi-croclimatici come temperatura, pluvio-metria, rischi di gelate, nebbie, neve,venti dominanti: questi fattori possonodare problemi di conformazione, mi-gliorabili con una vegetazione di ac-compagnamento.

Le caratteristiche del sito di impian-to vi indicano quindi la scelta delle spe-cie forestali adatte e vi permettono distimare la futura produzione in terminidi quantità e qualità. Per tutto ciò dove-te orientare la scelta:– obbligatoriamente verso una specieperfettamente adatta al luogo;– verso una specie suscettibile di pro-durre del legno di buona qualità tecno-logica, che abbia usi che giustificano uninteressante prezzo di vendita;– se possibile, verso una specie produt-tiva, vale a dire capace di fornire un im-portante volume di legno per ettaro.

Utili indicazioni possono essere ri-cavate dalle coltivazioni precedenti (ti-po e produttività) e ancor più dalla ve-getazione erbacea spontanea, la qualepuò dare informazioni su certe pro-prietà del suolo (vedi tabella e foto apagina 9).

L’analisi del terrenoL’esame approfondito del suolo può

aiutare nella scelta delle specie, dellemodalità d’impianto e degli eventuali

interventi di miglioramento

La conoscenza preventiva delle carat-teristiche del suolo è un passo conosciti-vo indispensabile e si raggiunge median-te sondaggi con la trivella pedologica o

Le analisi preliminari necessarie per partire «con il piede giusto»

La valutazione della qualità del suo-lo è fondamentale per la scelta dellespecie e la previsione dei risultati.Una semplice prova preliminare, em-pirica ma efficace, consiste nel veri-ficare la compattezza del terreno conun coltello: se la lama penetra senzaeccessivo sforzo, così faranno anchele radici

Adattabilità di alcune specie arboreeai diversi tipi di terreno

Specie

La tabella permette di rispondere alla fondamentale domanda: «Quanto è adatto il mioterreno alla coltivazione di un determinato albero?»Legenda:0 = inadeguato; 1 = appena sufficiente; 2 = adeguato; 3 = indispensabile per un rapido sviluppo

Caratteristiche del terreno

Pioppo ibridoPaulowniaNoce comuneNoce neroCiliegio selvaticoFrassino maggioreFarniaPino marittimoDouglasia

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 9

con l’apertura di fosse pedologiche. Una prova empirica semplice ma ef-

ficace consiste nel verificare la compat-tezza del terreno con un coltello: se lalama penetra senza eccessivo sforzo,così faranno anche le radici. Tuttavia unesame approfondito del suolo (conl’aiuto di un tecnico forestale qualifica-to) vi permette di scegliere le speciemeglio adatte e le relative modalitàd’impianto. I più importanti fattori davalutare sono:– profondità dello strato esplorabiledalle radici: un terreno di spessore in-feriore a cm 25-30 difficilmente per-mette un’arboricoltura da legno produt-tiva. Nel caso vi siano strati di concre-zione profondi e impermeabili, effet-tuate una profonda ripuntatura. Nel ca-so di roccia compatta, prendete in con-siderazione l’abbandono del progetto;– tessitura: cioè la proporzione, espres-sa in percentuale, di sabbia, limo e ar-gilla. Essa influisce soprattutto sulleproprietà fisiche del suolo: aerazione,struttura, riserva idrica. Tenendo fra ledita un piccolo campione di terra, pote-te tentare di riconoscere l’elementopredominante. Un suolo equilibrato ècomposto da: 30% di sabbia, 45% di li-mo, 25% di argilla e 5% di materie or-ganiche;– reazione del terreno (pH): talune spe-cie hanno forti preferenze o, al contra-

rio, rifuggono da determinati valori;– acqua stagnante nel suolo: quandopresente, occupa tutti i pori espellendol’ossigeno e provocando così l’asfissiadelle radici. Solamente poche piante so-no in grado di accrescersi in tali condi-zioni. Il ristagno idrico è tanto più peri-coloso quanto più è vicino alla superfi-cie e protratto nel corso dell’anno.

La scelta delle specie In linea di massima preferite le specie

indigene e le piante di provenienza locale. L’ adozione di una mescolanzadi specie comporta diversi vantaggi

di ordine ecologico e produttivo

Le specie da impiantare devono es-sere tassativamente ben appropriate sulpiano ecologico. In seguito alle indagi-ni svolte sul sito di impianto potete in-dividuare un ventaglio di specie possi-bili. In funzione dei precisi obiettivi ri-cercati e sulla base di considerazionieconomiche, tecniche e selvicolturali,va così decisa la specie o il gruppo dispecie ottimali. Preferite le specie indi-gene: il loro adattamento ai limiti cli-matici e del suolo è generalmente piùsicuro, anche se l’introduzione di spe-cie esotiche potrebbe risultare più pro-duttiva.

Se disponibili, sono sempre da pre-

ferire piante di provenienza locale, e diprovenienza genetica o di varietà racco-mandate.

Tuttavia certi suoli difficili, troppoacidi, troppo saturi d’acqua o troppopermeabili meriterebbero d’essere co-lonizzati da specie frugali «importate»,nel caso sia confermata la loro idoneità.Per esempio, l’introduzione della quer-cia rossa americana su dei terreni pove-ri e non saturi non è per nulla controin-dicata. La paulownia e i pioppi ibridirappresentano altre interessanti ecce-zioni.

Per limitare i rischi di fallimento(schianti, attacchi parassitari, mortalitàeccessiva) la diversità delle specie èsempre preferibile. La mescolanza dispecie, tanto latifoglie che conifere,presenta diversi vantaggi, tra cui:– un miglioramento della stabilità dellapiantagione;– una migliore resistenza ai parassiti ealle malattie;– un aumento della produttività dovutaalla costituzione di un humus miglioreed alla complementarietà dei sistemi ra-dicali superficiali e profondi, esplorantii diversi orizzonti del suolo;– un accrescimento della biodiversitàper la presenza di nicchie ecologichepiù varie;– un benefico impatto paesaggistico,soprattutto nelle zone marginali.

Principali specie erbacee indicatriciper l’Italia settentrionale e centrale

(vedi illustrazioni a fianco)

Situazione Piante indicatrici

Terreni con ristagno permanente

Terreni con ristagno temporaneo

Terreni secchi

Terreni acidi (pH inf. a 5)

Terreni neutri(pH tra 6 e 7)

Terreni calcarei(pH sup. a 8)

1-Garofanino d’acqua (Epilobium hirsutum) 2-Poligono bistorta (Polygonum bistorta)

3-Olearia comune (Filipendula ulmaria)

4-Caglio zolfino (Galium verum)5-Millefoglio montano (Achillea millefolium)

6-Bambagione aristato (Holcus mollis)7-Poligala con foglie di timo(Polygala serpyllifolia)

8-Cardo asinino (Cirsium vulgare)9-Attaccamano (Galium aparine)

10-Salvastrella minore (Sanguisorba minor)11-Primula odorosa (Primula veris)

1-Garofanino d’acqua; 2-Po-ligono bistorta; 3-Oleariacomune; 4-Caglio zolfino; 5-Millefoglio montano; 6-Bambagione aristato; 7-Poligala con foglie di timo;8-Cardo asinino; 9-Attacca-mano; 10-Salvastrella mino-re; 11-Primula odorosa

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La dimensione della piantagioneRealizzate piccoli impianti

scaglionati nell’arco di un decennioper diluire nel tempo le spese e

l’impegno di lavoro

Nella piccola azienda agricola in ge-nere non si pone la questione di quantogrande deve essere la superficie dedica-ta all’arboricoltura da legno perché le

superfici a disposizione sono modeste.È in ogni caso prudente non realizzaremai grandi piantagioni omogenee perspecie ed età su vaste superfici.

Soprattutto se non si sono mai pian-tati prima degli alberi da legno e se neidintorni non esistono altre piantagionidelle specie che si sono scelte, i primipiccoli impianti (0,5-1 ettaro) servonoda «test» e danno numerose indicazioniutili ad orientare gli impianti successivi.

Quasi inevitabilmente, anche se ben

consigliati, si commettono degli errori;piantare inizialmente delle piccole su-perfici permette di imparare dai proprierrori e di migliorare la qualità dellepiantagioni successive.

Infine è utile scaglionare sia gli im-pegni finanziari che lo sforzo di coltiva-zione nel tempo e fare in modo che gliarboreti non arrivino a maturazione tut-ti nello stesso periodo.

Per queste ragioni una buona strate-gia è quella di diluire le piantagioni che

10 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

Alcune specie arboree secondarie con funzione di accompagnamento alto. 1-Ontano napoletano. 2-Ontano nero. 3-Carpino bianco. 4-Olmo siberiano. 5- RobiniaAlcune specie arbustive con funzione di accompagnamento basso. 6-Nocciòlo. 7-Eleagno. 8-Sambuco. 9-Frangola

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si intendono realizzare lungo l’arco di al-meno un decennio, realizzando ogni vol-ta parcelle che vanno da 0,5-1 ettari a 2-3 ettari di una stessa specie principale.Disponendo di più terreno si possonomettere a dimora anche più specie prin-cipali, sia a ciclo lungo che a ciclo corto.

Per quanto riguarda la superficie mi-nima da piantare, va posta attenzione aquanto previsto dal locale Piano di svi-luppo rurale o dal Piano operativo regio-nale (informatevi presso gli uffici dellavostra Regione, vedi indirizzi a pag. 34).

La composizione dell’arboreto

L’arboreto può essere composto dauna sola specie (monospecifico)

oppure, preferibilmente, da più specie(consociato) sia arboree che arbustive

Nella moderna arboricoltura da le-gno frequentemente si utilizzano diver-se specie di alberi piantate sullo stessoappezzamento con distribuzione parti-colare, in modo da formare degli im-pianti cosiddetti consociati: oltre allaspecie principale, infatti, possono com-parire specie secondarie e di accompa-gnamento. Questo si fa per diversi moti-vi, ma principalmente per aiutare la spe-cie principale a raggiungere gli obiettiviproduttivi più facilmente (legna da ope-ra) e per differenziare nel tempo e nellaqualità la produzione dell’arboreto (le-gna da ardere, produzioni secondarie).

Le specie secondarie in genere sonopiante con ciclo più breve della specieprincipale, oppure con particolari capa-cità produttive (ad esempio specie le-gnose pollonifere): in tal modo si inter-cala la produzione.

Le specie di accompagnamento, ar-bustive o arboree, favoriscono con il lo-ro affiancamento l’autopotatura dellespecie principali (una «potatura natura-le» che la pianta subisce a causa del-l’ombreggiamento), che vengono anchestimolate ad accrescersi meglio, aiutanola formazione del microclima boschivoe partecipano in diverso modo al rendi-mento dell’arboreto.

Tra le specie secondarie con fun-zione di accompagnamento alto si ri-cordano l’ontano napoletano (Alnuscordata), l’ontano nero (Alnus glutino-sa) e la robinia (Robinia pseudoacacia)come fissatori d’azoto e produttori dilegna in contesti di freschezza del suo-lo, il carpino bianco (Carpinus betulus)per il centro e nord Italia o l’olmo sibe-riano (Ulmus sibirica) per il Mezzo-giorno, quali specie in grado di creareun ottimo microclima circondando erinforzando l’impianto e al contempo diprodurre legna da ardere o da opera.

Tra le specie di accompagnamento

basso, quasi sempre arbustive, potetepensare al nocciòlo (Corylus avellana),all’eleagno (Elaeagnus umbellata), alsambuco (Sambucus nigra) e alla fran-gola (Frangula alnus).

Distanze e schemi d’impianto

Le distanze (sesti) possono essere quelle definitive, oppure si può

piantare più fitto e prevedere dei diradamenti successivi. Gli schemi di impianto più adottati sono quello

in quadrato e quello a quinconce

Gli alberi di un arboreto da legnopossono essere piantati sia a densitàdefinitiva (in questo caso non si effet-

tuano diradamenti) sia a densità mag-giore di quella definitiva (in questo casoè necessario realizzare dei diradamen-ti). Entrambe le soluzioni presentanovantaggi e svantaggi; vediamoli breve-mente.

Sesti definitivi. Variano da metri 6x6nel caso delle specie a rapido accresci-mento (pioppo ibrido, paulownia) a me-tri 12x12 (noci). Il vantaggio principaledelle distanze maggiori è quello di do-ver acquistare, piantare, coltivare unminor numero di individui per unità disuperficie.

Ovviamente il materiale vegetalemesso a dimora deve essere di qualitàeccellente e l’arboricoltore deve esserecerto di tutte le scelte compiute. Ai sin-goli individui va comunque prestata la

SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 11

Principali schemi di impianto (riferiti alla specie principale). 1-Quadrato: glialberi sono posti ai vertici di un quadrato; la distanza tra le file (d) è uguale aquella lungo la fila (e). 2-Quinconce: gli alberi sono piantati ai vertici di untriangolo isoscele; la distanza tra le file (d) è uguale a quella lungo la fila (e).3-Settonce: gli alberi sono piantati ai vertici di un triangolo equilatero; la di-stanza tra le file (d) è minore di quella lungo la fila (e). È lo schema che per-mette la migliore saturazione della superficie

Prima di procedere all’impianto osservate nella zona circostante quali specie si sviluppano meglio e preferitele ad altre sconosciute

Prevedete di realizzare impianti piccoli e

scaglionati nel tempo (ad esempio

un decennio).I risultati ottenuti dai primi impianti

daranno indicazioni utili a orientare

gli impianti successivi

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massima attenzione e, nei primi anni, nelcaso qualche individuo della specie prin-cipale venga a mancare, va immediata-mente rimpiazzato.

Assieme alle specie principali si pos-sono piantare in grande quantità speciedi accompagnamento, sia arboree chearbustive; l’accompagnamento divienedi importanza fondamentale per le spe-cie a ciclo lungo perché altrimenti è dif-ficile formare un buon tronco da lavoro(vedi riquadro qui a fianco).

Sesti fitti. Raramente in arboricolturada legno si parte da sesti molto fitti, co-me quelli adottati nel caso di un classi-co imboschimento (metri 2x2 oppuremetri 3x3). Nel caso delle specie più ri-schiose in termini di risultato finale(noci, farnia) di solito si pianta a densitàda doppia a quadrupla di quella finale(ad esempio metri 3x6, 3x7, 6x6), inmodo di poter portare a fine turno da unalbero su due ad un albero su quattro.

Il vantaggio principale è quello dipotersi permettere che un certo numerodi individui venga danneggiato da even-ti meteorici (schianti da vento o da ne-ve) o attacchi parassitari (per esempiodi rodilegno).

Con i sesti fitti inoltre si può eserci-tare una certa selezione tra gli individui,tenendo i più vigorosi, meglio confor-mati, ecc. Ciò è tanto più utile quantopiù si stanno coltivando alberi di prove-nienza sconosciuta o comunque non se-lezionata, di cui non si conoscono quin-di a priori le qualità.

Negli impianti fitti è sempre possibi-le effettuare delle consociazioni con spe-cie di accompagnamento. Normalmentesi preferisce piantare a file alterne gli al-beri di accompagnamento e quelli prin-cipali, infittendo la densità di impiantodei secondi solo lungo le loro file.

La distribuzione degli individui sullasuperficie determina lo «schema di im-pianto». Nella figura a pag. 11 sono mo-strati i principali schemi di impianto. Ipiù adottati sono quello in quadrato equello a quinconce; l’ideale sarebbe loschema a settonce che permette di satu-rare in modo ottimale la superficie, ma èdi complicata realizzazione e gestione.

Per quanto riguarda gli alberi di ac-compagnamento, comprese le specie«paracadute» (vedi pag. 5), le strategiedi distribuzione sono mostrate nel ri-quadro qui a fianco.

Importante comunque è tener sem-pre presente che ad un certo momentole specie di accompagnamento andran-no tolte. In genere si cerca quindi dipiantarle a file (parallele od oblique ri-spetto alle file delle specie principali),prevedendo di toglierle in un’unica so-luzione e con un abbattimento direzio-nato lungo la fila. ❏

12 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

Lungo la fila (arboreti a pieno campo e lineari)

specie principale (noci, ciliegio, ecc.)

specie da accompagnamento basso: arbu-sto (frangola, eleagno, ecc.)– favorisce la formazione di un fusto dirittonella prima fase di sviluppo della specieprincipale– contribuisce alla nutrizione minerale del-la specie principale (soprattutto se si trattadi una specie azotofissatrice)– migliora il valore naturalistico, mellifero,estetico dell’arboreto

specie da accompagnamento alto: alberodi specie secondaria (ontano napoletano,carpino bianco, ecc.)– aiuta il completamento della forma delfusto della specie principale– contribuisce alla sua nutrizione minerale– produce legno a fini energetici– difende la piantagione dal vento

specie principale

accompagnamento alto: albero

accompagnamento basso: arbusto

Nota: è possibile adottare anche uno schema di distribuzione delle specie di ac-compagnamento sia tra le file che lungo la fila, si tratta di un’integrazione fra idue schemi illustrati sopra

Tra le file (arboreti a pieno campo)

specie principale (noci, ciliegio, ecc.)

specie da accompagnamento alto:albero di specie secondaria (ontanonapoletano, carpino bianco, ecc.)– aiuta la formazione della specieprincipale– contribuisce alla nutrizione mine-rale– produce legno a fini energetici– difende la piantagione dal vento

specie da accompagnamento basso:arbusto (frangola, eleagno, ecc.)– migliora il valore naturalistico,mellifero, estetico dell’arboreto

specie principale

accompagnamento alto: albero

accompagnamento basso: arbusto

Principali schemi di distribuzione delle specie di accompagnamento all’interno di un arboreto

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 13

Una volta deciso il tipo di impianto,predisponete per tempo il terreno.Le lavorazioni devono puntare a

migliorare la fertilità, cioè a creare le mi-gliori e più durevoli condizioni per lo svi-luppo e la funzionalità dell’apparato radi-cale. Accrescere la fertilità di un suolo permezzo di un durevole controllo dell’ac-qua costituisce uno dei modi più sicuri dimigliorare la produttività forestale e isuoi risultati economici: nel nostro Paesesi incontrano situazioni estreme, dall’ec-cesso di acqua alla scarsità cronica. Lastessa cosa deve avvenire per la fertilizza-zione del suolo, che non deve più esseresistematica, con il rischio di divenire inef-ficace, se non addirittura negativa.

La regimazione dell’acqua

Sia l’eccesso che la scarsità d’acquasono fattori fortemente negativi per lavita delle piante. Ecco gli interventipreliminari che è possibile mettere in atto per allontanare l’acqua in eccesso e diminuirne la perdita

nei terreni siccitosi

Eccesso di acqua. Con il drenaggio sipunta a risolvere il ristagno temporaneodi acqua ed a migliorare la permeabilitàdel suolo, favorendone l’asciugamento.Ogni operazione di drenaggio deve esse-re analizzata preventivamente, se la sivuole condurre in modo razionale edeconomico. Infatti tali lavori sono spessocostosi; vanno quindi previsti e realizzatisolo se porteranno benefici certi all’in-

sieme dell’imboschimento. È indispen-sabile conoscere la causa dell’eccessod’acqua e vedere se la correzione è possi-bile e in quali modi. Potreste giungereanche a considerare una sostituzione dispecie, se non addirittura a decidere diabbandonare il progetto dell’impianto.

L’acqua in eccesso nel suolo puòavere due origini:– un cattivo sgrondo delle piogge diret-tamente ricevute dal suolo;– un accumulo d’acqua proveniente perruscellamento o infiltrazione sotterra-nea da suoli situati a monte dell’appez-zamento da imboschire.

A seconda della gravità dei casi, sideve scegliere se aprire trincee drenan-ti, scoline, fossi, o sagomare la superfi-cie, ripuntare e arare. Non è raro il casodi dover escludere l’impianto per il co-sto eccessivo della bonifica.

Attenzione: le zone ricche d’acqua(paludi, stagni, zone di risorgenza) nonidonee all’agricoltura rappresentano ciò

che rimane di ambienti talvolta di gran-de pregio naturalistico, ove si conserva-no piante e animali ormai rari o perfinoin via di estinzione. Tali siti possono es-sere già legalmente tutelati, o meritevo-li di esserlo. È bene non sottovalutarequesto aspetto, e informarsi sul loro va-lore naturalistico: la conservazione eduna intelligente valorizzazione deglistessi come biotopi di pregio ambienta-le potrebbero anche rendere economi-camente di più della loro trasformazio-ne in arboreto.

Scarsità di acqua. La scarsità idrica,viceversa, è legata sia a fattori non cor-reggibili (regime pluviometrico) sia acondizioni geologiche, topografiche edi passato utilizzo del suolo (suoli re-grediti) in parte modificabili: quandoconveniente, si può intervenire con li-mitate operazioni atte a ridurre la perdi-ta delle acque meteoriche, realizzandocunette di convogliamento o piazzole in

L’impianto dell’arboreto da legno

La sistemazione a gradoni serve ad aumentare la dotazione d’acqua in zone siccitose

profilo dopo la sist

emazione a gradoni

pianello

punto di impianto spostato verso la parte a monte del pianello

profilo originario

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Settembre 2003 Settembre 2003 Dicembre 2003

Dicembre 2003 Dicembre 2003

Marzo 2004

Marzo 2004

Preparazione del terreno per l’impianto (messa a dimora a fine inverno; incaso di messa a dimora autunnale si veda lo schema a pag. 33). 1-Ripulituracon trinciasarmenti. 2-Ripuntatura. 3-Concimazione chimica. 4-Concimazione organica. 5-Aratura di interramento. 6-Fresatura o erpicatura di rifinitura. 7-Stesura della pacciamatura sintetica

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14 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

contropendenza ove piantare gli alberi,migliorando localmente le caratteristi-che del terreno, facendo uso di paccia-matura. Da sottolineare come la modifi-ca delle pendenze in aree aride, con lacostruzione di gradoni o muretti a seccoa mezzaluna, è un’operazione moltoonerosa che tuttavia permette di aumen-tare sensibilmente la produttività delnascente impianto e al contempo di ar-restare (ed anzi invertire) il gravissimoprocesso di perdita di fertilità dovutoall’erosione.

La preparazione del terreno

Passo dopo passo, ecco gli interventi per preparare il terreno

dell’appezzamento destinato al nuovo impianto

Ripulitura preliminare. In caso di im-pianto su terreni coperti da arbusti è op-portuna una ripulitura, da effettuare contrinciasarmenti oppure con pesanti de-cespugliatori forestali portati dalla trat-

trice, nel caso di vegetazione più svi-luppata.

Ripuntatura. Segue un fondamentaleed obbligatorio intervento, la ripuntatu-ra, cioè una lavorazione senza rivolta-mento della terra, destinata principal-mente a decompattare, smuovere e fes-surare tutta la massa del suolo. Va com-piuta alcuni mesi prima dell’impianto epermette di frantumare gli strati profon-di e impermeabili, di migliorare le con-dizioni di sviluppo delle radici delle gio-vani piante assicurando loro una miglio-re alimentazione idrica e minerale (au-mento della riserva d’acqua del suolo) edi favorire l’ancoraggio delle piante.

È utilissima anche negli ex terreniagricoli, dove sovente si riscontra una«suola di lavorazione» a 30-50 cm diprofondità.

Il ripuntatore è portato da un trattoredi media-elevata potenza ed è costituitoda una o più punte che vengono infissenel suolo a 70-100 cm di profondità; lalavorazione dev’essere compiuta a di-screta velocità e con terreno quanto piùpossibile asciutto.

In casi difficili (strati compatti a no-tevole profondità) è opportuno utilizza-re un ripper, attrezzo analogo ma piùpoderoso, portato da un trattore cingo-lato, capace di effettuare la decompatta-zione oltre il metro di profondità.

In caso di terreni in pendenza, è pre-feribile compiere la lavorazione lungole linee di livello, a meno che non con-venga favorire lo sgrondo delle acquenei terreni poco profondi.

Fertilizzazione. Con essa si punta a mi-gliorare la fertilità di un suolo per mez-zo di sostanze fertilizzanti (ammendan-ti, concimi) che modificano le sue pro-prietà fisico-chimiche e biologiche, perassicurare condizioni ottimali al futuroimpianto.

Nei casi di imboschimenti di terreagricole ricorrete alla fertilizzazione li-mitatamente, riservandola a casi dove lascelta di una specie frugale adatta al-l’ambiente non è possibile e dove la nu-trizione è effettivamente il fattore limi-tante: suoli con scarse riserve minerali,chimicamente poveri e acidi (pH infe-riore a 5, suoli molto sabbiosi, suoli for-temente lisciviati, ecc.), o esauriti in se-guito a colture industriali ripetute o atrattamenti non adatti alle condizionilocali.

Mentre con gli ammendanti (torba,compost, rocce in polvere, ecc.) miglio-ra la qualità del terreno, con la conci-mazione si apporta una sostanza desti-nata a fornire uno o più elementi mine-rali, giudicati in quantità insufficientenel suolo per nutrire le piante.

Per agire correttamente vi può co-munque essere di grande aiuto un’anali-

L’impianto a buche

In alternativa alle lavorazioni a pieno campo o a strisce, nei terreni a forte pen-denza, pietrosi o in appezzamenti di forma irregolare può essere necessario ri-correre a tecniche di lavorazione localiz-zata che preparano il suolo nel sito d’im-pianto di ogni albero sotto forma di bu-che d’impianto cubiche di più o menograndi dimensioni. Nel caso di piccolepiantagioni o in qualsiasi caso in cui nonpossiate lavorare a tutto campo l’appez-zamento, dovete necessariamente ricor-rere ad una delle seguenti tecniche:– buca d’impianto manuale (cm 30 x 30 x30), aperta con la vanga piatta, la zappao il piccone;– buca d’impianto meccanica (dimensio-ni superiori ai cm 30), aperta con la pa-la idraulica (oppure con la trivella, masolamente in terreni sciolti).

1-Aumento dello strato perlustrabile

dagli apparati radicali

3-Azione drenante in suoli pesanti

e asfittici (ripuntatori

detti «aratri-talpa»)

2-Eliminazione di concrezioni

profonde e impermeabili

terreno coltivato

suola di lavorazione

terreno vergine

terreno fresco terreno secco

terreno bagnato

suolo pesante

I benefici della ripuntatura

30 cm

30 c

m

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si di campioni di terreno prelevati dalvostro appezzamento, effettuata da unlaboratorio specializzato. Con tali datiin mano saprete come orientarvi.

Ma senza entrare nei casi specifici, eseguendo una prassi ormai consolidata,potete effettuare una concimazione difondo mediante la sola distribuzione apieno campo (o, in determinate condi-zioni, localizzata) preferibilmente di le-tame maturo (300-800 quintali per etta-ro) e, solamente in caso di evidenti in-sufficienze nutritive, ricorrere ad op-portune correzioni.

Aratura. Gli apporti organici o chimicivanno repentinamente interrati median-te una normale aratura, con la quale siincorporano anche eventuali residuidelle precedenti coltivazioni e si favori-sce il miglioramento strutturale deglistrati del terreno più utili alle piante le-gnose. I suoi effetti sono decisamentemigliori se viene effettuata poco primadell’inverno.

Rifinitura. Con terreno in tempera (conumidità né troppo elevata, né troppobassa), mediante una erpicatura oppureuna fresatura si ottiene lo sminuzza-mento e il livellamento dell’appezza-mento; con questa operazione terminala vera e propria preparazione del suoloil quale è predisposto così alle ultimefasi di lavorazione.

Pacciamatura. È una tecnica di manu-tenzione (sebbene sia posizionata primadella messa a dimora) che consiste nel di-sporre sopra il terreno un materiale il qua-le forma uno strato protettivo al fine di:– impedire lo sviluppo delle erbe infe-stanti che entrano in concorrenza con legiovani piante;– limitare le perdita d’acqua del suolo e

conservarlo fresco;– aumentare o regolare la temperaturadel terreno e migliorarne la struttura ela stabilità strutturale;– influire sulla disponibilità di elementinutritivi nel suolo e sulla sua fertilità.

La pacciamatura è indicata quandovengono messe a dimora piantine di 1-2anni. Con questa pratica si ottiene ungrande risparmio sugli oneri di manu-tenzione dell’impianto nei primi anni disviluppo e, vantaggio ancora più signi-ficativo, una velocità di sviluppo dellepiantine, talvolta eccezionalmente ele-vata, difficilmente ottenibile senza l’u-tilizzo di questa tecnica.

Vi sono due tecniche principali dipacciamatura:

1) impiego di un film in materialeplastico, ad esempio etilvinilacetato lar-go 120 cm e spesso 80 micron (80 mil-lesimi di millimetro), nero e resistenteai raggi ultravioletti, acquistabile in ro-toli del peso di circa 50-60 kg, da sten-dere in continuo lungo le file, manual-mente o con un semplice attrezzo (lapacciamatrice) portato dal trattore. Ibordi laterali del telo vanno interrati.Questa tecnica è da preferire in impian-ti su ex terreni agricoli o comunque do-

ve il terreno è ben lavorato e regolare. Ilsuo utilizzo va ponderato in suoli parti-colarmente umidi. In ogni caso dopo 3-4 anni il film plastico va asportato, me-diante un taglio longitudinale da ese-guire con lama montata su manico,estrazione laterale, arrotolamento diciascuna metà e smaltimento secondolegge;

2) utilizzo di pannelli di forma circo-lare o poligonale che possono essere dimateriale sintetico o naturale, per unapacciamatura localizzata alla base diciascuna piantina. In genere è una tecni-ca più costosa della precedente. È prefe-ribile utilizzare pannelli di spessore re-lativamente grosso, al fine di una mag-giore stabilizzazione, e materiali biode-componibili, quali cartone, fibre organi-che, ecc., che vi solleveranno dalla ne-cessità di un loro recupero. Questo tipodi pacciamatura è consigliabile nel casodi impianti su terreni ripidi, in ambientiboscati e dove può assumere importanzaanche l’estetica. Si può impiegare ancheil cosiddetto tessuto non tessuto (TNT),sempre in rotoli, ma di spessore mag-giore (0,8-2 mm) rispetto al film di ma-teriale plastico.

L’acquisto e la messa a dimora delle piante

Acquistate piantine di origine certa edi ottima qualità. Al momento della

consegna occorre controllare che sianosane, ben conformate e omogenee

Tipologia e qualità delle piante. Unamoderna arboricoltura da legno di qua-lità non può che basarsi sull’utilizzo dimateriale vegetale di qualità. A parte ilcaso del pioppo, ove l’ormai più checinquantennale coltivazione ha permes-so una attestazione e buona conoscenzadegli standard (pioppelle di determinaticloni ad età e dimensioni standard), ilresto dell’arboricoltura italiana poggiatuttora in gran parte su materiali di in-certa origine e qualità.

SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 15

Precauzioni da adottareprima della messa a dimora

Per inavvertenza, può succedere dimettere a dimora delle piante depe-rienti o già morte. Questo tipo di si-tuazione può derivare:– da un’esposizione prolungata delleradici al vento od al sole, da cui de-riva una disidratazione delle piante;– dall’azione del gelo sulle radici osui fusti non sufficientemente lignifi-cati;– da cattive condizioni di trasporto;– dal mancato controllo della qualitàdelle piante al momento del loro ri-cevimento;– da cattive condizioni di stoccaggio.

Banda di film pacciamante: ivantaggi checomporta sono digran lunga maggioridegli svantaggicostituitidall’impatto estetico negativo

Il film pacciamante

deve essereeliminato

3-4 anni dopol’impianto

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Possiamo però dare due consigli:– utilizzate piantine giovani, di 1-2 annid’età, a radice nuda o in contenitore epreferite l’acquisto in vivai in grado digarantirvi ciò che pretendete, la prove-nienza locale e un elevato standard diqualità; – se possibile, richiedete che siano spe-cie selezionate per l’arboricoltura da le-gno.

Controllo del materiale. Assicurateviche le piantine che acquistate apparten-gano alla specie richiesta, che siano sa-ne, ben conformate e omogenee per al-tezza e vigore.

In particolare, se sono a radice nu-da, verificate che l’apparato radicale siaintegro e a sviluppo regolare, con molteradici capillari e privo di vistose potatu-re. Parte aerea e radici dovranno averesviluppo equilibrato: la piantina, posataorrizontalmente sul dito all’altezza delcolletto, deve stare in equilibrio. Il loroacquisto va tassativamente effettuato ariposo vegetativo.

Se sono in contenitore, estraetenequalcuna e verificate che il pane di terrasia ben accorpato con le radici e chequeste siano vive e non intricate (indicedi eccessiva permanenza nel contenito-re). Sezionate qualche radice: deve es-sere bianca al suo interno. Poi osservatela parte aerea: non deve essere danneg-giata o mal accresciuta (a causa di ma-lattie, danni meccanici o errato alleva-mento), e la gemma terminale deve es-

sere sana. L’acquisto delle piante incontenitore può avvenire anche circa 1-

1,5 mesi prima e dopo la fase del riposovegetativo.

Effettuate bene questi controlli, e nelcaso la verifica dia esito negativo, nonesitate a rifiutare il lotto, al fine di evi-tare litigi successivi con il vivaista o iltrasportatore in caso di mancato attec-chimento.

Sebbene le piante con pane di terrasiano più gracili di quelle a radice nuda,esse si conservano molto più facilmenteperché non lasciano mai il loro ambientedi crescita. Le si conserva semplicemen-te entro il loro contenitore facendo atten-zione a mantenere il terriccio umido.Quelle a radice nuda si preparano imbal-landole in sacchi di plastica o in sacchidi carta plastificata nella parte interna,chiusi ermeticamente e contenuti o me-no in un altro imballaggio (per esempioin cartone o in cassetta) al fine di evitareeventuali sbalzi di temperatura.

Trasporto e conservazione delle pian-te. Durante il trasporto si devono pro-teggere le piantine dal sole diretto e dalvento, evitando assolutamente che si di-sidrati il delicato apparato radicale. Nelcaso le piantine non vengano subito po-ste a dimora, vanno temporaneamenteconservate nel seguente modo:– se a radice nuda, va scavata una trinceain zona riparata, detta «tagliola», entrola quale si dispongono le piante e la cuiprofondità deve essere pari a quella del-la lunghezza delle radici. Assicurateviche vi sia un buon contatto tra terreno eradici e tenete umido il terreno;– se in contenitore o conservate in sac-chi plastici devono essere sistemate inuna zona leggermente ombreggiata efresca: sotto una tettoia a temperaturaambiente o sotto una piantagione situa-ta in prossimità del sito di impianto. Sitratta di evitare il disseccamento dellepiante a causa del vento ed il riscalda-mento eccessivo a causa del sole (ec-cessiva traspirazione). Una riumidifica-zione regolare (per irrigazione) permet-te di soddisfare senza difficoltà il lorobisogno idrico.

Preparazione delle piante. Potate contaglio netto le radici spezzate, quelle ec-cessivamente lunghe, ad andamentoorizzontale o a «chignon» (avvolte aspirale). Le radici capillari possono es-sere accorciate 1/3 della lunghezza.

L’apparato radicale delle piantine aradice nuda può essere sottoposto a unsemplice trattamento di imbozzimatura(chiamata anche inzaffardatura) che fa-vorisce l’attecchimento e una buona ri-presa: preparate una mistura in pari pro-porzioni di acqua, sterco bovino e terre-no, e immergetevi per qualche istante leradici prima dell’impianto.

Prima della messa a dimora effettua-te anche un controllo della parte aerea:

16 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

gemma terminale sana

età 2 anni:pianta giovane

CATTIVOBUONO

fittone lungo e radici ben sviluppate e fresche

colletto grosso

fusto unico e diritto

Qualità del materiale vivaistico

Messa in tagliola di piante a radicenuda. Di norma si effettua in terrenisabbiosi, o addirittura in sabbia, alfine di mantenere fresche le radici. 1-Apertura del primo solco e posizio-namento delle piante. 2-Apertura delsecondo solco e contemporaneachiusura del primo solco. 3-Nuovoposizionamento

1

2

3

fittone corto e radici poco sviluppate

colletto sottile

età 4 anni:pianta vecchia

fusto flessuoso e diviso

gemma terminale danneggiata

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osservate attentamente la piantina te-nendola con una mano e facendola ruo-tare, potate le eventuali parti secche, irami concorrenti con la cima e date pro-porzione ad eventuali asimmetrie.

Tecnica di messa a dimora. Varia a se-conda che si utilizzi o meno la paccia-matura.

Messa a dimora su pacciamatura.Sulla pacciamatura devono essere statisegnati a idonea distanza i punti d’im-pianto (con colore spray o con picchettoil cui colore serve a contraddistinguerela specie); su questi si effettua un taglioa «X», oppure a «T» o a mezzaluna, nelcaso di impianto manuale. Scavata unapiccola buca, preferibilmente si pone sulfondo una pastiglia di concime a lentacessione e quindi:– se la piantina è a radice nuda, la si po-ne a dimora facendo in modo che le ra-dici siano interrate nella posizione natu-rale e che il colletto sia all’altezza dellivello del terreno o poco sopra;– se la piantina è in contenitore, il panedi terra va estratto dal contenitore stes-so, posto delicatamente nella buchetta equindi interrato.

In ogni caso badate a mantenere ilcolletto a livello del terreno o poco so-pra, mai sotto. Un poco di ghiaia postasopra stabilizzerà la pacciamatura.

Per impianti di una certa dimensioneè conveniente utilizzare il palo trapian-tatore (vedi foto a pag. 25), un sempliceattrezzo che rende spedita l’operazioned’impianto (diverse centinaia di pianteal giorno). Terminate l’impianto conuna leggera costipazione del terreno at-torno alla piantina da effettuare col tal-lone. Irrigate infine con 5-10 litri d’ac-qua per pianta.

Messa a dimora su terreno nudo.Picchettato precedentemente il puntod’impianto e scavata una buca di alme-no cm 30x30x30, ponete preferibilmen-te una pastiglia di concime a lenta ces-sione sul fondo assieme ad un poco delterreno organico più superficiale, posi-zionate l’apparato radicale in manieraordinata, il colletto leggermente solle-vato rispetto al livello del terreno (inambienti aridi si può infossare legger-mente in modo da favorire l’accumulodi acqua piovana) quindi interrate costi-pando leggermente e irrigate con 5-10litri d’acqua per pianta. Infine, se l’ave-te prevista, collocate e stabilizzate benela pacciamatura localizzata, sia essa informa di piastra, di film oppure di tiposciolto (paglia, fieno, ecc.).

Tutoraggio. Durante i primi anni di ac-crescimento delle giovani piantine è im-portante che l’asse di sviluppo sia man-tenuto verticale. Non di rado tale carat-teristica è intrinseca nella specie (pau-lownia, pioppo); in altri casi, spesso per

la notevole fertilità del suolo, la piantinatende a piegarsi spontaneamente o dopoqualche evento meteorico intenso. È ilcaso ad esempio dei frassini, degli acerie soprattutto dei noci. In tal caso l’artedel potatore è messa a dura prova, espesso non basta l’accorgimento di avermantenuto una chioma bassa. L’impiegodi una canna di 2,5-3 metri di altezzapuò salvare la situazione: essa va ben in-fissa verticalmente al piede della pianti-na, che verrà progressivamente vincola-ta ad essa tramite legacci elastici con le-gatura morbida a «8».

Protezioni. Una recinzione – anche secostosa – può essere efficace per limita-re l’accesso a persone o animali; nonsempre però è permessa fuori dai centriabitati.

Più semplice è limitare i danni degli

erbivori, problema spesso trascurato eche va invece valutato per tempo: senon protetti nei primi anni, impiantiprossimi a boschi, o comunque in zonedove risiede fauna selvatica (caprioli,lepri, ecc.), possono subire danni permorsicature e abrasioni. Tali dannispesso costringono alla sostituzionedelle piante.

La soluzione più razionale consistein una protezione localizzata chiamata«shelter»: un tubo di rete o di materialeforato, in genere di plastica, che circon-da la giovane pianta (vedi foto a pag.25). Ci sono numerosi modelli; preferi-te quelli robusti a rete, di altezza rap-portata al tipo di animali da ostacolare.Lo shelter va sempre associato ad unacanna che lo sostiene. Verrà asportatoquando la pianta sarà fuori pericolo,cioè dopo 3-5 anni dall’impianto. ❏

SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 17

A sinistra. Imbozzimatura (inzaffardatura) dell’apparato radicale di una giovanequercia. A destra. Applicazione di uno shelter, una protezione della giovane pian-tina dai morsi degli erbivori

SÌ NO

Impianto con piantine a radice nuda

pianta non potata

pianta inclinata

colletto interrato

radici ritorte

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20 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

L’arboreto richiede, durante il suosviluppo, una costante attenzionenei riguardi dello stato di salute

delle piante e del loro corretto accresci-mento. Con il passare del tempo inter-verrete anche con un’azione di dirada-mento selettivo.

Tutto è indispensabile per giungerecon il massimo dei risultati al traguardofinale, cioè alla produzione di legno diqualità.

La difesa dai parassiti e la concimazione

Ricorrete agli antiparassitari solo sestrettamente necessario. In qualche caso possono risultare utili anche

le concimazioni

Difesa antiparassitaria. Ogni specievegetale è contornata da organismi adessa legati. In determinate circostanze,spesso di squilibrio ecologico, tali orga-

nismi (batteri, funghi, insetti, ecc.) pos-sono causare danni o addirittura la mor-te della pianta.

Le piantagioni miste favoriscono labiodiversità e con essa il mantenimentodegli equilibri ecologici, ma un impian-to da legno è pur sempre una coltivazio-ne, voluta e guidata dall’uomo: tenetesotto controllo l’impianto, ma interve-nite con eventuali prodotti antiparassi-tari solamente dopo una diagnosi sicuradi un esperto forestale.

Nel caso della pioppicoltura il pro-blema è diverso: portare a produzioneun lotto senza trattamenti antiparassita-ri è piuttosto improbabile.

Concimazioni. Dopo la concimazionedi fondo pre-impianto, può talvolta rive-larsi utile concimare la piantagione du-rante lo sviluppo, con cadenza e quan-tità da definirsi caso per caso: piante ni-trofile (amanti dei composti azotati) arapido accrescimento possono trarreforte giovamento da concimazioni azo-tate organiche o di sintesi, com’è il casodella paulownia e del pioppo.

Attenzione e prudenza vanno inveceriservate a piante più tipicamente fore-stali in impianti a ciclo lungo, dove leesigenze in nutrienti in genere sonosoddisfatte dal terreno.

Le potature Sono necessari interventi di potatura:di formazione per dare la giusta forma

alla pianta, e di produzione per ottenere tronchi puliti e privi di nodi

I fusti legnosi di qualità devono esse-re rettilinei, privi di nodi, con accresci-menti regolari. Questo risultato si ottie-ne allevando gli alberi con opportuni in-terventi di potatura che accompagnanola crescita, concentrati nei primi anni (equindi solamente nella parte più internadel fusto). Questi devono essere:– moderati, per non squilibrare il meta-bolismo della pianta;– progressivi, per eliminare i rami infe-riori prima che raggiungano un diame-tro eccessivo (più di 3 cm);– effettuati con strumenti affilati, senzaslabbrature e tali da preservare l’ingros-samento alla base del ramo (vedi riqua-dro a pag. 21 in alto).

A seconda dello scopo e del momentod’intervento, si distinguono due catego-rie di potature, che in arboricoltura da le-gno assumono significati diversi rispettoalla ben più nota arboricoltura da frutto.

Tagli di formazione. Servono a dare lagiusta forma alla giovane pianta per ot-

Le cure colturali e la raccolta del legname

Schema della potatura del pioppo

primo passaggio secondo passaggio terzo passaggio

Nei pioppeti industriali si punta ad ottenerela produzione di fusti utili di 7 metri tramite tre passaggi di potatura (vedi schema sottostante)

In alcuni casi può essere necessario ri-correre ai trattamenti antiparassitarianche in arboricoltura da legno. Nellafoto: saperda del pioppo (mm 25-30)

3,5

met

ri

5-5,

5 m

etri

7met

ri

9-10

met

ri

12-1

3 m

etri

15-1

6 m

etri

Gli interventi si effettuano al raggiungimento delle altezze indicate, tenendoconto che orientativamente il pioppo cresce di 1,5-2 metri all’anno

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 21

tenere fusti diritti. In genere si protrag-gono sino ad ottenere fusti di 6-8 metri;oltre quest’altezza la potatura diventadifficile e antieconomica.

I tagli vengono effettuati sulle piantecandidate a produrre legno di qualità.Tendono alla correzione delle doppiepunte e alla eliminazione dei rami inconcorrenza con la cima (vedi riquadroqui sotto).

Talvolta rami eccessivamente vigo-rosi si possono eliminare in due tornateper non squilibrare la pianta: nella pri-ma si cimano, bloccandone lo sviluppo;nella seconda si taglia il rimanente.Questa tecnica dà risultati con molte la-tifoglie, ma non con i noci, per i qualiconviene ridurre la vitalità del ramopiegandolo verso il basso.

Non di rado accade di dover recupe-rare una cima persa per danni meccani-ci, parassiti, gelo, ecc. In tal caso si ope-ra con la tecnica della «ripresa di ci-ma», che consiste nel raddrizzare versol’alto un ramo vigoroso ma non ancoralignificato, legandolo ad un ramo oppo-sto o ad un tutore, al fine di indurlo atrasformarsi in nuova cima. Se l’opera-zione è ben effettuata, dopo qualche an-no è difficile riconoscere il punto di ri-presa. Tale tecnica si adotta anche perallungare il fusto in piante a scarsa do-minanza apicale (con accrescimentoterminale ridotto) o con pseudo-dicoto-mia (con due gemme terminali), comela paulownia.

Tagli di produzione. Hanno lo scopodi ottenere tronchi puliti e privi di nodi.Quando si inizia ad effettuarli? Lo dicel’altezza della pianta: nel caso del noceintorno ai 3 metri, per altre latifoglienobili (ciliegio, frassino, noci, ecc.) in-torno ai 4 metri, che diventano 5-6 nelcaso siano accompagnate da altre spe-cie. Alberi isolati richiedono interventipiù precoci (maggiore ramosità).

Un albero maturo dovrebbe avere un

fusto pulito di 4-5 metri se si tratta di unnoce, di 5-6 se si tratta di altre latifoglie.

Una regola fondamentale («regoladel terzo») definisce quanto tagliare: nonbisogna eliminare rami per più di un ter-zo dell’altezza totale dell’albero. Fannoeccezione la paulownia, con la quale ci sipuò spingere fino a metà, e le conifereper le quali ci si deve limitare a due quin-ti (vedi schema a pag. 22 in basso).

I diradamenti Servono a ridurre la densità delle piante e a concentrare su pochi

individui l’intera produzione di legnoper ottenere fusti di qualità

in minor tempo

Quando si pianta a sesto fitto o quan-do si pianta con accompagnamento sideve prima o poi intervenire per elimi-nare gli alberi soprannumerari. Questaoperazione prende il nome di dirada-mento.

All’interno di una data superficie diarboreto, quando la copertura è colma,la produzione totale di legno (metri cu-bi di legname prodotti annualmente) di-pende dalla fertilità del suolo, dalle spe-cie presenti e dall’età media degli albe-ri, ma è indipendente dal loro numero.

Con i diradamenti si riduce progres-sivamente il numero degli alberi in mo-do da concentrare su pochi individuil’intera produzione di legno ed ottenerein minor tempo fusti grossi.

Per essere efficaci i diradamenti de-vono essere sempre tempestivi, in mododa evitare che gli individui della stessaspecie entrino in concorrenza tra loro oche gli alberi principali siano danneg-giati dalla eccessiva concorrenza dellespecie di accompagnamento.

Per capire quando è giunto il mo-mento di effettuare un diradamento sipossono usare due sistemi.

Monitoraggio dell’incremento. Siscelgono all’interno dell’impianto alcu-ni individui (circa 10 per ettaro) ed an-

taglio corretto

taglio non corretto

taglio non corretto

Tagli di formazione. Correzione di cima mediante: legatura e piegatura dei rami concorrenti (1); taglio dei rami concor-renti (2); sostituzione del cimale con un ramo poco inclinato e vigoroso (3); taglio di una cima spezzata a livello di unagemma laterale (4); accorciamento dei rami concorrenti (5)

1 2 3 45

Corretta esecuzionedei tagli di potatura.Il taglio deve rispetta-re l’ingrossamento al-la base del ramo (col-lare) in cui la piantaconcentra i sistemi didifesa e di rimargina-zione. D’altro cantonon si devono lasciaremonconi che alla lun-ga daranno luogo allaformazione di nodi.Allo stesso tempo nonsi deve tagliare troppoin prossimità del fustoper evitare di danneg-giarlo. La superficie interessata dal taglio deve essere il più possibile ridotta: intal modo i tempi di cicatrizzazione risulteranno accelerati. Risulta inutile o dan-noso l’utilizzo di paste cicatrizzanti

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nualmente, alla fine della stagione vege-tativa, si misura il diametro «a pettod’uomo» (metri 1,3 da terra).

Se l’albero cresce in buone condizio-ni, nei primi anni l’incremento corrente(annuale) di diametro aumenterà, fino astabilizzarsi su ritmi sostenuti; se ad uncerto punto, senza che intervenganocause esterne (avversità climatiche o pa-rassitarie) l’incremento inizia a calare,

vuol dire che sono subentrati fenomenidi competizione: è il momento di dira-dare, per ridare il giusto spazio agli al-beri candidati.

Osservazione del profilo verticaledella chioma. Si osserva il profilo verti-cale della chioma dei singoli alberi can-didati; se sono presenti foglie vive perun’altezza inferiore alla metà dell’altez-za totale, vuol dire che la chioma co-

mincia a «filare» e che le va data luce.I diradamenti possono essere regola-

ri (geometrici) o irregolari (a scelta). Nel primo caso si tagliano in modo

regolare gli individui soprannumerari,seguendo uno schema rigido. Ciò è ap-plicabile quando lo sviluppo medio deidiversi individui è omogeneo e non èquindi molto rilevante qual è l’indivi-duo da lasciare in piedi.

Quando invece la qualità degli indi-vidui è disomogenea, è meglio effettua-re una selezione individuale, cercandodi garantire comunque una buona co-pertura della superficie ed una suffi-ciente spaziatura tra i diversi individui.

Tra gli alberi che competono lateral-mente con l’albero candidato che si èdeciso di mantenere, si agisce su quellicodominanti (alberi le cui chiome occu-pano lo stesso livello nel piano domi-nante), eliminando quelli che compri-mono maggiormente la chioma dell’al-bero candidato.

Per gran parte degli alberi a legnamepregiato, coltivati a grande spaziatura(ad esempio i noci), non fa una grandedifferenza se la concorrenza con gli in-dividui vicini non è perfettamente omo-genea in tutte le direzioni. Nello sche-ma a pag. 23 è mostrata la differenza traun diradamento geometrico ed un dira-damento a scelta.

Per seguire in modo attivo lo svilup-po di un arboreto conviene eseguire unleggero diradamento ogni 4-8 anni,agendo soprattutto sul piano dominante(diradamento dall’alto) e lasciando in-vece un buon numero di individui do-minati ad accompagnare quelli domi-nanti.

L’abbattimento e l’esbosco degli alberi

L’arboreto fornisce legname in occasione dei diradamenti e alla fine

del turno. Ecco come procedere per raccogliere il legno

Rispetto ai boschi, negli arboreti dalegno la raccolta del legname da lavoroè molto più semplice: i terreni utilizzatiper l’arboricoltura infatti sono quasisempre terreni agrari, di scarsa penden-za e serviti da una fitta rete viaria pree-sistente o realizzata all’atto della pian-tagione.

Come visto precedentemente, all’at-to dell’impianto è molto importantepensare alla futura esigenza di gestirel’impianto e di esboscare facilmente illegname, creando un reticolo di vie dimanutenzione e di esbosco.

Negli arboreti a ciclo breve (comenel caso del pioppeto nell’area di golenadell’azienda Giono) solitamente l’utiliz-zazione avviene «a raso», si abbattono

22 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

Sostituzione di unacima («ripresa di

cima»). Nel caso incui sia venuta a

mancare la cimadella giovane pianta

(1) è possibile sostituirla con un

ramo vigorososcelto tra i più

verticali,raddrizzandolo

mediante legatura(2) e liberandolo

l’anno seguente (3)

12

3

14

I tagli di produzione iniziano quando le giovani piante raggiungono i 3-4 metridi altezza: essi devono essere graduali e progressivi nel tempo; di solito si potail fusto fino ad un’altezza corrispondente ad un terzo dell’altezza dell’albero

h= 3-4 metri

h= 12-15 metri

1/3 h1/3 h

Riceppatura. Recupero di un giovane albero malformato(1) mediante riceppatura (2). L’anno successivo laceppaia emetterà dei polloni (3) tra i quali si sceglierà il più vigoroso (4)

2

3

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cioè contemporaneamente tutte le pian-te presenti sulla superficie da utilizzare.

Il cantiere di lavoro avanza in modoordinato: si abbattono in modo direzio-nato una fila alla volta, si seziona il fu-sto nei diversi assortimenti (tronchi dalavoro, tronchetti da cartiera, ramagliada triturazione, ecc.), variabili a secon-da della specie e delle condizioni dimercato (1) e si esbosca con trattori ocon camion il materiale, caricandolodirettamente sul letto di abbattimento.

Negli arboreti a ciclo lungo, solita-mente consociati, in occasione dei dira-damenti si effettuano abbattimenti dire-zionati lungo le linee di diradamento,nei quali gli alberi vengono abbattuti,sramati e depezzati uno di seguito al-l’altro.

I tronchetti (destinati a fornire legnada ardere a pezzi se di scarso valore, op-pure ad utilizzi di maggior pregio se ri-cavati da specie di accompagnamentodi pregio che hanno già raggiunto di-mensioni mercantili) vengono accata-

stati a lato delle fasce esboscate mentrela ramaglia viene accumulata al centro;successivamente, se vi è convenienza araccogliere le ramaglie per produrre le-gno-energia, si passa lungo le file condelle imballatrici di sarmenti, deposi-tando le balle prodotte lungo la fila eraccogliendole successivamente; altri-menti conviene passare con un trincia-sarmenti forestale e lasciare sul posto illegno triturato. Alla fine si passa a rac-cogliere i tronchetti destinati a fornirelegna da ardere a pezzi o legname da la-voro e le eventuali balle di ramaglia.

Nel caso gli alberi da diradare abbia-no già raggiunto dimensioni notevoli edesista il rischio di provocare danni aglialberi che restano in piedi (è il caso del-l’arboreto misto di paulownia e nocenero dell’azienda Giono), è opportunotagliare la chioma degli alberi quandosono ancora in piedi, operando da uncestello aereo del tipo utilizzato per lepotature in pioppicoltura.

Alla fine del turno, anche in questi

arboreti si esegue un taglio a raso se-condo le modalità illustrate per gli ar-boreti a ciclo breve.

In alternativa, nel caso di alberi dimodeste dimensioni e nel caso vi siaconvenienza a recuperare il legname tri-turato per l’industria dei pannelli o perla produzione di energia, si può ancheprevedere di esboscare gli alberi interi,trainandoli con il trattore oppure con unverricello collegato alla presa di forzadel trattore (in questo secondo caso iltrattore resta al di fuori dell’arboreto).Una volta esboscati, si triturano gli al-beri interi, riducendo così i tempi ed icosti di lavorazione. ❏

(1) Nel caso del pioppo solitamente sonoprevisti tre assortimenti: tronchi da sfoglia-tura, tronchetti da cartiera, materiale da tri-turazione; se però localmente è presente unadomanda di legno-energia per alimentarecentrali termiche e elettriche, può essereconveniente creare solo due assortimenti:tronchi da sfogliatura e legname da tritura-zione.

SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 23

Modalità di diradamento di un arboreto da legno(caso di impianto a schema quadrato)

Legenda. = albero rilasciato; = albero tagliato (specie principale)

= albero tagliato (specie di accompagnamento) = direzione di avanzamento del lavoro

4° caso: diradamento selettivo

3° caso: diradamento geo-metrico incrociato paralleloe trasversale: eliminazionedel 75% degli individui

1° caso: diradamento geometrico parallelo al-le file della sola specie di accompagnamento

2° caso: diradamento geometrico incrociatodella sola specie di accompagnamento

Una volta eliminata la specie di accompagna-mento, la specie principale potrà essere dira-data in una fase successiva secondo le moda-lità di diradamento illustrate per gli arboretinon consociati (vedi qui a fianco)

Arboreto non consociato Arboreto consociato

1° caso: diradamento geo-metrico parallelo alle file:eliminazione del 50% degliindividui

2° caso: diradamento geo-metrico trasversale rispettoalle file: eliminazione del50% degli individui

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24 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

Il principale prodotto degli arboreti dalegno è il legname da lavoro. Alla suavendita va dedicata una grande atten-

zione e ad essa ci si deve preparare pertempo.

La vendita del legname Ecco i nostri consigli per vendere

al meglio i principali prodotti dell’arboreto: il legname da lavoro

e la legna da ardere

Salvo che nel caso degli arboreti a ci-clo breve (in particolare pioppeti) dove iltempo a disposizione per vendere è limi-tato (massimo 1-2 anni), in arboricolturada legno si ha il vantaggio di poter atten-dere il momento migliore per vendere.Qualsiasi arboreto produce la quantità mi-nima di legname necessaria per costituireun lotto in grado di attirare l’attenzionedei compratori (circa 25-30 metri cubi) eciò è un vantaggio rispetto ai boschi pri-vati dove spesso la quantità di legname dipregio a disposizione è modesta.

La vendita del legname da lavoro puòavvenire in diversi modi:– vendita in piedi: preventivamente sicalcolano le dimensioni degli alberi inpiedi, utilizzando un cavalletto forestaleper la misura del diametro ed una tavoladi cubatura per il calcolo del volume; sistima quindi la qualità del legname, sud-diviso in almeno due assortimenti (tranciao sfogliatura e carpenteria) e si stabilisceun prezzo di vendita in piedi dei diversiassortimenti (1). Si mettono quindi in con-correnza diversi compratori. Il vantaggiodella vendita in piedi è che chi compra siaccolla il rischio che la qualità del legna-me non sia quella prevista e gli oneri del-l’esbosco. Per contro, proprio perché chicompra affronta vari rischi, il prezzo divendita è più basso;– vendita di legname allestito: il vendi-tore effettua l’intera utilizzazione ed allafine prepara dei lotti omogenei per qua-lità, dimensione, ecc., misurati in modopreciso. Anche in questo caso si invitanovari acquirenti, magari in un’unica occa-sione, effettuando una vera e propria asta(1). Il prezzo di vendita in questo caso saràanche notevolmente superiore perchél’acquirente corre molti meno rischi.

Gli arboreti, come visto, possono pro-durre anche parecchia legna da ardere.Questa può essere venduta a pezzi (se dispecie a legname duro, quali il carpinobianco utilizzato per la consociazione de-gli arboreti dell’azienda Giono) o triturata(per caldaie a legno cippato ad alimenta-zione automatica).

Nel caso della legna da ardere a pezzila vendita è più semplice: il prodotto ha

un prezzo che varia poco da specie a spe-cie; il mercato è vivace (frequenti sono lecompravendite) ed il quantitativo che an-che una piccola proprietà può porre invendita è significativo.

La legna da ardere a pezzi può esserevenduta in vari modi ed avere di conse-guenza prezzi molto variabili:– vendita del lotto in piedi: dopo averstimato la massa legnosa ritraibile la sivende ancora in piedi. In questo caso i ri-schi sono numerosi: può accadere infattiche venga sottostimata la massa ritraibilee che l’utilizzatore arrechi gravi danni alterreno ed alle piante a legname pregiatoancora in piedi;– vendita alla parte: chi vende si accordacon chi taglia; quest’ultimo paga «in natu-ra», lasciando al proprietario una parte diquanto tagliato; i rischi sono gli stessi il-lustrati sopra;– vendita su strada, in catasta: il pro-prietario utilizza in prima persona o fa uti-lizzare ad una ditta specializzata la legna,prepara le cataste forestali a piè di strada evende a metro stero le cataste;– vendita posta a casa: in questo caso ilproprietario cura anche il trasporto fino

alla destinazione finale della legna; la le-gna può essere tagliata in tronchetti di unmetro o già ridotta a misura definitiva espaccata. Visto che la legna viene caricatasu un carro o su un camion, la si può pe-sare con precisione.

La legna cippata invece è ancor oggipoco richiesta. La domanda si attiva sololaddove nascono centrali termiche o ter-moelettriche alimentate a cippato.

La vendita degli altriprodotti e servizi

Non solo legno: l’arboreto produce anche servizi che localmente possono in-

teressare soggetti pubblici e privati

La vendita degli altri prodotti non le-gnosi e dei servizi degli arboreti è moltopiù complicata. Vediamo alcuni casi:– vendita del diritto di pascolo per leapi: solitamente si chiede all’apicoltorenomadista che viene a sfruttare le fioritu-re il pagamento di una data cifra per ognialveare portato (2-3 euro);– vendita di prodotti officinali (adesempio corteccia di frangola): va semprepreliminarmente verificata l’esistenza diun acquirente disposto a pagare un prezzosufficientemente remunerativo; il lavorodi raccolta e preparazione del prodotto vasempre eseguito secondo le indicazionifornite dal compratore;– vendita della creazione di habitat perla selvaggina: il servizio deve essere rico-nosciuto dal soggetto che riceve il benefi-cio, in questo caso ad esempio una riservadi caccia o un ATC (Ambito Territorialedi Caccia);– vendita del servizio di depurazionedell’acqua: l’impianto deve essere idrau-licamente interconnesso con il corpo idri-co da difendere o depurare; il servizio de-ve essere riconosciuto dal soggetto che ri-ceve il beneficio (ad esempio soggettopreposto alla depurazione delle acque);– vendita del servizio di sicurezzaidraulica: l’arboreto deve essere piantatosu un’area alluvionabile in modo da per-mettere all’acqua di sommergerlo in casodi una piena (cassa di espansione); il ser-vizio deve essere riconosciuto dal sogget-to che riceve il beneficio (ad esempio sog-getto preposto alla gestione dei fiumi). ❏

(1) Per tutte le operazioni descritte è bene affi-darsi ad un professionista di fiducia che curi lecomplesse fasi che portano alla vendita del le-gname. Il costo della prestazione professiona-le del consulente che vi assisterà nella vendita(pari al 5-10% del valore del lotto) sarà piùche compensato dall’incremento di valore cheun capace professionista riuscirà a spuntarenel collocare il vostro prodotto sul mercato.

La vendita dei prodotti

La legna da ardere è un importanteprodotto degli arboreti da legno

Un arboreto da legno dopo la completautilizzazione: ora è necessario saperanche vendere i suoi preziosi prodotti

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 25

La coltivazione degli alberi a legna-me pregiato richiede una comples-sa dotazione di macchine ed attrez-

zature. Alcune, necessarie in particolareper la preparazione del terreno, non valela pena acquistarle visti l’alto costo ed illimitato uso; in questo caso si ricorre adun contoterzista per l’esecuzione delleoperazioni. Di seguito passiamo in rasse-gna le macchine e le attrezzature che èinvece opportuno possedere per eseguirein proprio le varie operazioni descritte inquesta guida. Non vengono illustrate lemacchine e le attrezzature che si dà perscontato siano già ordinariamente pre-senti in un’azienda agricola (ad esempiomotocoltivatore, carro agricolo, ecc.).

Impianto dell’arboreto

Bastone trapiantatore (1): attrezzorecentemente introdotto in Italia daiPaesi scandinavi che serve a facilitare lamessa a dimora di giovani piante fore-stali con pane di terra; permette di scava-re la buchetta di impianto e collocarvi al-la giusta profondità la piantina senzamai doversi chinare e con rese di im-pianto che possono superare facilmentele 1.000 piantine al giorno.

Piastra pacciamante (2): si tratta disemplici fogli di cartone additivato consostanze che ne prolungano la durata al-

l’aperto, fogli di materiali plastici o dipiastre di fibre di legno che, poste ai pie-di delle giovani piante, impediscono lacrescita dell’erba. Sono da impiegare so-prattutto laddove non è possibile o non sivuole (per motivi estetici) procedere allastesura di film pacciamanti continui.

Difesa delle piante

Shelter (3): quando i nuovi impiantivengono effettuati in aree ricche di faunaselvatica che può danneggiare le piantine(lepre, coniglio selvatico, cervidi), si pos-sono realizzare delle recinzioni oppure sipossono difendere individualmente lesingole piante ricorrendo agli shelter: sitratta di manicotti di rete plastica o di ma-teriali plastici trasparenti (policarbonato)con cui si fascia la parte basale delle gio-vani piante per evitare brucature e strofi-namenti (pulitura del palco dei cervidi).Ne esistono di varia foggia e dimensione,adatti alle diverse specie ed alle diversecondizioni di impiego.

Pompa per trattamenti alla chioma(4): nel caso si coltivino specie che ne-cessitano di ordinari o straordinari tratta-menti antiparassitari (pioppo, noce comu-ne, ciliegio selvatico) si utilizzano pompeportate dal trattore e dotate di lance o disoffiatori in grado di raggiungere con ilgetto altezze di almeno 10-15 metri.

Cure colturali

Pompetta elettrica a getto scherma-to (5): attrezzatura nata per il diserbo lo-calizzato in cerealicoltura, orticoltura efrutticoltura che può essere impiegata an-che nel campo dell’arboricoltura da legnoper effettuare diserbi localizzati al piededelle giovani piante. Il getto di misceladiserbante è schermato da una campanache evita il contatto tra il prodotto impie-gato ed i giovani fusti. Molto pratici sonoi modelli a motore elettrico con batteriaricaricabile a rete, che hanno autonomiadi diverse ore (fino a 6-8) e non hanno gliinconvenienti delle pompette a motore ascoppio (rumore, gas di scarico).

Decespugliatore (6): macchina di re-cente diffusione anche nella piccolaazienda agraria, che permette di rispar-miare un’ingente quantità di tempo e difatica in tutti i contesti in cui si vogliacontrollare lo sviluppo delle erbe selvati-che, dei sarmenti e degli arbusti. Comenel caso della motosega (vedi più avanti),il suo impiego va sempre associato all’uti-lizzo di adeguati dispositivi di protezioneindividuale (visiera, cuffia, calzature conpuntale rinforzato, indumenti adeguati).

Mini trinciasarmenti (7): macchinasemovente di peso e dimensioni limitate(kg 150-200) azionata da motore a scop-pio, che permette di svolgere gran parte

Le piccole macchine e le attrezzature necessarie per i lavori nell’arboreto

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26 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

dei lavori che si possono fare con il de-cespugliatore ma con un’efficienza mol-to maggiore. Un pregio molto importan-te è che permette di triturare l’erba ed isarmenti. Il costo è relativamente eleva-to (3.000-3.500 euro) e l’acquisto si giu-stifica quando si devono manutenziona-re arboreti di alcuni ettari.

Trinciasarmenti forestale (8): mac-china simile ai normali trinciasarmentiutilizzati in arboricoltura da frutto ed in

viticoltura ma più robusta, adatta a tritu-rare ramaglie anche di grosse dimensioni,macchie di arbusti e vegetazione infestan-te in genere. È la macchina ideale per te-nere in ordine estese aree ad arboreto dalegno, a patto che la superficie sia regola-re e facilmente transitabile con la trattriceagricola in dotazione all’azienda.

Strumenti ed attrezzature per lapotatura degli alberi da legno (9): lapiccola azienda agraria che coltiva alberia legname pregiato deve disporre di unkit di attrezzi da potatura composto alme-no da: cesoie (a), seghetti (b), troncara-mi (c), aste telescopiche (d).

Per facilitare il lavoro, sul mercato so-no recentemente comparse attrezzature adaria compressa od a motore (elettrico ed ascoppio); il loro acquisto però si giustificasolo nel caso di estesi arboreti da legno.

Macchine ed attrezzature per le utilizzazioni forestali

Motosega (10): per i diradamenti so-no adatte motoseghe di potenza limitata(1,5-2,5 CV) con spranga lunga 30-35cm; la scelta si deve indirizzare soprattut-to verso macchine caratterizzate da bassopeso a vuoto (kg 3,5-4), da rumorosità in-feriore ai 100 decibel e da vibrazioni con-tenute. Per gli abbattimenti finali invecesono indicate macchine di 4-6 CV di po-tenza e spranga lunga 35-40 cm.

Protezioni individuali (11): l’usodelle motoseghe e dei decespugliatoriagevola enormemente il lavoro ma espo-ne l’operatore a rischi molto elevati: è

pertanto indispensabile dotarsi sempredi vestiario e di protezioni individualiadeguate per evitare i rischi derivantidagli organi di taglio e dal rumore. Ladotazione ottimale di protezioni indivi-duali prevede l’uso di: salopette conpantaloni antitaglio (a), casco con visie-ra e cuffie antirumore (b), guanti antita-glio (c), scarponi o stivali con puntale esuola rinforzati con lama di acciaio (d).

Attrezzature per i lavori di utiliz-zazione forestale: i lavori di abbatti-mento e di allestimento degli alberivengono facilitati da alcune semplici at-trezzature di costo contenuto reperibilipresso ditte e negozi specializzati.– Cordella metrica autoavvolgente(12): facilita la misurazione dei tronchidopo l’abbattimento per ottenere assor-timenti della misura desiderata; l’ope-ratore la tiene legata alla cintola e la ag-gancia all’inizio del tronco cosicchéspostandosi la svolge; questa attrezza-tura permette di eseguire tagli di lun-ghezza molto precisa.– Cunei e leve di abbattimento (13): so-no attrezzi adoperati per facilitare l’at-terramento degli alberi di maggiori di-mensioni.– Paranco manuale (14): questo appa-recchio facilita la trazione di funi e siimpiega per direzionare la caduta di al-beri «difficili», mettendoli in trazionecon funi.– Pinze e zappini (15): facilitano lo spo-stamento ed il trascinamento dei tronchisul letto di abbattimento.– Taniche gemellate per miscela ed olio(16): riducono il numero degli oggettiche bisogna portare con sé durante i la-vori di utilizzazione.– Verricelli (17): facilitano lo sposta-mento dei tronchi e la loro estrazionedal cantiere di utilizzazione; i verricellipermettono di estrarre il legname anchein salita; sono azionati da motori indi-pendenti, dalla presa di forza del tratto-re od anche dal motore della motosega(miniverricelli). ❏

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Numerose sono le specie che inItalia possono essere coltivate se-condo i principi e le tecniche del-

l’arboricoltura da legno. Alcune di essesono indigene (ciliegio selvatico, frassi-no maggiore, farnia); altre invece sonoesotiche, introdotte in Italia in epochepiù o meno recenti (noce comune, nocenero, paulownia). Il pioppo è un caso aparte perché quello coltivato è costituitoda ibridi ottenuti incrociando tra loro di-verse specie, tra cui anche il pioppo nerospontaneo anche in Italia.

Trattandosi di una coltura agricola, inarboricoltura da legno è relativamentepoco importante porsi la domanda se laspecie è indigena o meno: si coltiva laspecie che localmente è in grado di ri-spondere al meglio agli obiettivi per cuisi pianta un arboreto. L’unica preoccupa-zione che bisogna avere è l’eventualetendenza della specie coltivata a sfuggirealla coltivazione ed a naturalizzarsi, co-me successo ad esempio con la robinia,

tendenza che a volte crea problemi dicompetizione con le specie indigene.Nessuna delle specie trattate in questaguida pone questo tipo di problema.

Osservando l’elenco delle specie im-piegabili, salta all’occhio che le coniferesono molto poco rappresentate. In passa-to ci furono in Italia periodi di grande in-teresse per le piantagioni di alcuneaghifoglie (in particolare douglasia e pinostrobo). Oggi l’interesse per le conifere èestremamente limitato e solo nell’Italiameridionale si piantano alcune specie; diesse tratteremo dunque in modo limitato.

Descriveremo invece in modo detta-gliato alcune specie di latifoglie ancorapoco prese in considerazione dagli arbo-ricoltori italiani. La mancanza di un’a-deguata informazione ed assistenza tec-nica finora ha fatto sì che spesso si sianoscelte le specie per imitazione, di fattoconcentrando la maggior parte dell’at-tenzione solo su un limitato numero dispecie «di moda» (pioppo ibrido, noce

comune). A parte l’indubbio valore delpioppo per i terreni golenali e di bassapianura, è del tutto ingiustificato adesempio l’esasperato interesse per il no-ce comune, cui gran parte delle personepensano quando si dice «arboricolturada legno»: se è vero infatti che il suo le-gno è molto pregiato, è altrettanto veroche la sua coltivazione è particolarmentedifficile (si può senz’altro dire che è laspecie più difficile da coltivare in Italia)e richiede una particolare competenza,che non tutti i terreni sono adatti, e chemolte altre specie, se piantate al postogiusto e ben coltivate, danno legname digrande pregio, con minori incertezze.

Va infine evidenziato che se il legnoresta sempre l’obiettivo primario dell’ar-boricoltura, gli arboreti possono dare al-tri beni e servizi; quello che conta alla fi-ne è il reddito dell’arboreto e le specie diseguito descritte sono state scelte anchein base alla capacità di fornire altri pro-dotti oltre al solo legname da lavoro. ❏

SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 27

Pioppo ibrido (Populus x euroamericana)

Origine e distribuzione. Albero ottenutocon selezione genetica e destinato all’ar-boricoltura da legno industriale, che anno-vera nel mondo centinaia di cloni, alcunidei quali ottenuti anche in Italia (I 214,Luisa Avanzo, Adige, ecc.), di notevoli pe-culiarità produttive.

Descrizione botanica. Ilpioppo ibrido (o euroameri-cano), ottenuto principal-mente dall’incrocio artificia-le tra il nostro pioppo nero(Populus nigra) e un piopponordamericano (Populus del-

toides), è un albero a foglia caduca con i ca-ratteri intermedi dei genitori, dalle foglietriangolari di un caratteristico colore rossa-stro in primavera. Raggiunge dimensionirilevanti in pochi anni (20 metri in 10-12anni).

Esigenze ecologiche. Albero caratterizzatodalla spiccata esigenza di luce e di acqua.Precipitazioni minime annue intorno ai 700mm; non tollera la siccità estiva. Prediligeterreni profondi, con buona disponibilità diacqua a ridotta profondità (falda idrica a 1-2 metri), preferibilmente con un contenutoin limo + argilla inferiore al 50%. In terre-ni di golena può sopportare temporaneesommersioni.

Zone ottimali di coltivazione. Tradi-zionalmente l’ambiente della pioppicoltu-ra è la bassa pianura padana, anche se la

coltivazione potrebbe estendersi nei terre-ni freschi delle zone collinari e di fondo-valle, anche del centro-sud, sino ad alcunecentinaia di metri di quota.

Aspetti particolari della coltivazione.Usate piante da vivaio (pioppelle) di 1-2anni, radicate o no. Piantate a riposo vege-tativo, escluso il periodo di gelo. La conci-mazione è necessaria solo in terreni poveri.Controllate le infestanti con erpicature ri-petute. Potate attentamente: durante i primidue anni dall’impianto eliminate le doppiecime e i rami assurgenti, nei 3-5 anni se-guenti intervenite gradualmente potando irami laterali sino a 5-7 metri da terra.– Sesti: per ottenere fusti di qualità, pian-tate con distanze tra 5 x 6 e 6 x 6,5 metri. – Consociazioni: sebbene ignorate nellapioppicoltura tradizionale italiana a ciclo

breve, le consociazioni potrebbero in realtàadottarsi (sistema francese) in combinazio-ne ad un allungamento del turno, diversifi-cando la produzione ed aumentando sensi-bilmente il bassissimo livello di naturalitàdi queste coltivazioni. Numerose specieigrofile (amanti dell’umidità), sia arboreeche arbustive, possono consociarsi colpioppo purché si adottino appropriati mo-delli d’impianto: dai salici per la produzio-ne di biomassa, ai frassini e alle querce perla produzione di legno da opera.– Turno: per la produzione a ciclo breve siattesta sui 10-12 (14) anni. Del tutto spo-radico da noi il ciclo medio trentennalediffuso oltralpe.

Prodotti. Piante con diametro medio in-torno ai 30 cm e lunghezza del fusto privodi difetti non inferiore a 5 metri. Destinatealla sfogliatura, tranciatura, segagione, tri-turazione, produzione di lana di legno epasta da cellulosa.

Avversità e difesa. L’utilizzo di clonicomporta una particolare sensibilità neiconfronti delle avversità biologiche, lequali sfruttano la monotonia genetica(piante perfettamente uguali e quindi conuguale vulnerabilità alle malattie) per spe-cializzarsi e colpire su vasta scala: labronzatura, la defogliazione primaverilee alcuni virus possono oggi risultare graviostacoli alla conveniente coltivazione delpioppo; insetti come l’afide lanigero, lasaperda maggiore e il rodilegno rosso ri-chiedono non di rado attenti e problemati-ci controlli di tipo chimico.

Le principali specie di alberi utilizzabiliin Italia per l’arboricoltura da legno

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28 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

Noce comune (Juglans regia)

Origine e distribuzione. Il noce comune,che molti credono indigeno dell’Italia(tanto da chiamarlo «nazionale») è origi-nario di una vasta area montagnosa che vadai Balcani all’Iran e fino alla Cina occi-dentale. Introdotto in Italia circa 5.000 an-ni fa, è stato largamente diffuso soprattut-to in epoca romana.

Descrizione botanica.Albero di 10-25 m di altez-za, a foglia caduca, longe-vo (vive fino a 300-400 an-ni), monoico (fiori maschi-li e femminili sulla stessapianta), fiorisce in aprile-

maggio e l’impollinazione è operata dalvento.Tronco corto con grande chioma arroton-data; corteccia liscia da giovane, legger-mente fessurata da adulto, di colore chia-ro; foglie grandi composte, pennate con 5-9 foglioline ovali (di 6-15 cm). I fiori fem-minili, a forma di gemma, sono portati al-la cima dei getti dell’anno; i fiori maschilisono grossi amenti di colore verdastroportati al termine del tratto di ramo del-

l’anno precedente. Il frutto è una grossanoce sferica.

Esigenze ecologiche. Specie amante dellaluce, predilige tutti i terreni ricchi, fertili,profondi, freschi purché non argillosi; pHda basico a leggermente acido (valoricompresi tra 5,5 e 7,5) in climi dolci, sen-za gelate tardive.

Zone ottimali di coltivazione. Pianure ecolline con terreni profondi e ricchi, bendrenati, con buona dotazione d’acqua, intutta Italia.

Aspetti particolari della coltivazione.Ottenere fusti di noce di valore è cosa daarboricoltori esperti. La potatura è moltodifficile; l’albero perde facilmente la do-minanza apicale (i rami laterali tendono aprendere il sopravvento sulla cima) e, so-prattutto in assenza di accompagnamento,ingrossa facilmente i rami laterali.– Sesti: da metri 10x10 a metri 12x12.– Consociazioni: molto favorevoli, so-prattutto con specie azotofissatrici, cioècapaci di arricchire di azoto il terreno(eleagno, ontano napoletano).– Turno: ordinariamente 30-40 anni; ec-cezionalmente 20-25 anni (nel caso in cuiall’elevata fertilità si unisca una buona ca-pacità dell’arboricoltore).

Prodotti. Legname pregiato da lavoro efrutti.

Avversità e difesa. Il noce è soggetto anumerose avversità. Tra gli insetti ricor-diamo soprattutto il rodilegno rosso e ilrodilegno giallo; funghi: il poliporo (unadevastante carie del legno; batteri: il nuo-vo terribile batterio dell’Erwinia (che for-ma cancri alla corteccia).

Paulownia (Paulownia tomentosa)

Origine e distribuzione. La specie pro-viene dalla Cina, dov’è allevata da millen-ni. Nell’Ottocento venne diffusa in granparte del mondo per scopi ornamentali.Oggi la sua coltivazione è in forte espan-sione soprattutto per il suo legno dalle no-tevoli qualità.

Descrizione botanica. Al-bero a rapido sviluppo e ri-dotta longevità. Nei giovaniesemplari le foglie cuorifor-mi sono gigantesche; i fiori,di colore violetto, appari-scenti e profumati compaio-

no in aprile. Produce semi alati minuscolie numerosissimi, contenuti in capsuleovoidali della dimensione di una noce.

Esigenze ecologiche. Può essere coltivatacon tranquillità anche nel settentrione (resi-ste a minimi assoluti di –20° C). Richiedepieno sole e per un rapido sviluppo esigetassativamente terreni sciolti e ben drenati,dal limoso al ghiaioso, con falda idrica nonsuperficiale (profonda 2 metri o più) e si-stemati idraulicamente in modo ottimale(capaci di smaltire gli eccessi dovuti a piog-ge prolungate). Precipitazioni medie supe-riori ai 600 mm annui, meglio se distribuitedurante la stagione vegetativa. Eccellentiincrementi anche su terreni poveri, purchében arricchiti di azoto. L’irrigazione è mol-to utile nei primi anni di accrescimento.

Zone ottimali di coltivazione. In Italia set-tentrionale: terreni irrigui dell’alta pianura,dalla fascia delle risorgive alle colline pre-

alpine (limite 600-800 metri); anche i fon-dovalle e i versanti montani ben esposti.Italia peninsulare: pianure irrigue, versanticollinari e fondovalle con terreni sciolti,privi di argilla e con falda idrica profonda.

Aspetti particolari della coltivazione.Preparate bene il terreno, con lavorazioneprofonda e abbondante concimazione azo-tata. Se l’impianto è realizzato con pianti-ne di un anno, riceppatele nell’inverno se-guente, allevando poi il miglior polloneemesso, che in 5 mesi potrà raggiungereanche 5-6 metri d’altezza, formando quin-di in una sola stagione vegetativa il fustodefinitivo. Potate con progressione (tenetepulito il fusto dai giovani rami sino a metàdell’altezza totale della pianta) per ottene-re legno di qualità.– Sesti: in purezza e per turni brevi nonscendete sotto i 5,5 metri lungo la fila e i5,5-6 metri tra le file. Preferite una distri-buzione a filari sfalsati. Volendo, si puòadottare il classico modello di intercoltu-ra, forma usatissima in Cina: la paulowniaè piantata in radi filari (40-80 piante per

ettaro) su coltivazioni agrarie annuali(mais, soia, frumento, ecc.) o perenni(piante da frutto, vite).– Consociazioni: specie eliofila (amantedella luce), si può consociare con specieda legno a turno più lungo e relativamenteresistenti in gioventù all’ombreggiamento(ad esempio carpino bianco, frassini, ace-ri). Interessanti, ma da verificare, anche lepossibilità di consociazione con specie le-gnose fruttifere (come il nocciòlo, la vite,ecc.) nei luminosi ambienti mediterranei. – Turno: nei migliori terreni è di 8-12 anni,allungabile a 15-30 anni per ottenere fustidi elevato valore o in ambienti non ottimali.

Prodotti. Fusti da sfogliatura o da trancialunghi almeno 4,5-5 metri, con diametrodi 35-40 cm, dritti, privi di nodi e ferite, asviluppo concentrico e anelli regolari.Pezzature di lunghezza inferiore per fale-gnameria fine. Ottima specie filtro: dall’a-ria asporta polveri, dal terreno estrae gran-di quantità di composti azotati. Pianta or-namentale da ombra leggera, si abbina be-ne con altre coltivazioni e con allevamentizootecnici (ad esempio struzzi e volatili dibassa corte, pecore, ecc.). Il fogliame è unottimo foraggio.

Avversità e difesa. Ad oggi non si cono-scono in Europa avversità degne di nota.Impianti su terreni non idonei possono tut-tavia entrare in sofferenza per asfissia ra-dicale e predisporsi a malattie fungine:marciumi radicali (impianti difficilmenterecuperabili) o deboli malattie crittogami-che fogliari (che si curano con trattamenticon composti rameici).

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 29

Ciliegio selvatico (Prunus avium)

Origine e distribuzione. Specie indigenaampiamente distribuita sia allo stato natu-rale che, ancor più, in coltivazione (nume-rose varietà locali) per la produzione difrutta.

Descrizione botanica. Fo-glie ovali appuntite e dalmargine seghettato che pos-siedono due «ghiandolette»rossicce lungo il picciolo.Fiori bianchi a cinque petaliche fioriscono in aprile.

Esigenze ecologiche. Precipitazioni me-die superiori agli 800 mm all’anno. Tem-perature minime assolute non inferiori a–20° C. Teme i periodi di siccità prolunga-ta ed ama esposizioni soleggiate. In fattodi terreni è piuttosto adattabile, rifuggen-do solamente quelli fortemente argillosi equelli asfittici. Ottimi accrescimenti inquelli da sabbio-limosi a limo-argillosicon buona dotazione organica e buonastruttura.

Zone ottimali di coltivazione. Speciepiuttosto adattabile, tuttavia per l’arbori-coltura da legno si consiglia di utilizzarlasopra i 100-200 metri d’altitudine nel cen-tro-settentrione e 200-400 metri nel meri-dione e nelle isole.

Aspetti particolari della coltivazione.Non è ancora presente materiale d’impian-

to specificamente selezionato per l’arbori-coltura da legno (a differenza di quantoavvenuto in altri Paesi europei). Utilizzatepiantine di 1-2 anni, a radice nuda o in fi-tocella, acquistate da fornitori di fiducia. Èpreferibile l’impianto autunnale, alla ca-duta delle foglie. Eseguite sin dal primoanno un attento controllo della chiomamediante equilibrate e progressive potatu-re di formazione.– Sesti: piantate con moduli misti piutto-sto che in purezza e a densità iniziale ele-vata (9-12 metri quadrati per albero) al fi-ne di favorire la formazione di piante me-no ramose e più assurgenti. Ciò inoltre vipermetterà di operare una migliore sele-zione degli alberi d’avvenire (quelli candi-

dati a produrre fusti di qualità).– Consociazioni: buoni risultati con spe-cie d’accompagnamento quali l’ontanonapoletano (specie che aiuta a migliorareil terreno, ma da tagliare presto per evitareconcorrenze), ma anche arbusti comesambuco e nocciòlo. Il ciliegio selvaticopuò entrare anche come specie secondariain impianti di rovere o noci. – Turno: variabile tra i (30) 40-60 anni, aseconda della fertilità del terreno e dellescelte colturali.

Prodotti. Puntate su circa 100 alberi perettaro, con diametro medio del tronco dicm 50 e lunghezza del fusto privo di difet-ti non inferiore a metri 5-6, da destinarsialla tranciatura e legname da opera.

Avversità e difesa. Teme i marciumi radi-cali. Le foglie sono soggette agli attacchidi diverse malattie fungine (ad esempio lacilindrosporiosi e la gommosi), come puredi insetti (in particolare gli afidi) che ri-chiedono trattamenti solo se superano de-terminate soglie. Anche gli insetti xilofagi(che divorano il legno), come il rodilegnorosso e giallo, alcuni tenebrionidi e scoli-tidi, possono arrecare gravi danni speciese la piantagione è vicina ai boschi. Unabuona prevenzione viene attuata evitandogli impianti in purezza. Le giovani piantenon di rado subiscono danni anche da par-te della fauna selvatica (soprattutto lepri ecaprioli), che si possono evitare proteg-gendole con gli shelter.

Noce nero (Juglans nigra)

Origine e distribuzione. Originario degliStati Uniti centro-orientali, venne intro-dotto in Europa nel 1630 come albero or-namentale, coltivato per il legname daglianni ’30.

Descrizione botanica.Grande albero di 20-30metri (e più) di altezza, afoglia caduca; longevità di200-300 anni; accresci-mento rapido in gioventù;monoico (fiori maschili e

femminili sulla stessa pianta), fiorisce inaprile-maggio e l’impollinazione è operatadal vento. Tronco diritto e slanciato; gran-de chioma globosa; corteccia scura, spes-sa, profondamente incisa; foglie moltograndi, composte, pennate con 16-23 fo-glioline dentellate; fiori femminili in corteinfiorescenze; fiori maschili costituiti dagrossi amenti di colore verdastro; il frutto èuna grossa noce sferica indeiscente.

Esigenze ecologiche. Preferisce i climitemperato-freddi e miti; specie eliofila(amante della luce) o emisciafila (resistebene in condizioni di mezz’ombra); sop-porta bene l’ombra laterale in gioventù.Predilige tutti i terreni ricchi, fertili,

profondi, freschi purché non argillosi; pHda basico a leggermente acido (valoricompresi tra 5,5 e 7,5).

Zone ottimali di coltivazione. Nell’Italiasettentrionale in terreni di pianura, meglio

se al di sotto della fascia delle risorgive,con falda freatica disponibile, e in terrenidi bassa collina.

Aspetti particolari della coltivazione. Lacoltivazione del noce nero è più semplicerispetto a quella del noce comune e offremaggiori soddisfazioni grazie alla natura-le tendenza a formare un fusto slanciato.La potatura è abbastanza facile vista labuona forma della chioma e la forte domi-nanza apicale (getto terminale vigoroso);perde però facilmente la gemma apicale epertanto sono spesso necessarie delle ri-prese di cima.– Sesti: da metri 11x11 a metri 12x12.– Consociazioni: molto favorevoli, so-prattutto con specie azotofissatrici, cioèche arrichiscono il terreno di azoto (elea-gno, ontano napoletano ed ontano nero,robinia) e specie che migliorano il terreno(sambuco).– Turno: 40-60 anni.

Prodotti. Legname da lavoro; depurazio-ne dell’acqua in fasce filtro ripariali.

Avversità e difesa. Le stesse avversità delnoce comune alle quali è però molto menosensibile; occorre controllare il rodilegnorosso in gioventù.

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30 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

Farnia (Quercus robur)

Origine e distribuzione. Maestosa quer-cia tipica del centro Europa, da dove si ir-radia parzialmente lungo le tre penisoleverso il Mediterraneo (iberica, italiana,balcanica). In Italia è localizzata soprat-tutto nelle regioni settentrionali, dallapianura ai rilievi collinari. Prima dellamessa a coltura della pianura padana,partecipava alla formazione di estesissi-me foreste, dominando su carpini, frassi-ni, olmi, tigli, pioppi ed aceri.

Descrizione botani-ca. Quercia caducifo-glia di prima grandez-za (altezze superioriai 40 metri), che puòsuperare i mille annid’età. Foglie ampia-mente lobate, con lami-

na provvista di due «orecchiette» all’inse-rimento col picciolo. I frutti sono ghiandeportate su lunghi peduncoli.

Esigenze ecologiche. Ama i terreni fre-schi, fertili e profondi delle pianure, nonsabbiosi e con falda freatica superficiale,talvolta inondabili, purché a limitato rista-gno d’acqua. Specie eliofila (amante dellaluce), può essere utilizzata sino a quote di600 metri.

Zone ottimali di coltivazione. Tutta lapianura padana con falda idrica superficia-le, fondovalle e bassi versanti con suoloricco e costantemente fresco. Può essereutilizzata anche nel centro Italia, purché inambienti ecologicamente adatti.

Aspetti particolari della coltivazione.Considerata per lungo tempo specie a len-to accrescimento, dopo numerose espe-rienze d’impianto può ben dirsi specie as-solutamente idonea all’arboricoltura: nondi rado a 10 anni dall’impianto si raggiun-

gono diametri di cm 20-25 ed altezzesuperiori ai 10-12 metri. Assicuratevidella provenienza del materiale vegeta-le e utilizzate piantine giovani con fitto-ne sano.– Sesti: come nel frassino maggiore, oappena più densi (1.500 piante per etta-ro senza accompagnamento).– Consociazioni: come nel frassinomaggiore, ma può essere anche allevatain purezza.– Turno: specie che prevede tradizional-mente turni medio-lunghi per ottenerefusti di gran valore, quindi superiori ai60-80 anni. In realtà in ambienti idonei èipotizzabile anche un turno abbreviato a30-40 anni, per conseguire comunquebuoni assortimenti commerciabili.

Prodotti. Puntate ad ottenere fusti diritti eprivi di difetti, di almeno cm (30) 40-50 indiametro e 6-10 metri di lunghezza.

Avversità e difesa. In ambienti idonei nondesta particolari problemi; nei primi anni,caratterizzati da un accrescimento «disor-dinato», eventuali attacchi di oidio non de-vono preoccupare. In caso di forti attacchidi insetti su giovani piante (che in genereavvengono dopo stress causati da scarsitàd’acqua) consultate un tecnico forestaleper un eventuale controllo chimico.

Frassino maggiore (Fraxinus excelsior)

Origine e distribuzione. Specie forestaledi grande bellezza distribuita nell’Europacentrale, che non di rado si spinge anche alsud quando trova condizioni idonee.

Descrizione botanica. Al-bero possente e longevo (al-tezza anche superiore ai 30metri, età plurisecolare) ap-partenente alla famiglia del-le Oleacee. Specie a fogliacaduca con foglie impari-

pennate, composte da 7-9 foglioline di-stinguibile dagli altri frassini per le carat-teristiche grosse gemme di colore nera-stro. Produce piccoli frutti secchi con lun-ga ala laterale.

Esigenze ecologiche. Specie cheama i climi temperati o anche caldi,purché vi sia abbondante e regolaredisponibilità d’acqua: è quindi loca-lizzata in impluvi o alla base di pen-dii o versanti con suoli limosi,profondi e freschi, permeabili e maisaturi, neutri e sempre ricchi in so-stanze nutritive. Specie eliofila(amante della luce), teme le gelatetardive.

Zone ottimali di coltivazione. Fon-dovalle e pendii freschi ma ben espo-sti sia del nord che del centro, sino a

800-1.000 metri di quota, o lungo le rivedi corsi d’acqua pedemontani.

Aspetti particolari della coltivazione.Utilizzate piante di 1-2 anni, alte 60-120cm; fate molta attenzione ad eventuali di-serbi, poiché la specie è molto sensibile.Utilizzate protezioni (shelter) per preveni-re danni da erbivori. Intervenite con tem-pestivi tagli di formazione per evitare laformazione di doppie cime o grosse bran-che concorrenti con la cima. Negli am-bienti idonei il frassino maggiore si accre-sce notevolmente in altezza e quindi siatepronti ad avviare le potature di allevamen-to quando supera i 4-6 metri, selezionandocirca 200 piante «d’avvenire» per ettaro,per giungere a fine turno con circa 70piante per ettaro.

– Sesti: nel caso di piantagioni senza ac-compagnamento: 1.100 piante per ettaro,pari ad un sesto di metri 3 x 3. Con ac-compagnamento: non meno di 400 pianteper ettaro, pari a metri 5 x 5. – Consociazioni: preferite impianti misti,in cui il frassino maggiore compare comespecie principale o secondaria (ad esem-pio con acero di monte, con farnia, ma tal-volta anche con pioppo nero, oppure coni-fere), a non meno di metri 7 dalle altre seil sesto è definitivo. Il frassino maggiorebeneficia grandemente di un accompagna-mento arbustivo laterale, che ne guidal’accrescimento e limita la ramosità latera-le dei primi metri di fusto.– Turno: 50-60 anni di media, ma poteteaccorciarlo (30 anni) in stazioni partico-larmente favorevoli o per ritrarre assorti-

menti di dimensioni inferiori.

Prodotti. L’obiettivo è quello di ot-tenere fusti dritti, regolari e privi didifetti di almeno cm 30-50 di dia-metro e lunghi 4-6 metri.

Avversità e difesa. In ambientiadatti il frassino maggiore si dimo-stra specie relativamente sana e vi-gorosa. È comunque importante laprotezione delle giovani piantinecontro eventuali danni (sempre gra-vi e spesso sottostimati) da partedella fauna selvatica.

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 31

Pino marittimo (Pinus pinaster) e Pino laricio (Pinus nigra subsp. laricio)

Origine e distribuzione. Entrambi sonopini che gravitano attorno al Mediterraneo(il marittimo verso il bacino occidentale, illaricio localizzandosi sulle montagnedell’Italia meridionale).

Descrizione botanica. Conifere sempre-verdi, con fo-

glie aghiformia c c o p p i a t e ,che raggiungo-no dimensioniconsiderevolied età superiorial secolo. Il pi-

no marittimo ha foglie e strobili (pigne)particolarmente lunghi (cm 12-16), il pinolaricio più brevi (cm 8-10).

Esigenze ecologiche. Precipitazioni supe-riori agli 800 mm all’anno. Sono specietermofile (amanti dei climi caldi) che esi-gono molta luce e amano i terreni acidi osub-acidi (pH inferiore a 5,5), permeabilie profondi più di cm 20-30. Soffrono perristagni d’acqua indotti da contenuto in ar-gilla superiore al 30%.

Zone ottimali di coltivazione. Pino ma-rittimo: dal piano fino a m 600-800 di quo-ta nelle regioni meridionali ed insulari.Pino laricio: quote superiori rispetto alprecedente, a partire dai 600-800 metrinelle regioni centrali, e da metri 800-1.000

nell’Italia meridionale ed insulare.

Aspetti particolari della coltivazione.Utilizzate semenzali di un anno allevati incontenitore, piantati all’inizio della prima-vera su terreno lavorato localmente. Nel

caso di turni medio lunghi, operate dirada-menti progressivi per giungere a 250-400piante per ettaro a fine turno. Eliminateprogressivamente i palchi sui 2/5 inferioridell’altezza totale, sino a raggiungere me-tri 3-6 di fusto pulito.– Sesti: nel caso di impianti a ciclo brevesenza diradamento per produzione di tondel-li, utilizzate moduli con sesto di metri 3x2(circa 1.600 piante per ettaro), mentre conmoduli per ciclo lungo piantate con sesti dicirca metri 4x3 (circa 850 piante per ettaro).– Consociazioni: in genere non sono indi-cate, tuttavia è possibile consociare i pinicon specie parzialmente resistenti all’om-breggiamento dei pini (specie della mac-chia o querce mediterranee) e adottandoturni di utilizzazione diversi (ad esempioper la produzione di legna da ardere).– Turno: variabile dai 15-20 anni (diame-tri medio-piccoli) ai 35-55 anni per ottene-re fusti di buon valore commerciale.

Prodotti. Puntate ad ottenere fusti senzadifetti di 40-50 cm di diametro e metri 3-6di altezza.

Avversità e difesa. Il fuoco rappresentauno dei principali pericoli, assieme a diver-si parassiti: una buona prevenzione consi-ste nell’effettuare le piantagioni in siti ido-nei, effettuare impianti misti, diradare rego-larmente e precocemente durante i periodidi riposo vegetativo. In caso di attacchi gra-vi consultate un esperto tecnico forestale.

Douglasia (Pseudotsuga menziesii)

Origine e distribuzione. Specie esotica,originaria del settore occidentale del-l’America settentrionale. Introdotta in Eu-ropa come specie per rimboschimenti fo-restali e per arboricoltura.

Descrizione botanica. Coni-fera sempreverde a rapido svi-luppo (può raggiungere in na-tura anche 50 metri di altezza),con foglie aghiformi appiatti-te, dal gradevole aroma di li-mone quando stropicciate.

Strobili (pigne) pendenti, di cm 4-8, conlunghe brattee cartacee trifide (terminanticon tre piante) sporgenti tra le squame.

Esigenze ecologiche. Precipitazioni me-die annue superiori a mm 850 con pioggeestive superiori a mm 100. Predilige am-bienti con clima tendenzialmente fresco:impianti entro m 400-1.000 di quota inItalia settentrionale, e superiori a metri600-700 nel Mezzogiorno). Preferisce ter-reni non calcarei, meglio se profondi, benaerati e poco o per nulla argillosi, privi diristagni d’acqua.

Zone ottimali di coltivazione. Specie ti-pica della zona del castagno o di zone ad

altitudini appena superiori, in tutta Italiaove sussistono condizioni climatiche e delsuolo adatte alla specie.

Aspetti particolari della coltivazione.Assicuratevi di acquistare piantine di pro-venienza selezionata per le condizioni am-bientali italiane. Proteggete le giovanipiantine con shelter. Lavorate nell’interfilae attorno alla pianta durante i primi 2-3 an-ni. Potate prontamente le doppie cime, ed

eliminate progressivamente i rami mante-nendo 2/5 di fusto pulito rispetto all’altez-za totale, sino ad ottenere un fusto pulitodi 6 metri.– Sesti: nel caso di impianti a ciclo brevesenza diradamento, per ottenere assorti-menti di piccole dimensioni dovete preve-dere distanze tra metri 2,5x2,5 e metri 3x2;nel caso di turni a ciclo lungo idonei allaproduzione di legname da opera, piantate ametri 3x4 (circa 800 piante per ettaro).– Consociazioni: anche se non sono in ge-nere indicate, potete realizzare impiantimisti con specie complementari.– Turno: in relazione agli obiettivi che vo-lete raggiungere e alla fertilità del terreno:da 30-35 anni a 50-60 anni per la produ-zione di fusti di qualità per legname daopera.

Prodotti. 200-300 piante per ettaro a fineturno con fusti privi di difetti, di diametroa petto d’uomo (cioè a cm 130 da terra) dicm (40) 45-55 e lunghezza di metri 6.

Avversità e difesa. In Italia non si segna-lano avversità degne di rilievo. Talvoltamarciumi radicali in ambienti non idonei;eventuali presenze di cancri, attacchi diafidi o altri insetti defogliatori vanno va-lutati da tecnici forestali esperti.

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003 33

Anno Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.

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Richiestacontributi

Analisi preliminari

Sistemazione terreno

Concimazionedi fondo

Preparazioneterreno

Acquisto piantine

Messa a dimorapiantine

Difesa giovaniimpianti dai danni

da selvaggina

Difesa antiparassitaria

Controllo erbanell’interfilare

Controllo erbalungo il filare

Potatura:1= tagli di formazione2= tagli di produzione

Diradamento:1= delle specie di accompagnamento2= delle specie principali

Vendita legna e legname da lavoro

Sistemazionearee

utilizzate

Abbattimentoalberi

Schema riassuntivo del ciclo di coltivazionedi un arboreto consociato di noce e ciliegio

(vedi particella n. 3 del progetto, descritta alle pagine 4, 5 e 6)

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34 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2003

Dall’inizio degli anni ’90 l’arbori-coltura da legno è sostenuta dal-le Regioni italiane attraverso i

fondi messi a disposizione dall’Unioneeuropea nell’ambito della Politica agri-cola comunitaria (Pac). Gli strumentiattualmente in vigore sono i «Piani disviluppo rurale» (Psr) nelle Regionidell’Italia centro-settentrionale ed i«Piani organici regionali» (Por) nelleRegioni dell’Italia meridionale e nelleisole. I livelli di sostegno, le priorità difinanziamento, le specie ammesse acontributo variano da Regione aRegione. Qui sotto sono riportati gli in-dirizzi degli Uffici ed i siti internet chenelle singole Regioni possono fornire

informazioni sull’erogazione dei con-tributi che sostengono l’arboricolturada legno, nonché l’indirizzo delle pagi-ne internet da cui è possibile scaricare ibandi ed i moduli per la presentazionedelle domande. In nessun caso vi è lacertezza che una domanda di contributovenga senz’altro accolta: le risorse a di-sposizione sono infatti quasi ovunque li-mitate e sono oggi inferiori a quellemesse a disposizione nel recente passatocon il Regolamento Cee 2080/92.

Un’importante raccomandazione èquella non di piantare perché si ottieneun contributo, ma di considerare il con-tributo un sostegno che aiuta a piantareed a coltivare meglio, in particolare a

superare la difficile fase iniziale, la qua-le richiede molti investimenti che ren-deranno solo nel medio-lungo periodo.

L’arboricoltura da legno è infatti unacoltura che, per avere successo, richie-de molta perizia, chiarezza di obiettivi,costanza nel lungo periodo. Essa non siconfà all’improvvisazione, all’atteggia-mento di piantare quello che capita,magari seguendo mode o «tanto perprendere i contributi», alla mancanza diconoscenza degli aspetti tecnico-coltu-rali e di mercato.

Per informazioni sui contributi pote-te rivolgervi anche alle organizzazionisindacali agricole (Coldiretti, Cia,Unione agricoltori, Copagri, ecc.). ❏

I contributi e i finanziamenti pubblici a sostegno dell’arboricoltura da legno

Indirizzi degli uffici regionaliche possono fornire informazioni

sull’erogazione di contributiper l’arboricoltura da legno

Valle d’Aosta - Assessorato agricoltura e ri-sorse naturali - Dipartimento risorse naturali -Loc. Amérique, 127/A - 11020 Quart (Aosta)- Tel. 0165 776111 - Fax 0165 765814.Internet: www.regione.vda.it/agricoltura/PSRurale/index.htmlPiemonte - Assessorato politiche per la mon-tagna, foreste e beni ambientali - Direzioneeconomica montana e foreste - Settore politi-che forestali - Corso Stati Uniti, 21 - 10128Torino - Tel. 011 4324307 - Fax 011 4325910.Internet: www.regione.piemonte.it/monta-gna/montagna/rurale/svil_rur.htmLombardia - Direzione generale agricoltura- sviluppo e tutela del territorio rurale e mon-tano - Sviluppo dei sistemi agricoli di monta-gna e delle filiere silvo-pastorali - Piazza IVNovembre, 5 - 20124 Milano - Tel. 02 67651(int. 2531-2552) - Fax 02 67652669.Internet: www.agricoltura.regione.lombar-dia.itVeneto - Direzione regionale per le foreste el’economia montana - Servizio difesa idro-geologica ed attività silvo-pastorali - Via To-rino, 110 - 30172 Mestre (Venezia) - Tel.041 2795467 - Fax 041 2795461.Internet: www.regione.veneto.it/settori/setto-re.asp?cat=1048Bolzano - Assessorato alle foreste - riparti-zione 32 foreste - Via Brennero, 36 - 39100Bolzano - Tel. 0471 415100 - Fax 0471415103. Internet: www.provinz.bz.it/agricoltura.htmTrento - Assessorato agricoltura foreste ecooperazione servizio foreste - Via Trener, 3- 38100 Trento - Tel. 0461 495985 - Fax0461 495957.Internet: www.provincia.tn.it/foresteFriuli-Venezia Giulia - Direzione regionaledelle foreste - Servizio della selvicoltura -Via Cotonificio, 133 - 33100 Udine - Tel.

0432 555755 - Fax 0432 555757.Internet: www.regione.fvg.it/agricoltura/agricoltura.htmLiguria - Dipartimento agricoltura e turi-smo - Settore politiche di sviluppo dell’agri-coltura e dell’economia montana - ViaD’Annunzio, 113 - 16121 Genova - Tel. 01054851 - Fax 010 5484909.Internet: www.regione.liguria.it/Area.asp?idArea=2 (cliccare poi su Fondi europei )Emilia Romagna - Assessorato agricolturaambiente e sviluppo sostenibile - VialeSilvani, 6 - 40127 Bologna - Tel. 051284319 - Fax 051 284669.Internet: www.regione.emilia-romagna.it/fr_agricoltura.htm (cliccare poi su Piano re-gionale Sviluppo Rurale)Toscana - Dipartimento sviluppo economico- Servizio foreste e patrimonio agroforestaleUoc Foreste - Via di Novoli, 26 - 50127Firenze - Tel. 055 4383696 - Fax 055 4383066.Intenet: www.rete.toscana.it/sett/agric (clic-care poi su Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006)Umbria - Area operativa agricoltura e fore-ste - Via Angeloni, 63 - Centro direzionaleFontivegge - 06124 Perugia - Tel. 075 50311.Internet: www.regione.umbria.it/regio-neumbria.asp?Pagina=http://www.regione.umbria.it/agriforeste/default.htm (cliccarepoi su Piano di Sviluppo Rurale)Marche - Assessorato agricoltura e foreste -Servizio valorizzazione terreni agricoli e fo-restali - Via Tiziano, 44 - 60125 Ancona -Tel. 071 8063643 - Fax 071 8063019.Internet: www.regione.marche.it/index.asp(cliccare poi su Servizio agricoltura)Abruzzo - Direzione agricoltura, foreste esviluppo rurale - Servizio bonifica e foreste -Via Catullo, 17 - 65100 Pescara - Tel. 0857672833 - Fax 085 7672939.Internet: www.regione.abruzzo.it/agricoltu-ra (cliccare poi su Piano di sviluppo rurale)Molise - Assessorato agricoltura e foreste -Settore foreste - Via N. Sauro, 1 - 86100Campobasso - Tel. 0874 4291 - Fax 0874429447. Internet: www.regione.molise.it

Lazio - Assessorato all’agricoltura - Dipar-timento sviluppo agricolo e mondo rurale -Via C. Colombo, 212 - 00147 Roma - Tel. 0651681 - Fax 06 51683332.Internet: www.assagri.it (cliccare poi su PSRPiano di sviluppo rurale)Campania - Area generale di coordinamen-to - Sviluppo attività settore primario -Settore foreste, caccia e pesca - Servizio tu-tela delle foreste - Via G. Porzio - CentroDirezionale Isola A/6 - 80134 Napoli - Tel.081 7967747 - Fax 081 7967509.Internet: www.regione.campania.it/agricol-tura/psr/psr.htmlPuglia - Ispettorato regionale foreste - ViaGobetti, 26 - 70125 Bari - Tel. 080 5406450- Fax 080 5406438.Internet: www.agripuglia.itCalabria - Assesorato agricoltura e foreste -Via S. Nicola - Galleria Mancuso - 88100Catanzaro - Tel. 0961 85681.Internet: www.assagricalabria.itBasilicata - Agenzia lucana di sviluppo e diinnovazione in agricoltura - Via Passerelli,27 - 75100 Matera - Tel. 0835 2441 - Fax0835 244218.Internet: www.regione.basilicata.it/dipagri-coltura (cliccare poi su Programmi comuni-tari)Sicilia - Assessorato agricoltura e foreste -Viale Regione Siciliana, 2675 - 90100Palermo - Tel. 091 6966008 / 091 6966042 -Fax 091 6966016.Internet: www.regione.sicilia.it/Agricolturaeforeste/Assessorato/nuovoportale2/de-fault.htm (cliccare poi su Misure comunita-rie e quindi Piano di sviluppo rurale oProgramma operativo regionale)Sardegna - Assessorato dell’agricoltura eriforma agro-pastorale - Via Pessagno, 4 -09126 Cagliari - Tel. 070 6061 - Fax 0706066276.Internet: www.regione.sardegna.it/ agricol-tura/piano-sviluppo-rurale-2000-2006/pia-no.htm

C O N T R O L L O I N D I R I Z Z I A L 16-9-2003