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Una raccolta di scritti su cicisbei; un'orazione ( altissimo divertimento) del grande economista Ferdinando Galiani sull'uso settecentesco di tirare a sorte cicisbei e cicisbee ; il secondo capitolo ("Delle persone maritate") della pungente "Relazione degli usi e costumi d'Italia" di Giuseppe Baretti: un lungo e dotto saggio di Abd-El_Kader Salza sul 'cicisbeato' nella storia e nelle letteratura del Settecento.
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Cicisbei ill rosa vvv .bmpCicisbei ill rosa vvv .bmpCicisbei ill rosa vvv .bmpCicisbei ill rosa vvv .bmp
I CICISBEI
Ferdinando GalianiOrazione sul tirare a sorte i Cicisbei e le Cicisbee
�
Giuseppe BarettiGli Italiani - Relazione sugli usi e costumi d'Italia
Capitolo II Le persone maritate
�
Abd-El-Karam SalzaI cicisbei
Ancora dei cicisbei
Creato:Creato:Creato:Creato: 09/08/2012 22:54
FRONTESPIZIO DEFINITIVO.pngFRONTESPIZIO DEFINITIVO.pngFRONTESPIZIO DEFINITIVO.pngFRONTESPIZIO DEFINITIVO.png
· - \
..
OR ,AZIONEllE C ITATA I N UNA A S S E MB L E A
}li E L C A P O D E L L ' A N N O
MD CCLlX.
IN OC C .ASIONE
Di tir are Cl forte
I
CICISBEI, E LE. CrCr5BEE.
i ,. ~
oC5 )o
L'E D I T O R E.A c fil L E G G E .
I è capitata cafualmente nelle mani la : prefente fpiritofa produzione dell' Abate Galiani , di cui re
centemente fi è fatta, perdita _ Ella è un"
Orazione [ come fi vede dal titolo] retirata in una fioritiffima Aflernblea nel
Capo d'anno del 1759- hl occafione diti rar fi a forte j Cicisbei, e le Cicisbee ,
Lettala con rapidità, mi accertai fubirodi efler parto fuo ; e chi per tale nonla riconofcerà allo flile , "ai penfieri, ed
alle grazie, che vi fono Iparfe? Per viej •
A " più
piìl aflicur rmene ne dornan ai l' Avvocato D. Fr tlafca A '{'{;1riri di lui Nipo.te, ch' 1'ercd-= delle Iue ' letterarie fatighe. Egli mi dille di non ave rla pun..t o ritrovata tra le fue carte; ma di coflargli beniflirno , che n' aveva molti anni fa cfiemporaneamente com polla una~raz iofi (1ì ma fu quello foggetto, e di nonpotcrfi dubitare di efler appunto quella,che . io gli moftrava , tanto più ch' eratutta fcritta di carattere del fuo Amanuenfe a lui ben noto . Mi ~ fembratoun peccato privarne il Pubblico ~ che hafernpre ben accolto le produzioni di qual unque genere foflero , di q ueflo ill uflreletterato, il quale e di fommo onore, egloria, e di piacere infieme è fiato allaNazione . Credo adunque che Tu, o'Lettore , me ne debbi efler grato . E fe
mi
r
oC5 )0
mi domandi, perch è tra le opere, chel' A bare Galialli ha lafciate manofcrirte ,non ne abbia cercata un' altra di più urile, e più inrereflante argomento, ti rifpondo, che io non ne ho altra, nè hoi mezzi da poterne far l'acquiflo , CercaTu , Ce hai amor per le lettere, fe timuove l' onor della patria, chi le abbia,convien lo innanzi al Tribunal della ra-.glOne, e fallo afiringere a pubblicarle ,Quello è quel , che poflo dirti , e vivifelice .
ORA~
o R ·A Z J o N E·..·
•-
i~· .i I •
: Q i~ ,U EST ç lodevoliffimo Ifliruro', che la pre;
~~lt fente nobiliffima Atfemblea religiofa-I I
mente offerva , e mantiene, febbene fia fiato gi3parecchie .volt e da me meditato, e fecondo che
li con~eniva,. iodato, ed ammirato ,; pure ella èt~nta jla ~rof.ondità de' fuoi pregi, la grandezza.
de' fuoi vanraggi , che ogni qual 'volta , che io ri- .torno a parlarne , trovo la matèria non folamen-
.. 1"1 Jf
te. no~ riflretta , ma incredi bilmente crefciuta ;
ed ayanzata. E non altrimenti, che l'Ernie
a~q~ofe (che volgarmerne diconfi Palloni) coll'
andar degli anni fem pre più crefcono, ed ingi-. . I ,
gandifconfi ; così avviene in me, che. ogni anno
Fiù mi crefce il campo, e l'argomento di ra-,gionare • Pe"r la. qual cofa , io che non voglio
nè
( 8
l'lè man are Il' . ic ilr ut 1l~ alla oflra
alpettazione , Udirori , a guifa di coloro , che
per fervire attentamente gli ammalati buttano
con ogni pre Ilezza gli urinali per le finefire ;così io per Iervirvi verferò aila ,pegsio, e fen
za alcuna ricercatezza nel dire queflo inlìpido t emalacconcio ragionamenro , E poicchè a divi ....
fione de', punti ~..tanto giove~ole , e preziofa agli Of"arori, .quanto la riun i6d~ ere' pu tit1.tile a Cot1giategan}i; ecco io dividerò in quefla
• t ' f . ,r r I .. ... t.' r
guifa Il mio dire, l ' collume d. tiraré a fortel .
nd primo dì dell' anno: Cicisb~l, ~ le Dame,e nobile per la. fua orlzirìe : ~rilé nella ~ (u~ Co. '
. b . , / r rt ..
ftituzione; pio in teorica ] meritorio' rn pra~'. (
tica ,
EGLI è abbailanza. l1oto , che il primo co.minciamento della ufanza , di cui' favellta'mo, fi.tnella Germania; e quantunque alcuni ignoranti
vogliono ripererne il principio O da' famof qava;
lieri della T avola Ritonda, che l' Inghilrerra pro.
duffe, o dalle celebra e Corti' d'A.;nore dagli anti
chi Conti di Prove~za imagiaate (nelle 'quali ebbe" r~ .;
( I) (J
l'onorato p()fié dr Portiere il Petrarca ),ed altri fio.nalrn nte vi fiano che n 111 Corte di Carlo M a. ,{no lo vogliorio i tl ituiro , e .Ioftengoa etfere ~a.
-to Monfig or Turp ina il primo Gran Cancelliere
dell' O rdine ; pure ti fatte opinioni non hanno fuffifìenz veru àa , fi ccorne ha dottamente dimofira
te il nofìro Ta./Jone- nel fuo libro De Antefato,
Iaddove di tutte le umane cofè confufamenre ra
giona . E quantunque ' il mio privato .intere~e
poteIT~ . con gliarmi a. dièhiàrarne au~~e Il' Re P~pino, dall l cui generofa fìirp è per diritta, .e P:l-
ozenira linea. io difcendo ; pure a. me non pia-b "
ce tradire l verità per tirarne a cnn privato pro-
fitto L Refij a, nque decifo , che I' invenzione' dia ì gloria ra. cofa è rutr do r"ta alla Germania;ella quale fecondo che io 'leggo i m,alte anri
he Croniche, nella Città d" Popp.:ring.:r (d~ta co-
(sì dal nafcervi, p pput« le donne) fa la prima.
~ yolta penfata 1 e meffa in pratica. Ora qual al
tro argomento di bifogno abbia noi per dimo{trame la" obiltà? Chi non sa , che. 1 Genes-
. QO'ifii. ogni qualun ue '3. fanno difcenderdalla.
o( 10 "Ò
dalleGermania (vero, o falfo che 6a ) per render.;
la Nobile ? Q uafi in niun altro paefe fi poteffe
efler nobile, fuorchè in Germania. Olt racciò
chi non sa , che la Germania è la fame e la,fcaturigine di ogni cofa buona? D i Germania èvenuto il taice ; il più genti le incitamento dell'
.impuro Amore. . Di . Germania, e propriamente
dalla Svezia, vengono preziofi prefciurti , eccellen
ti cafci , tele finiilime , butiri incomparabili, or..
timo pane '. J Ma quel che è più, tutte le fami
gerate galanterie di Venezia dalla Germania ven
gono '; non fi. lavorano in Venezia. Or fe l'amo
re, e la galanteria fono una fìefla cofa, chipotrà negarmi , che l'Amore per effer galan,
te, gentile, e nobile ha da venir dalla Ger
mania ? Altrimenti egli farà bf'ltale, e fuc
-cido , giacchè fenza il dono delle galanterie
non Cl può fare generofarnenre , e con profitto
l'amore. Le Navi Inglefi , e Francefi per
.contrario portano a noi il baccalà le arinzhe, b'le farache, .il tarantello , ed altre fimili porcherie.
Perlocchè egli è ficurc ., ed incontraflabile-, che
J quanto
•<>( 11
quanto cede il baccalà al prefciutto, le aring
al cafcio , il tarantello ai- butiri , tanto deve ce
dere l' amor Francefe, e l' Inglefe al . Tedefco
nella polizia, e nel buon fapore ,CHE fe nobiliffimo è il nofìro ifiit uto per
la Iua origine Germanica, utiliffimo è nella fua.coftituz.ione • . Certa cofa è, che il principio di
ogni umano piacere fia fondato nella Società ~
fenza la quale gli uomini firnili ai bruti viverebbero vita mifera , e fientata. Non parlo io di
quelle Società, che i Mercanti formano per fo
lo •fine di lucro , nella quale ciafcuno poffiedc
qtialèhe carata. E nemmeno parlo di quelle So~
detà (volgarmente dette './/jJaciazioni) , colle qua~
li Cl truffano gli antecipati prezzi de' libri dagli
Sramparori ; nè di quelle altre airociazioni, colle
quali lugubremente fi vanno ad aflociare , e fe
pelli re i morti. lo intendo di quella Società,
fecondo la quale l'uomo non per carate, ma. inrierarnente , e pacificamente . poffiede tutto loggetto amato. E , certamente I fe vi è cof~ in
comoda , e nojofa , ella è quella . di far l' amor
B per
·1oC u .
per earar t. flccorne per difgrazia avra qualcun.
di Noi qualche vol ta fperimenrato.. Quefia no
biliflima t e sublime. Società. ha. la fua fede. nell'
amore ; per la qual. cofa. tutte. le inv enzioni, chealla purificazione dell' amore conducono , tutte fono daverfi. per utili, e giovevoliffime, E' 1' a
more. un. punto di mezzo, t rà l ' a micizia , ' e la li
bidine, D ovunque trabocch i diventa viziofc ,
E ficcarne. l'alino ,. qualora. non fia equilibrata).
e giuflamente, divifa in: eguali pefi la fua fama,
non . può. innanzi andare " così avviene nel ca rn
mino et amore. a. tutti gl"infelicf viandanti , Pe;~Iocchè - eflendo il piacere.. fondato nella Soci èrà t
c: quefia. nell"amore" ed. effendo l'amore pe r cf.
fer lu ngo , e felice tutto fondato. nell' efattezza
de' contrapefi ,. chi. potrà. nega re eflere uriliffì,
ma, e perfetta 'quell a. ifiituzione, che equlii bra.
e conrrapefa gli oppofii ingredienti dell' amore ~
Tale per appunto è la nofìra, Ella non giova
ad incominciar le amicizie, ch'e fi fuppcngone già
contratte. tra ' coloro, che nell' Urna .fatale efpon-
ono. i loro. nomi, Nemmeno, può fervire acl
" ali--
~~ ~ 3 )
~Hmentare la. concup,lfcenza, dipendendo dal ca
fo J e non dalla libera [celta; e niuno è, che
coucupifca acaro , e.cl al )puro azzardo; fuorchè
~010r9) .che ii trovano lenza quatrini , de' qualiro 10n certo, che niuno è tra di voi nobi
liffimi Uditori. D unque quefìo no/ho :o11um-~manrenend quel perfett o mezzo , che 1ì richiede.
al puro, e 'dure vole amore , fa rà utiliflimo , eda mmirab ile, e fuperiore ad ogni mald icenza, efofpetto, Il che è tantp ;v,ero ) che io.... non Jlxrò
2lcuna difficoltà. di \~h j;tJ11arlo. pio l ' e virtuofo,En in vero febbene, (che il Ciel non vogli~j
poflà avvenire, che egli in pratica ii 'cor rompa'. ~ .
e dal ' l UO naturale principio efca e ii guafii ~. . . t •
pure non pqtrà mai negarfi , che teoricamente
riguardato) egli non fia , come io diffi , pio, evÌrtuofo. , E di grazia qual , 'altra cofa, è la pl(i.
t. , che la ram gnaaione ~ . Del che :fe alcuno ar
d~ire dubitare ~ confideri 11 Sacro Monte della Pie...·
tà, e vedrà in ciro primieramente raflegnare tan
t e te tante: robe, che ,11 può dire e(fer quel lq~
iO d.~ninato) e fondato a farvi paflare la , raffe~
B ì gna~
( if )0
~na generale di tutti i migliori galantucmlaj ,
In fecondo luogo non folarnente la gen e 11a raf;
fegnata alla' fed elt à di quei, che cuflodifcono le
loro . robe, ma fìa ancora raffegnatiflima al Di
vino volere ful quanto, e ful come, e con quaimezzi potrà finalmente una volta ancorchè ro fe,c tarlate farle ufcir di là. Pietà, e raìfegna-
eione fono dunque la medefima cofa ; e la virtù che
alt ra cofa- è ; fuorchè la coflanza contro gli avvertì
o incerti cafi della Fortuna? A chi dunque raffe
gnando' le Iue generali inclinazioni s'e fpone al dub..
biofo evento della cieca forte, non dovrà. com
peterli il titolo di pio, e virtuofo ~
MA perchè molti faranno, che ardiranno
forse 'chiamare fìoltezza , e temerità quefta, a
creder mi ,vera virtù, refìeranno effi- certa..
mente confufi, quando riguarderanno, quanto la
noflra nobile, éw ut e, e pia coflhmanza -fia me
ritoria in ' pratica. O voi , anime grandi , e ge
nerofe di coloro, che brutte, o vecchie mogli
avete fpof-Jte, voi foflenere :il mio 'dire- e ' narra,
eci voi, re la b av ra di 4fçqvo/a, che J tenne-ferma.
o( 15 )0
ma la mano Iul fuoco, f e l' eroi fmo di Caton~,
che p revenne colla fua morte il fato infelice di
Roma; fia paragonabile al voftro , o fìa , come ' io
credo, di "gran lunga minore. lo fon ficuro , he
il tormento di quel Tiranno, che il corpo di ' un
cadavere legò a quello .d' uomo vivo, poffa Ialo
darci una imperfetta idea dell' afprezza del tor
mento che foffre un Giovine nell' avere un'an-,rica , e Iquallida Donna vicino; o che [offre una.
Giovine, e fanguigna Donna nell' aver accanto
un vecchio, e bavofo o amante, o marito. Irn
perfena idea, io dilli, perchè la pena di quel
, Tiranno era dalla profIima morte allegerito; ma.
quefta, dapoichè l'ufo giovevole di certe acquette
è mancat~, non fi trova più via , nè modo da.
farla finire. Ma lafciarno querte molefie imma
gini; lafciarno parimenti quelli argomenti, che
dall' aver dirnoflrata noi utile, e pia la prefente
cofiumanza fervirebbero del pari a dlmofirarla
meritoria ; ed andiamo solo a quell' ineluttabile,
iuvincibile A',"hilleo argomento, che solo ' può ba
tiare a render vano ' ogni sforzo 'de' nofìr] Avver-. fa-
c(J4 )0,
_rj. Dicamifi di grazia, l'opera meritoria
che con !ile? ell' abnegaaione della propria ve
lontà 'e rd' I querfta, ~ab? ia m~ I abbafìanza ragiona,t .) , e nella perfetta 'mort ifi cazione , e di queflavengo a parlare , Il ooftroperfenìììlmo iftiruto
richiede per legge fondamentAle ' ed efige che'alla forruitarnenre eletta, Cicisbea faccianfi frequenti, e copiof regali. E quale ( lasciatemi escla,
mare anzi dirò meglio ) lasciaremi urlare ) qual. ,più perfetta , p ;ù pura , più difficile., più miracolo a mort ifìcaz.ione, che quefia del regalare ~
La disciplina è mortificaaicne, ma toglie un sangue impuro , talvolta 'soprabbondanre , e neceflario a cavarfi, e sempre facile '! rigenerarfi .: mail regalare toglie 'il sangue puriffimo dell'oro, chenon è mai bafievole a niuno , e che mai, e poimai fi può riacqui fìare , Il digiunare è morrifi,:cazione , ma potrebbe eiTeç effetto di lefina ; oalmeno è certo) che ch' f mortifica digiunando',fi consola pensando ) che non ha da firmar la lifladella-spesa del Coco per quel giorno. Ma il re.
&alare tutto è tormento ~ Chi fa .la penitenza
d'ano:
I f
I0C 17 )0.
d'andar scalzo, almeno. non firugge le scarpe'; eda. parer mio, è minore mortificazione andare a
piedi scalzi , cIre. andar' senza. scarpe , ma' conle. calzette; perchè così yanno a. malora i peda
lini •. In. fine. chi va nudo non fl:rugge vefliti; chì
dorme in terra, risparmia la lana di T unifi • Ma
nel regalare. qual risparmio." qual consolazione 1
qual cornpenso ? O puriffima-, e sublimiflirna mortificaz:one ,. mal conosciuta. dagli uomini, e nienteesercitata ,. Deh. poffa il Mondo, riempirfi, di que.
Ila. santa. morti ficazione r io la. defiderò. di veroCuore, e n'avrei fingolare. bisogno •.
V lA su dunque', dilettiffimi miei ,. nobilitare
vi coll': iniziarvi alla. noflra. famofa. cofìumanzarrendetevi utili alla. Società coll' incircoscritto, e.casuale amore: vi fi accenda la pietà: colla. medirazione. d~lla.. raffegnaaione i . morti fi carev i. col
regalare ,. ma. morrificatevi uJquc· ad fanguin~9
eifu./ionem , se volete. acquifìarne. merito.. , E Vl~
yete. felici •.
1.. L, F 1. N E ..
6'. IV, 230
G L' I T A L I A N ro s u.
RELAZIO NEDEGLI IJSI E COSTUMI D' ITALIA
DI
GIUSEPPE BARETTIT r..l.D o T T.~ DALt..' I N G L E S E
CO N tio'T); UF.L T lI A.DtlTTOI\.I>.
M IL A NOT' Jm G J O V AN :n l 'I l\OT T A
in Sapla nad~go lld"
'!Ii . pece. xvrt r ,
•
./ !. 1
.,. 'd •
I L TR A D U TT O R.E.
I l )' a d(1 (rftu n 'Iu'il f atit r{fIl1i!r s irim semcnl ,J I!'$ tJbsuniit.'.sdal' l ilftUd ril'e ; eI MS ",e,O$UIl5"$
'Iu'il faut !'t/wU$,,!:r alJu force-
La presente venionl!' vi..n" l"'sta IOIt" lo lul..l'*delle le;;;;; . e$Hudoii adtm pito a qua ntI>esn J>1'~ri ,OIlo.
S Al'tIUELLO Sbar p (I ), ch iru rgo inglese ri numarissiruo , d opo avere rapidamente scorsal' Italia ritornato in Inghilterra, vi pubbli còcer te sue lettere irineraric in titol a te : Lettere,SI' r Italia , descriventi i costumi c le usanze diquella contrarla negli anni 1765-66 . con unaw iso a' gentiluomini che vogliono passare led/pi ; opera pieua di ridicole e infami ingiurie co ntro gli usi d'Italia e cont ro i rilidella Chiesa Roman a. - Le Lett ere di Shar pcap ita rono alt e mani III G iuseppe Baretti ,
c.) T.or m zo Sr erne , u omo di in gt!'gno acullUlmo.p arl an do ili She ep , al quale egli aMl'gna il nome ili.M tl l'lP UIliGUS i cosi i i esprime : .. J\ h .r!l Ol,lIliGOS e la sua• steemiua ra op ulenta p er co rser o tuu c i l gran gi ru ,.. endando da Roma a Napoli _ da Napoli a V..neaia e
Ol d a Venezia a v ieene , a Dresda , a Berl ino . e non., r iporlo ne la ri lllt lnbr anza il' una sole gener osa uurl.. cizia • ne un solo piacll!Tole aneddoto da r aceonter el' sorr idendo : cor re va sem pr e dir itto • senza guerdereOl ne a sinistra . nè a destre , te mendo non la ecmp asl' ~ivne O l' amore l' ad escassero fuor di strada - .
T.Tince, sento , cap. X Y I Il.
•
X P REFAZIONE DEL TRADUTTORE.
(Ii Appendice . du e no te dd benemerito traÙutt or e (Iella Drammaturgia di Sch legel • nellequali vengono giud iziosa mente esp ost i &1 ip iceioli dift:t1 i, che i grandi p regi (lei maggior Com ico it aliano.
Il t imore d i esse re biasimato per aver \'0
Imo Ilare una trad uzione italiana di un'Operadel Bareui. eenz' essere capace di manteneni lo st ile b rillau tiesimo e tu tt o pro priod i q uell' i llg r.gn0 50 autore , i cui ecr irt i 50110
le delizie C! t"gli uomini d i gusto , me ne ave vaquasi fatto abbandonare il peueier o ; ma labrama IIi far cou oecere agl' I talian i qu est' Oper a , la qu ale è appena nota pel 8 110 ti to lo inItalia . mi ha animate 3 mand are ad effettoil mio divi eamcnto , e oso Jusingar mi chequc' lettori i qu ali proverann o q ualche .filett o vedendo co me il Bare tti st" ppc dipi ngerci agl' Ingl ~t i , vo rrann o perdonar e al mios tile , e mi lfap ranuo buon grado d i aver resoIlota in I talia questo suo scritto.
G J&oLAU O P OZZOLI.
PREF AZ IONE
D EL I: AUTORE.
LApresente Opera non fn intrapresa al
solo scopo di confutare le osservazionifatte dal sig. Sh:lrp p. ,la quegli altri
scrittori inglesi, che dopo aver fatto un
breve giro, si sono avventurati a descri
vere l' Italia e gr I taliani. Molto meno
sono per darla a' miei lettori come un a.
compiut a e soddisfacente relazione in
torno quel celebre paese , preso in tutti
quegli aspetti sotto i quali può essere
considerato , e spero che nessuno vorrà
appcrmi U11 simile disegno.
l' REr AZIONE
l o 3 Ve \?3 già da lunga pezza osservato
Con qu alche sdeg no ~ che i più degli
scrittori di viaggi possono dirigere la
r iflessione di que' giovani che viaggiano:
ad oggetti frivoli C di nissun van tuaa ic0 0 ,
avvezzandoli a dare giudizj prematuri e
in consid emn su tutte le Cose che vee-egan a . Ho quindi pigliato occasione ,
massime dal libro del sig. Sharp , perfarli accorti , se posso , d egli errori in
cui sono indotti ~ c in dicar loro degli
ogge tti d i ricerche pih merit evoli della
cur iosità delle persone seusate , reuden-,
doli più cauti nel oondannara tu tto che
non hanno veduto nel loro paese. Un a
cieca ammi razione delle usan ze e dei
Costumi stranieri mostra indizio di stol
tezza; ma una censura che no n fa distin
zione , è pal.l.a e maliziosa .
Nel 1700 ritornai in I talia ~ d opo avere
soggiornato dieci anni in qu esto regno
( l' Inghilterra ) , e tro vai colà che i miei
fratelli avevano ri unito in alcuni volu mi
DELL' AUTORE. XIII
tutte le lettere ch' io aveva scritte a loro
in quel lungo spazio di tempo. Un n~a- .
turale impulso mc li Ie' scorrerc : Ula.J.it rovai ( il primo specialmente cd il ~e..
condo) così ripieni di st rambi giudizi
su gli uomini e le cose , desunti da
primitive e superficiali impressioni, che
mi credetti ben fortunato di paterne
stracciare ciasch edun foglio , proceden do
nella lettura di una tale serie di osservazioni.
l o d omando perdono per questo insi
gnificante aned doto, che sente forse
Iroppo di parzialità, Ma quello che è
avvenuto a me, sarebbe avvenuto in si
mile circostanza al sig. Sharp , e a quasi
tutt i gli scritto ri di \"iaggi cb' io lessi in
vira mia. - D alla lettura tic' susseguenti
fogli sarò tenuto parziale verso il mio
paese , nè saprei se potessi interamente
giustificarmi d'una tale taccia : ma spero
che la mia predilezione non si rite rrà
disgiunta da qualche cognizione ed espe-
XIV P REF AZIONE DELL' AUTORE .
rienza degli argomenti che tratto. Il
lettore avrà almeno dalle seguenLi di
SCUSSlOUl il vantag gio di aver pi ù ah
bendanti materie per dirigere il suo pr o
prio giudizio.
e --
G L' I T A L I A N I,o SIA
RELAZION E
D f; GL I
USI E COSTU:m D' ITALIA.
- -CAPITOLO r.
De i ~·iaggiatori . - Grande varietà nel: caratteredei divIn i popoli u Italia. _ . .41/ezione degliIta liani pc' f orestieri. - Loro condotta .riguardo agli attori. nei teatri. - Il popolofr ugale c laborioso.
POCRE sono le opere !il favorevolmente accolte dal pllbbl ico, co me quelle in cui dominano la maldic cnza e le ingiurie ~ per~;ò
furono tanto in voga tutte le re lazioni diviaggi pubblicate ;l' miei giorni : \' engOlI() e-ser icercate c lette con la maesima avid irà, almenoper qu alche tempo, perchè sono la censuraanzi cbè la sto ria de i p opoli che si pretende
Bar~ttL )
d an e ; e q uando partite, non fanno come I
contad ini e gli alt ri operai cl' Iughiherra chechit'do no q ualc he coea pe[' be re. - L' IraIiauo non chiede mai nulla, r ifiuta anzi ciòche gli i i vuol dare , e brama che non lop rend iate pe r un uomo capac(~ cii men d icare.
Il sig. Sh aep OliSCJ'\'3 che il ter ritorio d iT~~ cana è ('oper to d i poderi e .li villaggi leCIII ca~c non so no farre d i terra e di stoppiacome In Francia ed in Ingh ilterra , ma chesono Iabb ricete d i pierre e d i man oni , e chei co~ua~i ni vi sono agiati e assai beu vei l i ti. S e Il sig. Sha r p avee..e vo luto p igliarei l' incomodo cii baderc i , avrebbe veduto Ja ereeeacosa nelle alite part i d' It alia, senza ecce rt uam e i. flo ~n i ll j di Napol i e dr! Papa, - Ilno.st ro " laggla tore si dA. molta b riga pe r iseo p rue q uale pOled esee re la ragione di q uestos tato florido dei contadini de lla T oscana e. .con'l{l~ ra la loro o pulen za come effetto d~i
benefiz.] che hanno ricevuti dalla casa dei. AIedic ì , anzichè attr ib uirlo all a sua vera causavog lio d ire alla loro sobrietà ed al loroa more pel rravaglio ; e se queste non sonole vere ca ule del loro aspetto opulento , bisegua crcdr-re che ciascun contadin o toscanoabbia eredlta ro un pod ere dal suo ant enatoil .q uale ne :l ' ..eese fa tto I' ac q uist o so no iìfeh~e. rr gllo de lla famiglia de! Med ici: 8UPpos lz l~ ne che ~a.r('Lbe un po' IrOppO assu rda,
S(" I ~olltadllll nella Toscana godono di lillacert a »giatceaa , e se quel li del te rri to rio de llaRt" pubb lica di Genova ban no delle abuazioulche li prenderebbero p er case di geut iluo..
,o GL· ITALlA1.'il.
,
'::: APITOLO J. ! !
rollII, non debbo no q uesti vantaggi "che allaJoro sobrietà ed al lo ro amo re (Id la voro t
qualità che da eeel &011 0 po rta~e ad ,un &ra~loincredibile. Arrivano a l!C'gno (li ta.ghar e 9t1zz.onrallht'lIle un maeev vivo, co prirlu d i ter ra,portat a ral volra da luoghi assai lon talJi, epi anta rvi "' iti , a fich i , o lcguml , il che hadato luogo al p ro\"Crb io che in Ind ia i contadini m.angiano sassi. Aeca( l~ lo ro q ua lchevol ta di d ov er lavorare anche di notte alchiarore de lla Juua , nell e , ·iglle e ne' campi ,mentre le lo ro do nne e i loro figl i sono immersi Del 500no. - La eteua COla bo ioved uta nel reano d' Aragona e nella CaraJa Gna , e no:: per tauro ~li Spagnu oli pas!l 1l~O genera lmente per intio gerd i e dormi.gliooi, almen o a (Iella d ell a .. ,aggio r parredei viagg iato ri , eenza dubbio iuslrun i ed esa n icseerva to rì al pari del sig. Sha rp ,
CAPITOLO Il.
Dift:.UO f1' cseC'Uz.innr. detlc leggi.P elle per.slJnc maritate.
La tardir à con la q uale ne i tri bu nali d' Ir aha si ordinano i pro l l·S"j de' rei , d ic/IC' occee.one al lòlg:. Shar!, ci i fnre le più odioset ifi . e-ioni sul gb\ e rno irat iauo. Egli è l'CI Òv. ra ('hl' in It alia la puui zionr - nou 8('gU t' &1tc-u. il d t>li tt u , C' c h e, l u ll ClIlt' il Prcu.out e, O \"G
la giueuzia in caso di omicidio è p iurtoeto.
CL' IULl .-na .
sp cdi riva , pare che in ogll i altra parte sin 'Si troppa len tezza nell' esecuzione delle It'ggi :in Vene zia e in Roma un aeeasaino 110 11 vienegiudicare dcfìuiriva mente ee non dopo pifimesi <li prigionia.
Ma v' è in ltaha un' invinci bile cau sa chep uò sottrar re alle volte un omicida dal 6 U p~
p lizic ~ ed è la facil ità <l i fugg.i re dal ter ritor io ave ba com-nesso il deli rro.
Ognuno S3 che l'Italia è divisa in più princip ati ; pn la qual cosa se un reo trovasi in qual.che di stanaa flal cent ro d'uno di essi ilei 010·
... mento ch e commette un delitto. può pre§to giugnere alle fro nt iere e pa ssa re nello stato vicino,Tutta la vigil anza d e! magi!lt ra to pr r arrestareil del inqu ente debb'ees-re in 3110r3 infruttuosa,
D' alt ro nde un It aliano non si laeeia eìfacilmente ar restare come un l ngl esf' ; tostoch' egli è l'crm a!o che cadendo nelle manidella giust izia sarà impi ccat o o mandato inga lera, si lascia uccidere anzi. che renderai ,e si d ifende d ill !H>ra ta ml'n te fino alla mone. _Si ebbe uh ima meut e in Inghilt erra un esempiodel furore it al iano. - Inolt re il popolo d' It alia,p er nn falso l'un to d' onore o per I1n mal inteseprincipi o di uma l,lit" , non darebbe il minimo8 ()CC0f80 ag li ufficiali d ella e ius tiz ia od aglisbirri, I mag ist rali fono llunque obbligati difar i1I1If'SlIire i co ll't' vo li da un a num erosa e!len arma ta compagnia cii guardie a cava llo ,11 che rich iede del tempo, e il malfa tto repa ssa le Iruntiere de llo Srato a van ti l'be siI l,os,sa . rnggi u9nerlo . Vèro è che molti p rin ell'l In I talia Ili rendono scambievolmen te
cn n OLv Il.
. Ielinqucuti quando po ssono ar reetarl i ç . e, , , l ' .funci li l conte Nogarola , il qua c craer n ug.g. II,o . n~
l' I(>llIoute dopo ave re commesso UI~ omicidioin Verona , fu a rrest ato presso .To ~ l1! o (' lJlan~
d ato li Venezia ove venne glU&UZUHO. l\Ial iflcllemlo\l i , uu uo mo giudizioso co nqaceràc he Ull tale espediente 110n p uò essere moltoeflìcace contro queeto male in un pae secome l'Italia costituito .. l\ ('cadde una vol ta in Venezia che si ' tro\'bnn forua]o pre!lW un uomo che era statoeriletrato ; il coltello era anco ra Il,,1 eadavere ,e il foru a]o aveva in tasca nn fod ero cheparna tatto lJer que l coltello : al m~:uuento
egli fu arrestato , cOlHIaI~nalO. ~ ,npllIcca to ~
beuch è innocente in quell O Ul ICld IO , C~"IH~ I lscoperllC roseo dopo. QUCjl O .a ~ \· eU : IlH~n ~O
diede Iuc zo ad un uso che UUTO 111 ' CU(' ZI.3
I )~: più !ò'~col i e che .sar.ehl~e, arato belle ilcou eerva rlo s q uando 1 glull lC' erano per p,ronunziare una sentenza dì mor te , uu officiale{Z,I idava loro: Riconku eci del , )Oliera Fom oi o,Da indi in poi , i gilldici in Venez.ia e n ellea lt re parti , I("W Italia sono d ifficilissimi sull ep ro\'e che dcbbou c far co ndanuure qualcunoa morte ; e fii q ui WI!lCOnO le lunghe formali là che si udoprano 1H' lIa fon naaione dc' procceai criminal i. - ~la i for eerler! ordinaria mente so no fal"' ilissimi a cene urare t nonIli C'urano d'ill foTmarsi delle cause che p ro·llu lI!lerO ce rte usanze , delle qual i heu ai col JO l:ò CUIiO gl' iuco uvenie uti . Il sig . Shurp vuolerifl'I'ir ruuo ag li us i del I UO p u (~ se ; t"ssi sonoJ;J norma di run e le sue decielcni, T utto che
GL' ITALf.U a .
non viene fatt o altro ve co me in Inghilterra 'è (laIla !l L13 rara r;aga cità gi ud icato etol roe de teerabil e. Questo modo di ragionare èproprio fii 1111 Inglese affezionato alla suapatria : ma 11 0 n gli lU il d ir itt o d i pretenderei l t ito lo di oeee rvarore imparziale delle alt renazioni ; f> sebbene alcuni I taliani aieno cap aci d i tiare una pu gnalata Oli loro r ivali o da lle 10 m helle , per un eccesso d i gelosia , ciònon lo .1II lurizza 3 presentare i l minu to pop olo d'I talia come u na t urba d i uomin i malvagie perverei , ,c-mpre p ronti ad am mazzarsi .Un' ind lll31.IOlle coel lIullifei t d farebbe Sl1ppo r re 11 1;" 1 po p lOlo un ca ra t tere natu ralmentecrud ele ~ I1I d ,. alleg r ia e la compassioue ,q 'lalllà domi uau u negl' Italiani, IIOli Ili accorft~ 1I0 p U li to co n questa pret esa crudeltà,D ietro la logica olt raggiosa del eig, Sharp ,UII Italiano potrebbe a b uon dritt o r iguard are il popolo inglese come un a turba diIn- eudì ar] , perchè vede all e vol te ne' fogljpubblici delle pro me 6se di ri com pensa achiunqu e scol,ri rà ..Ii a utori di le tt ere ano .... oOlmi: scr itt e d a ince ud iarj. Qu aure amare ri flession i non avrebb' ..gli fatte su noi , se g li fossestato detto in Ita lia , che uua figlia av eva ,come accadde in l ughiherra , avvelena to SIl O
pa"~e ~ uua nipote 11110 zio , una moglie suomanto ? Se gl i avessero raccontat o che q uaurogua rdre clelia gius tizia av evano formato r o rr ibile n-aura d . far giust iziare cinquanta o8ell~a n ta sven tu ra ti per la lusinga fii ili) meechino guallllf7 11o , e che niunc di q uesti eee l...lcra ti fu f'ltto° mori re da lla giustizia p ubbl ica ~
CAPITO LO Il .
per man can za d i lilla Icgge che ~ lj tl ic3 ' s.c:q uesto caso I~a rtico l a re ? Con I Uft? ~~ò ~11 f" IH'd elitt i c mohl altri non me no or ribil i SI co mmettono l'res..o le p iù pul ite uaaion i ; f': ql1 r:~~iscr itt ori che att r ilm i"con o qu est i fat ti parn~
cola r! al cara tt e re gcnf' r~ le di. un a na1;ipn c",d ebbou essere cous ide ran sto lti o c3lun llla ton.
II f!.ig . Sha rp .. dopo .''''e re ficng!iato c~ntr~il comun po po lo i p i ù pungen tt dard i dimald icenza , non r iiparmia le persone distint e:eee-riece clic iu It alia i costumi sono 3550 "'1
lurnmente co rro t t i , e che i due seu i eone in'p reda alla pi ìl o r r ibile efcenatez za.
Il metodo del quale egli si ser ve per dar ealle eue impoeru re UII' appar enza d i verl tà , l'a ssai ma lizioso. Egli comincia ad a\' vertire i"no i lett ori che per lo pa!l!lato in Italia ledonne era no Ir re prcnsibi li ne lla condot ta enei co stumi , e che i marit i erano gelc ei ;ma che oggidl non ci sono d onn e l una terrnpiù impud iche e pi ù di ssolute \Id lc It aliane ,e che in Ita lia la parola gclo.sia è di ventatafuor i d' lISO.
l o lascicrè ari nIt ri la cura di esaminarefine a qual punto q uest o bel prelud io !liaccord i con le id ee de i filosofi 8 U l' or igine ..eui progrt's si e su gli effett i ddlf! nostre paliaioui : c 1I 0 1t cerch t"l"ò di provare che l' amore e la gclol:l ia , a! pari di tutte le alt reumane affezioni , eone ugu almente sp'lTl.\i fra imo rtali , c ch e Sii eflcr ri che Ile risultano,so no unifonuemenre gli stceei U\'Ullll ue n-ovuuai uo mini. Vorrei pi uttosto dim ostrare chei lioni cd i ecrci non sono llè lioni, uè scrci
.
•
IO GL' IHLU Nl.
c he in certi paesi , e che In altri paesi SOIlO
gatt i o pip ieuvlli ,Secondo il llig. Sharp ~ m Ita lia ncn c· è
donna moriuua che non abbia il suo cici~bcu .( 1) ,. ,"~ I e [l d ire C'h' e lla ba un gi1uiue,d CUI p rincipale impiego è di disonora re suomarito ; . e la sig nora ha (ii poco rig.u.mlo ,che a ness uno è ignota la persona ch ' l' ssaonora della lilla eceha e della sua co rteeia.
.. I l cicisbeo. oltre a qucsta nobile uccu/Ja .li. zione , è o bbligato di accompagnarla al« F o pe ra, di se lle re con es..a tl3 eo!o il
Il sole nel 8l1~ palchett o , Ù'" dev e è i1l' pt-.uaOl. vetl.uto dagli spett ato ri , perchè i re.nri in.. Italia eone male illuminat i. Dopo l' -opt'ca,.. la conduce al caeiuo di lei , e vi ruunn.. gallo ~lIe volte rutt a la notte soli, 1I0n.. tralasciand o alla manina (Ii recars i allafl; mes sa prima (li srpararsi. )I l '3il110 è U l l ol
« sta nza ( ..I) presa ili affitto Jlcr 1.111 in tero
I
CAPITOLO II. 1"I
« ann o (il signo r Sha rp si tlime~ti c~, -d ia: di rci se dal cicisbeo o dalla elgno ra ).;Il: in luogo d istant e d all' abitazione .delle« signora , ed è per C 81i1a e r ei suo .eìci« sbeo un asilo in violabile : lo ' p080 non« v i si a vv icina gia mmai , Un mari t a che« foss e ab bas tanza mala ccorto Ili voler t ure: ba re i nostri amanti , passerebbe gencral« mente per un uomo senza esperien za d i« mondo, c ili (u n i i crocchj dove compaa: risse, sa rebbe l"uggett o delle pi ll pungen tia: beffe. In Italia è cosa ta nto r i ticola per
.« gli sposi il tro varsi insiem e , che non viIl: ~ esempio di simile fen om eno. Se una gen<l rildonna volesse pro po rsi di conserva re :1
.. suo ma~i!o la fedel t à conjuga le, e stare
.. l5~nz;a c!clsbeo , ella sarebbe obbligata di« vrvc re II) casa s ila come in una so litudine ;.« uiu u' altra gentildo lUu vo rreb be moetrnrei« in pubblico con lei. -- La re pubblica d l« Venezia è una secon da Cipro, ave ambi i« sessi di ogni sta to si co nsac rano a Vcnere,a: Quivl i parenti hanno pochissi mo affetto« pc' loro figli : i maschi vengono coneidea: rar i .come 6g lil1oli della repubbl ica , e lea: fanci ulle rucch iudonai di bonieehu' ora nei« c~nvc nti . , dove i loro gc niw ri li visitan o« III ~ad.o o . mai. -- I .cici sbei sono in part e« schiav i e III par te tiranni d ell e loro eiGI: g!l?re! e le sig nore so uo gelOllC de' loro« c~c'sbe"1 qU,anto in altri paesi de'loro sposi.Gt No n 61 p uo a meno di r idere ved endo ana: dare <1.\ ca !3 i ll~ nomini Ilei pii'! grave ca rr. rattere , e tah che pctrehbono ca dere in
B areuì,
18 CL·lTALU J:<; I.
tt sospetto l,iù cl ' ipocri sia, fIi eupcretizio ueCI; e di fanatismo , che di galanteria )l .
Pare che un au rore dopo una sì ecandale sa descrizione (Ielle usanze e dei costu mid i un paese, do vrebbe cessare per te ma diessere tenuto per u n calunniatore ubbr iaco ,anc he rrcs~o i più creduli ; ma il sig. Shcrpè ben lourcno di ave re eiffat ro tim ore, troppovile per lui , e con tinua CO li una teme ri ~ .iassa i pi l'l sfacciata , Eg li ha alt resì l' a udaciadi pro tes ta re nel pi ~, so lenne modo che leflu e asserzion i « sono da tener si per vere ,slllt onor suo J poic!lè t'gli parla sopra buonif ondamenti J c 11M mosso da UIl O spirito dimaldicenza ».
« Un affetto tenero e- scamb iev ole fr~ glite 'posi è nel clima d' Italia una p assio ne.: igno ta . Gli uo min i e le d onne si uniscon oc in mat rimonio senza la minima pa et ioipac zione per loro parte , e d i rado eaiandioCl int er viene che le p ar ti interessate si coc noscauo p rima di epo ears i. La fan ciulla èe: in lUI conven to , o ve il p iù d elle vol te nonCl vede il suo futu ro SpOl>O , e da dove c1 1.1o: non es ce se non che il g iorno della cco: Ichruzione de l rnatr itnonio. L ' uso abbomi...t'( nevole e infern ale d i prendere al 5 UO sere: vlelo , par tendo d ali' al ta re , un cici sb eoCl: (s' intende per tutta r Italia ) , estingue frali: gli sposi ogni tenero sent imento. I figlic Ilen 'olio poco a mantenere l'amicizia eli'. l' a rmonia ilei matrimonio , perch è lo spos o,o: inti mamente persuaso dell' a ttaccamen toGo J clla S UI' sposa p er un amante , non p uò
,
CAPITOLO U . 1 9
« ave r amo l'e p er essa '~è n{f('tt~ pc' Ggli .o: Le fanciu lle non co mp aJono mal ali alcunc; eon vlro , giacche ili I tal i ~ la loro innol( ce ns a e viva cit à è u n pIacer e rotalmeu teO( sconosciuto o negletto. Un mari to è ce r toCl, che i l primo genito appaerien e a lui "5 01 0 ,« sempre~hè nasca nel p ri mo 0311110 ( ~ e l su o4: matrimoni o . S e la metà d elle gentl ldo lllle« maritate non volesse cicisbei o vives se con.. essi in mod o inn ocente. l' altra mcd leo: d isp rezzerebbe. Ho vell uto io s tesso a NaIl po li (dove egli non efj.t~ò mai n~lJa. casa,( ct alcun gentiluom? . o prioatc } prlllc~l~e lS se
l( e du chesse col CICI..beo a l fianco vrsuarea; i loro amici se nza d ars i il mini mo pensiero ,<I Se inv i ta te cinque gentililo nne a pranzo ,• b isogna far mettere d icci pOMte ., pecch~
ot ciascuna gen ti ldo n na mena ecco I l SIlO CI_I,( cisbeo . L a natura ciel cli ma rende gli uol( mini sì natura lmente vol ubili ( questo glielo.. avrà detto qualche autorCi-'Ole uapoìetano , f orselIt gran macreoìogista }, che pochi mesi di maIl trimonio ba stano per cstine ucre le Gammeo .l( d el l' imeneo. Egli è dunque neceeaano pcrCl: le po"ere do n ne d i av e re d e' cicisbei al.. loro eerviaio. La d istinzion e d el bene e<;( d el male 1 le idee di in no cenza , di de« coro . d i castità 8 011 0 appena not e in I talia.« In Fi renze le ge ntildo nne h uun o gene ra l" mente t re cicis be i p er ciascu na : il primo« è il cicisbeo d' ono re; il seco ndo è quello({ incat i.t:at o Ili raccoglie re i guanti Il a " Cl1:
" ta nlio, se nvvie ue che cadano da lle mam" cl elIa signo ra ; i l t erzo è il cicisbeo so" sU1IJ1.i,l!e » ,
2.0 Ct.'l TALU Ni ,
ì\Ii sa rei g r:lIldelllcnte l.n3~3\,jgli.1 to ( l e ll~
temer ità di Cj ueM t:" o 5sen'3 7. IOOl~ se UOII fOi.l ~ '
stato infor mato d ella sorge nte nella quale Ilsig. Sb arp aveva attinto eiffartc Il o c i ~ ic . S epp ~che l' oraco lo cii' eg li consu lta va 5 111 coetunue fò ll le u sanze d' Jtalin , era nn gahnue scrvito re per nome Anto nio, ch' egli ave va pres~
:\1 su o eervixio in Napo li. 1\13 co me osò marllrcsulllcrc Il sig. ~harp . eh" egl,i ~Crs U 3
dereb be tutta l' Illgluhcrra ~ che v è III Eur op a un ,"3 5tO p~ es e ~ " e j ma~i ti l!olf~onocbc le loro mogli , sub ito do~o Il matri monio li disonorino nel p iù infame mod o ?che 'conv inti d el loro d isonore, ma i lHl i (f~rentl su q u('sto punto , continuino n " i\"er~
sotto lo steeeo letto con le loro dorm e e COI
loro figli , senza am ore per le uue , nè af-fetto per gli altri ? .
G li sposi in Italia non han no Ietti ~cpa~
rati , nuc he n ei. più ca ldi mes i dell ' ~nn? :c iò è not o ad ognuno , Come d unque Il s Ig.Sha rp p Olè sp e ra re di far credere C~ IC i ID3:
ric i ri CC\' IUl O nei loro letti le propn e mogl iuscite (bile mani della proarituaionc ? che ledonne , to sto dopo il matrimonio , s i abbandonino a tutti gli eccessi (Iella d issolutezza ?e c iò in Ull paese ave le m ent i 60110, se .condo lui, ,wggiogate dalla superstizione , e110\'c le fan ciulle, mceee ne' conventi nell a. 01"0 più tenera gio viuez za , vengo no cducat~in tutte le pra tiche c con tutt i i sent imentic he può "inepirnre la religione? Come ! dopouna simile cducazio ne , u scendo da l convento, non s i troverebbe plù in esse verun
C.UITOLO II.
p rincipio eli religione ? in es..e .che dai "o~o
Iliù tene ri a nn i fino alla maturi t à mnrrun o. II'~ . 'niale no u hanno ':l p p l' l' 11 0 ql1a~1 ~l U n ~IU •
Non vi sarebbe nè ti more , Il(l .H' rgogna ,nè modes t ia u è eontiuenaa in uu sessoper na tu ra '~ergognoso , . tim.illo , modestoc co n tiucnte ? e non ' "I 81 ved rebbe nèg~ I05 i3 , uè collera, nè il min imo risen:rimemo IIcgli uomini ~h.c la na tu~a " ha. fa ttitanto audaci ir,a seiLtll , COIlUICI , IInpetuosi ? D..1 t;n lato il pill sfrenato Jlber rinaggio , e (!~lI'" alt ro u na int iera e perfettaitpa tia ? e CIO III un paese Canto noto pe!caratte re foco so e p er l' arden te fanraela d~
su oi abi rauri ? E il sig. Sha rp r-it iene che. eu n fen om eno il cedervi d ue epos! cO.llIpar~re
ineie rne in pubb lìco ? e quelle fenuniue (tu:sol ute c redcrehbon ai d ieouora te rrovandoslin com pagnia d i una do~na OIl.CS I~ ? • • Seq uceri nou sono i vaueggram en u (11 no se r ve
o i l . r "di piazza, a ch i d eeei d u,ulu e arm Hm I •"' la oserò d imaudare al sig. Sbarp se cale,.
è l' ord ine comun e c1c1 b na tur a , o Ile S,Inom ini e le donne in It alia 50no di speciedifferente (Ii q uelli degl i alt l"i pat'lli? S' eglivuole servirsi Ilella sua ragione , mi r iepoudcrà certamente che la natura è dappel"lutt ouniforme e che in Ita lia gli uomi ni nonsono div;rsi di quelli degli alcri .c1 imi. 1\l ase so no di egua le spec ie, perché Iill conduconessi tutt' alr ti me nti ilei matr imo nio , che èil p iù impo rtante affar e della vita? in Ull
affare che più di ogni alt ro int eressa allageneralit à degli eeeer t uma ui ? Oserà p1"e te ll ~
c1.c~e. il sig. Sba rp l'Ile il clima rende i maJ ili meostauti ? l'la non vede ella . sig. filosofo britau uicc , che 11011 v' è cosa p il'l all~
su rda Il i att rib uire al clima il poter e"(li rendccc st upi di gli uomini? ch e lo stesso 8UO
servo el i piazza arrossirebbe d i essere acculato <li UII sI s tol te n1g,io na m c llto SII bila.tura umana ? Ma se il cl ima fa deg l' I talianitan ti eutom at l , e se le lo ro affezion i cdazion i sa n regolate dal clima, e non da loroetcesi , pecchi: dipiosu li sot to un el odiosoaspetto, e tentare ogn i mezzo di fende rlisp rl"gf'\'oli agli occhi de' comparrio rrl d i lei ?Se 1I0n è pe r e lezio ne , m a irresis t ibi lmente ,che (Ii..· cn ~ i tlo dissolu t i e lD alvagi, q ual r im! JfOHfO 81 può far loro ?
lo conv~'r~ò faci lmen te che in Inghilterrala generali t à delle donne si cond uce CO li
fI~3ggi?re ci rco.spezione e r itenntezzn che quellecl [ tulia r voglio crede re che nè i l teat ro dell' Opern , nè quello della com me dia , I l è ilR cnclagh , nè i l Vauxbal l nè l' assemblea(l' Almak, nè q uelle clelia 's i17llo ra Corncl yn on fa c~ iall o il minimo pregiudizio alla virtùp ura e lIIll'g ra delle geurildo nne ing!t'si ; con.verrò Ilurc che Venezia , in parti colare , èun". citt à multo pi lì co rrotta, in punto d icest it ù che Lo nd ra ; e che in Venez.ia (leiP?ri che in al cune alt re grandi ci ttà dell'I talia ,VI sono d elle do uue Ò I q ualit à le quali nonfanno alc un con to del ln decenza , e si abbandon nuo alla più ve rgognosa !H'lle. t;mzio nc,s~ lI;'.a nemmen o pl' t1l'11UI' a copri r e la lo r odisoucsrù co l ve lo dei mierero ; ma facendo
CAPiTo LO II. 25
q uesta eoufessione al ~ig . Sharp , dcc ancheesso con cedermi che 1 ~, lt~ lIe lJleSSC donne leq uali in hali~ si sono rese . j ~l fa tlli agl~ ~ c cC'Il i d ella ragione e <Iella rcligioue-, pou o noessere facilm en te nominate; c che q uestap ceeibilità d i uom inarle most ra e" idente lucllteche la classe di queste donne noli è Il,umerosa. Egli dcc eai andio confessa re che Il ?umero d i quelle le quali in quest c 6Iese.~ ciuàcon ser vano u na ripll tazione Inco neau nn ata ,è bastante ment e considerabile per far Suar .l' are le sue ac cuse genera li come UII ammasso di sp regevoli ca lunnie. E cl' altrondeper .ll uanto eicn c corrotti i ccsuuni di unpicciol numero di donne ( o di molt e , se cos~vu ole il sig. Sha rp ) iII alcune delle gralH.hciu à d'Italia, egli è alm eno cosa ce r ta chenelle citt A piccole esse non sono uè migliori,nè peggiori che nelle altre piccole città dcil'Euro pa , a ve la mancan za di occaaic ui" iziose , la rarirà de' ca ttivi es empj , ilti more della maldicenza, e cento alt r i mcti vi d i maggior con side ra zione teo gollo indo ve re le donne.
Se il eig. Sharp fosse s tato capace Ili fareques te r iflession i , si sarebbe acco r te che ilcarattere di. una numerosa nazione n oli dipende da alcu ne per son e spa rlic in cinq ue osei grand i città , ma che se ne dee giud icareso p ra molti milioni d'uom ini sp t"\rs i in d ugellto o trecento piccole cirr à e ne" loroterritori . S' egli avesse detto che la mie gen ~
tildouua in Ven ezic , la ta l princi pcsea in Nap oli disringuonei gene ralmente per la loro
";'L' I TALIA NI .
malu condo tt a , o pcr Ja dieeolurczza de' loroco ~ tu lll i, mi a\"rt"bbc tr ovato d' acco rd o ecului. Ala Cj l1un.! o fa \I l:'O d i termin i colletti vi;quando dic e : le gentildonne veneziane le gentiktonne napoletane, le gentildonne {wrmtine. cciò che è pcggio , L E GE2\'T UDONNE I T,A
LlA N E , egli mi p ermetterà di d irgli che èun imposto re c l U I cal unniatore.
lo vor rei sapere chi sono i rnallevadori~ el .sig. Sharp quauri' egli ass~risce ch e gl' h alian i 1I0 n portano affezione a loro figli Que8t' accusa . ch' eg li 1I0n si cu ra (Ii pro'"are,è COlitra natura , e non ei combiua coicost um i fii un popolo il CIIi cara ttere , d om inan te è l' umore c la sensib ilità. _ E Burner ( I) el ice che gl' It aliani hanno pc' 10 1"0.figli un ' affez ione ch e è ign ota ali' a ltre nazi.o ~l i . .Q ~cllta ossCf.vazione è certa ureute gi uJ1 ZIO lll &5IUl3, perciocchè se gl' It aliani mer itane qualche r illlprovl'fO a qu esto ri ...uardo ,s i è di a vere un eccceeivo affetto ~e' lorofigli. III Ycneei e , che è la ci tt à la p iù corr otta di t utt a Italia , i padri c le madri ,le eteeeo p ersone pil' dis tinte fanno pas- "
( I ) Gilbcr lo Bl.lr?et , veseovc di Sa l i ~Lu ry Il prt'ce rtc re del duca d i Clocesrer , lI~cq ue nel 1643 in};dimbur.go. Egli. ua considerato in Inghilterra comeBouu et In Fr anCIa ; ma lo Sccer ese aVl':va meno geniodel francese . men o condona e meno DlOderazi"ne esaviezza.. - ~1ori Burnet nel 1715, lasciando ruelteop ere d. storia l'i (li ccrurov er sia e la tel azi,",.e ùelsuo 'tiaggio uell a Svieeera e nell' Italii l • JI SIIO odiocontro fa chiesa r omana ha disono..aeo la r l"rma e leopere di. lui. ( Nota d el T rad. )
,CAPITOLO U. ~ J
if"p;gi a re sulla p iazza di Sa n Marco lo'l?fig li , estili (la useari , (fa euh aue , da Pih to fl.da pasLO rell e , c ne din-c st rnn o COl1lpw,çt'nza:il eh e il sig. S harp sa , e 11 011 ·,\ Ia l ~(.n u torealascia re (li farne Ct'1I1l0; ma era sua uuenaioue d i rende re odiosi gl' I taliani. Ed-è conquesta lIl ('d c!i l~a il1 r,CIIZi? l1 e cl..' <'gli ,;].n l i ~cc(li asser ire che m I talia gh 6 1'0 10 1 non 9 1 sonoved uti dUI" volt e ava nti le lo ro lIozze . lllCII·
trecbè nella ste ssa Vt'llI'zia v' ~ l' 11S0 gc ncr nl urer ne sra bil u o , anche Ira i principal i nob ili , di differire d i più mes i , e qualche ~"?ltad i u n iut iero a nno UII ma trimonio 8t311111tO,affiucb è i giovani ama nti possano concep ir.camo re r uno prr l' altro . Al' rlll~to poco pr!.m a d t'"1I' a rr ivo dci s ig . S hurp In Ye nezin Ilmanimonio progt'uaw d ella daOl igd t t Bai ba r igo e del fi~lio tl cI procuralOl"e Zco , . duedelle p iù co sp icue f.lm iglie (Ii (l'Ie lla rc p u bb hc a , e rasi r o tto ; h encbè le par li fosse rop romesse gil da più di un cu uc e fO ~9 t'1"O
già farri i p reparativi (Ielle nozzc ; e (luestar ottura 1I 0n ebbe alt ra ca usa se IIllII l' avve rsione che concepì la d amigella pel giovine ilq uale avev a ce ssato di fasle la corre con lasolita regolar ità gio i naliera. Qllt·!t ~ fatt o ccent' altri eimili avrebbero dovuto meegna real 6ig. Sharp c he i mar itaggi ccn rraeva uel iIIIralìu come nelle altre pani d(~II' Europa : nellanobilt à per fare una splend ida alleanza \ o permir e d' inte resse, e nel p opolo . co me m In ghiltcern , per ben accompagnar si.
^ ABD-EL-KADEK SBALZA
.^
I CICISBEI
ESTRATTO DAL FASCICOLO DI SETTEMBRE I9IO
Rivista d'Italia
ROMAPIAZZA CAVOUR
Roma — Tipoftrafia dell' Uniotie Kdltrice. via Federico Cesi 45-
I CICISBEINELLA. VITA E NELIA LETTERATURA DEL SETTECENTO
(NUOVI CONTRIBUTI).
Il Settecento fu in tutta Europa, e in Italia più che altrove,
il secolo della galanteria. Il costume leggero di quella società
incipriata, la quale sulla china dei facili amori e degli spassi
geniali si avvicinava inconscia a quella terribile catastrofe che fu
la Rivoluzione, ci è rivelato, oltre che dalle numerose testimo-
nianze storiche, dalle più varie manifestazioni dell'arte e della
letteratura. La poesia che meglio fiori in quel tempo, e vi trovò
più sicuro favore e più intimo consenso, fu quella erotica: pro-
cedendo dal platonismo non sincero della rinata imitazione pe-
trarchesca, dall'apparente ingenuità del costume pastorale, dalla
prima espressione dell'Arcadia — canzoni e sonetti e madrigali
a centinaia, a migliaia — essa va sdrucciolando per la via galante
e licenziosa bene spesso, che le dischiude con gli altri anacreontici
il Frugoni, e di cui non è proprio una deviazione quella, a capo
della quale sta, maestro di lubricità, l'abate che di casto ebbe
solo il nome. Le scene del costume settecentesco ci sorridono
anche oggi nei vivaci colori delle ceramiche di Sassonia, nelle
pitture di scuola francese, che le stampe incise riprodussero a
migliaia per tutta Europa. Il Watteau col suo capolavoro VEm-barquement pour Cythère ci dava la più idealmente vera figura-
zione del suo secolo, e negli altri suoi quadri erotici egli ne
compiva il ritratto. Il Boucher, mentre dipingeva, nell'età della
Marchesa di Pompadour, l'idillio pastorale, dando alle sue pasto-
relle i tratti gentili e le pose molli delle dame e ai pastori i
lineamenti fini dei cavalieri, dalla mitologia traeva soggetti di
più ardente sensualità; e il Fragonard, spesso licenzioso, denu-
dava la bellezza muliebre, la collocava audacemente in mezzo al
lusso voluttuoso dell'alcova, le offriva gli atteggiamenti più pro-
vocanti. L'amore, di cui quella società parve più d'ogni altra
sentir il fascino sottile e tonace, la tirannia forte e soave, si
I CICISBEI 185
esprimeva simbolicamente in quegl' infiniti Amorini, paffuti bam-
binelli dallo sguardo ridente e leggermente malizioso, che scher-
zano nelle poesie, e sciamano dalla fantasia degli artisti nei
quadri, negli affreschi delle camere, nelle soprapporte, nelle de-
corazioni dei mobili, sui paraventi, sui parafochi, nei ventagli,
nelle incisioni dei libri ; e si ripetono, trasmutandosi in angeli,
negli stucchi delle chiese. La musica, con la dolce armonia delle
sue arie, accompagnava in molle ritmo le tenui favole sentimen-
tali che s'intrecciavano così frequenti in quella società innamo-
rata, essendone attori le giovani dame e gli attillati cici.sbei.
Alla storia, del costume italiano del Settecento, per quel che
riguarda i cicisbei, il miglior contributo fu dato, son già molti
anni, da Achille Neri, i ricercatore diligente di quelle che ai
facili improvvisatori sembrano minuterie erudite, mentre sono,
nel loro complesso, parte integrante della storia, tanto più no-
tevoli, quando illustrino il costume d'un* età tosi importante,
come il secolo dell'Arcadia e della Rivoluzione. Dopo il Neri,
che non volle, e poteva, darci la f^toria compiuta dei cicisbei,
si ebbero altri contributi, più o meno importanti, per opera di
diversi ricercatori; ma in realtà, dopo il Cantù e dopo il Neri.
molto più ricco d'informazioni, e il Malamani che s'occupò par-
ticolarmente di Venezia, non possiam dire che si sian rintrac-
ciate molte testimonianze nuove intorno al cicisbeismo: si sono
invece ripetute senza troppe aggiunte le notizie raccolte dai primi
indagatori. 2
' Achille Neri. / Cicisbei a Genova (in Costumanze e sollazzi, Ge-
nova, 18S8, pag. 117 e segg '. Il nome cicisbeo, d'etimologia incerta, si trova
usato la prima volta da Cesare Caporali 1531-ltiOl), in un'apostrofe citata
dal Neri (pag. 125):
« cicisbei ! Di quanto mal cagione
In ogni etade foste, in ogni loco! >.
(Caporali, liime, Perugia, iTTo, j.ag. UH . Nel Settecento a questo particolar
costume della nostra vita, di cui eran protagonisti i cavalieri serventi o
cicisbei, e le cicisbea, i patiti e le patiti-, le « pariades de pigeons > lome le
diceva l'arguto presidente De Brosses, si diedero i nomi poco armoniosi di
cicisbeato e galanteo.
' C. Canti-, L'ab. Panni e la Lombardia nel secolo passato, Milano, I80J.
pag. 119 e segg.; E. De Mmuhi, Lettere e letterati italiani nel secolo xvin.
186 I CICISBEI
Eppure la letteratura del secolo xviii oiFre in gran numero
altri documenti intorno ai cicisbei, che nella società d'allora
ebbero un'importanza ed esercitarono un influsso quale noi pos-
siamo appena intravvedere nelle opere che mirarono a satireg-
giarli e a combatterli. Se essi non sono una degenerazione dei
« cavalieri antiqui » , come fu detto, certo li sostituiscono nella
servitù verso la donna ; ed il « galanteo » può dirsi l'istituzione
che succedette alla cavalleria, quand'essa decadde nel traviamento
del Seicento, che anche nelle relazioni tra uomini e donne so-
stituì la smanceria alla cortesia, l'umiliazione servile alla devo-
zione signorilmente dignitosa.
Se la galanteria fu nel 700 propria di quasi tutta 1' Europa,'
il cicisbeismo è costumanza propria dell'Italia: troppi stranieri,
venuti da noi in quel secolo, l'aifermarono, perchè possiamo so-
stenere il contrario. Il cicisbeismo fu pur troppo italiano, seb-
Milano, 1882, pag. 815-21 ; G. Carducci, Storia del (riorno (nelle sue Opere, XIWpag 43 segg i
; V. Malamani, // Settecento a Venezia : I, Satira del costume,
2" ediz., Tt)rino, Roux e G., 1891, pag. 89 segg. ; G. B. Gerini, // cicisheiftmo
ritratto da Paolo Mattia Doria (nel Giornale stor. di letter. italiana, XXXIV,460-3), con alcuni particolari tratti dall'opera del Doria, flettere e ragiona-
menti varii, Perugia, 1741 (voi. II, P. I.' ; C. Zacchetti, // « Ricx^iardetto •»
di N. Forteguerri, P. II, Torino, Paravia, 1899, pag. 33-39. Nessun valore
hii un opuscoletto di C. Ronconi, Il Parini e la società incipriata, Torino,
Scioldo, 1903; scarsa novità, se ne togli alcuni passi curiosi tratti ilalle
Ijettere critiche, giocose e morali del co. Agostino Costantini (Venezia, Bas-
saglia, 1751), contiene un articolo di Antonio Marenduzzo, / cicisbei nel
Settecento inella Rivista d' Italia, agosto 1905, pag. H71 82), che si giova spe-
cialmente dello studio del Neri e di un articoletto di Pompeo Moi.menti,
/ cicisbei a Venezia inella Passegna Nazionale, IH gennaio 1901, pag. 19S-201I.
Mantiene poco le promesse del titolo lo studio di Antonio Fortina, // cici-
stmsmo con riguardo speciale ni <i Giorno» di G. Parini e alla satira con-
temporanea al Parini, Arona, Brusa, 1906. Qualche notizia sui cicisbei dà
anche Adolfo Sassi, // < degno amore » di V. Alfieri (nella Nuox^a Antologia,
1 settembre 19<^»3. Ricordinsi amora Moroni, Minnetti, Roma, Voghera. 1880,
e RoGOERit, // 1<I0 galante, Milano, dalli Oniodei e Guindani, 189(5. Altri
scritti sul nostro argomento saranno ricordati più avanti.
' Cfr. per la sola società francese E. et .1. de Goncourt, IjU f'etnme mi
dir huitième siede, Nouv. édition, Paris, Charpentier, 1882, dov'è un capitolo
sulPamore; e anche l'altra splendida opera degli stessi su Madame de Pom-
padour, Nouv. édition, Paris, Firmin Didot et C.ie, 1888. (guanti soggetti
la vita galante effeminata e amorosa offrisse in quel tempo all'arte francese
può vedere chiunque sfogli un catalogo delle stampe che essa is])irò a cen-
tinaia (cfr. Gustave Bourc^ard, Dessins, gouaches, estampes et tableaux dudi.r- fi nitienw sii'cle, Paris, Damascène Morgand, lH93i: in esse assai spesso
la galanteria sdruc-.cicla nella liiliricità.
1 CICISBEI 187
bene avesse stretta parentela con la galanteria francese e inglese
e austriaca del secolo xviii: e però schiettamente italiano è il
Giorno del Parini, come schiettamente inglese il Riccio rapito
del Pope, che tanta fortuna di traduzioni ebbe in Italia, sebbene
una indiscutibile affinità d' inspirazione li ravvicini, nonostante
la diversa virtù degl'intenti. 11 cicisbeismo invase tutta la nostra
vita del 700, oltre che sul serio, anche per burla. Ferdinando (ia-
liani, il quale definì l'amore « un punto di mezzo tra l'amicizia e
la libidine », e scrisse, in francese, un dialogo poco notevole sulle
donne, nel 1750 fece un'orazione sui cicisbei, per lodare un giuoco
che in quel secolo si usava il primo d'ogni anno nelle società
« galanti ».i Ecco come ce lo descrive l'editore degli Opuscoli del
Galiani (1825). Si sorteggiavano i cicisbei e le cicisbee, che il
capriccio della sorte, e spesso la malizia di chi dirigeva il giuoco,
obbligava a curiosi appaiamenti. « Si riponevano a tale oggetto
in un'urna egual numero di nomi di persone d'ambo i sessi, che
trovavansi presenti, apponendo ad ogni cartella un analogo mottotalvolta derisorio, e tal'altra atto a seminare amorose discordie; né
siometteva di porre in opra ogni frode per far sì che le coppie
si componessero da persone comunemente conosciute per reci-
proca antipatia. Dovendo quindi per obbligo il cicisbeo danzare
con la dama che gli era toccata in sorte, corteggiarla durante
la serata, e presentarle un qualche donativo, mille intrighi e mille
gelosie vi avevan luogo, soggetti di riso e d'allegria ». Chi abbia
sfogliato le curiose raccolte di giuochi senesi del secolo xvi, ri-
conoscerà con noi che questo giuoco settecentesco del sorteggio
de' cicisbei ha parentela d'invenzione con alcuni di quelli ele-
ganti e vari del nostro squisito Rinascimento.
Il cavalier servente fu proprio di tutta Italia, sebbene nelle
varie città cambiasse un po' aspetto e costume, secondo il di-
verso modo di vita de' vari centri italiani. Teneva il primato
del cicisbeismo Genova, - tra le città italiane ritenuta, a torto
' Ferdinando Gauani, Opuscoli, Napoli, 182 >, 4" 0;^ i^c .lo.
- Per il cicisbeismo a Genova in particolare, vedi Neri, Op. cit., cap. II
e IV. 11 Neri nel cap. II tratta diffusamente della corruzione a Genova nel 5<X),
donde la città Ligur.' ritrasse quella fama non buona che le rimase anchedopo; ma torse le testimonianze, a cui si attiene, di comici e trattatisti del
secolo XVI, sono esagerate: e ad ogni modo gli studiosi del costume sannoche Venezia e Roma, in quel secolo, erano anche più corrotte di Genova.Per il Settecento ricordo che mons. Nicolò Forte.tì;uerri. in Arcadia NidalmoTiseo, lodò le belle dame genovesi in una lunga anacreontica poliiiietra
j^ggI CICISBEI
o a ragione, la più proclive agli amori, come Venezia era il
centro internazionale degli amori venali. Facciamo un rapido
giro per le principali città d'Italia, alla ricerca dei nostri eroi.
Ci accompagnerà, amabilissima guida, il piccolo presidente Charles
De Brosses (1709-1777ì, che viaggiò l'Italia negli anni 1739-40.
e dei nostri costumi fu osservatore argutissimo e acuto, e te cui
Lettres famiUères non sono ancora state messe a profitto inte-
ramente per ciò che riguarda i cicisbei. Veramente curiose sono
le informazioni che egli ci dà sui cicisbei genovesi: « Que penser
des abbés et des petits-maìtres, cent fois plus agréables et plus
papillons auprès des femmes qu'en FranceV Nous voyons ici une
chose singulière a nos yeux; une femme tete à tète avec un
homme aux spectacles, aux promenades, en chaise. La premiere
fois que l'aliai à la comédie, j'y vis, à ma grande surprise. un
jeune homme et une jeune femme fort jolie entrer ensemble
dans une loge ; ils v écoutèrent un acte ou deux en caquetant
avec assez de vivacité ;après quoi ils se dérobèrent à la vue du
spectacle et des spectateurs, entirant sur eux des rideaux de
taffetas vert qui fermaient le devant de la loge; ce n'est pas
qu'ils voulussent prendre ici leur camp de bataiUe pour rien de
secret, qu'ils ne faisaient peut-ètre pas méme chez eux; aussi
personne que moi ne fut-il choqué de cette aventure. A Paris,
la décence est aussi grande dans les usages que Tindécence 1 est
dans les moeurs. Ici c'est peut-ètre le contraire «.i Quest'ultimo
contronto torna in eerto modo ad onore degl'Italiani, per quanto
il « peut-étre » del piccolo presidente nasconda il veleno del suo
mondano scetticismo. Il cicisbeismo era in fiore anche a Milano,
sebbene il De Brosses ce ne lasci soltanto breve memoria : « Les
femmes ne vont guère avec les femmes ;mais on voit souvent
une femme avec un ou plusiem-s hommes, du nombre desquels
le mari n'est jamais ».-^ Ognun sa che specialmente contro i ci-
cisbei milanesi il Parini avventò gli strali del Giorno, ^ e noi ve-
, nelle Rime degli Arcadi, Roma, De Rossi. 1718, II, pag. 314 e segg. e che il
Frugoni in una canzonetta si trattenne a parlare delle conversazimn degli
abbigliamenti e dei divertimenti delle sue concittadine genovesi (v. C. 1. t ri -
GONI, Poesie, Parma, Bodoni, ITTU. VI. 454 e segg. .
^
. Ch De Bkosses, Lettres familières, Paris, 18-08, 1, pag. Hb. Citiamo
sempre da questa edizione, non avendo avuto agio di vedere l'ultima la o» :
Paris, Perrin, 1904. Per l'aneddoto narrato dal De Brosses. ctr. Parisi, Mat-
tino, V. 877 e segg).
- T>K Brosses, Lettres faviiiH'.res, I, l'>8.
=> Non sarà inutile richiamar i versi del Parini, in cui si accenna ai
I CICISBEI 189
dremo più oltre che già sul finir del Seicento lo spirito timorato
di Carlo Maria Maggi insorgeva contro il costume dei cavalieri
serventi.
A Venezia le cose procedevano anche peggio. Il De Brosses
ci dà una ben strana narrazione del costume delle famiglie pa-
trizie, e del modo con cui esse si assicuravano la discendenza
del sangue attraverso i « magnanimi lombi ». « Dès qu'une fille,
entre nobles, esi: promise, elle met une masque, et personne ne
la voit plus que son futur, ou ceux à qui il le permet, ce qui est
fort rare. En se mariant, elle devient un meublé de communauté
pour tonte la famille, chose assez bien imaginée, puisque cela
supprime l'embarras de la précaution, et que l'on est sur d'avoir
des héritiers du sang. C'est souvent l'apanage du cadet de porter
le nom de mari; mais, outre cela, il est de regie qu'il 3' ait ùn_
amant ; ce serait méme une espèce de déshonneur à une femmesi elle n'avait pas un homme publiquement sur son compte».^
Quest'ultimo doveva esser naturalmente un nobile. Non bastava
adunque il concorso di tutto l'elemento virile della casa ; ma si
richiedeva anche l'amante, o meglio il cicisbeo, quello di cui si
faceva spesso il nome nel contratto nuziale. Del resto il De Brosses,
dopo quelle piccole accuse contro le dame veneziane, mitigava
i sospetti, che la presenza d'un cavalier servente potrebbe far
sorgere, con quest'altra informazione che ha valore per la fonte
da cui gli proveniva: « Il faut cependant rendre justice à la verité;
notre ambassadeur me disait, l'autre jour, qu'il ne connaissait
pas plus d'une cinquantaine de femmes de qualité qui couchassent
avec leurs amants. Le reste est retenu par la dévotion. Les
confesseurs ont traité avec elles, qu'elles s'abstiendraient de l'ar-
ticle essentiel ; moyennant quoi, ils leur font bon marche du reste
tout aussi loin qu'il puisse s'étendre ».
legami stabilitisi fra il « giovin signore » e la sua cicisbea ^ Mattino,
vv. B9ó e segg.):
< Tu volgi intanto
A' versi miei l'orecchio, et odi or quale
Cura al mattin tu debbi aver di lei,
Che spontanea o pregata a te donossi
Per tua Dama quel di lieto che a fida
Carta, non senza testimonj, furo
A vicenda commessi i patti santi,
E le condizion del caro nodo».
' Dk Brosses, I, pag. 175.
- De Brosses, I, pag. 176. Il De Brosses dice che a Venezia, dove il
numero delle cortigiane era il doppio di quelle di Parigi, sulla piazza di
190 I CICISBEI
Né gl'intrighi veneziani si ordivano solo nei palazzi e nelle gon-
dole, a teatro o nei ridotti ;ma anche nei monasteri. Le monache
veneziane del Settecento non diiFerivan molto da quelle del Cin-
quecento e del Seicento, che tante mormorazioni avevan provocato,
e deliberazioni dei governanti, coi loro liberi costumi. Mentre le
dame facevano grande uso di maschera e bautta, esse invece
rinunziavano ai veli religiosi. Il De Brosses ce le descrive cosi:
« Elles ont une petite coiffure charmante, un habit simple, mais
bien entendu, presque toujours blanc. qui leur découvre les épaules
et la gorge, ni plus ni moins que les habits à la romaine de nos
comédiennes ». 1 Delle monache che rassomigliavano alle donne
di teatro ! E non basta. Questo stesso presidente De Brosses,
reporter della maldicenza e della cronaca galante, in servigio
(sia detto a scusa delle dame italiane d'allora) delle signore
francesi sue amiche, ci parla anche di dissidi sorti fra tre mo-
nasteri veneziani « pour savoir lequel aura Tavantage de donner
une maitresse au nouveau uonce qui vient d'arriver ». Avevano
ben diritto gli abati di corteggiare a loro agio le gentildonne,
e spesso senza conseguenze, quando gli alti prelati variavano
la monotonia della nunziatura con gli amori monastici. Il libero
San Marco v'eran mezzani, » courtiers d'amour », che oftVivano anche donne
di elevata condizione datesi al meretricio (I, 177). Anche il Lalaxde [Voyage
d'un franrois en Italie, I7t>r)-H. Venise [Paris], Desaint, 1769, Vili, 175 esegg.»
parla dei cicisbei veneziani, e dice, d'accordo col De Brosses, e contro lo
Sharp {Letters front Itali/, 1767), che essi eran per lo più di convenienza.
' De Brosses, I, pag. 177. Sulla vita monastica femminile del Settecento
V. r incompleto articolo di E. Rudocaxachi, Le nonnes en Italie dii xiv au xviii
Mède nel Bnllettin italien, V. 1''), a cui sono da aggiungere, tra i contri-
buti più recenti, i curiosi ragguagli offerti da Antonio Pilot in Una capa-
tina in alcuni monasteri veneziani del ,500 {neUa. /divista d'Italia, luglio I910i.
E sulle monache veneziane è soprattutto da vedere P. Molmenti, che stu-
diando nella sua opei-a monumentale La storia di Venezia nella vita privata
dalle origini alla caduta della repubblica (Bergamo, Arti grafiche, lW5-9i,
ha dedicato un capitolo interessantissimo al costume femminile del Sette-
cento (voi. Ili, cap. 12°), in cui illustra assai bene anche la vita e le usanze
mondane delle monache di Venezia (pag. 414 e seggi. Il Molmenti iIII, pa-
gina 418; non crede che il Patriarca di Venezia avesse un'amasia, ciò che
noi invece vediamf) affermato dal De Brosses. L'ambasciatore francese, che
il De Bross"s ci dimostra cosi addentro nella conoscenza dei costumi vene-
ziani, era il FrouUay, di cui giusto in quel tempo furono scandalosi gli
amori con la monaca patrizia Maria Da Riva (cfr. Molmenti, III, 11?'.
Nell'opera del Molmenti sono anche illustrate con belle incisioni le con-
versazioni nei parlatori veneti.
1 CICISBEI 191
costume dei monasteri veneziani, 'li cui veiremo più oltre la
satira, era già stato osservato da altri viaggiatori, anteriori la
De Brosses. Nel 1664 l'abate Pizzichi, parlando del monastero
delle Benedettine, che accoglieva più di cento suore gentildonne,
aveva detto di esse: «Vestono leggiadrissimamente con abito
bianco come alla francese, il busto di bisso a piegoline ... ; velo
piccolo cinge loro la fronte, sotto la quale {fficj escono i capelli
arricciati e lindamente accomodati: seno mezzo scoperto, e tutto
insieme abito più da ninfe che da monache ». E il barone
Ch. Louis Poellnitz (lOlJ'i-lTTòi, celebre avventuriero, nei suoi
Méinolrex, stampate dal 17.'i4 al 1747 aveva fatto delle monache
veneziane questo ritratto : « L'habillement des Religieuses est
plus galant que modeste: elles portent leurs chevaux tressés,
comrae les fìlles de Strasbourg: leurs jupes sont assez courtes
pourqu'on leur voye la cheville du pied : pour corps de jupes
elles portent des casaques à basques courtes, qui sont trés-avan-
tageuses aux belles tailles : leur gorge est découverte . . . '>.'
A Bologna trioni'ava il genio francese, anche nel salotto del
conte e della contessa Rossi, dove il De Brosses si recò, e tra le
dame che vi convenivano, graziosissime « et beaucoup plus que
coquettes».^ Dame, che riunite in «circoli», mentre facevano
della « causerie » con gli amanti, parlavano quasi tutte francese,
ma conoscevano anche i poeti italiani: inoltre « elles citent Ra-
cine et Molière, chantent le mirliton et la béquille, jurent le diable
et n'y croyent gnère ». E al disopra di tante testine piene di
grilli e di tante parrucche incipriate, l'arcivescovo di Bologna,
il Cardinale Lambertini, il futuro Benedetto XI\'. < bonhommesans facon »
,pieno di spirito, gaio, colto, di ottimi costumi, fa-
ceva sentire la sua arguta conversazione, nella quale si serviva
« de certaines particules explétives peu cardinaliques » : egli fece
al De Brosses « de bien bons contes de fìlles, ou de la coui' de
Rome», e gli chiese delle avventure del Reggente e del sm>
confidente il Cardinale Dubois. ^ L'opera in musica era a Bologna.
" Sull'ai). Pizziilii e sul Pollnitz e su queste loro testimonianze, vedasi
A D'Ancona, L'Ifalia alla fine del secolo xvi. Giornale del viaggio di Micini
de Montaigne in Italia nel J^SO e 15S1, Città di Castello, Lapi, 188i>.
pag. G75 e seg.
" De Brosses, I, 249 e seg.
' Dk Bkossrs, I, 250 e seg. Della nobiltà bolognese, potili anni juinia
del De Brosses, Etienne de Silhouette, di cui riparleremo, scriveva: «elle
s'amuse le plus noblement et le plus utilement» il, 172i.
I CICISBEI
19'^ '^.... P delle pefites-
,,....«...«— «""•""'*,„„.
B,ote' non accenni a -P^^^^Jf\, 'f^ma di nemici delle
f::^ conservavano^^a^aU—^^^^
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donne. e d'uom^nx P^-^^^^^;^^^^^. ,,, convenga nsahre ala te
i.vo Quella fama non so, ^e pi^^^^^^i e agh altri che
loio quellaintorno a Brunetto
,.,,ga oscena
stimomanza di UauL^^^^^. ^^^^ ^qO 1 accus
^ r-on lui sotto le tawe ugl'italiani, ed ancne
vanno con lui.^itanto, ma a tutti gì
„^dunavannnu fu lanciata a loro
^i^uori fiorentini bi raauinon lu
Settecento i signoiBrosses vide
co-li stranieri- Jsei ^^.
-i -^yesidentc uè oiuo
leutieri nelle ^^^^^. '^Jj.o di .-ente d.™e^-
q,„v. riccissime ed -«» *^^. „to uonun. sun.uo.amente
tiUant, di d.a,nant,, e
, , ,, e nser-
-txapoU ii De B.osses .evo ^ ^^ ST^ie p.even-
• 4.^ fl'\lessandro viu,, . ^.^ ^i; niemente Xl,
toboni. nipote d Alessa^^^^^i, nipote di^^^u
lière trte d« collège et le plu^-^ ^^ ^^,^^^^ g,, ,pet
Tdedicava ^^jfZS:^^^-^^S^^l. grand dé^rideu^- d^ «le^^ ^P^^
^ 3^
'»'^*"^"';^r a bX^Pr'''^roXerX cannella.. ^--X^Cin^rcento, che
-Ìttri:rrecclesia.icanona—e.^
- De Brossks, 1,-^J-
,ochi cicisbei a Napoli
. De Brosses, H, 22H
I CICISBEI 103
se non uomini; ma in compenso abbondavano le riunioni e le
belle dame: ^ la principessa Borghese, la duchessa di Caserta, la
baronessa Piccolomini, e le signore Petroni, Ricci, Falconieri,
Sampieri, Bolognetti, Patrizi. Nei salotti e nelle conversazioni
v'eran numerose coppie cicisbee, che s' incontravan dovunque,
sempre insieme, e facevano a lor posta « la petite jaserie » finche
non si mettevano a giocare a carte. Il De Brosses, a proposito
della società romana, ci regala alcune riflessioni sul cicisbeismo,
che era stimato « sans consequences », mentre in Italia sarebbe
stata scandalosa la « coquetterie » delle signore francesi dai molti
amanti e corteggiatori. Al De Brosses pareva significativo il fatto
che delle donne eran solo disponibili le brutte, mentre le belle
eran tutte . . . occu])ate: la Ricci, « jolie et mignonne au possible »,
era eternamente accompagnata dal bello don Paolo Borghese
(il De Brosses dice che gli uomini di casa Borghese eran bella
gente, come i De Rohans francesi); l'amabile e gaia Bentivoglio
sempre dal cugino, un marchese Bevilacqua (« on ne les voit
jamais l'un sans rautre»)^; e cosi sappiamo che il Cardinale
Alessandro Albani assisteva madama Grimaldi, la quale fece di-
vorzio dal marito (uu Cozzadini di Bologna), accusato d'incapa-
cità alle funzioni maritali ;^ e pochi anni prima Roma vide
l'abate Lorenzini, custode d'Arcadia, che pure ci vien descritto
poco pulito e sordido nel vestire, fare da cavalier servente alla
bella Valdambrjni. Vero è che i galanti (certe coppie duravan
fedeli anche venti anni) con la loro assiduità divenivano altret-
tanti Arghi, peggio che i mariti. « Cette odieuse race de sigisbés
épouse les femmes dix fois plus que les époux », conclude a
questo proposito il De Brosses, * riferendosi, speriamo, alla sor-
veglianza che il cicisbeo esercitava sulla cicisbea.
11 più frequentato dei salotti romani era quello della princi-
' Sui costumi romani nel Settecento vedi De Brosses, II, 2(Jt) e segg.
Cfr. un articoletto di Pietro Tommasini Mattiucci, Pagine romane: Il Pre-
sidente De Brosses i nella Pivista di Roma, XIV, 2», 25 gennaio 191U). Tra le
dame romane ricordate dal De Brosses una è Marianna Cenci Bolognetti,
amata o almeno ammirata molto da mons. Nicolò Forteguerri. che la lodò
nel Ricciardetto, XXIII, 4H-7. Su questo tardivo atìetto del Forteguerri. e su
due lettere di lui alla dama, v. Guido Zaccagnixi, Un'avventura amorosa
di Niccolò Forteguerri (nel Bullettino storico pistoiese, V, 1908, pag. 99-103).
Sulla società romana vedi anche Lalande, Voi,age cit., V. 142 segg.
- De Brosses. IL 217 segg.
" De Brosses, II, 223 segg.
* Db Brosses, II, 217.
VA — Hivistd d'Itiilìu. anno XIII. voi. II, tasf. Vili (Agosto 1910\
194 I CICISBEI
pessa Borghese, nata Colonna, che anche soleva ricever gl'intimi
o quelli cui si dava per deferenza lo stesso diritto, nella sua ca-
mera da letto, essendo essa ancora coricata, a discorrer d'intrighi
e di belle donne. ^ Nella sua casa, frequentata da ricchi inglesi,
c'era banco da giuocare, e vi si giocava disperatamente : la prin-
cipessa, sul conto della quale correvano delle maldicenze, accet-
tava la corte dell'ambasciatore veneto, il cav. Marco Foscarini,
fra qualche anno erudito storico della patria letteratura e Doge,
per allora spasimante d'amore, uomo di spirito e giocatore acca-
nito di faraone.
La ricchissima letteratura dei viaggi del Settecento oifre
molte conferme alle osservazioni del De Brosses e nuovi rag-
guagli. Cominciamo dalle informazioni che ci offre l'epistolario
d'una celebre gentildonna inglese, briosa scrittrice e arguta os-
servatrice, della quale torneremo a discorrere. Lady Montagu.
Tornando dall'Oriente essa traversò l'Italia, e scrivendo da Gi-e-
nova ad un'amica (28 agosto 1718) parlava delle signore di quella
città, dicendole belle e abbigliate alla moda francese, e ricono-
sceva la singolarità dei cicisbei, che secondo il suo parere, si
videro primamente a Genova, donde se ne diffuse il costume
per tutta Italia:- né credeva al platonismo delle coppie cici-
sbee. Due anni innanzi, passando da Vienna, aveva dato un
giudizio ben severo dei costumi di quella capitale, ^ dove tutte
* Sull'uso delle donne, di tener conversazione essendo in letto, vedasi
anrhe l'opera cit. dei De Goncourt. La femme an xviii siede, pag. 1.57.
Anche l'inglese Brooke ufr. D'Ancona, Op. cit., pag. 58<ie segg i nel 1794
a Roma fece visita ad una dama che era ancor in letto: seppe da lei che le
signore costumavan dormire senza camicia, e su ciò ebbe con essa una di-
scussione. Su questo particolare del costume passato hanno scritto parecchi :
M. ScHERiLLO {L'uso della camicia nei secoli xiv e \v a proposito di unosimilitudine dantesca, in La Lettura, II, 4, anno 1902), Fkdele RomaniI Noterella sull'uso della camicia nel Medioevo, nella Miscellanea per nozze
Scherillo-Negri, Milano, Hoepli, 1904i e V. Gian (Sull'uso della camicia, nel
Giornale stor. d. letter. italiana, XX.VI, 2.57 seg.).
' Lettres de Miladji Wortlay Montagute \sic) etc, traduites de l'an-
glais etc, Londres (Paris, Duchesne), 17<>4, li, 179-81.
' IMtres cit., I, 60 sgg. Solo in parte contrasta con la testimonianza
della Montagu (e ad ogni modo non esclude che le dame viennesi avessero
in buon numero degli amanti) il Metastasio, che nel 1747 scriveva a Garlo
Broschi il Farinello, allora idolo delle ardenti dame madrilene: «Qui gli
odii e gli amori non tolgono mai il sonno: qui l'anima s'impaccia pochis-
simo degli affari del corjx): la sera siete il favorito, la mattina l'incognito.
Le premure, le agitazioni, le sollecitudini, le piccole guerre, le frH<]iienti
I CICISBEI 195
le dame avevano un amante . . ., anche le vecchie. E i mariti
viennesi gareggiavano con gl'italiani per la mansuetudine: " Ils
ont autant d'attentions pour les amans de leurs femmes, que
pour un commis qui les décharge de la partie la plus emVjar-
rassante de leurs affaires »; e alla loro volta l'anno lo stesso
ufficio presso un'altra dama. <' En un mot. c'est la coutume à
Vienne, que chaque l'emme ait deux maris, l'un qui en port le
nom, l'autre qui en fait les fonctions »; talché chi invitava a una
fesra una dama doveva invitar anche l'amante di lei: tali coppie
eran notissime, e duravano talvolta anche vent'anni, e spesso
l'amante passava una pensione alla dama. Fra i tanti riscontri
che si son cercati ai cicisbei italiani presso le altre nazioni, nes-
.suno, mi pare, è j)iù calzante di questo viennese. '
Ed ecco la testimonianza curiosa di altri viaggiatori: TAr-
chenholz descrive i cicisbei di Genova :^ Etienne de Silhouette
paci, le gratitudini, le vendette, il parlar degli occhi, l'eloquenza del si-
lenzio, in somma tutto ciò che può dar di piacevole o di tormentoso il
commercio delicato delle anime, è paese non conosciuto, se non che come
ridicolo ornamento de' romanzi. E cosa incredibile a qual segno arrivi l'in-
dolenza di queste placidissime ninfe. Io dispererei di trovarvi una sola ca-
pace di trascurare un giuoco di piquet per la perdita o per la morte d'un
carissimo amante; ve ne troverei ben quante mai ne volessi di quelle che
non interromperanno l'insipido lavoro de' lor nodetti fra gli eccessi dell'estro
più imperioso >. Metastasi*), Lettere disperse e inedite a cura di 6. Carducci,
Bologna, Zanichelli, 1883, I, pag. 20B sg.
' Il Neri [Op. cit., pag. 121 sg.j ritiene che il cicisbeo italiano fosse af-
fine al galanteos e al cortejos spagnuolo, all'ami de la maison e a.]Valcoriste.,
per quanto innocuo, di Parigi. L'affinità non può negarsi, ma il cicisbeo
italiano si distingueva per caratteri suoi specialissimi, rilevati chiaramente
da tutti gli stranieri, dei quali uno o due soltanto attermarono le somiglianze
del costume italiano con quello dei loro paesi. A me non occorre trattar
l'intricata questione dell'origine dei cicisbei. Il Muratori citato dal Neri
{Annali, 1707) disse il cicisbeato eredità del dominio francese; ma non si
appose, perchè esso era già nel costume italiano dalla fine del '6<MÌ, come
ci attesterà fra poco il Maggi, di cui non si è rilevato il va'ore a questo
proposito. Il Neri (pag. i;-58 sg.), citando anche da autori del Cinquecento,
dimostra quanto sul costume dei cicisbei inHuissero le idee del secolo "xvi
sull'amor platonico. A nostro avviso si tratta d'un fenomeno che ebbe varie
cause: la galanteria secentesca, il rifiorire dell'amor platonico con le nuove
accademie letterarie e specialmente con r.\rcadia, in cui la galanteria e il
corteggiamento penetrarono con molta fortuna, e gli ultimi resti traviati
della protezione cavalleresca verso la donna.
- Cfr. D'Ancona, Op. cit., pag. "HìS.
196 1 CICISBEI
uotò poco di speciale a Milano, ' ma a Venezia, con grande ri-
lassatezza di costumi e amore del piacere, donne con « des fa-
(.ons lascive et attraj^antes . . ., ardentes dans leurs amours et
vindicatives » :
"^
il Dupaty nel 1785 lamentava la corruzione di
Genova e la sopravvivenza dei cicisbei, pur osservando che « le
.sygisbé représente à-peu près à Gènes Vami de la maison à Paris >^.^
E dei cicisbei tornano a parlare l'inglese Brooke nel 1794* e
l'abate Co3-er.5
Del Piemonte finora poco o nulla ci hanno discorso gli au-
tori veduti; in realtà lady Montagu nel 1718 a Torino trovò
una Corte molto devota, e osservava che « la galanterie y est
regarde comme un crime irréraissible >.^ E anche più tardi, nel
Voi/aye en Piemont del Breton de la Martiniere e del Brion. ci
si dice che a Torino i costumi eran migliori che altrove e i ci-
cisbei vi eran quasi sconosciuti. ^ Che i costumi torinesi, per
questo riguardo, fossero più lodevoli che in altre città italiane,
oltre questa testimonianza, dimostra anche un curioso aneddoto
narrato dal conte di Blondel, ministro di Francia alla Corte di
Torino sotto Vittorio Amedeo III e Carlo Emanuele IH. Do-
vendo la regina, moglie di Carlo Emanuele III, andare alla fiera
di Alessandria nel 1730, il re elesse sei dame che l'accompa-
gnassero, e poiché ad Alessandria sarebbero convenute anche
dame genovesi, milanesi, fiorentine e d'altre città, nominò alle
sei dame altrettanti cicisbei « pour se conformer à la mode ita-
' Voyage de France, d'Espagne, de Porhtgal et d'Italie par M. ,S'***
(Etienne de Silhouette! du 22 avril 1729 au 6 tevrier 1730, Paris, Merlin, 1770,
I, 83. La nobiltà milanese soleva passeggiare sulla piazza del Duomo: «Les
hommes mettent pied à terre et vont causer avec les Daiiies qui restent
dans leurs carosses .
- Voyage cit., I, Kjo.
' Cfr. D'Ancona, Op. cit., pag. (>11.
* Cfr. D'Ancona, pag. 58<J sg.
" D'Ancona, pag. 591 sg.
" MoNTAGi', Letirea cit., II, 189.
''
Il Voi/age en Piemont fu stampato a Parigi nei primi anni del se-
colo xix {cA'r. D'Ancona, Op. cit., pag. 578 sg.). Contiene un interesuante
capitolo sul cicisbeismo, di cui vede una delle cause più probabili: «Catte
coutume a pour Vjase la manie de l'amour ])latonique et pastoral, que l'en-
thousiasme pour les ouvrages de Pétrarque a introduit en Italie. Tous
les gens d'esprit furent obligés, sous peine de pasaer pour insensibles,
d'ador«T une chaste Laure, mais en tout bien et tout honneur . (Cfr. D'An-
cona, pag. 579).
I CICISBEI 197
Henne", dalla <[uale differiva quella piemontese.' Al Blondel
toccò far da < avalier servente alla contessa Innocenza Cristina
Provana di Frossasco, nata contessa della Trinità. <' ag^e de
18 ans et très-belle». Ma l'ufficio era faticosissimo, attesta il
conte, per quanto bella fosse la dama servita: il cicisbeo doveva
dar la mano alla signora mentre saliva in carrozza, levarle i
guanti, metterglieli, danzare con lei quando essa desiderava e
non aveva altri ballerini, e fare altri simili favori; e poi ricon-
durla a notte avanzata a casa: < et pour tonte récompense de
mes peines — conclude l'arguto cicisbeo improvvisato — elle medonnait sa main à baiser et je retournais chez moi-.-
II costume della Corte e della società torinese non era stato
sempre così severo: a tutti son noti gli amori e gli scandali del
tempo delle due Madame reali e di alcune dame, tra le quali
famosa la Verrua, l'amante di Vittorio Amedeo li.'' Non v'erano
i cicisbei, ma una specie di cavalier servente avevano quasi
tutte le dame e damigelle della seconda Madama reale, Gio-
vanna Battista.* V'era anche in Turino un particolare costume,
che non ha riscontro, ch'io sappia, in altre città. Il Millin
(1759-1818) parlando del castello del Valentino che sorge nel
bellissimo parco sulle rive del Po. dice: < Un donnoit autrefois
dans ce chàteau une fète le jour de S. Valentin, le 14 de fé-
vrier. Chaque dame appeloit le chevalier qui la servoit, son Va-lentin. C'est de la qu'est venu le nom de eette demeiu-e >>.»Ma
la notizia del Millin è poco particolareggiata. Più preciso è
quel che scrisse il p. .J.-B. Labat (1B63-1738), che viaggiò l'Italia
' Il Neri, a cui è nota questa testimonianza, crede che essa provi l'esi-
stenza del cicisbeato a Torino; ma a noi pare che dimostri invece il con-
trario, e che dia ragione all'affermazione che abbiamo trovato nelle Leftres
della Montagu. Cfr. Neri, Op. cif., pag. IS'd sg , in nota.
* 11 documento fu edito da Vincenzo Promis nella Miscellanea di .storia
italiana della li. Deputazione di .storia patria, voi. XIll. Torino. ISTI, pa-
gina 522 sg.
* Gaudenzio Cl.\|{etta. La corte e la società torinese dalla metà del
secolo XVII al principio del XVIII (nella Rassegna Nazionale, voi. LXXIIIe LXXIV, 18!J3i: la lunga, interessante monogra6a è fondata sulle memoriedi N. de Grandchamp [La (/ueì'ro d'Italie, memoires dii coìnte..., Colo-
nia, 1710).
* Claketta, La corte e la socittà torinese, ecc., pag. 66 delTestratto.
" Millin Aihin Louis (17.5W-1818), Voi/age en Piémont, à Xice et à Gènes.
Paris, Wassermann, 1816, I, H40. (Cito dal D'Ancona, Op. cit., pag. 642).
Vedi anche D'Ancona, pag. ^ìi^(ì sg.
198 I CICISBEI
al principio del "700, sebbene egli riferisca in generale all'Italia
il costume dei « valentini », clie ritengo vedesse solo a Torino:
« Je n'ai janiais pù scavoir assez au juste la raison de ceb
usage, mais il est établi il y a bien des années. Les lilles choi-
sissent des gareons, qu'elles envoyent avertir qu'elles les ont
pris pour leurs Valentins. Les gareons y répondent d'abord par
un bouquet, qu'ils envoyent à leurs Valentines et les mariages
suivent assez souvent ces petites unions dont personne n'est
scandalisé, parce qu'elles sont innocentes. et que les titres de
Valentin et Valentine ne dispensent pas les parens de veiller
à l'ordinaire sur la conduite de celles dont ils sont chargéz.
()n se fait de présens pendant le cours de l'année, on se visite,
on se trouve, aux assemblées et aux promenades: et lannée
finie sans engagement, on songe a faire de nouveaux Valentins
et de nouvelles Valentines. car il est juste qu'ou recommence
un nouveau bail. Les religieux mémes ne sont pas dispensez
d'étre choisis pour Valentins, et comme tout se passe dans cette
petite union selon toutes le régles de la bienséance la plus se-
vere, on n"3' trouve point à redire ». ' Anche più interessante è
una testimonianza fatta conoscere più recentemente, che fa ri-
salire il costume dei « valentini » alla seconda metà del secolo xvii.
Nel Ceremoniale ancor inedito del conte 8caravello, maestro di
cerimonie della Corte piemontese, alla data 14 febbraio 1677.
si legge: <> ^Madama Reale ha comandato che si rinnovasse la
funzione di fare li « Valentini » alle dame; sì che, la sera, nel
(gabinetto di M. R., ov'era S. A. R., la Ser.'"* Principessa e
Ser.*"' prencipi con tutte le dame e cavalieri della Corte, se ne
fece l'estrazione nelFinfrascritta forma: fu fatta una lista di
tutte le dame d'honore e figlie d'honore della Corte, e fatti
altrettanti pollicini {polizze) col nome dei cavalieri, e messi
in un vaso d'argento dorato, qual tenevo io come mastro delle
cerimonie, e m.'' De l'Echeraine, 1° secretano di G-abinetto di
S. A. R., leggeva ad alta voce i descritti nella detta lista, co-
minciando da M. R., Ser.""* principessa e tutte le altre dame e
figlie d'honore, senza distintione di precedenza;quali conforme
erano nominate, si presentavano avanti Madama Reale, e tira-
vano a sorte uno de' pollicini, e subito aperto si nominava il
cavaliere flescritto, qual doveva restar <' Valentino » della damachn l'avf-va estratto, alla quale detto cavaliere doveva far qualche
' Il passo è riterito dal D'Ancona, pag. i>41 sj;g.
I CICISBEI 199
regalo di fiori e nastri '>.i A Maria Giovanna Battista di Sa-
voja-Némoiirs spetta adunque il merito d'aver ripristinato questa
istituzione di galanteria: a noi non è dato spiegarci l'origine
(li essa, sebbene vi si possa veder la derivazione di una consi-
mile usanza dalla Corte di Francia. Nei Vaìentini è qualche
somiglianza indiscutibile coi cavalieri serventi del secolo suc-
cessivo: ma noi non riteniamo che questi abbiano avuto origine
da quelli, come ad altri è sembrato, e perchè i Valentiui servi-
vano anche le fanciulle, e non solo le maritate, e perchè essi
sopravvissero, come le testimonianze vedute ci dicono, al trion-
fare dei cicisbei. I quali nella seconda metà del secolo xviii non
eran più a Torino una rarità, come abbiam veduto nel 1730: il
Millin riteneva perciò erronea l'opinione che il cicisbeismo fosse
nato a Genova, mentre per lui cominciava appunto a Torino,
e offriva i più perfetti tipi di cavalieri serventi a Venezia e in
Toscana; 2 nel 1795 lo storico Gibbon, parlando delle conversa-
zioni torinesi, affermava che « ogni dama bada solo al proprio
cicisbeo, e un povero inglese che non sappia parlare piemontese
e non conosca il giuoco dei tarocchi rimane nel suo cantuccio
senza un cane che gli rivolga la parola »; e nel medesimo anno
il marchese Enrico Costa osservava: « Non mai fu veduta simile
fiera di cicisbei; le dame che ne sono già provviste e vogliono
assicurarsene uno per sempre, accordano mezze pensioni e no-
minano coadiutori con futura successione».'^
A compiere la geografia italiana dei cicisbei manca ancora
la Sicilia. In essa, come già diceva di Napoli il De Brosses,
le donne non eran cosi libere come nel continente. Questo ci
' 11 brano è riferito in ano ftei curiosi articoli su Torino e i Torine.'<i
che av All)erto Virigli© i è venuto pubblicando sulla quotidiana Gazzetta
del Popolo di Torino numero del IT novembre 19o5: Esposizioni del pas-
sato . Il nume di Vaìentini, che il Viriglio non sa donde provenisse, deri-
vava probabilmente dal giorno in cui si taceva quella festa, che era annuale,
il 14 febbraio, giorno di S. Valentino. Se poi il castello, che era stato rie-
dificato dalla prima Madama Reale, Cristina di Francia sorella di Luigi XIII,
prendesse il nome dalla festa dei valentiui. come asserisce il Mallin, non
saprei affermare. (Questa costumanza dei patentini ricorda il giuoco di società
fattoci conoscere da Ferdinando Galiani.
Ctr. D'Ancona, (tp. cit., pag. GtU.
' Costa de Beaurrgard C. A., Un homme d'autì-efois, Paris, Plon. 1891.
pag. 271 sg., e per la testimonianza del Gibbon, pag. 272. Abbiamo citato
da una versione di questo libro ^Uii uojuo d'altri tempi. Torino, tip. Arti-
gianelli, 1.S79. pag. 208 sgg. 1.
200 I CICISBEI
attesta il viaggiatore inglese Brydone. il quale \'isitò la Sicilia
nel 1770. e lodava il costume, seguito in molte famiglie, di educar
le fanciulle presso la madre, anziché nei conventi. La galan-
teria, sempre secondo lo stesso autore, era però simile a quella
del resto d'Italia : i cicisbei erano abbastanza numerosi, ma non
quanto nelle altre regioni italiane, i
II.
La galanteria della vita privata non poteva non riflettersi
nella letteratura. Nella prima metà del secolo xviii sono quasi
unicamente i religiosi e i moralisti, che scrivono trattati pieni
d'ammaestramenti morali, accumulando autorità sacre per di-
mo-strare il pericolo delle troppo assidue e libere conversazioni
che il secolo consentiva tra individui dei due sessi. Ma a poco
valero i loro sermoni, che la società non solo accettava, mafavoriva le coppie cicisbee, e il cicisbeismo divenne uua squi-
sitezza caratteristica del ceto aritocratico dapprima, poi delle
classi meno elevate, e col tempo di tutte, eccettuata la plebea.
La poesia si compiacque d'ispirarsi alla gaia costumanza e con
fervido sentimento erotico espresse lo spirito galante e delica-
tamente corrottp di quel mondo di spigliate e capricciose da-
mine, di effeminati cavalieri serventi: molte delle Dori e delle
Filli, che s'atteggiano a ingenue pastorelle nelle anacreontiche
della prima metà del Settecento e nelle canzonette e nei sonetti
arcadici, sono appunto graziose cicisbee, per le quali l'amore e
il corteggiamento costituiscono una bella creanza. Fra le troppe
liriche del Frugoni, che servì tante vivaci e garbate signore,
sarebbe agevole fare una raccolta di poe.sie da cicisbei: la li-
bertà che spesso confina con l'indecenza, la malvelata sensualità
di esse sono proprie, è vero, di quello sboccato epicureo che fu
Cornante; ma egli è uno dei più caratteristici uomini del suo
secolo spensierato e amante del piacere. ^
' Sul Brydone cfr. D'Ancona, Op. cj7., pag. 582 sg. E sul costume sici-
liano in {genere e pel nostro tema v. Isidoro La Limia, I.a Sicilia di nn
secolo addietro secondo i viaggiatori stranieri (nella Nvova Antologia, aprile
1H7*)).
* Per questo aspetto delle poesie del Frugoni mi si conceda di riman-
dare a quel che ne ho scritto nel mio volume in corso di pubblicazione su
/m lirica italiana dall'Arcadia ai tempi moderni, pag. 21»} sgg. (nella iSYor/a
dei generi letterari italiani edita dalla casa Francesco Vallardi di Milano .
I CICISBEI 201
Anohe ali infuori della lirica eroti< a del l-'rugoni e dei suoi
imitatori, la vita di quel secolo, e il libero costume ci sono rap-
presentati in altre forme e maniere di- poesia, senza intenzione
alcuna di ridicolo e di censura. Kfco un altro uomo del 'TOJ,
diverso in gran parte dal Frugoni, l'Algarotti, Ahjarottuliis
nosfer, come gli amici bolognesi lo chiamavano, il compagnod'avventure del grande Federico di Prussia, che ad un'amica
discreta, a Lesbia, in un'epistola in versi, parla d'un suo amore
giovanile, troncato bruscamente e poi ridesto, quando purtroppo
l'amata era già sposa d'altri. Purtroppo? Chi sa? Certo non
mancavano speranze al eonte veneziano:
I dolci sdej^ni, e le più dolci paci,
II parlare, e il tacer già d'una volta
Si risvegliare al cuor; ne centra lei
Fresca immago di Londra o di Parigi.
Né valse lunga ussenzia. o mille leghe.
Nel letto il mezzogiorno, e il cioccolatte
In leggiadro atto assisa ella attendea
D'un gentil zamberlucco il seno involta
Che un sol ago tenea dinanzi chiuso.
Languidamente ella girava gli occhi
De' notturni piacer segnati ancora.
Che troppo mi diceano: altri è felice.
Il mio sguardo vagava or sul confuso
Crin dalle Grazie, or sulle due pozzette.
Or sul vario disordine del letto.
Che Imeneo, non Amor turbato avea...'
È la solita contesa tra Amore e Imeneo, così opportuna —qualunque sia il giudizio che altri ne reca — nel (Giorno del
Parini, di cui costituisce l'invenzione intorno a cui s'aggira
tutta la varia favola del poema, in quanto mira a rappresentarci,
con l'ornamento dei vivaci colori mitologici graditi a quel se-
colo, come sorgesse l'uso del cavaliere servente, spesso tanto
caro al cuore della dama gentile, quanto tollerato era il marito,
che si rifaceva a sua volta nel nido altrui. E questa sposina,
descrittaci dall' Algarotti, è certo una cicisbea in formazione,
essa che riceve l'innamorato della prima gioventù in camera,
essendo ancora in letto (come faceva in Roma la principessa
Borghese con la folla de' suoi ammiratori e conoscenti), e non
teme che l'antica fiamma si ridesti, a provar se i baci d'amore
' Algarotti F., Epistole in verni, Venezia. Novelli. lT»>o. pag. tìT sg.
202 I CICISBEI
sian più dolci di quelli d'Imeneo. Anche Durante Duranti, uno
dei molti imitatori che s'ebbe subito il Parini, in un episodio
del suo poemetto L'Uso, parlò di parecchi vagheggini, o «Nar-
cisi » come li dice, novelli Proci che vanno a far visita ad una
dama che è ancora in letto:
Ognuno a gara
S'accosta ardito, e chi vicin s'asside,
Chi l'una man le stringe, e chi dell'altra
O delle molli ritondette braccia
Sugge i candidi avori; e chi sdraiarsi
Gode persin sullo scomposto letto...
L' USO permetteva libertà di gusto assai discutibile, come
ognun vede. Che se la dama è levata e attende alla sua toe-
letta, non mancherà qualche innamorato, poeta o no, che l'aiuti
nel delicato lavoro. Il barone Antonio Caraccio di Nardo, in
Arcadia Lacone Croraizio, celebratore di Cristina di Svezia, in
una canzone ci si ritrae tutto intento a pettinar la sua Dorinda,
adattandole sui capelli nastri e legami, e tessendo nodi e anella:
vero è che non dimenticherà di paragonarsi classicamente ad
Ercole debellato da (.)nfale. i
Ad un'altra costumanza del Settecento, ai lunghi viaggi nelle
pesanti e monumentali diligenze, si riferiscono alcuni altri cu-
riosi poemetti. Eccone intanto uno del medico Lodovico Bian-
coni (1 717-1 7B1), intitolato Viaggio d'Amore e Dori a Roma,
pubblicato la prima volta, credo, nel 1766.- Che questi viaggi
avevano pure la loro poesia, e non eran niente aifatto spiace-
voli se venivano intrapresi per tener compagnia ad una gentile
signora: a tutti è noto che uno appunto di questi viaggi favorì,
mezzo secolo dopo quello descrittoci dal Bianconi, e il divam-
pare dell'amore di Lord Byron e della Guiccioli. Ma torniamo
al medico settecentista. La Dori, che egli ci presenta, è una
dama veronese a cui egli è compagno di viaggio fino a Roma.I versi del Bianconi non sono brutti, anzi s'atteggiano alla ner-
vosa e succosa precisione degli sciolti pariniani, di cui da pochi
anni l'Italia aveva sentito il sapore, soave })er gli uni, agro per
' Nelle Rime deijli Arcadi, \ul. IV, paj;-. 15:5 sgg.
- Viaggio di Amore o Dori a Uoma, Venezia, Sansoni, iTdtJ. Senza nomed'autore. Troviamo poi questo poemetto nel Parnaso italiano dello Zatta,
Venezia, voi. •")1, pag. l'M sgg.
I CICISBEI 203
gli altri. Il nostro verseggiatore e medico va a destar Dori per
la partenza:
Dalle t'elici sue notturne piume
Il giovin fianco e il rilevato seno
A che più tardi a trar. leggiadra Dori?
Tu dormi ancor tranquilla e non t'accorgi.
Che alta rosseggia in Oriente e splende,
Quasi rinfacci a te le tue dimore.
La rugiadosa moglie di Titone.
La carrozza è già pronta ad aspettarla:
Odi il cocchier, che a le tue soglie assorda
Col rauco corno, e col flagel nodoso
I sonnacchiosi abitator vicini.
E intanto i destrier fervidi inquieti
Battendo van col pie ferrato il suolo.
Il nostro autore entra liberamente nella camera della pigra
signora, che sta giusto allora svegliandosi; ed ecco anche la
vigile cameriera. E una scenetta che merita d'essere letta nei
versi del Bianconi, di schietto stile settecentesco:
Ah Lisetta gentile, entra: te pure
B-iveggio volentier; depon sul letto
I bianchi lini profumati e molli,
Ch'entro fragrante e gallico canestro
Vigile ancella a la tua donna apporti,
E in segno d'amistà dammi la destra.
Calza a Dori il bel pie, rivesti il fianco,
E mentre che a l'argenteo, e mattutino
Desco d'Amor ministra le alimenti
Col pingue nardo, con la bianca polve
II lungo ondoso crin iisciolto e sparso,
E in viril treccia lo componi e annodi.
Io qui mi assido. ..
Bevi, o Dori, frattanto, e al caldo latte
Mesci la fervid'onda, che al tuo lato
Sopra l'inglese e bel tripode bolle
Con l'odorosa foglia giapponese,
Grato conforto al cor. grato a la bocca,
E una tazza a me pur ne porgi ...
Non ci meravigliamo che il nostro medico poeta assista al
levarsi della gentile Dori, di cui ci si rivela invaghito: eran
costumanze che il secolo gradiva. Ormai i nostri due eroi sono
204 I CICISBEI
in viaggio: un viaggio turbato dalla polvere che le ruote pesanti
sollevano ; e la signora è costretta a difendersi da essa, per con-
siglio anche del suo compagno :
Ma, oh Dio, che fai? Col bianco lin deh copri,
Copri quella venusta e corallina
Bocca gentile, acciocch'essa non beva
Questa che innalzan le ferventi ruote
Nube di polve da l'adusta strada:
Se tu noi sai, quella tua bocca, o Dori,
A tutt'altro, che a polve amor destina.
Né qui si fermano le attenzioni del compagno di Dori. Egli,
appena il sole appare e penetra nella carrozza, così dice alla
bella viaggiatrice:
Lascia ch'io chiuda col sottile e verde
Serico velo, al destro lato il cocchio,
Perchè non entri de l'adulto sole
Il ca,ldo raggio ad imbrunirti il volto.
Giunti sull'Appennino, i due viaggiatori si fermano ad un
albergo, e si ristorano : la dama si fa dar la cioccolata, e sor-
bendola
Tinge di brun le la])bra di corallo.
Noi auguriamo loro il buon viaggio.
Al Bianconi possiamo unire l'abate Clemente Bondi, che ci
dà una Descrizione d'un breve viaggio da l'adova a Milano.^ Egli
si mette in viaggio in cocchio con Nice, e le fa da cicerone :
questo era tra gli uffici dei cicisbei uno dei meno sgraditi, quando
la compagna era leggiadra e briosa. Il Bondi ci offre con minu-
ziosa compiacenza la descrizione dell'abbigliamento da viaggio
di Nice :
E pria succinta Amazzone l'usata
Vestì semi virile, orlata intorno
D'un aureo giro, al rilevato fianco
Stringi adattando e agli omeri gentili,
Che il sen chiuda affibbiata: e come è l'uso.
Al liscio eburneo collo avvolgi intorno
Della gallica benda il lungo ingombro,
' B()Ni>i, Poesie, Vienna, 1H08, II, pag 254 e segg. D'un altro viaggio da
Padova a Ferrara, ma non più con una dama, tratta un' altra poesia ilei
Bondi, intitolata II sogno, pag. 276 e segg.
I CICISBEI 205
Né l'indica sottil pieghevol canna
Non obliar, dell'oziosa manoLieve trastullo; e il Vjiondo crin sul dorso
Negletto ad arte in lunga treccia copri
Dell'anglico cappel, cui l'ala estesa
Serico fil circonda, e d'augel raro
Oman le fosclie tremolanti piume.
Di questa forma di poesia parrebbe talvolta aver voluto far la
parodia il Parini nella sua satira poderosa, sebbene anch'egli,
figlio del secolo, sapesse a suo tempo esser galante con le belle
signore; ma lo stesso Bondi, messosi sulle orme del grande poeta
brianzuolo, non fu degli ultimi tra quelli che volsero la loro Musaa ritrarre i difetti della loro età per correggerli. Nel poemetto
La Moda egli si ride della schiavitù a cui la società si sottopone
per seguire i capricci della volubile dea, e ci trattiene nella de-
scrizione (iella toeletta a cui le dame dedicano tanta parte della,
loro giornata.! Nell'altro poemetto La Felicità, paragonando il
costume dell'età aurea a quello del suo tempo, dice che ben di-
versi erano allora i giovani:
Che non del tardo di spendevan l'ore
Inanellando il crin, pingendo il viso;
Jsè fra l'occulto amante, e quel di onore
Ai varj ufficj era il mattin diviso.
Con libero candor era ogni core
A un solo aifetto, a un volto sol deciso.
E il gentil sesso, che fra noi si onora.
Non si serviva, ma si amava allora. -
Di quella società mondana del Settecento, il Bondi che la
frequentò e conobbe ci descrive il costume e i trastulli, e i mezzi
con cui essa va alla ricerca della felicità: il giuoco, i passeggi,
i convegni nei giardini fiorenti. Citiamo alcuni versi, in cui
par di leggere la spiegazione di una delle scene campestri del
Watteau :
Molti su le fiorite ei'be novelle
Traggono all'ombra le piacevoli ore.
Di ninfe al fianco lusinghiere e belle.
Di reciproca fiamma accesi il core. *
' BoNoi, Poesie, Padova, Penada, 1778. I. pag. 1S6 e 198 e segg.'^ Bondi, Poesie, Vienna, 1808, I, pag. 123.
* Bondi, Poe.s?>, Padova, Penada. 1778, 1, pag. 172. Sui poemetti del Bondi.
cfr. anche G. Agnelli, Precursori e imitatori del 'Giorno^ di G. Porini.
Bologna, Zanichelli, 1888. pag. 68 e segg.
206 I CICISBEI
Più. varia e riuscita è la caricatura contenuta nel poemetto
La Conversazione^ in cui il Bondi ci descrive argutamente tutti
i tipi che più frequenti si trovavano in quelle riunioni, ove di
preferenza facevano la loro apparizione le coppie cicisbee.
Con questi poemetti del Bondi abbiam fatto una digressione
nel campo della satira, che ci riserbiamo di percorrere più oltre.
Torniamo quindi alla letteratura che s'inspirò seriamente al co-
stume galante del secolo xviii. Ognun sa la passione che le dame
d'allora ebbero per i cagnolini : non v'è in quel tempo poeta in
voga, il quale non abbia una poesia per qualche cagnolina, o
« vergine cuccia ». Il famoso episodio pariniano pose un freno
a tutta quella poesia canina a cui il Frugoni contribuì larga-
mente, a cui l'abate Casti diede il suo epicedio ben noto. Ma le
sensibili signore non amavan meno i canarini, e non mancò chi,
in un poemetto didascalico, naturalmente in isciolti, cantasse di
proposito :
Quell'augellin da i si soavi carmi
E dalle verdi e candidette piume.
Fu uno di quei veronesi, che nel Settecento ebbero la spe-
cialità della poesia didascalica, il conte Ignazio da Persico, e
l'opera sua ebbe, con due edizioni, le lodi di parecchi benevoli,
tra' quali Giulio Cesare Becelli. i
Fiori e cagnolini porsero al Bettinelli l'occasione di scrivere
un supposto carteggio tra due amiche, le quali concludono la
loro conversazione epistolare in modo poco lusinghiero per i
cavalieri serventi, esaltando e fiori e cani al disopra degli uomini:
tanto le avevan seccate i cicisbei! L'operetta del Bettinelli girò
anonima, pubblicata per nozze, ed ha una blanda intonazione
satirica. -
' / canarini, V-erona, Tumermani, 1728. Un'altra edizione con note fu
fatta a Torino, Stamperia reale, 1765, e ad essa va unita l'anacreontica del
Frugoni sul canarino di Crinatea: / più bei numeri Casfalia Dea, ecc. (pa-
gina XLV e segg.i
" / fiori, e i cagnolini: carteggio tra due amiche dedicato agli illustri, e
nobilissimi signori conte D. Gius. Schinchinelli, e contessa Donna Maria
Borromeo in occasione delle loro faustissime nozze, Cremona, Manini, 1793.
Che l'autore sia il Bettinelli è affermato nella liihlioteca oltremontana ili
Torino, 17HH, voi. I, pag. 251-1)0. Sui cani, delizia delle dame nel sec. xviii
e piima e dopo, vedi Marchksi G. B., op. cit. più oltre, pag. 317 segg e 3t)2
segg., a proposito delle satiriche Avvent^ire di Lillo cagnuolo fìolognese (Ve-
nezia, Zatta, 1760'.
L
I CICISBEI 207
Ma ben seriamente il conte Antonio Cerati trattò dei giuochi
di società e di fortuna: biribisso, tric-trac, tressette, scacchi, ecc. ^
Il Settecento era il secolo dei più arrabbiati giuocatori. La du-
chessa di Modena, Carlotta Aglae d'Orléans, che era venuta in
Italia preceduta dalla fama non bella de' suoi amori <ol duca di
Richelieu, poteva vantarsi di avervi importati, nella prima metà del
secolo, i giuochi d'azzardo, dei quali era tanto appassionata che
faceva della notte giorno : giuocava a « biribi » tutta la notte,
cessava alle 6 del mattino, si coricava alle 8 per levansi alle
5 pomeridiane."'^ Sale da giuoco abbiam già veduto a Roma presso
la principessa Borghese : giocatrici impenitenti erano non poch^^
delle belle signore parmigiane cantate dal Frugoni, e tra esse
la spiritosa e leggiadra marchesa Anna Malaspina. Non a vuoto
flunque colpiva il Parini quando in più episodi del Giorno^ e
specialmente in quello dell'invenzione del tric-trac^ denunziava
il vizio del giuoco come uno dei più gravi della società del suo
tempo. ^
Non pare che dai cicisbei traessero materia abbondante i ro
manzi del Settecento, tra i quali basterà citare i V'iagyi di Enrico
Wanton del veneziano Zaccaria Sceriman (Venezia, 1749).* Invece
a mettere in caricatura e ad esporre al ridicolo i cavalieri ser-
venti contribuì certo con efficacia il teatro comico, del quale ci
sarebbe materia da far un lungo discorso ; ma a noi basterà ac-
* Jj'isola del giuoco, in Cerati. (JpuscoU, Parma, 1797, pag. '2ti e segg.
- Ct'r. Dr Brosses, Lettres famìlières, Paris, 1858, I, pag. 45H e segg^ Sui vari giuochi del 700 non sarebbe difficile trovar una letteratui-a
poetica abbastanza ricca Al Parini e al Cerati aggiungiamo il Bettinelli,
che scrisse un poemetto sul Giuoco delle carte e il Bondi, che descrisse il
Biribisso nel poemetto La Felicità (e. II). Cfr. le sue Poesie, Vienna, 1808,
I, 160 e seg. Dal Molmenti (La storia di Venezia nella vita prirafa. ecc.,
ni, 242, n. Il tolgo la seguente indicazione bibliografica: «Il trionfo del
tresette poema in versi sciolti di un patrizio veneto [Lodovico Morelli], Ve-
nezia, Zatta, 1756»; e ad essa aggiungo quest'altra: « // Faraone. Poemetto
giocoso. In Modena mdccl.\xix. Presso la società tipografica». Il Faraone è
un breve poemetto ipagg. 12) in distici ottonari di valore assai scarso. Sui
ridotti e sul giuoco a Venezia nel Settecento, vedi Molmenti, op. cit., III.
241 e seg. Il Parini, è noto, espose argutamente l'invenzione del tric-trac
nel Mezzogiorno^ vv 1112 e segg. Su d'uno sconcio equivoco si svolge la
poesia veneziana Una partia a la bassèta (vedila in Malamani, op. cit.. II.
pag. 191 e segg).
* Cfr. G. B. Marchesi, Studi e ricerche intorno ai nostri romanzi e m-manzieri del Settecento, Bergamo, Istituto italiano d'arti grafiche, UXDi,
pag. 229 segg. e pagg. 2H2 specialmente.
208 I CICISBEI
cennare quanto ci giovi a colorir meglio il quadro che stiamo
rapidamente delineando. Tra le commedie del Fagiuoli troviamo
// cibisheo sconsolato, che nel 1732 si rappresentava a Vienna ;i
l'Albergati dei cicisbei rise in più commedie, specialmente nei
Pregiudizi del falso onore, e nelle due che s' intitolano il Saggio
amico.^ In questa serie van messe anche talune del Chiari, La con-
cersazione e La galanteria, e quella più aspra e forte di tutte,
opera dell'Alfieri. // divorzio ^. Delle commedie del Goldoni, la
parte che riguarda i cicisbei è stata di recente studiata in modolodevole: ^ le commedie dell'avvocato veneziano, che per questo
rispetto c'interessano, non son poche, ^ e in -esse l'autore non ha
voluto esser mai aspro, come forse avrebbe dovuto. I mariti che
egli ci ritrae sono di solito deboli, o trascurati, o svogliati, o
servono un'altra dama, e rarissimi sono i gelosi ; i cicisbei sono
gli esseri più innocui di questo mondo, nella rappresentazione che
ce ne dà il Goldoni; le dame poi armonizzano coi mariti e coi
cicisbei: svogliate coi primi, fatue coi secondi, e della infedeltà
vera o apparente dei mariti rarissimamente gelose.
Anche l'opera in musica fece posto, com'era dovere, ai cicisbei,
per esporli allo scherno e al dileggio : nella sola Bologna, per
non ricercar di altri luoghi, nel 1747 si recitavano / tre cici'ibe?
con musica di Natale Resta; nel 1749 La rirfuosa corteggiata
da tre cicisbei ridicoli, un dramma giocoso di Carlo Antonio
Vasini musicato da Matteo Buini ; nel 1759 La conversazione,
musica di Giuseppe Scolari; nel 1761 / tre amanti ridicoli, opera
(Ji Baldassarre Galuppi, e nel 1764 // cicisbeo burlato, messo in
musica da Tommaso Porta.^
' Così scriveva il Metastasio alla sua Romaniiia (Mktasi'Asio. Opere
postume date alla luce dall'ab. conte D'Ayala, Vienna, Alberti, 175*5, 1, 146).
Questa commedia ha anche il titolo Ciò che pare non è.
Vedi E. Masi, Francesco Albergati^ Bologna, Zanichelli, 1H78, cap VII.
" Su <|uesta commedia dell'Alfieri, vedi F. Novati, Studi critici e let-
terari, Torino, Loescher, 18Hi>, pag. 78 segg. Non ho creduto necessario fer-
iiianui sulla nota satira alhsriana, intitolata II cavalier servente rcteraiio,
di cui tutti sanno le vigorose terzine.
* Maria Mp:ri.ato, Mariti e cavalier sermnti nelle commedie del (•O/doni,
Firenze, Carnesecchi, 1906. Dei cicisbei in particolare, pag. ;{1 e segg.' Sono H cavaliere e la dama (che avrebbe d(jvuto aver il titolo: / cici-
sbei), Im donna prudente, Ixt famiglia dell'antiquario, IjC femmiui' j)iin/i-
gliosf. Il festino, ecc.
'• Vedi Corrado Ri(( i, / fcatridi Bologna, Bologna, Monti, 1888, pag. 46;{,
461, 475, 478, 484. Non so se l'ultimo melodramma sia una cosa sola con
// cicisbeo burlati), dramma giocoso per musica di Angelo Anelli, musica di
I CICISBEI 209
Nemmeno in quella feconda e curiosa letteratura degli alma-
nacchi, che da noi ha tradizioni molto lontane, nei l'ronoxfici
del Rinascimento (famosi quelli di Pietro Aretino), e che era
molto in voga sul finire del '700 e nei primi dell'HOO, non man-cano allusioni al cicisbeato.
Ne ha dato un saggio curioso il Neri,* e tra i molti ch'egli
fece conoscere, alcuni sono satirici h galanti, come II gran parco
di Londra (1794) e // giardino d'Armida (1795). Nel secondo dei
quali si mettono in caricatura quelle pseudoletterate che allora
avevano ammiratori e di cui diremo, le dame di spirito e i loro
cavalieri serventi, che non erano spariti del tutto, sebbene fos-
sero scemati di numero : le « seducenti Armide » e i molti Rinaldi,
« che a somiglianza di quello dell'immortale poeta, si perdono
nell'ozio e negli amori ».'^ Altri calendari passavano in rassegna
il costume in genere, come // mondo alla moda ossia galanterie
di ultimo gusto; ed altri eran bene indiscreti, poiché, come quello
intitolato La toletta del bel senso, dei principi del secolo xix,
parlavano della toeletta delle dame, e non solo di quella palese
che esse facevano spesso avanti al cicisbeo e ai loro ammiratori,
ma anche di quella intima, cui è sperabile non assistesse nem-
meno il cavalier servente.' Affini agli almanacchi erano le Pre-
dizioni, che si pubblicaron certo in buon numero : noi citeremo
quella del 1 756, nella quale si prende di mira specialmente il
sesso maschile etferainato.* La profezia, che fa l'autore, è questa :
« Si cambieranno gli uomini in donne, e le donne in uomini »
(pag. V); e ad essa lo induce il veder gli uomini del suo tempo.
Ferdinando Orland (Milano, Classicii, che fu recitato alla Scala nel lsi-2.
Sul melodramma del Oaluppi v. A. Wotql'ennk nella I/ivista musicali^ ita-
liana, VI. 5(>7.
' A Neri, Veccfii almaaaccfii milanesi, ne' suoi Studi bibliografici e let-
terari. Genova, Sordomuti, 185)0, pag 2()1 e segg.
- Neri, loc. cit., pag. 274.
•' Neri. loc. cit., pag. 2S4. Della toeletta, di cui tratteremo più oltre, si
occupano molt'altri almanacchi segnalati dal Nei'i. Ricordiamo ancora, tra
gli almanacchi attrihniti a Isidoro Bianchi cremonese, i seguenti che per i
loro titoli si riferiscono ai vari argomenti da noi studiati: La conversazione
(Cremona, 1779i, Tm donna di talento (Cremona, 1783), Idee d'un orientai*-
sul giuoco del Faraone i Cremona, 1705), Idee d'un Egiziano sul giuoco del
Tarocco iX'reniona. 17!><)). Ct'r. Melzi, Dizionario di opere anonime ^ jtseu-
tlonimr di scrittori italiani, ecc., I, pag. B7ì.
' L'anno niaroriglioso. Predizione del 1748. Col compimento di essa
del Jl.'td. E una lettef^a inforno all'acconciare i capelli, Yenezia. Occhi. 17.^H.
La lettera sui ca])elli tratta dell'acconciatura delle signore.
14 — h'ifisto tritatili, anno MH. voi. II. tHs.-. Vili, ^Agosto IHIO).
210 I CICISBEI
sempre più effeminati, « dare altrui udienza a letto fino a mez-
zogiorno ; rompere a mezzo un discorso grave per far conver-
sazione ad un cane, parlare con l'effigie loro ad uno specchio,
accarezzare i merletti de' loro manicottoli, dar nelle smanie,
se si spezza loro qualche galanteria da nulla, cadere svenuti
sopra un pappagallo o un canarino malato, e insomma rubare
all'altro sesso tutte le sue gentilezze » (pag. IX). Il quale « altro
sesso » s'è dato agli studi prima riserbati agli uomini, sicché la
concorrenza è reciproca : « Anch'esse compongono libri. La gen-
tile Poesia è divenuta un passatempo de' loro freschi anni, e non
più. S' hanno posto alla bocca fino la tromba del Milton, agli
uomini lasciano le fabbriche de' romanzi ... e son fino a viva
forza entrate ne" più occulti gabinetti delle scienze » (pag. xii).
E veniamo alla satira propriamente detta.
III.
Essa cominciò a sferzare il costume, di cui ci stiamo occu-
pando, verso la metà del secolo, e lo fece con varia violenza e
con maggior frec^uenza che prima non avessero fatto i moralisti
e i trattatisti. La satira milanese contro il cicisbeismo ha per
suo principal campione Giuseppe Parini, il quale, col Giorno,
mirava appunto a mettere in ridicolo un & giovin signore » , di
quelli che l'usanza della casta a cui appartenevano destinava a
servir la donna d'altri, e la società frivola nella quale egli s'ag-
girava e di cui era l'eroe infrollito, i Ma noi, dopo la ritorta che
' Abbiamo già citato il passo del Mattino, in cui il Parini accenna pri-
mamente alla cicisbea. In qualche altro luogo delle sue poesie minori, con
meno lindezza di poesia, e più aspro vigor di satira, il Parini castigò il
ricisbeismo. Citiamo il sermone II teatro (Parini, Opere, ed. Reina, III.
pag. I<i5 e segg.), in cui il poeta entra in teatro con quella sua Musa non
pari a putta » , e cosi le dice :
Entriam dopo costui che tanto a uscire
Sta di carrozza, e seco al fianco valli
L'altrui moglie ch'egli ha tolto a servire.
Il marito aspettando a casa stalli:
E de la melonaggin del maritoRidono i consapevoli cavalli.
Stimasi oggi un error d'esser punito.
Non che da tinger per rotisor le guance,Veder lo sposo a la sua uìoglie unito.
— E finita la gelosia, prosegue, e non si teme più il « cimiero •
Ch'ebbe a tempi più rei si mala voce.
Altre coppie ugualmente curiose entrano a teatro, e noi le vedremo più oltre.
Si ricordi il bellissimo passo della gelosia nel Mezzogiorno, vv. 1<»2 segg.
1 CICISBEI 21 1
del (Homo ci ha dato il Carducci, non discorreremo del Parini.
se non. per richiamar le somiglianze che le satire di cui ci occu-
peremo hanno con alcuni tratti della sua opera.
Quel che fossero i costumi veneziani abbiamo in parte ve-
duto nella narrazione del De Brosses ;^ solo in parte, perchè
molte cose sfuggirono all'acuto e arguto francese, come ci di-
mostrano le notizie abbondanti e curiose raccolte dal Malamani.
Dai cicisbei veneziani tolse argomento per (jualche caricatura
anche la musa popolareggiante, che in quel secolo fu così feconda
nella città della laguna. Tra i molti canti popolari, che ci son
noti,'* uno ha appunto il titolo Et servente: il cavaliere ci è
rappresentato mentre assiste alla toeletta serale della dama, ed
esprime la sua ammirazione col ritornello:
La xe pur bela.
Signora sì,
Quanto una stela,
Pofar de mi I
Più che la vardo
Più la xe bela,
Signora si.
Di lei loda i capelli, il tupè, la fronte, gli occhi, e non
guarda oltre, e di quel che, se fosse più indiscreto, gli reste-
rebbe da ammirare, dà im giudizio encomiastico complessivo:
Mi no m' inoltro,
Ma ben l'aderto
Che se più abasso
Per a(,i dente
Con l'occhio passo,
De megio certo
No se poi dar.
' Sul costume veneziano, oltre l'opera citata del Molmenti, e gli altri
scritti minori già indicati, si vedano E. Masi, La vita, i tevipi, gli amici
di Francesco Albergati, ecc., Bologna, Zanichelli, 1878, pag. 2Sb e segg., main particolare il bel volume di Philippe Monnier, Venise aie A'TV//»' siede,
Paris, Perrin, 1907 : quivi specialmente quel che è detto delle donne (pa-
gina 81 e segg). Non molto di nuovo il Monnier dice a proposito dei cici-
sbei ipag. 10(1 e segg.) Caratteristiche pitture del costume femminile vene-
ziano sono le leggiadre Stagioni, di Antonio Lamberti i l7.57-18o2ì, che puoi
vedere tra le Poesie veneziane scelte e illustrate da Ratìaello Barbiera. Fi-
renze, Barbèra, 188G, pag. 146 e segg.
^ Ci furon fatti conoscere da V. Mai, amasi, // Settecento a Venezia, II : Iai
Mnsa popolare, Torino, Roax, 1892. Oltre El servente i pag. 269 e segg. , vedasi
un'altra canzonetta intitolata / morosi in rasa, e un'altra (pag. 271 n,> in
cui è detto che anche i fanciulli giocavano alla dama e al cavalier servente.
212 I CICISBEI
La satira vera e propria, mentre Venezia continuava a di-
vertirsi, si diffondeva a berteggiarne e sferzarne il costume. Così
faceva G-aspare Grozzi, ne' suoi belli ma un po' freddi sermoni,
in cui traccia bravamente dei quadretti riuscitissimi di tipi vari
e curiosi di quella società a lui ben nota : nel sermone Del pas-
seggiare la sera in piazza, cosi egli ci descrive in pochi tratti
una dama:Quella procede anzi veleggia intorno
Qual caravella, con immenso grembo
Di guardinfante, pettoruta e gonfia;
e così ci rappresenta le signore che passeggiano :
Ha ciascheduna passeggiando intanto
Due maschi a lato, e men felice turba
Che indietro segue. La beata coppia
Confitta a' fianchi, ad ogni muover d'anca
Della signora sua, misura i passi . . .
'
Altrove descrive argutamente ad una dama la passeggiata
fatta con lei in maschera sul Listone,^ a quel modo che l'abate
Frugoni aveva sognato di ritrovarvisi con la sua « Aurisbe », la
bella Cornelia Barbaro Gritti ;3 e in altro luogo, delineando il
notissimo Ritratto degl' innamorati moderni, sorride dei tanti
gingilli di cui il bel costume li costringeva ad andar forniti. *
L'ab. Angelo Maria Labia (1709-1775) descriveva più severamente
le donne veneziane :.
Concier da furie, mate spiritae,
Cavei sul muso mezzi sparpagnai,
Colo nuo afato e in colo ben spalae
E do peti mostrar sempre spacai . .
.
Cotole e veste curte, e curte assae,
E stìamesanti veli sui cendai.
Calza bianca e mulete e gran cordale,
Puzae con languidezza sul servente...
Occhio lascivo in ziro e seducente.
Sedizioso el parlar...''
Certo queste dame non eran modelli di serietà, e se ne videro
di quelle, accompagnate dai cavalier servente, che si picchiavano
' (jr. G(i/j7A, (Jpere, Padova, Minerva. 1S-J((, XI, Hhi^ ^egg.'• Gozzi, op. cit., XIII, no5 segg.
" Sul Frugoni cfr. ancora il mio cit. voi. .su /jn Urica, ecc., pag. 2'2'2 e seg-
' Gozzi, op. cit., XI, 339 e segg. Cfr Paki.m, Mattino, vv. KVJ e segg."• MaIvA-MANI, // Settecento a Venezia, 1: l,a satira del costume, ediz. cit.,
pag. 2!' (^ seg.
I cicisBKi 21:;
plebeamente sotto le Procuratie vecchie. Di .scandali, è noto, fu
piena la vita delle due cognate, Caterina Dolfin Tron e Cecilia
Tron, che erano, specialmente la seconda a cui toccò la ven-
tura d'esser esaltata dal Parini) (jualcosa di peggio che .semplici
cicisbee: amante la prima di Carlo Grezzi e d'altri e causa della
famosa questione del gentiluomo Gratarol, amante la seconda di
Cagliostro e d'altri assai.' Sicché i loro salotti erano assai poco
reputati, sebbene sappiamo che poco oneste erano anche in ge-
nerale le conversazioni che si facevano dopo il teatro: 2 quest'ul-
timo pregio non era proprio soltanto di Venezia, jjoichè a Romasul finire del Seicento il teatro di Tor di Nona fu demolito per
porre fine alle oscenità che si commettevano nei camerini e nei
palchi.
La rilassatezza del costume era anche nel clero : quante ca-
ricature sono toccate per questo agli abatini del secolo xviirl
Che l'abate in quel tempo fa il paio col cicisbeo, e spesso, comevedremo, è una sola persona con esso. Di un abate zerbinotto,
dalle scarpine sempre lucide, il Frugoni chiamandolo < abate
Tulipano » immagina che Venere stessa gli mandi un messo per
avere una di quelle sue scarpine di cui essa s'è invaghita, e che
gliene scriva proprio cosi :
Abate, anilina mia. datemi «{uella
Cosi rara scarpetta, e mi vedrete
Pisciarvi dentro, e poi cangiai la in stella."
In una poesia satirica veneziana si lamenta qualcosa di peggio:
Vedo più de un abate a dar el brazz<
A Ninfe che frequenta vie remote. *
' Su Caterina Uolfiu Tron v. Ph. Monxibr, op. cit., pag. 18 e seg. e Ma-
LA.MANI. op. cit., I, pag. l'29 segg. Su ambedue, ma in particolare su Caterina,
vedi Enrico Ca.stelni;()vo, Una dama reneziana del spcoIo XVIII (nella
Nuova Antologia, 15 giugno 188*2i.'che ne ha tentato una difesa.
- Maij\.mani, I, 86 e segg.'•' Frugoni, Poesie, Lucca, Bonsignori, l78o, XV', pag. 120. Degli abati
cicisbei si rideva anche il Borsetti icfr. E. Rertaxa in (iiornole stnr. di'llo
letter. ital., Supplemento 1, pag. 25, n. ;>
.
* Mai.amani, 1, pag. 107.
214 I CICISBEI
E agli abati non la cedono in questo i preti :
A. prender el frescheto su la bruna
Anch'eli va co la so ninfa al fianco,
E el viazo va a finir su qualche banco
Per contemplar i quarti de la luna.'
Più discreta è la satira veneziana nel parlare del costume
delle monache, ^ di cui abbiam già veduto quel che dicono altre
testimonianze, tuttavia un satirico fa una riserva che conferma
in parte quel che già ne sappiamo :
Sì ben che se averave assae da dir
Sui vizi che le porta, e sul vestir
Che le ha introdoto ancuo per parer bele.
Compendiava i vizi del sesso femminile veneziano una satira
efficace, la quale si rivolgeva alle donne perchè mutassero vita . .
.
in occasione del giubileo del 1777:
Licenziè afato el cavalier servente
Che v'ha fato ogni di da belo e scaltro.
Diseghe pur che za no volè altro
Far de più mormorar tuta la zente.
Lascino i « casini »; allontanino i parrucchieri, « zerbini in-
fami e ganimedi impuri »; non faccian più maldicenze nelle con-
versazioni, al caffè. Si correggano anche da altri difetti e usanze
non belle:
Quel andar in remorchio o pur al corao
Butae zo in trasto in atto lussurioso,
' Malamani, I. pag. l'J8. A questo lamento dei satirici veneziani ta
riscontro quello del Parini nel sermone 11 teatro, che abbiamo già ricordato:
il fiero poeta ci dice che a teatro andavano anche frati mascherati (e ne
traccia una figura comica e laida), e abati:
Debl»' io tacer però che spesso misti
Anzi allacciati in un con Clori e Filli
I vezzosi abatin giunger ci ho visti?
E grondar tutti di odorose stille
Co' manichetti candidi d'Ohinda,
E i ricci in su la testa a mille a mille?
'•' Mai.amani, 1, pag. Il»; e seg.
k
I CICISBEI 215
Col servente viciri o col moroso,
Perchè d'of^ni riguardo el rompa el UK^rso;
Quel permetter che el busto lu ghe impira
Senza più incomodar la camariera.
Far che in camera el staga anca la sera
Fin che in letto spogiae le se destira;
Le xe al mio creder cosse disoneste
Che fa scandalizzar i servi in casa,
E che no gh'è pericolo die i tasa...'
Fj passiamo alla Toscana. Quivi non sarà senza curiosità
cominciare da una cantata <' a una voce » composta dall'improv-
visatore Bernardino Perfetti, celeberrimo a' suoi dì, intitolata
ì'ericoli del cicisheato.''
Una nuvola leggera
L'altro giorno s' inalzò,
Ma dal Sol ])0Ì riscaldata
E cresciuta e condensata,
Ad un tratto si fé nera,
E con grandine e con lampi
Le capanne e i nostri campi
Quella nube rovinò.
Questo racconto fa ad un saggio pastore un'arcadica Glori, e
quello spiega moraleggiando che anche l'affetto per il cicisbeo,
che nasce nel cuore della bella Glori, può mutarsi in « nera e
torbida passione ». Più vivace intenzione satirica si prefisse Lo-
renzo Pignotti in quel suo poema La treccia donata di dieci canti
in sestine, inspiratogli dal Riccio rapito del Pope. Il secondo
canto ha per titolo Origine del cavalier servente, e in esso il
Pignotti immagina che Amore, inorridito per le tante atroci
tragedie coniugali, provocate in Italia nei secoli scorsi dalla
gelosia, abbia impetrato da Venere che i mariti divenissero di
cuore più mite:
Regnar le donne allora, e con industri
Arti cercar per celebri avventuie
Di rendere i lor nomi al mondo illustri."
^ Malamani, I, pag. 152 e segg.
^ B. Perfetti, Saggio dì poesie, Firenze, stamperia Bonducciana. 1774.
pag. HH() e seg.
'' L. Pignotti, Poesie, Firenze, Molini, 1820, pag. 5GG. Su questo poemadel Pignotti, vedi L. Rossi, La freccia donata, poemetto eroicoìnico di L. P..
Padova, tip. (Jallina. U»(t(i.
216 I CICISBEI
Allora esse pretesero l'omaggio e la servitù d' un cicisbeo;
anzi alcune non contente di quello del cuore, ne ebbero più
d' uno d'etichetta :
Al molle braccio altri è sostegno eletto :
Dell'angle cagnolin quello è custode:
All'argenteo scaldino è questo addetto:
Tutti lian mercè : con dolce nome s'ode
Quegli appellar, questi un sorriso, ed have
Un guardo o un tocco della man soave.
Anzi i cicisbei piacquero anche alle vedove. Il Frugoni, che
in un sonetto (// moderno cicisbeato)^ aveva denunciato comeassai pericolosi i cavalieri serventi, egli che non fu mai stanco
di cicisbeare e di corteggiare le belle donne, in un'altra sua
poesia consigliava alle vedove di non rimaritarsi, ma di sce-
gliersi un cicisbeo « discreto ».- Ora una novella di U. De Cou-
reil * ci offre la storia d'una vedova, che alla morte del con-
sorte parve e tu creduta inconsolabile :
[1 cicisbeo medesimoChe del consorte in vita
L'avea costante e assiduo
Di braccio ognor servita.
Invan quel pianto a tergere
Adopra ogni ragione.
Usa invano artiHzio,
Lusinghe, adulazione.
Ma che ella si fosse consolata, rinnovando ancor una volta
la storia della matrona d' Efeso rinarrata nel Settecento da Eu-
stachio Manfredi, dimostrò il fatto che dopo parecchi mesi le
nacque un figlio, che era . . . troppo postumo : il cicisbeo aveva
certo saputo mettere in pace il cuore della vedova desolata.
Ahbiam veduto quanta parte alla vita mondana prendessero
* Frugoni, Poesie, Lucca, 1780, voi. XV, pag. -JUti.
- Fku<ìON1. Poesie, Parma, Bodoni, l77!t, TX, ISS e segg.
' Opere poetiche det co. Giov. De CointEiL, Firenze, I7f>'i, Grazioli, tomo I.
pag. 144 e segg.: Novella IIL II Dio Courkii,, lop. cit.. I, pag. 54 e seg.i in
una sua tavola ilib. I, fav. 20*: L'anatra, la gallina e i pulcini), nell'anitra
che dà le uova da covare alla gallina, e nei pulcini che poi non riconoscono
pili per madre l'anitra, volle satireggiare, come non pochi altri autori del
Settecento, tra cui il Parini, il costume di «lar i tigli da nutrire e allevare
ad estranei (ctV. 1'.\rini, .\fezzogiorno, vv. ó70 e segg).
L
I CICISBEI 217
in Roma cardinali e altri prelati: (;hi sa (luariti intrighi non
arcadici né platonici si avviarono tra le compiacenti ombre del
Bosco Parrasio, e quanti pastori e quante pastorelle provarono
nella realtà sentimenti vivaci e turbamenti di passione che ve-
larono poi di platonismo j)etrarchevole e rinverdirono di fronde
pastorali nei sonetti che noi oggi accusiamo di pochissima sin-
cerità! Da due ecclesiastici muove nel primo trentennio del Set-
tecento la satira romana contro le r-oppie cicisbea : di mons. Ni-
colò Forteguerri abbiamo un capitolo in derisione de' cicisbei,
al padre Ijiborio Venerosi pisano ;i ed a mons. Lodovico Ser-
gardi dobbiamo la curiosissima satira intitolata: La con Kernazione
delle dame di Roma, dialogo fra Pasquino e Marforio. 2 Quivi
l'arguto Quinto Settano {La convei-Hazione è una delle satire più
gustose del secolo xviri) immagina che i due rappresentanti
dello spirito satirico romanesco sian divenuti nobili, e discu
tano fra loro sulla convenienza d'accettare, con gli altri privi-
legi del loro nuovo stato, anche l'uso del cicisbeismo. Marforio
esalta questa istituzione, che ha fatte più discrete le riunioni,
più mite il costume, più placidi i mariti e i parenti delle belle
signore; ed è tutto per il nuovo galateo, in virtù del quale una
damaGli ossequi può d' un cavalier gradire
Sotto nome gentil di cicisbeo.
Ma non vi si può adattar Pasquino, nel quale è rimasto più vivo
il buon senso plebeo. Dalla parte sua Marforio combatte la ge-
' in alcune edizioni ha il titolo di Critica della cicixheatura. Comincia
Odi, Liborio mio, e Fautore toglie occasione a criticar fieramente i cicÌ3l>ei
dall'invito che una hella signora gli fa invano di divenir suo cavalier ser-
vente. Contro le dame cicisbee sono anche talune terzine del capitolo pre-
messo al Ricciardetto :
Consumau la lor vita e i lor talenti
Maneggiando le carte od a lo specchio
O in dire e far co i cavalier serventi.
- « La con oersazione delle Dame di Roma, dialogo fra l'asquino e Mar-
forio Di fresco venuti alla nobiltà, in cui Martorio persuade Pasquino ad
accomodarsi alla moda della conversazione provandogli ad evidenza, che tra
Dama e Cavaliere, stante la nobiltà, non può esservi punto di male, né da
fare inombrire alcuno, benché premurosissimo dell'onore ». iln Giulio Cer-
cano, Raccolta di poeti satirici italiani. Torino, Biblioteca d. comuni ita-
liani, 185;i, voi. II, pag. 677-701). Ne conosciamo un esemplare manoscritto
nella comunale di Perugia icod. M. 15, ce. UH-UJiH. in cui gl'interlocutori
sono ribattezzati in Fabio e Persico.
218 I CICISBEI
losia, inutile ed oltraggiosa, se eleva sospetti sui diportamenti
d' una dama e d' un cavaliere, entrambi nobili. Pasquino trase-
cola: non riesce a capire come mai possano un giovane signore
e una giovine signora, star da solo a sola per ore ed ore senza
far del male. Virtù soltanto, virtù esclusiva, rincalza Marforio,
della nobiltà di sangue,
Che gli aifetti volgar tenendo a freno,
Opera che la parte intellettiva
Del sensuale amor sprezzi il veleno:
E da questo disprezzo ancor deriva
Un magnanimo sdegno ad ogni eccesso,
Che offender può la nobiltà nativa.
Tutto ciò riesce incomprensibile a Pasquino, il quale obbietta
un argomento che gli pare formidabile:
Dimmi, non è la carne di costoro
Carne come la tua, come la mia?
Allora Marforio fa una lunga, imbrogliata spiegazione sulla
nobiltà di sangue e un parallelo tra nobile e plebeo, dove l' ironia
s' affacci a qua e là tra verso e verso. Ma Pasquino ha l'obbie-
zione anche a questa spiegazione gentilizia : o come va, chiede
all'amico, che soltanto le dame belle e giovani hanno il servente,
mentre le brutte invecchiano imbronciate e solitarie ? Allora Mar-
forio, da personaggio del suo tempo, sfodera una sua teoria pla-
tonica del bello, la stessa del resto in cento sonetti proclamata
dall'accademia di Arcadia in quegli anni di ridesto petrarchismo ;
ed al suo compagno, che ragiona ancora materialmente, spiega
la beltà divina infusa nella donna, sicché chi ama il bello mu-
liebre, ama il riflesso della bellezza celeste; e conclude trion-
falmente che hanno mille ragioni i cavalieri, ad amar le belle,
« essendo la beltà dono di Dio ». Pasquino per ora è vinto.
Quindi Marforio comincia a parlargli dei trattenimenti signorili,
delle conversazioni, così animate
('he tu sempre veiirai, che corteggiate
Sono le dame, e in stretta confidenza
con il cavaliere, o con il frate.
— Come? anche i frati? interrompe quel buon uomo di Pa-
squino, a cui tutte codeste diavolerie di costumi aristocratici
non vali giù. — Frati, sicuro, risponde l'altro; né la cocolla ci
fi.
I CICISBEI 219
perde : vedrai frati che giuocano a carte, frati che vanno in giro
in maschera con la dama
Travestiti da Zanni o da Cuviello; '
persino i gesuiti stanno al giuoco. E prosegue: immaginiamo di
trovarci in una casa nell'ora della conversazione : ad un balcone
vedi la dama che ascolta le dichiarazioni del cicisbeo :
Si, ma questo non causa, ombra di male;
Scherzan fra lor con innocente amore,
E non entrano mai nel criminale.
Si fa all'amore per ispasso, senz'ombra di male : vedi pre-
senti, testimoni compiacenti, mariti, fratelli, padri, senza che
alcun d'essi s' ingelosisca. Poi vien portato il tavolino della bas-
setta e si giucca. E poi si fa il giuoco dei pegni, quello predi-
letto dalle coppie cicisbee, che mettendo in esecuzione mille in-
gegnose invenzioni, una più ardita e pericolosa dell'altra, danno
prova di valore e di sangue freddo che invano cercheresti in un
plebeo:
Mira colà quel che contento e senza
Toccar le labbra, toglie dalla bocca
Della Dama lo spillo loh che avvertenza!;
Mira quell'altro dee spuntar la rocca
Tra il petto e '1 busto di colei confitta,
Ed è destro così, che non la tocca.
Quell'altro deve della gamba dritta
Di quella Dama (osserva il gi-an cimento i
Senza scoprirla, sciogliergli la vitta.
È insomma il trionfo dei cicisbei e dei « milordi >. che si equi-
valgono, e di cui Marforio sa tracciarci due arguti ritratti. Dopo
tutto questo Marforio termina con un evviva all' uso nuovo che
Accorda fra l'amore ed il decoro
L" innocente armonia, e fa tornare
Al mondo il già perduto secol d'oro.
Pasquino è ormai arciconvinto della bontà del cicisbeismo.
Da Roma risaliamo a Bologna, donde il p. Appiano Buona-
fede, a tutti noto per l'acre polemica ohe sostenne col Baretti.
ma di cui non tutti sanno ch'egli fu uomo di sodissima coltura
' Si ricordi la testimonianza, già veduta, del Tariui // teatri' .
220 I CICISBEI
e uno de' primissimi banditori d'un nuovo verbo filosofico e poe-
tico in Italia, e' invia i suoi Versi liberi, e ad essi manda in-
nanzi un'interessante prefazione, ricca d'idee moderne e ardite
per quei tempi. ' Di molte cose egli tratta in questi versi, che
s'armano spesso degli strali satirici, né gli sfuggono i vizi del
suo secolo; e mentre esprime idee coraggiosamente democratiche,
critica aspramente il costume muliebre : come là dove descrive
Licori, tardi uscita di letto, dopo un sonno agitato, la quale
perde gran tempo
A quella tavoletta che d' inganni
E di compre bellezze è la custode,
per restam'are la compromessa beltà del viso ; e che poi esce a
braccio dell'amante per divertirsi. - Ma ecco uu bozzetto, in cui
' Versi liberi di Ayatopisto Croìnaziano il Buonafede) messi in luce da
Timoleonte Corintio con una epistola della libertà poetica, Cesena, Bia-
sini, 176B.
' Versi liberi cit., pag. Mó e segg Quanti autori nel Settecento trattaroim
di quel sacrario della bellezza che fu in ogni tempo la toeletta! Il Bondi
nel suo poemetto su La Moda [Poesie,Yieiina., 1803,1, pag. 205 e segg.) descrisse
il gabinetto di toeletta delle dame alla moda;per un'ode ne prese argomento
il genovese F. Gastaldi (cfr. V. A. Arullani, Lirica e lirici nel Settecento,
Torino, Clausen, 1893, pag. 121 1. Garbato è un ditirambo, che prende occa-
sione dalla toeletta, di Tommaso Gargallu ili Poeta e la Toletta, ditirambi,
Palermo, Lorenzo Date, 1822) : una dama matura, mentre sta a rinfronzirsi
allo specchio, ha la sventui'a di scoprire un biglietto galante che il suo
cicisbeo ha scritto alla sua stessa cameriera, meno nobile certo ma e più
giovane e più appetitosu. Interessante è specialmente una relazione in
prosa, del 1795, di G. Gherardo De' Rossi, il quale assiste alla toeletta d'una
signora e del suo cicisbeo icfr. Do-MENICO Gxoli, La « Toletta d'una signora •
di G. G. De Rossi, ne' suoi Studi letterari, Bologna, Zanichelli, 1883, pa-
gina 341 e segg.). Un altro poeta ci rappresentò una dama alla toeletta,
mentre s'incipiiava ((tIov. Ant. Vor.i'i, Rime, 2-' ediz., Padova, Cornino, 1741,
pag. 189):
Quella che fa ne' cor piaghe profonde,
E scema i pregi a Palla e a Citerea,
Bianca polve trattava, e ne spargea
L'oro forbito delle trecce bionde.
Ma l'autore disapprova l'uso della polvere, di cui fra (jaHlclie anno il grande'
Pariui doveva ironicamente esaltare l'invenzione:
Non dee chioma si ricca, o si l»el viso
Vani ornamenti ricercar dall'arte.
Una poesia intitolata Ixi Toeletta è tra quelle di (Juskim'k Passkki
{Saggio di poesie, Napoli, 17<if)i, diretta ^ donna Vittoria Giievar» diKjhessa Ca-
L
I CICISBEI 221
la satira del si volge ad intento nociale, e ci fa sentire gli stessi
principi che in quegli anni, o poco dopo, l'abate di Bosisio faceva
rafa di Maddaloni. 11 Parini descrisse, è noto, largamente la toeletta del giovine
signore {Mattino, vv. 469 e segg.), e vi incluse la favola dell'invenzione della
cipria (Afrt//mo, vv. 750 e segg.); e poi accennò più lirevemente alla toeletta
della cicisbea { Mezzo;fiorno, vv. 30 e segg j.
Ne pochi poeti cantarono altre cose relative all'acconciatura muliebre
nel Settecento. Si ha un poemetto / nei (Venezia, Graziosi, IT'JHi, forse di-
verso da un altro del Vittorelli (cfr. Agnelli, Precursori e imitatori del
Parmi, pag. 58 59). Il Tape fu cantato dal Vittorelli; (cfr. Agnbli>i, Precur-
sori e imitatori del Parini, pag. 66 sgg.); e Gaspare Gozzi scrisse In lode del
tiipè un capitolo di scarso valore (Gozzi, Opere, Padova, Minerva, 1820, XIV,
pag 12r) sgg ). Delle pettinature .si occupò l'autore di quella predizione del 174H,
Jj''anno meraviglioso, che abbiam già veduto: < Vedevansi capelli leggeri, on-
deggianti, che leggiadri cascavano di qua e di là sulle guance, facendo al viso
come un (jontorno, o gentilissima frangia, che l'orlava con un vistoso garbo,
e con una pittoresca delicatezza; standosi quasi tutto coperto l'orecchio,
salvo quella poca polpa vermigliuzza dove gli orecchini si sospendono. Og-
gidì aH'inconti'o. tutti i capelli tiraiisi all'insù, se ne fa una massa solida,
che lascia tutti gli orecchi scoperti, e non solo gli orecchi, ma tutto il collo
per lungo e per largo» (pag- LIV sg.). Altri si occ iparono dei vestiti : e lo
stesso autore di questa predizione trattava del vestire «d'amazzone,...
molto somigliante a quello de' maschi» ipag. XXIV sg.). Il Frugoni ci de-
scrive la perfetta acconciatura del capo fatta da un industre parrucchiere
francese alla marchesa Fiordcspina Zavaglia di Ferrara, che venuta a Parmabrillò all'Opera e alla Corte (Frugoni, Poesie, ediz. di Parma, X. 184 sg. .
Come poteva il Frugoni, ammiratore impenitente delle belle signore, non
ammirarne anche e cantarne le vesti che davano risalto alla loro leggiadria ?
Quando la contessa Giusti Boni, una sua fiamma parmense, indossò una
andrienne di tela bianca ricamata a fiori di seta, venutale da Parigi ( « Senna
maestra del vestir gentile », come diceva il Frugoni, ne esaltò la perfe-
zione in un sonetto (Poesie, ed. di Parma, II. 213ì. Di quella foggia sette-
centesca, che fu Vandrienne, sci-issero anche il Roberti e il Baruffaldi (vedi
Vandrienne nel Volume primo de' Baccanali, di Girolamo Bariffalpi,2' ediz.. Bologna, della Volpe, 1758). Il petanler, leggiadro vestito, fu can-
tato dal Frugoni stesso in una vivace canzonetta {Il petanler color di rosa.
in Poesie, ediz. di Parma, VI, 148 sgg.i, ed è ricordato anche nelle satire
veneziane (Malamani, Op. cit., II. pag. 251 sg.). Che dire dei manicotti/
Alla fine del '500 Angelo Ingegneri scrisse una canzone Per una maniza
donadagfie da la so' morosa {Poesie veneziane, scelte ecc. da R. Barbiera.
citate, pag. 12 sgg.) ;e il Frugoni [Poesie, ed. di Parma. II, 28!M ne cantò
un'altra d'una contessa parmigiana. Nel '500 il ventaglio era stato argo-
mento di versi per Francesco Sansovino (Sopra i ventai de le donile, nella
raccolta Dell'opere burlesche di m. F. Berni, ecc., Usecht, 1726, III, pag. 50 sgg. i;
e quanti se ne scrissero nel '7(X)! E basti di questa nota, che potrebbe as-
sumere ben altre proporzioni, se volessimo trattar con la necessaria accu-
ratezza il tema attraente, in cui rientra, con ben diversa intonazione ed
222 I CICISBEI
squillare ne" suoi versi sciolti bruniti suil* incudine e martellati
con muscoli plebei :
Era scorso il meriggio e Fille avea
Compiuto a stento il pigro sacrifizio
A Venere marina. Adorna e pinta
D'infinite lascivie era Timmago.Era ogni parte in lei fulgida e colta
Fuor che il celabro sol che in lei non era.
Tirsi sollievo de' donneschi affanni
E della maritai noia ristoro,
Tirsi per vanità di capo eguale
Alla sua vaga belva in volto umane»
Seco dolcezze e favole mescea.
Quando colà dove teneano insieme
I due novellatori il parlamento.
Un villanel di polve e di sudore
-asperso venne e l'ode rosa Fille
Gravemente ferì d'ettìuvio ingrato,
Tal che impedite al respirar le vie,
Chiuse i begli occhi e svenne: e Tirsi vinto
Da pi etate e da sdegno, aperto in prima
II cristal colmo d'odorifer'onda
Sacro arnese de' molli, i spirti erranti
Chiamò all'uffizio usato, e Fille visse.
Indi tal fé' del villanel vendetta
Che il campo suo ne senti lungo il danno. *
Poesia scadente davvero, se ne togli il concetto. Dozzinale
è anche quella che ci viene da Napoli in un poemetto di metro
anacreontico, che s'intitola Amore disarmato, e di cui ci è ri-
masto ignoto l'autore. 1 Ma quante verità messe bravamente a
nudo in que' sei canti di sestine ottonarie, quanti colpi bene
aggiustati al secolo corrotto e crollante, quante invenzioni sa-
tiriche degne di miglior poesia! In fine al poemetto, un nobi-
elevatezza, l'ode pariniana A Silvia Rimandiamo pertanto i lettori ad al-
cuni articoli, curiosi anche per le illustrazioni che li adornano, relativi a
questa parte del costume muliebre settecentesco: A. Bisconti, /m dama e
la sua toletta nel Settecento lin Natui-a e arte, 1895», n. 19), P. Nuhra, Unapagina di storia del costume femminile lin Emporium, marzo 19<X>, pagg. *214-
231), AcHiLLK FiMiMMNi Fantoni, // ventaglio e la SUO storia {\n Eviporium,
luglio 1895, pagg. 52-70), Jacopo Gelli, Vn po'* di storia del busto e della
fascetta (in Emporium,, giugno 1903, pag. 459 sgg).
' Versi liberi, di Aoatopisto Cro.maziano, già cit,pag. 24 sgg.
' Amore disarmato. Poemetto. Napoli, nella stamperia Poraatelli al segno
del disinganno, 1768.
L
I CICISBEI 22.'5
lissimo motto di Erasmo : « Admoiiere voliiimus, non mordere :
prodesse, non laedere: oonsulere moribus hominura, non officere ».
In effetto l'intenzione dell'anonimo poeta è elevatissima: egli
deplora lo sfacelo della famiglia, causa del deperimento della
nazione italiana, e la decadenza intellettuale di essa:
Da ciascun veggo adorata
La più vii fatuità,
l'erch'è d'oro, e d'ostro ornata,
E di mille vanità;
Pure ascoi tan suoi precetti
Vecchi stolti e i giovinetti (pag. 9).
Il poemetto ha il titolo dalle strane avventure d'Amore,
esautorato da una Nice ; ma il poeta ne prende occasione per
mettere in satira tutti i difetti e le classi de' suoi tempi. Tocca
motivi ormai frequenti nella poesia satirica e burlesca di quel
secolo, quando si scaglia (;ontro i poeti :
Si i'ecida un l)iondù crine.
Od un secco allor si doni.
Si mariti Fabio, o Frine,
dal pulpito un ragioni.
Da costoro pur s'aspetti
Un profluvio di sonetti (pag. òS):
contro la moda e il lusso (pag. 61); contro il « punto d'onore »
che pone la ragione sul filo d'una spada, ma poi non vieta tante
e tante azioni disoneste:
Chi è ripien d' un Dio si forte,
L'altrui ben ruba, e smantella.
Può sedur l'altrui consorte.
Violare una donzella,
Esser empio, e traditore.
Senza mai perder l'onore ipag. 5Si.
Il nostro anonimo ci dà più oltre il ritratto d'una dama, che
amava gli studi degli uomini, compresa la « profonda matema-
tica » (pag. 74 e segg.), e mette in caricatura le donne scienziate
del suo tempo, come già il Martelli nelle sue satire aveva sma-
scherate tante pastorelle d'Arcadia, che passavano per poetesse
petrarcheggianti con dei sonetti che si facevan fare da poeti di
224 I CICISBEI
professione pagandoli con delle concessioni di genere non pla-
tonico :
Tutte san la teoria
Sin de' moti della Luna.
E ineguale perchè sia.
Noto è '1 metodo a ciascuna
Delle linee curve, e quale
Calcol sia diifei-enziale (pag. Hi).
E si domanda con finta ingenuità:
Pure a voi, t'emminiiiei spirti,
Imparare or si permette
Tante scienze alla Toilette?
Ma il nostro satirico T ha a morte specialmente contro i
cicisbei :
Peste rea dell' uman genere.
6ozzi osceni Cicisbei,
Sagri a vile infame Venere.
Mentre io scrivo i versi miei
collo .stil ferreo, venite
Ch'io vi guati, e poi fuggite.
Al color pallido e fosco,
Ch'è di moi'te il reo colore,
Infelici io vi conosco.
Il piacere insidiatore
Nuovo morbo a quel vi apprese,
(Jhe «lai lombi aviti scese (pag. 81).
Noi tutti italiani, che altro siamo, grida, se non una razza di
cicisbei, smidollata e scervellata, buona a nulla?
Da una schiatta tosi frale,
Cosi stupida, e leggiera,
E vii serva <iel su(» male.
Or la Patria indai-no spera
La difesa, o])re, o consigli;
Ma essa ])ur langue coi tigli pag. H2i.
r)r non hanno dunque ragione i] negli oltramontani (il La-
niartine ebbe in (|uesto, chi noi sapesse, dei j)re(ursori), i (juali
dicono
Fatta già l'Italia al fine
Vun ti>ml)a alta «li polve,
I CICISBEI 225
Urne, scheletri, e rovine,
E corrosi marmi involve,
Né altro più presenta a noi
Ch'ombre vane, e vecchi eroi pag. 84 1.
C'è bensì un letteratone, di cui il poeta ci fa il ritratto, che
pubblicò assai libri, e li regalò per divulgarli '^pag. 89j:
(Mille tomi ei cacciò fuori,
E ognun sa che dotti sono);
egli ora, forte della propria grandezza, s'è presa la briga di
difender l'Italia contro gli attacchi degli stranieri, che la ve-
dono estranea al movimento intellettuale che si va maturando
in Europa; ma a che varrà la sua dottrina? A chi si possa al-
ludere in questo tratto non sapremmo. Il nostro anonimo, da
uomo moderno, non vuol tanti poeti né tanti dotti, e però con-
siglia i genitori a dare i figli al commercio :
Quel raestier che dà dell'oro,
No, per Dio, no» è un disdoro ipag. 91 1.
Egli penetra anche nei monasteri, dove per varie testimo-
nianze abbiam veduto che la castità aveva gettato alcuni dei
suoi veli. Che fanno esse nel chiostro
Molte belle monachine
Giovinette tenerineV
Mettono in pratica del loro meglio una ricetta che Amore ha
loro lasciato, per cacciar la malinconia :
Recipe: nel dormitorio
Libbre sei di libertà,
Ore tre di parlatorio
Con virile società,
E si chiuda a un tempo istesso
Agli scrupoli l'ingresso (pag. 100).
Le allusioni e le caricature satiriche s' inseguono rapidissime:
ora contro il teatro, dove la follìa ha il suo seggio :
Sul Teatro quindi lian corso
Uomin, bestie, e vaghi suoni :
Correli tutti a veder l'Orso,
E il confuso ordin d'azioni ipag. 103i;
15 _ liicisUi dlUtUa, anuo XIII. voi. Il, taso. Vili, (Agosto 1910).
226 I CICISBEI
ora contro i nobili, die fanno far anticamere lunghissime a chi
non è di nascita aristocratica :
Eppur quanti servidori
Hanno un'aria signorile.
Perchè figli de' Signori?
Quanti poi d'aspetto vile
V'ha signor, perch'essi afte
Son figliuoli di Lacchè V
Qui la satira sibila come una frusta agitata con violenza. Se-
guono altre macchiette: ecco un predicatore che provvide a
farsi un uditorio di donne famose per nobiltà e leggiadria, e
che sarebbe stato ugualmente buon commediante :
Non mai l'alme egli contò,
Che compunse e converti.
Ma ben sempre numerò
Le carrozze, ch'ogni dì
V'eran per lunga distesa
Alla porta di sua Chiesa ipag. 109 segg.);
ecco un marchese che soifre di « consumazione dorsale » per
stravizi ; ecco una dama, Erina, che soffre « di fantasia » : ha
preso caffè, legge distratta, piglia tabacco, sbadiglia, e lo specchio
dinanzi al quale si sta pettinando la spaventa perchè vi si vede
ammalata. Mentre le cameriere l'acconciano.
L'adorata diva, e bella
Bacia intanto un canarino;
Stride e sgrida una donzella,
vezzeggia un cagnolino.
Oppur chiacchiera, o tempesta
Contro quella cosa o questa.
Se talor le siede a lato,
Come l'uso oggi fa legge,
Scaltro abate effeminato.
Sorridendo ella corregge
Lenta col ventaglio i diti
Lascivetti, avidi, arditi ipag. 114).
Negli ultimi due canti il poeta si occupa in particolare della
vita coniugale: ahimè! Imeneo è pericolante, percliè il vero amore
non unisce più gli sposi, e le donne, « liberali » j)iii che in ogni
I CICISBEI 22.7
altra età^ vogliono ai fianchi « uno stuol d'innamorati " pag- 131 ..
E il nostro satirico tocca dei tasti, che diremmo pariniani, lamen-
tando che i cicisbei guastino l'animo delle donne e If- rendano
ribelli ai loro mariti:
L'altrui sposa negli amori
Oggi serve del bel niornlo
Agli oziosi abitatori.
Della moglie intanto il pondo
Hanno i docili mariti;
E alla mensa i parassiti,
Coi cascanti cicisbei
L'altrui sposa il giorno spende;
Se la notte star con lei
Il marito poi pretende,
Increspando allora il ciglio,
Va fingendo alcun periglio <pag. 13-2 .
E poco più oltre, un altro particolare prezioso per conoscere le
relazioni coniugali della cicisbea :
Sposa tenera innocente
Se trovar nel letto crede
Quinci '1 sonno e Imene sente.
Presto il gomito, ed il piede
Via ritraggo, e si s'offende
Che l'anelito sospende (pag. 133 1.
'
Che le sante ironie del Parini fossero ripetute era cosa ne-
cessaria e provvida, anche a costo di esser guaste come nella
strofa precedente che ritrae il ribrezzo della cicisbea di fronte ai
diritti d'Imeneo. Conseguenza di queste relazioni tra i coniugi
* Si confrontino rjuesti versi con quelli bellissimi del Parini (Mezzo-
giorno, vv. 41B sgg ] :
Oh come spesso
La Dama dilicata invoca il Sonno
Che al talamo presieda, e seco invece
Trova Imeneo; e stupida rimane
Quasi al meriggio stanca villanella
Che tra l'erbe innocenti adagia il fianco
Queta e sicura; e d'improvviso vede
L"'^n serpe . .
.
228 I CICISBEI
è il poco amore delle madri per i figli concepiti in amplessi
svogliati e sonnacchiosi:
Nascon simili ai parenti
Con un'indole infelice
Empi i figli ed indolenti.
Per poter la genitrice
Vezzeggiar poi cani e gatti,
Solft-e ch'altra i figli allatti pag 1351.
(Quindi anche i matrimoni son divenuti meno frequenti, mentre
A capire i naturali
Sparsi figli della sorte
Più non bastau gli spedali pag. 146 1.
Cosi amore ha cangiato natura, dopo che i cicisbei han so-
stituito i mariti. Eppure quanta felicità in quelle coppie che
l'amore ha congiunte e rende felici ! In esse vede il nostro buon
autore l'avvenire della nazione:
Ecco già ne" tìgli AmoreVersar sue grazie leggiadre,
La virtù del genitore,
La bellezza della madre ip. 154).
Con questo augurio si chiude il satirico poemetto, così no-
bilmente ispirato pur nella sua disadorna veste poetica, nel quale
da Napoli una voce onesta faceva eco a quella del Parini.
Questa letteratura, che metteva in parodia o satireggiava
aspramente il mondo dei cicisbei, ebbe ditlusione appimto dopo
il Parini, e noi ci intratterremo ancora intorno ad alcuni minori
prodotti di questa imitazione pariniana, che altri hanno già
studiata. Una Scuola degli amanti del 1779, danonimo, i imita
volgarmente il Parini insegnando ai giovani inesperti l'arte di
vincere e tradir le donne. Vi si dice quali doti deve possedere
il giovane galante: sia sempre provvisto di notizie delle quali
si pasca la curiosità mondana delle signore; sappia
Qual di Temi seguace, o Guerrier duce
NaiTÌ avvolto la fama in nuovo aifanno
Per la vezzosa danzatrice, a cui
Il parterre profonde i plausi suoi ip. ìJO);
' Scuola degli cinaufi, Venezia, Palese, 177!>: sono due canti in ot-
tava rima.
L
I CICISBEI^'^^
sappia anche descrivere minutamente e da buon intenditore
eguale all'esterno vespt-rtin passeggio
iNuova brillasse ed avveduta Frine,
e di (luali vesti fosse adorna, i Inoltre, secondo gli avvertimenti
già dati dal Parmi e dal Gozzi, possegga un astuccio inglese
con pinzette, forbicine, spilli; e
Colmo cristal di spiriti e licori,
Quando il finge una donna, oppur vien meno.
Abbi, che all'uopo i pali)iti e i vapori
Sedi, o qual altro mal le serpe in seno.
Il galante cavaliere compirà i suoi pregi parlando francese e
sapendo a tempo offrire alla dama una poesia, o sua o. che
fa lo stesso, scritta da qualche rimatore affamato per lui (p. B4).
A proposito degli svenimenti e dei deliquii, in cui facilmente ca-
devano le sensibili dame del '7(X), vi fu chi dedicò ai cicisbei,
damerini e amatori languenti, una sua predica morale, m forma
scherzosa, su Le convulsioni delle signore di beilo spinto.-'
Come c'era stato un maestro dei cicisbei, cosi si ebbe chi
scrisse nello stesso anno La scuola delle dame, dedicandola alle
' Questi versi ne richiamano ad ognuno altri ben noti del Parini I Mattino,
vv 208-216). Anche Clemente Bondi, nelle Conversazioui iBondi. Poesie,
Padova, Penada, 1778, I. pag. 38) fa intervenir l'avventuriero che sa tutte
le informazioni mondane:
Chiedasi a lai, se hai di saper desio
Qual su le scene giungerà tra poco
Musica Frine, o Danzator Narciso,
Questo all'itale spose, e cara quella
Agl'itali mariti.
•= Le convulsioni delle signore di bello spirito, di quelle che affettan let-
teratura e deWaltre attaccate dalla dolce passione d'amore vudattia d, questo
secolo Con l'anatomia di alcuni cuori e cervelli di esse. Del signor dott. Gio-
VANN-i PiRANi di Cento, Venezia. Graziosi, 1789. Il canto V del poema La
treccia donata del Pignotti ha il titolo Eurilla in convulsioni ìPignotti,
Poeùe, ediz. cit., pag. 594 sgg.) ; una commedia dell'Albergati e intitolata
appunto Le convulsioni (1784. E degli svenimenti femminili, come di ot-
timo espediente comico, si giovò naturalmente il Goldoni in più commedie
(cfr lo studio già cit. della Merlato, pag 21). Il Parini. che e. descrisse
le convulsioni della cicisbea nell'episodio della «vergine cuccia^ iMezz^y-
giorno vv. 5B4 sgg.), e specialmente in un meraviglioso passo del I espro
230 I CICISBEI
signore fiorentine. ^ Le cicisbee vagheggiate da questo rimatore
nelle sue divagazioni debbono possedere una certa coltura : LaBruj^ère, Molière, la Zaira : e non siano trascurate le scienze :
sulla toeletta della dama sia un mappamondo e un atlante, sì
ch'ella sappia di geografìa, e conosca la storia. Sappia discor-
rere della teoria newtoniana sulla luce i^non l'aveva adattata al-
l'ingegno femminile il famoso Algarotti?); e d'astronomia parli
con la guida di Fontenelle, che non è solo l'autore di pasto-
rali e di lettere galanti e piccanti, ma anche di quella Pluralité
des mondes, che in quegli anni si traduceva in Italia con le altre
sue opere. Ma il poeta educatore insiste perchè le dame fuggano
la lettura di altre opere perniciosissime ; e se v'insiste, segno è
che molte di quelle signore del '700 le leggevano e forse se le
facevano interpretare e commentare dall'abate o dal cavalier
servente: respingano adunque l'Aretino (vedi fortuna settecentesca
di questo lubricissimo tra i pornografi del cinquecento!) e tante
altre sconce opere, di cui la paternità è del secolo xvii e del xviii:
// portiero certosino, Margherita acconciatrice, La Teresa, La
Fuicella, e l'Accademia delle dame, « empia e infame ». Che
cosa siano alcune di queste opere fangose, che pervertivano le
dame in andrienne e in guardinfante, non sappiamo, né la loro
(vv. 189-213), ne accennò un'altra causa in uno de' suoi scherzi sul para-
foco {Opere, ed. Reina, III, pag. 4):
Le convulsion vi assalgono,
Allor che andate in collera
Col perfido amator.
Allora spezzano parafochi e ventagli, quei parat'ochi che altra volta servi-
rono con arguto inganno a coprir agli occhi del marito un piccolo furto,
un «bacio desiato », che col discreto riparo del parafoco fu dato e rido-
nato » (Opere del Parini, ed. Reina, III, pag. 8 sg.j. Vedi anche un canto
popolare veneziano, Le comndsion (in Malamani, Op. cit., II, pag. 93 sgg.).
* La scuola delle dome, versi di Francesco ZACCnniOLi, Firenze, 1779.
Sono versi di vario metro, per lo più distici ottonari (pagg. Ifi). Insegna-
menti più seri dava e a uomini e a donne del suo tempo il canonico par-
mense Aldighiero Fontana, in due opere sue: La donna maritata d'ogni
grado instriiita per santamente vivere, Ancona, Mancinelli e Ramini, 1719,
e 11 cavaliere espresso in ogni stato, di giovine, di ammogliato, di vedovo, ecc.,
Venezia, Poletti, 1720 (cfr. Akfò-Pkz/ana, Scrittori e letterati ptirmigiaììi,
VII, pag. .SI I. Del poemetto dello Zacchiroii la parte che riguarda le letture
delle dame può esser confrontata con un passo noto ilei Parini 'Mattino,
vv. 598-019 .
L
I CICISBEI 231
indole merita che si ricerchi ; Fai Pulcella è forse il noto poemaflel Voltaire^ i
IV.
Ormai siamo sul declinare del Settecento, quando al cicisbeo
che non moriva mai d'amore, corteggiatore leggero, fatuo, in
un secolo frivolo, dove la colpa prendeva i veli della lecita ga-
lanteria, sta per succedere Jacopo Ortis, che ama disperatamente
e porta la sua passione alla tragica fine, perchè non può aver
tutta sua la donna amata. Tuttavia, prima che il sentimenta-
lismo settecentesco divenga tragico, e il romanticismo nordico
spinga nei cieli sereni che ridono ai boschetti d'Arcadia le nu-
vole malinconiche e le tetraggini notturne, abbiamo l'età delle
dame erudite, - che dividono il loro cuore tra la filosofia,
come allora dicevano, e il galante ; e come prima la servitù e
la devozione cavalleresca avevan fatto da maschera alla non
sempre innocente schermaglia amorosa, cosi l'entusiasmo per la
' Nella Bibliographie des ouvrages relatifs à l'amour aux femmes, au
mariage (Tarin-Londres, 1871) c'è l'indicazione bibliogratica de VAcadémie
dès dam.es (Venezia, verso il 1680) e del Portier des Chartreux ou Mémoires
de Satuniin (Roma, verso il 1745).
^ Degli studi muliebri ognun sa che il Parini si dimostrò fautore nel-
l'ode La laurea. Tra le donne illustri per studi e per ingegno, che il Set-
tecento ebbe numerose, una delle più celebri, la Agnesi, appena novenne,
aveva detto una Oratìo qua ostenditur artium liberalium studia a femineo
sexìi neutiquam abhorrere (1727), che fu pubblicata con rime di vari autori,
alcune delle quali scherzose, sullo stesso tema (Mediolani, in Curia Regia,
per Joseph Richinum Malatestam, 1727). Questo tema provocò nel 1723 un
lungo e noto dibattito nell'Accademia dei Ricovrati di Padova, da cui usci
il volume dei Discorsi accademici di vari autori intorno agli studi delle
donne, ecc., Padova, stamp. del Seminario, presso Giovanni Manfrè, 1729 .
Cfr. su questa discussione G. B. Gerini, Una discussione siigli studi della
donna in Italia nella prima metà del sec. XVIII (nel suo voi. Gli scrittori
pedagogici italiani del sec. XVI II, Torino, Paravia, 19(»1, pag. 77 sgg. ,su
cui cfr. E. Bkrtana (nel Giani, stor. d. lett. ital , voi. XL, pag. 235i, e
Luigi Bonfigli, Una vittoria femminista nel primo Settecento [lìeWa lìivista
d'Italia, gennaio 1905). La questione però fu agitata anche più tardi, dal
P. Bandiera, e dal senese abate Melani : quest'ultimo verso il 1758 stampò
un'opera che non abbiamo veduta, << Il libro per le donne. Tomo primo, che
contiene otto dialoghi intorno allo spirito delle donne, al lor valore ed abi-
lità nelle scienze, ecc. >, di cui trattò il p. F. A. Z.\cc.\ria, che si dichiarava
contrario all'istruzione femminile superiore (V. Annali letterari d^Italia,
Modena, 17G4, III, pag. 414 sgg.
23 J I CICISBEI
cultura e la scienza tenta spesso di nascondere ed onestare l'in-
trigo d'amore. Il Bettinelli nel poemetto su Le raccolte rilevò
con molt'altri questo capriccio intellettuale delle signore del suo
secolo :
nel cocchio, o nella gondoletta
La più giovane sposa cicisbea
Legge pnr franca, s'ella è mai soletta,
Tradotta, intesa no, la Teodicea;
Tien pur tra i nastri e i nei su la toletta
Di Loke il saggio (Canto I, st. 49).
Ma alle dottrine di Leibniz, di Locke e degli altri intelletti
migliori di quella età, a diflPerenza di quel che dice il Bettinelli,
le signore s'accostarono non sempre sole, anzi più spesso in com-
pagnia ben gradita. Intermediari tra la scienza e il « docile ce-
rebro » delle dame furon bene spesso gli abati, contro i quali
si appuntarono tanti strali satirici e tanti rabbuffi di moralità.
Clementine Vannetti, uomo che ai buoni studi uni una co-
noscenza non iscarsa del costume de' suoi tempi, così ci dipin-
geva uno di questi abatini, a cui non era sembrato sconveniente
anche l'ufficio di cicisbei: «Un abatino di naso profilato, che
va leggero per la via collo zazzerino ben liscio, che dalla sua
iniqua stella è stato condannato all'istituzione di nobili ragazzi,
e dalla sua poca scienza costretto a contenersi entro i limiti della
grammatica, ma che per un genio superiore si sdegna della pro-
pria fortuna, e tenta sovente innalzarsi, che si coltiva il fa-
vore d'una giovane, che legge opere di spirito, che sa recitare
con della grazia e del gesto i madrigali e le anacreontiche, che
compone egli stesso de' martelliani, o qualche sonettino, in cui
non manchi ne il mormorio del ruscello, ne il garrire de' pinti
augelli, per farsi merito presso alla sua letterata ». ^ Lo stesso
Vannetti, in un arguto dialogo, - mette in caricatura una dama,
che sfoggia letteratura, si tiene in relazione con molti letterati,
ama avere alla sua mensa degl'improvvisatori (ai quali non manchi
bella presenza e bella voce), e ai suoi ospiti fa sentir per forza
le sue poesie, centoni di versi altrui e di versi suoi zoppicanti.
Consigliere e correttore dei carmi le è un giovane abate, che
.sa far versi h commenta le parole di lei con strofette metasta-
siane, nelle quali esala l'amore languido che prova per la bella
' C. Vannetti, Opere, Venezia, Alvisopoli, 1827-;U. voi. II. pag. l'.'.
' Vannktti, Opere cit., I, pag. 2!» sgg.
L
I CICISBEI 33
indotta. E certo ne f^ode anche favori meno intellettuali, comt-
suppone un cavaliere viaggiatore (un altro tipo settecentesco,
che il Goldoni non mancò di prender sotto braccio e condurre
sulla sua scena), il quale è della brigata e parla un linguaggio
misto di francese e d'italiano imbarbarito. La dama è divisa
dal marito, ed ha un figlio, che fortunatamente ha da da passar
ancora degli anni in un collegio ; sicché ella ha tutto l'agio di
farsi correggere i versi dall'abatino intraprendente. A questa
signora descrittaci dal Vannetti noi saremmo tentati, se non
fosse malignità indiscreta, di mettere il nome di più d'una dama,
che nel settecento s'atteggiò a donna superiore in qualche sa-
lotto, e di qualche altra che fece accogliere il suo nome nella
storia della nostra letteratura.
Un altro scrittore, di non molto merito, vissuto tra la fine
del settecento e l'ottocento, Matteo Borsa, nipote del Bettinelli,
in un suo Elogio di se .sfesso, ^ autobiografia bizzarra e fanta-
stica, di gustoso e interessante spirito satirico, ])unse molte abi-
tudini e caratteristiche del secolo che finiva. In un curioso ca-
pitolo - son messi a confronto due salotti di due dame difi*erenti.
Il primo era un salotto serio, dove si radunavan letterati seri,
dove si facevan pochi discorsi ma seri, e si prendeva la letteratura
sul serio: un fastidio! Il secondo invece era popolato d'una folla
multiforme e multiloqua, « un quadro da fiammingo » per la va-
rietà che vi regnava: «gruppi or di giovani spose coi primi
amanti nelle penombre delle anticamere, or di gente da traffico
e da maneggio negli angoli più trasandati : or di novellisti, di
musici, di maldicenti seduti al fuoco, o veramente sdraiati su
diversi soffà ». Per tutti aveva uno sguardo e una parola la pa-
drona di casa, che aveva « finito d'esser giovane » e « non avea
grand'ingegno ; ma il compensava colla dissipazione continua
del divertimento e colla inesauribilità della stravaganza ». In
questo secondo salotto, oltre che d'amore (quest'era l'argomento
proprio delle coppie novelline, che preferivano starsene in di.
sparte), si parlava di politica, di filosofia, di morale, e vi si
recitavano poesie strazianti.
Il protagonista di t[uesto Elogio di se stesso ci confida che
s'innamorò di una Zelinda e la corteggiava visitandola in casa.
Questa Zelinda non era una cicisbea al modo delle antiche:
' M. Borsa, Opere. Mantova, Agazzi. 1817. voi. V, pag. ISi' sgg.
^ Il V, pag. 259 sgg.
234 I CICISBEI
aveva una predilezione particolare per il Voltaire : « Sulla ca-
miniera aveva un tometto del Dizionario filosofico ; sul tavolino-
la Pulcella d' Orléans^ ed in mano le Lettere d' Eugenio. Vita
mia, che mano ! Come ne risaltava il candore al contrapposto
di qualche macchietta d'inchiostro che accortamente ne ingem-
mava le dita, superbe di queste insegne studiose ! Com'era rapitor
quel sorriso nel condirsi di lodi cosi fine! Come animavansi
d'una parca virilità quei suoi tratti, quando stavam disputando
su la religion naturale, su la degradazione dell'uomo, su la so-
vranità della ragione!» (pag. '281).
In molte critiche fatte alla classe privilegiata dalla fortuna
consentiva un patrizio torinese, il conte Benvenuto Rebbio di
S. Raffaele, autore di parecchi romanzi e d'altre opere d'intento
educativo: e scrivendo Del gran mondo (1786) ^ voleva persua-
dere i nobili che non è vero « che i grandi sono nati a godere,
siccome il popolo a lavorare ». Pur non ricorrendo alla violenza
satirica, censurava la istituzione del cavalier servente, che « sta
le tante ore testa testa con una gentildonna, di cui si dichiara
fedelissimo, ed è talora seccatissimo servidore » (pag. 1-1); disap-
provava la lettura dei libri nuovi e cosidetti «geniali», dai quali
appena si può attendere una coltura superficiale trarre idee sba-
gliate, e le conversazioni, dove si fa la satira e la maldicenza, e
dove spesso il linguaggio ofiende gli orecchi delicati e gentili
delle dame ingenue con l'« equivoco licenziosetto » e con qualche
« motto arditello ».^ Disapprovava il lusso e le danze, specialmente
queste, delle quali diceva: « l^e danze gravi e maestose, se non
esprimono passioni accesissime, come il fandango spagnuolo, non
recan diletto, né a chi l'eseguisce, perchè sono difficili e faticose,
né a chi vi assiste, perché non han brio, né prestezza. Perciò il
minuetto e gli altri balli serj e contegnosi fan poca fortuna ; ed
aver sogliono miglior incontro le contraddanze, dove il saltellare.
' Del gran Mondo. In Milano, per Cesare Orena nella stamperia Mala-
latesta, MDCCLXXXVI. Al costume <iel Settecento si riferiscono per la
maggior parte anche le altre opere che il conte di S. Raffaele scrisse con
intenti religiosi e morali.
" Noiosa e pedantesca opei-a è quella del gesuita Dome.nico Maria An-
TiNORi. Le veglie d'oggidì, overo Discorsi .ut l'uso delle veglie, Venezia, Occhi,
1757; se ne biasimano tra l'altre cose la libertà del parlare, (Disc. XII), i
giuochi e le danze che vi si fanno (Disc. XIV). Sulla «elegante Licenza >
e sul 'gentil Motteggio» delle conversazioni richiamiamo il Paui.ni iMcz-
zogiryrno, vv. :3(;4-:iH2|.
k
I CICISBEI 235
il v(.lteggiare, l'incrocicchiar le braccia, il batter di mano, e fin gli
stessi errori, che si commettono dai ballerini, producono allegria,
vivezza d'occhi, obblivion di contegno, alcune volte maggior di
quella, che al matronal decoro può convenire >. (pag. 46). Ognun
sa quanto aveva apprezzato la zighediylia e il fandango, appas-
sionate danze, Giuseppe Baretti, quando le vide ballate dalla
bella Catalina e dalla sorella di lei dagli occhi ardenti, le due
venustissime spagnuole di Badajoz, che gli rallegrarono, special-
mente la seconda, la monotonia del viaggio attraverso la peni-
sola iberica. ^
A meglio illustrare questo caratteristico costume della società
settecentesca, che è il cicisbeismo, ci gioverà una rapida scorsa
attraverso i trattati, che furono scritti per combatterlo. La serie
di essi è ben lunga, e noi di sicuro non ne ricorderemo se non
una parte. Nel penultimo decennio del secolo xvii, Carlo Maria
Maggi, il poeta milanese, che occupa un posto notevole nella
storia dei principi dell'accademia d'Arcadia, tradusse un'opera
ascetica dal francese e la fece seguire da una sua scrittura di
non lieve importanza, im Trattenimento intorno ai diversi sog-
getti della vanità delle donne.- Il Maggi, uomo di gran devo-
zione, specialmente negli ultimi suoi anni, amico dei gesuiti, tra
cui il celebre padre Segneri, precorse, come altri notò, col suo
Trattenimento, il Giorno del Parini: modestamente, s'intende.
E mirò ad esporre i « disordini della vita della dama milanese »:
la differenza tra i due moralisti sta nel fatto che la riforma con-
sigliata dal Maggi è tutta fondata su principi mistici e religiosi.
Il Maggi fa rilevare la brevità fugace dei piaceri, e rimprovera
alle dame del suo tempa esagerata cura del corpo e del viso, il
lusso delle vesti e quello delle suppellettili. Lamenta l'abuso che
nelle cae si fa di affreschi e di quadri atti a « stimolare la concu-
piscenza con nudità vergognose... Si veggono appiè del letto e ai
lati del letto, nelle pareti, nel soffitto, con mille vaghezze di n-
Baretti, Opere, Milano, Mussi, ISU, voi. V. pag. 'iin» e seg. Sul mi-
nuetto ctV. Cantù, Parini, cit., pag. 3in e seg.
2 L'opera tradotta dal francese è la seguente: Ritiramento per le Dame
con gli esercizi da farsi in mo del li. Padre Francesco Guiuliorè ^sic,,
Milano 1687. La Retraite pour les dames del Giillorè (1615-ir,m) tu stam-
pata per la prima volta a Parigi nel UìS4.
236 I CICISBEI
tratti ». Biasima ancora i pregiudizi della società, la conversa-
zione, il giuoco, a cui le donne prendon parte con trasporto, l'as-
sistere alle commedie, il ballo moderno e le mode, tra cui egli
giudica una delle peggiori quella che fa le dame amantissime di
un cagnolino, sì che una bestia ruba ai figlioletti di esse le ca-
rezze materne. Ed ha un capitolo intero, l'XI, Intorno ai galanteo^
che egli definisce « quel particolare corteggio, e quella servitù che
un cavaliere prende a fare ad una dama procurando ad ogni suo
potere di conseguirne la grazia e di sostenerne ed accrescerne la
gloria, con dichiarazione di non volere cosa alcuna che punto si
opponga all'onestà della medesima». E le dame giurano che
queste loro relazioni sono pure ed innocenti : ma il Maggi le
mette in guardia contro la effeminatezza e le arti seduttrici dei
« damerini », che ad altro non tendono che a vincere l'onestà
delle dame : « aspirano a profanare e ad imbrattare delle loro
lascivie il sacrario del vostro decoro e a rapirvi il pregio sublime
del vostro sesso e della vostra condizione ». Curiosa veramente
questa lezione di morale, che un nobile milanese dava ai suoi
pari ottant'anni prima che con altro stile ad essi ne apprestasse
una più efficace e vigorosa un poeta plebeo.
Chi crederebbe che la seconda opera contro le conversazioni
€ contro i damerini e gli abati vagheggini, ci venga dal Belgio V
Giustamente considerando il cicisbeismo come un frutto di ga-
lanteria maturato sotto questo bel sole italico, che accende gli
estri e i cuori, noi dimentichiamo troppo spesso che la galan-
teria, la bella creanza d'amore, fu propria di tutte le società
europee del Settecento, da Londra a Vienna, da Roma a Parigi,
sebbene assumesse particolari aspetti nelle varie nazioni. Abatini
anelanti a godimenti mondani se ne videro dovunque, e di loro
parlava appunto copli che scrisse Le commerce dangereu.r entrc
le.s deii.r se.res, stampato nel 1715 a Bruxelles, ^ e quaranta anni
dopo tradotto in italiano da un sacerdote.- Nel trattato origi-
' « Traité moial et liistorique », Bruxelles, Rodolphe, 1715. L'autore è
G. B. Drouet de Maupertuy, secondo il Melzi, Dizionario di opere anonivìf
e pseudonime ecc., 1, 22(1.
"Venezia, Tavernini, 175(). Questa traduzione non ral)l)iani veduta; il
Malam.wi (Op. cit , I, iiH ».) cita // cominercio pericoloso fra li due sessi
fuori del matrimonio, Venezia, Rosa, 175H (^ma stampato sulla fine del 1755:
traduzione dal francese i, e deve essere la stessa versione del trattate» che
esaminiamo. Autore di questa traduzione, che ebbe la prima edizione a Lu-
gano, 1755, fu (secondo il Mblzi, Op. cit., loc. cit., il P. Gio. Battista Negri
teatino.
k.
I CICISBEI 237
naie, sebbene non si parli esplicitamente di cavalieri serventi,
si biasima ogni specie di (conversazione che provochi relazioni
assidue di uomini e donne, e specialmente si muove rimprovero
agli ecclesiastici, che praticano la compagnia di donne, se anche
non abbiano cattive intenzioni. E all'autore giovava, come poi
ad altri che ripeterono le sue lagnanze, citar le parole di S. Gi-
rolamo contro gli ecclesiastiii mondani, e censurava aspramente
quelli che dice « abbez de ruelle » i quali sembrano sposi no-
velli, cosi lindi e ricciuti come sono, dopo molte ore di specchio,
quando vanno a far visita alle signore : <' Vous les voyez marcher
le chapeau sous le bras, de crainte che son poids, quoique leger,
ne vint à déranger la simétrie de leur frisure. A peine touchent-ils
le pavé, tant ils ont peur que leur galante chaussure ne se sa-
lisse ». Del resto in Francia già La Bruyère aveva consigliato i
direttori spirituali a fuggir le donne, anche a rischio di non
curarne la salute dell'anima, per non perdere la propria, i
Nemmeno in Italia mancaron moralisti, che protestassero
— e non pare con molto risultato — contro la facilità con cui
gli ecclesiastici frequentavan le signore. JNon sempre innocente
era l'intento di quel prete o frate che s'insinuava nelle case. Unautore, un abate, 2 .scriveva a questo proposito ch'egli detestava
« i tanti raggiri, con i quali gli ecclesiastici, e i regolari in specie,
s'insinuano nelle nostre case, quando in esse abiti qualche fem-
mina di non disprezzabile aspetto. Vi compariscono essi a pren-
dere la cioccolata ed il latte, ora se ne vengono portando i libri
in prestito... » (pag. 5): le arti insomma che l'ipocrisia usò sempre,
e che nel Settecento non era solo il Parini a smascherare neìVIm-
postura. Ma poi il nostro autore prosegue la discussione rivol-
gendosi a quegli ecclesiastici che avvicinan le donne in buona
fede e senza fine cattivo : il pericolo non è meno grave per questo;
non sanno essi che l'amore verso il bel sesso è naturale ed ir-
resistibile? e che non se ne ottiene vittoria nemmeno allonta-
nandosi atìatto dal mondo ? Credon seriamente di poter aste-
nersi da ogni idea non casta « coU'assiduo sedere al fianco di
una tenera giovinetta, o per insegnargli {sic) scioglier la lingua
' Cfr. Le Commerce dangereu.r, pag. 2G1.
" Discorso accademico sopra Vahuso di (nielli ecclesiastici che insegnano
alle donne leggere, scrivere, il canto, il suono, il disegno, la poesia, le scienze,
le lingue, scritto dall'abate O. G., scolare pisano, Livorno, MDCCLXI. Per
Gio. Paolo Fanteclii all'insegna della Verità.
2S8 I CICISBEI
a,l canto, o per istruire le sue morvide mani alla pratica di ar-
monioso strumento r* » i (pag. 13 e segg.).
Le leggi sacre, di cui l'autore cita molti passi, proibiscono
<iuesti congressus muì/erum, che possono screditare intere comu-nità di religiosi, e gettare lo scandalo su famiglie onorate, poi-
ché il popolo ne giudica per lo più sfavorevolmente, anche se si
tratti di relazioni non colpevoli. Ad ogni modo temibile e più
facile è il danno personale, perchè quei congressus turbano la
coscienza e i sensi dei precettori, e spesso nella china dei di-
scorsi confidenti e tentatori « minano le anime delle più inno-
centi colombe» (pag. 21): infatti, afferma l'autore (pag. 35), la
alunna di solito non è « donna attempata, ma bensì bizzarra
giovinetta, e di non spiacevole aspetto », e può porre al precet-
tore un affetto più profondo e pericoloso di quello che le loro
relazioni potrebbero giustificare.'^
Ma torniamo al Commerce dangereux, di cui parlavamo. Pa-
gine interessanti di esso, più di quelle dove spesseggiano le ci-
tazioni dei Santi Padri, son le altre in cui l'autore discorre delle
donne maritate del suo tempo, affermando che per la grande li-
bertà che godono « elles prenent du mariage ce qnil a d'agréable,
«t rejettent ce qu'il a de penible. L'habitude qu'elles ont de vivre
avec un homme, fait, qu'elles ne peuvent plus s'en passer. Mais
elles veulent un ami au lieu d'un époux ». Questo era il male, e
• L'Alfieri nella notissima satira su VEducazionc, tra le occupazioni
che in casa del « nobil conte » toccheranno all'abate D. Raglia da Baatiero,
pone anche quella di esercitare la contessina a canticchiare « Metast6sio, le
ariette. . . »
.
* Accadeva spesso che questa famigliarità tra uomini e donne si strin-
gesse sotto aspetto di relazione tutt'affatto spirituale. Il Parini immagi-nando che una Elisa, signora un tempo dedita alla galanteria, voglia darisi
alla devozione, eleggendo come suo direttore spirituale un certo conte N. N.,
fa scrivere da costui tre lettere alla convertita, in un tono di arguta ironia.
Il conte dice alla dama ch'ella è ormai in un'età propizia al suo proponi-
mento : « I giovani amici cominciano a poter vivei'e senza di voi ; la vostra
età principia a lagnarsi di qualche lustro superfluo. Oh bella cosa ch'è la
divozione quando si giugne ad un certo numero d'anni!» (P.vkini, Opere..
ed. Reina, IV, pag. 206). E nella prima lettera il <> consigliei'e spirituale»
si mostra poco tranquillo e sicuro della sua resistenza alle tentazioni : «Oh!
la sarebbe poi bella, che il diavolo facesse che col nostro lungo commerzio
di lettere io mi innamorassi di voi, come accade spesse volte a' direttori,
che prendono a guidare sul cammino della divozione qualche ancor fresca
e spiritosa penitente > Pakini. (>/>ere, IV, 204'. L'al)ate di Bosisio conosceva
il suo mondo.
I CICISBEI 239
per (juante cagioni si cadeva in esso I L'arguto autore distingue
le donne che si fanno l'amante per vendicarsi del marito infe-
dele, o per sensualità, o per vanità, o per lusso, o per la moda,
o per passatempo sentimentale, e cosi via. Come meravigliarsi,
che fossero rarissime quelle signore che potevano fare a menocorteggiatore, fosse o no sollevato all'ufficio di amante ?!
Un buon numero di trattati sul costume dei cicisbei .si ebbe
in Italia. Ma coloro che s'occuparono del nostro tema hanno solo
citato quello di Costantino Roncaglia, venuto in luce a Lucca
nel 1720 e ristampato nel 1736. - Dopo aver lamentati tutti i
danni morali del cicisbeismo, e aver messo in/ guardia contro i
pericoli di esso, enumerando tutti i peccati (quanti!) mortali e ve-
niali, in cui si cade nella conversazione, il Roncaglia lamenta la
diversità del costume del tempo suo da quello di mezzo secolo
prima, allorquando se « ritrovata si fosse una giovane maritata
in camera solitaria con persona di sesso diverso, e di sua con-
fidenza, sarebbesi ciò reputato bastevol cagione di sanguinosi
duelli ed irreconciliabili inimicizie»: e rileva il decadimento e la
rovina della compagine domestica, dove la donna, amante del
marito, educatrice dei figli, viene a mancare. Egli vorrebbe che
le madri non dessero ai figli e alle figlie il cattivo esempio del
cicisbeato, che i mariti proibissero il cicisbeo alle mogli, e queste
non disubbidissero ; ma soprattutto vorrebbe che gli ecclesiastici
non cadessero nella colpa di farsi cicisbei. Sono al solito gli
abati quelli presi di mira, e non sarà inutile riferire il ritratto
* Poiché abbiamo accennato ad un trattato straniei-o sul costume sette-
centesco, ricoidiamo che prima del Commerce dangereit.r a Bruxelles s'era
pubblicato nel 1G75 un altro curioso trattateilo De Vabus des nuditez de
gorge, di cui alcuni (secondo il Brunet, Manuel) fanno autore Jacques Boi-
leau, ed altri un Mr. de Neuilly, « cure de Beauvais», e che in cinque anni
ebbe altre due edizioni a Parigi (nel l<iT7 e nel 1680). L'editore dice che il
libro fu scritto da un gentiluomo scandalizzato nel veder le donne fiam-
minghe andar mostrando la gola e le spalle e il seno nudo: il timorato
gentiluomo francese non si lasciò prendere all'incanto di cosi bella nudità,
sebbene riconoscesse che « la veuè d'un beau sein n'est pas moins dange-
reuse pour nous que celle d'un basilic ^ *pag. 12). Ricorderemo anche un
lungo trattato di più di quattrocento pagine scritto da Jean Fraix or Tkem-MLAY col titolo Conversofioiis moroles sur les jeu.r et les divertissements i Paris,
Pralard, lH85i.
* Le moderne conversazioni volgarmente dette dei cicisbei, esaminate daCostantino Roncaglia della Congregazione della Madre di Dio, ri* ed. ac-
cresciuta), Lucca, Venturini, 173G. Del Roncaglia s"è giovato particolarmente
il Carducci, trattando del cavalier servente.
240 I CICISBEI
(he uè traccia il Roncaglia, per confrontarlo con quelli veduti
innanzi : « Voi dunque li vedrete primieramente con una zazzera,
che ognun giudicherà, che sia stata ben disposta per più tempo
allo specchio ... Le loro vesti, a riserva del colore, sono quali
le desidera un cicisheo secolare ; e procurano talvolta ancora di-
scostarsi quanto possono dal color nero, quasi vergognandosi
dell'abito che vien dalla Chiesa loro prescritto » (pag. 228).
E prosegue : « Arrivano finalmente a così disonorare il loro stato,
che vedonsi ne' carnevali con una abominevol maschera .servire
con ogni libertà la cicisbea. Se poi niente niente le loro azioni
osserverete, reste^jete ammirato vedendole leggiere, scomposte,
e che danno manifesti indizi di vanità, camminando eziandio
per la città con tutto quel brio, con cui un giovinetto secolare
etfeminatissimo, innamorato, dà scioccamente ad intendersi di
farsi credere qualche cosa » (pag. 229).
Ma prima del Roncaglia altri avevano trattato la stessa ma-
teria. Un anonimo, religioso della Congregazione della Madre
di Dio, come il Roncaglia, nel 1711, pubblicava a Ferrara un
opuscolo su Alcune conrersazioni e loro difese esaminate coi prin-
cipj delia Teologia,^ in cui diceva « doversi stimare materia di
erubescenza et un mancare al proprio decoro, se una donna li-
bera, e molto più congiunta, ammessa una continua, libera e
confidente conversazione con qualche persona particolare, dà
fondamento di sospettare, ecc. », e si lagnava che a siffatte con-
versazioni si desse in alcune città il « titolo di lecito diverti-
mento, o di ossequiosa servitù dovuta alle dame, benché legate di
fede col santo vincolo del sacramento del matrimonio » . Per non
lasciar equivoci l'autore determinava, come il Roncaglia, di qual
conversare egli intendesse far censura : « Io per questo conver-
sare intendo quella familiare conversazione, che è determinata
per lo più ad un solo, né é determinata ad ore, ed a giorni, masi suole prolungare per più mesi et ancora anni; quell'assistenza
continua a quella cui si dice servire nella conversazione, nel
giuoco, nel passeggio; quella libertà di parlare in segreto al-
l'orecchio, e talvolta ancora d'introdursi in casa, sebbene l'ora
impropria possa far sospettare, che il vestito non sarà in tutto
decente; «luel pretendere i di lei sguardi fino nel Santuario,
' Ferrara, Barbieri, 1711: dubito clie sia la prima edizionf. Tra questo
opuscolo e l'opera del Roncaglia ho notato alcune relazioni : il Roncaglia
conoì)be certamente il libretto ferrarese del 1711.
L
I CICISBEI 241
e avanti l'istesso Altissimo " (pag. 5 e segg.;. A Ferrara stessa
nel 1 714 si divulgava la RÌHpoxta d'un teologo ad un amico sopra
diclini casi di coscienza concernenti al vivere d'oggidì. L'autore
non si svelava, ma pare che le donne e i cicisbei ferraresi riu-
scissero a scoprirlo e se ne vendicassero : difatti una nota ma-
noscritta, posta da un contemporaneo sopra un esemplare di
questo trattatello, ^ lo dice « opera di D. (Giandomenico Barile
C. R. Teatino, contro del quale si suscitò una fierissima perse-
cuzione de' Ferraresi, per cui da quella città dovè partire »,
Dei resto non si può dire che il Barile adoperasse espres-
sioni più gravi degli altri che combattevano il cicisbeismo: egli
denominava « diabolico ritrovamento » quello delle conversazioni
tra donne e uomini, e sosteneva che gli amori iniziati e prose-
guiti nelle veglie non sono innocenti, « mentre veggonsi chia-
ramente li tali e le tali or fare scherzi assieme, da più che offi-
ciosi, or parlarsi all'orecchio, e sovente l'uno all'altra in ginocchio».
Che scherzi e che giuochi fossero leciti in quelle veglie di cicisbei,
ci ha detto già monsignor Lodovico Sergardi.
Nonostante la persecuzione, che lo allontanò da Ferrara, anzi
forse appunto per essa, il Barile, due anni dopo, ristampava ac-
cresciuto il suo trattato, a Roma, col proprio nome e col titolo :
Le moderne conversazioni giudicate nel tribunale della coscienza.'^
Contro il cicisbeismo si continuò a predicare e a teorizzare
durante tutto il Settecento, e nell'ultimo ventennio del secolo
un anonimo scrisse certe Riflessioni filosofiche e poetiche sul genio
e carattere dei cavalieri detti serventi secondo le massime del se-
colo XVIII (1783),'^ e un anno dopo uscivano altre Riflessioni,
con lo stesso titolo, ma sul carattere « delle dame dette servite »
.
Era come una ricapitolazione storica : il regno dei cicisbei stava
per terminare. In una lettera di Lorenzo Mascheroni ad un amico
(Pavia, 9 novembre, 1796), ricorre ancora questa testimonianza:
« Sento dire che la cittadina Teresina Diletti Barbieri sia dive-
nuta poetessa, ed è servita dal comandante francese di questa
piazza»; 4 e nel 1805 il De Rémusat trovava ancora Tuso del
cavalier servente. Ma non va dimenticato, che Ugo Foscolo,
' Ferrara, Barbieri, 1714. L'esemplare da noi veduto, che attribuisce la
h'i.sposta al Barile è nella R. Bibl. di Parma (Miscellanee in-8, n. 261;.
^ Roma, Bernabò, 1716.
^ Venezia, Zatta, 178:^.
* Cfr. i Coniribìiti alla biografia ili Lorenzo Mascheroni, Bergamo, Arti
Gi-afiche. 1!>04, pag. 114. E v. M.^: De Rbmusat, Mémoires, Parigi, II, 139.
Hi — Riiistii dlUiUa, anno XIll, voi. II. taso. Vili, (Agosto ItUO).
242 I CICISBEI
esperto conoscitore di quel mondo di cittadine e d'altre signore
facili alla capitolazione in quell'era napoleonica, nel saggio su
Le donne italiane^ ^ parlando del cavalier servente e della sua
dannosa efficacia, ci attestava il tempo in cui un atto di onesta
sovranità ne segnava ufficialmente la decadenza in Milano : « Il
sistema dei cavalieri serventi, sebbene a prima vista possa sem-
brare degno unicamente di ridicolo e di disprezzo, agiva come le
potenze negative nelle matematiche, condannando le potenze at-
tive all'inerzia. L'uso era frutto della condizione religiosa degli
Italiani, 2 e le condizioni politiche lo perpetuavano. Questo per-
sonaggio anomalo disparve quasi istantaneamente nel setten-
trione della penisola, appena l'amabile figlia del Re di Baviera
vi comparve moglie di Eugenio Beuharnais, e modello di tutte
le virtù domestiche » .^ La vice regina non ammise a Corte le
signore non accompagnate dal marito: e allora i cicisbei si ri-
trassero e le signore comparvero in pubblico e agli inviti della
gentile principessa dando il braccio al proprio marito senza più
temere di esporsi al ridicolo.
Giunti a questo punto, dopo tante testimonianze nelle quali
andò malamente compromessa la buona fama delle donne ita-
liane del Settecento, non sarà un danno né una contraddizione
che noi concludiamo il nostro discorso con alcune altre infor-
mazioni che tornano a loro onore : che se il costume frivolo por-
tava in quell'età la donna verso i rischi del « galanteo » e del
« cicisbeato » come allora dicevano, sarebbe ingiusto dar valore
generale alle prove che possediamo in proposito, e tacere di
quelle altre, che parrebbero eccezioni, e forse non erano così
' U. F0.SCOLO, Opere, Firenze, Le Monnier, 1882, voi. II, pag. 35 e segg.
Il Foscolo sostiene che una delle cause, anzi « la più profonda e velenosa»
,
della decadenza politica d'Italia fosse l'abitudine di certe classi di profanare,
come per privilegio, la santità del matrimonio (pag. Ho). Però lo stesso Fo-
scolo {Opere, XI, 60 e seg.) trovava ancora vestigia di cicisbeismo nel 182H
(Cfr. Parini, Le Odi, Il Giorno, ecc., con note di Guido Mazzoni, Firenze,
Barbèra, 19fX), pag. 170 1.
- Il Foscolo reputa causa principale di quest'uso il celibato dei preti.
Noi .sappiamo ormai che questa affermazione non corrisponde al vero, se non
in parte.
^ Fu.scoLO, loc. cit., pag. 3iJ.
I CICISBEI 243
rare come potrebbe credersi, e sono certamente molto lu*!Ìn-
ghiere. Non tutte le donne del Settecento furono fatue, leggiere
e amanti della corte dei ridicoli cicisbei: il Goldoni, dipintore me-raviglioso della società dei suoi tempi, ritrasse sì le dame piene
di capricci e di smorfie, ma non trascurò quelle migliori; e le
donne amanti del marito e della casa meglio che dei cicisbei e
delle conversazioni mondane sono più numerose, nelle sue com-medie, di quelle che alla famiglia concedevano la minor parte
dei loro affetti. E la letteratura che satireggiò il non lodevole
costume muliebre, fu ricca ed ebbe fortuna,i non mancò chi del-
l'indolee del carattere femminile trattò con maggior benevolenzae cortese deferenza. A noi basterà dar saggio delle opere e degli
autori che del sesso gentile ebbero più rispettoso concetto/'' Ecitiamo prima il padovano abate Antonio Conti, noto come tra-
gico e come filosofo, uomo di vastissima cultura e di grandeingegno, ricco di idee moderne accolte nel suo lungo soggiornoall'estero. Una lettera da lui scritta su tal soggetto, in francese,
e inserita fra le sue opere, fu nel 1773 aggiunta ad una tradu-
zione del Saggio Hopra il carattere i costumi e lo spirito delle
donne ne' varj .secoli del sig. Thomas dell' Accademia francese^"^
opera già prima tradotta in italiano, favorevole al bel sesso, e
particolarmente interessante là dove considera il costume fem-
minile da Luigi XIII a Luigi XV e alla Reggenza, in quei tempiin cui la decenza onde s'era velata la galanteria, anche se li-
cenziosa, fu posta del tutto in bando.
Qualche testimonianza più leggiadra ci porgerà la poesia, e
noi ci fermeremo a due esempi, che si compiono l'un Taltro, e
ci mostrano la donna del Settecento in mezzo alla vita dome-
' A quella fin qui ricordata aggiungiamo : Le donne. Quadro poetico mo-rale di Evandro Aminta, Torino, Stamperia reale, 1791 : due brevi canti in
versi sciolti.
•^ Non sarebbe difficile nella poesia, e in genere nella letteratura del
Settecento, raccogliere materia per uno studio sui sentimenti e sugli addetti
coniugali e famigliari. Ci accontentiamo di citare un breve stadio, che è
anche un buon saggio intorno a questo tema, di B. Chiurlo, Gli affetti fa-
migliari di un poeta friulano (nel periodico La patria del Friuli, di Udine,28 dicembre 1908): il poeta è il co. Daniele Florio, che fu in relazione col
Metastasio.'' «Traduzione italiana corredata di annotazioni storico-critiche: ed ac-
cresciuta di una lettera dell'abate Conti P. V. intorno lo stesso argomento ».
Venezia, Vitto, 1778. Ricordiamo Ancora a questo punto il trattato di Al-
dighiero Fontana su Fm donna, già citato il719).
244 I CICISBEI
stica. uou più. fastidiosa e tediosa per lei, come le appariva nelle
opere fin qui vedute, ma gradita e soave.
Ecco una raccolta di versi (si ricordi che il Settecento fu il
secolo delle raccolte, per tutte le solenni circostanze pubbliche
e private) fatta per le nozze del conte Gian Fioravante Nicelli,
piacentino, e della marchesa Isabella de' Franceschi, genovese.
Un buon numero di verseggiatori si proposero di descrivere e
quasi formare alla nuova sposa (si era nel 1792) il suo salottino
di toeletta, e alla raccolta diedero nome lì gabinetto. ^ Giampaolo
Maggi cominciò a tracciarne Le dipinture^ che lo dovevano ador-
nare. La pittura pastorale e mitologica francese del secolo xviii
aveva sparse dovunque, con la grande imitazione fattasi delle
scene del Watteau, del Boucher, del Fragonard e dei loro se-
guaci, scene d'amore e di passione, tutte pervase da un molle
carattere di sensualità. Un altro Maggi, da noi, Carlo Maria,
aveva già lamentato, come vedemmo, l'abuso di pitture d'argo-
mento lascivo ; Giampaolo Maggi non vuole nel gabinetto della
sposa le disoneste figure, che
Ornar di Cloe, e di Lalage
Le insidiose muraPoterò, e l'altrui rendere
Procacità secura:
l'artista tlipinga invece le sorti dell'amore grande ed eroica-
mente virtuoso di Alceste per Admeto, e la morte di lei, e lei
restituita al marito dalle divinità pietose di sì grande affetto
coniugale. Il conte Federico Scotti della Scala cantò La toeletta^
il piccolo altare della bellezza, a cui si assiderà la giovane donna
appena uscita dal talamo nuziale,
Se il pie succinto e tepido
Un solo passo avanza
Oltre l'amica soglia
De la notturna stanza. "
Un tema più delicato toccò al marchese Francesco Appiani
d'Aragona di Piombino, arciconsole dell'Accademia piacentina
' Il Gabinetto. Versi per le t'austissinie nozze dt-l n()l)il uomo il signor
conte Don Gian-Fioravante Nicelli Piacentino con la nubil donna la signora
marcliesa Donna Isabella de' Franceschi Genovese, 1792, [Piacenza], presso
Giuseppe Tedeschi.
* Richiamiamo qui la letteratura già citata sulla toeletta.
I CICISBEI i45
degli Ortolani, alla quale apparteugouo tutti i poeti della rac-
coltina che esaminiamo : egli cantò // sofà^ i
Piacevol ospite
D'ogni aureo tetto,
GradevoI emulo
D'ogni ampio letto."
Né per esso sarà posta a dura j)rova la modestia della sposa :
Tema il cor gelida
Però non stringa,
Le gote ingenue
Rossor non tinga
Di lei che ascoltami
Sposa gentile:
l'autore sa che vi son divani ove l' ignobile voluttà elegge il
suo campo, ma questo ch'egli canta accoglierà una giovine
donna, di cui la bellezza maggiore è la virtù, e ad esso rivol-
gendosi così gli dice :
Mentrella a placido
Sonno tranquille
Ama concedere
Le sue pupille.
Le membra languide
Tu accoglierai :
Il volto roseo
Ne sosterrai,
Ov'ella togliers"!
A troppo gravi
Cure domestiche
Ed insoavi;
Ov'ella pascere
In dolce calma
Di saper aureo
L'ingegno e l'alma:
' Anche il sofà ebbe una sua letteratura nel Settecento. Ricordiamo //
Sofà, del veneziano Lamberti, in dialetto, ristampato dal Mal.\maxi lOp.
cit., II, pag. 133e seg.), e l'episodio notissimo del Parini su l'invenzione del
caìiopè {Notte, v. 275 e segg.)
- Anche il Parini aveva detto del canapè Xofte. vv. 819-32o) :
E fama è che talor invidia mosseAnco a i talami stessi.
24tì I CICISBEI
Ov'ella piacciasi
Fuggir di cento
Languenti il tedio
O l'ardimento.
In sen dell'ampio
Molle tuo piano,
Ora all' industrie
Dell'agii mano
Farà suo genio
Contento e pago,
Alternand'opere
Di maglia o d'ago;
Ora su pagine
Dotte, ingegnose
Cui franca od itala
Penna compose,
Intenta ed avida
Corrà le idee
Native ed utili,
Cui saggio hee{sic).
Versi non belli: ma a noi importa il concetto che il poco apol-
lineo arciconsole ha voluto esporre alla sposa, attorno alla quale
egli vede fra non molto, su quello stesso divano, i figliuoletti
avidi del suo bacio e delle molli carezze materne.
Scienza in versi, secondo l'uso non più nuovo della poesia
d'allora, offre alla sposa Luigi Bramieri, nome non ignoto agli
studiosi del Parini^ descrivendo L'orinolo a pendolo: comincia
dal discorrere del « Sofo maggior de l'Arno », Galileo, e poi del
batavo Ugenio, Huygens,
(Il pondo egli vibratile
A l'oriuolo appose
E al navigar si dubbio
Legge novella impose);
e seguita con tali leggiadrie poetiche, finché si ravvede :
E che varrìa, di vertice
Se a Te, di base e d'osse,
Di generante circolo
Parlar mio labbro osasse?
A si severo studio,
A l'aspre voci astruse
Mal l'armonia maritano
Del plettro lor le Muse.
I CICISBEI 247
Male davvero, e l'autore poteva essersene avveduto prima. Sog-
getto meno scientifico, / casi da serbare i fiori, toccò all'ab. Bar-
tolomeo Boccaccio. Questo abate dal celebre cognome parla dei
fiori, che nel « tempietto adorno '>, nel segreto gabinetto della
sposa, emergono
Dal sen capace e diafano
Di pechinese argilla:
(^uei fiori anelano l'onore d'ornarle il petto, sebben temano di
esser vinti (è facile indovinarlo) al confronto delle nevi del seno
e delle rosee guancie di lei : essi parlano alla giovane donna il
loro simbolico linguaggio, ricco di gentili e amorosi pensieri. Eil dottore Vincenzo Devoti svolse l'ultimo tema, caratteristico
del tempo, su / libri^ che avrebbero dato una nota intellettuale
al gabinetto di toeletta della nuova dama. Il poeta non vuole
ch'essa gravi la mente e la parola d' inameni concetti scientifici
e filosofici :
Dolci, non gravi sorgano
Voci sa roseo labro:
E Sotìa no, ma Venere
Parli da bel cinabro.
Donna gentil coll'occhio
Cerchi le vie de' cori,
E non armata d'anglica
Lente le stelle esplori.
In questo luogo, ove domina la Moda co' suoi riti, non manche-
ranno tuttavia aurei volumi (sentasi curiosa miscellanea d'opere
discordi), la Bibbia, Molière, la iJidone del Metastasio, e Cla-
rissa,
la bella Inglese
Che per le vinte insidie
A maggior gloria ascese.
Quanti begli occhi di donne s' inumidirono di lagrime pietose,
nel Settecento, leggendo la storia dell'eroina del Richardson I
Qua! ninfa d'alma tenera,
D' ingenui modi ha il vanto,
Che di Clarissa ai miseri
Casi non sacri il pianto?'
* Cfr. l'opera citata di G. B. Marchesi sui romanzi del "TiK,). pag. •2'i
e passim.
248 I CICISBEI
Nella raccoltina su cui ci siamo indugiati non abbiamo più
la dama cicisbea, ma nel signorile e civettuolo gabinetto che i
verseggiatori piacentini preparavano all'aristocratica sposina,
rimane ancora come diffusa un'aura di leggerezza e di frivo-
lezza.
i
Per altre nozze, della N. D. Lucrezia Nani col N. U. Lorenzo
Sangiantoifetti, a Venezia, si pubblicò nello stesso anno La vita
coniugale^ da prosa inglese di Mi/lady Montaigne, recata in
verso italiano dall' Abate Antonio Conti P. V.'- Il Conti ebbe
lode dal Foscolo per la vigoria e maestria con cui trattò l'ende-
casillabo : un altro dei pregi di questo tragico padovano, del
quale abbiam già discorso. Il trattatello della dama inglese, seb-
bene scritto in prosa, è ricco di poesia, e in esso passa un soffio
di squisita femminilità, come in molte delle cose scritte da questa
donna di mente superiore. La Montagu vuole che nella vita co-
niugale amore suggerisca la scelta, la fedeltà e la costanza la
mantengano. E per provare quanto la società e gli usi suoi tol-
gano delle cure muliebri al marito, essa, che stette alcun tempoa Costantinopoli (dal 171(3 al 1718), essendo moglie dell'amba-
sciatore inglese, ricorda le parole dette a lei dall' « amabile Sul-
tana », che si scandalizzava della libertà delle donne europee,
le quali conversavano con tanta frequenza con gli uomini. Néla risposta della gentildonna inglese appagò la Sultana, perchè
essa ribattè:
Oh gran bontà degli Europei mariti.
Se fedeltà si limitata e scarsa
Gli appaga! Non son forse a pubblic'uso
Le vostre mani, il vostro volto, e il core,
E le parole? E che mai pretendete
Riservare a gli sposi ?
A questa prima versione, nella elegantissima pubblicazione
nuziale segue la traduzione d'una lettera della stessa Montagu
ad una sua amica. Ed è una cosa deliziosa, questa lettera, una
' La biblioteca era ornamento ambito dei gabinetti di toeletta. Una ricca
raccolta di novelle del '7CX) ha appunto questo titolo: La toelette ossia rar-
colta galante di prose e versi toscani dedicata alle dame italiane (Firenze.
Allegrini, Pisoni e C, 1770-1771j.'' Venezia, Zatta, 1792. Le due traduzioni del Conti .si trovavano già
nella raccolta delle sue Prose e poesie (Venezia, Pasquali, voi. I, 173!>, e
voi. II, 175G), nel voi. II, parte 2», pag. ii e segg. e pag. xm e segg.
I CICISBEI 249
amabile fantasia giovanile, in cui la scrittrice traccia il ritratto
dell'uomo ideale a cui darebbe il suo amore, e pregusta con la
immaginazione le gioie che con esso vorrebbe godere. L'uomo
che essa desidera dovrebbe accoppiare l'onestà al senno, non
esser troppo severo, e nemmeno scioccamente baldanzoso :
Giusto decoro in publilico con8er%'i;
In me confidi, e ne' suoi sguardi il mostri.
Mi si appressi di rado e con rispetto;
Ma senza sciocca languidezza, e senza
Dimestichezza ardita ei mi saluti.
Allora poi che delle pubbliche ore
Sia passata la noia, ed a secreta
Mensa concesso di gustar ne sia
Vin di Sciampagna e dilicati ])o]li,
Possan le più piacevoli pazzie
Lusinghiera recarci ora felice
Da lunge ogni timor ci stia, da lunge
Ogni discreto e timido contegno;
E l'arti dispregiando e le sembianze
Tra la folla affettate alfin scordiamci
Ei d'esser rispettoso, io d'esser fiera.
A lui sia dato il dimostrarsi audace;
Ne disconvenga a me eh' io gli perdoni.
È una scena d' intimità spensierata e birichina ; anzi le pa-
role della Montagu ci lascerebbero dubbiosi che essa avesse vo-
luto parlare di un amore non consacrato dal rito nuziale, se non
dovessimo pensare ch'ella desiderasse di trovare nel marito, nel
compagno da lei scelto, l'amante : così appunto interpretò la
leggiadra descrizione della scrittrice inglese ehi la offerse, pub-
blicandola, ad una sposa novella. ^ Lady Montagu '- aveva spo-
' Si noti che nella Vita coniugale la Montagu ha parole roventi contro
i zerbini e i seduttori e contro il loro amore disonorante, mentre esalta
quello coniugale.
- Lady Mary Wortley Montagu (KjltO-lTtói, nata Pieirepont, figlia del
Duca di Kingston, rimasta orfana di madre, ebbe un'educazione libera e
audace, ma irreprensibile. Brillò fin da fanciulla per la sua grazia e viva-
cità d'ingegno nella s )cietà di (ì-iorgio I: aml)iziosa e desiderosa d'essere
ammirata. Tenne una corrispondenza, troppo spregiudicata per una fanciulla,
con Anna Wortley, sorella di Edward, che Mary amò riamata, e ohe sposò
di nascosto, per vincere l'opposizione poco giustificata del padre suo. Dopo
il soggiorno in Oriente, tornò a Londra, e il suo temperamento le procurò
noie e dispiaceri, in cui entrò anche il Pope, divenutole, pare, nemico, perchè
la dama spiritosa aveva respinto una dichiarazione del poeta. Per notizie
250 I CICISBEI
sato nel 17 L2 un uomo ch'essa amava assai, e dopo aver bril-
lato qualche anno nella miglior società londinese dei tempi di
Giorgio T, ammirata e corteggiata, lo segui in Turchia; di qui
tornò in patria nel 1718, e vi stette fino al 1739, dopo il quale
anno si stabilì in Italia, lasciando la famiglia, in cui aveva
avuto gravi dolori, per opera specialmente del figlio Edward, i
A questo figlio essa, essendo in Turchia, fece innestare il vac-
cino, secondo l'uso veduto fra gU orientai, dando coi, prima
fra le madri europee, un esempio che dopo di lei fu imitato e
diffuso : e ad ognuno è nota la menzione gloriosa che del nobi-
lissimo e pietoso ardimento della Montagu, suggerito dall'amor
materno, fece Giuseppe Parini nell'ode famosa. - Questa donna
onora il suo secolo ; e non senza ragione il fiero poeta, che
espose al ridicolo e s.'erzò con la sua ironia le coppie cicisbee,
ma più volte rappresentò il lieto ed onesto affetto consacrato
dalle nozze, e seppe, nell'ode Alla Musa, descrivere una cosi
gentile scena d'amore coniugale, volle, fra le migliori donne
dell'età sua, esaltata questa dama inglese, che col suo esempio
tante giovani esistenze sottrasse al terribile morbo, e con senti-
mento cosi squisito di donna seppe rappresentare l' intimità do-
mestica allietata dall'amore,-'' Che se poi la storia fa le sue
sulla Montagu rimando ad un articolo di Camille Skldex [Vie et lettres
de Lady Mary Wortley Moyitaym, nella Bevue des deux Mondes, 15 ot-
tobre 1869).
' Nel 174() la Montagu. dop'> di aver soggiornato ad .Avignone e a
Brescia, si stabilì a Lovere, sul lago d'Iseo. Una testimonianza contempo-
ranea dice che e^sa era allora «servita da Ugolino Palazzi», un conte bre-
sciano. E da notare che la maldicenza perseguitò la Montagu anche in
Italia. Uno studioso, che s'è occupato con qualche diligenza della dimora
della dama a Lovere, non crede che la fierrifù del Palazzi alla Montagunasconda un intrigo: e noi facciamo rilevare che la gentildonna famosa
aveva allora 56 anni. Cfi-. C. P. L. Marinoni, Lady Montagu Wortley e la
sua decennale dimora alle rive del lago d'Iseo, Lovere, tip. editrice Luigi
Filippi, irKj4, pag. 11. Dello stesso Marinoni è un altro lavoro, \\\\ difet-
toso, su Lady Montagu Wortley prima della sita venuta alle rive del Sebiiio
(Lovere, tip. Filippi, 1903i.
" Ode su L'innesto del vainolo (vv. KMJ-IOSì:
<) Montegù, fiual peregrina nave...
Portò si gran tesauro
Che a pareggiare non che a vincer basti
Quel che tu dall' Eussino a noi recasti V
' Si ricordi la canzonetta Per nozze, che contiene nella prima parte una
cosi leggiadra descrizione della sposa dormiente ancora al mattino e dtl
I CICISBKI 251
prudenti riserve su qualche atto dell'età più matura della Mon-tagu, riesce forse per questo a cancellare le benemerenze, per le
quali ebbe il plauso dell'austero poeta, che fu cosi parco tes-
sitore di lodi?
Abd-el-Kader Salza.
suo destarsi, e il frammento Per nozze .«Era gioconda immagine»). Ricor-
deremo anche il capitolo nuziale del Parisi, « Signora Rusa mia saggia e
dabbene» {Opere, ediz. Reina, III, 133 segg.), in cui il poeta in torma scher-
zosa dà consigli pieni di saviezza, e questo prima d'ogni altro:
Voi vi dovete, o sposi, sempre amare,
Non già voltarvi in capo a pochi mesi
L'una al servente, e l'altro a la comare
Già E. Bp]RTANA Studi parhiiani, Spezia, Zappa, 1893, pag. i^i segg.i notò
clie al Parini, prete e derisore della vita domestica priva d'affetti virtuosi,
e sferzatore de' cicisbei, toccò il nobile ufficio di elevar il concetto della
famiglia, nelle Nozze e nell'ode Alla Musa, <• non coi rigidi precetti della
morale e con le solenni sentenze della sapienza, ma con le grazie scavi
e calde del sentimento ».
AHD-EL-T\: Anl'~H BA LZA
I
ANCORA DEI CICISBEI
ESTRATTO DAL FASCICOLO DI SETTE~lllRE 1910
DELlA
Rivista d'Italia
ROMAPIAZZA CAVO UH
Roma - ripoJ,:rafi:l dell' l tu ion e Elllll ic('. vb Fcdcrico Cesi 45.
ANCORA DEl CICISBEI
L'articolo intorno ai Cicisbei nella cita e nella lett eraturadel Set tecento, da me inserito ne l fas cicolo dell'agosto sco rso diquesta Ricista , fu pubblicato con le sole correzioni fatte sulleprime bozze; della seconda revisione , che compre nd eva l'aggiunta di qualche testimonianza e cii qualche utile ind icazion ebibliografica, non si potè più, pe r varie ragioni, t enere alcunconto. Alle scorrettezze tipografiche avrà provveduto l' accortezza del lettore; l alle omissioni intendo qui riparare io medesimo, giovandomi ancora de lla cortese ospitalità de lla Iiicista.
Darò il primo luogo ad un documento, che ebbi il t orto ditra-curare, per un tiro giocatomi dalla mem oria. Parland o de ll asatira settecentesca rivolta a sfe rzare e cast igare i cic isbei, iotralasciai deliberatamente di riferire quasi t ut te le te stimonianzenote già per gli studi di Achille Neri e d i a lt ri ben emeri ti emisi in rilievo solo quelle del t utto nu ove o im perfettamenteconosciute. :'.l a nella non breve en ume razione la sciai fuori un asatira, che pur conoscevo e su cui m'ero promesso di soffermarmi. Xe dobbiamo la conoscenza al chiarissimo prof. LuigiValmaggi del]' Uni versitù di 'l'orino, che' la pubbl icò in un oJluscolo nuziale 2 e gentilmente me ne offerse un a copia: è la Xa
, Ecco tuttavia le più necessarie: A p. 1~11 li nea I l in luogo di sta 111pale corregg] stampati; p. 19(; lino 3, {ascice corro iuscir rs; p. 19!J n . l li n. H,Jfallin corro Jfillin; p. ~O(J I. W, calero corro ralsero: p. :!Ul li n. HO, di CIIi
C. perrhè: p. :W:! liu. 2~1, e il dicampare corro il d ioumpa rc; p. ~I):l li u, :1, su ecorro tue: P: 210 lin. 11;, V('/'.~O la met« corro !/ili nell a prima m et ù; p. 2:!1Iin, 1, la satira del corro {a satira; p. 2:28 lino 15, [ctic! co rro (t'de/ i: p. 2;1:2lino Ili, di moralità corro di moralisti; p. 2:l l l in. :2 1, s/lpcl'/il'ia{e t I'W ' I'(' corro
sllJII'/'/ìcial" o trarre: p. :!::l~J lino :2tl, tempa co rro l rm po la , o li n. :\0, ('II"
corro N/SI'; p. ~:llj lin. :IU, COIJli corr. eolui ; l'. :2R!1 lin. 5, a mello con, Il
11/1'1/0 "'/111" p. :!I:~ lin. ~', I,; {a curr. ....·e {II : p. 2:iIJ li no H, col corr. (,IISì.
, SOZZI' Fontuna-lticaidour, 'l'orino, nprilo )I C~II.x.
.-\~CORA D EI CIC I S B E I 51 U
di dodici sat ire l scritt« d a un sc t t -o - ut istn fiorentino. ( rir)va n ni(~iroJamo Paxzi, del quale c' iuforrn eru l' f'gr r>gio p rofessor Lu ig iFassò, e iII essa l' aut ore « esag era il costume chr- u'ngono i nobili giovani cic isbe i n el se r vire a lle loro d amo » .
È da vve ro un co rn poni meut o di sca rxiss irno valnr e "~ttr~ra.rio,
iufarcito d 'idi oti smi e di vo caboli rir -r-rca t i : ma v i -ono qua ,~
Jil aooenni curiosi, pa r t icol a ri n on inutil i a di i f:v'(,ia la storia.del ci cisb eismo i è a d ogni modo u n nuovo non trascurabile docu me nto de-lla sat ire toscana co n t ro i cava lieri "C rvent i ,
T cic is be i offerse ro a rgomen to di riso , olt n-c h/: a lla satira ealla commed ia, anc he alla nost ra opera buffa. Ai m -I od ra rn rn ida me segnala ti nella.rti col o citat o (p . ~OS) conv ienr- aggiungerequelli indi cati nel recentissi mo vo lum e, in cui Pir-t ro T old o discorre con tanta do t trin a, f.' reuere de .1foli ère et sa [ort uue «nItalie.» Essi sono i seguenti: Il cicisbeo schernito tlallortolanascalt ritu , int ermezzi p elo musica (F erra ra 17:20 ) ; Lo cic isbeo co/ [eato, commedia p el' musica di 'I'ounnaso Mar ia ui, ro mano, 11/11
sico di Costante Iioberto , rappres entata al teatro dei Fi orentin idi Xapol i , l'WIlIO 172.9,. Il cicisbeo ridicolo, inter mezzi d'anonimo (Gen ova, t eatro Falcon e, ca r ncva lo 17..J-B.I ; Il cic i...beo con solato oc oero i casteli'Ln aria di /Jon Vela-co, [ursetta ({ q uatt rocaci in 2 parti di Claudio .l[azzw·el1i, musica d i A n tonio A u risi cchio (R oma, t eatro della P a ce, ca rnevale 17-lS) ; Lo cic isbeo,commedia pel' musica di Pietro 'I'r in c1te1'11 , m usica di Nicola L ogl'ascino (N a,poli , 'l'entro Nuovo, 17,)] ) ; Jl cicisbeo discacciat o,commedia per musica, musica eli Gaetan o }[onti , r a ppress enta t aal Teatro Nuovo di X apoli , la prima vera 1777 ; J cici sbei delusi, opel'a giocosa il/ .'l atti , d 'anoni mo (L ivor no, teatro SanSebastiano, primavera 17ò~) ; La cedora scaltra e il cic isbeo /'idico lo, intermezzo, d'ano n imo (F iren ze, tentro Cocomero, cu rnevale 17aG).
Una fortuna veramente notevole »b bero ad unque i c ici sbeisul teatro, e chi prend esse in es.u ue c om plessiva me nte i me lodrammi p le co mmedi e, in cui furono o dr-r isi o m c-si in cui-icatura, n e trurrebbe parti colari assa i curios i per Lt stor iu <Idcostume settecentesco.
I Sono conse rva te n el cod. :\la g liabech i:lIw , " H , S:?~I ,
• Turin , Loescher, UtIli . p. ·! :?n. n. 1. Vedi nuch e l'. ·1:\l. n. I e ·151 Il. l..-\.1 Told o so no an ch e noti al cu ni dei melodrammi da m e in dicat i. Egli in olt resi occupa della co mme dia Il cic i.Ò/·o scolI .•otato di G. n. FIl~i u o l i e dI,il e ~11l'
relaz ioni CO li l' opera de l :\Iulière I p. :!~:3 =-gl-: . .
520 .à~CORA DEI CICISBEI
Sia da ul ti mo rico rdata, a pr oposito delle letture gradite a lledume del / 00: l la t estimonianza ch e ci vi ene dal car te g g io eliAlessandro e Pietr o Verri , di cui s'è da po co intrapresa la pubbl ica xion e. ?
n futuro a uto re dell e No tt i rOIiUlII e) nel 17GB, essen do aR om a, f requentava la marchesa D. )Iargherita Gentili-Boccup .idule, nata marc hesa Sparapani di Ca me r in o, e ue era ninamoratissimo.
Si tratteneva presso di lei a co n ve rsare, a fa re un pl)' dimusi ca (essa sapeva suonare o can t a re, ed anch 'egli ca n ta vacome poteva) e a leggero. Rilevo dal Cm ·teggio due tratti chesi l'i feriscono a qu est' ultima occupazione d el Verri e della su adama. Xel primo, in una let tera del 28 a g osto 17G8, Alessaudroscrivendo a l frate llo Pietro, co me fa in quasi tutte le su e lettere, ri corda la donna amata: «Ella logge attualmente' il Mie»Clarlssu l Iorlou:e [cioè la !li.~f01'!J or ('lm·is .~a Horl ou:e del Richardsou], o lo g usta infinitamente. J:~ sta t a in cantata dall' /11
gl;n ll cd ama assai La Princesse de lJabyloll(, » (II , p. 18 ) ; e nelsecondo passo (de l 7 sette mb re 1/li8) aggiunge altri part icolurisulle letture più gradite a lla gentile marchesa: « Leggiamo ill 'riucip e di Nicolò Mac hiuvclli , avendo la m archesa d esid era toeli aver id ea di questo famoso libro ... Leggo unc ho J'is.~ C11Ir issa l Iorl oice, e ne è in cantata. Ha le tt o CO li piacere il /'01;/11('
dI' (Ien èce; ma trova ca ust ico il ri trat to d i Ronsscau.« Xel 1/( !/'/ Il /III' l i l ' i ntertlit t rova Emire ue un a « pettegola
cr udele" cd il nunzio tro ppo caricato. Co s] ella giudica i libri "(11, p. ~G sg. ). Accanto al fu rbuna t issi mo ro manzo de l Hirhard ·son, a veva singolur favo rr-, presso i tIUI" in na mo rnti, il Voltuir e.e trova va un posti ciuo an ch e il Machia ve lli.
P ie t ro Yerri non t'm m eno inna m orat o el i .\ l"SSltlll lro: e a:Jlilallo spasi ma va per uu 'a.ltra uui rchesa, D . :\larl dal e na Is imbardi na ta Beccari a BIIlll'sa II<t i m a go.1eva nH'Il0 liher t ù dI'l fra·t-Ilo, p-rch è il mari to .lolln sig uoru, designato dal Yerri l'o igraziosi app-Ilar ivi di ({ orso» e « imb eci lle " , in"os lwttitn d. ·ll"a s:,id niti l di lui presso D. Marlcla lenn , li snr",>gliaYil a ttonturn« Il !t '
o: c us tode «Lern o l ~ uoiosissimo s : e Pi et ro in vid iu va la sort « mi-
l Cfr. il m io urt.icolo, Il p. ~:\f). ~:l l c :.1 li.
• Cllrll'!!.'!;" di Pietro (·tI ;\1,1':";:<,\:\ 0 110 \ '1': 11 11 1 dal l i l;l ; al lj~17 a curn diF'rur... ..:";l:" Xovuti u .l'Emauuele Gruppi, Miluu o, ( \ 'I-( l illti , 1!I1Cl. P i nnru IIU
è uscito !iu!" il Il \"I, )IIIUC.
A:-;CORA TlE I ClCl~BF.1 ;,! I
glinre di Al-ssand ro, no n soggetto corrie lui ad un Argo. (; 1\,
st.ode severo dr-Ila signora a cui egli se rc i ra . )Tra le molte cur iosità d'ogni gener e che agli studiosi del
Settecento o ffre quest o ricchissimo carteggio verriauo, non S "II
delle meno a pprezza bili quel le co n fess ioni, che ci aprono la uiino
di du e qiocani siqnar] dat isi a corteggiare due dame, o w ..gli oa far loro da cicisbei, l'uno a Milano, l'altro a Roma. Y','rancicisbei inn ocui e ridicoli ; ina ve n'erano anche di quelli P"I;'«olosi per la tranquilli t à dei mariti delle cicisbee : AlessanI ro r
Pietro \Terr i, per que ll'a rdo re che ci r ivela no le 101"0 lettere , lWI!
erano dei primi davvero.Tuttavia non li coinvo lge remo nel biasimo e nello scherno
che si meritarono tant'altri cavulieri serve nti, perch é essi sPppero trovar in sè virtù snfficente per non ren der si al tutto schia videlle sciocche costumanze del secolo ; e meglio provvidero allaloro fama dedicando la parte più nobile della loro fervida intelligenza a quel rinnovamento , che nell a seconda metà del secolo decimottavo si veniva ma turand o, della società e della letteratura italiana.
A IlD-EL-KADE R SA LZA .
I Questa parola è usata dnl!o 3te380 Pietro " erri iI I, p. l" I.
L'ITAI.lA l'F.LLE RIV ISTE STRANn;RE.
del fascicolo di settembre 1910 della Rivista d'Italia
--'!)?>'1i~<---
G/i abitallti primi{iz'i ae/!'I rpillia.Per /111 L.topardi II/a/ noto.Poesia e P(leli dia/ella/i calabresi.Un patri:;i,' ferrarese, soldato di j\rajo/e"'lt J .
UII indoz·ind/o dantesco,La nlloz'a A/hmia.rincara di'i cicisbei.
A. de Blasto .C. Rèbcra .A. CipolliniLo GiommiG. LanzoneG. de' PasseraA. Salza
I i, RISORG1ME:"TO ITALIANO. - 1\1. degli Alberti. Lettere inedite dr! conte III Cal Conte di Cai,tdborg".
il, JI.I.F.TfI:-iO BIBLIOGRAFICO.
50M lVIARIO
A"NO XIII
~1\'lsta d'I t alia i pul.l.lica IO J'oma, IO f.l'cicoh mensili di CIrC zoo l'll in..I, oni c \1\"'\" fori \l o. - l'n'1.," .l'aLboll mento l'''' l' Ilalin: 1111 anno L. 20, 11
I., 11. ) r-r l't ero t Il anno I r. 25 (ur. ,lIn drn Ire lr, 13 uro , J'''·1.W <Ii un (,l<ciearalu l r I I I a J.. 2; ) r-r I E tero Fr. 2 .50.
IIlultrazlon l. - Cranio e corredo funebre nel cimitero neolitico della provincia di Avellino. - Frecce clla britto, fii Lan~domia. di Alta\'illa Irpiula, di :\loulc(uscO, cii Calitri, di Monteverde. - PUlita di Iarl I.
'Iirabclli, Irecc iol lua di Alravi lta Irpiui a , JluRtI:lle di :\1oIl1cn:rùe. r oltr-If i, punm di nJ!'-pid...- 3 ~ rtI litq~ro, punta .li (rt'ccia di B:l~lIo1i l rpiuia. IIUCh:O trovato tra "U(allin e il Scie. - .\ltrc frecce lli C' I"\C~'llillO, Altavllta Jrpiuia. Mi-abclla, pU~lIah.· di H:'\gnoli Irpmo, pll~lIale di Zungolo, accrun. - L<.lì CII,·lIes. - k ìtratto <Id Marcbese ErLOlc ~Ioslì.