Upload
antolembo
View
112
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
5/12/2018 Epigram Mi - slidepdf.com
http://slidepdf.com/reader/full/epigram-mi 1/7
1
LEONIDA
VII, 726 La filatrice L’ epigramma, dedicato a un personaggio umile e modesto, una donna scomparsa in tarda
età, dopo essersi guadagnata la vita filando e tessendo, ci pone di fronte a un quadretto divita quotidiana, secondo un gusto per il bozzetto e per la descrizione “realistica” tipico della
letteratura ellenistica.
JEspevrion khjw /on aj pwvsato pollavki" u{pnon hJ grhu'" peniv hn Platqi; " ajmunomev nh:kaiv ti pro;" hjlakav thn kai; to; n sunevriqon a[ trakton h[eisen poliou` ghvrao" ajgcivquro"kaiv ti paristivdio" dineumevnh a[cri" ejpè hjou` "kei non èAqhnaiv h" su;n Cavrisin dovlicon, h] rJiknh / rJiknou` peri; gouv nato" a[rkion iJstw /
ceiri; strogguvllousè iJmerovessa krovkhn.ojgdwkontaev ti" dè èAcerouvsion hu[gasen u{dwr hJ kalh; kalw" Platqi; " uJfhnamev nh.
Spesso cacciò il sonno della sera e quello dell’alba,
per difendersi dalla miseria, la vecchia Plattide;
e alla conocchia e al fuso, suo compagno di lavoro,
cantava, ormai sulla porta della canuta vecchiezza;
e stando presso il telaio, fino all’alba, percorreva su e giú
quel lungo sentiero con Atena e con le Cariti,
dipanando con abilità il filo sufficiente per il telaio,
con la mano rugosa sopra il ginocchio rugoso.A ottant’anni vide l’acqua dell’Acheronte
la bella Plattide, che bene aveva tessuto.
VII, 506 Lo squalo
Khj n gh / kai; pov ntw/ kekruvmmeqa: tou`to perisso;nejk Moirevwn Qavrsu" Carmivdou hj nuvsato. h~ j ga;r ej pè ajgkuvrh" e[ nocon bavro" eij " a{la duvnwnèIov niov n qè uJgro; n ku`ma katercovmeno" th; n me; n e[swsè, auj to;" de; metav tropo" ejk buqou` e[rrwn,
h[dh kai; nauv tai" ceira" ojregnuvmeno",ejbrwvqhn: toiov n moi ejpè a[grion eu~ j mevga kh to" h~ jlqen, aj pevbroxen dè a[cri" ejpè ojmfalivou.ch[misu me;n nau`tai, yucro; n bavro", ejx aJlo; " hJmw n h[ranqè, h{misu de; privsti" aj peklavsato: hj /ov ni dè ejn tauvth/ kaka; leivyana Qavrsuo", w~ j ner,e[kruyan: pav trhn dè ouj pavlin iJkovmeqa.
Io sono sepolto sia in terra che in mare; questa strana sorte
ottenne dalle Moire Tharsis, figlio di Carmide.
Infatti, tuffandomi sull’ancora pesante, rimasta impigliata,
immergendomi a fondo nei flutti del mare Ionio,la liberai; ma mentre emergevo a fatica dall’abisso,
e già protendevo le mani verso i marinai,
5/12/2018 Epigram Mi - slidepdf.com
http://slidepdf.com/reader/full/epigram-mi 2/7
2
fui divorato; un enorme squalo feroce si lanciò
contro di me, e mi inghiottí fino all’ombelico.
I marinai trassero su dal mare quella metà di me,
inerte peso; l’altra metà la divorò il mostro.
Su questa spiaggia seppellirono i miseri resti di Tharsis,
amico mio; ma in patria non ritornai.
VII, 472 L’uomo e il tempo
Murivo" h~ j n, w[ nqrwpe, crov no" pro; tou, a[cri pro;" hjw h~ jlqe", cwj loipo; " murivo" eij" èAivdhn. tiv " moira zwh" uJ poleiv petai, h] o{son o{ssonstigmh; kai; stigmh" ei[ ti camhlovteron; mikrhv seu zwh; teqlimmev nh: oujde; ga;r auj th; hJdeiè, ajllè ejcqrou` stugnotevrh qanav tou.ejk toiv h" w{ nqrwpoi ajphkribwmevnoi ojstw n
aJrmonivh" uJyou ntè hjevra kai; nefevla":w~ j ner, i[dè, wJ " ajcreion, ejpei; peri; nhvmato" a[kroneujlh; ajkevrkiston lwpo" ejfezomevnh: toion to; yalavqreion aj peyilwmev non oi~ Jon pollw / ajracnaivou stugnov teron skeletou`. hjou` n ejx hjou` " o{sson sqev no", w~ jner, ejreunw nei[ h" ej n leith / keklimev no" bioth /:aije; n tou to novw/ memnhmevno", a[cri" oJmilh / "zwoi ", ejx oi{h" hJrmovnisai kalavmh".
Uomo, infinito fu il tempo di prima, finché venisti
alla luce, e anche quello futuro, nell’Ade, sarà infinito. Quale parte di vita ti rimane, se non quanto
un punto, o qualche cosa di piú meschino di un punto?
Breve e angusta, la tua vita; e per di piú, non è lieta,
ma ben piú amara dell’odiosa morte.
Messi insieme da un tale ammasso d’ossa,
gli uomini aspirano al cielo altissimo e alle nubi;
uomo, guarda come tutto è vano, poiché all’estremo del filo,
stoffa non ancora tessuta, c’è già un verme;
il tuo scheletro messo a nudo è molto piú ripugnante
dell’involucro membranoso e secco di un ragno.
Ma tu, uomo, cercando in te stesso con quanta forza puoi,di giorno in giorno fòndati su una vita semplice;
vivi, finché vai avanti, ricordandoti sempre
di questo, di quale paglia sei fatto.
VII, 736 Accontentarsi di poco
Mh; fqeivreu, w[nqrwpe, periplav nion bivon e{lkwn,a[llhn ejx a[llh" eij " cqov nè ajlindovmeno",mh; fqeivreu: kenehv se peristevyaito kalihv,
h} n qavlpoi mikko;n pu`r aj nakaiovmenon,eij kaiv soi leithv ge kai; oujk eujavlfito" ei[ h
5/12/2018 Epigram Mi - slidepdf.com
http://slidepdf.com/reader/full/epigram-mi 3/7
3
fusth; ej ni; grwv nh/ massomevnh palavmai", h] kaiv soi glhvcwn h] kai; quvmon h] kai; oJ pikro;"aJdumigh; " ei[ h cov ndro" ejpoyivdio".
Non ti logorare, uomo, trascinando una vita randagia,
da una terra all’altra vagando senza meta, non ti logorare; ma ti accolga un nido, anche se nudo,
che un focherello riscaldi bruciando vivace,
e che tu abbia una semplice focaccia, non di fior di farina,
impastata con le tue stesse mani nella madia,
e menta o timo, o il sale dolceamaro
ti facciano da companatico.
dall’ Anthologia Palatina , VII, 472 e VII, 736
VI, 302 Andatevene, topi!
La capanna in cui vive il poeta è talmente povera e cosí misera la sua vita, che i topi perdono
il loro tempo a cercare in casa sua qualche cosa da mangiare. Molto meglio per loro andare
altrove, prima di morire di fame.
Feuvgeqè uJpe;k kaluvbh", skov tioi muve": ou[ ti penicrh;mu` " sipuv h bovskein oi~ jde Lewnivdew.auj tavrkh" oJ prevsbu" e[cein a{la kai; duvo krimna:ejk patevrwn tauvthn hj / nevsamen biothv n. tw / tiv metalleuvei" tou ton mucov n, w~ j filovlicne,
oujdè ajpodeipnidivou geuovmeno" skubavlou; speuvdwn eij" a[llou" oi[kou" i[qi - tajma; de; leitav -,w~ J n a[ po pleiotevrhn oi[seai aJrmalihvn.
Fuggite dalla mia capanna, topi che amate le tenebre;
la povera madia di Leonida non può nutrire neppure i sorci.
Il vecchio, bastando a se stesso, vive con un po’ di sale
e due panini d’orzo; gli piace questa vita, ereditata dai padri.
Perché dunque scavi questo buco, tu, amante dei buoni bocconi,
per non assaggiare neppure un avanzo della mensa?
Affrettati ad andartene in casa d’altri - nella mia c’è miseria -
dove troverai un po’ piú di preda.
5/12/2018 Epigram Mi - slidepdf.com
http://slidepdf.com/reader/full/epigram-mi 4/7
4
ASCLEPIADE
V, 64 Zeus, fa’ quello che vuoi Neife, calazobovlei, poivei skov to", ai~ jqe, kerauv nou,
pavnta ta; porfuvrontè ej n cqoni; seie nevfh. h] n gavr me kteiv nh/ ", tov te pauvsomai: h] n dev mè ajfh / " zh n,kai; diaqei; " touv twn ceivrona, kwmavsomai:e{lkei gavr mè oJ kratw n kai; sou` qeov ", w~ J / pote peisqeiv ",Zeu, dia; calkeivwn cruso; " e[du" qalavmwn.
Nevica, grandina, suscita la tenebra, fiammeggia, folgora,
scaglia sulla terra tutti i nembi infuocati.
Se mi uccidi, allora smetterò; ma se mi lasci vivere,
anche immerso in pericoli peggiori di questi, mi darò ai piaceri;
o Zeus, mi trascina quel dio che domina anche te, e una volta, convinto da lui,
attraverso pareti di bronzo, mutato in oro, sprofondasti in un letto d’amore.
XII, 46 “Sono stanco di vivere” Oujk ei[mè oujdè ej tevwn duvo kei[kosi kai; kopiw zw n. [Wrwte", tiv kako;n tou to; tiv me flevgete; h] n ga;r ejgwv ti pavqw, tiv poihvsete; dhlon, [Erwte",wJ " to; pavro" paivxesqè a[frone" ajstragavloi".
Non ho ancora ventidue anni, e sono stanco di vivere.
O Amori, che tortura è questa? Perché mi bruciate?
E qualora mi accada qualche cosa, che farete? è chiaro, o Amori,come prima giocherete agli astragali, senza curarvi di me.
dall’ Anthologia Palatina, V, 7; XII, 46 e XII, 50
XII, 166 Amori, finitemi!Travolto dalla passione amorosa, sfinito dalla continua oscillazione dei sentimenti, il poeta
implora un po’ di pace. Se il suo destino è proprio quello di soffrire per amore, allora che gli
Amori stessi lo colpiscano, ma in maniera definitiva, riducendolo in cenere con un fulmine,
cosí che egli trovi riposo nella morte, se non è possibile altrimenti.Touqè, o{ ti moi loipo; n yuch ", o{ ti dhv potè, [Erwte", tou` tov gè e[cein pro;" qewn hJsucivhn a[fete:eij mhv, nai; tovxoi" mh; bavlletev mè, ajlla; keraunoi ": nai; pav ntw" tevfrhn qevsqe me kajnqrakihv n. nai; nai; bavlletè, [Erwte": ej nesklhkw; " ga;r aj nivai"ojxuv teron touv twn, ei[ gev ti, bouvlomè e[cein.
La vita che mi rimane, qualunque essa sia, Amori,
lasciate che abbia, in nome degli dèi, un po’ di pace;
oppure, non colpitemi piú con le frecce, ma con i fulmini;
e riducetemi completamente in cenere e carbone.
Sí, sí, colpitemi, Amori: consumato dall’angoscia,
io voglio avere questo da voi, piú di ogni altra cosa.
dall’ Anthologia Palatina , V, 158; V, 167; V, 169; XII, 135 e XII, 166
5/12/2018 Epigram Mi - slidepdf.com
http://slidepdf.com/reader/full/epigram-mi 5/7
5
MELEAGRO
V, 152 La zanzara messaggera Nei confronti delle zanzare che turbano il suo sonno, Meleagro nutre un rapporto di amore-
odio; vorrebbe da un lato distruggerle, rimproverando loro di deturpare con punture crudeli
la tenera pelle di Zenofila; dall’ altro, gli si affaccia alla mente la fantasia di servirsi di una diloro come messaggera d’amore, onorandola poi nelle vesti di Eracle, l’eroe benefattore per antonomasia, se l’impresa dell’insetto andrà a buon fine.
Ptaiv h" moi, kwv nwy, tacu; " a[ggelo", ou[asi dè a[kroi"Zhnofivla" yauvsa" prosyiquvrize tavde:“ [Agrupno" mivmnei se: su; dè, w~ j lhvqarge filouvntwn,eu{dei".” ei~ ja, pev teu: naiv, filovmouse, pev teu: h{suca de; fqevgxai, mh; kai; suvgkoiton ejgeivra"kinhvsh/" ej pè ejmoi; zhlotuvpou" ojduv na". h] n dè ajgavgh/" th; n paida, dora / stevyw se levonto",
kwv nwy, kai; dwvsw ceiri; fevrein rJov palon.
Vola, zanzara, veloce messaggera, e sfiorando la sommità
dell’orecchio di Zenofila, sussurrale queste parole:
“Egli ti aspetta vegliando; ma tu, che dimentichi chi ti ama,
dormi”. Suvvia, vola; sí, insetto armonioso, vola;
ma parla piano, e non disturbare il suo compagno di letto,
destando contro di me il tormento della gelosia.
Zanzara, se mi condurrai la fanciulla, io ti cingerò di una pelle
di leone, e ti porrò in mano una clava, perché tu la porti.
V, 180 Eros, crudele per natura
Eros è una presenza costante nella poesia ellenistica, talvolta rappresentato nelle vesti di un
fanciulletto scherzoso, che ispira sentimenti di gioia, di gelosia, di malinconia, suscitando fra
i due sessi un’eterna serie di schermaglie, che danno sapore alla vi ta; talvolta, invece, egli è
immaginato come un essere crudele, che si compiace delle sofferenze che infligge, con una
durezza spietata che fa parte della sua natura. Il poeta si sofferma qui su quest’ultimo
aspetto, tentando di spiegarlo con la genealogia stessa di Eros.
Tiv xev non, eij brotoloigo; " [Erw" ta; purivpnoa tovxabavllei kai; lamuroi " o[mmasi pikra; gela /; ouj mav thr stevrgei me; n [Arh, gamev ti" de; tev tuktai JAfaivstou, koina; kai; puri; kai; xivfesi; matro; " dè ouj mav thr aj nevmwn mavstixi Qavlassa tracu; boa /; genev ta" dè ou[ te ti" ou[ te tinov "; tou[ neken JAfaivstou me; n e[cei flovga, kuvmasi dè ojrga; nstevrxen i[san, [Arew" dè aiJmatovfurta bevlh.
Che c’è di strano, se Eros sterminatore di uomini scaglia dardi di fuoco,
e ride crudelmente con gli occhi protervi?
Sua madre non ama forse Ares, non è la sposa di Efesto,
dividendosi tra il fuoco e le spade?
E la distesa marina, madre di sua madre, non mugge terribilmente
5/12/2018 Epigram Mi - slidepdf.com
http://slidepdf.com/reader/full/epigram-mi 6/7
6
sotto la sferza dei venti? E il padre è nessuno, figlio di nessuno?
Per questo possiede la fiamma di Efesto, ha una furia simile
a quella dei marosi, e i dardi di Ares grondanti di sangue.
XII, 47 I giochi di ErosQuesto brevissimo epigramma riprende il tema di Eros che gioca agli astragali; il piccolo dio
si trastulla in grembo alla madre con l’anima del poeta, indifferente alle sofferenze che gli
causerà.
Matro; " e[ tè ej n kovlpoisin oJ nhvpio" ojrqrina; paivzwnajstragavloi" toujmo;n pneu`mè ejkuvbeusen [Erw".
In grembo a sua madre, il fanciulletto Eros, all’alba, giocò con i dadi la mia anima.
V, 151 Pungete me, zanzare
èOxubovai kwvnwpe", ajnaideve" ai{mato" aj ndrw nsivfwne", nukto; " knwvdala diptevruga,baio;n Zhnofivlan, liv tomai, pavreqè h{sucon u{ pnw/ eu{dein, tajma; dè, ijdouv, sarkofagei te mevlh.kaivtoi pro; " tiv mavthn aujdw; kai; qhre" a[ tegktoi tevrpontai truferw / crwti; cliainovmenoi.ajllè e[ ti nu`n prolevgw, kaka; qrevmmata, lhvgete tovlmh", h] gnwvsesqe cerw n zhlotuvpwn duvnamin.
Zanzare dall’acuto ronzio, succhiatrici spudorate di sangue
umano, alati mostri della notte, vi supplico,
lasciate che Zenofila dorma un breve sonno tranquillo:
ecco qui, spolpate fino all’osso le mie membra.
Ma perché mi affanno inutilmente a parlare? Anche quelle belve
spietate godono, scaldandosi sulla sua morbida pelle.
Però vi avverto, creature maligne; abbandonate l’audacia
o conoscerete la forza delle mie mani gelose.
V, 174 Vorrei essere il sonno...
Eu{dei", Zhnofivla, trufero; n qavlo": ei[qè ejpi; soi; nu na[ ptero" eijshv /ein {Upno" ejpi; blefavroi",wJ " ejpi; soi; mhdè ou~ Jto", oJ kai; Dio; " o[mmata qevlgwn,foithvsai, kavtecon dè aujto; " ejgwv se movno".
Tu dormi, Zenofila, tenero fiore; oh, se ora potessi,
come il Sonno alato, penetrare fra le tue palpebre,
cosí che neppure lui, che incanta anche gli occhi di Zeus,
si aggirasse presso di te, e io solo ti avessi.
dall’ Anthologia Palatina , V, 151 e V, 174
5/12/2018 Epigram Mi - slidepdf.com
http://slidepdf.com/reader/full/epigram-mi 7/7
7
VII, 417 Epitafio per se stesso
Il poeta parla di sé all’immaginario viandante che passa vicino alla sua tomba, evidenziando,
secondo l’uso tipico di questo g enere di poesia, le sue origini (interessante, a questo
proposito, l’accenno al cosmopolitismo, che caratterizzava la cultura ellenistica), la sua
trascorsa attività letteraria, la sua età, che lo ha reso un po’ chiacchierone. Un difetto lieve,in cambio di quella lunga vita, che il poeta augura anche al passante che si soffermerà presso
la sua tomba.
Naso" ejma; qrevpteira Tuvro": pav tra dev me teknoièAtqi; " ej n èAssurivoi" naiomev na Gadavroi":Eujkrav tew dè e[blaston oJ su;n Mouvsai" Melevagro" prw ta Menippeivoi" suntrocavsa" Cavrisin.eij de; Suvro", tiv to; qauma; mivan, xevne, patrivda kovsmon naivomen, e}n qnatou; " pav nta" e[ tikte Cavo". poulueth; " dè ejcavraxa tavdè ej n devltoisi pro; tuvmbou:
ghvrw" ga;r geiv twn ejgguvqen èAivdew.ajllav me to; n lalio; n kai; presbuv thn su; proseipw;ncaivrein eij " ghra" kauj to; " i{koio lavlon.
L’isola mia nutrice fu Tiro; ma mi generò Gadara,
patria attica, abitata fra i popoli di Siria;
nacqui da Eucrate, io, Meleagro, favorito dalle Muse,
che un tempo corsi in gara con le Cariti di Menippo.
Se sono siriano, che c’è da meravigliarsi? Straniero, noi abitiamo
il mondo come nostra unica patria, e un solo Chaos ci generò
tutti mortali. Già in là con gli anni ho inciso quest’iscrizione
per la mia tomba; infatti, chi è vicino della vecchiaia, è vicino di Ade.Ma tu, dopo aver salutato questo vecchio chiacchierone,
stammi bene, e che possa giungere anche tu alla vecchiaia chiacchierona.