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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA GENERAL COURSE: DIRITTI UMANI E INCLUSIONE Inserimento, integrazione, inclusione lavorativa delle persone con disabilità Anno Accademico 2017/2018 Elaborato di Stefania Voltan

General Course Diritti umani e Inclusione 25.6.2018 - unipd.it E... · A livello internazionale, dopo la prima parziale Dichiarazione dei diritti delle persone disabili del 1975,

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA

GENERAL COURSE: DIRITTI UMANI E INCLUSIONE

Inserimento, integrazione, inclusione lavorativa delle persone

con disabilità

Anno Accademico 2017/2018

Elaborato di

Stefania Voltan

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Importanza del lavoro per l’uomo

"Il lavoro nobilita l'uomo", dice un vecchio adagio.

"Il lavoro vinse ogni ostacolo", canta Virgilio ("labor omnia vicit", "Georgiche, I, 144").

"Il lavoro è dato all'uomo come una maledizione", emerge dal libro della Genesi.

" Arbeit macht frei Il lavoro rende liberi", proclama - non senza una pesante ironia - il

cancello d'ingresso del campo di Auschwitz.

"Lavorare stanca", sostiene Cesare Pavese.

"L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro", sentenziano i padri costituenti,

inserendo quest'ultima dichiarazione all'articolo 1 della nostra Carta costituzionale.

Insomma, sul lavoro è stato detto tutto, e il contrario di tutto.

Qual è il senso del lavoro?

A livello sociale, il lavoro si esplica quale mezzo di produzione, da cui dipende il

benessere di una data società, in quanto nessun essere umano potrebbe sopravvivere da

solo, senza poter contare sulle risorse del lavoro altrui, sotto forma di beni e servizi; o, se

lo potesse, sarebbe inevitabilmente condannato a regredire verso forme sempre più

primitive di sopravvivenza puramente materiale.

A livello personale, entrare nel mondo del lavoro significa diventare parte del mondo

adulto. Il lavoro ha un senso e un fine che è, in primo luogo, quello del mantenimento di

ciascun essere umano e della sua famiglia. Il lavoratore, in forza del reddito che gli

procura il lavoro, può fare progetti, programmi per il futuro. Non solo: attraverso il lavoro

l’uomo può sperare di migliorare le proprie competenze, aspirare ad un miglioramento

della sua esistenza e magari arrivare a un maggior apprezzamento sociale. Il lavoro è

quindi fondamentale, perché è in gran parte attraverso di esso che la persona costruisce

la sua autostima. Infatti il lavoro ci dà il senso dell'identità personale ("sono un insegnante,

un fabbro, un medico", ecc.), che conferisce valore alle nostre capacità, alla nostra

appartenenza sociale. E' per questo che, in una parola, il lavoro dà la dignità. Sentirsi

capaci di fare qualcosa che gli altri apprezzano riempie di significato la propria vita,

permette alla persona di avere considerazione di sé.

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Importanza del lavoro per le persone con disabilità

Il lavoro assume i medesimi significati anche per le persone con disabilità, ma per loro vi

sono delle difficoltà:

occorre capire se e come la persona con disabilità può acquisire un ruolo lavorativo,

la disabilità spesso rende difficile portare a termine i compiti lavorativi e questo limita le

opportunità dei lavoratori disabili non solo di ottenere ma anche di mantenere

un’occupazione,

affinché le esperienze lavorative concorrano alla maturazione psicologica e affettiva, la

persona con disabilità andrà sostenuta non solo in fase di inserimento ma anche

durante l’esperienza lavorativa attraverso idonee misure inclusive che le consentano di

sentirsi parte di un gruppo e attraverso ciò le consentano non solo di rivestire al meglio

il ruolo di lavoratore, ma anche di acquisire maggior sicurezza e autonomia.

Anche per le persone con disabilità il lavoro ha una dimensione sociale e una personale.

Si tratta di dimensioni distinte, ma al tempo stesso intrecciate e complementari che,

insieme, forniscono una fotografia della vita della persona con disabilità e della sua

collocazione all’interno della società. Nell’esaminare tali dimensioni è opportuno partire

dalla quella più ampia, relativa ai diritti.

L’obiettivo di questo elaborato è quello di offrire una panoramica che, ben lontana da dal

voler essere esaustiva, intende indicare le ragioni dell’importanza del lavoro per le

persone con disabilità. Intende inoltre indicare i diversi soggetti coinvolti e relativi ruoli

nella realizzazione di tale diritto delle persone con disabilità.

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Lavoro e diritti umani

I diritti umani tutelano la persona e la sua dignità in tempo di pace e in tempo di guerra.

Sono garantiti dal diritto internazionale ed è compito di ciascuno Stato farli rispettare.

I diritti umani sono oggi garantiti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,

proclamata il 10 dicembre del 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Essa

riguarda tutte le persone del mondo, senza alcuna distinzione e sancisce l’esistenza di

diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per la sola ragione di essere in vita.

L’universalità della Dichiarazione è figlia della seconda guerra mondiale e delle sue

tragedie. E’ in quel contesto storico che si afferma la convinzione che non può esserci un

futuro di pace senza il rispetto dei diritti umani. Proprio per prevenire ulteriori drammatici

conflitti si decise di scrivere un documento che indicasse in modo chiaro e semplice quali

sono i diritti inalienabili degli individui.

Il diritto al lavoro è uno dei diritti sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

L’art. 23 della Dichiarazione sancisce:

1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e

soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione.

2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale

lavoro.

3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente

che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità

umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

Il diritto al lavoro è un diritto individuale ed è allo stesso tempo un diritto collettivo.

Il diritto al lavoro può essere considerato il primo diritto sociale, in quanto costituisce la

fonte di sostentamento dell’individuo e lo strumento per affermare la sua autonomia ed

indipendenza e, come tale, è anche il presupposto per l’esercizio di molti diritti di libertà. Il

diritto al lavoro può essere, quindi, considerato alla base di tutti i diritti umani: trascurare i

diritti economici e sociali può minare le libertà civili e politiche di un paese. Per questi

motivi il diritto al lavoro non può essere lasciato al libero arbitrio del mercato, ma deve

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costituire oggetto di politiche pubbliche nel quadro di una ampia programmazione di stato

sociale.

Se “Ogni individuo ha diritto al lavoro”, tale diritto è riconosciuto in egual misura anche alle

persone con disabilità. Questo comporta l’abbandono di modelli di tipo segregativo o

assistenzialistico applicati alle persone con disabilità a favore di un modello orientato a

garantire la loro inclusione sociale (Griffo, 2007) dunque anche nel lavoro.

Il diritto al lavoro enunciato nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è poi

ripreso e rafforzato in altre norme della legislazione internazionale e nazionale.

A livello internazionale, dopo la prima parziale Dichiarazione dei diritti delle persone

disabili del 1975, il 13 dicembre 2006 gli Stati Membri dell’ONU hanno adottato la

Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. La Convenzione prende in esame i

diritti di tali persone, considerando i loro diritti civili e politici, l’accessibilità e la possibilità di

partecipazione, il diritto ad educazione, salute, lavoro e protezione sociale. L’Italia ha

ratificato tale Convenzione il 24 febbraio 2009.

In materia di diritto al lavoro la Convenzione prevede:

Articolo 27

Lavoro e occupazione

1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di

parità con gli altri; ciò include il diritto all’opportunità di mantenersi attraverso il lavoro che

esse scelgono o accettano liberamente in un mercato del lavoro e in un ambiente

lavorativo aperto, che favorisca l’inclusione e l’accessibilità alle persone con disabilità. Gli

Stati Parti devono garantire e favorire l’esercizio del diritto al lavoro, incluso per coloro che

hanno acquisito una disabilità durante il proprio lavoro, prendendo appropriate iniziative –

anche attraverso misure legislative - in particolare al fine di:

(a) proibire la discriminazione fondata sulla disabilità con riguardo a tutte le questioni

concernenti ogni forma di occupazione, incluse le con dizioni di reclutamento, assunzione

e impiego, il mantenimento dell’impiego, l’avanzamento di carriera e le condizioni di

sicurezza e di igiene sul lavoro;

(b) proteggere i diritti delle persone con disabilità, su base di eguaglianza con gli altri, a

condizioni lavorative giuste e favorevoli, comprese l’eguaglianza delle opportunità e la

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parità di remunerazione per un lavoro di pari valore, condizioni di lavoro sicure e salubri,

comprendendo la protezione da molestie e la composizione delle controversie;

(c) assicurare che le persone con disabilità siano in grado di esercitare i propri diritti del

lavoro e sindacali su base di eguaglianza con gli altri;

(d) permettere alle persone con disabilità di avere effettivo accesso ai programmi di

orientamento tecnico e professionale, ai servizi per l’impiego e alla formazione

professionale e continua offerti a tutti;

(e) promuovere le opportunità di impiego e l’avanzamento della carriera per le persone

con disabilità nel mercato del lavoro, come pure l’assistenza nel trovare, ottenere e

mantenere e reintegrarsi nel lavoro;

(f) promuovere la possibilità di esercitare un’attività indipendente, l’imprenditorialità,

l’organizzazione di cooperative e l’avvio di un’attività in proprio;

(g) assumere persone con disabilità nel settore pubblico;

(h) favorire l’impiego di persone con disabilità nel settore privato attraverso politiche e

misure appropriate che possono includere programmi di azione positiva, incentivi e altre

misure;

(i) assicurare che accomodamenti ragionevole siano forniti alle persone con disabilità nei

luoghi di lavoro;

(j) promuovere l’acquisizione, da parte delle persone con disabilità, di esperienze

lavorative nel mercato aperto del lavoro;

(k) promuovere programmi di orientamento e riabilitazione professionale, di mantenimento

del posto di lavoro e di reinserimento al lavoro per le persone con disabilità.

2. Gli Stati Parti assicureranno che le persone con disabilità non siano tenute in schiavitù o

in stato servile e siano protette, su base di parità con gli altri, dal lavoro forzato o coatto.

A livello nazionale, nella Costituzione Italiana il lavoro è considerato un valore fondante

della Repubblica:

Art. 1 - L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. [omissis]

La carta costituzionale italiana riconosce inoltre che il lavoro è per tutti i cittadini tanto un

«diritto», quanto un «dovere»:

Art. 4 - La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni

che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le

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proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso

materiale o spirituale della società.

Il lavoro viene riconosciuto come diritto di tutti i cittadini, in quanto costituisce il

presupposto per l’esercizio di ogni altro diritto; viene riconosciuto anche come un dovere

che il cittadino deve svolgere responsabilmente, secondo le proprie possibilità e la propria

scelta, nella consapevolezza che ogni tipo di lavoro, manuale o intellettuale, contribuisce

in pari misura al bene della collettività.

Per rendere effettivo il principio che tutti i cittadini, anche le persone con disabilità, hanno il

diritto di lavorare sono state emanate diverse norme nazionali. Vanno ricordate:

Legge 30 marzo 1971 nr. 118 che contiene disposizioni in materia di mutilati e invalidi

civili,

Legge 12 marzo 1999 nr. 68 che contiene norme per il diritto al lavoro delle persone

con disabilità,

Legge 26 maggio1970 nr. 381, Legge 27 maggio 1970 nr. 382, Legge 3 aprile 2001 nr.

138, che contengono disposizioni specifiche per persone affette da ciecità e sordità,

Legge 5 febbraio 1992 nr. 104 Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i

diritti delle persone con disabilità.

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La classificazione delle persone con disabilità

Secondo l’art. 3 c. 1 della Legge nr. 104/1992 “è persona con handicap colui che presenta

una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di

difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorative e tale da determinare

un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”.

Secondo la normativa vigente in Italia le persone con disabilità si distinguono in:

mutilati e invalidi civili,

invalidi del lavoro,

invalidi di guerra, civili di guerra e per servizio,

non vedenti e i sordomuti.

L’art. 2 - Legge 30 marzo 1971 nr. 118 prevede:

Agli effetti della presente legge, si considerano mutilati ed invalidi civili i cittadini affetti da

minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari

psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti

da difetti sensoriali e funzionali che abbiano subito una riduzione permanente della

capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà

persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.

Ai soli fini dell'assistenza socio-sanitaria e della concessione dell'indennità di

accompagnamento, si considerano mutilati ed invalidi i soggetti ultrasessantacinquenni

che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.

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La procedura per il riconoscimento dell’invalidità

I passi per il riconoscimento dell’invalidità civile:

1 - richiesta di certificazione della patologia da parte del medico curante o altro specialista

2 - presentazione della domanda all’INPS

3 - convocazione alla visita medica presso la Commissione Medica istituita presso l’ULSS

competente

4 – spedizione del verbale.

1 – Richiesta di certificazione della patologia da parte di un medico

La persona interessata deve richiedere il certificato introduttivo al proprio medico di fiducia

(medico certificatore). Utilizzando l’apposita procedura informatica il medico certificatore

rilascia un certificato numerato nel quale sono riportati i dati anagrafici e la natura delle

infermità invalidanti.

2 – Presentazione della domanda all’INPS

Una volta che il medico ha rilasciato il certificato, l’interessato ha 90 giorni di tempo per

presentare, autonomamente o tramite patronato di categoria, la domanda telematica

all’INPS. Sulla domanda devono essere indicati gli accertamenti ai quali si è interessati:

invalidità civile, cecità, sordità, disabilità, handicap. Per ogni domanda inoltrata per via

telematica all’INPS, il sistema genera una ricevuta con il protocollo della domanda stessa.

3 - convocazione alla visita medica presso la Commissione Medica istituita presso l’ULSS

competente

L’interessato riceve dall’INPS una lettera di invito a presentarsi ad una visita per

l’accertamento delle condizioni di disabilità. Il cittadino può farsi assistere, durante la visita,

da un suo medico di fiducia. La visita viene espletata presso la Commissione Invalidi dell’

ULSS competente la quale è integrata dal medico INPS ed è composta da un medico

specialista in Medicina Legale, da un medico specialista nella patologia prevalente oggetto

della valutazione, da un operatore sociale dei servizi pubblici territoriali competenti, da un

medico rappresentante delle Associazioni di categoria (ANMIC, ENS, UIC, ANFFAS) e,

nel caso di accertamenti finalizzati al collocamento mirato al lavoro, da un medico del

lavoro. La Commissione, per determinare il grado di invalidità, fa riferimento a tabelle

ministeriali che stabiliscono per ciascuna menomazione una percentuale di invalidità. Per

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consentire l’accertamento dell’invalidità va presentata alla Commissione copia della

documentazione specialistica inerente le patologie dell’interessato. Nel caso in cui la

persona sia intrasportabile è possibile richiedere la visita domiciliare. Al termine della

visita, viene redatto un verbale elettronico con il giudizio medico legale.

4 - Il verbale definitivo viene inviato all’interessato dall’INPS. Le versioni inviate sono due:

una contenente tutti i dati sensibili della persona (comprese le patologie e la percentuale di

invalidità) e una contenente il giudizio finale per gli usi amministrativi, che non contiene la

patologia ma le capacità lavorative della persona interessata. Qualora dal riconoscimento

derivi un beneficio economico, l’interessato verrà invitato a completare online o tramite un

Patronato di categoria la domanda di accredito in conto corrente e a fornire i dati necessari

per l’accertamento dei requisiti socio economici. Dopo aver ricevuto il verbale può essere

proposto ricorso al Tribunale competente contro il giudizio della Commissione preposta

all'accertamento della invalidità. La sentenza è inappellabile.

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Percentuali di invalidità e benefici

La persona che viene riconosciuto come invalido civile con una percentuale di invalidità

superiore al 33% ha diritto ad alcuni benefici. Questi variano a seconda della percentuale

di invalidità; vediamo quali sono:

- dal 34% - riconoscimento dello stato di invalido civile con diritto a prestazioni protesiche /

ortopediche

- dal 46% - riconoscimento dello stato di invalido ai fini lavorativi:

iscrizione agli elenchi provinciali del lavoro e della massima occupazione delle

“categorie protette” per il collocamento obbligatorio (Legge 68/99)

esonero contributivo nelle coop. sociali (Art. 4 Legge 381/91)

- dal 51% - congedo straordinario per cure

- dal 67%:

fornitura gratuita di protesi, presidi, ausili in connessione alle infermità invalidanti

tessera di esenzione dal pagamento del ticket per le prestazioni di assistenza

specialistica ambulatoriale, di diagnostica strumentale e di laboratorio

agevolazioni per graduatorie case popolari, per canone telefonico in base ai redditi

posseduti (ISEE)

- dal 74% - assegno mensile di assistenza per invalidi tra i 18 e i 65 anni di età in

presenza di reddito ed altri requisiti stabiliti per legge

- dal 75% - solo per i lavoratori dipendenti: contribuzione figurativa ai fini pensionistici

- 100%:

pensione di inabilità per invalidi tra i 18 e i 65 anni di età in presenza di limiti reddituali

personali; esenzione totale dal ticket sanitario (escluso farmaci di fascia C)

compatibile con l’indennità di accompagnamento e con tutte le pensioni percepite a

titolo di invalidità.

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Inserimento nelle categorie protette

Uno dei benefici previsti a seguito del riconoscimento di invalidità ≥ 46% è l’inserimento

nelle “Categorie protette”. Per quanto qui di interesse, per le persone inserite nelle

“categorie protette” è previsto un collocamento lavorativo mirato.

La Legge n. 68/1999 è la norma quadro che ha come finalità la promozione

dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone con disabilità nel mondo del

lavoro. Le persone aventi diritto all’inserimento nelle “categorie protette”, come previsto

dall’art. 1 della Legge n. 68/1999, sono:

a) persone con grado di invalidità civile ≥ 46%

b) persone invalide del lavoro con grado di invalidità ≥ 34% (l’invalidità deriva da in

infortunio sul lavoro ed è riconosciuta dall’INAIL con una procedura diversa da quella

sopra descritta)

c) persone non vedenti o sorde, di cui alle Leggi n. 381 e 382 del 1970 e successive

modifiche

d) persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con

minorazione ex TU del DPR 915/78 e successive modifiche

e) persone disoccupate ed iscritte negli elenchi del collocamento ordinario (per i disabili

occupati sono previste soglie di reddito minimo che consentono comunque

l’iscrizione).

E’ previsto l’inserimento nelle categorie protette anche per i profughi italiani, gli orfani e

vedove/i per causa di lavoro, di guerra o di servizio ed equiparati (sono equiparati i coniugi

e i figli di grandi invalidi del lavoro dichiarati incollocabili, dei grandi invalidi per servizio o di

guerra), vittime del dovere, del terrorismo e della criminalità organizzata.

Possono ottenere l’inserimento nelle “categorie protette” le persone che abbiano assolto

gli obblighi scolastici e in età compresa tra i 15 e i 65 anni.

Per ottenere l’inserimento nelle “categorie protette” le persone affette da invalidità civile

devono rivolgersi ai Centri per l’impiego territorialmente competenti, ai quali dovranno

essere consegnati il verbale rilasciato dalla Commissione Medica riportante il tipo e la

percentuale di invalidità e il certificato di disoccupazione rilasciato dall’Ufficio Provinciale

del Lavoro.

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Obblighi e benefici per le aziende che assumono lavoratori con disabilità

Dal 1999 ad oggi, la Legge n. 68/1999 è stata ampiamente modificata, incrementando gli

strumenti di tutela per le persone con disabilità e per le fasce deboli al fine del loro

collocamento lavorativo mirato.

Dal 1^ gennaio 2018, l’art. 3 della Legge prevede che le aziende con più di 14 dipendenti

devono riservare le quote di assunzioni di seguito riportate a persone iscritte nelle

categorie protette. Le aziende che impiegano:

da 15 a 35 dipendenti, sono obbligate ad assumere una persona con disabilità,

da 36 a 50 dipendenti, sono obbligate ad assumere due persone con disabilità,

da 51 a 150 dipendenti, sono obbligate ad assumere il 7% dei posti a favore di

persone con disabilità più una persona iscritta nelle rimanenti tipologie di

“categorie protette”,

oltre 151 dipendenti, sono obbligate ad assumere il 7% dei posti a favore di

persone con disabilità più l’1% di persone iscritte nelle rimanenti tipologie di

“categorie protette”.

Il D. Lgs. 185/2016 prevede sanzioni a carico delle aziende per il mancato adempimento

dell’obbligo di assunzione di persone con disabilità. Trascorsi 60 giorni dalla data in cui

insorge l’obbligo di assumere lavoratori con disabilità, per ogni giorno in cui resta scoperta

la quota d’obbligo, il datore di lavoro è tenuto a versare la somma di 153,20 €.

Specularmente la Legge n. 68/1999 prevede degli incentivi a favore delle aziende che

assumono personale con disabilità. Gli artt. 13 e 14 di detta legge prevedono a partire dal

2018 che al datore di lavoro che assume un lavoratore appartenente alle categorie

protette spetta un incentivo economico, la cui misura varia a seconda delle caratteristiche

del lavoratore assunto e del tipo di contratto. L’incentivo economico, da richiedere

all’INPS, è pari a:

per l’assunzione di lavoratori con disabilità a tempo indeterminato che abbiano

una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% spetta un incentivo pari

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al 70% della retribuzione mensile lorda ai fini previdenziali; la durata

dell’incentivo è di 36 mesi;

per l’assunzione di lavoratori disabili con riduzione capacità lavorativa compresa

tra il 67% ed il 79%, spetta un incentivo pari al 35% della retribuzione; la durata

dell’incentivo è di 36 mesi;

per l’assunzione di lavoratori con disabilità psichica e intellettiva con riduzione

della capacità lavorativa al 46%, spetta un’agevolazione pari al 70% della

retribuzione; la durata dell’incentivo è di 60 mesi se l’assunzione è a tempo

indeterminato, è invece di 12 mesi in caso di assunzione a tempo determinato;

un rimborso forfetario parziale delle spese necessarie all’adozione di

accomodamenti ragionevoli in favore dei lavoratori con riduzione della capacità

lavorativa superiore al 50%, incluso l’apprestamento di tecnologie di telelavoro o

la rimozione delle barriere architettoniche che limitano l’integrazione lavorativa

della persona con disabilità.

Nell’eventualità in cui sussistano sia i presupposti di applicazione dell’incentivo previsto

per l’assunzione di persone con disabilità, sia i presupposti di applicazione di incentivi

previsti da altre disposizioni sotto forma di riduzione contributiva, il datore di lavoro può

godere per il medesimo lavoratore di entrambi i benefici purché la misura complessiva

degli incentivi non superi la misura del 100% dei costi salariali.

Quindi l’incentivo per l’assunzione di persone con disabilità è compatibile con altri incentivi

quali ad esempio:

bonus over 50 disoccupati da 12 mesi;

bonus donne disoccupate senza lavoro da almeno 24 mesi o da almeno 6 mesi,

qualora appartenenti ad aree svantaggiate o impiegate in determinati settori

produttivi o professioni;

bonus Assunzioni Garanzia Giovani è cumulabile con il “bonus disabili 2018” nel

limite del 100% dei costi salariali.

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Modalità per l’assunzione dei lavoratori delle “categorie protette”

Le modalità attraverso le quali si procede all’assunzione del lavoratore appartenente alle

“categorie protette” presso aziende private sono:

la chiamata nominativa, con possibilità di una preselezione delle persone con

disabilità;

la convenzione per l’assunzione a tempo indeterminato con contestuale distacco

presso cooperative sociali, imprese sociali, disabili liberi professionisti o altri datori

di lavoro privati non soggetti a obbligo di assunzione. Gli oneri retributivi e

contributivi sono a carico del soggetto ospitante, al quale il datore di lavoro si

impegna a conferire commesse di importo non inferiore. Ai lavoratori assunti in

base a queste convenzioni spetta il trattamento economico previsto dalle leggi e dai

contratti collettivi nazionali;

la convenzione con finalità formative (tirocinio formativo e di orientamento) prevede

l’inserimento temporaneo in azienda, può essere utilizzata per singola persona, non

può avere una durata superiore a 12 mesi eventualmente rinnovabili una sola volta

per altri 12 mesi;

l’avviamento da graduatoria.

Ferma restando la quantità di persone da assumere, presso gli enti pubblici le assunzioni

avvengono:

con richiesta di avviamento a selezione, per i profili per i quali è richiesto il requisito

della scuola dell’obbligo;

con procedure concorsuali per le qualifiche superiori, nelle quali le persone

appartenenti alle categorie protette hanno diritto alla riserva di un numero di posti

pari alla complessiva quota d’obbligo fino al 50% dei posti messi a concorso.

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Servizi pubblici per il collocamento lavorativo mirato

La Legge n. 68/1999 prevede che l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità sia

realizzato attraverso servizi pubblici di sostegno e di collocamento mirato.

Sono servizi pubblici per il collocamento lavorativo mirato:

i CPI Centri provinciali per l’impego

i SIL Servizi per l’integrazione lavorativa.

Nella Regione Veneto, in attuazione della Legge n. 68/1999, è stata emanata la Legge

Regionale n. 16/2001, la quale all’art. 6 prevede che per le attività di progettazione,

accompagnamento e valutazione delle politiche di inserimento lavorativo delle persone

con disabilità, i CPI si avvalgono dei SIL Servizi di integrazione lavorativa.

I Centri per l’Impiego (CPI) sono delle strutture decentrate dell’Amministrazione

Provinciale. Essi svolgono funzioni ed erogano servizi in materia di gestione del

collocamento, di preselezione, di incontro tra domanda e offerta del lavoro, di

orientamento al lavoro, di iniziative volte ad incrementare l’occupazione e prevenire lo

stato di disoccupazione. Per il collocamento lavorativo mirato i CPI si occupano

dell’iscrizione nell’elenco delle “categorie protette” delle persone con disabilità certificata

e attivano tutte le misure previste per favorirne l’inserimento lavorativo e consentire ai

datori di lavoro di assolvere agli obblighi di assunzione previsti dalla legge n. 68/1999.

Il CPI riceve dalle aziende le richieste di personale con disabilità e le pubblica. Gli

interessati comunicano la propria disponibilità/candidatura alle offerte di lavoro pubblicate.

In relazione alle candidature ricevute viene svolta la preselezione dei candidati ritenuti più

idonei e da segnalare all’azienda che li contatterà per il colloquio relativo all’offerta di

lavoro. Le aziende informano il CPI dei risultati dei colloqui svolti e di eventuali assunzioni.

I SIL sono istituiti presso le ULSS per programmare e realizzare l’integrazione lavorativa e

sociale delle persone con disabilità. La Legge Regionale n. 16/2001 attribuisce ai SIL i

compiti di:

valutare le potenzialità e i bisogni individuali delle persone con disabilità e delle

aziende,

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programmare e gestire percorsi individuali di integrazione lavorativa,

promuovere la collaborazione tra imprese, sistema scolastico per la formazione

professionale e il sistema di cooperazione sociale.

I SIL, in collaborazione con i CPI, dopo aver valutato da un lato le potenzialità delle

persone con disabilità e dall’altro le esigenze delle aziende:

individuano il potenziale candidato,

presentano il suo curriculum all’azienda, che effettua una prima verifica della

corrispondenza tra le caratteristiche richieste e quelle possedute dal candidato,

realizzano un colloquio conoscitivo tra la persona e il datore di lavoro o

responsabile aziendale delle risorse umane,

verificano l’utilità e l’interesse per l’azienda e il candidato di avviare un periodo di

tirocinio formativo e di orientamento della durata di 12 mesi estensibili fino a 24

mesi,

Se il tirocinio si conclude positivamente o l’azienda accetta il candidato proposto, prima di

firmare il contratto di assunzione deve essere effettuata una valutazione da parte del

medico del lavoro.

Al termine di questo percorso, il lavoratore può entrare in azienda per il periodo di prova.

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Strumenti di progettazione professionale: attività di orientamento

Negli ultimi anni si è registrata una maggior attenzione nei confronti dell’avvio al lavoro: la

crisi economica ha inciso negativamente sul mercato del lavoro e ha avuto effetti ancor più

pesanti per le persone con disabilità.

Per controbilanciare gli effetti negativi della crisi economica sono state cercate varie

soluzioni e, in particolare, si è puntato molto sull’attività di orientamento. Realizzare

questa attività di orientamento è importante per tutti i potenziali lavoratori, comprese le

persone con disabilità. Per tutti infatti l’avvio al lavoro è importante non solo dal punto di

vista economico, ma anche dal punto di vista sociale e del riconoscimento della propria

dignità personale: avere uno stipendio porta ad una maggiore autonomia, autostima e

crescita personale.

Molti studi si sono incentrati sull’attività di orientamento finalizzata ad una più efficace

inclusione lavorativa. Nel tempo si è osservato che se inizialmente l’obiettivo dell’attività di

orientamento era quello di valutare le attività lavorative più adatte alle persone in base alle

loro caratteristiche, successivamente l’obiettivo si è invertito ed è diventato quello di

individuare le persone più adatte alle attività lavorative ovvero, come spesso si afferma, “la

persona giusta al posto giusto”.

Tra le prime teorie sull’orientamento quella più nota è stata la teoria di Holland, conosciuta

anche come modello RIASEC. Secondo questa teoria la scelta professionale è

espressione della personalità dell’individuo. Essa suddivide le persone in sei diversi

tipologie:

le persone di tipo “realistico”, che preferiscono generalmente attività che prevedono

l’utilizzo di oggetti, attrezzi e macchinari. Possiedono competenze di tipo tecnico-

meccanico,

le persone di tipo “investigativo”, che sono interessate all’osservazione della realtà.

Sono generalmente persone analitiche, critiche, razionali, riservate,

le persone di tipo “artistico”, che preferiscono produrre qualcosa di nuovo. Sono

generalmente complesse, emotive, idealiste, originali,

le persone di tipo “sociale”, che preferiscono le attività a contatto con gli altri, al fine

di assisterli, educarli, informarli, curarli. Sono generalmente generose, gentili,

socievoli e comprensive,

le persone di tipo “intraprendente”, che sono interessate a esercitare influenza sugli

altri al fine di ricavarne vantaggi personali. Sono persone per lo più ambiziose,

esibizioniste, sicure di sé,

19

le persone di tipo “convenzionale” preferiscono attività sistemiche, di elaborazione e

archiviazione di dati. Sono generalmente ordinate, ubbidienti ed efficienti.

Secondo questa teoria, durante l’attività di orientamento vanno valutate le caratteristiche

della persona per poi andare ad individuare l’attività lavorativa più idonea.

Questa teoria appare oggi superata per almeno due motivi. In primis oggi i metodi di

lavoro cambiano molto velocemente e ai lavoratori viene richiesto continuamente di

aggiornare le proprie competenze. Inoltre in un contesto di costante cambiamento,

nascono professioni sempre nuove, caratterizzate da competenze sempre differenti.

Altri approcci teorici si sono sviluppati per trovare risposte diverse: uno di questi approcci è

la prospettiva socio – cognitiva, SCCT. Nell’approccio socio-cognitivo SCCT, ogni persona

fin dalla nascita è esposta a molte attività, dalla cui ripetizione riceve forme diverse di

rinforzo. Le persone svilupperebbero gradatamente le loro abilità e una serie di

convincimenti a proposito di ciò che succederà se realizzeranno queste attività. Come in

un circuito virtuoso la possibilità di ripetere certe attività, portando ad ottenere dei risultati

positivi, porterebbe a percepire un maggior senso di efficacia.

Risultati di ricerche su questo approccio indicano che le credenze di efficacia

migliorano l’inclusione lavorativa anche in presenza di persone con disturbi psichici e

menomazioni intellettive (Nota, Ginevra. Carrieri, 2010).

20

Promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità attraverso

l’orientamento

Occuparsi di attività di orientamento con persone con disabilità comporta l’analisi delle loro

strategie per affrontare e risolvere in modo efficace varie situazioni difficili.

Svolgere attività di orientamento con persone con disabilità significa occuparsi di

inclusione lavorativa e della capacità degli altri soggetti di accoglierle con le loro diversità.

L’inserimento e la permanenza in azienda del lavoratore dipendono da molti elementi: in

primis per le persone con disabilità sono determinanti sia le patologie sofferte che le

esperienze vissute. Sono quindi significative alcune caratteristiche del lavoratore:

la tipologia di disabilità: fisiche, cognitive, cecità, sordità

la durata della disabilità: dalla nascita, permanente, temporanea

la visibilità della disabilità

la pericolosità e irruenza della disabilità

le precedenti esperienze lavorative

lo stile interpersonale.

Queste caratteristiche della persona con disabilità devono essere valutate durante l’attività

di orientamento.

L’attività di orientamento nei confronti di persone con disabilità presenta delle peculiarità.

Nel 2007 è stato messo a punto il “Portfolio per l’assessment, il trattamento e

l’integrazione delle disabilità – Orientamento (Soresi e Nota, 2007), che prevede una serie

di strumenti per approfondire alcune dimensioni importanti per la progettazione

professionale: interviste oppure questionari opportunamente costruiti durante colloqui di

orientamento consentono di fare un bilancio esaustivo delle credenze di efficacia nutrite

dalle persone con disabilità a proposito della loro capacità di scelta professionale.

Durante le interviste possono essere poste queste domande:

-si considera uno che, se lo desidera, è riuscito ad ottenere ciò che vuole?

-si ritiene in grado di fare quello che dice?

-si ritiene in grado di portare a termine ciò che dice?

-si ritiene in grado di prendere buone decisioni per sé e per gli altri?

Durante i colloqui di orientamento vengono messi in evidenza:

-la fiducia nelle proprie capacità di scegliere e realizzare quanto deciso

-la fiducia di saper gestire situazioni difficili

-la fiducia nei confronti della propria capacità di prendere decisioni

21

-la fiducia nella propria capacità di autocontrollo emozionale

-la fiducia nella propria capacità di portare a termine compiti e attività

-la fiducia nei confronti della propria capacità di affrontare con successo situazioni e

attività diverse.

Quanto alla valutazione della capacità di problem solving, si possono utilizzare alcuni

schemi di intervista (cfr. Soresi e Nota 2007) e di questionari (cfr. “So approntare i miei

problemi?” di Soresi e Nota 20001b; 2003; “Problem solving inventory” di Heppner 1988

Soresi e Mirandola 1998). In particolare i due questionari citati indagano tre abilità di

problem solving:

la capacità di risolvere situazioni difficili e di autodeterminazione,

la presenza di un atteggiamento positivo nei confronti delle situazioni

problematiche,

la capacità di analizzare cause e conseguenze,

la percezione di una persona di poter controllare le proprie emozioni e

comportamenti.

22

Il grado di soddisfazione dopo l’ingresso in azienda

Consapevoli che l’avvio dell’attività lavorativa di una persona con disabilità non equivale

sempre a un buon grado di soddisfazione del datore di lavoro e del lavoratore, risulta

sicuramente utile che i Servizi di integrazione lavorativa SIL realizzino una ulteriore fase di

monitoraggio per indagare “come” si stanno concretamente svolgendo le esperienze

lavorative.

Questa ulteriore fase di indagine dà la possibilità di capire da un lato quanto l’attività

lavorativa sia inclusiva e dall’altro supportare la relazione che si crea tra datore di lavoro e

lavoratore, favorendo la lettura e la gestione di alcuni comportamenti da parte del

lavoratore.

Questa nuova fase di indagine si sviluppa in:

esplorazione del contesto e predisposizione degli strumenti

realizzazione interviste con i datori di lavoro e i lavoratori

analisi dei dati ottenuti e restituzione ai partecipanti.

Sul versante aziendale è importante parlare con la persona che, concretamente, valuta il

lavoratore con disabilità. Questa persona è diversa a seconda delle dimensioni aziendali:

nelle piccole imprese è il datore di lavoro, nelle medie è il tutor o il responsabile delle

risorse umane, nelle grandi, se presente, può essere il disability manager.

Per svolgere questa indagine può essere utile realizzare delle interviste attraverso le quali

si cerca di capire:

quanto l’esperienza lavorativa è stata soddisfacente

se il lavoratore ha ricoperto una mansione di cui l’azienda aveva effettivamente

bisogno

il beneficio ottenuto dall’azienda e i costi che l’azienda ha dovuto sostenere per

consentire l’esperienza lavorativa

se il lavoratore è effettivamente incluso nell’organizzazione

se l’azienda vorrebbe assumere nuovamente il lavoratore.

L’intervista è un metodo particolarmente utile per accedere alle attitudini e ai valori

individuali che non possono essere necessariamente osservate o rilevate con un

questionario.

I temi indagati nell’intervista con i datori di lavoro e i lavoratori sono:

il contesto: la natura del lavoro, il settore di attività

i benefici e le preoccupazioni percepiti all’inizio dell’esperienza

23

l’immagine del candidato ideale

il percorso di selezione del candidato

la scelta della mansione: le figure che si sono occupate della sua identificazione e i

ragionamenti che hanno orientato la scelta, così come le caratteristiche del compito

e le abilità richieste per poterlo portare a termine

l’incidenza dei fattori personali e professionali del datore di lavoro, la sua

formazione, gli stati d’animo

gli adattamenti e le modifiche intervenute per favorire il lavoratore e quelle che,

invece, non possono essere tollerate

il grado di soddisfazione e la volontà di condividere l’esperienza con altre

organizzazioni.

I risultati ottenuti dall’intervista, dopo specifica elaborazione, vengono resi agli

intervistati allo scopo di:

rappresentare le dinamiche e le situazioni concrete

far acquisire maggiore consapevolezza ai soggetti coinvolti

migliorare la realtà lavorativa.

24

Gestire la disabilità nelle organizzazioni: il Disability Management DM

L’esperienza lavorativa è un momento critico per le persone con disabilità, perché:

rappresenta una possibilità di uscire dal loro mondo e di affermarsi, nonostante le

limitazioni derivanti dalla disabilità

la loro condizione di “disoccupato” è spesso vissuta con un senso di ingiustizia

è un’esperienza che può essere accompagnata da sfiducia e diffidenza.

L’interazione con i colleghi e con i superiori è uno dei mezzi principali che aiutano i nuovi

arrivati a conoscere le loro organizzazioni e a entrare a far parte del gruppo di lavoro. Il

percorso di socializzazione delle persone con disabilità può talvolta essere legato alle

basse aspettative dei colleghi e dei superiori nei loro confronti.

Il tema dell’esperienza professionale dei lavoratori con disabilità può essere analizzato

partendo da due differenti punti di vista:

cosa succede quando un lavoratore disabile fa il suo ingresso in azienda?

come si realizza l’incontro tra il mondo delle organizzazioni e quello della disabilità?

Descrivere gli elementi che determinano l’esperienza lavorativa non è sufficiente senza

una riflessione che si sviluppi all’interno delle organizzazioni stesse. Il DM è nato proprio

per facilitare l’incontro tra la realtà aziendale e quella dei lavoratori con disabilità, partendo

dall’attenzione alle esperienze quotidiane.

Il DM è un filone di studi che si pone l’obiettivo di gestire le diversità presenti nelle

organizzazioni, al fine di sviluppare un ambiente che sia favorevole a tutti i lavoratori

(Roosvelt, 1991:10).

Inizialmente il DM era un insieme di strategie messe in atto per permettere alle persone

che subiscono un infortunio di poter riprendere la loro attività lavorativa.

Il DM si è poi sviluppato attraverso tre passaggi:

1. DM come pratica per accomodare le differenti tipologie di disabilità

2. DM come processo negoziale tra datore di lavoro e lavoratore, con interessamento

di tutta l’organizzazione

3. DM come progetto personalizzato.

Qualunque sia la disabilità o la sua causa, la presenza nell’azienda di una persona

vulnerabile richiede degli accomodamenti tanto nell’organizzazione del lavoro

(distribuzione dei compiti, adattamento delle postazioni con introduzione di ausili specifici,

25

flessibilità oraria, telelavoro, ecc.), quanto nella socializzazione delle persone presenti

negli ambienti di lavoro (la relazione tra la persona con disabilità e i colleghi, la capacità di

comunicare tra loro, l’intervento dei colleghi nel rispetto del nuovo lavoratore, la capacità di

quest’ultimo di chiedere aiuto ai colleghi, ecc.).

Quando questo accomodamento è considerato ragionevole per l’organizzazione?

La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, all’art. 2

definisce “accomodamento ragionevole” l’insieme di modifiche e di adattamenti necessari

ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve

ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e

l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà

fondamentali.

L’accomodamento è quindi la “messa in pratica” di indicazioni politiche, attraverso cui si

consente l’armonizzazione delle esigenze della persona con disabilità con le procedure di

un luogo di lavoro. La buona riuscita di un processo di accomodamento richiede il

contributo di tutti i membri dell’organizzazione, una grande conoscenza del contesto e un

insieme di capacità che consentano la creazione di relazioni positive tra tutti i colleghi.

Tuttavia qual’ è la soglia oltre la quale l’accomodamento è considerato sproporzionato?

Non è sufficiente valutare l’accomodamento solo secondo l’aspetto economico, gli

investimenti necessari o i minori guadagni. Va tenuta in considerazione anche la

dimensione soggettiva che ne deriva: la scelta di accogliere una persona con disabilità è

vissuta come giusta in quanto affermazione di un diritto umano o ingiusta in quanto

percepita come mancanza di equità?

La presenza di una dimensione soggettiva apre un maggior spazio al DM, legato alla sua

dimensione sociale. Il DM è infatti considerato come un percorso interattivo, che richiede il

coinvolgimento di tutti, dai datori di lavoro ai lavoratori, siano essi persone con disabilità,

responsabili delle risorse umane, tutors e tutti i colleghi. Diverse sono le strategie che

possono essere impiegate:

la creazione di un clima che favorisca una relazione di aiuto tra i dipendenti,

la definizione di mansioni coerenti con il profilo di competenza,

interventi di formazione sia per le persone di riferimento (tutors, supervisori, ecc.),

interventi di formazione per tutto il personale per ridurre i pregiudizi,

interventi di team building, ecc.

26

Questo quadro dimostra come il DM sia un percorso che richiede il coinvolgimento di tutti i

colleghi, estendendo i benefici a tutti i membri dell’organizzazione. Secondo questa

concezione il DM è:

un filone di ricerca che, prendendo atto degli impatti della disabilità e ponendosi come fine

di coniugare obiettivi aziendali di produttività con obiettivi individuali di qualità della vita

lavorativa, rimodella l’organizzazione e i processi aziendali nel tempo e nello spazio. Nel

tempo, perché l’azienda deve continuamente conformarsi alle mutevoli esigenze dei

lavoratori e ai progressi tecnologici e scientifici; nello spazio, perché la validità delle

soluzioni adottate induce la stessa azienda ad estenderne l’applicazione anche ad altre

sue partizioni (funzioni, divisioni, reparti ecc.), così come stimola altre aziende ad

emularne la sperimentazione” (Angeloni, 2011:39).

27

Inserimento, integrazione o inclusione lavorativa?

I termini “inserimento”, “integrazione” e “inclusione” lavorativa rappresentano tre diversi

approcci dell’esperienza lavorativa delle persone con disabilità.

Il concetto di inserimento, nato con la prima normativa che ha sancito il diritto al lavoro per

le persone con disabilità, è stato abbandonato (almeno a livello teorico) con il passaggio

alla Legge n. 68/1999 che ha visto l’introduzione del termine integrazione lavorativa,

espressione oggi condivisa almeno a livello nazionale. Solo recentemente, in ambiente

internazionale, ha iniziato a farsi largo una prospettiva nuova, definita come inclusione.

Questi tre scenari, inserimento – integrazione – inclusione, delineano tre differenti

modalità di realizzazione delle esperienze lavorative per le persone con disabilità.

E’ infatti molto diverso pensare ad un posto di lavoro qualsiasi, ad un percorso lavorativo

specifico per la tal persona oppure, infine, ad un percorso che non sia per nulla diverso

da quanto viene realizzato per qualsiasi altro dipendente.

L’inserimento lavorativo

Il concetto di inserimento definisce l’ingresso di un individuo in un contesto istituzionale,

sociale oppure produttivo già esistente. Nel caso della normativa italiana l’inserimento è:

• obbligatorio: disposto dalla legge che individua anche il sistema di sanzioni per i

trasgressori e gli incentivi (sgravi fiscali) per chi assume;

• mirato: definito come l’insieme degli strumenti che permettono la valutazione della

persona con disabilità nella sua capacità lavorativa e il suo inserimento più idoneo.

Fare inserimento lavorativo, vuol dire trovare un posto di lavoro, una collocazione (ecco la

valenza del termine collocamento) in una cella, dentro uno spazio (Zanolin, 2000). In

questa prospettiva il “lavoratore” è colui che occupa un posto, senza prestare attenzione

alla tipologia di attività che la persona svolge (Manoukian, 2000).

E in effetti il compito dei Servizi pubblici preposti è quello di trovare questa collocazione,

che garantisca alla persona un’opportunità lavorativa e, contemporaneamente, consenta

all’azienda di assolvere all’obbligo a cui è soggetta.

Limite di questo approccio è che le aziende e i Servizi pubblici possono limitarsi a produrre

delle prassi generiche che non sono in grado di rispondere né alle esigenze dei lavoratori

con disabilità né a quelle dell’organizzazione stessa (Bombelli, 2008).

28

L’ integrazione lavorativa

Con l’introduzione della Legge n. 68/1999 il termine inserimento viene sostituito da quello

di integrazione lavorativa che, tutt’ora, ispira le esperienze che accompagnano i lavoratori

con disabilità all’interno dei contesti organizzativi.

La cultura dell’integrazione è incentrata sulla valorizzazione delle differenze tra i colleghi.

Alla base di questa prospettiva c’è la valorizzazione delle diversità all’interno della forza

lavoro e la ricerca di potenziali benefici proprio a partire dalle differenze. Il riferimento è ad

un’interazione tra differenze, tra parti diverse all’interno di un processo dinamico (Marabini,

2000).

Lavorare per l’integrazione significa attivare un cambiamento reciproco sia da parte del

lavoratore che dell’azienda, che porta alla piena partecipazione della persona all’attività

produttiva e alla sua realizzazione personale attraverso il lavoro (Marabini, 2000).

Tra inserimento e integrazione muta la prospettiva: non si tratta più di trovare un posto di

lavoro, ma di favorire un agire rivolto a rendere possibile la realizzazione di sè del

lavoratore (Zanolin, 2000). L’obiettivo, in questo caso, non è più adempiere agli obblighi di

legge, ma trovare il posto giusto per una data persona, intraprendendo le azioni

necessarie sia nella fase di ingresso che in quelle successive (Bombelli, 2008). Il

momento della presentazione in azienda è estremamente delicato: la persona deve

acquisire le regole interne al contesto, mentre i colleghi hanno bisogno di comprendere

una realtà che non deve spaventare ma arricchire (Mannucci, 1997: 70-73).

L’azienda non è più un soggetto passivo ma, al contrario, è chiamata a una ricerca di

aggiustamenti e cambiamenti del proprio processo produttivo a vantaggio di tutti,

compreso il proprio interesse organizzativo e produttivo (Montobbio, 1999).

In questa prospettiva cambia anche il ruolo dei Servizi pubblici poiché si trovano “a metà”

tra gli interessi del lavoratore e dell’azienda.

Si realizza in questo modo una triangolazione tra azienda, lavoratore e servizi, basata

sulla mediazione, che ha l’obiettivo di operare sempre sue due fronti: promuovere

l’evoluzione della persona con disabilità per raggiungere la maggior autonomia e capacità

lavorativa possibile e determinare un cambiamento aziendale (Mazzonis et al, 2005: 50).

Il lavoro, può rappresentare un circolo virtuoso in cui le diverse componenti, individuali e

sociali, si modificano a vicenda (Valentini e Rizzo, 2011: 34). E questo, a cascata, può

portare a modificare la percezione che la persona con disabilità ha di sé, ma anche il suo

ruolo nella società; può in aggiunta portare allo sviluppo di una cultura dell’accoglienza,

della solidarietà, dell’accettazione e delle diversità (Cardini “et al”, 2001).

29

Il panorama degli studi italiano si chiude attorno al concetto di integrazione lavorativa ma,

come abbiamo visto in precedenza, sta emergendo in questi ultimi anni, anche un

concetto nuovo, legato al termine inclusione.

L’inclusione lavorativa

La diversità è vista come l’insieme delle differenze reali e percepite rispetto ad etnia,

status, abilità che influenzano le relazioni tra le persone e si basano sul potere di alcuni

gruppi che categorizzano sé stessi e gli altri (Bell, 2011: 4). Parlare di inclusione

lavorativa, quindi, significa uscire dalla logica che distingue le persone con e senza

disabilità e diventa applicabile a qualsiasi lavoratore. In altre parole, attraverso questo

concetto è possibile racchiudere tutti quegli interventi che l’organizzazione può mettere in

atto per accogliere ciascun dipendente.

Per definire il concetto di inclusione, Pless e Maak, utilizzano l’immagine della “casa

dell’inclusione”, che può essere costruita sulla base di alcuni pilastri:

• principio del riconoscimento reciproco: affrontare la diversità significa riconoscere la

differenza. Valorizzare la diversità significa garantire gli stessi diritti a tutti e, allo stesso

tempo, riconoscere l’unicità di ogni persona;

• comprensione reciproca: al fine di creare una cultura inclusiva, in cui le persone lavorano

insieme per raggiungere obiettivi comuni, diventa fondamentale capirsi, rispettarsi e

favorire relazioni, in modo da far emergere le voci degli attori emarginati;

• pluralità di punti di vista: nella pratica può essere più difficile garantire il rispetto di tutti i

punti di vista. Ciò che è considerato giusto, o sbagliato, deve emergere da una visione

condivisa, ed è indispensabile creare un dialogo aperto e partecipato per poter poi

giungere ad un approccio comune alle questioni.

Per essere in grado di realizzare inclusione lavorativa sono necessarie delle competenze

che però hanno bisogno di essere parte di un sistema più ampio di management,

altrimenti rischiano di non avere effetti a lungo termine:

• avere rispetto ed empatia;

• riconoscere l’altro come diverso ma secondo un principio di uguaglianza;

• mostrare apprezzamento per la pluralità delle voci presenti nell’organizzazione;

• dichiarare chiaramente quali sono i parametri di valutazione dei comportamenti;

• ascoltare attivamente;

• cercare di capire i punti di vista e le opinioni diverse;

• incoraggiare la comunicazione aperta in tutte le interazioni;

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• favorire un processo decisionale partecipativo;

• alimentare l’integrità morale, soprattutto nel caso di dilemmi di natura etica;

• promuovere uno stile di leadership cooperativa;

• stimolare il dialogo continuo che è fondamentale per sviluppare relazioni di fiducia;

• restituire sempre un feedback ai dipendenti sia attraverso l’apprezzamento che le critiche

costruttive utili a modificare l’atteggiamento e a liberare il potenziale nascosto;

• provare anche a capire le cause di scarso rendimento e a trovare con i dipendenti le

soluzioni migliori per aumentare le prestazioni;

• offrire la possibilità ai dipendenti di esprimere i bisogni e le aspirazioni (Pless, Maak,

2004: 130-140).

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BIBLIOGRAFIA

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Conselve (PD), 9 giugno 2017

AA.VV., Preatti Convegno Internazionale “Decent Work, equity and inclusion. Passwords

for the present and the future”, Padova, 5-7 ottobre 2017

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progettazione professionale, in Psicologia delle disabilità e dell’inclusione, Il Mulino, 2016,

Bologna, pagg. 303-318

Salvatore Soresi (a cura di), Nuove dimensioni per progettare il futuro professionale e per

dare significato al lavoro, in Psicologia delle disabilità e dell’inclusione, Il Mulino, 2016,

Bologna, pagg. 319-338

Emanuela Zappella, tesi di dottorato di ricerca “Purchè dia il suo contributo: l’inclusione

professionale delle persone disabili nel territorio di Bergamo e provincia”, Bergamo, A.A.

2012/2013