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1 Raffaela Prandina* Giovanni Paolo II: cittadino del mondo e messaggero dell’ecologia applicata alla salvaguardia del Pianeta Copyrigt 2008 *Laureata di primo livello in Geografia politica ed economica, politica per l’ambiente Laurea magistrale in Geografia E-mail: [email protected]

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Raffaela Prandina*

Giovanni Paolo II: cittadino del mondo e messaggero dell’ecologia

applicata alla salvaguardia del Pianeta

Copyrigt 2008

*Laureata di primo livello in Geografia politica ed economica, politica per l’ambiente

Laurea magistrale in Geografia

E-mail: [email protected]

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Indice

Introduzione

Capitolo primoIl Creato: un Bene da custodireLe ragioni dell’EcologiaIl Creato Bene universaleLa civiltà della tenerezza: le religioni orientaliLe religioni monoteiste di fronte al CreatoResponsabilità del cristianesimoLa Creazione nella Bibbia: l’Antico TestamentoI Salmi e la sapienza letteraria

Capitolo secondoVangelo ed EcologiaIl Nuovo TestamentoGesù e la NaturaLa Creazione nella visione cristiana lungo i secoli: il monachesimo e la protezione dellaNaturaSan Francesco d’Assisi: un’esperienza unica

Capitolo terzoIl dilemma della crisi ambientaleLa Chiesa scende in campoAnimali come creature accanto all’uomo: egualitarismo e diritti degli animali

Capitolo quartoNon devastate: né la terra, né il mare, né le pianteIl peccato di inquinareSe il Vangelo si fa verdeIl Papa dalla visione ecologicaDall’amore per il Creato alla “vocazione ecologica”Pace con Dio Creatore, Pace con tutto il CreatoNon c’è pace in ambienti depauperati e spogliati

Capitolo quintoLe sfide dell’EcologiaSalvaguardia ambientale, equità, solidarietàUn gesto storico: papa Giovanni Paolo II e Bartolomeo IScegliere di limitarsi per dare un futuro al Creato: la nuova etica secondo papa GiovanniPaolo IIConclusione: l’eredità di Giovanni Paolo II

Bibliografia

Sitografia consultata

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Introduzione

Gli orientamenti etici fondamentali lasciati in eredità per i cristiani dall’insegnamento di

Giovanni Paolo II sono quelli che invitano al rispetto per la vita del Creato nella sua

globalità, alla coscienza del limite, a scelte orientate verso il futuro.

Il genere umano, infatti, si scopre oggi più che mai in relazione con tutto il Creato

proprio analizzando la crisi in cui versa il Pianeta. L’uomo di oggi appare investito di una

responsabilità sempre più grande, poiché con le conoscenze scientifiche e le possibilità

tecnologiche di cui dispone le sorti della Terra sono messe in gran parte nelle sue mani,

tanto in bene che in male.

Da qui deriva che la responsabilità per il Creato non può più essere una questione

secondaria nemmeno per le religioni.

Giovanni Paolo II ha indicato nell’Ecologia un campo di valori che lo hanno chiamato

in causa come cittadino del mondo. Il suo insegnamento mostra la via di un impegno

fattivo sostenuto da una serie di azioni chiare fatte anche di rinunce -poiché noi uomini

non dobbiamo essere solo accaparratori di risorse-, di sobrietà, di crescita personale

anche a livello di informazione, di senso civico, di stili di vita, di responsabilità verso gli altri

nella salvaguardia del Bene comune assoluto, il Pianeta.

Nulla è più urgente e più importante, in questo momento storico, che imparare a

vivere in armonia con la Terra, diventando portatori di una cultura di pace e di cura

amorevole per essa. Solo così sarà possibile salvare il Pianeta come luogo sano e sicuro

per gli uomini di oggi e per ogni altro essere vivente di oggi e di domani.

Questo Papa saggio e lungimirante ci ha lasciato in eredità un nuovo modo di

riflettere su noi stessi, sulla nostra relazione con il Mondo e con il suo Creatore.

Il tema dell’ambiente e della sua difesa è divenuto una problematica di primo piano

soprattutto negli ultimi decenni, data la grande accelerazione delle conseguenze di uno

sviluppo economico e tecnologico troppo sovente senza regole nei Paesi industrializzati.

Il prevalere di una cultura basata sulla concezione del possesso e dello sfruttamento

indiscriminato dei beni naturali, su politiche di saccheggio del patrimonio ambientale

hanno portato l’umanità alle soglie di un traguardo irreversibile di cui si avvertono in

maniera confusa segnali inquietanti: il clima che sembra modificarsi in spazi temporali

sempre più brevi, il “buco” nell’ozono, la crisi della biodiversità e la scomparsa di

innumerevoli specie animali e vegetali per il restringimento degli habitat, la penuria

d’acqua e la crisi in cui versano i fiumi, l’inquinamento dei mari, le selvagge deforestazioni,

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lo scioglimento dei ghiacciai, la desertificazione con i collegati eventi drammatici, le

devastazioni prodotte dalle guerre che punteggiano il Pianeta.

Motivazioni teologiche e religiose hanno spesso affiancato il processo di

sottomissione della Natura all’uomo e lo sfruttamento degli altri viventi proprio della

tradizione occidentale, al punto che la religione giudaico-cristiana è indicata addirittura

come complice del degrado ambientale in cui versa il Mondo attuale: e ciò sia per una

certa interpretazione sfavorevole alla Natura e nettamente antropocentrica deducibile da

alcuni passi delle Scritture, sia per una lunga e silente inerzia.

Da questo contesto emerge la figura di papa Giovanni Paolo II, un Papa di cui fino ad

oggi si è detto molto, ma di cui forse non si è sottolineato ancora abbastanza che è stato il

Papa portatore e propugnatore di una “visione ecologica”.

Il depauperamento ambientale, l’uso irrazionale delle risorse, gli squilibri indotti

dall’uomo negli ecosistemi terrestri, il rapporto stesso dell’uomo con il suo ambiente

circostante sono stati oggetto della preoccupazione di questo Papa sensibile ai problemi

della Natura ed alle istanze per salvaguardarla fin dagli inizi del suo pontificato.

Giovanni Paolo II, infatti, si rese ben conto di quanto stava succedendo alla Terra:

emissioni di gas serra, piogge acide, incidenti chimici, saccheggio del patrimonio forestale

stimolarono in lui un’appassionata partecipazione alle problematiche ambientali.

Si deve a lui inoltre l’interesse suscitato nella Chiesa a riesaminare in modo critico il

testo biblico, sul quale si fonda la giustificazione umana al predominio sulla Natura e al

suo incosciente sfruttamento al fine di verificare se quell’interpretazione strumentale del

Mondo rispondeva o meno al senso biblico della Creazione.

Grazie al nuovo impegno che egli ha stimolato la Chiesa di questi anni ha potuto

superare la concezione antropocentrica che le era tradizionale e che vedeva l’uomo come

quel soggetto al vertice indiscusso della Natura, gestita con incuria ai propri fini e scopi.

Essa ha potuto prendere le distanze dall’ideologia del dominio.

Le riflessioni e prese di posizione di Giovanni Paolo II sull’Ecologia e sulle sofferenze

del Pianeta, nonché sull’esigenza di svegliare nell’uomo la responsabilità per l’ambiente

sono state numerose e proposte con insegnamenti precisi e autorevoli.

Attraverso la sua visione fondata sul Nuovo Testamento e sull’esperienza di grandi

Santi, primo fra tutti San Francesco d’Assisi1, si è delineata una rinnovata dimensione

spirituale, quella di un uomo chiamato a condividere la sua esistenza con la vita degli altri

1 L’esperienza di San Francesco d’Assisi, da lui nominato patrono degli ecologisti nel 1979, è approfonditanel paragrafo dedicato al Santo del Secondo Capitolo di questa trattazione.

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esseri ed elementi della Natura, e soprattutto responsabile della custodia e della

conservazione della Terra, espressione della saggezza e dell’amore di Dio, con il compito

di garantirla alla sua progenie. Egli ha infine posto le tematiche ecologiche nel contesto

della giustizia sociale.

A motivo di Giovanni Paolo II i cristiani sensibili e attenti ai suoi messaggi religioso-

filosofici hanno scoperto la necessità di risacralizzare la Terra, di ritrovare cioè la sacralità

di ogni cosa che ad essa appartiene e di riconoscerle quella caratteristica peculiare di

Bene supremo ed universale che garantisce un’esistenza felice a tutti gli esseri viventi.

Aspetto di sacralità che le religioni orientali hanno invece coltivato, così come quelle delle

popolazioni native nordamericane2, favorendo quel rispetto per l’ambiente che la cultura

occidentale, figlia del pensiero cristiano, non ha saputo tributargli.

Tutte le più grandi religioni del mondo contemplano la Natura, amano e rispettano la

Creazione, ma allo stato attuale sono state colte impreparate dalla crisi ecologica che ora

le spinge con urgenza a coltivare nei fedeli sentimenti e atteggiamenti di ammirato rispetto

per la Natura, ad approfondire la riflessione sui comportamenti umani onde poter

diffondere la cultura del “prendersi cura” della Terra facendo cessare indiscriminati abusi e

sfruttamenti a suo danno.

Si tratta di una situazione tanto sentita da indurre le chiese cristiane statunitensi ad

inserire un nuovo comandamento, un forte messaggio ai fedeli: “Tu non puoi abusare della

Terra”3.

La crisi ecologica è infatti certamente la conseguenza di un rapporto dell’uomo con

l’ambiente deprivato di senso e di regole etiche, ma è prima ancora una crisi della

concezione stessa della vita che il Pontefice ha posto con forza sul piatto della

discussione indicando la connessione tra violenze sugli uomini e violenze sulla Natura

come un continuum ideologico.

Nel medioevo San Francesco d’Assisi si era fatto interprete di un modello di vita

opposto a quello già allora imperante, fondato sullo sfruttamento incondizionato della

Natura e della persona umana stessa, precorrendo le odierne istanze etiche e politiche: la

2 Si veda a questo proposito l’opera di Donald Huges, America Indian Ecology, Texas Western Press, ElPaso (I° ed. 1983), ristampa 1987.3 Nel 1969 le Chiese Cristiane riunite di California proponevano un undicesimo comandamento nel loroordinamento morale: Thou Shall Not Abuse The Land, riconoscendo per la prima volta nella storia delpensiero cristiano che la Terra doveva essere rispettata e protetta dall’uomo. In Roderik Frazier Nash “TheSanta Barbara New Press”, Sun. June 22 th, 1969, pp16-17, citato in Fabienne Orazie Vallino, “Alle radicidell’etica ambientale:pensiero sulla natura, wilderness e creatività artistica negli Stati Uniti del XIX secolo”parte prima, estratto da Storia dell’Arte, n.78, 1993.

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nonviolenza, la considerazione e protezione dell’ambiente, il rifiuto di un modello di

sviluppo fondato sull’accumulo di risorse e di potere.

Seguendo il suo esempio premonitore le problematiche ecologiche possono

incontrare un’etica della responsabilità per l’ambiente ispirata alla nonviolenza, una

nonviolenza a tutto campo tanto nei confronti della Natura e dei suoi viventi che degli

uomini: ne emerge un modello di parsimonia, di riconoscimento di una fraternità cosmica,

ma soprattutto di un ascolto attento della Natura e delle sue leggi, che la scienza

ecologica illustra appunto.

L’esempio di vita di San Francesco d’Assisi diviene per Giovanni Paolo II un monito

per gli uomini del tempo attuale a non comportarsi come predatori e predoni nei confronti

della Natura, e ad imparare a vivere in armonia con essa e con le sue creature “coinquiline

della biosfera” senza dominarle, in un rapporto cioè di condivisione, di relazione fraterna,

di assunzione di responsabilità e di cura per esse.

La crisi ambientale nasce infatti dalla pretesa di esercitare un dominio incondizionato

sulle “cose” della Natura da parte di un uomo incurante di considerazioni di ordine morale.

Occorre pertanto che l’uomo impari a riconoscere la propria responsabilità nei

confronti del Creato e a rigettare ogni forma di violenza a partire da quella che viene

esercitata nei confronti degli animali, violenza che è il simbolo stesso del distacco etico

dell’uomo dal Creato, della sua ignoranza e arroganza.

L’idea che il mondo animale possa essere soggetto specifico di rispetto, in quanto

creato da Dio, non ha di fatto avuto considerazione nel corso dei secoli nel pensiero

cristiano e l’animale è stato visualizzato come un essere senz’anima, “una cosa” di cui

disporre a proprio piacimento anche infliggendogli atroci sofferenze.

Giovanni Paolo II, affermando che la crudeltà verso gli animali è contraria alla dignità

dell’uomo, al quale non è lecito abbandonarsi a forme di arbitraria violenza verso quel

regno a cui egli stesso appartiene, ne ha riconosciuto il valore intrinseco di creature di Dio,

destinate sì a cooperare al bene dell’uomo, ma non a subire i suoi abusi.

Il rispetto per la vita di ogni essere della Natura e per la dignità della persona umana,

ammoniva il Pontefice, va considerato strettamente collegato alla dimensione di

responsabilità, ossia all’attenzione sollecita ed attenta nei confronti di tutte le componenti

del Creato.

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Per la religione cristiana, nella situazione storica attuale, la protezione dell’ambiente è

dunque una questione di etica, un’ottica che incontra in filosofia grandi nomi del

Novecento come quello di Hans Jonas4 e Arne Naess5 .

La crisi ecologica è un problema morale che deriva dal consumismo; il

depauperamento ambientale risale al più generale degrado della responsabilità personale.

In questo senso il pensiero di papa Giovanni Paolo II segue in particolare la scia del

filosofo citato Hans Jonas, secondo cui l’uomo, detentore da una parte del sapere

tecnologico e dall’altra della libertà di agire, è responsabile della propria azione ed è perciò

responsabile non solo per i suoi simili, ma anche per il resto della Natura tutta. Egli riveste

una responsabilità generale, a tutto campo.

Da questo deriva che l’etica del limite e la cultura della sobrietà sono scelte obbligate

per costruire una società sostenibile.

In ogni momento Giovanni Paolo II ha trovato occasione e motivo per mettere

l’accento sul Creato al fine di formare una coscienza ecologica e di plasmare le nuove

generazioni alla “conversione ecologica”, ossia al rispetto dell’ordine della Creazione e alla

responsabilità per essa, alla collaborazione e alla reciprocità nella relazione con la Terra e

con le sue creature.

Giovanni Paolo II ci ha lasciato una molteplicità di interventi in materia ecologica e di

salvaguardia ambientale, atti a stimolare un modo di relazionarsi con l’ambiente che

promuova stili di vita, modelli di produzione e consumo ecosostenibile improntati alla pace,

intesa come capacità di vivere gli uni accanto agli altri tessendo rapporti di giustizia e

solidarietà.

Gli atteggiamenti irrispettosi nei confronti dell’ambiente arrecano danni alla stessa

convivenza umana e viceversa; gli abusi sui diritti umani e i crimini ambientali sono

strettamente collegati.

Non ci sarà pace, infatti, finché non avrà fine il disordinato e sfrenato sfruttamento dei

Beni della Terra, f ino a quando, ad esempio, le grandi foreste che sono epicentro

4 Il filosofo di origine tedesca Hans Jonas (Mönchegladbach, 1903 – New York, 1993) nella sua opera DasPrinzip Verantwortung, del 1979, ha affermato la necessità di applicare il Principio Responsabilità ad ognigesto dell’uomo, il quale deve prendere in considerazione le conseguenze future delle sue scelte e dei suoiatti in modo particolare nel campo ambientale. Da questo principio consegue che la crisi ecologica è unproblema morale dovuto alla rinuncia da parte dell’uomo di assumersi le proprie responsabilità.5 Il filosofo norvegese Arne Naess (Oslo, 1912) è il fondatore della corrente definita come “Deep Ecology”,pensiero che si fonda sulle conoscenze ecologiche di interdipendenza tra componenti ambientali e viventi.Ne discende una visione di qualità della vita come uguale diritto che appartiene ad ogni essere sia essoumano, animale o vegetale. E poiché tutti gli esseri sono tra loro interdipendenti è necessario un profondorispetto per ogni elemento ambientale e per ogni forma di vita. Anche quella di Arne Naess è una filosofia“egualitaristica” tra tutte le componenti ambientali e tutti i viventi.

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dell’ecosistema terrestre e pure patrimonio comune dell’umanità continueranno ad essere

distrutte dai Paesi in cui si estendono pur di ottenere nuovi prodotti di esportazione,

provocando come conseguenza irrimediabile danni ambientali globali.

Attraverso le Lettere Encicliche l’orizzonte ecologico e di protezione ambientale del

Papa si è allargato anche ad aspetti quali il fenomeno del consumismo e degli stili di vita

dannosi per la salute fisica e spirituale, stimolando quale urgenza prioritaria una grande

opera formativa e culturale che comprenda l’educazione dei consumatori ad un uso

responsabile del loro potere di scelta.

In questo grande sforzo di trasformazione è suo il merito, inoltre, di aver dato inizio

all’unione della cristianità per proteggere la creazione di Dio e lasciare alle generazioni

future una Terra in cui esse potranno vivere. Giovanni Paolo II ha infatti unito la sua voce

a quella di Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli, erede della tradizione spirituale

orientale e attualmente personalità religiosa in primo piano nell’impegno per la

salvaguardia dell’ambiente6.

Senza questo rivoluzionario cambiamento di mentalità tutti i progetti di protezione

della Terra, tutte le buone intenzioni e i programmi di salvaguardia ambientale

rischierebbero di rivelarsi inefficaci proprio perché si occuperebbero solo dei sintomi e non

delle cause.

I semi lanciati dal Pontefice recentemente scomparso sembrano diffondersi. Crescono

le manifestazioni di un’aumentata sensibilità nell’opinione pubblica verso i problemi del

Pianeta, che coinvolgono tutti, e si riconosce a papa Benedetto XVI, successore di

Giovanni Paolo II, un grande sforzo nel dare continuità all’impegno dei cristiani per

l’ambiente al fine di giungere ad una vera Etica Ambientale cristiana: di questo aspetto

viene dato cenno nelle Conclusioni di questa trattazione.

Tuttavia, nonostante questa spinta verso un rinnovamento di mentalità e

comportamenti, si distinguono ancora segni evidenti di contraddizione e, in taluni casi, si

ha l’impressione che l’insegnamento portato avanti da Giovanni Paolo II non sia ancora

penetrato in modo così capillare negli ambienti cristiani e che la “conversione ecologica”

da lui fortemente voluta debba ancora conquistare pienamente i cattolici.

6 Bartolomeo I è stato recentemente protagonista e promotore del Simposio intitolato “Artico: Specchio diVita” (7-12 settembre 2007), summit che ha coinvolto dodici leader religiosi di tutto il mondo, scienziati,teologi e ricercatori accomunati dall’interesse per gli effetti del cosiddetto cambiamento climatico globaleper il pericolo dello scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia.

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Nella “Deep Ecology”, ossia un ripensare a modelli di vita tenendo conto delle

conoscenze ecologiche e delle esigenze che la salvaguardia ambientale richiede, uno

degli aspetti più interessanti ed importanti è il collegamento Donna-Natura, dimensione di

creatività, di vita.

Non a caso, quindi, Giovanni Paolo II ha dato il meritato peso all’unica figura

femminile che la Chiesa cattolica possa annoverare tra i fautori della protezione

ambientale: Ildegarda di Bingen7 vissuta nel medioevo ed assai vicina per filosofia di vita a

quello che sarebbe stato il pensiero di San Francesco d’Assisi.

Tra i grandi santi di cui Giovanni Paolo II ha rivalutato l’esperienza di vita, questa

figura -purtroppo sconosciuta anche tra i membri della Chiesa stessa- ha finalmente

trovato la giusta luce per parlare a noi ed indicarci la nuova strada da percorre verso un

concreto rispetto per la Natura ed il Creato.

7 Ildegarda di Bingen, (Böcklheim, 1098 - Rupertsberg, 1179), monaca benedettina.

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Capitolo I

Il Creato: un Bene da custodire

Le ragioni dell’ecologia

Per la prima volta dalla sua origine il futuro dell’umanità, e quello dell’intera biosfera, è

minacciato.

Negli ultimi vent’anni del II° millennio dell’era cristiana la conoscenza di questa realtà

di pericolo è diventata una consapevolezza comune e la sensibilità per le problematiche

ambientali ha oltrepassato la cerchia dei pochi iniziali addetti ai lavori o di aree della

società civile particolarmente attente e impegnate.

La crisi attuale non è solo una “crisi ambientale” che è possibile superare con

l’impiego di mezzi tecnologici, ma è un danno profondo arrecato al nostro Pianeta e, ancor

più, una crisi di orientamento di identità, che affonda le sue radici nell’atteggiamento

interiore dell’uomo nei riguardi del Creato e del Creatore.

Essa trova la sua origine nei comportamenti sbagliati dell’uomo, nelle profondità del

suo cuore, le quali hanno soffocato il senso di amore verso il Pianeta e i suoi viventi,

nell’illusione di poter configurare il mondo a suo modello e nella convinzione che il mondo

Creato ci sia stato dato in vista dello sfruttamento, e non per rispettarlo e averne cura8.

La “monetizzazione” della Natura da un lato, la bioingegneria dall’altro, sono oggi

l’estrema conseguenza della crisi che l’umanità vive i tutti i settori per aver considerato la

Natura come “cosa” da soggiogare e non come Creato da valorizzare.

La manomissione dei cicli naturali, l’assoggettamento delle umili creature del Creato,

per poi usarne con spreco, non fa che danneggiare l’uomo assieme ad esse e a causare

una violenza, invisibile ma potente, che scaturisce da tutta questa manomissione.

Fino ad ora le risposte che sono state date ai numerosi problemi insorti negli equilibri

della Natura -innescati dagli interventi umani- sono state di ordine tecnico, orientate verso

scelte pubbliche a breve termine senza riuscire a mettere in discussione né a cambiare

radicalmente le basi della crescita economica e dello sviluppo che si trovano a monte del

problema ecologico.

Ma per poter ridare futuro agli esseri umani e alla Natura, interrelati nel sistema

ecologico generale del Pianeta, è necessario individuare le cause che hanno condotto

l’uomo ad un progressivo allontanamento da essa. Solo così sarà possibile ricondurre

8 Documento finale dell’Assemblea Ecumenica Europea “Pace nella giustizia”, Basilea, 1989, paragrafo n.19.

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l’umanità a riconciliarsi con il Creato: occorre risalire alle origini del problema e affrontare

la crisi morale che conduce anche al deterioramento ambientale; occorre recuperare il

rispetto per la vita, il rispetto per l’infinità di forme in cui essa si esprime; è necessario il

superamento dell’estraneità che connota le società attuali per sentirsi partecipi e in

comunione con la Natura.

L’amore per le Creature, il rispetto per qualsiasi essere vivente, sono sentimenti che

non possono essere estranei all’uomo morale.

Il rispetto dovuto alla vita non può essere limitato al rispetto per una specie vivente,

esso inizia quando l’uomo comprende il senso profondo delle cose e mette in atto il

rispetto per la propria stessa esistenza.9 E’ un rispetto che è dovuto a tutte le forme di vita:

umana, animale, vegetale. Esso implica una responsabilità senza limiti verso tutto ciò che

vive senza chiedersi quanto questa o quella forma di vita meriti la simpatia di ognuno ai

fini della valutazione dell’essere, e nemmeno se essa sia capace di sentimento e a quale

grado. Il rispetto è un’esigenza assoluta se si vuole promuovere il bene.10

In questa prospettiva sono di grande rilievo le tradizioni religiose in quanto

rappresentano un fattore culturale determinante nel rapporto dell’essere umano con

l’ambiente esterno.

Il pensiero religioso, infatti, condiziona le relazioni con la vita materiale e trasmette

alle generazioni posteriori un insieme di atteggiamenti mentali che costituiscono una delle

componenti fondamentali del terreno di base, retrostante ai valori etici di una cultura, e

alcune di esse potrebbero fornire elementi utili per riorientare il rapporto dell’uomo con la

Natura.

Il dibattito per la protezione ambientale, mirante alla salvaguardia e alla salute delle

Terra, e impegnato a diffondere una nuova etica nei confronti del Pianeta si può, così,

arricchire dello studio del rapporto uomo-Natura tramandatoci dalle tradizioni religiose,

evidenziando ove questa relazione sia stata sostanzialmente armonica e quando e perché

abbia iniziato ad incrinarsi.

Credenti delle diverse religioni sanno, di fatto, riconoscere nella diversità delle forme e

dei colori della Creazione l’azione di un Essere soprannaturale che ha dato vita a tutto ciò;

per questo, a monte della crisi, del depauperamento e del degrado dell’ecosistema

planetario, riconoscibile nella riduzione e nell’inquinamento delle fondamentali risorse

9 Albert Schweitzer, raccolta di prediche a cura di Enrico Colombo e Renato Pettoello, La melodia delrispetto per la vita, prediche di Strasburgo, traduzione italiana a cura di Enrico Colombo, Edizioni SanPaolo, Milano 2002, cit., pag 33.10 Andrew Linzey, Teologia Animale, i diritti degli animali nella prospettiva teologica, Traduzionedall’inglese a cura di Alessandro Arrigoni, Edizioni Cosmopolis, Torino, 1998, pp. 4-5.

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ambientali, nella distruzione dell’ozono nella stratosfera, nella minaccia alla varietà delle

specie viventi,11 si è colta l’incapacità dell’uomo moderno contemporaneo a riconoscere

nel mondo quella originaria donazione che precede e fonda ogni azione umana: “La terra

è stata data da Dio all’uomo, che deve usarla rispettando l’intenzione originaria di bene,

secondo la quale gli è stata donata […] Essa in ragione della sua stessa fecondità e

capacità di soddisfare i bisogni dell’uomo, è il primo dono di Dio per il sostentamento della

vita umana”.12 Il dono è dunque un Bene supremo ed universale da non intendersi in una

visione antropocentrica quale passaggio di un oggetto da un possessore all’altro come si

intende nella vita quotidiana. E’ un Bene che si riverbera su tutti gli esseri viventi tra i quali

vi è l’uomo: il Creato deve essere rispettosamente e amorevolmente custodito, protetto,

risparmiato dall’uomo stesso.

Il Creato Bene universale

L’uomo di oggi, per affrontare costruttivamente la crisi ecologica in atto, deve

imparare di nuovo a vedere la saggezza e la bontà infinita di Dio creatore attraverso la

riflessione e mediante la contemplazione della bontà di tutte le cose che Dio ha chiamato

all’esistenza dal nulla13 e ritrovare una relazione premurosa, mai suprematica, mai di

dominio, mai di possesso con il Creato.

Creare significa infatti donare (donare soprattutto l’esistenza). E colui che dona, ama.14

Del resto vi sono numerosi riferimenti anche nelle Antiche Scritture, che hanno

scatenato un enorme dibattito.

Se il Mondo porta con sé l’impronta del Creatore l’uomo si sente spinto a trattarlo con

particolare cura proprio perché gli parla dell’amore di colui che lo ha creato.

11 Michael Rosemberger, L’Albero della vita, Dizionario Teologico di spiritualità del creato, EdizioniDehoniane, Bologna, 2006, cit., pp. 57-59.12 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica “Centesimus annus”, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano,1° Maggio 1991, paragrafo n.31 e 38. (L’enciclica è una lettera rivolta dal Pontefice a tutti i cristiani delmondo).13 Libro della Genesi, capitolo 1, versetti dall’1 al 23. Dio crea per mezzo della parola. “In principio Dio creòil cielo e la terra.[…] Dio disse: « Sia la luce! ». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separòla luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.[…]E Dio disse: «Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque».[…] Dio chiamò ilfirmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.E Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sullaterra frutto con il seme, ciascuna secondo la sua specie».[…] Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fumattina: terzo giorno.E Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte.[…] Dio vide cheera cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno.E Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento delcielo».[…] Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quinto giorno.14 Giovanni Paolo II, La creazione è opera della Trinità, 5 marzo 1986.

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Concepire la Terra come Bene supremo ed universale, espressione dell’amore di Dio

conduce ad una dimensione di responsabilità a tutto campo: nei confronti di Dio, ma pure

nei confronti degli altri esseri viventi che sono, allo stesso modo, destinatari dello stesso

Bene.

L’uomo è, così, chiamato ad emulare la tenerezza stessa di Dio nei confronti della

Terra, a rendersi consapevole del suo essere un tutt’uno con la Natura, a prendersi cura

delle vite degli altri esseri viventi riversando su di loro lo stesso rispetto che prova per la

propria.

L’uomo, quando è consapevole di questo, considera sacra ogni vita e sperimenta

l’empatia, cioè quella capacità di condividere con gli altri esseri la volontà comune di

vivere e di svilupparsi.15

Ma da quando l’uomo tecnologico, pretendendo di essere come Dio, si è sentito

potente e capace di manipolare i sistemi naturali e gli equilibri, è andato contro il disegno

del Creatore, provocando la propria degradazione di uomo e il deterioramento degli

ecosistemi del Pianeta, da allora, avviene il sovvertimento dell’ordine divino e l’umanità

vive un’enorme crisi a tutti i livelli.

L’uomo d’oggi vivendo un’errata relazione con il Mondo naturale, non sa più

riconoscere in esso l’opera di Dio che richiede invece un rapporto di rispetto e amore.16

Bisogna che l’uomo impari a sentire di “appartenere alla stessa famiglia”, insieme a

tutte le creature viventi sulla Terra, ripartendo dall’immagine di Dio a cui si deve rifare.17

Per l’intera famiglia umana è pressante il richiamo ad una attenzione responsabile per

il Creato, in quanto la protezione dell’ambiente non è soltanto una questione tecnica, ma è

anche e soprattutto una questione etica, di affettività allargata, di preoccupazione

generalizzata.

La civiltà della tenerezza: le religioni orientali

Il disordine etico sul piano dei valori, espresso dalla violenza, dall’ingiustizia nei

rapporti umani, dall’accaparramento dei beni ambientali, provoca una sorta di disordine

cosmico generalizzato, che porta a sua volta alla distruzione del Creato e, in questo, della

vita umana.

15 Gaetano Currà, L’ecologia nell’insegnamento di Giovanni Paolo II, Editoriale progetto 2000, Cosenza,1999, cit., pag. 47. L’espressione è ripresa da Albert Schweitzer (Kaisersebeg, 1875 – Lambarenè, 1965)medico, teologo, musicista e missionario tedesco. Premio Nobel per la pace nel 1952.Secondo Albert Schweitzer gli uomini sono legati a tutti gli altri esseri viventi dal semplice fatto di esserevivi. La posizione speciale che l’uomo occupa rispetto agli altri esseri viventi lo obbliga alla responsabilità.16 A. Beauchamp, “ Création et écologie”, in « Christus », n. 185, 2000, pp. 29-37.17 Gaetano Currà, L’ecologia nell’insegnamento di Giovanni Paolo II , cit., pag. 42.

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Di fronte ai problemi della giustizia, della pace e della salvaguardia del Creato, luogo

delle moderne conflittualità, i valori religiosi offrono un universo morale alternativo il cui

apporto può contribuire efficacemente alla loro risoluzione.

Se si guarda, ad esempio, alla mistica delle religioni orientali, come l’Induismo18 o il

Buddhismo19, si nota un pressante invito a rispettare la Natura, condizione essenziale per

meritare la salvezza e le vette più alte della spiritualità: entrambe fondano la loro etica sul

principio di “non provocare danno”, di non nuocere a nessun essere.

L’Induismo ricorda all’uomo che ogni generazione è legata ad un’altra e che gli uomini

sono fortemente responsabili non solo gli uni verso gli altri esseri umani, ma anche verso

tutte le creature della Natura. Gli antichi testi induisti, infatti, ricordano l’identità dell’intima

essenza della natura umana con quella non umana, da cui consegue una visione di

fratellanza universale.

L’Induismo, nella sua concezione originaria, propugna l’etica della non violenza20

come un comando che nasce nell’uomo dall’idea della non-attività e dalla preoccupazione

di restare immuni dalla contaminazione del mondo.21 Questo genere di comando non

spinge ancora l’uomo a portare un aiuto efficace agli altri esseri viventi e non suscita

simpatia verso le creature, o sentimenti di misericordia. E’ solo con una riflessione

successiva attribuita a personalità del mondo induista dello spessore di Gandhi22 che la

concezione della non violenza viene vista come rispetto integrale della vita in ogni sua

forma. Egli, infatti, era solito ripetere che i suoi valori erano semplici, tratti dall’Induismo

tradizionale: la verità e la non-violenza.

Quando guidò la rivolta pacifica del sub-continente indiano contro il colonialismo

inglese adottò il “comportamento di colui che avendo realizzato l’unità di vita si astiene

spontaneamente da ogni atto o pensiero suscettibile di nuocere ad un essere vivente”.

In questo senso Gandhi è spesso accomunato, sul piano della riflessione filosofica, a

S. Francesco d’Assisi con cui condivise l’attenzione a non nuocere a nessun essere

vivente.

18 L’Induismo è la principale religione tradizionale dell’India, praticata da oltre settecento milioni di fedeli.E’ una tra le più grandi religioni del mondo ed è frutto dell’evoluzione graduale e della ricerca personale disaggi e maestri vissuti in India lungo i secoli.19 Il Buddhismo, nato in India, è derivato dall’Induismo ad opera della predicazione del Buddha nel VI°secolo avanti Cristo, ed ha avuto una sua specifica evoluzione.20 Il concetto di nonviolenza è un imperativo religioso che possiede in sé la carica positiva della benevolenzauniversale e diventa “l’amore puro” comandato dai testi sacri dell’Induismo, ma anche dai Vangeli.21 Albert Schweitzer, Die Weltanschaung der indischen Denker. Mystik und Ethik, Beck, Monaco, 1936.Edizione italiana con traduzione a cura di Saverio Marchignoli, I grandi pensatori dell’India, Mistica edEtica, Ubaldini Editore, Roma, 1983, cit., pag. 58.22 Mahandas Karamchand Gandhi ( Porbandar, 1869 – Nuova Delhi, 1948 ), fondatore della nonviolenza epadre dell’indipendenza dell’India.

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Vi è una stretta correlazione tra la pratica della non violenza e l’etica della cura intesa

come preoccupazione per il benessere di un altro. La cura è un esercizio profondo di

attenzione che richiede di non attendersi nulla in cambio.

La principale considerazione dell’Induismo è la sacralità della vita23, che è un palpito

dell’esistenza di Dio nel mondo Creato e, poiché l’uomo non ha ricevuto il potere di creare,

non ha neanche il diritto di distruggere la benché minima creatura: animali, piante, suoli,

rocce o acqua.

Il principio di non violenza verso ogni essere vivente è un dovere importante, più

positivamente è un amore universale inteso come una delle virtù più rilevanti da praticare,

in quanto l’uomo facendo parte della Natura è un vivente al pari degli altri viventi.

La nonviolenza, anche quando non sgorga da un sentimento di pietà e di

compassione per ogni essere vivente in quanto simile a lui, offre comunque modalità tanto

personali che collettive per modificare situazioni e comportamenti deleteri per l’uomo e per

la Natura.

Buddha24 è il fondatore dell’etica della pietà, pure se ancora limitata dal principio della

non-attività.

La pietà di Buddha consiste nel riconoscere che tutti gli esseri sono senza scampo

soggetti al dolore25. E’ una pietà per ragionamento, più che una pietà del sentimento, ma è

un’analisi che chiede di avere solidarietà con il dolore di tutti gli esseri viventi e quindi di

assumere un atteggiamento di serena bontà nei confronti di tutte le creature del mondo

fisico e abiotico.26

Nella visione buddhista le montagne, i fiumi, l’aria, il cibo, sono estensioni del nostro

esistere che ci legano a tutto l’universo. L’evitare qualsiasi tipo di violenza nei confronti

degli esseri umani e del mondo inanimato consiste nell’imparare ad inserirsi nell’armonia

dell’universo.

La condanna di ogni genere di violenza obbliga al rispetto assoluto per ogni genere di

vita, principio etico che si fonda sull’interdipendenza e la solidarietà di tutti gli esseri27.

23 Nel corso della sua esistenza l’uomo può reincarnarsi in un essere umano, animale o vegetale. Tutto ciòche si può vedere e toccare con mano, gli alberi, gli animali, gli uomini e anche la materia inerte, vieneconsiderato solo come la forma esterna di una realtà nascosta dietro ad esso, una realtà che è essenziale.24 Guatama Buddha (Kapilavastu, 563 a. C. ca. - 486 ca. a. C.), fondatore del buddhismo, il suo nomesignifica “l’illuminato, il risvegliato”.25 Tutto è sofferenza. Sfuggire alla morsa di questa sofferenza è il traguardo della religione.26 Albert Schweitzer, Die Weltanschaung der indischen Denker. Mystik und Ethik, cit., pag. 7327 A.A.V.V., Écologie et spiritualité, Édition Albin Michel, Paris, 2006, cit., pag. 129.

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In termini buddisti, perciò, più che di ecologia è più corretto parlare di ecofilia, cioè di

amore per la propria casa, per la propria dimora, ossia del posto in cui ci si trova a vivere e

che costituisce il proprio universo.

Infatti, ciascuno quando nasce dà inizio al suo mondo che muore con lui. Così quando

brucia un bosco, sarà un bosco in meno nel mondo personale di ciascuno. E così pure

quando si deturpa la Terra significherà costruire un determinato universo in cui vivere che

sarà perciò privo del bene che deriva dall’essere inserito in un ambiente sano e pulito.

Il buddhismo è una didattica articolata in modo che ciascuno possa imparare la via

che conduce alla liberazione dalla sofferenza. L’uomo può liberarsi dal dolore, dalla

miseria umana estirpando la radice dei suoi bisogni, e cioè la brama di possedere, l’odio,

la stupidità cercando di non fare del proprio desiderio il metro di tutte le cose.

L’etica buddhista prende dunque il suo avvio dal livello minimo di interpretazione

espresso dalle parole “non nuocere”, un primo passo comune con tutte le grandi religioni

orientali.

Le religioni monoteiste di fronte al Creato

C’è qualcosa di particolare anche nell’islamismo che lo rende una fede da spazi

aperti, di aria e sole.

Quasi ogni biografia del Profeta28 o introduzione all’islamismo inizia con un riferimento

allo sfondo naturale di una fede fondata sull’essenzialità e in cui l’austerità del luogo in cui

è nata ne indica la sacralità.

Per il mondo Islamico l’uomo, in quanto vicario di Dio, è chiamato a tutelare l’ordine

nella Natura e nella Creazione così come è stato voluto da Dio stesso.

Per il fedele islamico Dio stesso ha dato il nome degli elementi astronomici alle

Sure29: “l’alba”, “il sole”, “la notte” e ciò significa che queste ultime sono da rispettare; altre

Sure hanno invece nomi di animali a significare che anche a loro è dovuto rispetto e

amore.

Dio indica come arrivare a Lui tramite il pensiero, riflettendo sulla creazione del cielo e

della terra e sulla distanza tra il giorno e la notte.

La Creazione ha quindi lo scopo di rendere l’uomo ragionevole e grato, saggio e

timoroso di Dio.

28 Mohammed (Mecca, 570 – Medina, 632), considerato dai mussulmani come l’ultimo e più grande profetadi Dio (Allah) incaricato da Lui stesso, attraverso l’arcangelo Gabriele, di divulgare oralmente il Suo Verbo.Il Corano fu messo definitivamente per iscritto nel 933 d.C.29 Il Corano è diviso in 114 capitoli, detti Sure.

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L’Islam ha curato tutto ciò che riguarda l’ambiente ed ha legato l’essere umano a tutte

le creature dell’universo sia animali che vegetali.

Numerosi versetti del Corano esortano l’uomo a rispettare, proteggere, custodire la

Natura perché essa riflette pienamente lo splendore divino e celebra la gloria di Allah.30

La tradizione islamica si oppone agli interventi violenti contro l’armonia del mondo

creato in quanto la distruzione della Natura è sintomatica della fine del mondo.

Nell’Islam si è generalmente sviluppata una consistente coscienza ambientale anche

se non riveste quelle forme e quelle definizioni alle quali è abituato l’uomo moderno

occidentale: «La massima misericordia Allah la riserva a coloro che hanno risparmiato la

più piccola tra le creature»31. Ogni uomo deve rispettare, per fede, ciò che gli sta attorno.

Naturalmente non manca nemmeno nel mondo ebraico un visione privilegiata della

Natura: l’opera creatrice di Dio costituisce il fondamento di tutto ciò che vive, tutto è opera

di Dio e la vita dell’ebreo è completamente inserita nel cosmo.

Per l’ebraismo tutta l’opera della creazione non conosce altro metro che quello di Dio:

la creazione gli appartiene, è sua proprietà ed Egli desidera che quanto ha creato continui

a mantenere l’ordine da lui impresso al momento della creazione.

La Natura è l’opera del Creatore e per il credente è il medium per arrivare a lodare

Dio.

L’uomo, dal canto suo, può onorare il Creatore solo se rispetta anche la sua opera. In

questo modo la legge ebraica proibisce ogni distruzione arbitraria o sconsiderata della

Natura e dei suoi doni: una visione religiosa del mondo che permette all’uomo di

comprendere il bisogno che egli ha della Natura che sta intorno a lui.

Inoltre nell’ebraismo l’uso delle benedizioni, del ringraziamento per ogni cosa

riconosciuta come donata da Dio, e come tale Bene supremo ed universale, è una

constatazione della presenza di Dio stesso in tutto ciò che circonda l’uomo.32

L’uomo che segue il desiderio di Dio trova nella Terra una compagna che lo aiuta a

seguire la legge stessa di Dio.33

30 A.A.V.V., Écologie et spiritualité, cit., pag. 155.31 A.A.V.V., Dizionario comparato delle religioni monoteistiche Ebraismo, Cristianesimo, Islam, a cura diLiborio Asciutto, Edizioni Piemme, Padova, 1998, cit, pag., 499.32 A.A.V.V., Écologie et spiritualité, cit., pag. 153.33 L’insegnamento è tratto dal Talmud: raccolta di trattati giuridici, religiosi e ritualistici del III° - IV° secolod.C. che contengono la dottrina giudaica in forma di sentenze fondamentali e di interpretazioni eampliamento di tali sentenze.

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L’ebraismo, infatti, valorizzando l’idea del “sabato”34 , al di là del suo aspetto religioso,

nelle sue implicazioni ecologiche, esprime un concetto diametralmente opposto alla spinta

dell’economia verso l’espansione e lo sfruttamento capillare di tutte le capacità produttive

della Terra: il riposo del “sabato” pone un chiaro limite alla dinamica economica dello

sfruttamento della Terra e di tutti gli esseri viventi35.

Quello che il “sabato” intende principalmente non è tanto il riposo dal lavoro, bensì il

non intervento dell’uomo sull’ambiente, riconoscendo quindi in linea di principio il carattere

inviolabile del Creato, quel carattere che dovrebbe venire salvaguardato, rispettato e

curato36.

La visione cristiana dell’ambiente, è erede della visione giudaica, ambedue sono

l’una all’interno dell’altra, codificate nel grande deposito scritto della Bibbia.

Per il cristiano la Terra è una realtà splendida e ordinata, voluta da Dio, è un valore in

sé indipendentemente dal fatto che possa essere sfruttabile, fonte di ricchezze.

Dio ha creato dal nulla tutte le cose ed esse gli appartengono.

L’uomo è però responsabile del rapporto con la Natura che lo circonda poiché è

l’unico essere che sulla Terra opera moralmente.37 Egli ha perciò dei doveri verso la

Natura, doveri che derivano dal fatto che il benessere dell’uomo e quello del prossimo

dipendono in modo fondamentale dall’ambiente in cui vivono.38

Il cristianesimo si differenzia dall’ebraismo perché si fonda sulla persona di Gesù, per

il quale il rifiuto di ogni violenza è essenziale dimensione; il suo messaggio39 è la legge

dell’amore predicata dal Vangelo e a noi trasmessa.

Per un cristiano parlare di amore per le creature significa estenderlo a tutte le creature,

non solo agli uomini, poiché Dio ha creato ogni cosa in cielo e in terra e tutte le creature

hanno in Dio uno stesso principio.40

34 Nell’ebraismo il sabato è considerato il giorno di assoluto riposo, è un giorno che pone un fermo allaproduttività in ottemperanza al comando biblico espresso nel libro dell’Esodo al capitolo 20, versetti dell’8all’11: “Il settimo giorno è il sabato in onore del Signore: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, nétua figlia, [… ] né il tuo bestiame ”.35 Michael Rosemberger, cit., pag. 215.36 “Quando entrerete nel paese che io vi do, la terra dovrà avere il suo sabato consacrato al Signore”, Librodel Levitico, capitolo 25, versetto 2.37 “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”. Libro dellaGenesi, capitolo 1, versetto 27.38 A.A.V.V., Dizionario comparato delle religioni monoteistiche Ebraismo, Cristianesimo, Islam, cit., pag.,496.39 Dio in se stesso « è Amore » (Prima lettera di Giovanni, capitolo 4, versetti dall’8 al 16) che si donacompletamente e gratuitamente e che « ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito »(Vangelo di Giovanni, capitolo 3, versetti 16 e 17). Mandando suo Figlio, Dio rivela che egli stesso è eternoscambio d’amore.

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Il recupero e lo studio delle concezioni religiose in cui l’uomo vive o viveva un rapporto

fondamentalmente equilibrato con la Natura, rappresenta una base importante su cui

fondare una nuova Etica Ambientale, che trasformi le concezioni educative e morali su cui

è stato regolato il rapporto dell’uomo con la Terra sicuramente dal XVI° secolo in avanti.

Le religioni vedendo l’ambiente naturale come uno spazio in cui gli esseri umani

ricercano la perfezione finale possono condurre l’uomo contemporaneo a recuperare

quella visione d’insieme necessaria per ricollegarsi alla sua casa naturale, il suo oykos, la

Terra.

Le religioni, tornando ad insegnare al mondo il bene e il male, possono diffondere un

insegnamento che onori ogni componente degli ecosistemi terrestri, cosicché il contributo

di ogni credente ben formato costituisca una valida risorsa per una vita armonica nel

cosmo.

Con un’etica radicata nel “principio di compassione” alimentato e testimoniato, nel

corso dei secoli, da tradizioni culturali e da figure umane di grande rilievo come Francesco

d’Assisi, Mahandas Karamchand Gandhi, Albert Schweitzer sarà possibile per gli uomini

esercitare quella responsabilità verso la Terra che è assolutamente irrinunciabile,

misurando le azioni umane al fine di convivere con la Natura insieme a tutti i suoi esseri

viventi, in una relazione di profonda fraternità: fratelli e sorelle che hanno la stessa origine

cosmica, lo stesso destino, che camminano insieme realizzando il mistero del Mondo.

Oppure -in assenza di una tale dimensione- , l’uomo diverrà la specie dominante la cui

cupidigia porta allo squilibrio, alla depauperazione della Terra stessa.

Responsabilità del cristianesimo

I sempre più rapidi progressi scientifici e tecnologici, i miglioramenti apparentemente

raggiunti in tutti i campi, sono stati accompagnati dallo sfruttamento e talvolta dalla

distruzione di habitat terrestri.

E’ ormai un fatto assodato che esistono limiti sia alle risorse naturali disponibili, sia

alla capacità da parte della Natura di porre rimedio ai danni ad essa arrecati attraverso

l’incessante sfruttamento delle sue componenti abiotiche e biologiche.

In questa situazione, almeno dal 1960-1970, la società civile ha assunto una

maggiore consapevolezza dei legami che l’uomo ha con gli altri esseri viventi e la Natura

viene vista come la biosfera in cui tutti gli esseri formano una rete di vita complessa e

capillarmente organizzata.

40 La Sacra Scrittura dice: « In principio Dio creò il cielo e la terra » (Libro della Genesi, capitolo 1, versetto1). Da questo passo della Bibbia la Chiesa ha elaborato la sua Professione di fede nella quale proclama cheDio è il creatore di tutte le cose visibili e invisibili.

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Una delle conseguenze positive di questa nuova sensibilità è la convinzione che la

cultura giudaico-cristiana, soprattutto nella sua espressione occidentale cattolica e

protestante, abbia avuto un ruolo determinante nella genesi del depauperamento, della

crisi ambientale odierna.41

Le Sacre Scritture giudeo-cristiane pongono infatti un abisso fra uomo e Natura e

attribuiscono a Dio il comando dato alla prima coppia umana di “soggiogare e dominare la

terra”42 stabilendo, di fatto, un marcato antropocentrismo di cui diviene parte integrante

l’ideologia del dominio della Terra.

Secondo questa lettura della Bibbia la Natura, creata da Dio, è sottoposta all’uomo

che ha ricevuto il potere su tutto il Creato divenendo così centro e padrone del mondo, che

andava progressivamente domato su misura per se stesso.

Tutto ciò si è tradotto lungo i secoli in un atteggiamento tirannico e distruttivo nei

confronti del mondo naturale, sfruttato incondizionatamente.

In effetti, per secoli la Chiesa occidentale non ha avuto interesse per lo studio della

teologia della creazione, il cristianesimo ha interpretato il testo della Bibbia considerando

l’uomo come affidatario di una Creazione di cui poteva disporre liberamente, ed ha

interpretato il dominio della Natura e la capacità di sfruttarla e di trasformarla come una

delle missioni chiare che l’uomo era chiamato a svolgere.43

Soprattutto nel puritanesimo e nelle forme cattoliche analoghe, si è sviluppata una

morale attiva, conquistatrice, che concepiva il regno dell’uomo sulla Natura nella volontà di

dominarla, atteggiamento che ha caratterizzato l’uomo europeo fino al XIX secolo.44

Il cristianesimo ha introdotto poi una ulteriore distinzione, tramandando una visione

della Natura come separata dall’uomo e totalmente distinta da Dio, rendendola così priva

di sacralità.

La frase della Bibbia che alla base della visione del dominio dell’uomo sulla Natura

ha conosciuto solo recentemente un ampliamento della sua interpretazione e la riflessione

teologica ha riconosciuto un’errata e parziale comprensione di questo testo che ha indotto

ad agire in modo sconsiderato nei confronti dell’ambiente naturale.45

41 Il vivace dibattito sulla responsabilità della crisi del Pianeta ha avuto origine, per esempio, a seguito dellapubblicazione di un articolo dello storico americano Lynn White, The Historical Roots of Our EcologicalCrisis, in «Science», vol.155, n° 3767, 10 marzo 1967, pp.1203-1207.42 “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccellidel cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra”, libro della Genesi, capitolo 1, versetto 28.43 Robert Delort e Francois Walter, Storia dell’ambiente europeo, Edizioni Dedalo Srl, Bari, 2002, cit., pag70.44 Ibidem.45 Ibidem.

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Bisogna infatti considerare che il cristianesimo, quello che deriva direttamente da

Cristo, si fonda nell’affermazione che nessuno deve dominare gli altri e che nessuno deve

essere dominato dagli altri, quindi neanche la Natura.

La necessità di un cambiamento di atteggiamento nei confronti della Natura si

giustifica per i credenti non solo a partire dalla minaccia che incombe sull’umanità a causa

delle molte manifestazioni di crisi ambientale, ma anche sulla base di una corretta

interpretazione della Bibbia.46

Papa Giovanni Paolo II,47 riprendendo la riflessione teologica sui testi biblici che

riguardano la creazione ha affermato che il dominio accordato dal Creatore all’uomo non è

un potere assoluto, né si può parlare di libertà di disporre delle cose come meglio egli

reputi, perché la limitazione è stata imposta fin dal principio dallo stesso Creatore

attraverso la simbolica proibizione di mangiare il frutto dell’albero48, mostrando così che

l’uomo, nei confronti della Natura, è sottomesso non solo a leggi biologiche ma anche

morali, che non si possono impunemente trasgredire.49

La Bibbia afferma sì la specificità dell’uomo e la sua speciale posizione tra le altre

creature, ma non avvalla una visione dell’uomo come sfruttatore e padrone assoluto della

Natura. Infatti, nonostante il compito ricevuto da Dio di assoggettare la Terra, l’uomo non

potrà dedicarsi al lavoro dei campi l’ultimo giorno della settimana50, il settimo anno51 e

l’anno del giubileo,52 per significare che Dio ha continuamente posto dei limiti all’uomo pur

dandogli una certa libertà.

Non si può negare tale erronea interpretazione del teso biblico, è necessario

comprenderlo e cercare di analizzare le più probabili cause degli attuali danni ambientali

nell’azione umana.

Possiamo identificarle in alcuni fattori principali: lo sviluppo dell’epoca industriale,

subentrata alla precedente epoca artigianale, che ha favorito la diffusione dei prodotti

46 A.A.V.V., Lexicon, Dizionario Teologico Enciclopedico, Edizioni Piemme, Casale Monferrato(Alessandria), 1993, cit., pag. 334.47 Karol Wojtyla, nato a Vadowice (Polonia) il 18 maggio 1920, pontefice con il nome di Giovanni Paolo IIdal 1978 al 2005.48 “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del malenon devi mangiare, perché, quando ne mangiassi, certamente moriresti”, libro della Genesi, capitolo 2,versetto 16.49 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Sollicitudo rei socialis, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano,30 dicembre 1987, paragrafo n ° 34.50 “Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò” libro della Genesi, capitolo 2, versetto 3.51 “Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto, ma nel settimo non la sfrutterai”, librodell’Esodo, capitolo 23, versetto 10.52“Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura”, Libro del Levitico,capitolo 25, versetto 11.

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industriali e la richiesta vertiginosa di materie prime; lo sviluppo dell’economia come vero e

proprio dominio della scienza, che considerando erroneamente quale guadagno il

consumo della ricchezza “Natura” ha favorito l’uso senza limiti dei beni naturali rinnovabili

e non rinnovabili, senza preoccupazioni per le conseguenze; l’erronea convinzione

dell’inesauribilità delle risorse naturali (con la conseguente indiscriminata libertà nel loro

sfruttamento) e la capacità di autoriparazione, da parte della Natura, dei danni inferti; la

logica del profitto sempre più elevato da ottenere ai minimi costi, che fa sì che si attinga,

senza alcun limite, al contesto ambientale inteso come una cornucopia di spettanza

umana e stimolando al contempo il massimo incremento dei consumi.53

Da questa impostazione essenzialmente economica, o per meglio dire mercantilistica

(e oggi anche finanziaria), deriva l’attuale tendenza a far consumare sempre di più,

spendendo sempre meno nella produzione mediante l’automazione.

In questo modo le prospettive di consumo di ogni bene della Terra, purché l’energia

sia disponibile, aumentano e accelerano i loro ritmi spaventosamente e del pari

aumentano il divario e gli scompensi tra i popoli54: tutto ciò in contrasto con quanto

affermano tutte le religioni, per le quali le risorse sono create da Dio, non dall’uomo, e

pertanto sono un bene comune a tutta l’umanità. E diversamente da quanto intuì

Francesco d’Assisi quando le chiamò “fratello” e “sorella”.

In tempi moderni-contemporanei si è diffusa una concezione delle risorse che porta a

ritenere che esse esistano solo in quanto scoperte da un imprenditore che ne diventa in

qualche modo il padrone, con arrogante autosufficienza.

Il problema ecologico mette sotto accusa, innanzitutto, il modello di sviluppo che

sembra aver imboccato una via dalla quale difficilmente riuscirà a tornare indietro. Un

modello che, tra i tanti sacrifici, ha calpestato la spiritualità delle persone, che agiscono

spinte da richiami materiali: consumare, eliminare, conseguire rappresentatività in un

crescendo di sprechi.

Se l’uomo fosse più ragionevole avrebbe interpretato le parole della Bibbia -poiché

lasciano uno spazio positivo all’interpretazione umana- secondo il messaggio di armonia

che è insito in esse, e l’uomo della rivoluzione industriale non si sarebbe lasciato

affascinare dalla possibilità di leggerle come la giustificazione di potere dell’uomo

sull’uomo e dell’uomo sull’ambiente per sfruttare a piacimento. Avrebbe creato le

condizioni per consentire la “manutenzione” della Terra e la sua cura ecologica.

53 Mario Pavan, “La situazione ecologica mondiale”, in « Annuario 1986-87 della EST » (Enciclopedia dellaScienza e della Tecnica) Edizioni Arnoldo Mondadori, Milano, 1986.54 Ibidem.

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Tuttavia per ora vale sempre il precetto di amministrare saggiamente il bene che

sicuramente possediamo nell’unica casa che per ora abitiamo.

La creazione nella Bibbia: l’Antico Testamento

Sotto l’influsso di papa Giovanni Paolo II lo studio teologico della creazione ha

ricevuto un nuovo impulso al fine di leggere e interpretare con maggior completezza la

Scrittura,55 e in particolare il libro della Genesi, considerato la causa fondante della

mancata attenzione alla Terra da parte dei cristiani.

In essa si parla del Creato come del “primo grande dono che Dio fa all’uomo”56, come

della prima essenziale espressione del suo amore potente che crea un cosmo57 ordinato

e prezioso, capace di sostenere quella realtà misteriosa e fragile che è la vita degli esseri

viventi, degli ecosistemi, del Pianeta stesso.

Secondo questa visione, la Creazione non è frutto né del caso né della necessità:

essa è opera della volontà di Dio che ha creato il mondo per amore e nella libertà: Dio ha

lavorato con tutto il suo potere e la sua grandiosità per dare alla Creazione una bellezza

piena che riecheggia e si manifesta nella straordinaria creatività e infinita diversità della

Natura58. Essa è tale solo perché Dio ha posto la sua mano per dare fondamento alla

Terra, per darle un ordine così che dal caos potesse svilupparsi un’armonia che a sua

volta è pace.59

Creando le cose del mondo, Dio ha dato una legge: ogni essere creato ha un fine,

uno scopo e tutti lo rispettano.

55 La Bibbia è un libro di fede ed ha quindi lo scopo puramente religioso di dimostrare che Dio esiste primadel mondo ed esisterà per sempre; Lui è l’unico creatore del cielo e della terra; Egli ha creato per amore tuttele cose e l’uomo come suo rappresentante nel Creato.Con l’espressione: « Racconti biblici della Creazione » si indicano i primi due capitoli della Bibbia nei qualiviene narrata la creazione del Mondo. I testi costituiscono una narrazione continua e vanno letti collocandolinell’ambito culturale dell’agiografo che li ha scritti quasi tremila anni fa. Nei racconti della creazione, non èpossibile cercare una spiegazione al “come” delle cose, ma si deve individuare il “perché” dell’atto creativoin quanto il racconto biblico della creazione è una professione di fede.56 L’espressione è usata dalla Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo all’interno del sussidioelaborato per la Giornata per la salvaguardia del Creato, 1 settembre 2006. Per la dimensione da attribuirsialla dimensione di dono si veda supra capitolo primo, paragrafo primo e secondo.57 Il cosmo, non è, nella Bibbia, un’entità fissa, immobile, un “essere” o un organismo, ma piuttosto unevento, un processo dinamico che accade. In Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, Edizioni Paoline,Milano,1988, cit., pag. 323.58 « Il mondo è stato creato per la gloria di Dio, che ha voluto manifestare e comunicare la sua bontà, veritàe bellezza », Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1992, n. 293.Il Catechismo della Chiesa Cattolica è l’insegnamento dei principi fondamentali della dottrina cattolica,attestati o illuminati dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione apostolica e dal magistero della Chiesa.59 H. Paul Santmire, Brother Earth. Nature, God and Ecology in time of crisis, Thomas Nelson Inc., NewYork City, 1970, pp. 93-95.

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Tra le creature esiste inoltre un’interdipendenza e una gerarchia volute da Dio, ma

nello stesso tempo esiste fra loro unità e solidarietà, poiché tutte hanno il medesimo

Creatore sono da lui amate e sono ordinate alla sua gloria.

La Bibbia infine afferma che Dio ama tutte le Creature60 e conserva con loro un tipo

speciale di relazione, ma fra tutte le creature, l’uomo è l’unica che Dio ha voluto con

intelligenza, volontà e cuore: l’ha creato simile a se stesso61 e a lui ha affidato la Terra

perché ne facesse una dimora accogliente.62

Il primo libro della Scrittura, la Genesi, cioè l’origine, presenta la creazione

simbolicamente come un susseguirsi di giorni di lavoro che terminano con il settimo

giorno.

Nei primi tre giorni viene trattato l’ordine che prepara l’ambiente della vita; il quarto

giorno della creazione è consacrato, come il primo e il settimo, all’ordinamento temporale

dell’ambiente vitale; i due giorni successivi comportano la creazione degli esseri viventi: gli

animali nell’acqua, nell’aria e sulla terra e l’uomo. Così, nell’articolazione globale dei sei

giorni, gli ambienti vitali corrispondono agli esseri viventi che li abitano.63

Animali ed uomini vengono presentati entrambi alla stregua degli abitanti degli

ambienti vitali terrestri, ricevono la stessa benedizione per moltiplicarsi e le stesse erbe e

piante come nutrimento,64 che a loro volta debbono quindi vivere e moltiplicarsi.

Adamo ed Eva, i primi esseri umani, avrebbero dovuto esercitare il loro dominio65

sulla Terra con amore.66 Essi, invece, con quello che la Bibbia chiama peccato, hanno

distrutto l’armonia esistente, ponendosi deliberatamente contro il disegno del Creatore.67

Ciò portò all’alienazione dell’uomo stesso, ma anche ad una certa ribellione della

Terra nei suoi confronti.68

60 « Tu ami tutte le cose esistenti, se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata », Libro dellaSapienza, capitolo 11, versetto 24.61 Il rapporto di somiglianza con Dio separa l’uomo dagli animali.62 Libro della Genesi, capitolo 2, versetto 15 “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino in Edenperché lo coltivasse e lo custodisse”.63 Libro della Genesi, capitolo 1, versetti dell’1 al 31.64 Il primo capitolo del libro della Genesi, descrive la coesistenza pacifica, non violenta, di tutte le creaturedel Creato da cui consegue l’esigenza dell’alimentazione vegetariana. In seguito questa prescrizione vienemodificata a causa della debolezza umana e del peccato, evidenziati nel racconto del diluvio. In MicaelRosemberger, cit., pag. 287.65 Un approfondimento della riflessione biblica ha portato anche a migliorare la traduzione del versetto 28del primo capitolo del libro della Genesi modificando le parole: “Riempite la terra; soggiogatela edominate” in: “Popolate la terra; governatela e dominate”, in Bibbia in lingua corrente per la lettura,Nuova versione Elledici, Torino, 2000.66 “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”, Libro della Genesi, capitolo 1, versetto 31.67 Giovanni Paolo II, Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato, Libreria Editrice Vaticana, Città delVaticano, 1900.

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Il peccato dell’uomo si riflette in modo distruttivo anche sulla Natura, sovverte

quell’ordinamento che Dio ha dato al Mondo come possibilità e che l’uomo, nel suo

cammino lungo la storia, deve cercare concretamente di realizzare.69 Tutto il Creato

diviene soggetto alla caducità, e da allora attende, in modo misterioso, di essere liberato

dallo stato di crisi in cui è precipitato.70

In tutte le Creature vi è attesa e speranza, desiderio di salvezza, che è possibile solo

se gli uomini realizzano la loro vocazione a diventare figli di Dio.

Con questo racconto, la Bibbia intende far comprendere il valore del Mondo creato,

l’ordine che esiste fra le cose create: il regno dei minerali, le piante, gli animali, l’uomo.

La rivelazione divina71 non ha un termine per indicare “ambiente” o il concetto di

“natura” elaborati dalla filosofia e dalle scienze moderne, ma parla del mondo come

“creazione” di Dio per il bene dell’uomo.72

Nel mondo Creato c’è ordine e bellezza; tutte le cose sono state create da Dio con la

Parola, tutte volute dalla benevolenza di Dio, tutte ordinate dalla sua sapienza, tutte

dichiarate buone e belle; possiedono una meravigliosa unità nella diversità e sono dotate

di armonia ed equilibrio. Ordine, quindi nel senso ecologico attuale, che non prevede né

può sopportare gli squilibri indotti dall’azione umana.

Al vertice della creazione troviamo l’uomo, fatto ad « immagine e somiglianza » di Dio

il quale è la fonte di tutte le energie vitali. A lui, culmine della sua opera, Dio, poiché vide

era cosa “molto buona”, affidò le creature con cui condividere l’avventura della vita: il figlio

e la figlia di Dio partecipano della natura del Padre creatore che è sapienza e bontà.73

L’uomo, perciò, in quanto «immagine di Dio» è stato eletto per portare a compimento il

progetto di Dio, che è «liberatorio e promozionale», con libertà e inventiva responsabile.74

Dio in se stesso è amore75 che si dona completamente e gratuitamente, e così l’uomo,

poiché creato ad immagine di Dio è amore e amando si manifesta per quello che è: amore

68 Libro della Genesi, capitolo 3, versetti dal 17 al 19 e capitolo 4, versetto 12.69 Gaetano Currà, cit., pag. 49.70 Lettera di San Paolo ai Romani, Capitolo 8, versetti dal 19 al 21.71 Si parla di “rivelazione divina” riferendosi ai testi della Bibbia in quanto scritti per ispirazione delloSpirito Santo. I libri dell’Antico Testamento infatti sono stati scritti nell’arco di 10 secoli, dal X sec. a.C.,(epoca in cui nacque la scrittura ebraica in Medio Oriente) al 150 a.C.72 Abramo guarda il cielo e scopre la presenza di Dio, nel libro della Genesi, capitolo 15, versetti dal 5 al 7,Mosè guarda il roveto ardente e scopre la presenza di Dio, nel libro dell’Esodo, capitolo 3, versetti dal 2 al 6.73 Leonardo Boff, Ambrosie Nguyen Van Si, Sorella madre terra, Edizioni lavoro, Roma, 1996, cit., pag, 29.74 Ernesto Piacentini, Ecologia Francescana, Editrice Bannò, Roma, 2002, cit., pag. 83-84.75 Prima lettera di Giovanni, capitolo 4, versetti dall’8 al 16.

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e giustizia.76 E vivendo per quello che è veramente l’uomo passa dall’obbligo al bisogno,

cioè al bisogno di vivere a somiglianza di Colui di cui è immagine.

Nel pensiero dell’antico Vicino Oriente, area in cui sono stati scritti i racconti della

Bibbia, la somiglianza con Dio veniva solitamente attribuita ai re che avevano così potere

di governare il loro regno senza impedimenti, ma erano anche responsabili del loro

operato davanti alla divinità.

Di conseguenza il racconto biblico indicando l’uomo come re, possessore di un potere

diretto dato da Dio lo pone anche come responsabile della comunità di tutti gli esseri

viventi.77 In questo senso, allora, l’uomo ha il dovere di continuare l’opera di Dio.

Nel racconto della creazione, Dio, dà poi una benedizione agli animali del cielo e a

quelli delle acque78 ed è la stessa benedizione che dà agli uomini mettendo così in

evidenza la solidarietà che deve esserci nel crescere e nell’abitare l’universo da parte di

entrambi.

L’uomo non esiste senza le altre creature, e il mondo esiste come luogo, casa

dell’uomo.

E’ all’interno di questa comunione di co-creature che l’uomo riceve da Dio una precisa

responsabilità di custodia e salvaguardia della creazione79.

Se l’uomo deve vivere con il Creato, come Dio comanda, non può né deve

distruggerlo perché distruggerebbe se stesso.

Egli per sopravvivere deve convivere con il Creato e ha quindi l’obbligo, la

responsabilità di mantenere un rapporto di equilibrio. Francesco d’Assisi, Buddha,

Maometto, Gandhi, l’hanno inutilmente predicato.80

Tuttavia, proprio per aver messo in risalto la posizione dell’uomo, creato ad immagine

di Dio per governare la Creazione visibile, la Bibbia ha di fatto fornito alla tradizione

giudaico-cristiana una sorta di “liberatoria” ad agire in modo sconsiderato concependo lo

sfruttamento come manifestazione di superiorità nei confronti della Natura.

Essa ha indotto a giustificare, in modo ovviamente non imparziale, il saccheggio e

l’aggressione della Terra per attuare uno sviluppo economico esclusivamente umano: tutto

76 Per “giustizia” in senso biblico si intende il comportamento che scaturisce dalla giusta relazione tra Dio el’uomo.77 Michael Rosenberger, cit., pag. 203-204.78 “Dio li benedisse: « Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichinosulla terra »” (Libro della Genesi, capitolo 1, versetto 22).79 Enzo Bianchi, Le ragioni cristiane dell’ecologia, Editrice San Liberale, Treviso, 2003, cit., pag. 17.80 “Pace nella giustizia” documento finale dell’Assemblea Ecumenica di Basilea, 15-25 maggio 1989.

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ciò a lei contrario81 dimenticando che il racconto della Scrittura chiarisce che l’essere

umano è amico della Natura e che il suo dominio è il dominio dell’amore. Una

dimenticanza, un fraintendimento di capitale rilevanza, e che sovverte tutte le posizioni.

I Salmi e la sapienza letteraria

La teologia cristiana della creazione contribuisce in modo diretto alla risoluzione della

crisi ecologica affermando che la creazione visibile è per l’uomo uno spazio in cui vivere

una relazione personale con la Natura e con Dio, una sorta di abitazione che permette

all’uomo di entrare in comunione con la divinità.

Sia l’insegnamento di papa Paolo VI,82 sia quello di papa Giovanni Paolo II83

richiamano spesso i cristiani a riflettere sul valore estetico del Creato evidenziando come

la contemplazione debba condurre l’uomo a riscoprire la sua fraternità con la Terra alla

quale è legato a partire dalla sua stessa creazione84 e renderlo consapevole della sua

responsabilità nei confronti del Creato.

In vari passi della Bibbia troviamo espressioni che annunciano l’azione creatrice di Dio

e che invitano tutte le potenze, tutti gli ambiti vitali e tutti gli esseri viventi a lodare il

Signore.85

Chi loda Dio gli presta il dovuto onore, gli dimostra rispetto e amore, lascia che Dio sia

Dio e si pone fiduciosamente in questo mistero.

Nel Cantico della Fornace86, che secondo molti interpreti avrebbe direttamente

ispirato il cantico di San Francesco d’Assisi, dopo una strofa di benedizioni rivolte

direttamente a Dio nelle sue varie sedi, seguono due serie di inviti ai cieli e ai loro abitanti;

quindi sono chiamati a raccolta i fenomeni atmosferici, le fasi temporali del giorno, la

terraferma e le acque, gli animali e gli uomini; infine, il cantico si conclude con un verso

dalla portata cosmica: “Voi tutti che adorate il Signore, benedite il Dio degli dei, cantate e

rendete grazie, perché eterno è il suo amore”. E questo a dimostrazione di quanto sia

81 Leonado Boff e Ambrosie Nguyen Van Si, cit., pp. 23-30.82 Paolo VI, Insegnamenti di Paolo VI, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1972.Giovanni Battista Montini (Concesio -Brescia-, 1897), pontefice con il nome di Paolo VI dal 1963 al 1978.83 Giovanni Paolo II, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano,2006.84 Giovanni Paolo II, La gloria di Dio nella creazione, Udienza Generale del 26 gennaio 2000, si veda sitointernet www.vatican.va .85 Espressioni quali ad esempio: “I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia ilfirmamento” (Salmo 19, versetti dal 2 al 6); “Il cielo annunzi la sua giustizia, Dio è giudice” (Salmo 50,versetto 6); “I cieli annunziano la sua giustizia e tutti i popoli contemplano la sua gloria” (Salmo 97,versetto 6); “Grandi sono le opere del Signore, le contemplino coloro che le amano” (Salmo 111, versetto 2);“Canti la mia bocca la lode del Signore e ogni vivente benedica il suo nome” (Salmo 145, versetto 21).86 Libro di Daniele, capitolo 3, versetti dal 51 al 90.

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profondamente radicata nel cuore dell’uomo veterotestamentario il sentirsi una cosa sola,

creata dallo stesso Creatore, con l’universo intero.

La creazione ispira i canti, ma queste espressioni dicono anche chiaramente che

l’uomo riconosce nella Natura la gloria e la giustizia di Dio (giustizia che in Dio è sempre

unita alla misericordia per ridonare equilibrio e armonia), che egli esulta perché può vivere

libero e vorrebbe abbracciare l’intera Creazione per farla partecipare al suo giubilo: loda

Dio e desidera che tutto il Creato faccia lo stesso.87

I Salmi88 sono il vertice della preghiera nell’Antico Testamento: la Parola di Dio

diventa preghiera dell’uomo. Questa preghiera, personale o comunitaria, canta le

meraviglie di Dio nella creazione, e nella storia della salvezza. Essi rimangono un

elemento essenziale e permanente della preghiera della Chiesa, adatti agli uomini di ogni

condizione e di ogni tempo.89

Numerosi sono i Salmi in cui si parla di contemplazione del Creato; l’uomo che si

santifica mediante la contemplazione del Natura non strumentalizza più l’universo con

cupidigia e cecità perché scopre la vera ragione di ogni cosa e ne rimane ammirato.

Nel salmo il cristiano riconosce in ogni cosa l’impronta di Dio, la sua mano creatrice, e

riconduce tutti gli esseri e anche se stesso alla vera fonte della vita.

Con questa lode cosmica il cristiano si apre alla dimensione più grande della propria

vita e, riconoscendo semplicemente che Dio è Dio, invita tutta la creazione a lodarlo

perché: “Egli disse e furono creati ” (Salmo 148).

I Salmi esprimono la fede nella creazione: tutto ciò che circonda l’orante ha la sua

origine nella volontà creativa di qualcuno che preesiste. Esprimono fiducia in Dio creatore,

affermano con semplicità la fedeltà e la bontà di Dio che il credente sperimenta di fronte

alla contemplazione delle sue opere.90

Tutto parla di Dio. La rivelazione della creazione è offerta a tutti perché la creazione

sa “raccontare”: narra la gloria di Dio, rivela la bellezza, la grandezza e la bontà del

Creatore, ne fa percepire la presenza benefica. Una presenza che si fa quasi sensibile,

visibile nel sorgere del sole. Ma il sole non è Dio. E’ come un veloce messaggero che

ringiovanisce ogni giorno la vita del mondo.

87 Michael Rosemberger, cit., pp. 125-126.88 Sono stati le preghiere dell’Antico Testamento, in cui Dio stesso ha ispirato i sentimenti che i suoi figlidevono avere nei suoi riguardi e le parole di cui devono servirsi rivolgendosi a lui. La chiesa cristiana ne hafatto, senza modifiche, la sua preghiera ufficiale poiché esprimono l’atteggiamento che ogni uomo deveavere di fronte a Dio.89 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2597.90 “Grandi sono le opere del Signore, le contemplino coloro che le amano”, Salmo 111.

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La contemplazione del mondo creato fa percepire sempre presente e all’opera il

Creatore, il quale, in certo modo, ha dato all’uomo la consegna di prolungare i giorni della

creazione.91

Il Salmo 104, ad esempio, può essere considerato a pieno titolo il salmo della

creazione perché nella sua esposizione segue l’ordine della cosmologia narrata dal

racconto della Genesi: luce, cielo, terra, piante, animali, l’uomo, per concludere con un

inno alla provvidenza, e con l’invocazione perché scompaia dal mondo l’unica stonatura di

questa armonia cosmica, il peccato. Oggetto del canto e interlocutore assoluto è Dio,

origine e creatore di tutte le cose.

Non si celebra la Natura in se stessa, bensì si loda il costante atto creativo di Dio,

quella spinta di vita che genera continuamente novità.

Nei salmi si esalta la grandezza di Dio manifesta nell’opera della creazione92 quasi

fossero un commento poetico ai primi capitoli del racconto della Genesi, nei quali si

racconta in maniera figurata l’evento della creazione.

Chi è capace di cogliere questa meravigliosa grandezza di Dio nella sua creazione è

l’animo puro e semplice di coloro che, come i bambini, sanno vivere l’ammirazione.

Chi è capace di contemplare la grandezza del Creato si riscopre piccolo e fragile

perché è proprio la Creazione che evidenzia la piccolezza e la fragilità dell’uomo.

E’ la gioia di gustare tutte le realtà, di scoprirne il valore, di recepirne la verità. Ed è

verità necessaria sotto pena di essere esclusi dalla vita.93

In questo consiste la grandezza dell’uomo: contemplare e interrogarsi, per ammirare il

Creato ed assumere responsabilità di fronte ad esso.94

Riflettere sul contenuto dei Salmi e rileggere lo stupore per il Cosmo che si trova in

essi ha lo scopo di condurre l’uomo contemporaneo a riscoprire la propria solidarietà con

la Terra e quindi il rispetto e la cura del Creato da considerarsi come luogo della vita.

In modo specifico per i cristiani sono un richiamo ad aprire gli occhi e la mente sulla

realtà e sul loro modo di vivere affinché ricordino il significato profondo di ciò che

affermano nella preghiera e assumano la linea della protezione della Terra.

91 Anna Maria Canopi, I Salmi, Paoline Editoriale Libri, Milano, 1997, cit., pag. 192.92 “Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti, è lui che l’ha fondata sui mari, e suifiumi l’ha stabilita” (Salmo 24, versetto 1).93 “Quando guardo il tuo cielo, opera della tue dita, la luna e le stelle che tu hai create, che cos’è l’uomoperché te ne ricordi e te ne curi ?” (Salmo 8).94 Celestino Corsato, Marcello Dilani, Virtù ecologiche , in « Dall’alba al tramonto », Edizioni Messaggero,Padova, marzo-aprile, 2006.

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Capitolo II

Vangelo ed ecologia

Il Nuovo Testamento

La fondazione biblica dell’ecologia non può fermarsi alla reinterpretazione del testo

della Genesi sull’uomo immagine di Dio e signore dell’universo, ma deve estendersi

necessariamente al Nuovo Testamento che contiene una innegabile valenza ecologica in

quanto è Gesù Cristo la chiave per svelare il segreto della creazione.

Papa Giovanni Paolo II ha sviluppato un approccio all’ambiente evangelico, cioè

centrato su Cristo95 e ha considerato l’umanità, fatta ad immagine e somiglianza di Dio,

come preposta alla cura della creazione.

Infatti, l’Adamo della prima creazione, nel suo peccare, ha peccato e pecca anche

contro la Creazione, ma il nuovo Adamo, Cristo, ha saputo vivere con la Creazione in

modo esemplare, la sua autorità liberante e sanante ha ridonato alla Creazione, al cosmo,

oltre alla sua bellezza soprattutto la sua dignità.

La nascita di Gesù è, per il cristiano, la festa della Creazione ricostruita,96 poiché

Cristo ha preso su di sé la “carne”, cioè tutta la realtà creaturale per salvare tutta la

Creazione.

Tutto il Creato, quindi tutti gli esseri viventi e non solo l’uomo, è stato redento da

Cristo; nel suo corpo tutto il Creato ha raggiunto la perfezione.

Gesù, nel suo agire messianico, si è presentato come una persona profondamente

inserita nel Creato, ha amato la Terra, è rimasto fedele alla Terra, si è dimostrato un

contemplativo della Creazione, capace di vedere in essa la grandezza e la generosità di

Dio e una responsabilità per l’uomo.

In pace con la Natura, con gli animali, con la realtà quotidiana ha saputo rispondere al

gemito presente in ogni cosa.97

Cristo ha portato la salvezza per gli uomini, ma è una salvezza che riguarda tutte le

Creature viventi.

E’ importante evidenziare a questo proposito come per sottolineare l’ansia di

salvezza, il desiderio presente nelle creature non umane di ritrovare l’armonia originaria, e

l’attenzione del Salvatore per tutte le Creature nel corso dei secoli siano fioriti numerosi

95 Giovanni Paolo II, Udienza generale, 10 gennaio 1990, sito internet www.vatican.va .96 Benedetto XVI, Omelia della solenne messa di mezzanotte per il Natale del Signore, 25 Dicembre 2007. Siveda sito internet www.vaticanva .97 Enzo Bianchi, cit., pp. 27-28.

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racconti e leggende di Natale che narrano del privilegio accordato agli animali di incontrare

Gesù al momento della sua nascita, prima dell’arrivo degli stessi uomini ad adorarlo.

Il Vangelo, infatti, vale per ogni Creatura98 e questo significa che la Creazione tutta

intera si riunifica grazie a Gesù.

La co-creaturalità dell’uomo con tutte le cose e la qualità regale dell’uomo su tutta la

Creazione fanno sì che ci sia un legame profondo tra la salvezza dell’uomo e il cosmo,

anche sul piano teologico.

In Gesù, Dio si è unito all’uomo e quindi anche con la Natura, con tutte le Creature.99

La logica dell’amore del Nuovo Testamento assume così una dimensione universale in

quanto l’incarnazione di Gesù coinvolge tutta la Natura.

Nella morte e risurrezione di Gesù si è compiuta l’opera di riconciliazione dell’umanità

intera con il Padre: Gesù è colui che riconcilia l’uomo con il suo ambiente naturale poiché

insegna a vivere nella dimensione di figlio.100

La Creazione che era sottomessa alla schiavitù della morte nell’evento pasquale è

stata raggiunta da una energia di vita nuova che la trasfigurerà in cieli nuovi e terra

nuova.101

Il Vangelo ci invita a vivere misericordiosamente perché Dio è misericordioso102, ama

la Natura e se ne preoccupa.

Dio Padre ha dimostrato la sua grande generosità in Cristo Gesù che è l’espressione

stessa della generosità e richiama anche noi a vivere con la stessa generosità nei

confronti del Creato.

Il messaggio evangelico spinge ad un agire responsabile, all’agire generoso

dell’amore, dimentico di sé fino al sacrificio.

Nel Nuovo Testamento il motivo della pace del creato ricorre solo tre volte, ma

sempre in testi fondamentali. Il più indicativo103 è quello in cui la presenza di Gesù nel

98 Lettera ai Colossesi.99 Andrew Linzey, cit., pag. 9.100 Lettera di San Paolo ai Romani, Capitolo 8, versetto19 e seguenti.101 Enzo Bianchi, pp. 21-25.102 L’amore di misericordia è affetto, attenzione, cura, tenerezza, desiderio di bene.103 Nel Vangelo di Marco, capitolo 1, versetti 12 e 13, il tema della pace del Creato viene presentato in mododiretto, mentre nella Lettera ai Romani, capitolo 8, versetti dal 18 al 30 i tema viene elaborato in manieraindiretta affermando che “Tutta la Creazione geme e soffre” come pure nella Lettera ai Colossesi, capitolo 1,versetti dal 15 al 20 in cui si parla della pace del Creato che verrà messa in atto dalla risurrezione di Gesù.

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deserto104 viene presentata come una pacifica comunione offertagli dalle fiere selvatiche.

In lui nuovo Adamo (in quanto inaugura una nuova creazione cioè quella dell’uomo

rinnovato internamente) viene spezzato il cerchio della violenza contro il Creato e viene

offerta all’uomo la possibilità di vivere come nuova creatura.105

Il bene più prezioso nella vita del Creato è, infatti, l’esistenza felice di tutti gli esseri

viventi che può avvenire solo per mezzo della riconciliazione operata da Cristo Gesù.106

Nel Vangelo la visione della pace del Creato fonda e persegue la concezione di una

giustizia generale nei confronti del Creato che diventa il modello per eccellenza della

spiritualità cristiana.

Se l’uomo riesce a recuperare il senso ultimo della vita allora si rende capace anche

di prendersi cura del corpo, del cibo, degli altri esseri viventi in maniera veramente

efficace.

I primi cristiani interpretarono la proposta di Gesù come uno stile di vita parco, non

consumistico e mai dissipatore, uno stile sobrio e di comunione, di condivisione equa dei

beni.

Gesù, di fatto, ha messo in guardia dall’affanno interminabile che tormenta l’uomo

quando non vede niente altro che « cose » da mangiare, produrre, vendere, e di cui

servirsi per i propri bisogni. L’insaziabile cupidigia del possesso produce ingiustizia e

violenza, e queste applicate alla dimensione ecologica conducono alla crisi ambientale.

In altre parole, l’insegnamento di Gesù ci invita a ripensare il problema ecologico nel

contesto della nozione di giustizia. Si tratta di un’idea di “giustizia sociale” poiché al centro

del piano della salvezza operata da Cristo c’è una umanità che onora Dio con l’amore e il

rispetto degli uni verso gli altri, con la condivisione e con il prendersi cura con gratitudine

di tutti i suoi doni107, da intendersi in una dimensione universale e non già di possesso a

favore dell’uomo. Doni che, nel loro complesso, noi chiamiamo Natura.

104 « Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana: stava conle fiere e gli angeli lo servivano » in Vangelo di Marco, capitolo 1, versetti 12 e 13.105 Michael Rosemberger, cit., pp. 168-169.106 La riflessione si ritrova in Albert Schweitzer il quale riconosce la pienezza della vita in tutta la Naturagrazie alla sua relazione con il Creatore. Si veda a tale proposito l’opera su Albert Schweitzer, AnimalsNature & Albert Schweitzer, Editing and Commentary by Ann Cottrell Free, The Flyng Fox Press,Washinton D. C., 1982.107 “Le singole creature sono anche «doni» del Dono (Dio): esse portano in sé l’impronta dello Spiritocreatore”, Giovanni Paolo II, La creazione è opera della Trinità, 5 marzo 1986. Come già detto quindi ildono non è inteso in senso antropocentrico ma nella dimensione universale di Bene supremo.

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Gesù e la Natura

Così come nell’Antico Testamento la funzione principale della Natura è quella di

rendere gloria a Dio e non di essere di utilità all’uomo, anche dal Nuovo Testamento

emerge un rapporto armonico tra l’uomo e la Natura.

Cristo stesso ha predicato la povertà ed è vissuto in povertà, utilizzando della Natura

solo il necessario per il suo sostentamento.

Gesù compie i miracoli generalmente per ridare armonia alla Natura: calma i venti e

le acque108 ed esprime un potere immediato -benefico- sulla creazione.109

Gesù vive completamente inserito nello spazio naturale, a partire dai luoghi che

sceglie per la predicazione fino alle metafore che usa per far comprendere il proprio

insegnamento.

Ad esempio, in numerosi momenti della vita di Gesù è messo in primo piano il

mare.110 Il mare non fa dunque da sfondo, ma è protagonista della vicenda, è un elemento

fondamentale senza il quale non potrebbe avvenire la chiamata di Simone111, la vocazione

dei discepoli112 , la pesca miracolosa113, la predicazione stessa di Gesù.114

Gesù utilizza inoltre l’immagine del grano, del seme, della senape, del fico, dei fiori,

della vendemmia, per parlare dei desideri di bene di Dio. Fa riferimento ad elementi della

natura spontanei come i fiori del campo, o ad elementi “coltivati” come sono invece le

vigne, ma essi sono tutti di uguale importanza e affratellati allo scopo di fare comprendere

che la Natura non è solo da capire e da rispettare ma che essa è da amare.

Nelle sue parabole Gesù richiama di continuo le semine e le messi, la vigna e la

vendemmia, le nuove piantagioni, i fiori e le erbe primaverili. Gesù utilizza gli elementi

della Natura per spiegare verità fondamentali. La Natura diviene il veicolo del suo

messaggio. Essa è dunque centrale.

E’ lui che afferma ad esempio: « Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né

mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre115 », o ancora:

«Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico

108 “Levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece grande bonaccia” in Vangelo di Matteo, capitolo 8, versetto26.109 “Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare”, in Vangelo di Matteo, capitolo14, versetto 25.110 Vangelo di Matteo, capitolo 14, versetti dal 23 al 33, oppure Vangelo di Luca , capitolo 5, versetti dall’1all’11.111 La chiamata di Simone è detta anche “la chiamata del lago”, in Vangelo di Marco capitolo1, versetti dal16 al 20.112 Vangelo di Matteo , capitolo 4, versetti dal 18 al 22.113 Vangelo di Luca, capitolo 5, versetti dal 4 all’11.114 Vangelo di Luca, capitolo 5, versetti dall1 al 3.115 Vangelo di Matteo , capitolo 6, versetto 26.

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che neanche Salomone, con tutta la sua gloria vestiva come uno di loro116». E ciò per

parlare della provvidenza di Dio e porre in luce la meraviglia degli esseri della Natura,

creature di Dio.

Un altro aspetto essenziale agli occhi di chi oggi opera per la salvaguardia ambientale

è il tema dell’importanza anche dei più piccoli elementi degli ecosistemi. E, a questo

riguardo, il messaggio di Gesù è assai forte.

Gesù, infatti, presenta la preoccupazione provvidenziale di Dio che viene estesa

anche agli animali più insignificanti agli occhi dell’uomo, e la bellezza dei fiori selvatici dei

prati della Galilea è la stessa grandezza di Salomone in tutta la sua fama.

Gesù dimostra che Dio crea gratuitamente ed è più generoso proprio nei confronti di

ciò che il mondo considera di minor valore, come i passeri117 , di cui Dio, però, non si

scorda. La bellezza insita in ogni essere della Natura commuove Gesù e lo porta a lodare

il Padre per tutto il Creato.

Ma Gesù si presenta soprattutto come il pastore buono che ha cura delle sue

pecorelle. Lui che è amore, che è Dio diventato creatura, parte stessa del Creato, dà

l’esempio di quello che dovrebbe essere il rapporto dell’uomo con la Natura, e con tutti gli

esseri viventi, con tutte le piante e gli animali.

Gli animali rivestono certo un posto rilevante in un tale messaggio.

Gesù che ama ed ha cura delle sue pecore, porta in braccio gli agnellini che non

sanno ancora camminare ma solo sgambettare, conduce pian piano le pecore madri, si

piega con compassione sulla pecorella smarrita e la carica sulle spalle per ricondurla

all’ovile.

Gesù non si limita a fare paragoni, ad utilizzare immagini naturali, si identifica egli

stesso con gli elementi della Natura quando afferma: «Io sono la vite»118 , la vite che dà la

vita e sostiene i tralci, mettendosi in tal modo al centro del ciclo vitale della produzione

naturale.

E ancora, Gesù viene identificato con gli elementi naturali quando Giovanni Battista lo

definisce “l’agnello”119, per la sua mansuetudine ed umiltà.

116 Vangelo di Matteo, capitolo 6, versetto 28.117 “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che ilPadre vostro lo voglia”, in Vangelo di Matteo, capitolo 10, versetto 29.118 Vangelo di Giovanni, capitolo 15, versetti dall’1 all’11.119 Vangelo di Giovanni, capitolo 1, versetti 29 e 36.

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Anche chi lo segue viene assimilato agli elementi del mondo naturale, in modo

particolare Simone che Gesù chiamerà “Pietra”120 , e i cristiani che lo seguiranno sono

chiamati “pietre vive”121 che si stringono attorno a Gesù: “pietra viva” perché la pietra è

considerato l’elemento solido, integro, su cui si fonda una costruzione, e in questo caso la

Chiesa.

Proprio per aver paragonato se stesso e i suoi discepoli con realtà naturali la Natura

assume il ruolo di segno reale, vero, attivo che insegna all’uomo come si deve vivere.

Infine, quando Gesù muore, la Terra trema evidenziando quel profondissimo legame

tra essa e Gesù ed evidenziando al tempo stesso il legame indissolubile che vi è tra la

salvezza dell’uomo e il cosmo, tra la salvezza dell’uno e dell’altro. La Natura geme

partecipando al momento supremo della vita di Gesù. Tutta la Natura prende parte a quel

momento che, secondo San Giovanni, fu l’ora per eccellenza.122

In tal modo il passaggio di Gesù attraverso la morte rivela un Dio (Figlio) che

soffrendo fa propri i dolori e i gemiti del Creato e che opera la redenzione non come dono

riservato esclusivamente all’umanità, ma offerto a tutta la Creazione.

La creazione nella visione cristiana lungo i secoli: il monachesimo e la protezione

della Natura

La mistica cristiana insegna ad avere attenzione verso il linguaggio di Dio che si

manifesta nella Natura, imparando dall’atteggiamento dello stesso Gesù che amava

ritirarsi in luoghi solitari per pregare.

E’ significativo il fatto che alcuni dei primi monaci fuggissero nei deserti, nei luoghi

dell’infecondità naturale, della Natura all’apparenza quasi o sprovvista di vita; mentre altri

si stabilissero in luoghi solitari nei quali era possibile un fecondo rapporto con la Natura

predicando poi un amore per la Natura stessa come luogo e ambiente dell’uomo e come

riflesso dell’Autore di essa.

A partire da IV° secolo dopo Cristo, uomini e anche donne hanno cercato di ritirarsi in

caverne, foreste, steppe o deserti per sfuggire alla corruzione del mondo e, allo stesso

tempo, recuperare la propria santità e la salvezza dei fratelli esercitando la dolcezza e la

carità verso tutti: uomini, animali, piante, creature di Dio.

120 “Tu sei Pietra e su questa pietra edificherò la mia chiesa” in Vangelo di Matteo, capitolo 16, versetto 8.121 “Stringetevi a lui pietra viva [… ] venite impiegati come pietre vive” in Prima lettera di Pietro , capitolo2, versetti 4 e 5.122 Giancarlo e Valentino Salvoldi, La bellezza salva il mondo. L’ecologia interpella i giovani, EdizioniPaoline, Milano, 1994, cit., pag. 38.

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E’, però, soprattutto dopo le distruzioni barbariche che l’esperienza del monachesimo

inserì l’uomo nella Natura; la foresta, soprattutto, continua ad essere vista come luogo di

confine tra il mondo terreno e l’aldilà, spazio-limite favorevole all’esperienza religiosa e

all’incontro con il divino, ma diventa anche il luogo dell’azione per restaurare la Creazione

devastata dalle invasioni e dalle guerre, dalle distruzioni causate dal passaggio degli

eserciti e dalle carestie che ne conseguono. Operando il rimboschimento, in taluni casi, la

bonifica dei terreni e la coltivazione ciclica dei prodotti agricoli, in altri spazi, i monaci

misero in atto la missione di prendersi cura del Mondo.

San Pier Damiani123, fondatore del monastero di Fonte Avellana124 , fece apparire

spesso nella sua vita e nelle sue opere il tema della tutela della Natura.

Egli dettò regole di amore “comportamentale”, ossia nelle azioni quotidiane con la

Terra, onde proteggere la selva coltivandola e rendendola rigogliosa. Al tempo stesso egli

invitava i contadini del posto a non sottrarre ai boschi il loro spazio più naturale, a non

estirparli, non solo per non distruggere la ricchezza ambientale locale, ma soprattutto per

non vanificare il progetto di Dio.

La vita quotidiana del monaco si svolgeva “ecologicamente”, scandita sui ritmi del

giorno, della notte e delle stagioni in un rapporto di comunione per il quale non esisteva

prevaricazione né dell’uomo sull’ambiente, né dell’ambiente sull’uomo.

Il rapporto con la Natura si collocava così come uno degli aspetti fondanti della

quotidianità poiché la sensibilità dei monaci era dovuta alla passione profonda per Dio e

per tutto ciò che Dio ha donato all’uomo.

La vita monastica era quindi caratterizzata da un grande amore per i luoghi con la loro

Natura, a partire dalla località stessa in cui erano situati i monasteri.

Attraverso eremiti e monaci, che cercavano le foreste come luogo privilegiato per

vivere l’esperienza religiosa, il cristianesimo ha contribuito a conservare il manto forestale

e a migliorare quello boschivo, come detto devastato dalle invasioni e dalle guerre.

Ce lo mostra l’esperienza di Camaldoli,125 in cui troviamo nei monaci un’attenzione

costante e una profonda tensione spirituale per rendersi custodi del patrimonio forestale

locale, in un rapporto caratterizzato da una profonda reciprocità: i monaci custodivano la

foresta che a sua volta li custodiva e garantiva loro quel silenzio necessario ad ascoltare la

voce di Dio.

123 San Pier Damiani (Ravenna, 1007-Faenza,1072), monaco camaldolese, diramazione riformata dell’OrdineBenedettino.124 Fonte Avellana è situata nell’Appennino marchigiano alle pendici del monte Catria.125 Eremo dell’Alto Casentino a cui dette vita San Romualdo (Ravenna, 952 – Valdicastro, 1027), fondatoredell’Ordine dei Camaldolesi.

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La presenza dei monaci che vivevano in connubio con la Natura è dimostrata da una

viva sensibilità per le bellezze della Natura, dalla cura dell’habitat e dalla tutela del

complesso naturalistico che circondava il monastero.

I monaci camaldolesi fecero anche della cura della foresta una delle loro principali

attività codificandone la gestione in una serie di norme che costituiscono il cosiddetto

“Codice forestale camaldolese”126.

Il Codice forestale era parte integrante della Regola di vita ed era una componente

dell’identità stessa del monaco camaldolese; in esso è raccolta tutta la tensione ascetica

dei monaci che vivevano in sintonia con l’ambiente, fino a registrare la loro

“identificazione” con gli alberi.127

Il Codice forestale è considerato la matrice della selvicoltura appenninica ed è

attualmente al centro di un progetto di ricerca che ha come finalità la riscoperta delle radici

storiche e culturali della protezione della vegetazione, e del fondamento etico che deve

ispirare ancora oggi la corretta gestione dei Beni ambientali.128

Nei testi che definivano le disposizioni riguardanti la cura della foresta tornano con

insistenza le parole “custodire” e “coltivare” che sono le stesse con le quali, nel libro della

Genesi,129 il Creatore ha affidato all’uomo la Terra.

126 Il Codice forestale camaldolese è costituito dall’insieme di norme e disposizioni con cui per secoli imonaci camaldolesi hanno regolato la gestione della foresta. Attualmente si trova raccolto non solo in libri edocumenti specifici, ma soprattutto disperso e frammentato in una miriade di scritture (come verbali,promemoria, corrispondenza di vario genere) sparse in archivi e biblioteche. In esso è evidente come l’usodella foresta fosse inteso quale fruizione di un Bene che dà i frutti necessari al sostentamento degli uomini edegli animali.La stesura del primo Codice, il “Liber eremiticae regulae aditae a Rodulpho eximio doctore” risale al 1080ad opera di Rodolfo, quarto priore dell’eremo, ed è conservato nella Biblioteca della città di Arezzo.Dal 1997 il Collegium Scriptorium Fontis Avellanae, che ha sede nel Monastero Benedettino Camaldolese diFonte Avellana, ha elaborato il progetto “Codice Forestale Camaldolese”, con l’intento di comporre lamappatura degli archivi statali, monastici e privati nei quali è presente una documentazione archivisticacamaldolese e ricostruire completamente il “Codice forestale”.127 Nel capitolo 49 delle “Constitutiones Camaldulenses” (prima legislazione redatta nel 1080) la vita deimonaci è prima paragonata e poi identificata con quella degli alberi. Il testo esalta le virtù che appartengonoindistintamente ai monaci e agli alberi, in un sorprendente reciproco confondersi. Vi si legge ad esempio:«…se dunque desideri di possedere di questi alberi in abbondanza o se brami di essere tra loro annoverato,tu chiunque sii, studiati di entrare nella quiete della solitudine. […] Potrai essere abete slanciato nell’alto,denso di ombre e turgido di fronde, se mediterai le altissime verità, e contemplerai le cose celesti, sepenetrerai con l’alta cima, nella divina bontà: “sapiente delle cose dell’alto”. E neppure ti sembri vile didiventare olmo, perché quantunque questo non sia albero nobile per altezza e per frutto, è tuttavia utile perservire di sostegno: non fruttifica, ma sostiene la vite carica di frutti. Adempirai così quanto sta scritto:“Portate gli uni i pesi degli altri e così adempirete la legge di Cristo”…».128 L’interesse per questo studio di conoscenza e di ricerca scientifica forestale è sorto nell’ambito dell’AnnoInternazionale delle Montagne promosso dall’ONU nel 2002. Si veda sito internet www.imont.gov.it .129 Libro della Genesi, capitolo 2, versetto 15.

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Si arriva così ad una reciprocità sorprendente ed esistenzialmente avvertita, in cui si

evidenzia un pensare alla foresta non come a qualcosa in più a cui provvedere, bensì

come ad una realtà con cui vivere, un’estensione di sé.

Inoltre, l’arrivo dei monaci poneva delle limitazioni alla libertà dei cacciatori, in quanto,

come conseguenza della loro presenza in una data area, ampie porzioni di vegetazione

venivano trasformate in oasi per gli animali.130

L’esperienza francescana si innestò successivamente ed in modo originale sulla

precedente contemplazione monastica della Natura, e la custodia e la reciproca ospitalità

tra uomo e Natura sfociò nell’amore fraterno con piante e animali.131

L’opera forestale dei Monaci Camaldolesi fu interrotta nel 1866 quando la foresta fu

incorporata nella proprietà demaniale del nuovo Stato italiano.

Secoli di lavoro svolto dai monaci, che hanno attinto alla spiritualità dell’Oriente

cristiano132 e al suo rapporto fortemente simbolico di comunione con l’intera creazione,

sono stati rivalutati nel 1990, anno in cui le foreste Casentinesi, di Campigna e del Monte

Falterona133, sono diventate aree protette con il vincolo di Parco Nazionale in quanto

costituiscono i boschi e le foreste più estese e meglio conservate d’Italia e serbano un

elevato patrimonio floristico e faunistico.

In tutto il monachesimo medievale troviamo dunque un vivo sentimento della Natura e

una profonda sensibilità per le bellezze naturali, capace di pervadere la cultura del tempo

e di insegnare a non depredare alberi e foreste abusando della loro generosità, ma a

mantenerne un’equilibrata armonia.134

Non vanno inoltre dimenticare le esperienze odierne della vita religiosa che, in

contrasto con superficialità e consumismo attuali che hanno rotto tutti gli equilibri,

illuminata da una nuova riflessione ama la Natura in quella dimensione di fede la quale

riconosce che tutti gli esseri vengono dallo stesso cuore di Dio.

130 Antonio Simula, cit., pag. 130.131 Nel 1220 Francesco d’Assisi fu ospite di quei monaci e di quelle foreste.132 L’Oriente cristiano aveva elaborato una vera carità cosmica, una immensa compassione verso il mondonaturale e in modo particolare per quello animale. Si veda Ignazio IV Hakim, Salvare la Creazione, EditriceAncora, Milano, pp. 37-39.Diversamente nell’Occidente cristiano il processo di sacralizzazione dell’impero operato da Carlo Magnoebbe conseguenze accentuate anche sul piano religioso poiché ebbe largo spazio una teologia del Dioassoluto, padrone della Creazione, di fronte al quale stava l’Imperatore, padrone del Mondo. Inoltre la letturae la riflessione delle Sacre Scritture divenne sempre più parziale fino alla loro emarginazione da parte dellaChiesa della Controriforma romana.133 I monasteri di Camaldoli e di La Verna (Romitorio fondato nel 1213 da San Francesco d’Assisi) sitrovano nel cuore del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.134 Antonio Simula, cit., pp. 132 -134.

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San Francesco d’Assisi: un’esperienza unica

Quella di San Francesco d’Assisi135 fu anzitutto un’esperienza cristiana.

Nato in un’epoca di generale fermento che coinvolgeva tutti gli ambiti di vita, grazie

alla sua squisita sensibilità e al tempo stesso al suo temperamento, trovò la chiave per

contemplare il Creato con cuore limpido, maturando tenerezza e simpatia verso tutte le

creature.

San Francesco è il testimone eccezionale di quel momento molto importante della

storia medievale in cui compare e si sviluppa una nuova società originata da un intenso

movimento di urbanizzazione.

Un poderoso sviluppo demografico ed economico, con un conseguente urbanesimo

crescente, favorì l’aumento delle attività commerciali e la città, centro del potere e dello

scambio, divenne il luogo principale in cui avvenivano transazioni economiche che

esigevano sempre più cogentemente il ricorso al denaro.

Nacquero così i cambiatori, che presto si trasformarono in banchieri.

La disuguaglianza tra le persone scaturì allora dal gioco economico e sociale, non

fondandosi più sulla nascita e sul sangue, ma sulla fortuna immobiliare e mobiliare, sulla

proprietà del suolo o degli immobili urbani, di censi e rendite, di denaro. Il potere del

denaro divenne sempre più forte e più decisivo nella formulazione dell’identità delle

persone.

San Francesco, uomo aperto verso la nuova società, con tutti i suoi mali e le sue

contraddizioni, osservò con simpatia, con amore, senza livore gli uomini del suo tempo.

Egli fu un apostolo della nuova società ma, nel medesimo momento, predicò pure la

“resistenza”, in particolare nei riguardi di chi desiderava e lavorava per una vittoria del

“regno del denaro”.

Egli intuì il rapporto armonioso che lega l’uomo a Dio da un lato e, alle creature

animate e inanimate, dall’altro.

La sua è stata l’esperienza di chi legge ogni avvenimento alla luce del Vangelo, e

pertanto comprende che le alternative per l’essere umano sono solo due o il profitto e

quindi lo sfruttamento egoistico del Creato, oppure la povertà che comporta l’abbandono

incondizionato alla provvidenza del Padre.

135 Francesco di Bernardone, (Assisi, 1182 - Assisi, 1226). Da una vita giovanile spensierata e mondana, siconvertì al Vangelo e lo visse con estrema coerenza, in povertà e letizia. Dapprima, in abito eremitico,condusse vita solitaria ed errabonda, in seguito alla sua predicazione costituì il primo nucleo dell’Ordine deiFrati Minori, la cui regola fu approvata da papa Innocenzo III. In lui come nei più grandi mistici si reintegròl’armonia con il cosmo di cui si fece interprete nel “Cantico delle creature”. Papa Pio XII lo proclamòpatrono d’Italia il 18 Giugno 1939.

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San Francesco fece della povertà il suo valore spirituale supremo e la povertà,

praticata come ideale di vita evangelica, in contrasto con l’accumulazione dei beni terreni

da parte della stessa Chiesa e dei fedeli divenne la regola basilare del suo Ordine.

Scoprendo la paternità di Dio, Francesco scoprì anche il legame di fratellanza con

tutte le creature, in quanto, se Dio è Padre, allora tutti sono fratelli. Tutte le Creature

parlano di Dio e portano a Dio. E attraverso tutte le creature Dio parla del suo amore di

Padre.

San Francesco, infatti, non usò mai termini come natura, ma parlò di “creature ”. In

questo modo si riconosce l’esistenza di un Creatore che è buono, onnipotente a cui tutti gli

uomini e le creature devono guardare. Ciò significa anche che le creature sono

“manifestazioni vere e reali della verità, della bellezza, dell’amore infinito di Dio”136 e come

tali vanno accolte nelle gratitudine, ossia nel rendimento di grazie per poi restituirle a lui

mediante l’amore per i fratelli. Le creature sono specchio del Creatore: esse parlano di

“quella Bontà fontale, che un giorno sarà tutto in tutti”137.

Gli esseri apparivano agli occhi del Santo come amabili in se stessi. Egli era in

sintonia con tutte le cose, estendeva il suo amore compassionevole138 alle creature

sensibili e a quelle insensibili e alla compassione univa una straordinaria sintonia con tutti

gli esseri del Creato.

Da questa radice di pensiero si sviluppò, più tardi, la convinzione della necessità di

difendere il Pianeta, con tutte le sue componenti biologiche e abiotiche.139

San Francesco, al di sopra del suo temperamento sensibile, possedeva una robusta

personalità di credente e di uomo di fede; non si appagava di principi astratti, ma li

traduceva in esperienza di vita.

Egli reagì all’economia monetaria che si stava instaurando e con la sua testimonianza

“salvò” la stessa Chiesa che, di fronte ai grandi cambiamenti epocali, rischiava di perdersi

nelle derive della nuova società e della nuova economia.

136 Giovanni Paolo II, Regina coeli, domenica 23 aprile 1989.137 Tommaso da Celano, Vita seconda di San Francesco d’Assisi, paragrafo n.750, in “Fonti Francescane”,Editrici Francescane, Assisi, 1986.138 L’amore di compassione, che significa “soffrire con”, lo porta ad esempio a provare tenerezza per unvermiciattolo che striscia nella polvere della strada, esposto continuamente al pericolo di essere schiacciato,a tremare di compassione per l’esistenza effimera delle creature esposte al pericolo. Lo stesso amore dicompassione lo estendeva anche alle creature giudicate prive di sensibilità o della capacità di provare doloreindignandosi se vedeva qualcuno che non le trattava “cortesemente ”, ad esempio tagliando gli alberi senzamisericordia.139 Si veda a questo proposito oltre alla complessiva opera di Albert Schweitzer, anche quella del filosofonorvegese Arne Naess il cui teso maggiore è Okology. Samfunn og livsstil, Universitetfolaget, 1976.Edizione italiana, Ecosofia, traduzione di Elene Recchia, Edizioni RED, Como, 1994. In essa la riflessionesull’amore di compassione viene ripresa, attraverso il pensiero dello stesso Albert Schweitzer, comeprincipio fondante per la difesa del Pianeta.

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Con la sua predicazione mantenne desta un’inquietudine che non venne soffocata

dall’ascesa del benessere e della seduzione crescente del denaro.

Per lui le creature giudicate inferiori140 sono veramente Creature, cioè manifestazioni

del potere di Dio, messaggere di Dio, mezzi per cui l’uomo giunge a conoscere e ad

amare il Creatore.

L’unità dell’amore paterno di Dio fa degli uomini, degli animali, delle piante e dei

minerali un’unica famiglia. Questo messaggio di Francesco appare oggi cruciale per

fondare una solida e comprensiva Etica e Salvaguardia Ambientali.

Il suo è uno sguardo di fede: « Dietro ad ogni Creatura c’è nascosta l’immagine di

Cristo »141 .

San Francesco non si sentiva né schiavo né padrone delle creature di Dio. Le

bellezze create non legavano né limitavano il suo affetto, ma lo dilatavano e lo spingevano

verso l’alto e verso fuori. Si sentiva libero di amare, e non già né mai uno sfruttatore degli

esseri inferiori la cui autonomia riconosceva e rispettava.

Egli aveva la coscienza di chi stava facendo il pellegrinaggio verso Dio con tutte le

sue creature, compagne di viaggio, destinate da Dio per l’utilità dell’uomo, ma non per il

godimento estetico perché abbandonarsi egoisticamente al piacere è una specie di

“appropriazione”, un attentato alla libertà con cui le creature proclamano la bontà

dell’Altissimo Dio, dal quale proviene ogni bene.

Il suo cuore si era dunque liberato da ogni attaccamento materiare, di possesso e

poteva guardare ogni creatura considerandola nella sua originale singolarità.

Proprio questo rispetto per l’individualità degli esseri che hanno diritto all’esistenza e

alla libertà gli ha meritato di essere patrono degli ecologisti142su richiesta delle società

ecologiche.

Oggi, il suo messaggio invita tutti gli uomini ad un rapporto di benevolenza con il

Creato e le sue creature. Ma il poverello ci avverte: prima occorre fare la scelta radicale di

Dio. Per salvare la nostra madre Terra, occorre prima scoprire Dio come Padre.

Per San Francesco e i suoi frati la Natura era oggetto di gioia, di ammirazione,

preghiera e gratitudine: nelle Creature contemplava la presenza di Dio. Il suo era un

accostamento fraterno, amichevole alla Natura: non desiderava né trasformarla né

140 “Tutti i volatili, tutti gli animali, tutti i rettili e anche le creature insensibili come le pietre e le selve”: inTommaso da Celano, Vita Prima di San Francesco d’Assisi, paragrafo n. 455, in “Fonti Francescane”, cit.,pag. 262.141 Dio rivela pienamente il suo amore nel Figlio. Cristo è la manifestazione concreta dell’amore del Padre, èla rivelazione dell’amore del Padre per il mondo.142 San Francesco è stato nominato Santo Protettore degli ecologisti da papa Giovanni Paolo II con la letteraapostolica Inter Sanctos, atto emanato il 29 Novembre 1979.

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dominarla, ma diventare “fratelli e sorelle” di tutte le creature poiché esse hanno in Dio lo

stesso principio.

Di San Francesco scriveva San Bonaventura143: « Considerando che tutte le cose

hanno un’origine comune, si sentiva ricolmo di una pietà ancora maggiore, dava a tutte le

creature, per umili che fossero, il nome di “fratello” o “sorella”, poiché sapeva molto bene

che tutte provenivano, come lui, da un medesimo Principio ».144

San Francesco era sicuro che se gli uomini avessero imparato ad usare con rispetto,

senso di fratellanza e gratitudine verso il Creatore le cose create avrebbero imparato

anche a sentirsi fratelli fra di loro. Diceva infatti: « Se noi rispettassimo e onorassimo tutto

ciò che vive, anzi tutto ciò che esiste, la creazione diventerebbe una famiglia felice ».

Come già accennato il 29 Novembre 1979 San Francesco è stato nominato da papa

Giovanni Paolo II “celeste patrono dei cultori dell’ecologia” con la lettera apostolica Inter

Sanctos che così recita: « Tra i Santi e gli uomini illustri che hanno avuto un singolare

culto per la natura, quale dono magnifico fatto da Dio all’Umanità, viene meritatamente

annoverato San Francesco d’Assisi. Egli, infatti, ebbe un alto sentimento di tutte le opere

del Creatore, attraverso le quali, in particolare frate sole e sorella luna e le stelle, diede

all’Onnipotente e buon Signore, la dovuta lode, gloria, onore e ogni benedizione ».

Per questa sua profonda empatia con tutto il creato è considerato come il

rappresentante di una mistica cosmica del cristianesimo.

E ancora, in occasione dell’ottavo centenario della nascita di San Francesco, papa

Giovanni Paolo II riaffermava il contributo di San Francesco in questo campo con la lettera

Radiabat velut stella145 nella quale scriveva che l’atteggiamento di Francesco costituisce la

migliore testimonianza146 del fatto che non si salvano le Creature e gli elementi della Terra

da un’ingiusta e dannosa manomissione se non considerandoli nella luce biblica della

Creazione, e non abbandonandoli al capriccio dell’uomo perché, insieme con lui,

143 Giovanni Fidanza, chiamato Bonaventura da Bagnorea (Bagnorea, oggi Civita di Bagnoregio, 1217/1221circa - Lione, 1274), fu religioso, filosofo e teologo. Insegnò all’università di Parigi, per 17 anni fu ministrogenerale dell’Ordine francescano ed è considerato uno tra i più importanti biografi di San Francesco d’Assisidi cui scrisse la biografia Legenda maior.144 Bonaventura da Bagnoregio, Legenda maior, VI, 1145, in “Fonti Francescane”, cit., pag. 585.145 Giovanni Paolo II, Lettera Radiabat velut stella, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 15 agosto1982.La lettera è indirizzata ai Ministri Generali degli Ordini Francescani in occasione dell’VII centenario dellanascita di San Francesco d’Assisi e rievoca gli ideali che furono di Francesco e a cui gli uomini tendono: lapace, la concordia, la libertà, la letizia, l’unità tra gli uomini e le cose.146 “L’esempio di Francesco a questo proposito, serve come testimonianza certissima che le creature e glielementi della natura non sono immuni da una ingiusta e dannosa profanazione, a meno che, alla lucebiblica della creazione e della redenzione, non vengano viste come creature, e l’uomo non sia legato ad essedal rispetto; non possono essere lasciate in balia del suo arbitrio e devono aspettare con lui e desiderare diessere liberate dalla schiavitù della corruzione per la libertà della gloria dei figli di Dio” in Giovanni PaoloII, Lettera Radiabat velut stella, paragrafo n° 2.

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attendono di essere, anche loro, “liberate dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella

libertà della gloria di Dio” (Lettera ai Romani, capitolo 8, versetto 21).

Infine, sempre partendo dall’esperienza di vita del santo di Assisi, il 3 Ottobre è stato

proclamato « Giornata nazionale della Natura », in quanto la sera dello stesso giorno del

1226 San Francesco d’Assisi, sentendo giungere «sora morte corporale », volle essere

deposto sulla nuda terra147 per essere riaccolto nel suo grembo.

Forse, nessuno come lui seppe intravedere nella società mercantile-bancaria che

allora stava nascendo, il pericolo di trasformare le creature in “cose usa e getta” e

nessuno come lui seppe restituire loro la dignità chiamandole fratello e sorella. Ma poté

farlo solo perché al posto delle pretese economico-finanziarie aveva scelto l’essenzialità

più radicale.

Egli, riconoscendo nella Terra una “madre” che sa dare quanto è necessario al

sostentamento delle Creature, ha utilizzato della Terra solo il minimo indispensabile

escludendo ogni sfruttamento inutile, ogni forma di spreco, ogni prevaricazione e dominio,

cosa che lo ha condotto ad essere in armonia con il Creato in una convivenza pacifica e

rispettosa.148

147 Proclamazione del 3 Ottobre “Giornata Nazionale della Natura”, si veda sito internetwww.sorellanatura.com .148 “Se gli intellettuali dell’ordine non lo avessero trovato ridicolo, io [Francesco] avrei posto nella regolaquesti precetti: «Non estinguere le fiamme; non tagliare i tronchi; non calpestare le pietre; non ingabbiaregli uccelli; non tagliare i fiori; non bruciare nulla; non distruggere nulla; non disprezzare nulla; averecompassione di tutto ciò che vive; provare tenerezza per tutto ciò che è piccolo e insignificante; trattare conpredilezione gli animaletti brutti e ripugnanti come i rospi, i topi, le mosche, gli scarabei, le lucertole, lebisce…» in Ignacio Larragnaga, Nostro fratello di Assisi, cit., pag. 317.

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Capitolo III

Il dilemma della crisi ambientale

la Chiesa scende in campo

Nella storia del pensiero occidentale la Natura è stata di volta in volta un nemico da

sconfiggere, il luogo della rivelazione della potenza divina, la suprema madre o matrigna:

solo occasionalmente si è pensato ad un rapporto amoroso ed equilibrato con essa.149

Nel corso dei secoli, l’umanità ha mutato il fascino misterioso della Natura in oggetto

di speculazione scientifica, calcolo quantitativo, valutazione finanziaria, reddito.

La scienza di età moderna con i suoi grandi meriti che hanno spalancato orizzonti

nuovi, ha trasformato però la Natura in pura materia da quantificare e sfruttare a fini

economici innescando nella coscienza dell’uomo un pericoloso delirio di onnipotenza.150

A seguito la scienza e la tecnica moderne corrono il rischio di diventare ordigni di

profanazione della Natura.151

In tale ottica la Terra con la sua maternità feconda non avvolge più l’uomo, giacché si

è separato da essa facendo di lei una mera collezione di cose, una specie di serbatoio a

lungo ritenuto inesauribile, ma oggi minacciato da tante forme di squilibrio, sfruttamento e

morte.

La tradizione biblica che legava il Mondo a Dio, ad un Essere trascendente che

poneva dei limiti all’umanità, sembra essersi interrotto. La rottura di questo legame ha

disancorato l’uomo dalla Natura ed è accompagnato da una lenta, ma inesorabile perdita

di relazione con essa.152

In seguito a questa situazione è diventato necessario per la Chiesa elaborare una

propria dottrina153 sulla Natura muovendo dalla luce del Vangelo e fondata sulla fede.

149 Antonio Simula, cit., pag 51.Nel nostro secolo Albert Schweitzer ha dato un rilievo del tutto nuovo al “rispetto per la vita” rifiutando ladistinzione tipicamente occidentale tra forme di vita superiori (che hanno valore) e inferiori (senza valore)affermando invece che ogni vita è sacra, proprio nella scia di San Francesco d’Assisi.150 Giancarlo e Valentino Salvoldi, cit., pag. 16.151 Tema affrontato filosoficamente dal tedesco Hans Jonas (Mönchengladbach, 1903 - New York, 1993). Sivedano i suoi saggi “The Scientific and Tecnological Revolutions”, in «Philosophi Today », 15, 1971 e“Tecnology and Responsibility, Reflections on the New Tasks of Ethis”, in « Social Reserearch », XL, 1973.152 Giancarlo e Valentino Salvoldi, cit., pag. 16.153 Il termine dottrina indica il « complesso di principi e norme con cui la Chiesa Cattolica interviene indeterminate questioni ».Per comprendere correttamente la responsabilità e l’impegno della Chiesa in tale problematica occorre tenerpresente che la missione della Chiesa non è né di ordine politico, né sociale, né tantomeno economico, bensìdi ordine religioso, così come afferma il Concilio Vaticano II.

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Alle molteplici efficienti attività ecologiche civili è ora alleata la Chiesa, che è passata

dall’accoglimento favorevole della teoria dell’ecologia, alla fase operativa pratica e densa

di sviluppi concreti come il riconoscimento dell’importanza per l’umanità dei doveri

dell’uomo verso l’ambiente che ci ospita e ci nutre, l’insegnamento dei concetti di un saldo

equilibrio di rapporti uomo-natura e della necessità di analizzare meglio la posizione

dell’uomo nel Creato.154

Come detto, la teorizzazione della scienza ecologica è considerata, nell’ambito della

Chiesa, strettamente legata al rispetto, all’amore per la vita e all’azione dell’uomo

sull’ambiente vitale. Secondo la Chiesa essa si impegna a contribuire a migliorare la

qualità della vita, posizionando meglio l’uomo nell’ambiente, e a collaborare fattivamente

per la pace fra i popoli, bene superiore, che dipende strettamente anche dalle condizioni

ambientali giacché non vi può essere pace laddove manchino i beni primari alla base

della stessa vita.155

Più volte nel suo insegnamento la Chiesa ha segnalato che alla radice della questione

ambientale vi è un profondo squilibrio spirituale, una profonda crisi dell’uomo a partire dai

richiami di papa Paolo VI156 fino ai più pressanti appelli di papa Giovanni Paolo II157.

La crisi ecologica è pertanto crisi di giustizia dei rapporti dell’uomo con Dio e con i

fratelli, crisi che si evidenzia nello sfruttamento economico, nella indiscriminata ricerca del

guadagno, nell’ansia esagerata per il profitto e l’accumulazione, nella condanna di due

terzi dell’umanità all’esclusione, alla miseria, che oggi si profila come la più drammatica e

irresolubile, la miseria ambientale, il depauperamento e degrado delle condizioni naturali;

vi è crisi ecologica là dove c’è solo “natura” e non Creazione che parla di Dio; dove ci sono

solo cose da consumare e non beni da condividere.

La difesa dell’ambiente diventa allora il mezzo attraverso cui poter garantire pure lo

sviluppo in modo equilibrato.

Nella visione cristiana per difendere l’ambiente è necessario fare pace con il Creato,

passando dalla violenza dello sfruttamento insensato nei confronti della madre Terra alla

154 Mario Pavan, “Un ruolo per i cristiani nell’ecologia Mondiale: l’integrità del Creato”, in «Prospettivedel Mondo» Mensile di politica, cultura, economia, n° 14 (160), 1989.Mario Pavan (1918-2003), è stato entomologo ed ecologo di fama mondiale, Direttore dell’Istituto diEntomologia dell’Università degli Studi di Pavia. Nel 1987 è stato Ministro dell’ambiente del GovernoFanfani. In qualità di profondo conoscitore della situazione ecologica mondiale dovuta ai suoi studi ericerche, ha condotto progetti in vari Continenti per la tutela dell’ambiente e della qualità della vita.155 Antonio Simula, pag. 53.156 Paolo VI, Lettera apostolica “Octogesima adveniens” del Sommo Pontefice Paolo VI, Liberia EditriceVaticana, Città del Vaticano, 14 Maggio 1971.157 Giovanni Paolo II, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano,2006.

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tenerezza per essa che porta a sua volta alla sua parca utilizzazione.158 Occorre cioè

convertirsi, passare nei nostri rapporti con noi stessi, con il prossimo e con la Natura, dal

consumismo all’austerità e dall’egoismo alla condivisione.

In altre parole, si ritiene fondamentale sviluppare una cultura del limite159, una cultura

in cui la virtù della sobrietà e dell’essenzialità permettano di usare correttamente le cose e

di assumere uno stile di vita che, superando l’attaccamento a stili di vita egoistici, di

sfruttamento, di rapina ambientale, si accordi con il rispetto dell’integrità della vita degli

ecosistemi, prestando attenzione a non spezzarne gli equilibri.

Un patto di condivisione, di cooperazione, di riconoscimento del diritto ad esistere

serenamente dell’ambiente naturale rivolto a tutte le creature che in esso vivono. Per

ottenere ciò gli habitat fisici, che ospitano tali creature, debbono essere rispettati e

risparmiati.

Nella tradizione cristiana tutto questo può essere realizzato partendo dal recupero del

rapporto di amore con Dio, quale Creatore e Padre di tutti.

San Francesco d’Assisi scelse di essere povero per vivere in armonia con tutte le

creature “coinquiline della biosfera”, per vivere in comunione con esse e senza dominarle;

l’uomo di oggi è chiamato a fare la stessa scelta se vuole evitare di distruggere ancor più

profondamente gli equilibri del Pianeta.

La crisi a ecologica attuale ci impegna a risacralizzare la Natura, ossia a riscoprire la

sacralità di ogni cosa ad essa appartenente, nel senso che ogni cosa è percepita come un

riflesso della saggezza e dell’amore di Dio, come un segno della sua opera di Creatore e

quindi come una chiamata a cooperare creativamente e responsabilmente alla sua

salvaguardia, con azioni che siano degne di essere offerte a Dio Creatore.160

Infatti, come già accennato, la legge dell’amore predicata dal Vangelo non include

solo gli uomini ma tutte le creature, perché Dio ha creato ogni cosa in cielo e in terra e

tutte le creature hanno in lui uno stesso principio. E poiché le creature non possono vivere

deprivate degli habitat l’amore per le creature altro non è che un principio generale di

amore per la Terra, nostra casa comune.

Il dibattito ecologico ha sollecitato la ricerca di alcune vie per una conversione

evangelica affinché possa crescere, all’interno delle comunità dei credenti, una sensibilità

ecologica coniugata con l’assunzione di nuove responsabilità e, quindi, nuovi stili di vita in

158 Giuliana Maritani, La danza della pace. Dalla competizione alla cooperazione. Paoline Editoriale libri,Milano, 2004, pag.167.159 Giancarlo e Valentino Salvoldi, cit., pag. 57.160 Bernhard Häring, Liberi e fedeli in Cristo, Edizioni Paoline, Roma, 1981, cit., pp. 226-227.

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modo particolare in Germania161, seguita ora dalla Gran Bretagna, in Australia e negli Stati

Uniti162, Paese in cui è fiorita una vasta letteratura in materia ambientale.

La responsabilità ecologica è un atto di giustizia per tutto e tutti che nasce dall’amore

per Dio e che richiede di prendere coscienza dei valori correlati ai problemi dell’ambiente e

di assumere stili di vita conseguenti a tale presa di coscienza.

L’ecologismo cristiano vuole l’uomo impegnato fattivamente a vivere un rapporto

rinnovato con la Natura quale opera di Dio, a creare un Mondo migliore, libero soprattutto

dagli eccessi del consumismo, nel rispetto di se stesso, della Natura e del suo ordine nel

quale riconosce Dio creatore e garante dello stesso.

In questo modo l’ecologismo cristiano chiede all’uomo di assumersi l’onere di

intervenire nel correggere il processo di sviluppo e di consumo, causa principale della crisi

ecologica mondiale e al tempo stesso di profondi squilibri sociali.

L’origine degli sprechi e della distruzione dell’ecosistema terrestre è profondamente

radicata nelle pagine del pensiero dell’economia, della politica e di abitudini consolidate

del mondo occidentale.

Dietro alla crisi ecologica e dietro a molte tensioni politiche e mali sociali si nasconde

l’ideologia dell’iperproduttivismo e dell’iperconsumismo, tra essi intrecciati.

I rimedi al problema ecologico impongono modifiche nel condurre la vita anche ai

singoli, per cui la lotta è anche contro le nostre abitudini e modelli di pensiero e di vita, che

attualmente non ammettono rinunzie.

Si tratta, infatti, di recuperare il senso del bello, della gioia e della semplicità che sono

accessibili a coloro che si liberano dalla cupidigia e dalla brama di accaparramento.

Nella grande questione di come trattiamo la Terra è coinvolto il nostro intero modo di

vivere.

Animali come creature accanto all’uomo: egualitarismo e diritti degli animali

Nel sesto giorno del racconto di apertura della Bibbia Dio completa la creazione

degli animali iniziata il quinto giorno.

161 Già nel 1998 l’Episcopato di Germania ha pubblicato una Lettera rivolta ai fedeli in cui propone direttivechiare alle singole diocesi e parrocchie in materia di salvaguardia ambientale.162 Sono numerosi gli autori che Negli Stati Uniti si sono dedicati alla tematica ecologica fra essi citiamoSallie McFague, The body of God. An Ecology Theology, SCM Press Ltd, London, 1993 e Paulus Gregorios,The human presence. An Ortodox view of nature, World Council of Chuerches, Ginevra, 1978.

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Sia l’uomo che gli animali ricevono una stessa benedizione e in loro corre lo stesso

spirito vitale; l’uomo e gli animali sono quindi compagni di viaggio che si sostengono

reciprocamente.

All’inizio della creazione gli esseri viventi vivono negli ambiti vitali adatti a loro in una

relazione pacifica e priva di violenza perché c’è posto per tutti, c’è cibo sufficiente per tutti

e, ricevendo il nome dall’essere umano, essi vengono associati al suo stesso destino,

entrano a far parte della storia umana, non sono più estranei all’uomo.

Tuttavia, l’idea che la creazione animale possa essere soggetto specifico di rispetto,

in quanto creata da Dio, non ha avuto molta considerazione nel corso dei secoli nel

pensiero cristiano e l’animale è stato totalmente considerato come un essere senz’anima,

una “cosa” di cui si può disporre per lavoro, fatica, cibo, divertimento, status symbol,

ricerca sperimentale.

La posizione di netta inferiorità degli animali rispetto all’uomo è legata infatti alla

concezione dell’unicità dell’uomo, specie creata a somiglianza di Dio, il quale proprio in

virtù del suo rapporto di somiglianza con Dio si è separato dagli animali assumendo

altresì il compito di “dominare” sugli altri viventi e di servirsi di essi per i suoi scopi .

Nella tradizione cristiana ha infatti inciso molto il pensiero di S. Tommaso d’Aquino163

il quale vedeva gli animali in una posizione di netta inferiorità rispetto agli uomini e dunque

al loro completo servizio.164

Ciò nonostante, nella cultura occidentale, l’idea dei “diritti animali” risale almeno al

XIX°165, ma è Albert Schweitzer colui che ha maggiormente sviluppato il concetto di

rispetto per la vita evidenziando come questo principio sia da estendere a tutte le sue

forme, umana o animale, dal più piccolo insetto al più minuscolo vegetale.166

Egli, riconoscendo la sacralità di tutte le forme di vita presenti in Natura, ha affermato

che proprio da questo riconoscimento di sacralità discende un atteggiamento morale nei

confronti di tutte le Creature che richiede assoluto rispetto, un rispetto identico a quello

che si deve portare ad ogni essere umano.167

163 Tommaso d’Aquino (Roccasecca, 1221- Fossanova, 1274), filosofo e teologo domenicano è ritenuto damolti il maggior pensatore cattolico e la sua opera è considerata una pietra miliare del pensiero cattolico.164 Si veda per l’argomento Alessandro Arrigoni, I diritti degli animali , Edizioni Cosmopolis, Torino, 2004 el’opera di Eugen Drewermann, Über die Unsterblichkeit der Tiere. Hoffnung für die leinde Kreatur, Walter-Verlag AG, Düsseldorf, 1990. Edizione italiana consultata, Sull’immortalità degli animali, Neri PozzaEditore, Vicenza, 1997.165 In Italia la più antica associazione protezionistica è l’Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA), attivadal 1871, ed è presente in maniera capillare su tutto il territorio nazionale.166 Andrew Linzey, cit., pag. 5.167 Su Albert Schweitzer si veda il saggio di Laura Festuccia “Proteggere la Natura: il pensiero di AlbertSchweitzer oggi. Un profondo rispetto accompagnato da amore e ammirazione” on line sul sitowww.environment-responsibility-and-duties.eu nella sezione “Filosofia ambientale”- Pubblicazioni on line -.

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Attualmente le posizioni maggiormente plausibili sono due: i sostenitori dei doveri

degli uomini verso gli animali168 e i sostenitori dei diritti degli animali.169

Entrambe le posizioni convergono sulla necessità di superare la visione

antropocentrica nella quale l’animale è visto con gli occhi dell’uomo, senza tener conto di

quello che è in sé, è visto a scopi utilitaristici nel senso più largo del termine. Ne discende

l’affermazione che il rispetto degli animali non si fonda sui vantaggi o svantaggi che ne

derivano per l’uomo, ma sul presupposto che ogni essere vivente, in quanto tale, interroga

la coscienza circa il rapporto che l’uomo deve avere con lui.

Il dominio sconsiderato dell’uomo sugli altri animali, e sugli ecosistemi loro habitat, è

oggi più che mai espressione del dominio dell’uomo sull’uomo, cioè del più forte sul più

debole.

I filosofi animalisti ritengono doveroso lottare per la liberazione degli animali in quanto

espressione della liberazione di tutti gli esseri da qualunque tipo di dominazione e di

violenza.

E’ stato dimostrato che gli animali sono esseri capaci di provare sofferenza e dolore

tanto quanto gli umani, perciò, trattare gli animali con rispetto non è un atto di bontà (come

vuole la visione antropocentrica), ma è un atto di assoluta giustizia.

La teoria dei diritti degli animali si fonda infatti sul principio di equità e di giustizia, che

implica il principio del rispetto. Quest’ultimo è un principio di fondamentale importanza

perché senza di esso non si possono avere altri diritti moralmente o giuridicamente

validi.170

Fin dall’inizio degli anni 1990 non esisteva un ordinamento giuridico nell’area europea

che contemplasse l’attribuzione di veri e propri diritti agli animali. Solo nel 1992 la

legislazione svizzera è stata modificata per riconoscere agli animali lo status di “esseri”

anziché di “cose” e nel 2002 il parlamento tedesco ha aggiunto una clausola alla

Costituzione per fare sì che la salvaguardia degli animali diventi un obbligo dello Stato.

In Italia sono state stabilite norme contro il maltrattamento degli animali i quali

vengono riconosciuti come esseri che hanno diritto a non subire sofferenze ingiustificate, e

168 Il maggior esponente di questa posizione è il filosofo australiano Peter Singer (Melburne, 1946) checolloca gli animali nel contesto etico filosofico dell’utilitarismo e afferma che poiché anche gli animaliprovano dolore è dovere dell’uomo fare il possibile per evitare agli animali di soffrire.169 Il maggior esponente di questa seconda posizione è il filosofo statunitense Tom Regan (Pittisburgh, 1938)secondo cui gli animali non umani sono “soggetti di vita”, sono soggetti di diritti indipendentemente dallevalutazioni di altri pertanto, l’uomo non ha solo il dovere di non far soffrire l’animale, ma l’animale hadiritto di essere trattato in modo giusto ed equo.170 Alessandro Arrigoni, I diritti degli animali. Verso una civiltà senza sangue, Edizioni Cosmopolis, Torino,2004, cit., pag. 165.

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dal 2005, grazie alla modifica dell’articolo 9, sono entrati nella Costituzione italiana la

quale con tale modifica “protegge la biodiversità e promuove il rispetto per gli animali”.

Allo stato attuale quasi tutti gli altri Paesi occidentali hanno leggi che vigilano contro la

crudeltà o il maltrattamento degli animali ed hanno elaborato una forma di diritto171, ma la

legge sulla protezione animali è ancora impotente quando si toccano i diritti della libertà di

ricerca o il principio della libertà economica: basti pensare alle violenze che essi

subiscono, anche in Italia, ammassati nelle stalle industriali e negli allevamenti intensivi e

durante i trasporti in vista della macellazione. Ciò è un vero scandalo morale.172

Lo stesso papa Giovanni Paolo II è intervenuto sull’argomento, in difesa degli animali

e contro gli abusi e le sperimentazioni su di essi173, indicando quale debba essere

l’atteggiamento del credente174 che non deve mai usare violenza nei confronti del regno

animale al quale egli stesso appartiene.

Per quello che riguarda il fondamento biblico175 , sulla base di una rilettura in chiave

odierna dei testi della Genesi, si è arrivati a considerare il fatto che Dio ha dato il suo soffio

vitale ad ogni essere vivente, e non solo all’uomo e perciò, il rispetto dovuto alla vita non

può essere limitato al rispetto per una sola specie vivente ma per tutte.

Dio ha annunciato la sua alleanza con ogni essere vivente e ogni animale ha ricevuto

la benedizione di Dio, il quale ora non ritira il suo favore da alcune specie viventi per

favorire quella specie che è, peraltro, colpevole di peccato: quella umana.

Tutto ciò che esiste è in relazione con il Creatore al quale appartiene e gli animali

hanno un valore in se stessi, in virtù della loro Creazione compiuta da Dio.

Nuocere agli animali non è segno solo della poca o nulla considerazione del loro

valore intrinseco, ma ne costituisce una vera e propria negazione pratica.176

Il dovere di rispettare la vita non risiede nelle particolari caratteristiche delle creature,

ma nel rispetto stesso dovuto a Dio.

171 Dal 2004 la Costituzione Europea riconosce gli animali come esseri senzienti.172 Si veda in proposito Alessandro Arrigoni, I diritti degli animali. Verso una civiltà senza sangue, EdizioniCosmopolis, Torino, 2004; inoltre, per il tema delle violenze nella macellazione negli Stati Uniti è didrammatico quanto capitale interesse l’opera di Jeremy Rifkin, Beyond beef. The Rise and Fall of the CattleCulture, Rep Edition, New York City, 1993. Diffuso in edizione italiana con il titolo Ecocidio, Ascesa ecaduta della cultura della carne, Edizioni Mondadori, Milano, 2002.173 “L’animale deve essere trattato come una creatura di Dio, destinato a cooperare al bene dell’uomo, nonperò ai suoi abusi”, in Giovanni Paolo II, Discorso ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze , 23ottobre 1982. Si veda sito internet www.vatican.va.174 “Non si abbandona ad un uso dissennato delle risorse né si lascia tentare da forme di arbitraria violenzaverso i componenti di quel regno animale, al quale egli stesso, pur emergendone per la prerogativa dellospirito, vi appartiene nella dimensione corporea”, in Giovanni Paolo II, Discorso ai giovani di Viterbo, 27maggio1984. Si veda sito internet www.vatican.va .175 La Bibbia è un testo molto complesso, ricco di contributi estremamente diversificati.176 Andrew Linzey, cit., pag. 113.

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Non è l’uomo ad avere diritti, ma è Dio che ha il diritto di vedere tutte le sue creature

trattate con il dovuto rispetto.

La riflessione morale cristiana, superando le considerazioni utilitaristiche e

ancorandole ad una lettura religiosa e teocentrica della Creazione riconosce che

escludere le altre forme di vita dall’amore di Dio significa impoverire lo stesso grande

amore di Dio.

Al contrario, se l’uomo impara a considerare il valore delle altre forme di vita in quanto

date da Dio egli giunge a considerare sacra ogni vita e ad astenersi, per quanto possibile,

dal distruggere la stessa vita a qualsiasi categoria essa appartenga, in qualsivoglia essere

essa soffi. 177

Al giorno d’oggi, la legislazione che riguarda la protezione degli animali indica come

suprema linea direttiva il rispetto degli animali come creature ed esige, quindi, un

trattamento adeguato alla loro specie.178

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale, sottoscritta il 15 ottobre 1978

presso la sede dell’UNESCO a Parigi, ha lo scopo di fornire un codice etico che sancisca i

diritti che spettano ad ogni animale.

Con questa dichiarazione vengono proposte le norme di un’etica fondata sul diritto

all’esistenza di tutte le specie, esse si inseriscono nel quadro dell’equilibrio naturale, e il

dovere conseguente di rispettare la Vita in tutte le sue forme nel rispetto dell’unità e della

diversità degli esseri viventi. Si tratta cioè, partendo da San Francesco d’Assisi e

pervenendo ad Albert Schweitzer di una filosofia di egualitarismo.

Sul piano giuridico la Dichiarazione indica una strada per riconoscere e tutelare i diritti

dell’animale considerato come soggetto, individuo, portatore di interessi vitali.

Dopo l’iniquo trattamento perpetrato nei confronti del mondo naturale, l’aver preso

coscienza di aver favorito e provocato l’estinzione di un’enorme varietà di specie animale,

si ritiene assolutamente necessario limitare quei diritti ad agire sul mondo che l’uomo si è

arbitrariamente arrogato.

Il dibattito però rimane ancora aperto e, allo stato attuale, agli animali vengono

riconosciuti dei diritti morali, che non riescono a suscitare però l’obbligo legale al rispetto.

177 La riflessione è di Albert Schweitzer, in Alessandro Arrigoni, cit., pag. 94, e la si accomuna al pensiero diSan Francesco d’Assisi. Si veda inoltre in Laura Festuccia, “Proteggere la Natura: il pensiero di AlbertSchweitzer oggi. Un profondo rispetto accompagnato da amore e ammirazione” on line sul sitowww.environment-responsibility-and-duties.eu nella sezione “Filosofia ambientale”- Pubblicazioni on line -cit., Capitolo Secondo.178 « Dichiarazione universale dei diritti dell’animale », presentata il 15 ottobre 1978 presso la sededell’UNESCO a Parigi dalle leghe per i diritti degli animali di tutto il mondo.

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E quando quest’ultimo vi sia non vi è la vigilanza della società civile e delle istituzioni a che

esso venga esercitato.

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Capitolo IV

Non devastate: né la terra, né il mare, né le piante179

Il peccato di inquinare

I problemi che l’ecologia ha posto sul tappeto del dibattito mondiale, e la revisione

critica del rapporto dell’uomo con l’ambiente sono argomenti che hanno iniziato a farsi

sentire con forza dopo l’ultima guerra mondiale, verso gli anni 1950, tra indifferenza,

incredulità e a volte anche fastidio verso quei pochi che richiamavano alla riflessione.

In Europa sono stati necessari alcuni disastri ambientali di grande effetto180 per

iniziare a rendersi conto che l’umanità è esposta a gravi rischi creati dall’uomo stesso.

Le responsabilità degli errori compiuti e le conseguenze negative devono ora

diventare strumento per comprendere i meriti e i vantaggi che si acquisiranno con un più

sano comportamento, sia per noi stessi, sia verso il prossimo, la società e il futuro.

I danni agli ecosistemi terrestri e la salvaguardia dell’ambiente sono attualmente

problemi primari dell’umanità, poiché si intrecciano con questioni a loro volta gravi e

complesse come la fame nel mondo, l’insicurezza dovuta alle precarie condizioni di vita di

gran parte dell’umanità da un lato, il miglioramento della qualità della vita e la pace

dall’altro.

Di fronte al depauperamento e danno ambientale così diffusi, la società civile si rende

conto che deve cercare di porre un freno a tali processi per impedire che se ne

manifestino altri. Ci si rende conto poi di dover “ricostruire” ecologicamente, laddove sia

possibile, gli ambienti già deteriorati quando non distrutti.

179 Libro dell’Apocalisse, capitolo 7, versetto 3.180 Ricordiamo ad esempio:

La reazione incontrollata in un reattore per la produzione di triclofenolo, il 10 luglio 1976 a Seveso(Italia), che contaminò con la diossina una vasta area abitata con gravi danni per la popolazione, lavegetazione e gli animali.

L’esplosione di un reattore della centrale atomica russa di Chernobyl il 26 aprile 1986, la cui nuberadioattiva investì mezza Europa lasciando scorie che ancora oggi causano leucemie e tumori.

L’incendio che distrusse un deposito di un’azienda chimica a Schweizerhalle in Svizzera, il 1° novembre1986, riversando nel fiume Reno venti tonnellate di insetticidi, fungicidi ed erbicidi, che provocaronol’inquinamento del fiume fino in Olanda con drammatiche conseguenze per la salute della popolazione, laflora e la fauna.

Il processo apertosi a Mestre nel 1997 contro i vertici di Montedison ed Enichem per le morti provocateda tumore avvenute al Petrolchimico di Porto Marghera e l’inquinamento della laguna e del ciclo alimentare(molluschi e pesci) ad esso collegato.

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Purtroppo però anche nei Paesi con mezzi culturali ed economici come l’Italia, solo

una piccola parte della gente si sente coinvolta ed agisce conseguentemente. Vi è una

larga parte della società ancora indifferente ed inerte.

Si nota che solo quando la gente comune viene colpita da vicino da problemi derivanti

dal degrado ecologico allora si sveglia, reagisce e prende coscienza delle necessità

urgenti da affrontare. Si rende conto che il Pianeta ha bisogno dello sforzo di tutti.

E’ necessario quindi che tutte le componenti della società si impegnino a fondo per

cambiare mentalità verso la Natura e gli ambiente terrestri, che sono un prezioso Bene

comune da tutelare e difendere.

La Natura con le sue foreste, le montagne, i fiumi, e i mari rappresenta l’aspetto più

vivo e più fragile del mondo che ci circonda e che è minacciato da un’economia di rapina

sulle risorse della Terra.

L’urgenza di avere un piano d’azione globale che protegga la Terra è dimostrata dalla

presenza di alcuni fattori altamente nocivi: i rifiuti gassosi, liquidi e solidi che vengono

indiscriminatamente riversati nell’ambiente (atmosfera, acque, suolo) provocando le

piogge acide, l’effetto serra, il “buco” nell’ozono.181

I danni ambientali dovuti agli inquinanti prodotti da un’industrializzazione incontrollata,

senza regole morali e che non applica le necessarie tecnologie per risolvere tali problemi,

generano anche gravi patologie nei vegetali e difficoltà alla sopravvivenza delle foreste,

dell’ecosistema terrestre e di quello acquatico con la conseguente scomparsa di

numerosissime specie di animali e vegetali, come pure gravi ripercussioni sulla salute

umana.

L’effetto serra, che provoca l’aumento della temperatura media mondiale, conduce

allo scioglimento dei ghiacciai con gli effetti negativi sui bioclimi e quindi sulla vegetazione

e la fauna, e financo, quindi, sull’uomo.

Il Pianeta ha imboccato la strada dei cambiamenti climatici scatenati dall’azione

umana, che lo porterà ad essere senza foresta Amazzonica e senza neve sull’Himalaya,

con l’Artico privo di ghiacci e con aree tropicali desertificate (a seconda dei luoghi della

Terra) che si allargheranno a discapito di altri ambienti del Pianeta.

La liberazione di prodotti chimici nell’atmosfera favorisce la distruzione della coltre di

ozono che in tal modo non attenua più adeguatamente la penetrazione dei raggi

ultravioletti e non protegge più gli esseri viventi dai danni prodotti dalle radiazioni solari

con le conseguenze che oramai ben conosciamo.

181 Mario Pavan, “Un ruolo per i cristiani nell’ecologia mondiale: l’integrità del creato”, in « Prospettive delMondo », mensile di politica, cultura, economia, n°14 (160), 1989.

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Inoltre i mari e gli oceani sono sempre più inquinati, oltre che sfruttati da una pesca

attuata con mezzi violenti e illegali. Unitamente alla distruzione delle foreste equatoriali,

questi componenti con i danni globali che trascinano, confluiscono nel determinare il

problema della fame nel mondo che si aggraverà sempre più.

La fame è la peggiore delle nocività che grava sull’uomo, ed è conseguente ad una

serie di errori di gestione ecologica globale che da generazioni si perpetua in tutti i

continenti. Sono le generazioni dell’economicismo, del colonialismo, del consumismo.

Come faceva notare Gandhi “ la Terra ha risorse sufficienti per i bisogni di tutti, ma

non per la voracità dei profitti”.

La fiducia cieca nel progresso tecnologico che sostituisce le regole morali, l’affermarsi

di una mentalità volta al solo profitto e al consumo, hanno portato l’uomo a generare

dissesti e squilibri nella Natura e sulla Terra stessa che lo ospita, inquinandola ed

esaurendone la fertilità.

Anche il produttivismo agricolo, in chiave di capitalismo avanzato, ha dato i suoi gravi

danni.

La produzione agraria odierna ad elevato rendimento, impiega sempre più fertilizzanti

sintetici e pesticidi (anche se ufficialmente proibiti in molti Paesi del Mondo) giudicati

necessari per assicurare la massima redditività del suolo.

A tutto questo consegue invece una progressiva riduzione della fertilità del suolo

stesso che non può essere sempre reintegrata e la necessità di una costosissima

conservazione dei prodotti eccedenti fino alla loro inutilizzabilità e successiva distruzione

seppur in presenza delle carenze alimentari che affliggono buona parte dell’umanità.182

In più, si registra una continua perdita di terreni agricoli, nel senso che vengono

destinati ad altri usi come l’urbanizzazione, la viabilità, l’industria, l’imprenditoria diffuse

senza una politica generale economica e ambientale combinate capace di frenare

l’erosione dello spazio agricolo pur favorendo lo sviluppo.

I problemi mondiali della povertà, della fame, della scarsa disponibilità di risorse di

base come l’acqua, esigono una razionale gestione ecologica della Terra vista in chiave

globale e non già sul piano geografico locale. Il Pianeta infatti è unico.

L’uomo contemporaneo non può più eludere ogni impegno per tentare una

razionalizzazione delle gestione del Pianeta giacché oggi è informato e cosciente di ciò

che avviene, e non potrà esservi soluzione al problema ambientale se non si realizzerà un

profondo e reale cambiamento di mentalità e di stile di vita, e se l’introduzione di nuove e

182 Mario Pavan, “Un ruolo per i cristiani nell’ecologia mondiale: l’integrità del creato”, in « Prospettive delMondo », mensile di politica, cultura, economia, n°14 (160), 1989.

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più efficienti tecnologie “ecocompatibili” non sarà accompagnata dalla diffusione di una

autentica coscienza ecologica nella gente comune e che agisca dal basso. L’impegno

della società umana è indispensabile; la salvaguardia ambientale è una necessità globale,

e di tutti.

Se il Vangelo si fa verde183

La crisi ecologica è un problema, dunque, umano e sociale, legato alla violazione

delle risorse del Pianeta cui si collega quello dei diritti umani date le disuguaglianze

nell’accesso alle risorse naturali stesse.

La linea ambientalista si è affermata nella Chiesa cattolica soprattutto per gli interventi

di papa Paolo VI e di papa Giovanni Paolo II e si fonda sull’idea che la responsabilità del

problema ecologico appartiene all’uomo.

Papa Giovanni Paolo II ha dato massima voce alla crescente attenzione con cui la

Chiesa, nella sua opera di insegnamento, segue la crisi ecologica ed ha portato alla luce

una preoccupazione che trova le sue radici nelle encicliche sociali184 dei moderni

pontificati.

Il primo discorso pontificio « ecologico » si può far risalire a papa Pio XII185, nel 1950,

che intervenne proprio in difesa degli animali affermando: « Il mondo animale, come del

resto tutta la creazione, è una manifestazione della potenza di Dio, della sua saggezza,

della sua bontà e come tale merita il rispetto e la considerazione dell’uomo […] Ogni

desiderio inconsiderato di uccidere animali, ogni disumanità inutile, ogni crudeltà verso di

essi devono essere condannati »186.

Tuttavia, pur essendo un richiamo sicuramente rilevante, i tempi non erano ancora

maturi per dedicarsi alla difesa dell’ambiente. I problemi del dopoguerra premevano con

urgenza nella loro molteplicità e occorrerà aspettare gli anni 1960 per trovare altri discorsi

che affermino l’importanza della difesa della Natura alla quale è legata la vita fisica e

morale dell’uomo.

183 Sean McDonagh, The greening of the Church, Orbis Books, New.York - Geoffry Chapman, London,1990.184 Le encicliche sociali sono lettere che il Pontefice rivolge a tutti i cristiani e nelle quali analizza e r iflettecon attenzione sui principali problemi della società contemporanea, evidenziando linee guida per un lorosuperamento.185 Eugenio Pacelli ( Roma, 1876) fu pontefice con il nome di Pio XII dal 1939 al 1958.186 Questa stessa condanna della crudeltà verso gli animali viene ripresa dal catechismo della ChiesaCattolica, che al numero 2418 afferma: « E’ contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animalie disporre indiscriminatamente della loro vita». Tuttavia si tratta di un aspetto dell’insegnamentocatechistico spesso trascurato, quando non addirittura ignorato, in quanto non ancora conosciuto come partedegli aspetti fondamentali della dottrina cristiana.

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Dopo papa Pio XII anche papa Giovanni XXIII187 ha affrontato il problema ecologico

nell’enciclica Mater et Magistra188 toccando alcuni aspetti della crisi dell’energia e

dell’ambiente: egli tuttavia non poté ancora rendersi conto dell’ampiezza e dell’urgenza del

problema così come lo vediamo noi oggi, pertanto, non c’è da meravigliarsi che il Papa

non abbia saputo prevedere le enormi difficoltà che si incontrano nell’aprire la via alla

ragione e alla giustizia in termini di salvaguardia ambientale.

E’ proprio con papa Paolo VI che la Chiesa iniziò ad assumere una posizione si può

dire “ecologista”, mentre il legame tra la fede e il dovere di proteggere la Creazione non

era ancora chiaro neppure all’interno della Chiesa stessa.

Nell’insegnamento di papa Paolo VI si possono individuare alcune intuizioni

fondamentali, prima fra tutte la presa di coscienza che l’ecologia è un problema umano e

planetario intrecciato, inoltre, la convinzione che l’ambiente non può essere identificato

solo con la sfera biologica, ma include necessariamente anche fattori determinanti di

ordine spirituale.

Il nucleo del problema ecologico si fonda qui sull’idea dell’uomo e della sua

responsabilità nei confronti della Natura intesa come habitat naturale dell’uomo stesso, nel

quale egli cresce e si sviluppa nella pienezza della sua umanità.189

Il primo discorso del Papa fu pronunciato il 23 aprile del 1964 all’udienza con i

coltivatori diretti riuniti a Roma per il XVIII° Congresso Nazionale; il Papa li esortò ad «

amare la madre Terra » perché è lei che « dà a tutti gli alimenti indispensabili per la vita ».

Gli appelli a lavorare la Terra senza distruggerla e a vedere in essa il riflesso del

Creatore si susseguirono in diverse occasioni a partire dal 1968, quando, rivolto al

Consiglio direttivo del Fondo Mondiale per la Natura190, il papa ricordò che l’uomo ha il

compito, con il suo lavoro, di operare sulla Natura senza distruggerla perché l’immagine

del Creatore deve brillare non solo nell’uomo, ma in tutto il Creato.

E’ però nel messaggio natalizio ai popoli191 , che il papa denunciò i pericoli che il

progresso scientifico-economico può causare per l’intera umanità, e mise in guardia i

cristiani dal solo progresso economico, da una « società ridondante di benessere », ma

187 Angelo Giuseppe Roncalli ( Sotto il Monte -BG-, 1881) fu pontefice con il nome di Giovanni XXIII dal1958 al 1963.188 Giovanni XXIII, Lettera Enciclica “Mater et Magistra”, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano,14 Luglio 1961.In questa lettera il Papa riflette sugli sviluppi della questione sociale alla luce della dottrina cristiana.189 Antonio Simula, cit., pag. 57.190 Paolo VI, Messaggio di Sua Santità Paolo VI al Consiglio Direttivo del Fondo Mondiale per la Natura(World Wildlife Fund), 22 Giugno 1968.191 Paolo VI, Messaggio Natalizio ai Popoli di Sua Santità Paolo VI, 21 Dicembre 1968.Lo stesso monito sarà rivolto nell’Udienza generale di Paolo VI , 1° Ottobre 1969.

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priva di ideali superiori che danno senso e valore alla vita, elementi che si riveleranno

essere, in effetti, alla base della crisi ambientale mondiale cui assistiamo.

L’espansione illimitata delle forze produttive, lo sfruttamento e l’impiego delle materie

prime e delle risorse naturali in modo che creino ricchezza è un ideale di sviluppo che

perdura ancora oggi come obiettivo sociale mondiale.

Fu solo negli anni 1970 che si iniziò gradualmente a comprendere che la vita intrisa di

consumismo allontana l’uomo dalla Natura e da un sano rapporto con essa. Per tale

motivo papa Paolo VI ricordava ai credenti che l’attenzione per la Natura trova la sua

radice nella tradizione biblica, in modo particolare nei Salmi, e nella testimonianza di Santi

e teologi, primo fra tutti San Francesco d’Assisi.

Paolo VI rivolse anche un importante discorso alla Conferenza della FAO, riunita per

commemorare il suo venticinquesimo anniversario nel 1970.192

Egli, parlando della fame nel mondo, della distruzione della Natura, della

pianificazione delle nascite, della solidarietà tra i popoli, fece notare come questi problemi,

pur apparentemente diversi, si riconnettano tutti ad un unico grave problema di fondo:

l’incubo della morte biologica dell’umanità, quale conseguenza della distruzione

dell’ambiente naturale.193

L’uomo, secondo il papa, di fronte alla prospettiva della morte biologica reagisce con

l’egoismo.

L’anno successivo venne pubblicata la Octogesima adveniens194 che pur non

essendo una vera e propria enciclica è una lettera che ha avuto un grande eco nel mondo

perché contiene un paragrafo di grande importanza riguardo al problema ambientale: «

Uno sfruttamento sconsiderato della natura, che rischia di distruggerla e di essere a sua

volta vittima di siffatta degradazione. Non solo l’ambiente diventa una minaccia

permanente: inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale; ma è il contesto

umano che l’uomo non padroneggia più, creandosi per il domani un ambiente che potrà

essergli intollerabile; problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l’intera famiglia

umana ».

Questa lettera richiama l’attenzione sui sempre più gravi problemi ecologici e umani

delle megalopoli, denuncia lo sfruttamento sconsiderato della Natura da parte dell’uomo,

192 Paolo VI, Discorso di Sua Santità Paolo VI alla Conferenza della FAO, 16 novembre 1970. Si veda sitointernet www.vatica.va .193 Antonio Simula, cit., pag. 59.194 Paolo VI, Lettera apostolica “Octogesima adveniens” del Sommo Pontefice Paolo VI, Liberia EditriceVaticana, Città del Vaticano, 14 Maggio 1971.

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riflette sui pericoli di tale degrado e pone l’accento, amaramente, sull’evidenza che le

risorse naturali sono limitate e non rinnovabili.

Nel suo intervento il Papa mise in rilievo che l’uomo, legato all’ambiente con un

vincolo indistruttibile, deve comportarsi come soggetto etico e che le sue capacità creative

danno frutti autentici solo nel rispetto delle leggi che governano la vita e il potere

rigeneratore della Natura.

Non va inoltre dimenticato l’intervento che papa Paolo VI rivolse ai membri dell’Istituto

Internazionale di Studi Giuridici195 di Roma in occasione di un simposio sugli aspetti

giuridici dell’inquinamento dell’acqua e dell’aria.

Pur essendo un breve discorso appare di particolare importanza perché in esso viene

usato per la prima volta il termine ecologia ed è riconosciuto un grande rilievo ai problemi

collegati ad essa.

Paolo VI, nel suo magistero, ha invitato spesso a meditare sulle meraviglie della

Natura, ad imparare ad accoglierla anche negli aspetti apparentemente negativi e violenti,

a scoprirla come prima rivelazione di Dio.

Egli ha spesso sollecitato l’uomo a riscoprire la dimensione di una Natura che non

spaventa, ma nella quale si possono riconoscere le tracce di Dio.

La preoccupazione del pontefice per i pericoli che corre l’ambiente ritorna ancora nel

messaggio inviato alla Conferenza Internazionale sull’Ambiente, indetta dalle Nazioni

Unite a Stoccolma196 nel 1972, nel quale afferma con insistenza che «l’ambiente è un

bene di tutti, è patrimonio del genere umano » e che perciò non può essere messo in

pericolo a vantaggio di pochi gruppi di oggi contro il bene della gente di domani, ma

ciascuno deve cooperare, per dovere di giustizia, alla preservazione di questa eredità

comune.

Richiamando l’attenzione sugli obblighi morali che il problema ecologico impone alle

coscienze, sottolineando la solidarietà che deve esserci tra l’uomo e l’ambiente197, il Papa

proseguì nell’affermare che la Terra è un patrimonio comune all’umanità di cui nessuno

può appropriarsi in maniera assoluta ed egoistica.

195 Paolo VI, Discorso di papa Paolo VI sui problemi dell’inquinamento dell’acqua e dell’aria, rivolto aimembri dell’Istituto Internazionale di Studi Giuridici, 27 Marzo 1971. Si veda sito internet www.vatican.va .196 Conferenza delle Nazioni Unite, Stoccolma, 4-18 Giugno 1972.La Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano tenutasi a Stoccolma è stato il primo incontrointernazionale in cui si è focalizzata l’attenzione sulla protezione dell’ambiente naturale come condizioneimprescindibile per lo sviluppo delle popolazioni attuali e delle generazioni future. Da questa sede fulanciato il Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), che poneva le basi e i principi operativi peraffrontare la questione ambientale ed avviare progetti di sviluppo sostenibile.197 « Oggi, invero, c’è una crescente consapevolezza del fatto che l’uomo e il suo ambiente sono piùinseparabili che mai. […] Ma la creatività dell’uomo produrrà frutti veri e duraturi soltanto nella misura incui l’uomo rispetterà le leggi che governano l’impulso vitale e la capacità della natura di rigenerarsi ».

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L’occasione offerta dalla Conferenza di Stoccolma fu una grande opportunità per la

Santa Sede che poté pronunciarsi sulla salvaguardia dell’ambiente, sulla limitatezza delle

risorse e sulle implicazioni che questo ha per la famiglia umana.

Gli interventi di papa Paolo VI, riguardo all’argomento trattato, si conclusero nel 1977

con il messaggio diffuso in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente198 nel quale

afferma:« Il mondo in cui viviamo, la creazione, deve essere riguardato e accettato da tutti

nel suo insieme come un bene: […] un bene perché è l’ambiente in cui tutti siamo stati

posti e siamo chiamati a vivere la nostra vocazione in solidarietà reciproca »199 .

Con questo messaggio, il papa afferma che lo scopo della Giornata è quello di unirsi

per custodire saggiamente la Creazione di Dio, scopo che esige da parte di tutti un

cambiamento di mentalità adottando uno stile di vita diverso che permetta di conservare

intelligentemente piuttosto che consumare inutilmente.200

In questo modo la fede nell’unico Dio e l’amore fraterno obbligano il cristiano a

conciliare la partecipazione comune alle risorse materiali non rinnovabili con la giustizia

verso le nazioni più povere.

Il Papa dalla visione ecologica

Il pontificato di papa Giovanni Paolo II ha segnato profondamente la storia del mondo

nei pensieri, negli scritti, nei discorsi, nei viaggi, nelle opere, fornendo all’umanità una

gamma di insegnamenti la cui importanza segna il nostro tempo e il tempo a venire.

Fra tutti gli insegnamenti ricordiamo in queste pagine quello relativo al rapporto fra

l’uomo e il Creato.

L’attenzione alle problematiche ambientali, l’amore per la Natura hanno

accompagnato costantemente il pontificato di Giovanni Paolo II, il quale ha indicato un

nuovo concetto di sviluppo, in aggiornamento a quello già indicato da papa Paolo VI,

mostrando il percorso verso un orizzonte ampio, segnato dall’attenzione alla relazione

dell’uomo con la Natura, anche in vista delle future generazioni.

Egli ha fondato il suo pensiero “ecologico” sull’insegnamento dell’Antico e del Nuovo

Testamento e sul messaggio dei grandi Santi, in particolare quello di San Francesco

d’Assisi, consacrandolo con due grandi gesti che si collocano uno all’inizio e uno alla fine

del suo pontificato.

198 Paolo VI, Messaggio di Papa Paolo VI per la V giornata mondiale dell’ambiente, 5 giugno 1977.La Giornata mondiale dell’ambiente è stata istituita dall’ONU il 15 dicembre 1972 ed è da celebrare ognianno il 5 giugno.199 Paolo VI, Messaggio per la V giornata mondiale dell’ambiente, 5 giugno 1977.200 Antonio Simula, cit., pag. 63.

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Il primo è la proclamazione di San Francesco d’Assisi Celeste Patrono dei Cultori

dell’Ecologia, atto emanato nel 1979 durante il suo secondo anno di pontificato, e il

secondo, al termine del suo pontificato, è la pubblicazione del Compendio della Dottrina

sociale della Chiesa201, nel quale, per la prima volta, viene dedicato un intero capitolo202

alla questione ambientale dal titolo “Salvaguardare l’ambiente”.203 In esso si afferma il

valore della vita, da tutelare in ogni sua forma per trasmetterla alle generazioni future.

Inoltre è importante sottolineare che il termine “salvaguardare” qui utilizzato, è

aderente al lessico del dibattito internazionale sul tema, che si distacca dal termine

“conservazione” (conservare gli elementi ambientali selezionati sulla base dell’utilità

umana) e adotta l’opposta visione della tutela protettiva dell’ambiente a tutto campo,

prescindendo dal giudizio e dalle istanze utilitaristiche dell’uomo.

Ciò che ha caratterizzato l’esperienza di Giovanni Paolo II è stato il particolare

attaccamento alla sua terra natale, la Polonia, con la quale ha sempre mantenuto in

intenso legame personale, ma anche il suo amore per gli spazi aperti, per le montagne,

per gli sport all’aperto.

Fin da giovane si è distinto per la sua passione per la Natura, amore che allora si

esprimeva in gite a piedi, in canoa, in bicicletta o sugli sci, amore che poi ha condiviso e

trasmesso agli universitari di cui, come sacerdote, era assistente spirituale all’inizio degli

anni 1950, accompagnandoli in campeggio in montagna e trascorrendo con loro le

vacanze o momenti di riposo al centro della vegetazione naturale, spazio vitale e riposante

per eccellenza.

Il suo legame con il mondo naturale ha continuato a manifestarsi anche in seguito,

una volta eletto al soglio pontificio. E lo ha espresso nei suoi numerosissimi viaggi con

dimostrazioni di spontaneo affetto per le terre visitate, delle quali non ha mancato di

contemplare e apprezzare la bellezza della Natura in tutto il suo spessore, esprimendo

201 Con l’espressione “dottrina sociale della Chiesa” si intende indicare l’insieme dei principi e delle direttiveemanate dal magistero cattolico in relazione ai problemi di natura sociale ed economica manifestati nellasocietà moderna. Essa dunque non si configura come una generica e multiforme espressione del pensierocattolico sviluppatosi nel corso dei secoli di fronte alle diverse situazioni storiche che si sono via viasusseguite, bensì come la risposta, dotata di rilevante autorevolezza istituzionale ed espressa in terminidottrinali, attraverso la quale il papato romano ha preso posizione di fronte alla realtà sociale ed economicadi una data stagione storica. Si veda sito internet www.vatican.va .202 Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, “Salvaguardare l’ambiente”, in Compendio dellaDottrina sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2004.203 Il capitolo “Salvaguardare l’ambiente” delinea un ampio quadro di temi ambientali che vanno dallanozione di creazione a quella di bene comune e di globalizzazione, fino all’azione delle imprese e alrinnovamento degli stili di vita. Invita inoltre a tener presente che i Beni della Terra sono stati creati da Dioper essere sapientemente usati da tutti e pertanto vanno equamente divisi secondo giustizia.

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meraviglia e ringraziamento di fronte al panorama di prati, di boschi, di torrenti, di cime

svettanti verso il cielo, di diversità biologica, ed esprimendo al contempo importanti segnali

circa realtà, geografiche o culturali, particolarmente caratterizzate dal degrado ambientale.

I gesti essenziali che Giovanni Paolo II ci ha lasciato, come segni di un amore

concreto, pratico, vissuto sul campo, sono quelli delle sue passeggiate in montagna,

praticate ai limiti del possibile sino all’età più anziana, per entrare in diretto contatto con la

Terra e l’esempio, dato in prima persona, di come un contatto immediato con la Natura

consenta di penetrare progressivamente nel mistero della Creazione.

Alla base di tutto questo vi è anche una lezione fondamentale che è quella di uno stile

di vita sobrio, della volontà di contrastare le avidità e le aggressioni del consumismo nel

rispetto di ciò che Dio ha creato per l’uomo, tanto attuale che quello delle generazioni

future.204

La sua innata venerazione per la Natura, “realtà che suscita nel cuore il senso

dell’infinito”, “preziosa fonte di ispirazione per la cultura umana”205, lo ha condotto a

manifestare l’esigenza di responsabilità per la Terra, che subisce e corre il rischio di subire

conseguenze devastanti per l’incapacità di riconoscerla nel suo significato.

Con il passare degli anni, la contemplazione del mondo creato si è investita nel

Pontefice della preoccupazione per la sua protezione e della sollecitudine per una

responsabilità comune a tutta la famiglia umana, ancorché differenziata in forme che sono

specifiche dei diversi contesti geografico-culturali: la questione ecologica è apparsa

sempre più chiaramente come una grande e fondamentale questione morale che

coinvolge la fede stessa dei cristiani. Un passo, questo, di capitale importanza nella storia

delle idee intorno alla salvaguardia della Natura.

Dall’amore per il Creato alla “vocazione ecologica”

I segnali della sensibilità di papa Giovanni Paolo II per la questione ambientale sono

numerosi e diffusi, accompagnati da appelli, moniti e a volte persino condanne contro il

pericolo dell’olocausto naturale206 denunciando altresì i rischi che gravano sull’intera

umanità a conseguenza del modo distorto con cui l’uomo intende e usa il progresso

economico.

204 “L’umanità di oggi deve essere conscia dei suoi doveri e compiti verso le generazioni future”, daCentesimus annus, paragrafo n. 37.205 Giovanni Paolo II, Omelia in Val Visdende, 12 luglio 1987. Si veda sito internet www.vatican.va .206 Giovanni Paolo II, Omelia a Santo Stefano di Cadore (Belluno), 11 luglio 1993. Si veda sito internetwww.vatican.va .

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Il suo insegnamento, la sua spinta alla tutela dell’ambiente sono indubbiamente

ispirati dalla dottrina biblica della Chiesa e sintetizzata nel primo articolo del Credo207 , ma

insieme sono motivati dagli sviluppi della questione ambientale, dalla consapevolezza del

degrado ecologico attuale accertato secondo analisi scientifiche indiscutibili.

Già nella Lettera Enciclica di inizio pontificato208 egli rilesse la situazione dell’uomo

contemporaneo e mise in luce la tematica ecologica.

Egli intervenne sul tema parlando del limite delle risorse naturali, soprattutto le fonti di

energia, alcune delle quali non rinnovabili, denunciò con forza la contaminazione

dell’ambiente atmosferico e terrestre con i suoi esiti drammatici per la salute della

popolazione umana e delle altre creature, come pure il modello economico e sociale che

non tiene sufficientemente conto della qualità della vita e che allo stesso tempo utilizza lo

sfruttamento del Pianeta non solo per scopi industriali, ma anche militari.

Per dare una risposta alla crisi ecologica il Papa ricorda che l’uomo e la donna sono

creati ad immagine di Dio, e questo richiama la loro corresponsabilità nella cura del

Creato. Essi, proprio per la loro corporeità sono in rapporto di reciprocità non solo tra di

loro, ma con la Natura stessa e per mandato di Dio hanno il dovere di edificare sane

comunità umane, in ambienti sani, rispettando il mondo delle cose naturali, delle realtà

vitali non umane.

Per Giovanni Paolo II la crisi ecologica contemporanea ha soprattutto una origine e

una valenza etico-antropologica che va corretta. L’uomo ha cioè il dovere di assumere

comportamenti etici aperti alla dimensione cosmica dell’esperienza umana, perché da

questo deriva, in seguito, una crescente presa di consapevolezza del fatto che egli non

può fare impunemente uso delle diverse categorie di esseri viventi o inanimati: animali,

piante, acque, suoli, ma al contrario, deve tener conto del valore di ciascun essere vivente

e di ciascuna componente ambientale e della mutua connessione di questi in un sistema

ordinato di vita, qual è appunto la vita del cosmo.

207 “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili einvisibili”.208 “Sembra che siamo sempre più consapevoli del fatto che lo sfruttamento della terra, del pianeta su cuiviviamo, esiga una razionale ed onesta pianificazione. Nello stesso tempo, tale sfruttamento per scopi nonsoltanto industriali, ma anche militari, lo sviluppo della tecnica non controllato né inquadrato in un piano araggio universale ed autenticamente umanistico, portano spesso con sé la minaccia all’ambiente naturaledell’uomo, lo alienano nei suoi rapporti con la natura, lo distolgono da essa. L’uomo sembra spesso nonpercepire altri significati del suo ambiente naturale, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediatiuso e consumo. […] Lo sviluppo della tecnica e lo sviluppo della civiltà del nostro tempo, che ècontrassegnato dal dominio della tecnica stessa, esigono un proporzionale sviluppo della vita morale edell’etica”, da Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica “Redemptor Hominis” del Sommo Pontefice GiovanniPaolo II all’inizio del suo pontificato, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 4 Marzo 1979.

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Non bisogna ignorare, infatti, che l’appannarsi dell’immagine divina nell’uomo odierno,

come conseguenza del peccato, ha provocato una ribellione della Natura, una ferita, un

gemito costante che rende più difficile riscoprirne l’ordine originario.209

Lo stesso tema verrà ripreso anche nelle Encicliche successive, a carattere sociale210 ,

nelle quali il Papa delinea la questione ambientale come un problema di autentico sviluppo

umano che ingloba la necessità di una alleanza tra scienza umana e sapienza divina, e la

preoccupazione per un progresso scientifico che rispetti e protegga la vita, nonché indica

la sobrietà come stile spirituale ed ecologico: si delinea dunque il carattere morale dello

sviluppo.

Nell’ultima Lettera Enciclica il discorso ecologico del Papa si dirige direttamente

all’uomo di oggi e al suo smodato desiderio di avere sempre di più.

L’uomo, infatti, quando desidera avere e godere di più, consuma e spreca

disordinatamente le risorse e gli habitat della Terra e la sua stessa vita dimenticando di

essere e di crescere in solidarietà con Dio e con tutti gli altri uomini.211

Contribuire alla difesa dell’ambiente è quindi una questione di saggezza, di solidarietà

e di cooperazione, che fa emergere nella riflessione del Papa la preoccupazione per un

universo saccheggiato per scopi economici, materialistici ed egoistici.

L’uomo dimentica di operare nell’ambito della originaria destinazione delle realtà

naturali di Dio, dimentica l’originaria donazione212 fatta da Dio all’uomo e non riconosce più

la fonte da cui nasce il dovere di rispettare la propria struttura naturale e morale.

209 “L’esperienza di questa «sofferenza» della terra è comune anche a coloro che non condividono la nostrafede in Dio. Stanno, infatti, sotto gli occhi di tutti le crescenti devastazioni causate nel mondo della naturadal comportamento di uomini indifferenti alle esigenze recondite, eppure chiaramente avvertibili, dell’ordinee dell’armonia che lo reggono”, da Giovanni Paolo II, Messaggio di Sua Santità Giovanni Paolo II per laXXIII giornata mondiale della pace 1990, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 8 dicembre 1989,paragrafo n° 5.210 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica “Familiaris consortio”, Libreria Editrice Vaticana, Città delVaticano, 22 novembre 1981,Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica “Sollicitudo rei socialis”, Libreria Editrice Vaticana, Città delVaticano, 30 dicembre 1987.Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica “Centesimus annus”, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1°maggio 1991.211 “L’uomo pensa di poter disporre arbitrariamente della Terra, assoggettandola senza riserve alla suavolontà, come se essa non avesse una propria forma e una destinazione anteriore datale da Dio, che l’uomopuò, sì, sviluppare, ma non deve tradire”, da Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica “Centesimus annus”,paragrafo n° 37.212 “L’uomo che scopre la sua capacità di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo col propriolavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose daparte di Dio”. In Centesimus annus, paragrafo n. 37. Per la concezione di dono come Bene supremo eduniversale e non già di possesso a favore dell’uomo si veda capitolo primo, paragrafo primo e secondo diquesta trattazione.

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Pace con Dio creatore, Pace con tutto il creato

E’ stato osservato che la crisi ecologica, prima ancora di essere la conseguenza di un

errato rapporto dell’uomo con l’ambiente, è una crisi di cultura, della concezione della vita

e del mondo in cui l’uomo vive il suo rapporto con la Natura e con i suoi simili.

“Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato”213 è forse il documento più completo

scritto da papa Giovanni Paolo II riguardo al problema ecologico.

Nel testo, la politica ambientale ed energetica viene messa in relazione a molti altri

problemi dell’umanità come ad esempio il diritto alla vita, allo sviluppo, al lavoro. E

dall’analisi scaturisce lo stretto legame che esiste fra l’equilibrio dell’ecosistema e la

qualità fisica e morale della vita.

La crisi ecologica è per il Papa un problema morale214, che deriva dal consumismo e

dall’edonismo il quale fa della ricerca del piacere individuale il bene più alto e il

fondamento della vita morale, mentre il depauperamento ambientale viene ricondotto al

più generale degrado della responsabilità personale215, tema ricorrente nei discorsi del

Papa.

In questo senso la posizione di Giovanni Paolo II si trova sulla stessa linea di quella

del filosofo tedesco Hans Jonas216 Essi sono infatti quasi coetanei ed entrambi hanno

vissuto la guerra con le sue devastazioni. Il loro pensiero trova una direzione comune

nell’individuare nella crisi ecologica un problema morale e una rinuncia da parte dell’uomo

ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni.

Lo stesso concetto di interdipendenza alla base della scienza ecologica, assume nel

messaggio del pontefice il significato morale di un richiamo alla solidarietà che è a sua

volta legata a giustizia e a pace.

Il messaggio può essere suddiviso in tre fili conduttori che prendono in considerazione

l’etica ambientale come rispetto per la vita217, il rapporto fra ambiente e pace218, il danno

213 Giovanni Paolo II, “Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato”, Messaggio di Sua Santità GiovanniPaolo II per la XXIII giornata mondiale della pace 1990.214 “Sembra necessario risalire alle origini e affrontare nel suo insieme la profonda crisi morale, di cui ildegrado ambientale è uno degli aspetti preoccupanti”. Da Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato,paragrafo n° 5.215 “Se manca il senso del valore della persona e della vita umana, ci si disinteressa degli altri e della terra”.Da “Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato”, paragrafo n° 13.216 Hans Jonas (Mönchegladbach, 1903 – New York, 1993). Filosofo Tedesco di origine ebraica. Si veda inproposito Laura Ragonesi, Hans Jonas: una voce filosofica eminente nel consolidarsi dell’Etica Ambientalecontemporanea, in www.environment-responsibility-and-duties.eu, sezione Filosofia ambientale –Pubblicazioni on line.217 “Il segno più profondo e più grave delle implicazioni morali, insite nella questione ecologica, è costituitodalla mancanza di rispetto per la vita, quale si avverte in molti comportamenti inquinanti”. Da “Pace conDio creatore, pace con tutto il creato”, paragrafo n° 7.

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ambientale come conseguenza della cupidigia tipica della società capitalistica ed

industriale che va educata alla responsabilità219.

Il Creato non è più amato e rispettato dall’uomo e lo sviluppo economico è una forma

di violenza sull’ecosistema planetario.

Il progresso, mito perseguito ed applicato in forma indiscriminata, rivela come l’uomo

abbia perso il senso dell’integrità del Creato e quindi del rispetto per la vita220, per la vita di

tutte le creature e degli ecosistemi.

Ponendo in evidenza l’importanza di una giusta interazione tra la persona umana e la

Natura, il Papa afferma che l’equilibrio dell’ecosistema, la destinazione universale dei beni

della Terra e un sano sviluppo economico, industriale e scientifico, non possono che avere

come norma ispiratrice il rispetto per la vita in ogni sua forma e per la dignità dell’uomo,

due dimensioni strettamente affratellate.

La qualità della vita umana e l’equilibrio dell’ambiente sono strettamente legati e

interdipendenti.

L’esperienza ci sta dimostrando che ogni atteggiamento irrispettoso nei confronti

dell’ambiente arreca danni alla convivenza umana e viceversa. Gli abusi sui diritti umani e

i crimini ambientali sono strettamente collegati: ad esempio, difendere la dignità e i diritti

dei lavoratori rurali del Brasile equivale a proteggere la foresta Amazzonica dalla

deforestazione e viceversa: «Quando la terra non produce più, molti contadini si

trasferiscono in altre zone, incrementando spesso il processo di deforestazione

incontrollata»221.

Emerge sempre più chiaramente un nesso inscindibile tra il rispetto per la Natura e la

pace tra gli uomini. L’una e l’altra presuppongono la pace con Dio.

La pace non è infatti, esclusivamente “assenza di guerre”, ma è concordia, pienezza

di vita. La pace è frutto della giustizia nel senso che ad ogni uomo è riconosciuto ciò che

gli è dovuto in quanto uomo, è rispettata la sua dignità e la convivenza è orientata verso

un’equa distribuzione dei beni.

218 “Oggi qualsiasi forma di guerra su scala mondiale causerebbe incalcolabili danni ecologici. Le guerre[…] danneggiano la terra, rovinando i raccolti e la vegetazione eavvelenando terreni e le acque”. Da “Pacecon Dio creatore, pace con tutto il creato”, paragrafo n°12.219 “La società odierna non troverà soluzione al problema ecologico, se non rivedrà seriamente il suo stile divita.[…] C’è dunque l’urgente bisogno di educare alla responsabilità ecologica”. Da “Pace con Diocreatore, pace con tutto il creato”, paragrafo n°13.220 “L’inquinamento o la distruzione dell’ambiente sono frutto di una visione riduttiva e innaturale, chetalora configura un vero e proprio disprezzo dell’uomo”. Da “Pace con Dio creatore, pace con tutto ilcreato”, paragrafo n° 7.221 Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato, cit., paragrafo n° 11.

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Non ci sarà pace finché non avrà fine il disordinato sfruttamento delle risorse della

Terra, infatti «alcuni paesi fortemente indebitati stanno distruggendo il loro patrimonio

naturale con la conseguenza di irrimediabili squilibri ecologici, pur di ottenere nuovi

prodotti di esportazione». Ed è quello che sta succedendo alle tre maggiori foreste

equatoriali del Pianeta: l’Amazzonia, la foresta africana del bacino del Congo e quella del

Borneo.

Tutte e tre stanno subendo una vera devastazione: prima quella dei tagliatori di legno

e poi quella dei cercatori delle ricchezze del sottosuolo che aprono miniere a cielo aperto

nelle zone deforestate via via oggetto di desertificazione.

Pace, giustizia, salvaguardia del Creato sono frutto dell’impegno per perseguire

insieme il bene comune.

La pace non è infatti minacciata solo dalla tradizionale corsa agli armamenti, ma è

messa in serio pericolo dalla distruzione degli ecosistemi e, con essi della biodiversità.

Le innovazioni scientifiche e tecnologiche -quando non sono compatibili con i diritti

umani e con i valori delle culture- non coinvolgono solo lo sfruttamento dei beni della

Natura, ma mettono in gioco la possibilità di sopraffazione delle nazioni ricche su quelle

povere.

Quello che viene definito come il potere dell’uomo sulla Natura, in realtà diviene il

potere esercitato da pochi gruppi e poche persone su altre persone utilizzando la Natura

come strumento222 del loro stesso potere.

L’uso improprio ed egoistico dell’ambiente, l’accaparramento violento delle risorse

della Terra generano lacerazioni, conflitti e guerre: guerre per il petrolio, guerre per

l’acqua, guerre a seguito di danni alla biosfera dati i danneggiamenti ai raccolti, alla

vegetazione, dato l’avvelenamento di terreni e acque e tutto ciò ha infine l’inevitabile

epilogo nella povertà e nella fame.

La guerra è il più distruttivo degli inquinamenti, ma il massimo eccidio è l’ecocidio223 .

La tutela della biodiversità è lo strumento concreto per la lotta contro la fame e la

denutrizione.

Conservare gli equilibri ecologici alla base della sopravvivenza del Pianeta e

difendere i diritti umani fondamentali come quello all’acqua, al cibo, alla salute,

all’istruzione, al lavoro e ad una esistenza dignitosa è l’impegno di una visione che

riconosca l’importanza della vita e la rispetti in tutte le specie e in tutti i popoli.

222 Leonardo Boff, Ecologia, mondialità, mistica, Cittadella Editrice, Assisi, 1993, cit., pag 51.223 Jeremy Rifkin, Beyond beef. The Rise and Fall of the Cattle Culture, Rep Edition, New York City, 1993

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E’ un impegno che deve sviluppare economie realmente “ecocompatibili”, ossia

capaci di condividere equamente i beni naturali per provvedere al fabbisogno di cibo e

acqua di tutti, per conferire un senso all’esistenza dei singoli e delle comunità nel rispetto

profondo degli ecosistemi del Pianeta.

Il problema della salvaguardia del Creato ha radici profonde che affondano negli stili

di vita individuali e collettivi, ed educarsi alla responsabilità ecologica significa assumere

stili di vita sobri e non predatori, semplici ma spiritualmente intensi, sul modello aperto da

San Francesco d’Assisi che offre ai cristiani di tutti i tempi l’esempio dell’autentico e pieno

rispetto per l’integrità del Creato: « Dal poverello di Assisi ci viene la testimonianza che,

essendo in pace con Dio, possiamo meglio dedicarci a costruire la pace con tutto il Creato,

la quale è inseparabile dalla pace tra i popoli »224 .

A tale proposito papa Giovanni Paolo II si augurava che un più diffuso rispetto per la

Natura potesse favorire il cammino della pace, bene fondamentale.

Non c’è pace in ambienti depauperati e spogliati

L’ambiente coinvolge anche e soprattutto aspetti economici dai quali dipendono

problematiche politiche e geopolitiche. Perciò, preoccuparsi della salute del Pianeta

significa oggi creare condizioni per garantire la pace tra gli uomini.

Un’atmosfera “pulita” è una risorsa; l’inquinamento, al contrario, ha un costo sociale e

le problematiche ambientali coinvolgono tutti i Paesi del mondo: sono globali.

L’appello di papa Giovanni Paolo II sembra essere stato raccolto dall’Accademia

Reale Svedese di Oslo che ha assegnato il premio Nobel per la pace del 2004

all’ambientalista e pacifista keniana Wangari Maathai a riconoscimento del suo impegno

nella battaglia delle donne africane contro la guerra e la povertà.

Questo Nobel ha avuto il grande merito di riconoscere per la prima volta il legame che

esiste tra pace ed ecologia, nel senso di rispetto dell’ambiente e possibilità di oculata

distribuzione delle risorse.

L’impegno di Wangari Maathai per combattere la deforestazione e la desertificazione

del continente africano, che distruggono la biodiversità e spingono ogni anno milioni di

persone nella povertà, ha messo in luce che la pace sulla Terra dipende dalle condizioni

ambientali e ad affermare che la causa “ecologista” è un aspetto importante della pace

perché nel momento in cui le risorse si rarefanno, gli uomini si battono per

riappropriarsene muovendo contro altri che ancora le possiedono.

224 Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato, cit., paragrafo n° 15.

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Riconoscere nella capacità di proteggere l’ambiente naturale il presupposto per la

pace è un dato confermato anche dall’assegnazione del premio Nobel per la pace del

2007 al senatore Al Gore225, insieme al Comitato Intergovernativo per i Mutamenti

Climatici dell’Onu, per “l’impegno profuso nel costruire e diffondere una coscienza

maggiore sui cambiamenti climatici provocati dall’uomo e porre le basi per contrastare tali

cambiamenti”.

Il Nobel per la Pace non è stato infatti assegnato ad uno scienziato per le sue

scoperte, ma ha premiato il gesto, il valore etico, l’idea. Il Nobel per la Pace 2007 ha

riconosciuto un valore fondamentale: gli uomini non possono essere in pace con se stessi

se non sono in pace con il proprio Pianeta, quello su cui vivono, intrecciano relazioni

economiche e sociali, da cui traggono sostentamento e ricchezze, dalle cui bellezze

restano ammirati, e della cui reazione all’umano agire rimangono colpiti.

Il riconoscimento è andato ad un personaggio da tempo conosciuto come persona

sensibile ai temi dell’ambiente, ma anche ad una lunghissima lista di centinaia di

ricercatori.

La crisi del Pianeta come il Global Warming non è solo una questione politica, ma è

soprattutto una sfida etica e spirituale per l’umanità poiché pone in evidenza l’urgente

necessità morale di una nuova giustizia nei rapporti tra i Paesi che è allo stesso tempo la

base di una convivenza pacifica.

Il Nobel per la pace 2007 è destinato ad attirare l’attenzione delle genti e dei

governanti, a richiamare questi ultimi alle proprie responsabilità e si può in definitiva

considerare un dono alle generazioni future.

225 Al Gore senatore americano e quarantacinquesimo Vicepresidente degli Stati Uniti d’America. Illustrescrittore di molte opere fra cui la più conosciuta è An Inconvenient Truth da cui è stato tratto il film-documentario sui cambiamenti climatici presentato a Cannes nel 2006 e che gli ha meritato l’Oscar.

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Capitolo V

Le sfide dell’Ecologia

Salvaguardia ambientale, equità, solidarietà

Vent’anni dopo la Conferenza di Stoccolma, durante la quale erano state gettate le

basi per una discussione a livello internazionale su temi relativi all’ambiente e agli effetti

delle attività antropiche, la Conferenza su “Sviluppo e Ambiente” svoltasi a Rio de

Janeiro226 nel 1992 ha ribadito quanto già era emerso a Stoccolma, e cioè la dimensione

globale dell’impatto dell’attività umana sugli equilibri ecologici, nel senso che i danni che

ciascun Paese o Continente infligge al rispettivo habitat naturale, le distruzioni che

provoca per ottenere e utilizzare le risorse di cui ritiene di aver bisogno, incidono in

maniera determinante sugli altri Paesi e Continenti.227

La Conferenza di Rio, nel tentativo di definire le problematiche ambientali in atto, ha

cercato di stabilire i possibili interventi a breve, medio e lungo termine, e di individuare

politiche per uno sviluppo che non comprometta la sopravvivenza delle generazioni future

e dello stesso Pianeta: in altre parole, ha provato a definire le politiche concrete per uno

sviluppo sostenibile228, quel tipo di sviluppo lanciato quale modello a Stoccolma.

Il summit ha rappresentato comunque una svolta epocale tra gli accordi in materia

ambientale, poiché ha segnato definitivamente la presa di coscienza della necessità di

gestire le questioni ambientali su scala globale, e ha riconosciuto che le problematiche

ecologiche, climatiche e le attività umane devono essere considerate in modo

interdipendente e non come ambiti fra loro disgiunti.

Giovanni Paolo II, pur essendo impegnato in una visita apostolica e non potendo

quindi prendere parte personalmente alla Conferenza, ha seguito con molta attenzione

l’avvenimento inviando una delegazione che ha preso parte ai lavori dell’assemblea a

nome della Santa Sede.

Egli ha invitato i capi di Stato e di Governo partecipanti alla Conferenza ad essere

lungimiranti nelle loro deliberazioni in quanto chiamati ad esaminare in profondità il

rapporto tra la protezione dell’ambiente e lo sviluppo dei popoli.

226 Conferenza mondiale su “Ambiente e Sviluppo” svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno del 1992 eorganizzata dall’ONU.Hanno preso parte alla Conferenza 175 paesi, 100 capi di Stato e di governo, 30 mila delegati.227 Antonio Simula, cit., pag. 111.228 Per sviluppo sostenibile si intende un modello di sviluppo in cui la crescita economica e sociale vieneperseguita entro i limiti delle possibilità ecologiche del Pianeta, senza compromettere l’integrità degliecosistemi e la loro capacità di soddisfare i bisogni delle generazioni future.

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Intervenendo alla conferenza di Rio tramite i suoi rappresentanti, egli dunque ha

ribadito i principi basilari già specificati in molteplici suoi discorsi: l’integrità di tutto il

Creato, il rispetto per la vita, il rispetto per la dignità della persona umana.

Ha inoltre ripetuto il principio della destinazione universale dei Beni della Terra,

deducendo da esso il dovere di solidarietà tra i popoli affermando che per una giusta ed

equilibrata ecologia bisogna considerarsi amministratori (e non già predatori) del

patrimonio comune del Pianeta.

Alla conferenza di Rio de Janeiro i delegati del Papa hanno posto l’accento

sull’esigenza di promuovere un sistema economico internazionale più favorevole alle

persone e all’ambiente, e sul principio di interdipendenza dei concetti di pace, sviluppo e

protezione degli habitat del Pianeta.

L’avvenimento è stato seguito con grande interesse in tutto l’ambito cristiano, come

testimoniato dalle pubblicazioni de “L’Osservatore Romano”229 il quale, per l’occasione, si

è avvalso anche del contributo di personalità esperte nei diversi temi attinenti alle

problematiche oggetto di dibattito a Rio de Janeiro, spaziando dagli aspetti giuridici a quelli

economici dello sviluppo e dell’ambiente, da quelli scientifici e morali, ai fondamenti biblici

e teologici.230

La Conferenza di Rio ha messo in evidenza ancora una volta la richiesta ad ogni

singolo individuo e ad ogni comunità di fare la propria parte per agire in modo

responsabile verso l’ambiente gettando le basi di un programma di intervento urgente per

la sua protezione su scala mondiale, attraverso regole generali a cui le singole Nazioni

avrebbero dovuto attenersi come linee guida.

Il successo della Conferenza è dato però soprattutto dalla grande sensibilizzazione

ottenuta per la società civile mondiale e le autorità politiche interessate nei confronti dei

problemi posti in luce dall’ecologia, successo che tuttavia è stato compromesso dal rifiuto

di alcuni governi di approvare le scadenze e gli obiettivi proposti dall’Assemblea.

Gli attuali modelli di consumo, infatti, nonostante gli incrementi di efficienza consentiti

dalle nuove tecnologie, sono in conflitto con le capacità dell’ecosistema terrestre di

sopportare impatti ambientali e prelievi indiscriminati delle risorse disponibili. E’

globalmente in crisi la Carrying Capacity degli ecosistemi.

La crisi ecologica pone in evidenza l’urgente necessità morale di una nuova giustizia

ecologica nei rapporti tra i Paesi in via di sviluppo e i Paesi altamente industrializzati. Un

229 “L’Osservatore Romano” è il giornale quotidiano ufficiale della Città del Vaticano. Nel giornale vienepubblicato tutto ciò che è inerente alla Chiesa Cattolica con particolare attenzione alle attività del Papa e allesue opere editoriali.230 Antonio Simula, cit., pag.116.

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giusto equilibrio ecologico che non si otterrà se, come si è constatato alla Conferenza di

Rio, non saranno superati ostacoli politici, nazionalismi esagerati, interessi economici

particolaristici, ed una diffusa mentalità economicistica e consumistica.

Un gesto storico: papa Giovanni Paolo II e Bartolomeo I

Negli anni 1990 la preoccupazione per l’ambiente si è fatta sempre più pressante

nelle omelie e negli scritti di papa Giovanni Paolo II, fino al messaggio per la pace del

primo Gennaio 1999 in cui ha lanciato un vero e proprio grido d’allarme contro gli interessi

e gli egoismi dei poteri forti che compromettono la condizione ecologica del mondo231 :

offendere la Natura è un peccato sul piano religioso ed una forma di disprezzo per l’uomo

e per il valore della vita stessa.

Il Papa non si è perciò limitato ad un impegno rivolto esclusivamente ai cristiani

cattolici, ma ha unito la forza della sua voce a quella di Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico

di Costantinopoli.232 Un evento veramente epocale.

Bartolomeo I, erede della tradizione spirituale orientale è infatti una delle personalità

religiose oggi più impegnate per la salvaguardia dell’ambiente.

Egli è l’erede della tradizione dell’Oriente cristiano che, nella seconda metà del

medioevo, aveva già elaborato una vera carità cosmica, una immensa compassione verso

il mondo naturale e in modo particolare per quello animale. Una visione spirituale che, con

la caduta di Bisanzio, fu se non dimenticata sepolta in qualche monastero, senza più

alcuna applicazione nella cultura e nella storia.233

Nel giugno del 2002, per la prima volta due capi religiosi, riuniti strettamente in

un’affermazione condivisa, hanno sottoscritto dunque un documento sull’impegno comune

nella difesa dell’ambiente.

Giovanni Paolo II in collegamento via satellite dalla Biblioteca Vaticana ha firmato una

dichiarazione congiunta234 con il Patriarca Bartolomeo I, che si trovava al Palazzo Ducale

di Venezia, sull’etica ambientale.

Si tratta di uno storico gesto ecologico, perché ha reso ancora più deciso il cammino

della cristianità riguardo all’impegno intrapreso in difesa dell’ambiente.

231 “Il presente e il futuro del mondo dipendono dalla salvaguardia del creato […] Porre il bene dell’essereumano al centro dell’attenzione per l’ambiente è, in realtà, la maniera più sicura per salvaguardare lacreazione, da “Nel rispetto dei diritti umani il segreto della pace vera”, Messaggio di sua Santità GiovanniPaolo II per la celebrazione della giornata mondiale della pace, 1° gennaio 1999.232 Il Patriarca di Costantinopoli è la suprema guida spirituale dei cristiani ortodossi d’Oriente.233 Ignazio IV Hakim, Salvare la creazione, Editrice Ancora, Milano, 1994, cit., pp. 37-39.234 Dichiarazione congiunta di Giovanni Paolo II e del Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, Venezia –Roma 10 giugno 2002.

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Il documento, oltre ad esprimere la preoccupazione per il depauperamento e lo

spoglio delle risorse naturali basilari come l’acqua, i suoli, la biosfera causati da un

progresso economico e tecnologico incapace di riconoscere i propri limiti e tenerne conto,

è un ulteriore richiamo a prendere coscienza che il rispetto per la Creazione si collega alla

stessa dignità umana.

I due capi religiosi si sono trovati concordi nell’affermare che le soluzioni che si

potranno trovare a livello economico e tecnologico potranno emergere solo se si

verificherà un cambiamento quanto più possibile radicale nelle idee e nel concepire lo stile

di vita, i modelli di produzione e di consumo.

In tale prospettiva i cristiani e tutti gli altri credenti hanno allora una funzione specifica

in quanto, riconoscendo che il Mondo è creato da Dio, possono individuare un ordine

morale entro il quale articolare un codice di condotta ambientale ed educare la società ad

una “consapevolezza ecologica, la quale non è altro che la responsabilità assunta nei

confronti di se stessi, nei confronti degli altri e nei confronti della Creazione”235.

Con questa dichiarazione tutti i cristiani in modo particolare, ma anche tutti i credenti,

sono stati richiamati all’urgenza di assumere e diffondere una nuova cultura che ispiri un

comportamento etico nei confronti dell’ambiente e incoraggi i principi di solidarietà con

esso, di giustizia sociale, di responsabilità al fine di promuovere una vera “cultura della

vita”, la sola che sarà capace di limitare i processi di impoverimento e danno ambientali.

Con la promulgazione del documento citato i due capi religiosi hanno suggellato così

l’impegno assunto dalla cristianità non solo nell’apprezzare il Creato come espressione

della saggezza e dell’amore di Dio, ma anche nell’elaborare ed attuare progetti e stili di

vita alternativi facendosi altresì portavoce di una delle grandi battaglie del nostro secolo.

Scegliere di limitarsi per dare un futuro al Creato: la nuova etica secondo papa

Giovanni Paolo II

Papa Giovanni Paolo II, nella sua persona, nei suoi lavori, nelle sue idee ha avuto un

forte impatto sul mondo ed ha ricoperto un ruolo di educatore che nei riguardi del

problema ecologico ha sollecitato un concreto e fattivo cambiamento di mentalità.

Attraverso la sua opera di sensibilizzazione ed insegnamento ha chiamato in causa i

soggetti privati e pubblici236 , ed ha cercato di indurre i credenti alla responsabilità

235 Dichiarazione congiunta del Papa Giovanni Paolo II e del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I . Si vedasito internet www.vatica.va .236 “Le chiese e le istituzioni religiose, gli organismi governativi e non governativi, tutti i componenti dellasocietà hanno un preciso ruolo da svolgere”. Da “Pace con Dio creatore pace con tutto il creato”.

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personale237 che comporta un autentico cambiamento nel modo di pensare e nei

comportamenti ispirati alla sobrietà.

Il Papa ha valorizzato l’orizzonte ecologico collegato ad aspetti quali: il fenomeno del

consumismo, gli stili di vita dannosi per la salute fisica e spirituale, la necessità e l’urgenza

di una grande opera educativa e culturale che comprenda l’educazione dei consumatori ad

un uso responsabile del loro potere di scelta238. Egli ha cioè fuso in un unicum i temi

ecologici e quelli della globalizzazione, del resto per gran parte connessi.

Ha cercato di intervenire nella cultura indicando linee di comportamento che, uscendo

dalla logica del mero consumo, promuovano forme di produzione rispettose della Natura e

che soddisfino i bisogni primari di tutti. Egli ha soprattutto sollecitato, con ogni mezzo di

comunicazione, l’adozione di nuovi stili di vita.239

L’espressione “stile di vita” è usata di frequente per fare riferimento a ciò che

caratterizza in via permanente e in profondità il modo di vivere di un soggetto. Lo stile di

vita è il risultato dello stretto legame che l’individuo stabilisce tra il suo mondo individuale e

la sfera sociale. Difatti, ogni persona interagisce con la società in cui vive e a volte ne

riproduce abitudinariamente i comportamenti.

Lo stile di vita è dunque ciò che scaturisce dall’incontro tra la vita spirituale della

persona, le scelte fondamentali verso cui è orientata e la pratica quotidiana.

Le nostre scelte, abitudini, costumi sono spesso guidate dalla mentalità dell’usa e

getta, con conseguenti stili di vita consumistici e di spreco.240

Per vivere la sobrietà è invece indispensabile una scelta fondamentale che chiama in

causa la vita stessa di ogni persona, in quanto strutturalmente legata al sistema sociale

che si vorrebbe cambiare.

Se il problema ecologico è prima di tutto un problema di cultura, ciò significa che è

importante favorire una mentalità che incoraggi il rispetto della Natura e il senso di

responsabilità nella gestione delle sue risorse, tenendo conto anche delle future

generazioni.

237 “L’impegno del credente per un ambiente sano nasce direttamente dalla sua fede in Dio creatore, dallavalutazione degli effetti del peccato originale e dei peccati personali e dalla certezza di essere stato redentoda Cristo”. Da “Pace con Dio creatore pace con tutto il creato”.238 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica “ Centesimus annus”.239 “Il pericolo di gravi danni alla terra e al mare, al clima, alla flora ed alla fauna, richiede uncambiamento profondo nello stile di vita tipico della moderna civiltà dei consumi”. Da “Nel rispetto deidiritti umani il segreto della pace vera”.240 “La società odierna non troverà soluzione al problema ecologico, se non rivedrà seriamente il suo stile divita. In molte parti del mondo essa è incline all’edonismo e al consumismo e resta indifferente ai danni chene derivano”. Da “Pace con Dio Creatore pace con tutto il creato”.

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Giovanni Paolo II, a questo proposito, ha parlato dell’urgente bisogno di educare alla

responsabilità ecologica, e di assumere la sobrietà come stile di vita ecologico.241

Nella sobrietà infatti si manifesta tutta la premura per l’altro, che parte da un soggetto

il quale, con tale scelta, si impegna a condividere e a rispettare un limite sottraendosi

all’ebbrezza che possono dare il consumismo, l’accumulo e il possesso. Preferenza che si

traduce in responsabilità verso se stessi, responsabilità verso gli altri, responsabilità verso

l’ambiente. Opzione che conduce alla solidarietà e che rende possibile iniziare a

svincolarsi dalla mentalità dell’utilitarismo e del consumo.242

L’etica del limite e la cultura della sobrietà sono scelte obbligate per costruire una

società sostenibile.

Il rispetto per la Natura, la sobrietà nei comportamenti, l’abitudine ad evitare sprechi

nascono anche dalla consapevolezza che l’uomo non comprende tutti i meccanismi e le

modalità degli equilibri naturali degli ecosistemi e quindi deve agire con grande prudenza

per evitare di infliggere gravi e irreparabili danni alla Natura. Deve cioè usare in ogni suo

gesto il Principio di Precauzione.

Oggi tra i cristiani sembra essersi approfondita la presa di coscienza dei problemi

ecologici e la Chiesa appare sensibile alla scelta di nuovi stili di vita.

Essa si impegna a favorire l’educazione ambientale come “difesa del Creato, Bene

supremo ed universale” promuovendo atteggiamenti più maturi e responsabili nei confronti

del stesso coinvolgendo in prima linea la comunità cristiana e partendo dai più piccoli.

Attraverso momenti di riflessione sul tema che vengono svolti sia a livello locale che

nazionale con convegni, seminari, corsi di studio, Master243 la Chiesa si preoccupa di

orientare le nuove generazioni e soprattutto di preparare un corpo insegnante

cristianamente orientato riguardo all’etica ambientale. Essa si impegna altresì a favorire

un’educazione che diffonda una mentalità grazie alla quale i cristiani giungano a

dimostrare il loro amore per il Creato anche attraverso l’assunzione di un modo di vivere

coerente che accordi qualità della vita e rispetto verso la Natura: si tratta di imboccare una

nuova via verso un’esistenza improntata alla sobrietà, intesa come predilezione per un

241 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Familiaris consortio .242 “L’equilibrio dell’ecosistema e la difesa della salubrità dell’ambiente hanno bisogno della responsabilitàdell’uomo e di una responsabilità che deve essere aperta alle nuove forme di solidarietà. Occorre unasolidarietà aperta e comprensiva verso tutti gli uomini e tutti i popoli, una solidarietà fondata sul rispettodella vita e sulla promozione di risorse sufficienti per i più poveri e per le generazioni future”. GiovanniPaolo II, Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai partecipanti ad un convegno su Ambiente e Salute,24 marzo 1997, sito internet www.vatican.va .243 A questo proposito è importante ricordare il Master di Primo livello in Scienze Ambientali promossodall’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” e dell’università Europea di Roma (UER) in cui si studial’Ecologia indicata da Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Centesimus annus” e ribadita più volte da papaBenedetto XVI.

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modo di vivere che ricusi lo spreco e la dissipazione delle risorse così da poter dare il

proprio contributo anche alla costruzione di un mondo più equo e più giusto in cui abitare e

da lasciare alle generazioni future.

L’impegno ecologico della Chiesa cattolica è una buona notizia per quanti hanno a

cuore i problemi dell’ecologia, oltre che un futuro di equità sociale ed economica, ma

occorre tuttavia riconoscere che l’informazione e la preparazione su questi temi è ancora

insufficiente e non sempre le azioni individuali e collettive intraprese per proteggere

l’ambiente sono prese nella dovuta considerazione.

Conclusione: l’eredità di Giovanni Paolo II

Il genere umano si scopre oggi più che mai in relazione con tutto il Creato, proprio

analizzando la crisi in cui versa il Pianeta, ed appare investito di una responsabilità

definibile come globale, perché con le conoscenze scientifiche e le possibilità tecnologiche

di cui dispone le sorti della Terra e dei suoi ecosistemi dipendono per gran parte dalle sue

scelte e dai suoi comportamenti tanto in bene che in male.

Da qui deriva che la responsabilità per il Creato non può più essere una questione

secondaria nemmeno per le religioni.

Come già detto, infatti, negli ultimi decenni, le religioni hanno iniziato a confrontarsi

con le problematiche legate alla gestione e conservazione delle risorse naturali nonché

con il rapporto dell’uomo con un ambiente soggetto a continue trasformazioni, continui

impatti, continui danni.

In ambito cristiano quella che era una riflessione sicuramente importante, ma legata

unicamente a concetti teologici, negli ultimi anni si è trasformata in un’azione di

sensibilizzazione dei credenti verso i valori della sostenibilità ambientale intesa come un

rinnovato stile di vita alla cui base è la responsabilità nei confronti della Natura: una

dimensione che deve pervadere l’intera vita dell’uomo.

Il problema ecologico dunque è quanto mai centrale. Lo stesso papa Benedetto XVI,

successore di Giovanni Paolo II, si è pertanto inserito nella particolare scia dell’attenzione

all’ambiente del suo predecessore. L’ha ripresa e sottolineata in molti discorsi e ha fatto

della salvaguardia del Creato uno dei temi centrali dell’ecumenismo, ovvero del cammino

che porta all’unità i cristiani delle diverse confessioni, nelle diverse regioni del mondo.

La cura del Creato e dell’ambiente chiede una più stretta collaborazione tra tutti e

quindi anche massimamente fra i cristiani e questo è testimoniato dalle dichiarazioni

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comuni, che si sono susseguite in questi ultimi anni, redatte dal Pontefice con le più alte

cariche delle Chiese cristiane non cattoliche.244

In queste dichiarazioni è stata espressa la preoccupazione per le conseguenze

negative che possono derivare per tutta la Creazione e per l’umanità che è parte di essa,

strettamente intrecciate in un comune destino di pericolo, da uno sviluppo economico e

tecnologico che non riconosce i propri limiti. E’ stata riaffermata la decisione di considerare

un dovere l’incoraggiare e il sostenere gli sforzi compiuti per proteggere la Creazione e per

lasciare alle generazioni future una Terra sulla quale potranno vivere. Un

incoraggiamento, una indicazione forte, rivolta dunque a coloro che si impegnano nelle

questioni di salvaguardia ambientale.

Papa Benedetto XVI nel recente messaggio per la Giornata della Pace245, pronunciato

in Vaticano per il mondo intero, ha invitato tutti a “sentire la terra come casa comune”, e ad

avere una maggiore coscienza e responsabilità per il Pianeta.

L’argomento ritorna di frequente nelle parole di Benedetto XVI in sintonia con il

crescere delle preoccupazioni ambientali dell’umanità: egli guarda con apprensione il fatto

che i beni della Terra vengano sfruttati senza tener conto del loro valore intrinseco, senza

considerazione per la loro limitatezza ed inoltre senza riguardo per il bene delle

generazioni future di tutte le specie viventi oltre che naturalmente dell’uomo.

E’ per questo motivo che proprio l’attuale papa, nel 2006, ha raccolto l’invito lanciato

da Costantinopoli affinché tutti i cristiani proclamino il primo settembre di ogni anno «

Giornata del Creato246 »: una giornata dedicata a riaffermare l’importanza della questione

ecologica con le sue implicanze etiche e sociali, e a promuovere nei cristiani atteggiamenti

più maturi e responsabili nel rapporto con il Creato.

L’impegno per la salvaguardia del Pianeta è un dovere di tutti, dagli Stati fino alle

singole persone prese nei loro gesti quotidiani individuali.

244 A tale proposito si cita:Dichiarazione tra il Papa Benedetto XVI e l’arcivescovo di Canterbury sua Grazia Rowan Williams, primatedella Chiesa anglicana (Roma, 14 dicembre 2006);Dichiarazione comune tra il Santo Padre Benedetto XVI e sua Beatitudine Christodoulus, Arcivescovo diAtene e di tutta la Grecia (Roma, 21 dicembre 2006);Dichiarazione comune tra Papa Benedetto XVI e il Patriarca Bartolomeo (Turchia, 1 dicembre 2006). Siveda sito internet www.zenit.org .245 Benedetto XVI, Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la celebrazione della Giornata Mondialedella Pace, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2008.246 La giornata del Creato nasce da una proposta formulata nel 1989 dal Patriarca Ecumenico diCostantinopoli Dimitrios e che ha trovato ampia risonanza nella Cristianità. L’accoglienza della propostatestimonia la volontà di condividere l’attenzione per i temi ambientali. La “Giornata per la salvaguardia e ladifesa del creato” verrà celebrata annualmente il primo settembre, con iniziative da sviluppare nel corso ditutto il mese allo scopo di far emergere nell’individuo e nel suo rapporto con il Creato la logica del non-egoismo, ossia il superamento della logica del proprio personale interesse in favore del bene comune.

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Sotto la pressione dell’opinione pubblica le autorità politiche hanno cominciato, ma

non con sufficiente forza e coerenza, a rendersi conto dei pericoli che possono derivare da

una tecnologia senza etica e della prioritaria esigenza di regolamentare lo sfruttamento di

quei beni (acqua, vegetazione, suoli) che sono essenziali per la vita di tutti. Si è compreso

che è urgente raggiungere uno stato di equilibrio tra l’impatto ambientale provocato dallo

sviluppo tecnologico e i meccanismi naturali, in modo tale da non compromettere il futuro

del Pianeta e, con esso, le future risorse di vita. Si è compreso altresì che la tutela

dell’ambiente ha come base assoluta l’uso ponderato delle risorse che può e deve andare

di pari passo con la crescita economica247 e con l’individuazione di tecnologie sostenibili

ed ecocompatibili.

Ma se l’accresciuta sensibilità nei confronti della Natura è sicuramente un fenomeno

che indica un più alto livello di cultura e di civiltà, cui consegue una maggiore attenzione ai

diritti degli esseri non umani e del mondo inanimato, occorre altresì prendere

consapevolezza del fatto che i nostri stessi singoli comportamenti influiscono sulla realtà

planetaria.

Giovanni Paolo II ha colto ogni occasione per mettere l’accento sul Creato usando nei

suoi interventi parole forti e decise, espresse con potente franchezza per richiamare il

senso di responsabilità, l’amore e il rispetto per la Natura come compito che si impone a

tutti con urgenza e che si profila come aspetto qualificante dell’impegno dei cristiani nel

mondo.

Eppure, a tre anni dalla scomparsa di un Papa che ha amato intensamente tutto il

Creato e che ha trovato nell’ecologia un campo di valori che lo hanno chiamato in causa

come cittadino del mondo, si ha l’impressione che la visione teologica della Natura da lui

sollecitata non sia sufficientemente penetrata nella coscienza dei cristiani e che essi non si

rendano ancora pienamente conto che la distruzione della vegetazione, dei suoli, della

fauna, che l’inquinamento dell’aria e delle acque sono atti che vanno contro la volontà del

Creatore.

La Chiesa nel suo ruolo di agenzia che sviluppa momenti formativi e iniziative

rilevanti, ma soprattutto nel suo compito educativo verso le nuove generazioni, può avere

un grande impatto nel cuore dei fanciulli che sono aperti e sensibili alla Natura sfregiata

dalle azioni umane senza etica, agli animali che soffrono, alla delicatezza della

vegetazione, seminando atteggiamenti di amore, di cura e rispetto per l’ambiente. Tuttavia

si tratta di una preoccupazione educativa di cui si sono rese consapevoli aree troppo

247 “Quando i beni della Terra non sono rispettati, si agisce in modo criminale, perché le conseguenze sonomiseria e morte per molti fratelli e sorelle”. Giovanni Paolo II, Discorso quaresimale, 2003.

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ristrette della cristianità, come ad esempio l’Australia o alcuni Paesi dell’America Latina

quali il Cile, mentre non è ancora percepita come parte integrante della dottrina cristiana

stessa in larga parte dei Paesi europei e meno ancora in Italia.

Allo stato attuale delle cose, perciò, rimane ancora aperta la domanda se il contributo

e l’impegno della Chiesa cattolica sia sufficiente alla formazione e allo sviluppo di una

coscienza ecologica, di una vera Etica Ambientale cristiana. Ci si deve interrogare con

sincerità se la conversione ecologica chiesta da papa Wojtyla non debba ancora

conquistare i suoi adepti fra i cattolici italiani e del mondo.

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Edizioni Paoline, Milano, 1994.

H. Paul Santmire, Brother Earth. Nature, God and Ecology in time of crisis, Thomas

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H. Paul Santmire, The travail of nature. The Ambiguous Ecological Promise of Christian

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Albert Schweitzer, Aus meinem Leben und Denken, Felix Meiner, Lipsia, 1931; edizione

italiana La mia vita e il mio pensiero, con traduzione a cura di Amerigo Guadagnin,

Edizioni Comunità, Milano 1965.

Albert Schweitzer, Die Weltanschaung der indischen Denker. Mystik und Ethik, Beck,

Monaco, 1936. Edizione italiana con traduzione a cura di Saverio Marchignoli, I grandi

pensatori dell’India, Mistica ed Etica, Ubaldini Editore, Roma, 1983.

Opere su Albert Schweitzer:

- Bahr Hans Walter, Die Ehrfurcht von dem Leben. Grundtexte aus fünf Jahrzehnten,

Verlag C.H. Beck, München, 1966; traduzione italiana a cura di Giuliana Gandolfo,

Rispetto per la vita, Claudiana Editrice, Torino, 1994.

- A Biography, edizione a cura di George Marshall e David Poling, The Johns Hopkins

University Press, Baltimore, 1971.

- Animals Nature & Albert Schweitzer, Editing and Commentary by Ann Cottrell Free, The

Flying Fox Press, Washington D.C., 1982.

- Schützedchel Harald ( testi scelti a cura di), Parole sulla vita, traduzione italiana a cura di

Francesca Caracciolo Pieri e Sergio Pieri, , Editrice Queriniana, Brescia, 1994.

- Raccolta di prediche a cura di Enrico Colombo e Renato Pettoello, La melodia del

rispetto per la vita, prediche di Strasburgo, traduzione italiana a cura di Enrico Colombo,

Edizioni San Paolo, Milano 2002.

Antonio Simula, In pace con il creato. Chiesa cattolica ed ecologia, Edizioni Messaggero,

Padova, 2001.

Peter Singer, Animal Liberation, Review Books, New York City, 1975.

Santino Spartà (a cura di), Giovanni Paolo II. Messaggi di pace e di solidarietà, Newton &

Compton Editori, Roma, 2005.

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David Eileen Spring, Ecology and Religion in History, Harper & Row, New York City, 1974.

Mary Evelyn Tucker, Duncan Ryükan Williams, Buddism and Ecology, Harvard University

Press, Cambridge, 2007.

Karol Wojtyla, Discorsi al popolo di Dio, a cura di Flavio Felice, Libreria Editrice Vaticana,

Città del Vaticano, 1978.

Sitografia consultata

www.ecen.org: Sito della rete ambientale cristiana europea. Contiene molti materiali sul

rapporto tra sostenibilità e fede cristiana, come pure informazioni, esperienze e impegni di

lavoro nel campo ambientale.

www.imont.gov.it: sito dell’Istituto Nazionale della Montagna (IMONT), ente pubblico

nazionale di ricerca non strumentale che promuove e coordina attività di studio e di ricerca

sulla e per la montagna.

www.peacelink.it: il sito del movimento Pax Cristi contiene informazioni e dossier sui temi

dell’ecologia e dei diritti degli animali.

www.progettoculturale.it: database di testi e documenti ecclesiali sulla salvaguardia del

Creato curato dalla Fondazione Lanza di Padova. Esso consente di accedere a materiale

del Magistero cattolico nelle sue varie espressioni, del movimento ecumenico e delle altre

Chiese e Comunità ecclesiali cristiane.

www.sorellanatura.com: ispirato a San Francesco, il sito si propone come un’area di

ricerca e informazione per l’educazione ambientale.

www.vatican.va: sito ufficiale del Vaticano che consente di accedere all’archivio dei Papi e

ai documenti in esso contenuti.

www.zenit.org: servizio di informazione cattolica con brevi sintesi delle notizie seguite dal

testo integrale dell’articolo.

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www.wcc-coe.org: Sito del Consiglio Ecumenico delle Chiese in cui la pagina all’Unità II è

dedicata al tema Giustizia, Pace e Creazione.