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Gesù e le controversie Un altro modo di comunicare A cura di don Mimmo Iervolino “Gesù perfetto comunicatore” seconda lezione

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Gesù e le controversie

Un altro modo di comunicare

A cura di don Mimmo Iervolino “Gesù perfetto comunicatore” seconda lezione

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Le controversie

Accenniamo a una terza forma tipica della comunicazione di Gesù, quella che traspare attraverso le controversie o le dispute o i conflitti. Da sempre infatti la dialettica ha la possibilità di far parlare, dona vigore alla voce, crea un clima di comunicazione che può essere pericoloso, e quindi domanda coraggio e libertà. Gesù ebbe molti conflitti con la categoria degli avversari, che sono sostanzialmente i capi religiosi, modelli di condotta per il popolo (scribi e farisei).

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Sono radunati in due cicli:

in Galilea (ad es. Marco 2, 1-3, 6) e

a Gerusalemme (ad es. Marco 11-12).

Ricordiamo il caso delle spighe strappate di sabato (Marco 2, 23-28) o della guarigione dell’uomo dalla mano paralizzata in giorno di sabato (Marco 3, 1-6).

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Si noterà che il contenuto della

comunicazione è ben nitido in tre

direzioni:

1. le osservanze esteriori, rituali, Gesù le

intende secondarie e da sottoporre al

volere di Dio e concretamente al bene

dell’uomo (“il sabato è stato fatto per

l’uomo”);

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2. Gesù vuole liberare da ogni impedimento una religione pura e senza macchia, smascherando un costume religioso e umano fatto di schematismi, di rigidità mentale, se non di ipocrisia, affermando che lui, il “Figlio dell’Uomo è padrone del sabato” (Marco 2, 28);

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3. In terzo luogo Gesù comunica per sempre

che l’uomo è misura del dono e vale di più

del “bue o asino caduto nel pozzo”. Chi

aiuta un uomo, dà una mano a Dio che

vuol aiutare l’uomo attraverso l’impegno

dell’uomo. Intreccio profondo di divino e

umano, di Dio per l’uomo, visto alla luce

di Dio.

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Da quando Gesù è venuto tra di noi, dire

comunicazione – per i suoi discepoli –

non può che voler dire comunicazione

della verità, quella che ultimamente ha la

sua fonte in Dio e che possiamo recepire

con la nostra leale apertura.

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• Altro cenno:

“Il vostro parlare sia sì, quando è sì, no quando è no. Il di più viene dal maligno” (Matteo 5, 36-37).

Per Gesù o passa la verità o non si dà vera comunicazione.

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• È certamente un merito imperituro

di Gesù l’aver proposto la

comunicazione come servizio

della verità e non come arte della

persuasione (la retorica del

mondo greco e dei moderni

imbonitori).

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Il che produce degli effetti o feedback: una comunicazione-risposta che può essere di conversione (Allora il Signore voltatosi, guardò Pietro... E Pietro uscito, pianse amaramente, Luca 22, 61-62)

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… o una comunicazione-risposta che si fa opposizione, produce degli avversari (tennero consiglio per farlo morire, Marco 3, 6): una comunicazione alternativa, violenta o suadente, accompagnerà quella del Vangelo.

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Gesù invita espressamente a stare in guardia da una comunicazione clamorosa, ingannatrice: Sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto (Matteo 24, 24).

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La comunicazione evangelica è crocifissa come il suo

Comunicatore

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Qualità rilevanti della comunicazione di Gesù

a) La prima di tali qualità è la

personalizzazione del rapporto,

o il far leva su una pedagogia relazionale. Non vuol dire un processo di attenzione a pochi individui eletti.

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Gesù parla di vita: questo è il denominatore di base della gente comune per cui e intorno a cui Gesù comunica con le masse (cfr.Matteo 4, 22-25; 5, Isaia; Marco 6, 33-34).

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Per Gesù non è il numero che conta come per i dittatori, anzi, non è tanto o solo importante ciò che dice o fa; prima del contenuto (del resto essenziale: la fede nell’amore di Dio e la buona relazione con il prossimo) ci sono le persone, un ‘tu’ cui rivolgersi.

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Per Gesù il processo di comunicazione è sempre sostenuto da un più profondo processo di misteriosa comunione, di amicizia: certamente da parte sua verso le persone, nell’attesa che avvenga nella direzione persona-Gesù.

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b) Una seconda qualità categoriale della comunicazione di Gesù è quella della significatività. Anche Gesù poté dire “buon giorno e buona sera... che tempo fa”, però i Vangeli fanno di tutto per non dircelo, per proporci un Gesù comunicatore di cose decisive, escatologiche, proprie dell’ultima ora della storia e di vitale rilevanza per una persona. La sua è comunicazione di qualcosa-qualcuno che vale per la vita e recepito come tale.

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La comunicazione per parabole e tramite i miracoli abbiamo visto quanto sia drammaticamente impegnativa. Il suo messaggio porta a conoscenza di avvenimenti costitutivi per la vicenda del mondo e dell’uomo: il regno di Dio, la paternità di Dio e la nostra fraternità, il senso della storia e del futuro oltre la morte. È comunicazione di grandi pensieri nel perimetro piccolo del quotidiano. Il sublime

nel semplice: ecco una eredità di Gesù.

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A rendere significativa la

comunicazione, si propone una

metodologia assai interessante e molto

studiata nelle ricerche sulla ‘pedagogia

di Gesù’. Non va dimenticato che la

significatività della verità passa in ogni

comunicazione dall’atteggiamento del

comunicatore. Per Cristo è la cordialità.

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Incoraggiare, invitare a non temere,

perdonare (si pensi all’adultera, al ladrone,

al piccolo gregge). Il suo è sempre passare

dal meno al più, mai al contrario. Il

contrario, ossia la regressione, lo fa il

peccatore (il figlio prodigo). Il Padre, Dio,

riabilita sempre. E la parola di minaccia è

sempre un monito vigoroso a non

procedere con la testa nel sacco.

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c) Una terza qualità comunicativa di Gesù è esprimibile con il termine di globalità, che comprende parole e segni, l’annuncio e l’azione, anche miracolosa, il senso dei segni (la parola) e il segno del senso (il miracolo).

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Qui si apre l’interessante capitolo dei verbi espressivi del Cristo: dire, fare, camminare, mostrare, ascoltare, vedere, andare, venire, uscire, entrare, piangere, esultare, gridare, lamentarsi, affidarsi. Per Gesù la comunicazione, per la sua intrinseca importanza, tende a non escludere nessun linguaggio, secondo la grande tradizione profetica, semmai intende toccare tutte le potenze recettive della persona.

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d) E con questo perveniamo alla quarta qualità di comunicazione di Gesù: il coinvolgimento. Significa fondamentalmente almeno due cose: comunicare per Gesù è un chiamare, un appello a entrare nel disegno di Dio, nel Regno.

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La sua comunicazione è libera e liberamente va accolta; ma è anche oggettivamente necessaria, per cui rifiutarla significa non andare avanti, ma aver perso un appuntamento forse decisivo, come il giovane ricco, che andandosene rese triste Cristo e precaria la sua salvezza (Marco 10, 17-27).

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Chi risponde positivamente non ha che una comunicazione da vivere: seguire Cristo, stare con lui, discepolo permanente con Maestro insostituibile, amico con Amico, come il pulcino con la chioccia (Matteo 23, 27), la pecora con il pastore.

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Il che mette in luce un secondo livello di coinvolgimento: la comunicazione tende a realizzarsi in comunione: Chi ascolta voi, ascolta me (Luca 10, 16). La Cena è la memoria di una comunicazione che si fa, effettiva comunicazione, anzi comunione con il Ricordato.

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Conclusione: Gesù non è un modello da copiare, ma da

ricreare

Più che imitazione che ricopia pedissequamente, deve essere sequela obbediente che fa nel proprio tempo quello che lui fece allora.

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Gesù dà direzioni di marcia, scelte di campo, non ricette infantili.Così non sarebbe buona comunicazione servirsi soltanto del suo immaginario, ma lo si dovrà arricchire con il nostro, tipico della civiltà industriale e post.

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Si dovrà tenere conto delle costanti della comunicazione

di Gesù

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A. un esplicito, vigoroso contenuto religioso, evangelico (nuova evangelizzazione), con ciò che comporta in termini di atteggiamento di fede sia in chi comunica sia in chi è comunicato (espliciti e coerenti)

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B. una viva attenzione pedagogica, capace di utilizzare anche le risorse delle scienze dell’educazione (che ci dicono come si comunica con adulti, con bambini, con in media). Ciò fa parte di quell’umanità della comunicazione che diventa sacramento nelle mani di Dio

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C. Il comunicatore cristiano alla scuola di Gesù le inventa tutte perché il Vangelo passi: è la straordinaria, efficace lezione dello stile ingegnoso e infaticabile di Gesù. Come lui assunse la totalità dei linguaggi, così tocca a noi realizzare tale totalità. Si pensi al riguardo, quale

fronte enorme siano i media.

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D. In particolare la comunicazione credente alla scuola di Gesù è comunicazione che vive di relazionalità interpersonale carica di cordialità, di accoglienza, di incoraggiamento; non è compiuta se non quando produce comunione, riconciliazione, fraternità e perciò si avvale della forza della carità-agape di Cristo. È comunicazione ecclesiale, di ecclesialità e nell’ecclesialità

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E. la nostra comunicazione, per essere cristiana, non potrà non avere il segno dei chiodi, della croce, questo filtro necessario della buona comunicazione: è comunicazione umile perché dona Qualcuno di cui non disponiamo, ma che si offre; è comunicazione che conoscerà opposizione, rifiuto, comunicazioni alternative, silenzi sdegnosi, ribellione

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F. “Ma non abbiate paura: quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti” (Matteo 10, 27). La comunicazione credente domanda il coraggio, coraggio che ha concreto riscontro nella comunicazione fatta ai poveri, ai lontani, ai peccatori, agli ultimi, a quelli che non contraccambiano (Luca 14, 12-13)

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