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LICEO CLASSICO “P. GIANNONE” CASERTA Progetto: “Leggere Dante oggi” Titolo: NAVIGARE CON DANTE… “per lo gran mar dell’essere”

Esilio Dante Giannone

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Page 1: Esilio Dante Giannone

LICEO CLASSICO “P. GIANNONE”

CASERTA

Progetto: “Leggere Dante oggi”

Titolo: NAVIGARE CON DANTE…… “per lo gran mar dell’essere”

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Firenze e l’esilio

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Una citta’ teatro di

scontri sociali

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• La produzione letteraria dantesca è ricca di riferimenti alla storia politica fiorentina.

• Dopo la vittoria dei guelfi sui ghibellini a Montaperti, Firenze fu teatro di un’ulteriore divisione della fazione vincente in bianchi e neri, scaturita inizialmente dalla rivalità tra due nobili famiglie toscane e sfociata poi in violenti scontri.

• Nei due opposti partiti si identificavano gli interessi economici e gli ideali politici delle famiglie dei Cerchi (Bianchi) e dei Donati (Neri), i primi più vicini al popolo e con una visione più equidistante tra papato e impero, i secondi nobiliari e fortemente filopapali.

• I Guelfi Neri, esclusi dalla politica cittadina, chiesero aiuto al papa Bonifacio VIII, il quale ordinò l’esilio dei capi Bianchi.

• In questo clima di confusione politica e sociale Dante sviluppò il suo contrastato sentimento per la città di Firenze, che spesso citerà nell’ambito dei canti politici della Commedia.

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“Odi et amo”: un poeta e la sua

terra

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• “Odi et amo”, più conosciuto come “odio ed amore”: è questo il rapporto che lega Dante e Firenze.

• La città, secondo gli antichi luogo di giustizia e pace, diventa per il Dante esule luogo di immenso dolore, tanto da portare il poeta a considerarsi guida per gli uomini alla conquista della verità.

• Dante, quindi, nell’Inferno assume verso la sua città un atteggiamento negativo, che si evince a partire dalle famose invettive per le vicende politiche, fino alle numerose allusioni al suo esilio.

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“Ne’ mai piu’ tocchero’ le sacre sponde”

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• Ai tempi di Dante, la condizione da esule equivaleva ad una condizione “infernale”, poiché gli esiliati erano in sostanza dei fuggiaschi indifesi di fronte alle vessazioni dei nobili.

• Dante rielabora la sua esperienza traumatica da colto politico emergente a fuggiasco nell’Inferno della Commedia, in cui oltre ad essere riversata la triste esperienza dell’esilio abbiamo un monito alla coerenza da parte del poeta.

• Egli infatti avendo pagato in prima persona per i suoi errori, ha imparato a rivisitare il passato per trarne insegnamenti positivi e troviamo ben quattro profezie che alludono all’esilio stesso: prima fra tutte quella di Ciacco, vero e proprio “profeta di sventure”, nel VI canto.

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Ciacco:profeta di sventure"La tua città, ch'è pienad'invidia sì che già trabocca il sacco,seco mi tenne in la vita serena.        

Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:per la dannosa colpa de la gola,come tu vedi, a la pioggia mi fiacco.     

E io anima trista non son sola,ché tutte queste a simil pena stanno per simil colpa"

Inferno, VI, 49-56

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• Nel canto VI si innesta una digressione politica, fatta di semplici domande che Dante rivolge al dannato: è questa la prima profezia nella Commedia, ed anche la prima volta che il poeta appare turbato per le sorti di Firenze.

• Le richieste di Dante sono esplicite: “Ma dimmi, se tu sai, a che verranno li cittadin de la città partita; s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione per chè l’ha tanta discordia assalita”.

• Le parole di Ciacco dipingono a tinte fosche il futuro della città: le parti si succederanno al governo fino a quando i Neri riusciranno a prevalere e per i Bianchi e Dante non resterà che l’esilio e la rovina: le sane tradizioni antiche cederanno il passo al dilagare del vizio.

• Dopo che Ciacco si è interrotto, Dante vuole ancora conoscere il destino di alcuni noti personaggi che si distinsero nell’impegno a favore della città. La risposta aggrava la tristezza del poeta, poiché per molti i meriti politici non sono valsi a guadagnare loro la salvezza e anch’essi sono nell’Inferno.

• Una risposta altrettanto negativa arriverà a Dante da parte dell’anonimo fiorentino presente nella selva dei suicidi.

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Verita’ velenose: l’anonimo

suicidaI' fui de la città che nel Batistamutò 'l primo padrone; ond'ei per questo

sempre con l'arte sua la farà trista;e se non fosse che 'n sul passo d'Arnorimane ancor di lui alcuna vista,        que' cittadin che poi la rifondarnosovra 'l cener che d'Attila rimase,avrebber fatto lavorare indarno.        Io fei gibetto a me de le mie case".

Inferno, XIII, 143-151

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• Nel canto XIII troviamo una figura che può essere considerata minore, ma che non lo è affatto nell’ambito della cantica infernale: un suicida anonimo, nativo di Firenze.

• L’anima del suicida si manifesta attraverso la forma di un cespuglio; dalle parole di quest’anima vengono dedotte una serie di “verità velenose” riguardo il destino della Città di Firenze, la quale si trova sotto la continua influenza di Marte, poichè cambiò patrono (passando al santo cristiano Giovanni Battista), scatenando così l’ira del dio: tale furia è placata dai resti della statua che sono ancora nella città.

• Il discorso dell’anonimo suicida si chiude poi con una terribile affermazione. Dante non torna affatto a una dimensione privata del dannato e della casa, ma anzi proietta l’ombra della forca sull’intera città di Firenze: una maledizione che sfocerà poi nella violenta invettiva in apertura del canto XXVI.

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“Godi, Fiorenza…

… poi che se' sì grandeche per mare e per terra batti l'ali,e per lo 'nferno tuo nome si spande!       

Tra li ladron trovai cinque cotalituoi cittadini onde mi ven vergogna,e tu in grande orranza non ne sali.”     Inferno, XXVI, 1-

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• Le prime quattro terzine del canto sono dedicate a Firenze, la terra tanto amata e allo stesso tempo tanto odiata da Dante.

• Il forte attaccamento del poeta alla sua patria natia spiega il duro richiamo espresso attraverso la tagliente ironia con cui Dante nota come il nome di Firenze, tanto grande per terra e per mare, sia in realtà ben più conosciuto all’Inferno.

• Il poeta, incontrati cinque fiorentini tra i ladroni del canto precedente esprime la sua indignazione in questa apostrofe dai toni profetici: non passerà molto tempo che Firenze sperimenterà quei mali che le città avversarie, simboleggiate da Prato, le augurano.

• La visione dei cinque ladroni fiorentini fa seguito a quanto Dante ha appreso in tutto il suo cammino infernale. Ciacco, Farinata, Brunetto Latini e altri: il destino della sua città è ormai segnato e solo un terremoto morale potrà rigenerarla. Uno sbocco necessario ed un prezzo altissimo da pagare; tuttavia proprio l’ineluttabilità di questa dolorosa e imminente svolta gli opprime il cuore.

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Amendola Christian

Corbo Pierdomenico

Fusco Martina

Grimaldi Lucia

Lippiello Giovanna

Parolise Margherita

I F a.s. 07/08