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seminario
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Il diritto all’oblio nella
giurisprudenza francese
Giorgio Giannone Codiglione
Fisciano, 15 maggio 2015
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Le ordinanze del TGI di Parigi
(24 novembre – 19 dicembre 2014)
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Il Fatto:• Madame Marie-France M., nel 2006 viene condannata a tre anni di carcere per truffa.
• Nel maggio del 2014, effettuando una ricerca a partire dal proprio nome, la stessa
rinviene come primo risultato un collegamento ad un articolo del quotidiano “Le Parisien”
del 2006, nel quale si rende nota la notizia della condanna per truffa perpetrata in danno
di “più di una dozzina di aziende”.
• L’interessata, il 31 maggio 2014 richiede a Google Inc. la deindicizzazione di suddetto
collegamento e, nelle more del procedimento di notice and take down, indica un nuovo
link al motore di ricerca, sempre riferibile ad una pagina del quotidiano francese.
• Il 24 settembre 2014 Google risponde alla sig.ra M. comunicando il rigetto dell’istanza,
fondata sulla sussistenza di un interesse pubblico al mantenimento di detti indici di
ricerca.
Madame M. nel marzo del 2014 si candida e viene eletta alle elezioni
municipali del comune di Mèry-Corbon (1012 ab.), ma è poi costretta a
dimettersi (dicembre 2014) da consigliere comunale a causa di una lettera
anonima che denuncia quelle “macchie” del suo passato.
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Le richieste di Madame M. all’Autorità giudiziaria:
• Ordine di deindicizzazione dei due collegamenti connessi alla ricerca delle
parole “marie M.” e “marie france m.”;
• Imposizione di una misura coercitiva indiretta (astreinte) di 1000 euro al
giorno, una volta trascorsi infruttuosamente 15 giorni dall’ordine di rimozione;
• Condanna al risarcimento della somma di euro 1500 a titolo di compensazione
per il pregiudizio morale subito;
• Condanna della società convenuta al pagamento di un’indennità di procedura.
La parte attrice lamenta di aver dovuto
rinunciare al proprio mandato di
consigliere comunale e, inoltre, denuncia
la difficoltà di trovare un nuovo lavoro a
causa della facile reperibilità di tali notizie
risalenti al 2006.
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La difesa di Google:
• Google France non è legittimata a comparire in detto giudizio, poiché non
interviene direttamente sul funzionamento del motore di ricerca e Google Inc.,
proprietaria di detta tecnologia, non detiene altresì alcuna quota di
partecipazione nella società convenuta (per tale motivo, Google Inc. interviene
volontariamente in giudizio);
• non esiste un obbligo di deindicizzazione posto in capo a Google Inc. e data la
complessità della valutazione, il motore di ricerca non può essere reputato
responsabile per avere rigettato le richieste di Madame M.;
• manca la “manifesta illegittimità” del trattamento in relazione all’art. 6, par. 3
della L. n. 78-17 del 1978 e successive modifiche (Loi informatique et libertés);
• Madame M. non ha contestualmente ingaggiato nessuna azione giudiziaria
avverso il quotidiano “Le Parisien”;
• la notizia indicizzata non concerne alcun aspetto privato della vita della
convenuta;
• è necessario dare preminenza al diritto all’informazione riconosciuto a tutti i
consociati.
I principi affermati dal TGI di Parigi
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Il fatto che Madame M. non abbia agito avverso l’editore della testata
giornalistica lascia impregiudicato il diritto posto in capo alla convenuta di
inviare un sollecito direttamente al motore di ricerca, responsabile del
trattamento, per ottenere la deindicizzazione di determinati risultati.
Poiché le informazioni sulla condanna di Madame M. in relazione al reato di cui
all’articolo giornalistico indicizzato sono assenti dal casellario giudiziale, le
ragioni dell’attrice devono ritenersi prevalenti sul diritto all’informazione.
• Ordine di deindicizzazione o rimozione entro 10 giorni dei
collegamenti al sito sorgente connessi alla ricerca del nome della
parte attrice;
• condanna della società Google Inc. al pagamento delle spese di
giudizio.
Una breve riflessione sugli esiti della vicenda:
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Interesse
Pubblico e criteri
di valutazione
delle istanze
private di
deindicizzazione
Google non deindicizza la
notizia perché: a) Madame M.
era consigliere comunale di un
piccolo paesino?
b) Madame M. non ha prodotto
certificato del casellario (e
Google non ha poteri di
accesso)?
• Il TGI ordina la rimozione solo una volta appurata
l’assenza della notizia di condanna dal casellario
giudiziale;
• La condanna alle spese rappresenta un giusto
compromesso che dà atto della bontà della domanda
di Madame M. e corregge l’errore commesso nel
corso dell’“istruttoria sommaria” di Google, ma, al
contempo, il rigetto delle altre domande conferma che
non si tratta di un’ipotesi di “trattamento illecito” dei
dati personali dell’interessato effettuato dal motore di
ricerca.
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Uno sguardo al futuro….
• Necessità di criteri di valutazione uniformi e conoscibili al
pubblico (modello di riferimento: art. 29 Working Party – WP225?);
• Coordinamento e non sovrapposizione tra i tre livelli di tutela:
private enforcement – Garante – Autorità giudiziaria (v. ad es. art.
16 e cons. n. 40 e 45, dir. 2000/31/CE; art. 8, n. 3, Carta dei diritti
fondamentali UE);
• Verso una gerarchia tra diritti fondamentali basata sui principi?
(S. Rodotà, Solidarietà, p. 92 s.), e/o
• Verso un “bilanciamento” procedimentalizzato (casistica
dettagliata e precisa - limite alla discrezionalità del motore di
ricerca e della sua irresponsabilità in relazione al trattamento)?9
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Grazie per l’attenzione!